ANNO 1925 (02)

GENNAIO - APRILE 1925
(Il nuovo assetto - Lo scontro Gentile-Croce)


GENNAIO 5 - Sulla rivista
«Rinascita liberale», un quindicinale sorto per volontà del direttore del "Corriere della sera", Luigi Albertini, e diretto da Armando Zanetti e Adolfo Tino (che esce dal dicembre del 1924 al giugno del 1925), il discorso di Mussolini del 3 gennaio, è interpretato come la "Caporetto del vecchio liberalismo parlamentare".
Tale lettura dell'episodio è profondamente diversa da quella delle altre voci dell'opposizione, che continuano a parlare di un prossimo "risveglio delle coscienze" e ad attendere interventi istituzionali per destituire Mussolini.
All'Aventino si chiedono in molti "ma il Re cosa fa?". Molti aspettano da lui un segnale; che non arriva. E stranamente nessun rappresentante di una nazione amica, nemica, ambigua, dell'Italia, si fa sentire. Si dirà che è una questione interna, ma non era nemmeno la prima volta che una potenza dell'Europa interferiva nella politica e negli affari interni dello Stato italiano.

GENNAIO 6 - Al ministero della giustizia, al posto di Aldo Oviglio è nominato Alfredo Rocco (la carica di presidente della Camera, da lui detenuta, passa all'ex democratico Antonio Casertano). Entrano inoltre nel governo, Pietro Fedele all'istruzione e Giovanni Giuriati ai lavori pubblici.
GENNAIO 8 - Gli Aventiniani pubblicano un manifesto al paese, nel quale è ribadita la linea secessionista fin qui seguita e si conferma una presa di posizione soprattutto morale contro il fascismo. E l'unica dichiarazione delle opposizioni costituzionali, in merito al discorso di Mussolini del 3 gennaio.
Ma il manifesto ha scarsa diffusione. I giornali lo ignorano.
GENNAIO 12 - Alla Camera è presentato un disegno di legge sulla disciplina delle associazioni segrete. Tutte le organizzazioni sono sottoposte all'obbligo di presentare atti costitutivi, statuti e regolamenti interni, elenchi delle cariche sociali e dei soci all'autorità di pubblica sicurezza, ogni qualvolta questa ne faccia richiesta. In caso contrario i prefetti sono autorizzati allo scioglimento delle associazioni. Inoltre, è proibito ai pubblici funzionari e agli impiegati dello Stato far parte di società segrete. In questo modo s’intende ridurre l'influenza della Massoneria sulla burocrazia e sulle Forze armate. La genericità delle norme previste dal disegno di legge è però un'arma contro la libertà di associazione in generale.

GENNAIO 14 - Sono trascorsi soli dieci giorni dal famoso discorso del 3 gennaio. Alla Camera sono presentati e approvati dal Governo 2376 decreti legge. Nei successivi due mesi anche il Senato li approva.

GENNAIO 17 - La legge elettorale che Mussolini -spiazzando tutti amici e nemici- ha presentato il 21 dicembre per il ritorno al sistema collegi uninominali e abolizione del ballottaggio è approvata dalla Camera con 307 voti contro 33. II Senato l'approverà un mese dopo. Il provvedimento rimarrà però inutilizzato e sarà sostituito dalla legge elettorale del maggio del 1928 (Plebiscito).
Mussolini ha però ottenuto ciò che voleva; minacciando lo scioglimento della Camera e il ricorso a nuove elezioni ha diffuso il panico nelle sue file, dove le "mezze tacche" di provincia (che gli sono ribelli) sanno che (con il clima che c'è in giro) in una elezione uninominale molti di loro dovranno andare a casa.

GENNAIO 15 - A Parigi la conferenza finanziaria interalleata si chiude con l'accordo sul problema dei debiti di guerra (vedi più avanti)

GENNAIO 19 - In Russia Trotzki è ammonito dal Comitato centrale del partito e colpito da sanzioni disciplinari.

