ANNO 1939

Invece di dare interpretazioni (le posteriori sono facili a farsi), ci atteniamo ai testi ufficiali dell'anno XVIII (11-12-1940) - Integrali. Sono di parte, ma di parte diventano solo dopo; al momento questa era l'informazione, tutta consenziente.

DALLA POLITICA DELL'ASSE
AL PATTO D'ACCIAIO


LE ORIGINI DELL'ASSE

Per chi risalga il corso della politica dell'Asse verso le sue origini, lo trova simile ad un fiume che, avanti di raggiungere l'aperto piano dove si è scavato l'alveo che poi varrà anche a contenere le sue acque, discende con diverso impeto per un incerto cammino, tanto che verso la sorgente ti accade per fino di perderne le tracce. Pure, se ne studi attentamente l'alto corso, puoi ritrovare la continuità ancor dove sembrava smarrita: e quella polla, che sta ad indicarti il suo incerto principio, troverai non essere altro che la prima rivelazione di tutta l'acqua che vena il monte di mille sorgive.
Le origini della politica dell'Asse sono riconducibili a quella profonda crisi europea che, dopo il convegno di Stresa, ha contrapposto l'Italia all'Inghilterra prima, ed alla Francia poi.

Durante la campagna etiopica e poi l'intervento in Spagna, l'Italia e la Germania riconobbero una coincidenza d'interessi che si allargava oltre tutti i motivi di diretto contrasto che potevano presentarsi tra i due Paesi.
Questo riconoscimento non fu d'immediato intuito e neppure di razionale evidenza, è stata piuttosto la continuata esperienza dei fatti a scoprire i nessi di un'azione continua tra l'Italia e la Germania.
Non è a credere che la politica dell'Asse sia stata fondata fin da quei contatti non ancora ufficiali che, nell'autunno del '35, stesero i primi incerti fili di un così vasto ordito; perché dovrà passare un anno prima che il Ministro Italiano degli Esteri si rechi a Berlino per appurare la consistenza di quella coincidenza di vedute, che si era già affermata nell'azione politica dei due governi non ancora concertata di comune accordo.

Un anno di rapide vicende, che portarono l'Italia ad impegnarsi in un complesso gioco europeo: nel quale gli interessi di una politica di « prudenza » nazionalistica finiscono per colorarsi variamente alla luce di irresistibili motivi ideologici.
Mussolini aveva vantato, contro il veto dei Paesi conservatori, il suo diritto alla conquista africana con la voce di una Potenza; l'impresa espansionistica ebbe poi successo, tuttavia restava la possibilità che questo successo arrestasse la politica italiana in difesa delle posizioni appena conquistate.
Forse proprio per non arrestarle e far risentire un'altra volta quella voce, corse in aiuto della Spagna pur non avendo questa richiesto questo aiuto.
Nel corso del conflitto spagnolo, l'Italia dovrà ammettere l'irriducibilità delle Democrazie, che essa stessa ha sfidato. Ma questa irriducibilità confermerà all'Italia ed alla Germania i vincoli di solidarietà che legavano sempre di più in un solo destino i due capi di questi due popoli.

Finché la guerra era rimasta circoscritta in un lontano settore africano, l'Italia aveva anche potuto da sola sostenere temporaneamente in Europa una difficile posizione difensiva: ma l'accendersi della lotta sul Continente, con sviluppi d'incerta durata, non poteva ritrovare l'Italia ancora sola in una posizione che non era più soltanto difensiva; d'altra parte, eliminata la possibilità di un «onorevole compromesso», una sconfitta dell'Italia fascista avrebbe sconvolto a tal punto l'equilibrio europeo da far rovinare anche quella politica della revancho per gradi successivi, intrapresa dal Governo tedesco ai margini di un minimo di stabilità continentale.

Quando nell'ottobre del 1936, durante i colloqui berlinesi del Conte Ciano, la politica di collaborazione italo-tedesca ebbe la sua prima definizione ufficiale, a Parigi, non meno che a Londra, sembrò facile svalutare l'accordo dimostrandone, con la carta d'Europa alla mano, l'effimera consistenza.
Con gli indici puntati sulla frontiera del Brennero e lungo tutto il corso del Danubio, pareva facile prevedere i numerosi inevitabili motivi di contrasto che avrebbero dovuto spezzare quanto prima la nuova alleanza italo-tedesca; la quale venne subito giudicata come il futuro prezzo che l'una o l'altra parte avrebbe, al più presto, negoziato per l'amicizia delle due Potenze occidentali.
Hitler con l'Inghilterra, e Mussolini con ("l'agro limone") Francia.

