ANNI 1901-1903

POLITICA ESTERA ZANARDELLIANA

"I GIRI DI VALZER"

LA POLITICA ESTERA DEL MINISTERO ZANARDELLI - IL RIAVVICINAMENTO TRA L'ITALIA E LA FRANCIA - LA CONVENZIONE FRANCO-BRITANNICA DEL 21 MARZO 1899 - GLI ACCORDI ITALO-FRANCESI PER I POSSEDIMENTI NEL MAR ROSSO E PER LE QUESTIONI MEDITERRANEE - LA SQUADRA NAVALE DEL DUCA DI GENOVA A TOLONE - DICHIARAZIONI DEL BULOW SUI RAPPORTI FRANCO-ITALIANI - GLI ACCORDI DEFINITIVI ITALO-FRANCESI DEL 1903 - I RAPPORTI ITALO-INGLESI - L' ITALIA E L'AUSTRIA - IL RINNOVAMENTO DELLA TRIPLICE ALLEANZA - VITTORIO EMANUELE III A PIETROBURGO E A BERLINO - DIMISSIONI DI PRINETTI - GUGLIELMO II IN ITALIA - LA VISITA DELLO ZAR IN ITALIA SOSPESA PER IL CONTEGNO DEI SOCIALISTI
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LA POLITICA ESTERA DEL MINISTERO ZANARDELLI

 

La politica estera del ministero Zanardelli, fu quella di guardare ai "cinque cantoni"; mirò al mantenimento della Triplice Alleanza (Austria e Germania); all'amicizia dell'Inghilterra; ad un maggiore riavvicinamento dell'Italia alla Francia; ed infine con in casa la russa-slavofila regina consorte del Re, furono fatti molti passi in Russia, preoccupando non poco (anzi allarmando) le altre quattro potenze (e i socialisti in italia) quando lo zar Nicola II accennò di voler fare una visita in Italia; per timore di disordini la evitò, ma poi nel 1909 fece visita ai sovrani d'Italia e non a Roma ma stranamente nella ex residenza sabauda di Torino, a Racconigi.
(E avevano ragione di allarmarsi, perché nel castello reale di Racconigi, dove fu ricevuto, in 24 ottobre di quell'anno, fu sottoscritto un accordo segreto del Re con lo Zar, per il mantenimento nella penisola balcanica di uno status quo, e nel contempo di andare incontro alle ambizioni d'autonomia nazionale dei popoli della regione (e a palese danno dell'Impero Austro-Ungarico che aveva intenzione di invaderla quella regione). Accordo segreto questo, che fu stipulato appena quattro giorni dopo (20 ottobre) l'avvenuta ufficiale riconferma dell'Italia all'Austria, dell'art.7 della Triplice; che era poi quello che impegnava i due Stati di consultarsi reciprocamente prima di un intervento dell'Austria sui Balcani ed era pure, ovviamente, implicitamente riconfermato il patto difensivo che legava l''Italia agli imperi centrali.
Potrebbe destare stupore questo "doppio gioco" a Racconigi, ma del resto come leggeremo più avanti, Vittorio Emanuele III, fin da quando era salito al trono aveva colto più di un'occasione per manifestare il suo scarso compiacimento nei confronti di quell'eredità lasciatagli dal padre; o forse -come abbiamo visto nella sua fanciullezza- qualcuno (Orio) gli aveva fatto odiare i Prussiani fin dai suoi primi passi. Da notare che il re, una delle prime visite (dopo quella in Inghilterra) l'aveva dedicata alla Francia Repubblicana e antitedesca, e fin dal primo momento la politica dei suoi governi guardava ai cugini latini con molta benevolenza. Era del resto finita l'anglo-fobia e la franco-fobia crispina).