GENNAIO 21 - Inaugurata l'Università di Firenze; incidenti tra fascisti e oppositori dopo la cerimonia.
GENNAIO 27 - L'Alta Corte di Giustizia decide di avocare a sé gli atti dell'istruttoria sul delitto Matteotti.
GENNAIO 29 - La Regia Marina dona a D'Annunzio il MAS della «beffa di Buccari». Il poeta nella sua villa a Gardone sta allestendo il Vittoriale con i vari cimeli della Grande Guerra..

GENNAIO 31 - Si costituisce ufficialmente, con decreto del presidente dei consiglio Mussolini, la Commissione dei Diciotto (detta anche "dei Soloni") . Si tratta dell'ampliamento di una commissione già promossa dal Gran consiglio del fascismo nella sua seduta dell'agosto dei 1924, alla quale fu dato l'incarico di studiare la possibilità di una ampia riforma costituzionale.

FEBBRAIO 1925

FEBBRAIO 5 - Sono espulsi dal Partito fascista Edoardo Torre, Bruno Gemelli, Gian Battista Retora, Battista Boido e altri squadristi, soprattutto dell'Alessandrino. Sono esponenti dell'ala intransigente del Partito, preoccupato per il rafforzarsi del gruppo degli ex nazionalisti (i cui maggiori esponenti sono Luigi Federzoni e Alfredo Rocco) all'interno della compagine governativa.
FEBBRAIO 12 - La direzione del Partito Liberale Italiano si dichiara in aperto contrasto con la politica del governo fascista.
FEBBRAIO 13 - Il Gran Consiglio fascista (ma è Mussolini che comanda) nomina l'onorevole Farinacci segretario generale del Partito Fascista. E' quanto mai singolare questa scelta, visto che ad ogni costo Mussolini vuole incarnare lo spirito della moderazione davanti alle classi dirigenti conservatrici. Ma, Mussolini - con questa soluzione decisamente molto creativa, nominando proprio Farinacci (il più intransigente e irrequieto ras di provincia) sa benissimo di che pasta è fatto il cremonese, inoltre è il portavoce di molti altri ras di provincia. Scopo di Mussolini nel mettere quest'uomo di facciata ideale, è quello di rassicurare gli altri ras, ma nello stesso tempo se il cremonese prosegue con il suo violento comportamento, di screditare lui e tutti gli altri che a Farinacci guardano.
Gli fu sufficiente aspettare qualche mese. Farinacci, sia al processo, difendendo gli assassini di Matteotti, che nelle azioni squadristiche, confermò la sua repurtazione di durezza e di estremismo, entrando perfino in conflitto con il ministro degli interni Federzoni.
"Nel corso del 1925 -scrive Martin Clark (*) - Farinacci si prese quasi carta bianca nell'imporre una rigida disciplina nel Partito, e spesso usò il pugno di ferro con i dissidenti, procedendo a diverse epurazioni - vittime anche sei deputati e due consoli della milizia- ma tollerò alcune violenze squadriste. Quando poi a ottobre a Firenze ci furono 8 morti, Mussolini intervenne d'imperio. Il fascio fiorentino fu duramente epurato, ordinò a Farinacci lo scioglimento delle sqaudracce; poi l'anno dopo, finito il processo Matteotti, Farinacci fu destituito e rispedito a Cremona senza neanche un lavoro. Rimase a lunguire per un decennio".
Ovviamente la sua destituzione inquietò non pochi ras di provincia; ma furono abbastanza pragmatici, e con la nuova linea mussoliniana, compresero che i giorni in cui potevano imporsi sulla vecchia classe dirigente erano ormai terminati. E che era meglio adeguarsi al perbenismo se volevano conservare o approdare a qualche carica pubblica; ma che non li portò mai ai vertici.

