ANNO 1938

UN ANNO MOLTO AMBIGUO
PRIMI BAGLIORI DI GUERRE
E MUSSOLINI COSA FA ????

La visita di Hitler - 5 Maggio -
Roma,  illuminata a giorno

Hitler Mussolini - Roma 1938

 

Gli eventi del 1938 sono molti, alcuni come questo a fianco, un incontro a Roma di Hitler e Mussolini, felici e sorridenti, rassicuranti; purtroppo alcuni di questi eventi sono invece molto inquietanti, ma sono solo un anticipo di quelli che porteranno le nazioni europee alla Seconda Guerra Mondiale.
Ma qual'è stato l'evento scatenante? e quale la data precisa ?

Indicare una data precisa e dire che in quella data iniziò la seconda guerra mondiale è una affermazione piuttosto semplicistica. Individuarla accostandola a un preciso iniziale fatto d'arme potrebbe essere un concetto legittimo, mentre invece è anche questo vago, perchè quando si spara il primo colpo di cannone quello è solo il primo atto solo più rumoroso oltre che drammatico della guerra; non ci permette di capire le ragioni del conflitto. Bisogna risalire all'ambiente dei Paesi belligeranti, alla loro politica, alle loro ideologie, allo stato sociale di uno o di tanti Paesi che entrano in quella spirale piena di tensione e che solo più tardi quando si azzuffano poi chiamiamo "guerra".

Perfino l' intera sequenza cronologica dei fatti d'armi, con le battaglie vinte o perse dai contendenti, non ci fanno proprio per nulla comprendere le ragioni del conflitto, anche perchè si avvicendano. Le motivazioni spesso sono molto indietro nel tempo, uova del male covate dagli animi di una o più di una delle parti in causa, nidiate di torti nati dentro nelle ambigue cancellerie, nelle autocratiche reggie, nei litigiosi santuari della politica delle nazioni.
Malanimi poi inculcati ai loro popoli, con la demagogia, con i sogni di rivalsa di atavici rancori, o per il timore di perdere acquisite egemonie economiche e di forza.

DOBBIAMO PER CAPIRE
PER FORZA RIPERCORRERE ALCUNE TAPPE
DEI FATTI PRECEDENTI

Dunque quando è iniziata la seconda guerra mondiale, o meglio "dopo la pausa" quando è ricominciato il conflitto?
Dopo la prima guerra mondiale (cioè dopo Versailles e la dura imposizione che la Germania fu costretta a subire) molti davano già per scontato a breve termine la ripresa della guerra.
Proprio Clemenceau ebbe a dire un giorno, in una seduta alla Camera francese, che "I trattati (e lui era uno degli autori principali) non sono che un modo di continuare la guerra".


Anche fra i Paesi vincitori come l'Italia c'erano motivi di risentimento: per i non compensi ricevuti dopo quella che fu chiamata vittoria "mutilata"; e per i grossi debiti contratti per ottenerla ( fino al 1988 !!!! ), costretta poi a pagare pur andando molti benefici di quella vittoria ai propri alleati; anzi andarono solo a quelli.
Nitti scriveva fin d'allora "Questa immensa guerra, che i popoli d'Europa hanno combattuto e sofferto, non ha solo fiaccato i vinti, ma ha turbato profondamente la vita dei vincitori... L'Europa prima della guerra, rappresentava, nelle sue grande divisioni, una unità economica vivente. Ora non vi sono soltanto vincitori e vinti, ma vi sono correnti di odio, fermenti di violenza, aspirazioni di conquiste, accaparramenti tenaci di materie prime, fatti con brutalità e quasi ostentatamente... Il sistema creato dai trattati non solo non consente di ricordare che la guerra è finita, ma determina quasi uno stato di guerra permanente"
(F.S. Nitti, L'europa senza pace, Firenze, 1921, pagg. 29-30)

(L'amarezza dell'Italia - che nei successivi anni aumenterà il suo rancore, era dovuto innanzitutto al non rispetto del Trattato di Londra, stipulato prima che l'Italia si schierasse con l'intesa, e sostanzialmente era un contratto che -entrando nel conflitto- le doveva legittimamente assicurare vantaggi materiali).
Se nella prima parte di quel Trattato di Wersailles, si parlava di pace, di felicità nei popoli, di autodeterminazioni; nella seconda parte alcuni già vedevano un nuovo conflitto; le armi prima o poi -per la disperazione in cui stava cadendo la Germania- avrebbero di nuovo iniziato a farsi sentire; e quando Wilson proprio lui che aveva concepito la Società delle Nazioni, ma poi gli USA che ne dovevano essere i garanti vollero rimanerne fuori, molti non ebbero dubbi sulla ripresa del conflitto, la litigiosità delle vecchie nazioni europee era ben conosciuta. Nè bastava la scomparsa dalla scena europea di tre imperi
.

Il fallimento della Società d.N. fu ben presto dovuto proprio  per l'assenza degli Stati Uniti che l'avevano promossa. Infatti più tardi il Patto Briand-Kellogg respinse la formula bilaterale e il principio delle sanzioni  contro un eventuale stato europeo aggressore di un altro. Questo perchè gli Usa volevano seguitare a vendere indisturbati agli europei le merci, sia agli uni che agli altri in caso di zuffa.
Basti dire che facendo un dispetto all'Inghilterra (che dopo il '29 si era chiusa nel protezionismo) gli Usa durante la crisi che seguí, erano poi riusciti ad entrare nei mercati di 20 paesi Panamericani; e per fare affari aveva perfino riconosciuto il governo rivoluzionario sovietico; mentre l'Inghilterra (proprio il paese del liberismo) abbandonando il gold standard (o tallone aureo) si era isolata e si era trascinata dietro tutti i paesi del suo impero.

Lionel Robbin, nel fare una rigorosa analisi di questo scellerato abbandono lo considerò "un colpo fatale, una catastrofe di enormi proporzioni". E giunse perfino a dubitare che si sfiorò perfino la sopravvivenza delle democrazie europee dopo questo episodio. Gli inglesi riuscirono a far abbandonare il gold a 22 Paesi che chiusero così tutte le importazioni americane. Fu un vero Ko per gli Usa già messa male per la crisi.

Non solo, ma i rapporti dell'Inghilterra con gli Usa (in discreta ripresa dopo la crisi) ancora nel 1939 ( !!! ) non erano proprio per nulla idilliaci.
Nel mese di marzo pochi mesi prima dello scoppio della guerra, i rappresentanti dell'industria britannica (che avevano fra l'altro contribuito non poco al riarmo tedesco, ignorando le dure proteste della Francia) si trovavano a Dusseldorf per diventare soci con la Germania di Hitler, per promuovere una vera e propria guerra commerciale contro gli Stati Uniti. Le intenzioni? boicottaggio totale delle sue merci.
Nè dimentichiamo che la Gran Bretagna, già il 18 giugno del 1935, aveva concluso un patto navale con la Germania, facendo arrabbiare non poco la Francia, che riteneva l'accordo in contrasto con il trattato di Versailles, e con gli accordi fatti a Londra, e a.... Stresa l'11-14 aprile - dove la S.d.N. si era riunita proprio per deliberare l'iniziativa unilaterale del riarmo tedesco e si era votato all'unanimità per la nomina di un comitato per studiare misure economiche e finanziarie da adottare contro simili atti.
Poi pochi giorni dopo il 21 maggio Hitler non tenendo in gran conto queste delibere, pronunciò un discorso nel quale affermò che non era da attribuire a colpa della Germania se le trattative del disarmo a Stresa erano fallite e che il trattato di Versailles era stato strappato proprio da quelle potenze che non avevano provveduto a disarmare.
La Germania aveva voluto liberarsi di quelle clausole del trattato che costituivano una discriminazione del popolo tedesco a tempo indeterminato. Quindi quell'accordo del patto navale, fatto (ripetiamo il 18 giugno) quasi all'indomani del riarmo unilaterale tedesco e senza previa intesa con le altre potenze, parve, ed era in verità, assai strano, e non fu ingiustificata la protesta della Francia, anche se protestava in un modo piuttosto arrogante.

Di fatto, e senza affermarlo, anche gli inglesi insomma la pensavano come Clemenceau, che "I trattati non sono che un modo di continuare la guerra". O "carta straccia" come ebbe a dire Mussolini.

Ad evitare ulteriori contrasti tra le due rivali sopravvenne il conflitto italo-etiopico del 3 ottobre 1935, ed il conseguente urto italo- britannico. L'attenzione si concentrò sul Mediterraneo. Ma anche qui non mancarono le ambiguità, le pantomine, le mobilitazioni di flotte, le inique sanzioni verso l'Italia che però nella sostanza erano solo una sceneggiata, che durò solo 7 mesi.

Tuttavia con quest'urto si aprì in Europa quella grave crisi - molti storici lo affermano- che doveva condurre alla seconda guerra mondiale.