Il riavvicinamento con la Francia era iniziato fin dal settembre del 1896 (subito dopo la caduta di Crispi) con le convenzioni per la Tunisia e continuato con l'accordo commerciale del 21 novembre 1898.
I mutati rapporti italo-francesi avevano corso il rischio di ritornare molto tesi con la convenzione del 21 marzo 1899 tra l'Inghilterra e la Francia. Le due potenze con quel patto avevano delimitate le rispettive sfere d'influenza nell'Africa settentrionale, riconoscendo la prima alla seconda il diritto di esercitare la propria influenza sull'alto hinterland tripolino e riconoscendo questa a quella i diritti sulle regioni del Bahr-el-Ghazal e sul Darfur. Ma il pericolo era stato scongiurato e molti mesi dopo, anzi, i rapporti italo-francesi si erano fatti più cordiali.
Infatti, poco dopo, il 24 gennaio del 1900, il ministro degli Esteri VISCONTI VENOSTA e l'ambasciatore francese a Roma CAMILLO BARRÈRE avevano con un protocollo delimitato il confine tra la Somalia francese e il protettorato italiano di Raheita e il 14 e il 16 dicembre dello stesso anno avevano proceduto allo scambio di note relative alla Tripolitania e al Marocco; note che qui è interessante riferire:

La prima nota, del BARRÈRE al Visconti-Venosta: affermava: "In seguito alla conclusione della convenzione del 21 marzo 1899 tra la Francia e la Gran Bretagna, il mio governo, rispondendo al vostro onorevole predecessore (Canevaro), ebbe occasione di dargli a mezzo mio, schiarimenti tali da dissipare qualsiasi equivoco sulla portata di quel documento. Da allora V. E. ha espresso l'opinione che queste assicurazioni, ripetute in una maniera più esplicita, avrebbero contribuito a rafforzare i buoni rapporti fra i nostri due paesi. Io sono stato quindi autorizzato dal ministro degli Affari Esteri a far conoscere a V. E., a motivo delle relazioni amichevoli che si sono stabilite tra la Francia e l'Italia e nella convinzione che questa spiegazione avrà per effetto di migliorarle ancora, che la convenzione del 21 marzo 1899, escludendo dalla ripartizione d'influenza, che essa sanziona, il vilayet di Tripoli, segna per la sfera d'influenza francese, in rapporto alla Tripolitania-Cirenaica, un limite che il Governo della Repubblica, non ha l'intenzione di sorpassare, e che non è nei suoi progetti di intercettare le comunicazioni commerciali stabilite per le vie carovaniere di Tripoli verso le regioni contemplate nella suddetta convenzione. Queste spiegazioni, che abbiamo convenuto di tenere segrete, contribuiranno a consolidare, io non ne dubito, su questo punto come su altri, le relazioni amichevoli tra i nostri due paesi"

La seconda nota del VISCONTI-VENOSTA al Barrère, affermava: "La situazione attuale del Mediterraneo e le eventualità che ne potrebbero derivare hanno formato oggetto di uno scambio amichevole d'idee tra noi, essendo i nostri due governi ugualmente animati dal desiderio di eliminare, anche a questo riguardo, tutto ciò che potrebbe essere suscettibile di compromettere nel presente e nell'avvenire la mutua buona intesa. Per quanto concerne più particolarmente il Marocco, dai nostri colloqui è risultato che l'azione della Francia ha per scopo di esercitare e di salvaguardare i diritti che le derivano dalla vicinanza del suo territorio con quell'impero. Io ho riconosciuto che, così definita, una tale azione non è ai nostri occhi di natura tale da danneggiare gli interessi dell'Italia come potenza mediterranea. Siamo pure rimasti intesi che, qualora ne dovesse risultare una modifica delle condizioni politiche o territoriali del Marocco, l'Italia si riserverebbe, per misure di reciprocità, il diritto di sviluppare eventualmente la sua influenza nei rapporti della Tripolitania-Cirenaica".