Paradossalmente, nelle Province, città e paesi, furono i vecchi proprietari terrieri, i massoni, gli ex liberali, che andarono a formare la nuova classe dirigente; tutti costoro opportunisticamente avevano indossato la camicia nera e iniziarono loro a fare i "ras" locali. (a fare o il Podestà(ex sindaco) o il Federale (ex prefetto).
I mutamenti nel PNF non furono solo di composizione sociale. Anche la stampa provinciale fascista fu praticamente soppressa, e nell'ottobre del 1926 al partito stesso fu dato un nuovo statuto.
Il principio elettivo fu del tutto abbandonato, e quindi tutti i posti furono assegnati con decisioni prese dall'alto. Il Gran Consiglio era definito
"Organo supremo del fascismo" e aveva il potere di nominare la direzione nazionale; i segretari federali, a livello provinciale, dovevano essere nominati dal segretario generale; i segretari dei fasci locali venivano nominati dalle segreterie federali. Furono aboliti i congressi locali e provinciali, sicché ai membri del partito, fossero essi di vecchia o di nuova fede, fu tolta ogni possibilità di influenzare la linea politica. Il partito divenne così una mera struttura di supporto.

Gli iscritti pagavano le loro quote, si assicuravano le tessere annonarie e, qualche volta, la carriera, ma il loro ruolo politico si limitava a "incarnare" la "leadership morale" e a gridare a richiesta gli slogan del partito.
Forse il processo era andato un po' troppo avanti. Il PNF non era stato soltanto domato. Era stato evirato. L'ultimo congresso del partito si tenne in questo stesso anno 1925. Dopo il periodo di Turati e quello di Giuriato.
Dal 1931 al 1939, il posto di segretario fu ricoperto da ACHILLE STARACE, un uomo "macchietta", che divenne lo zimbello e il protagonista di un'infinita serie di barzellette. (vedi la Biografia > )

Con lui in carica, il problema divenne trovare qualcosa da far fare al partito e agli stessi fascisti di ogni età. Il partito non poteva influenzare la politica, del resto non era riuscito a formare una nuova classe dirigente, non riusciva a ispirare i giovani né a rassicurare i più anziani. Per questi ultimi si trovarono ottimi diversivi, creando via via nei vari comuni 5000 Case del Fascio (o casa Littoria), o le GIL (Gioventù Italiana del Littorio) per fare ginnastica e sport con un addestramento di tipo militare. Quando poi venne il "sabato fascista"l'opera di fascistizzazione fu completa. (vedi il compendio nell'anno 1933-34 > > >
A livello locale è pur vero che i capi, a volte, godevano di notevoli clientele e di una certa influenza - di cui, tra l'altro, abusavano regolarmente. Ma naturalmente non potevano essere puniti per questo, perché sarebbe stato come ammettere che il fascismo aveva fallito, nè che era stata ripristinata quella moralità come si voleva far credere. Sicchè la corruzione divenne endemica. I segretari, legati al quartier generale romano, dispensavano favori in cambio di appoggio politico, spesso non erano altro che seccanti bulletti di provincia e di quartiere, ma almeno erano qualcosa di diverso dalle squadracce e dai rissosi ras.

Quel che era vero per il partito era vero anche per la Milizia. La Milizia era stata ricondotta sotto il controllo delle forze armate nell'agosto 1924, con gran disdetta dei consoli e dei ras. In questo settembre 1925 il generale Gonzaga, un militare di carriera, ne fu nominato comandante.
Alla fine del 1926 la lotta contro i consoli e gli ex squadristi era stata ormai largamente vinta. La Milizia rimase in essere, ma ormai il suo compito era limitato a imporre la disciplina ai giovani fascisti irrequieti e a offrire un'occupazione retribuita agli ex ufficiali dell'esercito; ma i suoi membri non avevano proprio nient'altro da fare. Sì, un po' di addestramento militare alla gioventù, un po' di allenamento lavorando come servizio d'ordine, e l'organizzazione delle parate domenicali. Nient'altro.
Con la rapida scomparsa dell'opposizione organizzata, le squadre erano diventate davvero anacronistiche. La fiducia che Mussolini riponeva negli strumenti tradizionali di repressione dello Stato, faceva che la Milizia fosse diventata soltanto un'appendice dell'esercito - praticamente inutile anche se, qualche volta, fastidiosa.