Il Consiglio della S.d.N. il 7 dello stesso mese dichiarava che l'Italia era ricorsa alla guerra contrariamente al patto, e nell'assemblea del 10-11 ottobre cinquanta Stati deliberavano l'applicazione all'Italia delle sanzioni economiche previste nell'art.16 del patto stesso. L'applicazione pratica non fu semplice, nè mancarono dissensi su alcune materie prime che l'Inghilterra voleva stornare. E mancò anche prontezza di decisione non essendoci concordanza di vedute. Come ad esempio quando l'Inghilterra chiese eventuali aiuti qualora la sua flotta inviata nel Mediterraneo per dissuadere Mussolini, fosse stata attaccata dall'Italia. La Francia pose per condizione che vi fossero consultazioni preventive. Risposte analoghe diedero la Grecia, la Turchia, la Iugoslavia.

I motivi della "guerra commerciale" accennata sopra, erano molto semplici: in Inghilterra fra il 1930 e il 1936, la produzione industriale era aumentata del 24%, mentre l'esportazione era caduta a meno 16%. Un enorme squilibrio, una strozzatura mai verificatasi in Inghilterra; possedeva le materie prime, l'industria con le macchine produceva molto ma - soddisfatta la domanda interna - non aveva altri sbocchi per vendere.
 L'anno prima dell'incontro a Dusseldorf, nel 1938, dopo tante discussioni gli inglesi erano riusciti a stipulare uno straccio di accordo commerciale con gli Stati Uniti, che nel frattempo si erano però -come detto sopra- già allargati altrove. Mercati non da poco, da far tremare non solo l'Inghilterra ma anche la rinata Germania nuovamente
in piena ascesa economica.
E proprio perchè quello inglese era uno straccio di accordo stipulato con tanta diffidenza da parte americana, quindi molto sterile, gli inglesi una soluzione ai loro grossi problemi non l'avevano trovata. Ed ecco l'incontro con i tedeschi a Dusseldorff.

Forse per la troppa arroganza, gli Inglesi conclusero anche qui molto poco, anzi diedero a Hitler la esatta percezione che gli inglesi erano in gravissime difficoltà economiche (ed era vero! era quasi drammatica!), quindi l'idea di Hitler fu quella di fare la "sua" guerra; indisturbato, tutto da solo, in Europa, sul continente, e se Churchill gli dava fastidio, guerra anche contro la stessa e ormai debole Inghilterra.

In Germania, del resto, con il fallimento della Società delle Nazioni, Hitler aveva capito una cosa sola: che se in Europa scoppiava una guerra, se la dovevano sbrigare da soli gli europei.  Senza la "forza" militare di dissuasione  degli Stati Uniti, i litigiosi Stati europei sarebbero tornati alla tradizionale politica delle (ambigue) alleanze e dei (fragili)  trattati difensivi che erano poi in concreto solo "carta straccia" (lo disse Mussolini, ma in realtà tali erano).

Così fu, un susseguirsi di infrazioni al diritto, di fronte alle quali la "casalinga"  Società delle Nazioni, era rimasta -non avendo una forza capace di dissuadere- sempre passiva, oppure votò provvedimenti del tutto inadeguati alle drammatiche circostanze. Fu così che ripartirono tutte quelle liti lasciate in sospeso nel primo conflitto; in quello italo-etiopico addirittura la Società delle Nazioni finì nel ridicolo. Ma era quella che era: cioè una nullità.
E se già all'inizio c'era insofferenza all'idea di conferire un certo potere ad un organo internazionale, quando questo potere venne del tutto a mancare, l'era dei dittatori e non solo questi, iniziava. L''inizio di un disastro pure.

La campagna in Etiopia si era conclusa con una rapidità eccezionale, superiore alle stesse speranze di Mussolini. Il 5 maggio del 1936 il governo proclamava la sovranità italiana sull'Etiopia (Ricordiamo qui che l'Etiopia faceva parte della S.d.N. fin dalla creazione di essa, e proprio per iniziativa italiana).

Questa conquista "mussoliniana" portata a termine nonostante la quasi generale opposizione degli altri Stati, la confessata impotenza della S.d.N. e la reazione incerta delle grandi potenze, dovevano valere a dare ai Governi autoritari la convinzione ch'essi avrebbero potuto, ormai, tutto osare, senza trovare veri ostacoli sulla loro strada.
Infatti Hitler non aveva nemmeno aspettato la conclusione italiana, che notificò alle quattro potenze firmatarie del Trattato di Locarno la rioccupazione militare della zona renana.
Dopo quello Italiano, quest'altro atto unilaterale suscitò scompiglio; Francia e Polonia dissero -anche se non ufficialmente- di voler marciare subito contro la Germania, ma Inghilterra e Belgio si opposero (sempre non ufficialmente). Ufficiale o no, tuttavia ci fu una riunione a Londra delle potenze locarniste e fu approvata all'unanimità una mozione franco-belga, che riconosceva che la Germania aveva violato i patti.

Non fu approvata invece dall'Italia: il delegato italiano Grandi dichiarò che era consapevole degli impegni di Locarno ma che non poteva aderire, perchè gli stessi impegni erano incompatibili con le inique sanzioni imposte dalle cinquanta nazioni all'Italia, e che il sistema di Locarno era ormai ininfluente. Era anzi morta e sepolta quando poi (a conflitto concluso) l'11 maggio '36 al Consiglio della S.d.N. si tornò a parlare di Etiopia e di sanzioni all'Italia, Quando si alzò a parlare il rappresentante etiopico, il rappresentante italiano Aloisi abbandonò la seduta di Ginevra, affermando che l'unica autorità in Etiopia era quella Italiana. Il Consiglio rinviò le discussioni sul proseguimento delle sanzioni all'Italia. Ma contro queste ormai vi era un largo movimento, e lo stesso Churchill si dichiarò avverso. Il 17 dello stesso mese il Gabinetto Baldwin ne proponeva a Ginevra l'abolizione e il 4 luglio un Assemblea straordinaria della S.d.N. le aboliva.

A questo punto non solo trionfava la politica mussoliniana, ma questa consolidava l'amicizia con quella di Hitler. Che già in ottobre era il primo a riconoscere il cosiddetto Impero Italiano. Era una constatazione della concordanza di vedute ma anche il proposito dei due Governi di svolgere un'azione comune e di tenersi in rapporto per il raggiungimenti di tali scopi.
Primo risultato: il 1° novembre successivo Mussolini annunciava a Milano la nascita dell'Asse Roma-Berlino.
Mentre Francia e Inghilterra sulla base di reciproci interessi - e non vi era altra soluzione- riallacciarono una rapida e completa intesa.
Ma quella dell'Inghilterra con la Germania l'intesa fu ancora più rapida.
E la Società delle Nazioni? Molti si chiesero se doveva rinnovarsi o perire? Mussolini rispose subito: "Per conto dell'Italia, poteva anche tranquillamente perire".

Primo effetto di tutto ciò fu la corsa al riarmo, non solo in Germania e in Italia, ma in tutti i paesi. Le spese militari che nel 1932 erano calcolate, nel mondo a 2609 milioni di dollari, salirono nel 1936 a 11.469; a 13.893 nel 1937; a 15.932 nel 1938!
(Amedeo Tosti, Storia della seconda guerra mondiale, Rizzoli, 1948, pag. 29).

Come abbiamo già letto, dal luglio 1936, erano iniziati in Spagna i primi moti insurrezionali. E i primi a far partire i soccorsi a fianco di Franco fu Mussolini, seguito da Hitler. Iniziarono così i due a mostrare un parallelismo nell'azione.
Fu tutto inutile a Parigi e a Londra quando - di fronte ad una Germania sempre più invadente ed aggressiva- cercarono con la diplomazia un tardivo riavvicinamento dell'Italia; non riuscirono a far dimenticare a Roma le sanzioni.

E nemmeno seppero approfittare dei contrasti che nacquero fra Hitler e Mussolini, quando nel marzo del '38 il "caporale" tedesco procedette all'occupazione militare dell'Austria.
Di progettate conversazioni italo-francesi non si parlò più. Nemmeno a settembre quando le armate tedesche minacciavano di invadere la Cecoslovacchia.

Quando Hitler, Mussolini, Deladier e Chamberlain si riunirono a Monaco il 29 settembre sempre del '38, per fare alcuni accordi, sembrò fosse iniziata una lunga era di pace; fra l'altro con Mussolini come bravissimo ..."paciere", così scrissero i giornali del regime.
Ma il sospetto affacciato da alcuni, era che Hitler fosse andato a Monaco solo perchè non gli sarebbe convenuto, in quel momento, provocare una guerra, per la quale non era completamente pronto.

Poi due mesi dopo a Novembre iniziò ad avanzare alcune pretese sulla restituzione delle colonie che erano state tolte alla Germania a Versailles. Subito dopo iniziò a reclamare i territori abitati dai tedeschi, in Cecoslovacchia, in Boemia, in Moravia e... in Polonia, allarmando così questa volta anche la Russia.
E' questo è solo l'inizio delle rivendicazioni seguite dalla minacce; un inizio che andò a provocare l'urto fatale.

Ma non era una sorpresa per chi fosse rimasto attento!
Facciamo un passo indietro.

Lord George ancora all'indomani della firma del famigerato trattato di Versailles, si dimostrò profeta quando scrisse cinque anni dopo: "Non riesco ad immaginare più grave motivo di una guerra futura se non il fatto che il popolo tedesco - che si è dimostrato uno dei più forti e potenti del mondo- possa trovarsi circondato da tanti piccoli stati formati per lo più da popoli che non abbiano mai avuto prima un governo stabile, ma che comprendono un gran numero di tedeschi desiderosi di riunirsi con la madre patria"
( Lloyd George, "The Truth About the Peace Treaties", Vol I, p.622" e Paper Respecting Negotiations for and Anglo, French Pact, Cmd 2169 del 1924, p.77).