Assunta la presidenza del Consiglio ZANARDELLI e il portafoglio degli Esteri PRINETTI, i rapporti tra l'Italia e la Francia si fecero più cordiali. Nell'aprile del 1901 una squadra navale italiana, comandata dal Duca di Genova, si recò a Tolone dove ebbe calorose accoglienze. TOMMASO di Savoia consegnò il Collare dell'Annunziata ad EMILIO LOUBET, presidente della Repubblica, e questi, il 10 aprile, in un banchetto in onore del duca di Genova, disse di nutrire la speranza di vedere i rapporti italo-francesi farsi ancor più stretti.
Questi segni esteriori di cordialità fecero sospettare che qualche accordo era intervenuto fra le due nazioni. E il sospetto divenne certezza quando, nella seduta del 14 dicembre 1901, il ministro PINETTI, rispondendo ad un'interrogazione dell'on. GUICCIARDINI sulla situazione in Tripolitania, notificò che la Francia aveva dato assicurazione all'Italia che avrebbe rispettato il villayet di Tripoli e non avrebbe intercettato le vie carovaniere conducenti al centro dell'Africa e quando, il 1° gennaio del 1902, in un suo discorso, l'ambasciatore BARRÈRE dichiarò che i rapporti tra l'Italia e la Francia si erano definitivamente sviluppati e consolidati e, regolata la questione delle capitolazioni tunisine, ristabiliti i rapporti commerciali, fissate le frontiere dei possedimenti nel Mar Rosso; insomma che le due nazioni avevano eliminato ogni causa di malintesi nel bacino del Mediterraneo.

Qualche giorno dopo, in un'intervista accordata da DELCASSÉ, ministro degli Esteri francese, ad un corrispondente del "Giornale d'Italia", si parlò apertamente dell'avvenuto accordo tra l'Italia e la Francia per la Tripolitania e si accennò alla cordialità di rapporti tra l'Italia e la Russia, anzi il Delcassé affermò che la Russia avrebbe assecondata la politica italiana nella penisola balcanica (l'influenza delle regina Elena non era di certo estranea).

Naturalmente la notizia dell'accordo italo-francese mise in allarme la parte più sensibile dell'opinione pubblica degli Imperi centrali, dove si temette che l'Italia fosso lì per lì per abbandonare la Triplice; ma BULOW, l'8 gennaio del 1902, in un discorso al Reichstag, calmò le inquietudini, sostenendo che la Triplice Alleanza era in ottima salute, che gli accordi franco-italiani intorno a certe questioni mediterranee non erano in contrasto con gli interessi della Triplice e che l'Italia non aveva tradito gli alleati, ma aveva fatto un innocente "giro di valzer" con un'altra potenza.

E così realmente era. L'Italia, accordandosi con la Francia, non aveva né l'intenzione, né l'interesse di tradire la Triplice, ma intendeva tutelare la propria sicurezza nel Mediterraneo, sicurezza che la Germania e l'Austria-Ungheria non le davano, tant'è vero che, dopo la convenzione franco-inglese del 21 marzo 1899, all'Italia, che in base all'art. 9 della Triplice chiedeva contro questa convenzione l'appoggio della Germania, questa aveva risposto così evasivamente da far capire al nostro Governo che vana sarebbe stata la speranza di un intervento tedesco nel Mediterraneo a favore dell'Italia.

Le relazioni italo-francesi, seppur cordiali, erano offuscate da una nube: dal sospetto cioè, nutrito dai francesi, che lo scopo della Triplice fosse ostile alla Repubblica e che esistessero convenzioni addizionali rivolte contro la Francia. A dissipare questa nube valse una dichiarazione che, il 4 giugno del 1902, per mezzo dell'ambasciatore conte TORNIELLI, il PRINETTI inviò al DELCASSÉ. Nella dichiarazione era detto:

"Nel rinnovamento della Triplice Alleanza, non c' è nulla che sia, direttamente o indirettamente aggressivo, avverso la Francia, né alcun impegno che possa obbligare l'Italia in qualsiasi eventualità a prendere parte ad un'aggressione contro la Francia, né infine alcuna stipulazione che minacci la sicurezza e la tranquillità della Francia".

Questa dichiarazione rassicurante fu il preludio di trattative tra l'Italia e la Francia per precisare gli accordi mediterranei di due anni prima. In seguito a tali trattative, il 10 novembre del 1902, PRINETTI inviò a BARRÈRE la nota seguente:

"In seguito alle conversazioni che abbiamo avute, circa la situazione reciproca dell'Italia e della Francia nel bacino del Mediterraneo, e toccanti più specialmente gli interessi reciproci delle due nazioni in Tripolitania-Cirenaica e in Marocco, ci è parso opportuno di precisare gli impegni che risultano dalle lettere scambiate a questo proposito fra Vostra Eccellenza ed il Marchese Visconti-Venosta, il 14 e 16 dicembre del 1900, nel senso che ciascuna delle due potenze potrà liberamente sviluppare la propria sfera d'influenza nelle regioni summenzionate al momento che giudicherà opportuno e senza che l'azione di una di loro sia necessariamente subordinata a quella dell'altra.