Quali dei due dittatori, avrebbe, per primo, venduto ai suoi nemici il recente alleato? Già da Parigi si gratificavano consigli alla sorella latina, quando l'inizio delle conversazioni italo-britanniche per un accordo nel Mediterraneo fece credere al declino della stella del Terzo Reich; tanto che, facendo già assegnamento su di un'imminente crisi tedesca, lo stesso Blum, allora Capo del governo francese, in un'intervista concessa ad un diffuso quotidiano londinese, offriva l'aiuto della Francia per la pronta ricostruzione dell'economia tedesca, chiedendo, naturalmente, in corrispettivo sicure garanzie di un effettivo disarmo.

Lungamente Francia e Inghilterra hanno giocato al ribasso sulle azioni dell'Asse Roma-Berlino facendo credere prima, di non volersi neppure impegnare eccessivamente: poi impegnandosi sempre di più man mano che la posta si faceva più importante. Quante energie e prestigio sacrificato inutilmente in questo rovinoso gioco al ribasso, mentre le azioni dell'Asse Roma-Berlino continuavano a guadagnare dei punti.
L'errore, il più grave errore delle due Potenze occidentali non è stato tanto di sopravvalutare certe ragioni di contrasto che potevano esistere tra l'Italia e la Germania, quanto di non considerare a sufficienza le possibilità d'intesa di due Capi, capaci di calcolare freddamente il dare e l'avere di ogni loro partita.

Né Mussolini né Hitler ignoravano l'importanza della «questione austriaca» e le difficoltà che un'azione comune poteva incontrare nel settore danubiano-balcanico per esigenze di prestigio politico e di espansione economica; ma sia l'uno che l'altro avevano ben compreso quale imperdonabile errore sarebbe stato quello di logorarsi reciprocamente su degli obiettivi così limitati: con invece le grandi possibilità che erano aperte alle due giovani Potenze in via di espansione.
Hitler ricordiamo aveva assicurato l'allarmato Mussolini per i confini al Brennero, dicendo che "ben altre grandi cose c'erano da fare nel futuro".

Mentre l'Italia e la Germania venivano coltivando la loro collaborazione su questo terreno della coincidenza degli interessi nazionali e dell'analogia delle ragioni ideologiche, l'Inghilterra accentuava il suo interessamento per le polemiche continentali tentando di lusingare or l'una or l'altra delle due Potenze totalitarie con la troppo palese mira di separarle e poi ridurle singolarmente, per amore o per forza, a più miti consigli.
Oppure Londra cercava di convincere Berlino di quanto fossero preziosi per la politica tedesca i favori di S. Maestà Britannica

Ma quando, successivamente, Hitler diede a vedere chiaramente di essere soltanto all'inizio delle sue rivendicazioni e quando, più tardi, la collaborazione italo-tedesca prese a consolidarsi in un valido asse centro-europeo, il Governo inglese sperò di trovare nell'Italia, reduce da una vittoriosa ma dispendiosa campagna coloniale, una più interessata comprensione: questa speranza alimentò le conversazioni che dovevano portare al “gentlemens' agreement” mediterraneo.
Anche questo tentativo di scalzare l'amicizia italo-tedesca doveva restare deluso per la solidità dell'Asse Roma-Berlino così il “gentlemen's agreement” passò in archivio e si ebbe un nuovo inasprimento nelle relazioni italo-britanniche, proprio mentre Von Neurath andò a Roma per preparare una grande manifestazione che doveva accrescere l'amicizia italo-tedesca nelle dichiarazioni dei due Capi davanti al popolo berlinese.

Mussolini andrà a Berlino: in quelle giornate, rese trionfali dalla travolgente accoglienza di tutto il popolo tedesco, viene decisa la firma di un primo protocollo di collaborazione politica tra la Germania e l'Italia.
Questo Asse Roma-Berlino fu concluso proprio m
entre l'altra leva della politica estera tedesca concludeva il Patto germano-nipponico con una intesa antibolscevica che portò così una congiunzione tripartitica anticomunista, dove affermavano di erigersi a difesa della civiltà occidentale che l'ottusa coscienza politica delle vecchie Democrazie lasciava minacciare dalla violenza del sovversivismo.

