ANNO 1970


CRONOLOGIA DELL'ANNO

 

LA VOCE DI ENRICO BERLINGUER

Berlinguer
"...ci vuole un governo di unita'
nel quale siano presenti anche i comunisti..."

(richiede plug-in RealAudio® o RealPlayer®)







GLI ABITANTI NEL MONDO SONO 3.698.000.000

IN ITALIA 53.745.000
(dal 1950 un incremento di 6.500.000 di abitanti)
Attivi il 34,8%, di cui in Agricoltura il 17,2%, Industria 44,4%, Servizi il 38,4%
Il prodotto lordo: Agricoltura il 7,6 % Industria 39,7 %, Terziario 39,8 %, Amministrazione pubblica 12.9 %
Lavorano 18.703.000 (34,8 %) - non attivi 35.041.000 (65,2 %)

COSTO DELLA VITA Stipendio operaio circa 120.000. Costo giornale £ 70 Biglietto del Tram £ 70 - Tazzina Caffè £ 70 - Pane £ 230 - Latte £ 150 - Vino £ 200 - Pasta £. 280 - Riso £ 270
Carne di Manzo £ 2100 - Zucchero al kg £ 245 - Benzina £ 160 - 1 grammo di Oro £ 1022

Le AUTO in Italia da 1.000.000 del 1958 passano a 11.000.000.
LE INDUSTRIE: sono 670.000, con media 9,1 addetti
TELEFONI: nel '56 erano 2.000.000 sono ora 6.500.000
TELEVISORI da ca. 2.000.000 nel 1958 a ca. 10.300.000
LA CARNE BOVINA pro capite kg 9,9 nel 1958, kg 25,2 nel 1970
UNIVERSITA' 19.700 iscritti nel 1950, 617.000 quest'anno

NEL CORSO DELL'ANNO SONO ISTITUITE LE REGIONI
inizia il debito pubblico
vedi poi nella pagina seguente

 

PROLOGO - Se l'anno Sessantotto col desiderio rivoluzionario di cancellare un passato diede la prima spallata all'intera societa', e se il Sessantanove ne diede una seconda alla politica, al sindacato, alla borghesia questo anno 1970 va a iniziare un decennio dove la politica fa quadrato con reciproche concessioni, transazioni e come appureremo molti anni dopo, anche ambigue compromissioni in losche azioni che non verranno mai chiarite del tutto.

La contestazione si era propagata, era diventata contagiosa, sembro', quella tempesta di giovinezza a fine '69, fino alla strage di Piazza Fontana, travolgere tutte le vecchie strutture e i sistemi di pensiero acquisiti. E c'era quasi riuscita, perche' provoco' un convulso travaglio ideologico dentro tutti i partiti, che si erano fatti sorprendere o con la guardia abbassata o perche' non avevano capito nulla.
Fortunatamente per le "vecchie volpi", per i teorici dei vecchi equilibri, il generoso slancio di rinnovamento sfiori' in fretta, o forse fu fatta spegnere nella paura. E pur trovandosi in una crisi profonda, non tirarono solo un sospiro di sollievo, ma cambiarono strategie, usarono quelle piu' ambigue, trasversali, e riuscirono a manipolare e a strumentalizzare tutto. Si dira' poi, anni dopo, che i nuovi rampanti della politica che avevano lacerato all'interno i partiti, riuscirono a manipolare a loro vantaggio e senza tanti scrupoli gli opposti estremismi. Questi ultimi però non rappresentavano un'Italia, una popolazione divisa ideologicamente in due, ma erano dei manipoli che solo perche' strumentalizzati riuscirono con tante complicita' (e incapacita' politica) a seminare il terrore per dieci anni.