" In occasione di queste trattative, e per eliminare in modo definitivo tutti i malintesi possibili fra i nostri due paesi, io non esito, per precisare i loro rapporti generali, a fare spontaneamente a Vostra Eccellenza, in nome del Governo di Sua Maestà il Re, le seguenti dichiarazioni: Nel caso che la Francia fosse oggetto di un'aggressione diretta o indiretta di una o più potenze, l'Italia osserverà una stretta neutralità. Lo stesso avverrà se la Francia, in seguito ad una provocazione diretta, si trovasse ridotta a prendere, per la difesa del suo onore e della sua sicurezza, l'iniziativa di una dichiarazione di guerra.

"In questa eventualità il Governo della Repubblica dovrà comunicare preventivamente la sua intenzione al Governo Reale, mettendolo così in grado di costatare che si tratta veramente di un caso di provocazione diretta. - Per restare fedeli allo spirito d'amicizia che ha ispirato le presenti dichiarazioni io sono autorizzato inoltre a confermarle che non esiste da parte dell'Italia, e che non sarà concluso da essa alcun protocollo o disposizione militare d'ordine contrattuale internazionale che fosse in disaccordo con le presenti dichiarazioni".

Quel giorno stesso BARRÈRE scrisse a PINETTI di avere avuto dal proprio Governo l'autorizzazione di assumere con l'Italia i medesimi impegni assunti da questa con la Francia.

Ma perché l'Italia fosse completamente sicura nel Mediterraneo occorreva l'amicizia dell'Inghilterra, la quale, nonostante i tradizionali cordiali rapporti, fin dal principio del 1896 si era staccata dalla politica della Triplice, accostandosi all'Intesa e rifiutando di prolungare gli accordi del 1887 relativi al Mediterraneo e all'Oriente, e nel marzo del 1899 non solo aveva stipulato con la Francia la famosa convenzione, di cui abbiamo parlato, ma aveva cercato (dissero dopo "in buona fede") di sopprimere nei tribunali e nelle scuole di Malta la lingua italiana.

I RAPPORTI ITALO-INGLESI

A ripristinare i buoni rapporti con l'Inghilterra, un po' intiepiditi per l'affare della lingua, giovarono la resistenza dei Maltesi e l'azione della "Dante Alighieri", che indussero il ministro inglese delle colonie, CHAMBERLAIN, a fare le seguenti dichiarazioni alla Camera dei Comuni:
"L'amicizia dell'Italia e dell'Inghilterra è un vero tesoro nazionale per i due popoli. Noi simpatizzammo per l'Italia nella grande lotta per la sua unità e negli splendidi sforzi che l'hanno mantenuta attraverso tante vicende. Gli interessi dei due paesi, specie nel Mediterraneo, sono mutui.
Un deplorevole malinteso non deve diminuire la simpatia che esiste e spero si manterrà a lungo fra le due nazioni... Io non desidero che il malinteso permanga in Italia; quindi se l'adozione di un compromesso potrà estinguere i sentimenti eccitati nei nostri buoni alleati e, contemporaneamente, soddisfare le classi maltesi, a cui la lingua italiana sta a cuore, non esito a dichiarare che sono pronto a ritirare il proclama. Sono pronto a ritirarlo subito, senza restrizioni e senza condizioni".

PRINETTI, spinto dalle buone disposizioni del Governo britannico, cercò di indurre l'Inghilterra a rinnovare gli accordi del 1887, ma riuscì solo a far sì che la Gran Bretagna dichiarasse che non aveva mire ambiziose sulla Tripolitania e che, in caso di mutamento dello status quo nel Mediterraneo, si sarebbe adoperata perché gl'interessi italiani non fossero danneggiati. Fu vaga.