Riguardo alle pacifice intenzioni della Società delle Nazioni, l'Inghilterra non intendeva rinunciare ad una delle sue egemonie: l'allora giovane ministro della Marina Winston Churchill fu anche sarcastico "Una Lega delle Nazioni non è il sostituto della supremazia della flotta inglese";
e il Times dell'11 dicembre aggiunse chiaramente quali erano stati gli scopi della Gran Bretagna nella guerra....
"Una cosa è chiara: questa guerra non è stata vinta per la civiltà ma per il dominio inglese dei mari. Perciò per quanto riguarda questo paese, non può esser messa in discussione l'eventualità di spuntare l'arma che in questa guerra ci ha dato la vittoria"
.

Questo lo si disse quando si voleva distruggere la imponente flotta tedesca bloccata a Scape Flow, mentre invece la Francia ne pretendeva una parte per "farsi" (anche se disse "rinnovare") una sua potente nuova flotta, che voleva però proporzionata a quella inglese. Una proposta che non piaceva proprio all'Inghilterra. Una dirimpettaia con una flotta forte come la sua non la voleva proprio.

E la Francia che non si sentiva ancora appagata dalle spartizioni, e si sentiva debole rispetto all'Inghilterra cosa sosteneva in proposito?
Il 30 gennaio 1919, alla Conferenza, Clemenceau aveva detto....
"La Francia è la vicina immediata della Germania, e in ogni momento potrebbe essere attaccata improvvisamente come lo è stato in passato...La Francia si rende conto che la Gran Bretagna ha impegni in tutte le parti del mondo e non potrebbe venire subito in aiuto della Francia. Se si vuole stabilire la Lega delle Nazioni e la pace nel mondo non si deve cominciare col porre la Francia in una posizione pericolosa. L'America è protetta da tutta l'estensione dell'Oceano, e la Gran Bretagna dalla sua flotta. Noi no"
(Baker, op. cit., I, pp 426).
E B
ourgeois aveva affermato che "il diritto senza la forza non è altro che l'umiliazione della giustizia oppressa dalla violenza".
(Bourgeois, Le Pacte de 1919 et la Societè des Nations, Paris 1919, I, p. 43).

E se questo lo diceva un francese figuriamoci un tedesco che in quanto a giustizia a Versailles riteneva non esserci proprio stata.
Anzi come se non bastasse, Delcassè a Versailles voleva ancor più lo smembramento della Germania, e il giorno in cui alla Camera francese venne approvato il duro Trattato di Pace con la Germania, egli si astenne dal voto perchè quel trattato "manteneva l'unità della Germania" (Henry Leyret, Delcassè parle ... in "Revue des Deux Mon des", 15 sett, 1937, p. 381).
Secondo le direttive del governo di Parigi, "....la Germania bisognava metterla in ginocchio".

Delcassè era lo stesso uomo che ancora prima della guerra 1914-18, cioè prima di «spartirsi la pelle dell'orso» a Versailles, aveva espresso nel 1913 una sua opinione e perfino tracciato un programma su una futura guerra, secondo la quale per la Francia «scopo principale era la distruzione dell'impero tedesco e il maggior indebolimento possibile della potenza militare e politica della Prussia". (Die internationalen Beziehungen, cit., nn. 385, 386).

L'umiliazione del 1870 dai francesi non era stata dimenticata. Si aspettava da circa 40 anni solo l'ora della rivalsa.
Ma non per la civiltà, ma solo per accaparrarsi dei domini (almeno -come abbiamo visto sopra- gli inglesi l'avevano onestamente ammesso)

Dunque, la prima guerra mondiale la si era combattuta con tutto l'impegno, ma solo per arrivare a poter imporre quel trattato di pace ai tedeschi che era già stato scritto sei anni prima della guerra. (vedi 1ma G.M. > > )
Soltanto che nella spartizione del 1919 c'era l'Inghilterra a fare la voce grossa. Così anche tra le due potenze vincitrici -insoddisfatte- erano iniziate le prime divergenze e i primi forti contrasti.

Gran Bretagna e Francia, iniziarono a punzecchiarsi, timorose e invidiose entrambe. Fino al punto che la prima indirettamente aiutò la Germania a riarmarsi nel timore che la Francia diventasse troppo forte e poteva rappresentare una costante minaccia sulla Manica.
Paul Cambon ambasciatore della Francia a Londra scriveva "Io non credo alla possibilità di una rottura ma vedo che c'è disaccordo dovunque e su ogni questione, e - quel che è peggio- che nè a Parigi nè a Londra sono abbastanza intelligenti da ridurre le controversie all'essenziale"
(Lettere al figlio Paul, 14 ottobre 1920 - The New Cambridge Modern History, 1968, vol, XII, p. 278).

"Tali dissidi si manifesteranno chiaramente nel novembre 1921, in una conferenza per la limitazione degli armamenti, tenutasi a Washington, per iniziativa del governo americano (parteciparono Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Portogallo, Italia, Cina e Giappone), nella quale la Francia, per le sue pretese eccessive e non sempre giustificate, era rimasta moralmente isolata; si andò poi aggravando nelle conferenze di Cannes (febbraio 1922) e di Genova (aprile dello stesso anno), nella quale ultima Lloyd George ebbe a dichiarare al delegato francese Barthou che "l'inghilterra poteva anche decidersi a voltare le spalle alla Francia".
(A. Tosti, op. citata, pag. 9).

Il documento del trattato era in molti articoli piuttosto indefinito, ma in altri era chiaramente così duro e penalizzante, che a Versailles un membro della commissione americana commentò:
“Questo non è un trattato di pace, vedo almeno una dozzina di guerre in esso”
.


Secondo i francesi l'inghilterra nel dopoguerra non nutriva abbastanza rancore verso la Germania. Ma di motivi gli inglesi ne avevano diversi per comportarsi così. Il primo era che la Germania nella sua iniziale disperazione potesse cadere nelle accoglienti braccia della Russia bolscevica; secondo motivo - importantissimo, essendo questa la loro attività principale - volevano riprendere i commerci con la Germania, lasciando da parte i rancori, perchè "gli affari sono affari".
Volevano insomma ridare un po' di fiducia ai tedeschi, riabilitarli. Non spingerli troppo sul baratro del lesionismo o autolesionismo. Se i tedeschi lo avessero fatto non avevano nulla da perdere, più in basso di così non potevano mica andare. E questo li poteva indurre a tentare pericolose "avventure" rivoluzionarie. Alcune c'erano già state (quella degli spartachisti), e altre di tipo militare, in Germania in quei giorni parigini erano già nell'aria.

Rathenau, il patron della Aeg e futuro ministro degli esteri fece quasi chiarezza sulla natura di queste "rivoluzioni": «Quella che si chiama rivoluzione tedesca è lo sciopero generale di un esercito sconfitto».

E preoccupanti furono i disordini e gli scioperi nel 1923 quando la Francia decise di agire da sola facendo entrare nel bacino della Ruhr cinque divisioni; furono allarmanti quando il 2 ottobre 1924 fu approvato a Ginevra il "Protocollo per il regolamento pacifico delle dispute internazionali"; nè non scomparve l'aria pesante nell'ottobre del 1925 a Locarno anche se la Germania era entrata nella Società delle Nazioni; ed era una cappa pesante quando si firmò il patto Briand-Kellogg nell'agosto del 1927; ed era già tempesta quando contro quel patto ci furono dimostrazioni nelle piazze di Berlino; e di nuovo fu tempesta quando nel 1930 fu presentato il piano Young.
Dimostrazioni contro quest'ultimo -soprattutto ad opera del partito nazionalsocialista- appoggiato da molta stampa tedesca che andava affermando nei suoi corsivi che "...le generazioni tedesche sarebbero rimaste gravate per quasi sessanta anni da oneri pressochè insostenibili in favore di stranieri". Si tornava a negare così la responsabilità della guerra, come l'obbligo delle riparazioni.

Nemmeno nel periodo relativamente pacifico di Stresemann, ministro degli esteri (che con una serie di incredibili colpi diplomatici aveva fatto ritirare le truppe francesi dalla Ruhr, aveva permesso l’ingresso nella Società delle Nazioni, e aveva ratificato il trattato di Berlino che garantiva i confini fra Germania ed Unione Sovietica) seguito da quello breve di Briand, si attenuarono i forti contrasti. Questi portarono alla crisi del governo tedesco, alle poche settimane di Scheicher, che fallì, e suggerirono a Hindenburg di far formare un nuovo ministero ad Adolfo Hitler, il quale improvvisamente risorto da una grave crisi del suo partito, si assicurò (gli assicurarono) preziose collaborazioni anche al di fuori del suo partito.

E questi nuovi alleati chi erano? Era la classe di privilegiati della vecchia Germania, i proprietari terrieri, i generali, i grandi industriali, i conservatori, che improvvisamente (non essendo riusciti a padroneggiare né il Centro né i Socialdemocratici)  avevano deciso di far pace con la odiata demagogia di quel vanaglorioso personaggio, perché essi erano incapaci di dare un aspetto popolare alla loro autorità. Per attuare il loro programma era necessario il consenso delle masse. Loro questo consenso non l'avevano, e per ottenerlo usarono il focoso demagogo. Al resto ci avrebbero pensato loro.