Erano partiti disincrostando il "sistema", lottando con tanti ideali, molto spesso diversi; ognuno sognava mondi impossibili, ma non sapevano esattamente cosa volevano anche se tutti avevano in mente qualcosa di nuovo ed era sacrosanto averlo perchè la società era cambiata lo si vedeva, rispetto al passato. Purtroppo con tanta ingenuita' rifiutarono in blocco la storia e caddero proprio nel solito tranello dove normalmente cadono i Paesi emergenti del Terzo Mondo. Ogni presente è eco e propagazione di un passato. Nell'Italia di Machiavelli, se prendiamo solo gli ultimi cento anni, di degni eredi il toscano ne aveva disseminato il territorio. Da Cavour a Giolitti, e da Mussolini a De Gasperi di zone d'ombra ve ne sono tante. Il Trasformismo ad un certo punto fu la regola per restare dentro e costi quel che costi avere il potere.
Insomma le vecchie "volpi" i giovani non le conoscevano.
Vedendo la storia come qualcosa di estraneo, i contestatori stessi non fecero piu' storia . Anzi annaspando, per dieci anni fermarono la storia; iniziano infatti per Italia dieci anni molto bui.

Demolendo, non costruendo nulla di nuovo, non partendo da una minima radice storica; tutti inizialmente predicando l'impossibile, cancellando le speranze del '68 spesso ingannandosi a vicenda, si misero alcuni a operare ai margini o nell'ombra dei partiti storici, in quelli democristiani e liberali, o nella sinistra prigioniera delle sue paure quasi ghettizzata, o nella destra con le nostalgie di un passato storicamente sepolto.
Ma quello che era rimasto nei "matusa" era la "furbizia", e questa la si tramanda da padre in figlio, con qualsiasi colore della casacca.  

L'immaturità e complice l'immobilitù politica (gli altri Paesi il '68 lo liquidarono in pochi mesi, con una societa' piu' compatta e con politici piu' forti, o se troppo forti li mandarono a casa - vedi De gaulle) produsse un fattore degenerativo sia dentro i movimenti (ora soltanto "schegge impazzite"), sia dentro le istituzioni, proprio nel mezzo di una fase di ricambio di uomini (come le correnti DC, PSI, MSI, PCI  ecc.) o di crisi ideologica (eccentuata nella sinistra per i noti fatti a Est), quindi non preparati ne' capaci a fronteggiare situazioni cosi' complesse. Un clima ideale solo per l'anarchia, e l'anarchia fu il pane quotidiano (per fortuna di una esigua parte di italiani - La stragrande maggioranza degli italiani, seguitava ad andare tranquillamente al mare e ai monti) .

Il movimento contestativo ha dunque una paradossale mutazione. Era nato contro la violenza e si mette a fare violenza, era nato per distruggere i ruoli e va a formare dei ruoli come in una struttura militare, era nato per abolire le competizioni e poi con la violenza allo stato puro vuole competere e formulare un programma politico.

I partiti? Quello che ininterrottamente aveva amministrato il potere si stava disperdendo a diversi livelli gerarchici e territoriali. Gli altri piccoli e subalterni o in crisi pensavano di ricavarci qualcosa stando alla finestra; ognuno aveva paura di perdere qualcosa se apertamente condannava i rispettivi gruppi di estremisti che nascevano dentro le stesse sedi di partito, o fuori subito dopo quando venivano espulsi con l'accusa di frazionismo.

"lo sbandamento finì per verificarsi un po' dappertutto, e riconosco che nemmeno noi comunisti ne fummo pienamente immuni. La nostra colpa fu di dare nei confronti di quella irruzione giovanile un apprezzamento eccessivamente positivo, senza comprendere che la classe operaia era estranea a simili fenomeni di intolleranza e di violenza vera e propria" dira' dieci anni dopo AMENDOLA.
Un'ammissione grave; significa che nessuno aveva mai tastato il polso al Paese, nè da vicino nè da lontano.
Ma dov'erano ???