Tuttavia i rapporti fra le due potenze si fecero ancor più cordiali quando, nell'aprile del 1903, re EDOARDO VII si recò a Roma a visitare il sovrano d'Italia VITTORIO EMANUELE III, il quale restituì la visita nel novembre dello stesso anno.

IL RINNOVAMENTO DELLA TRIPLICE ALLEANZA
I VIAGGI DI VITTORIO EMANUELE III A PIETROBURGO E A BERLINO
LA TENSIONE DEI RAPPORTI FRA L'ITALIA E L'AUSTRIA
LO ZAR DIFFERISCE LA SUA VISITA AI SOVRANI D' ITALIA PER L'OSTILITA' DEI SOCIALISTI

Nei riguardi della Triplice, l'On. ZANARDELLI non fece una politica di slealtà ma piuttosto di lealtà, convinto com'era che, uscendo dall'alleanza con gli imperi centrali, l'Italia sarebbe rimasta gravemente danneggiata. Ma i rapporti con l'Austria-Ungheria, durante il ministero Zanardelli non furono mai cordiali, né la Germania, come altre volte aveva fatto, si curò di migliorarli inducendo l'impero alleato (l'Austria) a non vilipendere troppo i sudditi italiani che aveva in casa o nei suoi domini (Trento, Istria, Udine, Trieste ecc.)

Se il Governo era persuaso dell'interesse che aveva l'Italia a mantenersi nella Triplice, non pochi erano i deputati contrari all'alleanza della Germania e dell'Austria. Parecchi di questi levarono alta la voce contro il rinnovamento del trattato quando nel giugno del 1901, si discusse alla Camera sulla politica estera del Governo.

L'on. DE MARINIS dichiarò che la Triplice "costituiva un'offesa al nostro decoro nazionale e nello stesso tempo danneggiava i nostri interessi". L'Austria da un lato affermava di voler mantenere lo status quo nei Balcani, mentre dall'altro faceva un'intensa propaganda e pressioni nella Bosnia, nell'Erzegovina e nell'Albania con lo scopo di annettersi quelle regioni.
L'on. GUICCIARDINI, che pure non era contrario alla Triplice, espresse i suoi timori circa le mire austriache sull'Albania e lanciò il suo monito all'assemblea:

"Noi non potremo mai permettere che l'Albania possa diventare il possedimento di una potenza di prim'ordine, e nemmeno di una potenza di secondo ordine che appartenga al sistema politico di una potenza di prim'ordine. Abbiamo subìto Biserta, e non potremo subire che un'altra Biserta sorga a Valona o a Durazzo".

L'on. BARZILAI affermò anche lui e rincarò la dose che:
"...la Triplice Alleanza non solo era ora inutile ma era anche dannosa all'Italia", e proseguì "Noi ci eravamo alleati alle potenze centrali perché l'equilibrio del Mediterraneo non fosse ulteriormente turbato. Ma le fortificazioni di Biserta, cioè il fatto per cui la conquista di Tunisi divenne veramente pericolosa ed offensiva per l'Italia, si svolse sotto gli auspici della Triplice Alleanza; e sotto gli auspici della Triplice Alleanza si è firmato il protocollo fra l'Inghilterra e la Francia per la delimitazione dell'hinterland tripolino. Ed io credo che la Francia non prenderà la strada di Ghadames; lo credo fermamente; ma nessuno di voi crederà che non lo faccia perché noi siamo gli alleati degli imperi centrali; forse non lo farà per una ragione diametralmente opposta: che potrà sembrare ad essa che noi siamo di quelli, ora, meno intensamente legati di una volta".

BARZILAI anche lui accennò alle mire dell'Austria sull'Albania (che non erano più un mistero).
L'on. BOVIO espresse il parere che l'Italia doveva uscire dalla Triplice e avvicinarsi alla Francia cui era legata da vincoli di razza.
Il ministro PRINETTI, naturalmente, parlò in favore della Triplice, quando, il 14 giugno sempre del 1901, prese la parola per rispondere ai precedenti oratori. Egli rilevò il carattere esclusivamente pacifico dell'alleanza, riconobbe "la solida base che la Triplice aveva dato alla politica italiana e il contributo che aveva portato alla causa della pace in Europa, ed affermò che l'alleanza con gl'imperi centrali era conciliabile con l'amicizia con la Francia. Riguardo all'Albania, Prinetti disse che tanto il Governo italiano quanto quello Austro-Ungarico volevano la conservazione dello status quo.