FEBBRAIO 12 - Si forma su iniziativa del consigliere di Mussolini e di Alfredo Rocco ministro della giustizia, una commissione mista per la riforma della legislazione ecclesiastica, composta di sette membri laici e da tre ecclesiastici, sotto la presidenza del sottosegretario alla giustizia, Paolo Mattei Gentili.
FEBBRAIO 15 - Dopo queste settimane piuttosto movimentate oltre che drammatiche, Mussolini è colpito da un grave attacco d’ulcera duodenale. Ricomparirà in pubblico soltanto il 23 marzo.
FEBBRAIO 18 – E’ ufficialmente costituito sotto la direzione di Giovanni Gentile l'Istituto Giovanni Treccani per la pubblicazione dell'Enciclopedia italiana.
FEBBRAIO 20 - A Londra la Camera dei Comuni approva la cessione del territorio africano dell'Oltregiuba all'Italia. E' l'unico "contentino" ricevuto dopo la spartizione fatta a Versailles.
FEBBRAIO 23 - Sventato a Mosca un attentato a Trotzki; arrestati due studenti tedeschi.

FEBBRAIO 26 - Per il riordino del sistema borsistico il ministro delle finanze Alberto De Stefani vara una serie di provvedimenti, ai quali si aggiungeranno altri decreti legge il 7 marzo e il 6 e il 9 aprile. Per contenere l'eccessivo rialzo dei titoli azionari è introdotto l'obbligo del deposito anticipato del 25% in contanti per il pagamento dei titoli acquistati. Inoltre è decisa la nomina governativa degli agenti di borsa, i quali sono anche obbligati al versamento di una forte cauzione per poter accedere all'attività.
L'effetto di tali provvedimenti è di innescare una forte tendenza al ribasso. Gli agenti di borsa, l'Associazione fra le società per azioni (presidente Alberto Pirelli), la Confindustria (presidente Antonio Stefano Benni, segretario generale Gino Olivetti), l'Associazione bancaria (direttore generale Giuseppe Bianchini) reagiscono negativamente ai provvedimenti e premono sul governo affinché modifichi le decisioni prese.
Nello stesso giorno sono chiusi 95 circoli, 25 organizzazioni "sovversive sospette", 120 gruppi e associazioni "anticostituzionali", 150 esercizi pubblici considerati "ritrovi", arrestati 111 "sovversivi", 655 perquisizioni domiciliari.
Controllate tutte le 611 reti telefoniche, i 4433 posti pubblici, vengono spulciati uno ad uno i 145.797 abbonati (chi sono, cosa fanno, a quale partito politico appartengono).
Si sciolgono tutte le sedi di riunione d'operai ed è creato un unico organismo sotto il diretto e totale controllo del partito fascista: il Dopolavoro (OND).

MARZO 1925

MARZO 3 - Il Comitato centrale dei combattenti sospeso dal governo è sostituito con un triumvirato di commissari fascisti.
MARZO 2 - I vertici dell'ANC (Associazione nazionale combattenti), nelle persone del presidente, Ettore Viola, e dell'intero comitato centrale, sono sospesi dalle loro funzioni per intervento governativo. L'associazione, continuava a ostentare una posizione di indipendenza rispetto al fascismo. Con questo provvedimento Mussolini soddisfa una delle richieste degli intransigenti e avvia un processo di inserimento dei Combattenti nel regime.

MARZO 8 - Walter Simons è nominato presidente provvisorio della Germania.
MARZO 10 - Sanguinoso scontro tra fascisti ufficiali e dissidenti nel bresciano: 2 morti e 6 feriti.
MARZO 12-13 - Proclamato lo sciopero metallurgico in Lombardia: 15 stabilimenti disertati. Sindacati fascisti e industriali metallurgici stipulano un accordo per porre termine all'agitazione iniziata a febbraio, con l'adesione anche della FIOM, il sindacato metalmeccanico della CGdL, e che ha coinvolto più di cento industrie, per un totale di 60 000 operai, distribuiti in varie regioni. L'unità d'azione creatasi tra sindacalismo fascista e FIOM aveva destato una viva preoccupazione negli ambienti industriali e finanziari, come pure timori ai filofascisti.