L'Italia fascista, la Germania hitleriana e l'imperialismo- nipponico erano già impegnati in una lotta serrata contro la politica egemonica imposta dalle grandi Democrazie. Ma anche la Terza Internazionale, d'altra parte, e con essa anche l'Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, mirava al rinnovamento dell'ordine internazionale retto da Londra con l'aiuto di Parigi e di Washington, anche se con metodi e per fini diversi da quelli seguiti dall'Italia fascista e dalla Germania nazista.
La diplomazia delle Potenze democratiche cercavano di sfruttare questo contrasto iniziale per favorire un urto tra le due ideologie rivoluzionarie - la fascista-nazista da un lato, la comunista da un altro - al fine di portarle al loro reciproco esaurimento per la piena riaffermazione del conservatorismo.
Le due forze antagoniste avrebbero dovuto finire per logorarsi senza che l'una riuscisse a sopraffare decisamente l'altra.

Ma poiché Germania, Giappone e Italia sembravano decise ad agire più risolutamente contro il bolscevismo, parve opportuno alle grandi Democrazie manifestare le proprie simpatie ed il proprio appoggio diplomatico alla Russia staliniana per ristabilire l'equilibrio, turbato a suo giudizio.

Per parte loro l'Italia, la Germania avevano accettato il gioco che veniva così loro offerto, ed avevano incominciato a condurre a fondo la lotta contro il comunismo.
Questa collaborazione italo-tedesca era tanto più salda e tanto più sicura, quanto più sembrava imposta dalla cieca successione degli avvenimenti.
Quindi non è stato, un meccanico svolgersi di fatti, a portare la politica dell'Asse fino al PATTO D'ACCIAIO e poi, più oltre, fino alla guerra, come forse potrebbero indurre a credere alcuni dati scelti tra quelli offerti dalla cronaca di questi ultimi cinque anni, ma fu la logica, irresistibile oltre le cose ed oltre i singoli uomini.

E VENIAMO PROPRIO AL
"PATTO D'ACCIAO"

22 maggio1939: " GIUNGE IL MOMENTO "

L'intesa tra l'Italia fascista e la Germania nazista si trasforma in una vera e propria alleanza politica e militare, esaltando l'affinità ideologica esistente tra i due regimi.

IL 6 Maggio CIANO (che é ministro degli esteri) incontra von RIBBENTROP a Milano e su sollecitazione perentoria di Mussolini viene spinto a definire un vero e proprio trattato di alleanza militare con la Germania. Mussolini lo desidera scritto. Il ministro tedesco a Milano non scrive proprio nulla, fa solo chiacchiere, temporeggia, poi si consulta con Hitler; il 7 maggio viene accettato di stipularne uno, ma non a Milano. Infatti il....

....22 Maggio,  questa volta a Berlino, i due ministri formalizzano davanti a Hitler, una intesa ufficiale (preparata personalmente dal Furher, scritta fra l'altro solo in tedesco) dove i due alleati s'impegnano a intervenire automaticamente in un conflitto se uno dei due vi è coinvolto
E' chiamato il Patto D'acciaio.


TRATTATO DI ALLEANZA ITALO-TEDESCA

22 Maggio 1939


Il Cancelliere del Reich Tedesco e Sua Maestà il Re d'Italia e d'Albania e Imperatore d'Etiopia, concordano sulla necessità di consolidare attraverso un patto solenne le relazioni di amicizia e le affinità esistenti tra la Germania Nazional Socialista e l'Italia Fascista.

Dopo aver gettato un sicuro ponte di mutua assistenza attaverso i comuni confini, i Governi di Germania e Italia ribadiscono la validità dei principi e degli intendimenti precedentemente concordati, i quali si sono rivelati vincenti nel far prosperare gli interessi di entrambi i Paesi e nell'assicurare la pace in Europa.