Infatti tutte le richieste, qualsiasi, reclamate dal movimento contestativo, andavano verso quella societa' che gli aveva regalato la permissività quasi totale: del consumismo innanzitutto come motrice e la massificazione a rimorchio.
Molto ben guidate da una neo-borghesia attenta ai nuovi desideri e dalla stessa vecchia classe politica che per deviare l'ondata ha fatto aperture sofferte (divorzio, censura, pillola, statuto, Universita' per tutti ecc. ). Ha sì concesso  ma non rinuncia a mettere i paletti feudali, oligarchici, clericali. E' flessibile, spalanca le porte al permissivismo ma poi sul potere fa trovare muri di gomma, isolando il Palazzo e isolandosi loro stessi.

Questi bisogni e desideri come necessita' di una "nuova vita" erano stati creati non dai giovani, ma in un modo piu' o meno consapevole dai genitori che con tanti sacrifici appena soddisfatte le necessita' primarie; come rivalsa, concedettero (viste le sollecitazioni dei media) non solo una certa liberta' d'azione ai figli, ma sempre di piu' anche una certa indipendenza economica, e per via dello studio riconobbero a questi figli anche una certa autorita' nell'ambito familiare.
Ormai le madri si mangiavano con gli occhi i figli quando parlavano in casa, e al marito concedevano un po' di supponenza; e su ogni questione davano ragione ai figli. Loro, i padri, brontolavano, ma alla fine, consapevoli, stavano zittii, tanto era evidente il divario culturale generazionale. Enorme era la distanza storica che separava le due generazioni, quella nata negli anni '20 e quella nata negli anni '50.

I primi - li possiamo chiamare demotici - con una cultura semplice essenziale popolare e spesso coercitiva (subalterna) causa l'ignoranza;   non potevano certo comprendere i secondi, che erano ormai saturi di cultura antinomiana, avversi a ogni tipo di vecchie regole.

"Vogliamo tutto e subito, e fare quello che ci pare", oppure "E' vietato vietare", erano del resto gli slogan. Ma non se le erano prese da soli queste libertà, non furono affatto solo i cortei che modificarono la società, quindi i complici c'erano eccome! Ed erano i matusa delle aziende o degli uffici, quelli che avevano i fili in mano per farli muovere come dei burattini.

Ogni operaio, ogni modesto impiegato, dai trenta ai cinquant'anni, in questi fine anni Sessanta, desiderava vedere i suoi figli vestiti bene, desiderava per loro le scuole superiori, che godessero quello che lui aveva sempre desiderato; non voleva che i figli provassero le umiliazioni che lui aveva subìto con la sua ignoranza. Li abbiamo visti i dati lo scorso anno: 7 milioni di studenti che erano gia' usciti o che frequentavano le scuole medio-alte (617.000 sono gli iscritti quest'anno alle Universita', mentre 19.700 erano quelli del 1950).

Questa non era solo una nuova generazione, era una "nuova popolazione" e a farla diventare diversa era stato anche il clima liberista e la promiscuita' nata nelle manifestazioni, nelle occupazioni delle scuole prima, e nelle fabbriche dopo, dove avvenne la cosa piu' straordinaria ed epocale: un curioso rovesciamento di due universi culturali. Una simbiosi degli "strati sociali superiori" con il "popolo", e non come era sempre avvenuto prima, dove da sempre le classi inferiori imitavano e scimmiottavano le classi alte nel linguaggio, nel vestire, nella musica, negli atteggiamenti, ma all'incontrario, la classe alta si mise a imitare la bassa.
In pochi anni i jeans erano passati dai teppisti all'Avvocato Agnelli; il rock dai ghetti ai salotti bene, il plebeo maglione a collo alto liquidò cravatte e colli inamidati. Riduttivo sarebbe chiamare tutto questo una moda, era una nuova filosofia dell'essere dell'uomo e della donna.
Abbiamo perfino un dato curioso nel "pianeta donna", per la prima volta in Italia quest'anno nei negozi si vendono più pantaloni che gonne.
E già questa era una rivoluzione dell'essere, dirompente, non solo estetica, ma con profondi riflessi interiori, mai verificatisi prima.