Tuttavia lunghe e laboriose furono le trattative per il rinnovamento della Triplice nel 1902. Anzi corsero perfino il rischio di naufragare perché il BULOW ed il GOLUCHOWSKI si rifiutarono di modificare gli articoli 6 e 7 relativi all'Oriente. Finalmente il 28 giugno del 1902 a Berlino fu rinnovato senza modifiche il trattato della Triplice Alleanza.
Due giorni dopo però il Governo Austro-Ungarico dichiarava d'impegnarsi a non intralciare in alcun modo un'eventuale azione dell'Italia in Tripolitania e in Cirenaica.
L'8 luglio 1902, furono scambiate le ratifiche per il rinnovamento della Triplice; ma due giorni dopo, VITTORIO EMANUELE III, accompagnato da Prinetti, partì per Pietroburgo, per cementare con una visita allo Zar la nuova amicizia italo-russa.

Sul finire dell'agosto del medesimo anno, il re d'Italia si recò a Berlino, ma non volle visitare Vienna per dare una risposta all'offesa che FRANCESCO GIUSEPPE aveva recato alla Casa Sabauda e all'Italia non restituendo la visita ad Umberto I.
Così le relazioni italo-austriache peggiorarono, né valsero a migliorarle le dimissioni di Prinetti, colto da grave malore il 29 gennaio del 1903 e sostituito dall'ammiraglio MORIN, ministro della Marina.
Le entusiastiche manifestazioni di Trento a Vittorio Emanuele di ritorno da Berlino, le violenze contro gli studenti italiani ad Innsbruck, seguite, nel maggio del 1903, da violentissime dimostrazioni irredentiste in Italia, e infine le grandi manovre italiane nel Veneto (agosto del 1903) che fecero accorrere in quella regione rappresentanze di Triestini ed Istriani con bandiere per ossequiare il sovrano, resero più tesi i rapporti italo-austriaci e si giunse persino a parlare di una prossima rottura tra le due nazioni. Come al solito, Vittorio Emanuele (e lo sarà fino al 25 luglio 1943) rimase sempre silenzioso e impenetrabile; solo ogni tanto qualche insofferenza, non sempre celata, verso i tedeschi.

Nel maggio del 1903 GUGLIELMO II restituì la visita a Vittorio Emanuele III e fu accolto festosamente, ma quell'aria del kaiser che si atteggiava a "padrone del vapore" (e ricordava al discendente sabaudo che era per merito della Prussia se l'Italia si era unita nel 1870) infastidiva enormemente il Re d'Italia.

Inopportunamente si parlava intanto (e questo era un boccone amaro per il Kaiser e per Vienna) di una prossima visita che avrebbe fatto lo Zar Nicola II in Italia; a dare risonanza a questa visita ci si mise la stampa estrema gridando che non si sarebbe mai permesso al feroce tiranno di metter piede in terra italiana. La conferma della venuta di Nicola in Italia si ebbe il 5 giugno dalla bocca di ALFREDO BACCELLI, sottosegretario agli Esteri, in risposta ad un'interrogazione del deputato socialista MORGARI. Allora l'Estrema Sinistra si mise ad urlare: "Abbasso il boia ! Abbasso il cosacco ! Lo fischieremo !" Fu tale il clamore che la seduta fu sospesa.
Il paradosso è che gli irredentisti e i socialisti facevano un favore proprio agli austriaci!