Quando Hitler nel 1933 sale le scale del Reichstag, tutta la politica, soprattutto quella economica-finanziaria-industriale della Germania era a monte già stata tutta pianificata, con a valle una struttura altamente organizzata; già tutta razionalizzata dalla Reichsverband (associazione industriali tedeschi - 600 cartelli - vedi in Biografia di Hitler) poi diventata Wirtschaftslenkung "imprese private guidate" (dallo Stato? No! era semmai lo Stato guidato dalle imprese). E sia la prima (già esistente) come la seconda (nata nell'occasione) non erano certo "creature" di un caporale che aveva fatto la quinta elementare, che non era capace nemmeno di fare una moltiplicazione e una divisione. Non erano progetti che si potevano creare in un mattino. Erano necessari i maghi della finanza, i grandi banchieri, occorrevano notevoli capacità imprenditoriali, e abbisognava di nutrito appoggio dei conservatori.

In pochi mesi la produzione della Germania sale già a fine 1933 al 3,2%, nel 1935 al 5,5%, nel 1938 al.... 18,1 % ( !!! ).
Le riscossa con gli animi nuovamente bellicisti dei tedeschi erano ben chiari fin dall'inizio, con Hitler appena salito al potere.
L'autoritarismo tedesco era insomma nato prima ancora dell'ascesa di Hitler. I cartelli delle grandi imprese bancarie e industriali erano dal 1933 in poi, gli stessi che avevano già spinto la Germania nella sua "prima" avventura; e nel 1938 -aumentati come numero e come potenza- erano nuovamente pronti per iniziare la "seconda".

Le "gare eliminatorie" delle 43 nazioni che andranno a partecipare alle prossime "Olimpiade della morte" erano insomma già iniziate nel 1933 !! Hitler era stato messo lì solo perchè era un ottimo e utile demagogo.
Hitler infatti, sale (è messo) al potere con la legalità; ma è un potere che gli viene offerto da una elite tedesca su un vassoio d'argento.
(Inoltre qui ricordiamo che Hitler diventa Capo dello Stato, col titolo di "Fuhrer", solo il 2 agosto del 1934, dopo la morte di Hindenburg)


"Olimpiadi della morte" - Così le aveva preannunciata profeticamente Knickerbocher nel 1934 nel suo libro-inchiesta, poi pubblicato in 13 lingue nel 1934 (In Italia, Bompiani ed. 1° giugno 1934 - Ne abbiamo una copia). Il grande famoso giornalista (
premio Pulitzer del giornalismo) lo intitolò il suo libro "Ci sarà la guerra in Europa?" .
Con inquietudine  Knickerbocher aveva letto Main Kampf. Ne era rimasto scioccato e dato che Hitler era salito al potere da pochi mesi, in quella Germania in piena ebollizione, si era messo in viaggio intorno al mondo e aveva intervistato tutti i potenti della terra.

Dopo aver interrogato i grandi capi di stato (e di ognuno riporta le opinioni) dentro le sue pagine rispose:  "La guerra ci sarà, il punto interrogativo è da mettere semmai  dopo queste due parole. Quando scoppierà?  Churchill ha risposto "forse fra diciotto mesi, è inevitabile".

 Poi Knickerbocher continuava  "Un'unica opinione è comune a tutti, che ci sarà! "Ci sono sei milioni di uomini pronti con il fucile in mano, cosa credete che aspettano? Aspettano di sparare!".
"Il vecchio continente, nei suoi cinque "accampamenti" aspetta con la baionetta in canna. Che cosa aspetta? Danzica, la Saar, l'Anschluss, .....i Francesi".

Questa guerra, più ancora della Grande Guerra, concludeva Knickerbocher, avrebbe segnato la "fine dell'Europa nella forma attuale". E affermava  nelle ultime due pagina (292-293) che l'Inghilterra, Francia e.... gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica insieme (e quest'ultima sembrò una bizzarria - l'URSS con gli USA !!!) avrebbero vinto, per un motivo molto semplice "che hanno tutto quanto desiderano per fare una guerra, mentre le nazioni che non hanno quanto desiderano sono la Germania e il Giappone, e queste due perderanno". Fu profeta? No, semplicemente analizzò bene la situazione.

E l'Italia? "Questa ha un suo timore, che l'Austria si converta al nazional-socialismo: si troverebbe sul confine alpino settantadue milioni di Nazis. A quel punto cosa farà Mussolini? Dovrà entrare nelle "olimpiadi".  La disfatta dell'Italia mussoliniana è già preannunciata, perchè millantatrice e impreparata anche se la guerra scoppiasse nel 1942-43". Fu profeta anche qui? No, semplicemente realista.

E l'Inghilterra? "E' un'isola che vive di commerci e ha quindi un interesse vitale. E' l'Inghilterra che oggi detiene la chiave della pace o della guerra in Europa. L'opinione dei capi responsabili è "tutto dipende dall'Inghilterra". In Inghilterra parlando della Francia, dell'odiata Francia, si teme che concedendo gli armamenti ai tedeschi, la Francia chieda anch'essa di aumentare i suoi arsenali - e l'Inghilterra vuole la sua sicurezza oltre La Manica, non temendo i tedeschi ma i francesi perchè non ha dimenticato Napoleone. Ma anche la Francia vuole la sua sicurezza, la parola inglese impegnata a Locarno a difesa della Francia contro l'aggressione tedesca non gli è sufficiente. Hanno paura degli inglesi, perchè anche loro non hanno dimenticato Napoleone".

E la Francia? "Un generale francese ha criticato aspramente chi ha voluto  la "inutile" colossale Maginot-  "quella non serve a nulla, ci sono due punti precisi per invadere la Francia: uno, basta aggirare  la Maginot dal Belgio a Sedan, l'altro è che è possibile sfondare la stessa Maginot dalla Foresta delle Ardenne, ritenuta impenetrabile, ma questo dai novantenni generali che pensano ancora ai cavalli, non sanno cosa sono i carri armati e che con un paio di questi  gli alberi cadono come birilli e aprono un'autostrada a quelli che seguono"

Era il generale francese MILLIET a confidarsi
(a pagina 225 di questo libro) "non é per nulla impossibile l'aggiramento della Maginot, inoltre è perfettamente effettuabile anche passando dalla foresta delle Ardenne" poi a pagina 243, "la Francia è cosi sicura della sua "muraglia" Maginot che vi concentrerà ogni soldato francese a contemplarla, a sedersi, e ad aspettare la vittoria. Lo storico dell'anno 2034 potrà scrivere che la caduta della Francia ebbe inizio il giorno della costruzione della sua muraglia "trappola".
Sono queste 4 righe addirittura sconcertanti.


Il libro di Knickerbocher costava 12 lire, Hitler acquistandolo spese bene i suoi soldi, perchè gli indicò la strada della futura invasione del 1940. Infatti fece proprio così. La Maginot
(ritenuta dai francesi e non solo da loro, invalicabile e inespugnabile; era costata 5 anni di lavoro e 133 milioni di dollari) la aggirò dal Belgio, poi con le sue panzedivision la sfondò pure, passando proprio dalle Ardenne.

 Knickerbocher  indica che il grande conflitto sarà nuovamente mondiale e che "questa volta non serviranno come nell'ultima guerra, eserciti di fanti o di alpini,  ma l'arma decisiva per vincerla saranno gli aerei, i bombardamenti delle città, e forse una sconvolgente "arma segreta" che alla fine metterà termine a tutto". Che veggente !!!

Knickerbocher ha fatto persino i calcoli dei bombardamenti: "per quattro anni verranno rovesciati quotidianamente 600 tonnellate di esplosivi , che uccideranno 17.600 persone al giorno", e fa perfino i conti di quanti soldati tedeschi - dopo la prima fase infausta - dovranno essere richiamati nel 1944 per proseguire la guerra, calcolando persino i fanciulli dai 10 ai 14 anni del 1934, quando appunto ne avranno a tale data di anni 18-20. 

Non sbagliò! la 2nda guerra mondiale in Europa terminò nei primi mesi del 1945; nel mondo in agosto; durò 2190 giorni, e Knickerbocher sbagliò di poco anche sulle vittime, ma in difetto, furono infatti 25.528 vittime al giorno.

Si poneva anche questa domanda: "Dove inizierà la guerra ? a Danzica! E nelle fasi successive? In Polonia, Cecoslovacchia, Austria, nella Saar, e se il generale francese ha ragione, anche in Francia".
Knickerbocher  indica pure la minaccia dell'Olocausto; il patto con la Russia di Hitler, e la successiva rottura del patto seguita dall'invasione.  A questo punto la Russia si unirà ai Paesi democratici  (agli Inglesi e agli USA !!) contro la Germania; e predice anche l'attacco dei Giapponesi.

Altra inquietante profezia: "I concorrenti, su terra, in mare e nell'aria, entreranno appunto come detto sopra nel rettilineo finale verso la fine del 1944. Quel giorno nella sola Germania saranno 13 milioni di maschi dai 15 ai 40 anni chiamati a lottare, e si aggiungeranno ai 4 milioni di veterani tra i quaranta e cinquant'anni d'età" (Sbagliò in difetto solo di un milione).