Fermamente legati dall'unità delle proprie ideologie e dall'ampia comunanza dei rispettivi interessi, il popolo Tedesco e il popolo Italiano sono determinati a restare fianco a fianco anche in futuro e a battersi per proteggere il proprio spazio vitale [Lebensraum] mantenendo al tempo stesso la pace. In un mondo inquieto e disgregato, la Germania e l'Italia intendono adempiere al dovere assegnato loro dalla storia; quello di salvaguardare le fondamenta della cultura Europea.

Al fine di ufficializzare questi principi attaverso un Trattato, sono stati nominati quali plenipotenziari, il Cancelliere del Reich Tedesco Adolf Hitler, il Ministro degli Esteri del Reich Joachim von Ribbentrop, Sua Maestà il Re d'Italia e d'Albania e Imperatore d'Etiopia Vittorio Emanuele III e il Ministro degli Esteri del Governo Italiano Conte Galeazzo Ciano i quali, dopo aver presentato le proprie credenziali, hanno discusso e concordato quanto segue:

ARTICOLO I.

Le Parti Contraenti saranno costantemente in contatto tra loro per avere una visione comune relativamente ai rispettivi interessi e alla situazione Europea nel suo complesso.

ARTICOLO II.

Qualora i comuni interessi delle Parti Contraenti vengano messi in pericolo da avvenimenti internazionali di qualsivoglia natura, le stesse Parti si consulteranno immediatamente per concordare le necessarie misure atte a salvaguardare tali interessi. Nel caso in cui la sicurezza o altri vitali interessi di una delle Parti Contraenti siano minacciati, l'altra Parte Contraente offrirà alla Parte minacciata il completo appoggio politico e diplomatico per allontanare tale minaccia.

ARTICOLO III.

Qualora accadesse, contro i desideri e le speranze delle Parti Contraenti, che una di esse venga coinvolta in complicazioni di carattere militare con un'altra Potenza o altre Potenze, l'altra Parte Contraente si schiererà al suo fianco fornendo il necessario appoggio militare terrestre, navale ed aereo.

ARTICOLO IV.

Per assicurare un rapido adempimento degli obblighi disposti dall'Articolo III, i Governi di entrambe le Parti Contraenti rafforzeranno la reciproca cooperazione sotto l'aspetto sia militare che economico.

I due Governi inoltre, si terranno reciprocamente informati in merito ad altri eventuali provvedimenti che si rendessero necessari per l'applicazione di questo Patto.

Per garantire quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente Articolo, i due Governi istituiranno delle commissioni permanenti che opereranno sotto la direzione dei rispettivi Ministeri degli Esteri.

ARTICOLO V.

Nel caso in cui le Parti Contraenti siano coinvolte insieme in una guerra, entrambe si impegnano a non concludere separatamente alcun armistizio o trattato di pace.

ARTICOLO VI.

Le due Parti Contraenti sono consapevoli dell'importanza delle proprie comuni relazioni con altre Potenze amiche. Entrambe sono determinate a mantenere inalterate nel tempo tali relazioni e a promuovere un adeguato sviluppo dei comuni interessi con queste Potenze.

ARTICOLO VII.

Questo Patto entrerà in vigore immediatamente dopo la sua firma. Le due Parti Contraenti sono d'accordo nel fissare a dieci anni il primo periodo di validità. Prima della naturale scadenza del Patto, le Parti ne concorderanno l'eventuale rinnovo.

PROTOCOLLO SEGRETO SUPPLEMENTARE

Nel sottoscrivere il Patto di Amicizia e di Alleanza, entrambe le parti hanno raggiunto un accordo sui seguenti punti:

1. I rispettivi Ministri degli Esteri concorderanno quanto prima l'organizzazione, la sede e il metodo di lavoro della Commissione incaricata di affrontare le questioni militari e quelle legate all'economia di guerra, ai sensi di quanto stabilito dall'Articolo IV del Patto di Alleanza.

2. Per la realizzazione di quanto disposto dal secondo comma dell'Articolo IV, conformemente allo spirito e agli scopi del Patto, i due Ministri degli Esteri definiranno in tempi brevi e attraverso una costante cooperazione, i provvedimenti da adottare in materia di stampa, informazione e propaganda. In particolare, i due Ministri degli Esteri assegneranno presso la propria ambasciata nelle rispettive capitali, uno o più specialisti di provata capacità professionale che operino di concerto con i Ministeri degli Affari Esteri per studiare le strategie da perseguire in tema di stampa, informazione e propaganda, sia per promuovere la politica dell'Asse, sia per controbattere la politica che le Potenze nemiche adotteranno.