Genitori permissivi, occupazione piena che permette già il voluttuario, scuola come luogo aggregativo, emancipazione improvvisa (nelle donne fu fulminea), apertura nei costumi, crollo di tabu', intensa attività di relazioni e la grande informazione diffusa, ha insomma maturato e fatto nascere tutto un nuovo stile di vita, una nuova societa', un nuovo modello; il modello antropologico detto "sessantottino".
Fra mille anni uno studioso, basandosi solo sulle cifre, troverà tra la generazione nata prima della guerra e quella nata nel dopoguerra, una diversità enorme, sconvolgente e abissale. In quella poi del rapporto fra i due sessi rivoluzionario, epocale.

Due gli slogan nel "maggio francese" che fecero la liberazione personale e la liberazione sociale dei Sessantottini; prima apparvero in Francia e poi in Italia: "Facciamo l'amore e non la guerra", e "Facciamo la Rivoluzione e facciamo l'amore". Pochi ne uscirono "vergini", lo si fece con rabbia: piu' che per una spinta sentimentale o biologica, lo stimolo che dominava era la trasgressione.
E coincise con il periodo della vittoriosa battaglia nell'ultima colonia del "pianeta donna", dove caddero i grandi bastioni del "falso e ipocrita" mito dell'angelo del focolare; le donne finalmente uscirono dal carcere dei pregiudizi e dalle follie superstiziose e religiose che le circondavano.
In questa battaglia aiutate non poco dalla farmacologia, quando vennero meno con la pillola i pericoli della gravidanza.

Ma ora questi "sessantottini", i pochi rimasti, in questo 1970, all'indomani dell'apocalisse di Piazza Fontana, i piu' politicizzati (gli altri paurosi sono ritornati tutti nel loro privato) stanno incuneandosi con la trasgressione anche dentro le varie ideologie politiche, vecchie e nuove.
Alcune spaccandole in piu' parti procurando cosi' frammenti incontrollabili, altre -quelle non adatte a contenere una massa in continuo caotico movimento- sbriciolandole.

Due mondi dove è pura follia voler buttare via tutto, alcuni valori sono sani e universalmente validi (morale e liberismo) Ma ogni cosa nella degenerata euforia viene sbriciolata, sciolta, spazzata via in una forma quasi vendicativa irrazionale, senza alternative. (Ricordano un po' Lenin nel 1919)

E' una "nuova" societa' allo sbando, ubriacata di estetismo individuale e politico e con tante impossibili utopie. Tante parole nuove, alcune roboanti, tante astrazioni, tanti slogan, ma senza la minima memoria storica. Tutti distaccati dal proprio passato. Basta rileggersi i proclami, i manifestini, i "fogli", i libretti e i libelli. Tutte parole scritte sulla sabbia.
Pochi si erano andati a rileggere le difficoltà in cui si trovò Lenin a due anni dalla sua rivoluzione; quando capì che non era possibile dare il potere in mano a persone che non avevano nessuna esperienza di produzione, di economia, capacità amministrative. I suoi operai erano sì vittoriosi ma si divertivano ad ingiuriare e malmenare gli ex-proprietari o i funzionari declassati. Lenin dovette richiamare ai loro posti i zaristi specialisti, dovette anche proteggerli e pagarli profumatamente se non voleva andare incontro al disastro.
Questo i sessantottini "impazziti" avrebbero dovuto saperlo.

C'era la necessita' di doversi dare una nuova cultura, una nuova coscienza nazionale adatta ai "nuovi" tempi, e invece il nuovo, dopo essere riuscito quasi a seppellire il peggio del vecchio, regimi, conformismi, retoriche, manchevolezze, politica borghese e clericale ecc ecc: si blocca.
Questa "giovane" nuova societa', evitò di fare una critica del recente passato e negò in blocco tutta la storia: anche quel poco che c'era nelle piccole Patrie etniche, spesso con nessuna coscienza nazionale, culturale e perfino linguistica.
Invece di andare avanti, i "nuovi", operarono nel regresso, e permisero di far restaurare nel peggiore dei modi il conformismo, anzi in parallelo loro stessi ne costruirono un altro ancora piu' forte, e paradossalmente lo permisero facendo anticonformismo (Una pacchia per la produzione!)