"La corsa agli armamenti è cominciata. Partiti! Germania, Francia, Inghilterra, Russia, Giappone, Italia partecipano alla contesa che culminerà  nei giuochi olimpici della morte. Stanno iniziando le gare eliminatorie. Domani saranno le semifinali e la finale... se non si tronca la contesa"
.

(Queste righe sembrano la esatta cronaca della 2a Guerra Mondiale, invece sono state scritte nel 1934!)


Torniamo ora agli eventi di questo anno 1938.

Subito dopo l'annessione dell'Austria, nella crisi in Cecoslovacchia, Chamberlain si era illuso che Hitler lavorasse per la pace. Il "caporale" improvvisamente rompe la tregua e a Berlino il 26 settembre pronuncia uno dei suoi discorsi piu' violenti. Si scaglia contro Benes, il Presidente della Repubblica Ceca. E' un ultimatum.

" Ich habe Herrn Benes ein Angebot gemacht. Es ist nichts anderes als die Realisierung dessen, was er selbst schon zugegeben hat. Er hat jetzt in seiner Hand: Frieden oder Krieg! Er wird entweder dieses Angebot jetzt akzeptieren und den Deutschen endlich die Freiheit uns jetzt holen."

" Ho fatto un'offerta al sig Benes. Non e' altro che la realizzazione di quanto egli stesso ha gia' ammesso. Egli e' ora arbitro della pace o della guerra! O accettera' quest'offerta ora e dara' finalmente la liberta' ai tedeschi, oppure questa liberta' ce la prenderemo da noi"

Poco prima, il 12 Marzo, Hitler aveva già appagato la sua ambizione: compiuta la sua "vendetta" sull'Austria.

Il 12 Marzo, dovevano svolgersi le elezioni, l'Anchluss, un plebiscito per far scegliere agli austriaci o  l'indipendenza o il partito nazista che Hitler diceva essersi diffuso nel Paese e (con un ultimatum) pretendeva dal governo l'assegnazione ai suoi filonazisti presenti in Austria, il ministero degli interni, della guerra e delle finanze.

Lui stesso si pone a  capo delle forze armate, invade l'Austria, la conquista e a Vienna suo primo pensiero é andare a scovare i suoi ex professori; chi lo aveva bollato agli studi dell'Accademia "mediocre", o quelli che l'avevano disprezzato, e persino i singoli negozianti che gli avevano rifiutato un lavoro quando faceva il barbone nella opulenta capitale. Fece loro terreno bruciato, facendogli perdere l'impiego, la casa e di alcuni di loro non si seppe mai più nulla.
"Il mio ricordo piu' infelice è quando vivevo in mezzo a questa gente felice" seguitò a ripetere, mentre ora tutti sul Ring lo acclamavano e lo applaudivano. A Braunau, dov'era nato, andò a togliere il confine di persona, tronfio, appagato, osannato, divinizzato. Gli abitanti di questa città divisa in due Stati dal fiume aspettavano l'apertura di quel ponte ancora da Giulio Cesare, dai limes di Marco Aurelio, dai castri di Probo e altri. Ora arrivava lui, che in quella città vi era nato. Una apoteosi; da leggenda nibelungica.

Mussolini che aveva fatto un patto nel '34 con l'Austria dichiarando di "essere risoluto a difendere in tutti i modi la sua indipendenza", ed infatti a quel tempo mobilitò l'esercito al Brennero, questa volta fece marcia indietro. Gli austriaci li abbandonò al loro destino. Ora aveva Hitler al confine del Brennero. Rimase fermo e zitto. Nè del resto poteva fare diversamente, visto che era stato informato dell'invasione solo l'11 sera quando ai confini tedeschi-austriaci tutto era ormai già pronto.

Il 16 aprile alla Camera Mussolini cercò di giustificarsi ma era un barcamenarsi, facendo risaltare solo i buoni rapporti che ora lo legavano a Hitler, anche se costui lo aveva tenuto del tutto all'oscuro di questa sua iniziativa; che non era da poco conto (e non sarà la sola).
L'Austria non era una banale colonia africana, era una Nazione che veniva cancellata dalla carta geografica. Anche se questo atto e questa sconfitta degli austriaci fu una soddisfazione che si prese Mussolini, evocando quanto gli era accaduto nel suo soggiorno a Trento, umiliato ospite nella patrie galere del Kaiser con una accusa infamante: di aver fatto una rapina.

E l'Europa? Nello stesso 16 aprile a Roma, l'Italia si impegna con l'Inghilterra a ritirare ufficialmente le truppe in Spagna (che erano giunte a 50.000) e gli inglesi riconoscono all'Italia la definitiva annessione dell'Etiopia.
Lo stesso atteggiamento assume la Francia, il 4 ottobre.
Inspiegabilmente davanti ai fatti austriaci che portano Hitler a un ulteriore preoccupante espansionismo, troviamo i due Paesi quasi sulle stesse posizioni di Mussolini. Nessuna reazione degna di nota; risultato: le due potenze vanno ad assecondare le velleità sia di Mussolini che di Hitler; e naturalmente quest'ultimo ora pensa già ad altro: all'annessione della Cecoslovacchia.

L'Europa si interroga sempre di più, è molto preoccupata; gli inglesi mobilitano la loro flotta, c'è alta tensione di nervi in alcuni capi di Stato e grande arroganza in altri, ma é null'altro che un ipocrita atteggiamento davanti all'opinione pubblica. Non sapremo mai che accordi furono stipulati.

 

HITLER A ROMA

3 MAGGIO. Sono passati solo pochi giorni dall'invasione e annessione dell'Austria.  Hitler fa la sua visita ufficiale a Mussolini in Roma. La capitale lo accoglie con una parata memorabile. La città in una coreografia da Mille e una Notte viene illuminata a giorno, la folla é oceanica in tutte le manifestazioni che si fanno in suo onore, e Mussolini in ogni suo discorso esalta le tante affinità che lo legano a Hitler, soprattutto quelle che legano il nazismo al fascismo e conferma "la determinazione a marciare fino in fondo con lui!" e... "come" lui (ma il come lo sta però pensando da solo senza chiedere al "caporale").

Infatti diciotto giorni dopo l'invasione dell'Austria condotta personalmente da Hitler, Mussolini deve aver provato invidia per questo "nuovo condottiero" alla testa del suo esercito.
Dalla Camera poi dal Senato e perfino dal Consiglio di Stato, fa approvare un nuovo ordinamento che modifica lo Statuto Albertino.
Cosa che fa mandare su tutte le furie il "piccolo" Vittorio Emanuele III (terzo), che cosi' diventa pure sulla scena politica piccolo, e di fatto anche il "terzo" incomodo alla grande parata del "primo" e del "secondo" attore.

Insomma una nullità, e molti, ai ricevimenti e alle sfilate notano la sua insofferenza. Come si nota anche l'assenza plateale da Roma del Papa, partito tre giorni prima per Castelgandolfo per non dover subire il fastidioso incontro con chi sta portando avanti e sta trapiantando anche in Italia le leggi razziali antiebraiche; tanto che la Santa Sede - (si dice ma manca la fonte) - prenderà contatti perfino con gli antifascisti comunisti.

Davanti al Colosseo, il Duce, emulo di Hitler che ha inventato in Germania il "passo dell'oca", vuol far colpo e fa sfilare le truppe nella nuova "Via dell'Impero" con il nuovo "passo romano". Ma non basta la parata dei soldatini per far cessare l'inquietudine che cresce e con la palese tensione che sta aumentando: Hitler sta avviando l'Italia - questo tutti lo capiscono-  verso un conflitto generale, visto che dopo l'Austria sorge subito la questione della Cecoslovacchia.

La giustificazione ufficiale di Hitler era la necessità di difendere la minoranza tedesca che abitava in territorio cecoslovacco dalle continue angherie e soprusi di cui era fatta oggetto, ma l'obiettivo primario restava la distruzione dello stato cecoslovacco, un paese evoluto dal punto di vista industriale e militare. Per raggiungere il suo scopo Hitler fornì aiuti concreti al leader filonazista della minoranza tedesca dei Sudeti, Konrad Henlein, fondatore del Partito tedesco dei Sudeti, che cercò di mettere in crisi il governo ceco avanzando pretese di autonomia e facendo leva su un sempre più diffuso sentimento pangermanista, espresso nel grido di battaglia " Ein Volk, ein Reich, ein Führer! ".