Non si poteva essere contro la Russia e volere la pace con la Germania e con l'Austria anti-italiana; né d'altra parte si poteva essere contro l’Austria e ignorare l’irredentismo o far finta di niente con gli stessi austriaci che zitti zitti (i socialisti austriaci nell'occasione fecero un assordante silenzio!!!) passeggiavano sui Balcani, si annettevano la Bosnia Erzegovina, e con gli occhi già stravedevano per l'Albania .
Entrambe le due cose non erano per nulla gradite all'Italia (antiaustriaca, risorgimentale o no) né erano gradite alla Russia (imperialista o internazionalista).
SALVEMINI diventerà cosciente solo nel 1909 quando scrisse: “Certo, compiere il nostro dovere di socialisti e insieme di italiani non ci è facile: Noi camminiamo tra i carboni ardenti: dobbiamo protestare contro l’Austria, staccandoci dagli irredentisti; chiedere una politica più dignitosa al nostro Governo, reagendo contro i militaristi; assalire di fronte i nemici e difenderci alle spalle e ai fianchi dagli … amici”.(G.S. Irredentismo, questione balcanica e internazionalismo, "Critica Sociale", 1 gennaio, 16 gennaio - 1 febbraio 1909, pag. 83)
Insomma pure i socialisti facevano "giri di valzer", con l'Internazionale che diventava a "double-face", spesso guardando l’imperialismo da una parte sola (vedi
G.S., La guerra per la pace, "L'Unità", 28 agosto 1914, op. cit., pagg. 359-61).
Eppure già in un articolo su “Critica Sociale” fin dal 1900, l’irredentismo gli appariva “una pericolosa arma di combattimento, non solo contro il partito socialista, ma anche contro tutti gli altri partiti democratici”. (G. S. L'irredentismo, in "Critica Sociale", 1 gennaio 1900, pagg. 3-10)

Né solo alla Camera gli estremi si limitarono alla dimostrazione antizarista. Perché, anzi, i socialisti si prepararono ad attuare le loro minacce, organizzando dimostrazioni ostili da opporre alle accoglienze che il Governo italiano preparava a Nicola II. "...il continuatore - così diceva un manifesto - dell'assolutismo feroce dei suoi avi, sordo all'appello della libertà che a lui saliva dalle rinnovellate steppe e dalle officine industriali; sordo al grido d'angoscia che montava dalla Siberia dei martiri; sordo al richiamo dell'Europa occidentale, che non poteva più oltre sopportare la vergogna dell'assolutismo nel secolo delle libertà costituzionali".
(Ciò che avvenne dopo il 1918, non fu certo un "richiamo all'Europa Occidentale")

I socialisti con la loro agitazione antizarista raggiunsero lo scopo che si proponevano; lo Zar, informato di tutto dal suo ambasciatore a Roma e sconsigliato da questi e da coloro che non vedevano di buon occhio l'amicizia italiana, il 13 ottobre annunciò che, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, differiva la sua visita a Vittorio Emanuele III.

Abbiamo detto che fu un bel favore fatto all'Austria, tanto più che anziché in Italia, lo Zar, cambiando direzione, si era recato in Austria e questa visita fu il preludio di una convenzione austro-russa, firmata il 2 ottobre del 1903 a Murzsteg tra il LAMSDORFF e il GOLUCHOWSKI, in cui i due Governi precisavano la linea comune di condotta per riaffermare l'egemonia dei due paesi nella Turchia europea, cioè sui Balcani (double "imperialismo"). E sia l'una che l'altra voleva essere la sola a dominare, ed è per questo che fin da ora iniziano reciprocamente a tramare. Le ostilità fra i due ex nemici, ora amici, non sono eliminate, ma sono solo rimandate al... 1914.

Lasciamo per il momento i fatti della politica estera e ritorniamo a quella interna, dove non mancano:
gli inasprimenti della conflittualità sociale;
i movimenti cattolici in contrasto con il Papa;
i forti contrasti dei socialisti;
i fallimenti del movimento sindacale.
Ed infine la presa del potere di GIOLITTI.

…entriamo appunto nel periodo dal 1903 al 1905 > > >

Fonti, citazioni, e testi
PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - Nerbini
L.A. MURATORI - Annali d'Italia

STORIA MONDIALE CAMBRIDGE - (i 33 vol.) Garzanti 
UTET - CRONOLOGIA UNIVERSALE
STORIA UNIVERSALE (i 20 vol.) Vallardi
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi
 
+ VARIE OPERE DELLA BIBLIOTECA DELL'AUTORE 
 

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