Berlino, 22 Maggio 1939 - XVII° anno dell'Era Fascista.

Fonte del documento:
Office of USA Chief of Counsel for Prosecution of Axis Criminality,
Nazi Conspiracy and Aggression,
8 vols. and 2 suppl. vols.
Government Printing Office, Washington, 1946-1948
V, 453, Doc. No. 2818-PS.

SE NOTIAMO BENE IN NESSUN CASO SI NOMINA MUSSOLINI
il Patto è tra due Capi di Stato: Hitler e il Re.

Sembra esserci una lacuna nel testo stesso, non si cita infatti se l'intervento é previsto per un aiuto solo nella difesa o se si deve essere comunque legati al patto e quindi alleati anche in caso di offesa.
Ma il punto 3 parla chiaro. In pratica l'ITALIA si vincola praticamente ad entrare in guerra a fianco della Germania qualora questa scateni un conflitto a un'altra potenza, e dovrà sostenerla con tutte le sue forze militari, di terra, di  mare e dell'aria.
Poi c'é un'altra clausola chiara al punto 5: i due rispettivi Stati in ogni caso si impegnano a non avanzare richieste di armistizio o di pace separata; quindi chiara la necessità di agire sempre in un modo concordato per raggiungere l'obiettivo finale: quello di "assicurarsi i reciproci e necessari spazi vitali"
(sarà questa clausola n.5 che farà chiamare traditori gli italiani, l'8 settembre '43)

CIANO  é perplesso, già poco convinto dei tedeschi,  vorrebbe che almeno si mettesse a verbale che non scatenino una guerra per almeno tre anni visto che l'Italia non é preparata. Morire subito per Danzica non gli va proprio e sa benissimo che questo sarà il primo obiettivo a breve scadenza di Hitler,  forse la stessa Polonia farà la fine dell'Austria e della Cecoslovacchia. Gli danno assicurazioni verbali. Ma non si fida ancora quando telegrafa al suocero. Ma Mussolini é impaziente di sbandierare il Patto al mondo, vuole farlo tremare.
Ingenuamente (per un uomo politico come lui) si fida un po' troppo. Troppo!

CIANO rientra a Roma, ma non appare convinto, e questi dubbi li esterna al Re (con lui sta tramando qualcosa - forse un golpe - ("la congiura delle barbette" - ne parleremo a suo tempo).
Gli dice il Re. "I tedeschi finche' avranno bisogno saranno cortesi e servili, ma alla prima occasione, si riveleranno quei mascalzoni che sono".
Le stesse cose le riferisce al suocero, ma Mussolini non é d'accordo, e lo apostrofa "Invidio Hitler che non si deve trascinare a rimorchio dei vagoni vuoti come te".
Ma Ciano non demorde, vuole ritornare a Berlino, chiarire meglio. Ci va, ma all'incontro Hitler è quasi fatalistico "la mia guerra é necessaria", e quasi infastidito consiglia Ciano e gli italiani di prendersi pure un pezzo di Iugoslavia ma di lasciare solo a lui le decisioni della "sua" Germania.

Ciano rientra a Roma quasi disgustato. Informa il suocero. E lo allerta. Lascerà in seguito scritto nei Diari "Dapprima mi da' ragione. Poi mi dice che l'onore lo obbliga a marciare con la Germania. Hitler lo odia e lo ama, ne é soggiogato e lo disprezza, ma dice alla fine che vuole la sua parte di bottino in Croazia e in Dalmazia"
(e chissà forse più avanti l'Albania e la Grecia - e lo farà per davvero!! e con promotore proprio Ciano).

(SU QUESTI "RETROSCENA" E ALTRI PARTICOLARI VEDI - CIANO E L'ASSE > >

MA A MILANO IL 20 MAGGIO PRIMA DI PARTIRE PER L'INCONTRO DI BERLINO. CIANO NON ERA PER NULLA PACIFICO NE' ASTIOSO CON I TEDESCHI. ECCO COSA DICEVA IL GIORNALE SOPRA, E CHE RIPORTA PURE IL SUO DISCORSO:
Secondo tante fonti storiche, CIANO era insofferente ai tedeschi, ed era contrario alla guerra. Ma fino a che punto?