La "storia" dei Sudeti  in breve è questa: Piccoli  gruppi  di miseri contadini di origine tedesca si erano stanziati fin dal periodo della Riforma, nelle regioni montuose di frontiera della Boemia Cecoslovacca. Poi a partire dal XVIII secolo, assecondati dagli Asburgo, su questo territorio, ininterrottamente,  vi emigrarono in massa, e da  minoranza che erano, presto divennero una maggioranza col nome non di Boemi (la regione) o Cechi (la nazione), ma si scelsero un nome: Sudeti (come la zona montuosa del territorio occupato con l'emigrazione - un'area  di circa 300  per 60 km, con monti, valli e altipiani, sede di alcune miniere). Da etnicamente mista, la zona si trasformò presto  etnicamente tedesca, fino al punto di influenzare e poi  avere la padronanza  locale, spodestando così gli amministratori, le tradizioni, la lingua e la  cultura ceca. Questa incessante migrazione e conseguente modificazione etnico-culturale del territorio,  alla fine causò attriti, e nella seconda metà del Novecento divamparono violente lotte nazionaliste ceche, che però si spensero durante il conflitto della prima guerra mondiale con l'impero asbugico smembrato.
A Versailles, il 28 giugno 1919, le Potenze vincitrici della Grande Guerra decisero di punire la Germania, imponendole, oltre a sanzioni economiche e al disarmo quasi totale, pesanti perdite territoriali. Il "trattato" (subito definito dai tedeschi "diktat" - imposizione) prevedeva che passassero alla ricostituita Polonia l'alta Slesia, la Posnania ed una striscia della Pomerania: quest'ultimo territorio, chiamato Corridoio Polacco, aveva lo scopo di garantire alla Polonia uno sbocco sul Mar Baltico e di unirla alla città libera di Danzica, dividendo così la Germania in due parti tra le quali non c'era più continuità territoriale. A trarre vantaggio dalla costituzione di un nuovo ordine europeo oltre alla Polonia fu anche il nuovo stato federale della Repubblica di Cecoslovacchia che raccolse al suo interno insieme ai Boemi e agli Slovacchi anche una minoranza composta da circa tre milioni di Tedeschi, che abitavano appunto la regione dei Sudeti.
La Cecoslovacchia  ottenne così una notevole autonomia, che fece ulteriormente crescere l'immigrazione tedesca. Poi questi sudeti  non si accontentarono solo dell'autonomia, pretesero di più, volevano il distacco dalla Cecoslovacchia, ed iniziarono a combattere per l'indipendenza.

A erigersi paladino di queste pretese  irruppe poi Hitler  intervenendo a difesa del  diritto  del popolo Sudeto.

"Sono pronto a scatenare una guerra pur di liberare i Sudeti". La scatenò!  Morirono così per i Sudeti e per Danzica tanti tedeschi.  Ma  non per dar loro l'indipendenza ma per annettere il territorio alla Germania, e di già che c'era  Hitler  invase l'intera Boemia e la Moravia, per poi proseguire la sua "Guerra Umanitaria" per liberare i tedeschi  a Danzica, un altro pretesto per prendersi  la Polonia, dividerla con gli alleati, che in quella circostanza erano i russi.


( Hitler poi alla fine -come sappiamo- perse tutto. La regione dei Sudeti alla fine della seconda guerra mondiale, venne reincorporata  nella Cecoslovacchia, e in base alle decisioni delle potenze vittoriose, i Sudeti (3 milioni)  furono tutti espulsi  in massa in Germania. Persero tutto. I vincitori per nulla "umani" anche loro, non lasciarono nemmeno quelli che vi erano arrivati quattro secoli prima.
Così i Sudeti furono beffati con il primo intervento  "umanitario", e nuovamente truffati con  il secondo intervento "filantropico".
Si ritrovarono senza la capra e il cavolo! Gli invasori e i liberatori, entrambi, li avevano solo usati! )

---------------------------------------------

Hitler riteneva indispensabile un attacco militare alla Repubblica Cecoslovacca, ma temeva la reazione delle potenze occidentali e dell'Unione Sovietica. Infatti la Cecoslovacchia era legata alla Francia e alla Russia da precisi accordi militari che avrebbero imposto alle due nazioni di intervenire in caso di aggressione. Per questo il Führer incaricò il generale Keitel di predisporre un piano di aggressione nei confronti della Cecoslovacchia, valutandone le possibilità di successo: l'intera operazione avrebbe preso il nome di "Piano Verde". Keitel, fedelissimo del Führer, non avrebbe mai osato dare un parere contrario alla sua volontà; osarono invece altri, come il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Ludwig Beck, che sottolineò la temerarietà dell'azione ed il pericolo di scatenare un nuovo conflitto mondiale nel caso in cui la Francia fosse intervenuta, coinvolgendo anche Russia e Inghilterra.

 Intanto la Cecoslovacchia si preparava al peggio e raccoglieva truppe al confine con la Germania, godendo in questa fase dell'appoggio, seppur solo verbale, franco - inglese. La sicurezza mostrata dall'avversario indusse il Führer a sospendere l'attuazione dei propri piani, cosa che spinse la stampa a parlare di un vero e proprio smacco, lo "smacco di Maggio".
In realtà Hitler, mentre parlava di pace con l'ambasciatore ceco, attendeva che si chiarisse la posizione effettiva di Francia e Inghilterra, e proseguiva parallelamente i colloqui con i propri generali affermando: "E' mia ferma e irrevocabile intenzione annientare al più presto la Cecoslovacchia con un'azione militare".

Il dissenso del generale Beck, di cui accennavamo sopra, si tradusse addirittura nella proposta di riformare lo stato in senso più liberale pur restando fedele al Führer, ma quando si rese conto di non avere alcuna possibilità contro il carisma ed il potere di Hitler decise di rassegnare le proprie dimissioni per motivi di coscienza. L'opera di Beck produsse comunque qualche frutto perché si venne a creare in seno alle gerarchie militari un fronte occulto contrario al capo supremo della Germania, che poteva annoverare tra le sue fila il tenente colonnello Hans Oster, capo del servizio informazioni della Wehrmacht, il generale Ewald von Kleist e il generale Franz Halder, oltre ad alcuni civili, tra i quali il più importante era l'ex borgomastro di Lipsia Carl Goerdeler, e uomini di chiesa.

Questi personaggi diedero vita ad una cospirazione, ritenendo che l'aggressione ormai imminente della Cecoslovacchia avrebbe scatenato la reazione delle potenze occidentali; ciò avrebbe determinato un progressivo indebolimento del consenso popolare nei confronti di quel Führer che aveva trascinato una impreparata Germania in guerra e avrebbe consentito loro di portarlo incatenato davanti ad un tribunale popolare, che lo avrebbe condannato. In realtà i piani dei congiurati erano destinati ad essere resi inattuabili proprio dal comportamento tenuto dalle grandi potenze europee.

L'ambasciatore tedesco a Mosca von der Schulenburg faceva sapere che secondo lui l'Unione Sovietica non sarebbe mai intervenuta a sostegno di uno "stato borghese" come quello cecoslovacco. Inoltre l'URSS riteneva di non essere tenuta a soccorrere la federazione cecoslovacca in base all'accordo militare che legava le due nazioni se non in presenza di un contestuale intervento francese.
Dal canto suo la Francia non se la sentiva di imbarcarsi in un'avventura della quale non si potevano conoscere le conseguenze senza che le fosse assicurato il sostegno militare della Gran Bretagna. Qui il primo ministro Neville Chamberlain aveva già da tempo adottato la politica dell'appeasement, in forza della quale cercava di evitare uno scontro aperto con Hitler, accontentandolo in quelle che erano le sue richieste più ragionevoli, anche alla luce del duro trattamento riservato alla Germania a Versailles.

In occasione della crisi cecoslovacca dunque Chamberlain cercò la strada del negoziato a oltranza e dichiarò, mentendo sul fatto che vi fosse una richiesta del governo ceco in tal senso, di voler inviare a Praga un proprio negoziatore nella persona di lord Walter Runciman. Era una mossa che fece chiaramente comprendere ai Francesi che l'Inghilterra non aveva alcuna intenzione di farsi coinvolgere in un conflitto con la Germania. 

Non solo, ma il 13 Settembre 1938 Chamberlain dichiarò, cogliendo di sorpresa lo stesso Hitler, di essere pronto ad incontrare il Führer per trovare una soluzione pacifica alla questione dei Sudeti. L'incontro si svolse il 15 Settembre a Monaco e nel corso del colloquio Hitler, dopo avere affermato di non poter tollerare oltre la tracotanza della Cecoslovacchia e di essere pronto ad affrontare un conflitto mondiale se ciò era inevitabile, si dichiarò disposto ad accettare la mediazione dell'Inghilterra per il passaggio del territorio dei Sudeti alla Germania sancito da un plebiscito.
Se da un lato però Hitler ammaliava il primo ministro inglese, convincendolo a soddisfare quella che sarebbe stata "l'ultima rivendicazione" tedesca, dall'altro lato proseguiva nel suo subdolo piano di conquista affidando al capo del Partito tedesco dei Sudeti, Henlein, il compito di organizzare un vero e proprio esercito di sobillatori che provocò vari disordini con diversi morti e feriti. Questi scontri furono il pretesto che la Germania aspettava per schierare ben cinque armate sul confine cecoslovacco.

In questa situazione di grave tensione proseguivano gli sforzi diplomatici con un incontro a Londra tra Edouard Daladier e Georges Bonnet, rispettivamente primo ministro e ministro degli esteri della Francia, ed i loro colleghi inglesi, durante il quale anche i Francesi constatarono che il passaggio dei Sudeti alla Germania era indispensabile per salvaguardare la pace. 