MARZO 25 - Sulla situazione economica intervengono al Senato Ugo Ancona, Maggiorino Ferraris, Achille Loria per esprimere preoccupazione di fronte ai sintomi di una nuova crisi, caratterizzata da inflazione, rialzo dei cambi, svalutazione della lira, eccessivo aumento dei titoli azionari.
MARZO 29 - A Roma convegni nazionali dei partiti, democratico sociale e socialista unitario: confermata la solidarietà nell'opposizione.

APRILE 1925

APRILE 1 - In Cirenaica attacco senussita respinto dalle tribù fedeli all'Italia.
APRILE 2-5 - Mussolini in Senato annuncia il ritiro del progetto del generale Di Giorgio (ministro della guerra) per il nuovo ordinamento dell'Esercito. Il Generale si dimette. Il 4 aprile il suo ministero è assunto ad interim dallo stesso Mussolini.
Saranno nominati sottosegretario il gen. Ugo Cavallero, e capo di stato maggiore delle tre Armi il gen. Pietro Badoglio, affiancato come vice dal gen. Francesco Saverio Grazioli. Il rimpasto ai vertici militari non sarà gradito al ministro della marina Paolo Thaon di Revel, che vede menomata l'autonomia della Marina rispetto all'Esercito. Il 9 aprile rassegna anche lui le dimissioni. Mussolini assume l'interim anche di questo dicastero .
APRILE 7 - Incidenti a Roma durante un comizio dell'opposizione: l'onorevole Amendola e il figlio sfuggono ad un'aggressione fascista.

APRILE 9 - In Italia il governo ordina ai prefetti di vietare fino a nuovo ordine adunanze politiche e comizi indetti dall'opposizione.

APRILE 21 - A conclusione del convegno delle istituzioni fasciste di cultura tenutosi a Bologna, viene pubblicato e diffuso dalla stampa nazionale il Manifesto degli intellettuali fascisti (circa un centinaio - fra i quali Luigi Pirandello, Giuseppe Ungaretti, Ildebrando Pizzetti, Ardengo Soffici, Ferdinando Martini, Gioacchino Volpe, Luigi Barzini, Ugo Ojetti, Guelfo Civinini, Alfredo Panzini, Valentino Piccoli e altri).
Artefice del documento è Giovanni Gentile. Il filosofo tenta di creare
"una vera e propria dottrina del fascismo". Mussolini sino ad ora, al suo Fascismo non ha ancora dato una piattaforma ideologica nè un programma; ha preferito adattare la propria linea politica alle necessità contingenti senza fare programmi precostituiti.
Gentile crede di poter fare lui questa piattaforma ideologica; ma oltre che mancare nel documento proposte concrete (anzi è confuso e generico), entra anche in aperta polemica con il suo maestro Benedetto Croce, l'intellettuale di maggior prestigio dell'Italia liberale e degli oppositori antifascisti. Croce difende, nella sua opera, gli ideali democratici, Gentile li sminuisce come borghesi e privi di vera identità.

Ecco alcuni passi di Gentile:
"Il fascismo è concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non dipinge ideali magnifici per relegarli fuori da questo mondo, dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni...".
"Croce sa benissimo -
scrive Gentile - che se per liberalismo si intende quello che intendono oggi i fascisti quando lo combattono e gli stessi liberali quando lo oppongono al fascismo, il Risorgimento italiano non fu liberale; poiché la midolla di esso fu il nazionalismo che vuol dire critica e antitesi di questo liberalismo. Silvio Spaventa e i deputati del 15 maggio, - l'allusione si riferisce al 1848 -, violatori della Costituzione, furono rivoluzionari, non furono liberali alla Borzino. E Cavour, liberalissimo a tempo e luogo, protestò anche lui, a proposito della libertà di stampa, contro i grandi principi che rovinano le nazioni e governò sempre da padrone in quella Camera a cui s'inchinava».