Ciano,  nei commento del giornale, che amplifica il suo discorso, non sembra proprio che gli manchi l'entusiasmo e la determinazione di marciare a fianco dei  tedeschi. Il suo fu un discorso di guerriero, e nel declamarlo prese perfino atteggiamenti mussoliniani.

Il sottotitolo del giornale è abbastanza eloquente:
"In un clima di fascistissimo ardore e di formidabile entusiasmo"

Senza voler interpretare nulla, 
pubblichiamo semplicemente il giornale e il testo.

 " PRONTI AGLI ORDINI DEL DUCE" Roma, 20 maggio, pom. - Se come riferiscono le notizie da Londra e da Parigi, il discorso di Milano ha fatto all'estero una forte impressione, all'interno ha suscitato i più larghi e calorosi consensi. Il discorso del nostro ministro degli esteri ha ricordato le nostre aspirazioni. Ecco quanto ha detto Ciano:
"Tutti avvertono e profondamente sentono che l'Italia non può rimanere estranea alla nuova sistemazione europea e mondiale che si sta preparando. Il trattato di Versaglia è ormai in pezzi e qualcuna delle ingiustizie che aveva sanzionato è già stata riparata. Ma altre rimangono e dovranno essere cancellate ....Le nostre aspirazioni sono naturali perchè sono eque ed indispensabili alla vita medesima del Paese. Esse avrebbero potuto e dovuto già essere state appagate: ma la cattiva volontà delle Potenze demo-plutocratiche ha impedito ogni concreta realizzazione.
E prima di tutto l'Italia imperiale intende far valere i suoi diritti sovrani in terra, in aria e sul mare, diritti che da quando è scoppiata la guerra sono stati misconosciuti e offesi. 
La recente formidabile documentazione resa pubblica colla relazione Pietromarchi ha dimostrato e denunciato alla Nazione e al mondo la pretesa anglo-francese di tenerci prigionieri nel mediterraneo, di sottoporci al loro controllo, di limitare arbitrariamente i nostri traffici e i nostri rifornimenti.
Questo stato di cose (si riferisce alla non belligeranza - Ndr) deve cessare e cesserà.
La violenza esercitata a nostro danno ha chiarito la pretesa anglo-francese di tenere l'Italia in uno stato di soggezione che è intollerabile e incompatibile coi nostri diritti, colla nostra dignità di Stato sovrano, colle nostre stesse possibilità di vita.
Tutti gli italiani che sentono la fierezza di vivere in questa eccezionale epoca, in questo clima eroico creato dal Duce, avvertono come la nostra ora si avvicina".

E  l'immensa eco che le fiere parole del conte Ciano hanno avuto prima fra la moltitudine milanese e poi in ogni parte d'Italia dimostra che gli italiani sono pienamente consapevoli dell'ora storica.
LA PAROLA D'ORDINE E': PRONTI AGLI ORDINE DEL DUCE".

Nel patto che Ciano va a firmare a Berlino, in sostanza viene riconfermata la politica finora seguita. Si é deciso di procedere uno a fianco all'altro con le forze unite verso gli "spazi vitali", affermando...."Noi assicuriamo le basi della nuova civiltà europea e la reciproca solidarietà fra i due popoli che hanno una profonda affinità e la stessa concezione di vita e di interessi".
Ma é un patto senza scampo.

Che viene accettato e firmato dal
plenipotenziario anche in questo nuovo documento dal
Sovrano d'Italia Re Vittorio Emanuele III

 

"Sua Maestà il Re d'Italia e di Albania, Imperatore di Etiopia e il cancelliere del Reich tedesco ritengono giunto il momento di confermare con un patto solenne gli stretti legami di amicizia e di solidarietà che esistono tra l'Italia Fascista e la Germania Nazionalsocialista.

Considerato che, con le frontiere comuni, fissate per sempre, è stata creata fra l'Italia e la Germania la base sicura per un reciproco aiuto ed appoggio, i due Governi riconfermano la politica, che è stata già da loro precedentemente concordata nelle sue fondamenta e nei suoi obiettivi e che si è dimostrata altamente proficua tanto per lo sviluppo degli interessi dei due Paesi quanto per la sicurezza della pace in Europa.