Il tutto era stato deciso senza neppure consultare il presidente della Repubblica di Cecoslovacchia, Edvard Beneš, che, ovviamente, fu costretto ad accettare il sacrificio, pur sentendosi tradito dalle potenze occidentali.
Il 22 Settembre Hitler e Chamberlain si incontrarono nuovamente e il premier inglese rese noto che tutte le nazioni interpellate, Cecoslovacchia compresa, avevano accettato la cessione dei Sudeti alla Germania. Tuttavia, il Führer ora non si accontentava più e dichiarava, di fronte ai nuovi soprusi perpetrati ai danni del popolo tedesco, di avere deciso di occupare immediatamente il territorio dei Sudeti.
Il giorno successivo Chamberlain riuscì a strappare al leader tedesco soltanto la concessione di un termine di cinque giorni entro i quali il territorio conteso doveva essere ceduto. Mentre ancora la discussione era in corso, giunse la notizia che, di fronte alle assurde pretese tedesche, Beneš aveva ordinato la mobilitazione generale delle truppe cecoslovacche.

 Indignato, Hitler dichiarò che avrebbe atteso ancora fino al 1° Ottobre, (VEDI IL VIOLENTO DISCORSO IN AUDIO NEL CAPITOLO SUCCESSIVO) dopodiché avrebbe scatenato l'attacco. La situazione era dunque precipitata improvvisamente proprio quando il più sembrava fatto. Nella sua "partita a carte truccate" il Führer aveva poi ottenuto da parte di Polonia e Ungheria, paesi confinanti con la Cecoslovacchia, l'assicurazione che non sarebbero intervenute in caso di attacco tedesco.
Anzi, la Polonia arrivò addirittura a presentare a sua volta un ultimatum alla Repubblica Cecoslovacca, in forza del quale ottenne verso la fine di settembre l'annessione al proprio territorio del distretto di Teschen, contribuendo ad accrescere la tensione e la pressione sui governanti cecoslovacchi.


Il 26 Settembre
Hitler fa la sua seconda mossa. Manda un ultimatum alla Cecoslovacchia rivendicando l'annessione alla Germania della zona Sudeta, minacciando in caso negativo una invasione militare del paese, come in Austria.
Francia (che ha un patto con la Cecoslovacchia) e Gran Bretagna temporeggiano, si sfiorano i limiti della legalità alla luce del buon senso, ma tergiversano tutti, esitano e promuovono inutili incontri; un disimpegno non senza motivo, forse dettato dalla prudenza; infatti intervenire significherebbe aprire un conflitto senza precedenti, visto che quasi tutte le nazioni europee ormai formano due blocchi in contrapposizione e la scintilla di uno solo incendierebbe l'intera Europa.
A stemperare la tensione e a fare da paciere viene incaricato Mussolini per le sue buone relazioni con Hitler, che..........

il 29 Settembre a Monaco alla conferenza dove sono presenti quasi tutte le nazioni interessate riesce a far stipulare delle intese ai due litiganti; la Cecoslovacchia alla fine cede una fetta di territorio alla Germania. La questione sembra finita.
Ma la conferenza di Monaco non aveva assolutamente risolto i problemi europei, li aveva semplicemente solo occultati sotto il velo di una falsa pace che aveva illuso i più.

Non si illuse invece Winston Churchill che commentò così i patti di Monaco: "Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra ".

Ma ancora più grave fu la totale indifferenza mostrata dalle democrazie di fronte alla successiva dissoluzione della Repubblica di Cecoslovacchia organizzata dal Reich. Infatti essa ebbe gravi conseguenze non solo dal punto di vista dell'immagine e del morale, ma anche e soprattutto dal punto di vista militare, visto che la Germania poté appropriarsi dei moderni armamenti cecoslovacchi e di importanti risorse di materie prime, rafforzandosi notevolmente.
Se prima, forse, era ancora possibile rallentare l'azione del Führer, l'iniezione di fiducia derivante dal successo ottenuto in Cecoslovacchia rese l'intervento delle altre nazioni praticamente impossibile.
Del grave errore si resero conto gli stessi Chamberlain e Daladier, abbandonando la politica dell'appeasement fino ad allora seguita. Ma ormai era tardi: Hitler aveva iniziato la programmata espansione verso est, che sarebbe stata fermata soltanto con la più tragica e sanguinosa guerra mondiale.

Mussolini alla fine della conferenza si era guadagnato davanti ai capi di stato europei, il titolo di "uomo della pace".
In Italia il suo rientro fu fatto oggetto di grandi ovazioni, però dalla folla sola, perchè ben altro era il clima in altri ambienti dove si avvertiva che qualche crepa nel regime si stava verificando; il primo ad avvertirla é proprio Mussolini.
(e molti erano anche i dubbi di suo genero CIANO > >

 

TORNIAMO IN ITALIA

QUEL 25 OTTOBRE A NAPOLI !

25 Ottobre - Che il consenso alla politica estera italiana e quindi allo stesso fascismo stia calando in una grande fascia della borghesia italiana che appare ora molto preoccupata,  deve essere ben evidente, visto che  Mussolini in un discorso a Napoli si scaglia contro di loro;  senza tanti preamboli e morbidezze grida : "quel mezzo milione di vigliacchi borghesi che si annidano nel nostro Paese" (In Italia i borghesi sono appunto circa mezzo milione! Non ci sono dunque errori!)

In settembre di questi discorsi ne aveva già fatti nel Veneto, e anche qui si era scagliato contro la borghesia "colpevole di restare fredda e indifferente di fronte al grande rinnovamento morale e ai sacrifici imposti dal regime al paese", e confermò il pieno appoggio a Hitler, giustificando in qualche modo  il suo comportamento sull'Austria e sulla Cecoslovacchia.

A loro difesa potremmmo dire che - in questa freddezza e indifferenza - alcuni borghesi avevano anche ragione, in Italia mancavano le risorse, non bastava per fare una guerra avere nelle acciaierie il ferro dei cancelli, nè bastavano per avere denari il dono delle fedi nuziali. Quindi quali guerre? Era una avventura senza ritorno.

A loro accusa invece volendo fare i cattivi; ad alcuni borghesi stava bene anche una guerra, il cinismo è nel loro DNA: una guerra porta distruzioni, e queste nel dopoguerra spesso sono affari più grossi della stessa produzione bellica che in questo periodo è in piena attività nelle grandi industrie. L'esperienza positiva (molto lucrativa) le grandi industrie l'hanno già fatta due decenni prima. E non sarebbe stata male ripeterla.

Oltralpe i rifugiati antifascisti "sentono" l'opportunità di aggregarsi, intervenire, fare una unità di forze, convinti che questo é il momento piu' debole del fascismo nella sua storia.
ANGELO TASCA dei socialisti é quello che capisce meglio di tutti la situazione in Italia; tasta il polso al Paese e misura la febbre di un male che sta diffondendosi in certi ambienti (che dalle parole di Mussolini lette sopra non ci sono più dubbi quali sono); tanto che avanza l'idea (quindi ha capito benissimo) di collaborare con le forze anti borghesi (!) e con quell'antifascismo rimasto latente ma che in questa fase negativa sta ora riemergendo.
NENNI e SARAGAT sono contrari, seguono la tradizione, quella popolare (sembra di essere ritornati a Carlo Alberto)  che invece non può far proprio nulla, l'ideologia e la demagogia fa appannare al popolo la realtà, che invece Tasca con molto realismo ha  intuito.

E' forse questo il momento dove vediamo alle spalle di Mussolini, uno strisciante voltafaccia, un rovesciamento di posizioni di coloro che nel Paese contavano, vediamo tutta la situazione precipitare davanti a una realtà che dimostrava quanto effimeri, artificiali (come dovettero suonare falsi gli accenti eroici),  la pompa magna, i toni di sfida, la propaganda, la millantata efficienza; che, se aveva galvanizzato le folle, non aveva per nulla trovato degli entusiasmi chi aveva in mano il potere economico, che si era vista fra l'altro, a partire dal 1° Giugno, bloccare i prezzi per altri due anni, calare le esportazioni dopo che le importazioni erano a zero.
Salvo quelli che nella guerra vedevano grandi affari, gli altri - in un ora che la vedono grigia- iniziano già a portare i capitali all'estero. E Mussolini questo lo aveva già fiutato, non per nulla ha detto "quei vigliacchi...".

Era stato introdotto il passo romano "alto e solenne", ma l'economia stava invece andando paradossalmente a un passo di lumaca, si scimmiottò il "passo dell'oca", ma si era già al passo del gambero.
Si era abolita la stretta di mano, ma non ce n'era bisogno, perché nelle contrattazioni dei mercati questa atavica usanza era diventata solo un ricordo perché le contrattazioni non avvenivano nemmeno più nei mercati rionali.

Possedeva ora l'Italia i fori imperiali con i pomposi reggimenti di bipedi marcianti, ma nei fori boari mancavano i reggimenti di quadrupedi, mancava cioè il bestiame da carne; già gira la battuta "con questo passo arriveremo non ai fori Imperiali ma al "foro Mussolini", per indicare l'ultimo buco della cinghia dei pantaloni.

Arriveremo fra non molto a una distribuzione di carne di 400 grammi al mese-persona! Insomma un popolo di miserabili stava appena appena vivacchiando, ed era una fase che alcuni avevano previsto: con i rottami (che si raccoglievano) e  gli stracci addosso - che cominciavano, per la magrezza, ad andare anche questi  molto larghi -  non si poteva andare molto lontano. 