Passando alle notazioni pratiche, il manifesto gentiliano tenta di teorizzare la costituzionalità dell'autoritarismo fascista, volto a raggiungere la pacificazione sociale nel Paese. Alcuni problemi di importanza capitale per i sostenitori delle tesi liberali vengono sminuiti da Gentile. Ad esempio la libertà di stampa, che il fascismo ha di fatto soppresso con i frequenti sequestri dei giornali indipendenti.
«Questioni di fatto, più che di principi; spesso le libertà sono state soppresse senza scandalo». Afferma, a questo proposito, l'intellettuale fascista.

Per quanto riguarda l'opposizione parlamentare secessionista, formata dai rappresentanti dei partiti antifascisti, il
manifesto gentiliano toglie, anche qui, importanza all'episodio, sottolineando «la tranquilla indifferenza» dell'opinione pubblica di fronte all'ostinazione dell'Aventino.
D'altra parte, osserva ancora il
manifesto, «la materia del contrasto non ha una consistenza politica apprezzabile ed atta a interessare l'animo popolare ».
Non resta che sperare in una resipiscenza dei protagonisti dell'episodio, affinché si decidano ad uscire dall'illegalità che hanno scelto come terreno di lotta. Dopotutto, di questa lotta non c'è più bisogno, conclude con non poca disinvoltura Gentile, poiché ogni
«residuo di vita e di verità» dei programmi dei partiti di opposizione «è compreso in quello fascista», naturalmente «in forma più alta, più complessa, più rispondente alla realtà storica e ai bisogni dello spirito umano».

La mattina del 1° maggio il giornale di Amendola,
Il Mondo, e altri giornali d'opposizione (il Corriere della sera, il Giornale d'Italia, la Voce repubblicana e il Popolo, giornale del PPI, diretto da Giuseppe Donati) pubblicano una protesta contro il manifesto degli intellettuali fascisti, corredata anch'essa da una lunga teoria di firme (una quarantina, un numero assai inferiore a quelle del manifesto gentiliano ma non meno prestigosi come Luigi Einaudi, Giovanni Amendola, Roberto Bracco, Luigi Salvatorelli, Eugenio Montale, Francesco Severi, Arturo Scotti, Ettore Janni, Francesco Ruffini, Corrado Alvaro, Mario Borsa, Giulio Caprin, Gaetano Mosca e altri). Il documento è opera del primo firmatario, Benedetto Croce, assunto a bersaglio dal manifesto fascista.
Benedetto Croce risponde a Giovanni Gentile e non va troppo per il sottile con l'ex discepolo, collaboratore ed amico ed esordisce definendo il documento
«un imparaticcio scolaresco nel quale in ogni punto si notano confusioni dottrinali e mal filati raziocinamenti».
E ribatte e confuta punto per punto i postulati gentiliani e accusa il fascismo di prevaricazione. Il passo forse più importante del manifesto crociano è quello relativo al consenso delle masse, al quale Gentile, nel suo scritto, ha fatto riferimento. L'adesione dell'opinione pubblica al fascismo non dimostra, a parere di Croce, se non che la gente è attirata da un capo capace di parlare un linguaggio nuovo, che suscita entusiasmi additando ideali immediati e facilmente comprensibili, portando in superficie quanto di discutibile c'è nel fondo dell'animo umano.
«Entrambi i due manifesti - scrive Denis Mack Smith - parlavano da soli e non avevano bisogno di commenti ». La polemica è destinata a restare una lite a due prime donne" e certamente la pubblica opinione e le masse non sono in grado di coglierne tutte le sfumature. Nondimeno essa ha molta risonanza poichè divide in due l'intellighenzia italiana"
Ovviamente i gentiliani -con il manifesto- hanno la meglio giacchè sono sul carro del vincitore. Ma presto pure molti crociani ci monteranno.
La polemica trascinò nel baratro anche i due meggiori direttori-editori: Albertini e il suo Corriere della Sera, e Frassati de La Stampa. Il primo si era rifiutato di pubblicare il lungo elenco dei firmatari del manifesto di Gentile, ed inoltre nel venticinquesimo anniversario dell'incoronazione di Vittorio Emanuele III, Albertini volle ricordare al Re il giuramento di preservare la costituzione e la libertà.
Esternazione -questa come le altre- che Albertini pagò cara. Nelle successive settimane nove articoli politici su undici, fanno bloccare l'uscita del giornale. Poi il 26 giugno Albertini firma la propria condanna con questo articolo:

«La massima parte dei commenti politici del Corriere della sera è da molti giorni sequestrata. Nonostante lo studio posto nell'evitare taluni argomenti che in giornali d'opposizione dovrebbero essere logicamente contrapposti all'uso arbitrario e verboso che si fa delle iperboli nella stampa fascista, non si riesce ad evitare la soppressione. Vi sono fatti e atteggiamenti che non possono essere toccati, e non si toccano. Ma tutto ciò non basta ancora... Del capo del governo è vietato far motto, quando non serva a lodarlo. Appena si lasci trasparire il dubbio che egli possa non essere infallibile, sequestro... Tutti i nostri commenti sono certamente di opposizione al governo. Che cosa si vuole? Che l'opposizione cessi? Che si rinunzi a discutere? O che si mescolino le critiche con tante lodi da produrre una specie di emulsione gradevole al palato dei potenti del giorno? Questa transazione non è accettabile. E al silenzio non si può rassegnarsi spontaneamente. Bisogna imporlo. Imporlo e assumere la responsabilità dell'imposizione... Non protestiamo. Notiamo. Gli articoli sequestrati rimangono: materia, un giorno, di utile esame per chi farà la storia della forma di dittatura sviluppatasi in Italia in tutto il suo carattere dal gennaio del 1925».

Mussolini è ormai convinto che tra i suoi avversari, comunisti compresi (pur questi minoritari e bersagli più facilmente perseguibile), il
Corriere della Sera è il più pericoloso.
Proprio in quella primavera viene ventilata la eventualità che gli Albertini lascino la direzione del giornale. Ma già ci avevano pensato i fascisti che al mattino prelevano dalle edicole i pacchi del quotidiano e li bruciano. Il 2 luglio il prefetto di Milano diffida il Corriere, minacciando -con la nuova legge della stampa- di sopprimerlo.
Lo si farà -legalmente, e dopo che l'editore è in crisi economica- a novembre, quando con un trapasso di proprietà passa ai Crespi.
Pochi mesi dopo il travaglio del
Corriere, sarà il turno della Stampa di Torino, quando Frassati cederà testata e proprietà agli Agnelli.

APRILE 25 - Si riunisce a Roma il consiglio nazionale delle corporazioni sindacali. Nelle sue conclusioni chiede il riconoscimento da parte dello Stato delle proprie organizzazioni e del loro diritto di intervento nella politica economica e nella produzione.
APRILE 28 - Il maresciallo Hindenburg, candidato del blocco di destra, viene eletto presidente della Repubblica tedesca.
Fonti, citazioni, testi, bibliografia
(*) RENZO DE FELICE "Mussolini il fascista"- Einaudi, 1966
CONTEMPORANEA - Cento anni di giornali italiani
PUBBLICAZIONE NAZIONALE UFFICIALE, (con l'assenzo del capo del governo), Vallecchi, 1928
MUSSOLINI, Diario della Volontà (1914-1922) - Quaderni Fascisti, Ed. Bemporad 1927
MUSSOLINI, Scritti Politici. Feltrinelli
MUSSOLINI, Scritti e Discorsi, La Fenice, 1983
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