Il Popolo italiano ed il Popolo tedesco, strettamente legati fra loro dalla profonda affinità delle loro concezioni di vita e dalla completa solidarietà dei loro interessi, sono decisi a procedere anche in avvenire, l'uno a fianco dell'altro e con le loro forze unite, per la sicurezza del loro spazio vitale e per il mantenimento della pace. Su questa via indicata dalla storia, l'Italia e la Germania intendono, in mezzo ad un mondo inquieto ed in dissoluzione, adempiere al loro compito di assicurare le basi della civiltà europea.

Allo scopo di fissare a mezzo di un Patto, questi principi, hanno nominato loro Plenipotenziari:
SUA MAESTA' IL RE D'ITALIA E DI ALBANIA IMPERATORE D'ETIOPIA:
il Ministro degli Affari Esteri Conte Galeazzo Ciano di Cortellazzo;
IL CANCELLIERE DEL REICH TEDESCO:
il Ministro degli Affari Esteri Sig. Joachim von Ribbentrop,
i quali, dopo essersi scambiati i loro pieni poteri, trovati in buona e debita forma, hanno convenuto i seguenti articoli:

Art. 1. Le Parti Contraenti si manterranno permanentemente in contatto allo scopo di intendersi su tutte le questioni relative ai loro interessi comuni o alla situazione generale europea.

Art. 2. Qualora gli interessi comuni delle Parti Contraenti dovessero essere messi in pericolo da avvenimenti internazionali di qualsiasi natura, Esse entreranno senza indugio in consultazione sulle misure da adottare per la tutela di questi loro interessi. Qualora la sicurezza o altri interessi vitali di una delle Parti Contraenti dovessero essere minacciati dall'esterno, l'altra Parte Contraente darà alla Parte minacciata il suo pieno appoggio politico e diplomatico allo scopo di eliminare questa minaccia.

Art. 3. Se, malgrado i desideri e le speranze delle Parti Contraenti, dovesse accadere che una di Esse venisse ad essere impegnata in complicazioni belliche con un'altra o con altre Potenze, l'altra Parte Contraente si porrà immediatamente come Alleato al suo fianco e la sosterrà con tutte le sue forze militari per terra, per mare e nell'aria.

Art. 4. Allo scopo di assicurare, per il caso previsto, la rapida applicazione degli obblighi di alleanza assunti con l'art. 3, i Governi delle due Parti Contraenti approfondiranno maggiormente la loro collaborazione nel campo militare e nel campo dell'economia di guerra.
Analogamente i due Governi si terranno costantemente in contatto per l'adozione delle altre misure necessarie all'applicazione pratica delle disposizioni del presente Patto.
I due Governi costituiranno, agli scopi indicati nei summenzionati paragrafi 1 e 2, Commissioni permanenti, che saranno poste sotto la direzione dei due Ministri degli Affari Esteri.

Art. 5. Le Parti Contraenti si obbligano fin da adesso, nel caso di guerra condotta insieme, a non concludere armistizi e pace se non di pieno accordo fra loro.

Art. 6. Le due Parti Contraenti, consapevoli dell'importanza delle loro relazioni comuni con le Potenze loro amiche, sono decise a mantenere e a sviluppare di comune accordo, anche in avvenire, queste relazioni, in armonia con gli interessi concordati che le legano a queste Potenze.

Art. 7. Questo Patto entra in vigore immediatamente al momento della firma. Le due Parti Contraenti sono d'accordo nello stabilire a dieci anni il primo periodo della sua validità. Esse prenderanno accordi in tempo opportuno, prima della scadenza di questo termine, circa il prolungamento della validità del Patto.

In fede di che, i Plenipotenziari hanno firmato il presente Patto e vi hanno apposto i loro sigilli.
Fatto in doppio originale, in lingua italiana e in lingua tedesca, i due testi facendo egualmente fede.
Berlino, li 22 maggio 1939-Anno XVII dell'Era Fascista.
(L.S.) Galeazzo Ciano(L.S.) Joachim Von Ribbentrop

SE NOTI BENE, ANCHE QUI IN NESSUN CASO NON SI NOMINA MAI MUSSOLINI

FA TUTTO LUI IL "SOVRANO" D' ITALIA

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