Non c'era più produzione, e neppure qualcosa da contrattare. L'autarchia era una buffonata;  non si potevano fabbricare di certo aerei, navi, armi, munizioni e macchine per costruirle senza avere materie prime, carbone, acciaio, minerali e scambio tecnologico con altri paesi; e soprattutto senza avere denaro.

(questa deficienza purtroppo la sperimentammo subito. Non si poteva vincere una guerra con i fucili '91, i "carri armatucci" comprati all'Upim reparto giocattoli, nè con gli uomini con le fasce e la bustina. Quando a inizio guerra nel '40 bombardarono le industrie di Torino, i generali "strateghi" italiani si accorsero che non avevano una contraerea, rimasero a guardare i piloti inglesi che indisturbati
bombardavano da quote così basse che si potevano vedere nelle carlinghe le risate che si stavano facendo.
Da anni c'era l'opinione che le guerre future si sarebbero vinte solo con gli aerei, mentre in Italia si era fermi ancora ai muli; e con questi purtroppo andarono in Russia, con gli alpini.... in pianura; e andarono in Africa con i paracadutisti della Folgore, usata non dal cielo, ma .... come fanteria.
La seconda guerra mondiale finì poi con le 2 bombe atomiche, che ovviamente non furono trasportata dai muli, ma dagli aerei.)



Chiudersi con gli altri Stati significava chiudere l'intera economia di mercato, chiudersi alla tecnologia francese, inglese, americana. Chiudersi alla cultura di ogni settore. Andare incontro insomma   all'isolamento. Restare fermi. E ferma l'Italia rimase fino al 1940, quando venne il giorno fatale, senza avere nei magazzini nulla, e poco più di 1300 calorie disponibili al giorno per i "guerrieri" che dovevano conquistare il mondo, dalle Piramidi agli Urali; nel sole infuocato del deserto - dove scoppiavano le gomme e non c'erano ricambi -, o al gelo delle steppe dove invece scoppiavano in mano ai poveri soldati i cannoni del 1918 e le canne dei fucili restavano attaccati alle mani scorticandole.

Ci volevano i reparti corazzati, si mandarono i reparti con i muli dove i conducenti stavano peggio dei muli stessi con le scarpe di cartone Cuoital con i chiodi invece che con il pelo, le mantelle di lanital invece che i cappotti di pellliccia, la bustina sul capo invece dei colbacchi.
Non c'erano automezzi e si mandarono i muli, ma dove? In Africa nel deserto, e in Russia nelle tundre, dove in entrambe non cresceva nemmeno un filo d'erba.
Quando i teteschi videro arrivare a piedi l'esercito italiano, dissero ma non dovevate essere auto-trasportati, la risposta fu "noi
ci austotrasportiamo con le nostre due gambe".

Non di meno tanta chiusura mentale c'era in quel mondo militare (vecchio, antiquato, becero e del tutto ignorante della guerra moderna) dove inoltre spesso albergava l'inquietudine, il disfattismo, le gelosie che si riveleranno drammatiche, visto che all'interno c'erano elementi che remavano contro quell'organizzazione militare che Mussolini voleva invece efficiente, coordinata (lo vedremo a suo tempo).
Badoglio seguitava a dire che le guerre si fanno "...con l'om, il mul el canon". Non era al corrente che si stavano costruendo mezzi e armi altamente tecnologiche; aerei, navi, sottomarini, razzi, carri armati T 34, artiglierie katiuscia, e anche bombe atomiche!
Non ne era al corrente, eppure era sempre (fatalmente) sempre in primo piano.

Ma anche Mussolini non capiva nulla (e non era il solo) di guerra, di strategie e di mezzi militari, gli fu presentato un aereo da turismo come un caccia. Mentre quelli che potevano fare i bombardieri gli SM 79, 80, 81, 82 (il migliore aereo che aveva l'Italia - un potente trimotore che volava a 4-5.000 metri) furono impiegati a volare a pelo d'acqua per i trasporti per non farsi beccare dai ricognitori.

L'Italia aveva inventato la radio ma sugli aerei italiani non c'era, volavano a vista, e cadevano come zanzare quando trovarono gli Spitfire inglesi, che non solo avevano la radio a bordo ma con le armi automatiche manovrate dal pilota sparavano frontalmente in mezzo all'elica; quelli italiani invece avevano i mitraglieri nella coda, nel vano toilette e sparavano solo a vista.
La radio ai nemici inoltre non serviva solo per i contatti tra aereo e aereo, ma erano in contatto con la base che avevano già i radar che comunicavano le infallibili coordinate per i micidiali appuntamenti.

L'aviazione? Doveva essere di supporto alla Marina, dicevano i vecchi ammiragli.
I carri armati?  dovevano essere di supporto alla fanteria affermavano i generali, che erano ancora quelli del Piave e del Carso del 1917; una fanteria con gli stessi fucili e le stesse ghette ai piedi sia nel deserto a 50 sopra zero sia in Russia a 50 sotto zero.
Ma Mussolini forse sapeva già tutto questo; e sapeva anche quanto indifferenza c'era sia in Francia sia in Inghilterra.
In Spagna (dal '36 al '39) i due Paesi lasciarono fare. In Austria fecero addirittura finta di nulla. E in Cecoslovacchia dimostrarono tutta la loro debolezza contro Hitler.

Quanto  proprio a Hitler, ora Mussolini ce l'aveva al Brennero, e schierarsi contro di lui vi era solo una prospettiva quello di rimanere solo di fronte a un uomo che poteva svegliarsi un mattino e decidere di scendere dal Brennero e da Tarvisio, dove c'erano le sue 57 armate non molto lontano; fatti i cento chilometri poteva tranquillamente arrivare un mattino a Verona in poche ore, poi essere sull'Adriatico prima di sera.

Se questo accadeva, Francia e Inghilterra non avrebbero mosso un solo soldato. Di questo Mussolini ne era più che sicuro (e non si sbagliava affatto, per come andarono le cose - con l'invasione della Francia - non furono capace nemmeno di difendersi in casa propria).
Patto o non Patto d'Acciaio, Mussolini sarebbe stato comunque costretto a scendere in guerra, affiancandosi a Hitler.
Nel discorso del 25 ottobre (quello dei "vigliacchi") ascoltiamo già un Mussolini che sa di essere ormai solo e se analizziamo bene le parole; è già sconfitto prima di iniziare.


IL 3 Agosto
Mussolini, più plagiato che antagonista di Hitler, emana le leggi razziali sugli Ebrei. Studenti e insegnanti sono espulsi dalle scuole, uffici pubblici, servizio militare, cariche direttive; vietato rilascio o rinnovo licenze di commercio, di vendita e acquisto immobili, e in caso di processi di qualsiasi tipo non possono essere assistiti da un avvocato.
All'anagrafe i nati sono tutti bollati con il distinguo, "di razza ariana" per affermare che tutti gli altri sono ebrei. - Proibiti  i matrimoni fra le due razze. Alcuni vengono esiliati; i beni sequestrati. 

Altri a Roma (ma questo avvenne dopo la caduta del fascismo, con la capitale in mano ai tedeschi) ghettizzati, fatti lavorare con piccone e pala come schiavi sugli argini del Tevere. E fra questi ci sono notabili, personaggi di cultura, professori che hanno dovuto smettere l'insegnamento nelle scuole e nelle università.  Poi la persecuzione si fece drastica e dei 47.252 ebrei che vivevano in Italia, 8369 furono deportati in Germania. Ne tornarono indietro a fine guerra  980.

Il 10 Dicembre
ENRICO FERMI (con la moglie ebrea) sta prendendo il Nobel in Svezia, ne approfitta e scappa in America.
Quel che fa orrore é che un gruppo di scienziati italiani, patologi, psichiatri, antropologi, biologi e fior di intellettuali, firmarono un manifesto che confermava con autorevoli tesi accademiche, quella distanza razziale che esisteva fra i due mondi umani, l'ariano e l'ebreo. Il
Manifesto che Starace fece pubblicare oò 14 Luglio sui giornali e mettere sui muri in ogni angolo del Paese additava appunto al generale disprezzo gli ebrei, che erano "scientificamente" inferiori. Era un'altra vergogna dell'Italia civile che stava perdendo i senso della misura, che stava diventando irrazionale per non dire folle.

Una follia Mussolini l'aveva già fatta in Spagna, mandando un contingente in aiuto ai franchisti, che lo stesso Franco non aveva per nulla richiesto. Stessa cosa fece Hitler che inviò in Spagna delle squadriglie di aerei da caccia e dei bombardieri che si trasformarono in giustizieri senza scrupoli. Aprirono un capitolo nuovo nella guerra "moderna" ! E in Spagna a Guernica "fecero le prove". Goring disse al processo di Norimberga nel 1946, dopo aver confermato che era stato lui a ordinare il bombardamento, "che quello di Guernica era stato un esperimento"  e cinicamente aggiunse "perfettamente riuscito".

LASCIAMO QUESTO AMBIGUO 1938
VEDIAMO ORA LA SPADA DI DAMOCLE DI HITLER
LA SUA VOCE ARRABBIATA
NELL'INVASIONE DELLA CECOSLOVACCHIA > > > > > > > > > >

OPPURE FAI RITORNO ALLA
TABELLA-INDICE CON IL BACK

< < alla HOME PAGE DI STORIOLOGIA