Mussolini e il suo fascismo non aveva scalfito gli autorevoli valori della Chiesa o il potere della grande borghesia, ora invece il neocapitalismo emergente stava distruggendo entrambi facendo un patto con il diavolo, quello che fu chiamato una esigenza liberale storica.
Il neocapitalismo non si stava alimentando come in passato di quei valori e di quel vecchio potere, ma paradossalmente veniva alimentato dalla massa che si credeva pari a loro.
Che bel regalo fecero i contestatori ai nuovi capitalisti,  che ritroveremo nei prossimi anni a condizionare tutta l'economia italiana! A sfruttarla tutta a loro beneficio e a lasciarci debiti fino ai nostri nipoti, pronipoti e stranipoti

 

Rumor al processo di Catanzaro
.."non so, non sapevo, non mi ricordo....."


Auto, moto, dischi, moda, prodotti e attivita' legate al consumismo edonistico creavano una massa mai stata così conformista, dove dominava un unico stile di vita: lo stesso maglione, lo stesso cantante, gli stessi jeans. Il piccolo imprenditore, l'artigiano, non aspettavano altro! E ringraziarono! E i "nuovi" politici emergenti in quelle province che una volta non contavano nulla, gongolarono!

Nelle piazze intanto folcloristicamente "drogati di delirio di potenza" gruppuscoli stravedevano e mitizzavano immagini, ideologie e rivoluzioni terzomondiste. Volevano fare una rivoluzione culturale prendendola in prestito dagli ex mandarini, negando la propria storia e ubriacandosi della loro, e come simboli utilizzavano quei personaggi,  ma di questi non sapevano nulla, e della storia dei loro popoli ancora meno; del popolo vietnamita sappiamo nulla nemmeno oggi, anni 2000; del popolo cubano altrettanto, e la Cina rimane sempre un pianeta del tutto sconosciuto a noi occidentali.

Mancava in Italia ancora una coscienza nazionale, era ancora presente il quadro delle numerose sue diversità di "stirpi" e coscienze regionali, e invece di costruirne una in casa, si guardava fuori! Perfino all'Albania come modello!!!

Una identità, un concetto nazione non si crea in una o due generazioni, ne' in un mattino, eppure si voleva guardare ad altre nazioni sconosciute, diverse come razza, lingua, interessi, affinità religiose, storia e soprattutto come "modello"(!) di societa', che proprio in Cina era ancora dominata da una antiquata casta di Mandarini in lotta fra di loro come nel nostro più profondo medioevo. Giravano in Italia opuscoli su questi Paesi ma erano dei clamorosi falsi storici. Altro che Paesi "modello" (!)

Renan affermava "Una nazione è un principio spirituale, risultato delle profonde complicazioni della storia. Una nazione è una grande solidarieta' costituita dal sentimento dei sacrifici che si sono fatti e di quelli che si è disposti a fare ancora". (A fare ancora!!!!)

E' nel proprio territorio che una etnia fonda la sua nazionalità, perche' la nazione è società fisica, etnica, storica, spirituale, politica. Ma i cortei dei "nuovi" "miglioratori del mondo" volevano costruire una nuova nazione Italia guardando agli ex mandarini o ai proprietari terrieri diventati condottieri di una rivoluzione feudale. Tale era quella Cinese, Vietnamita e in ultimo anche la Cubana.

In Italia con W Mao, W Ho Chi Minh, W Cuba, W Che, non si poteva andare da nessuna parte. Era cioe' impossibile la pur minima vittoria di coloro che dimostravano fra l'altro di non sapere cosa volevano. Impossibile!
Primo: perche' come dei teppisti inizieranno a sparare sul gruppo alla cieca, e spesso più per rancori personali che politici. ("quello ha scritto che siamo dei teppisti, e io lo ammazzo").
Secondo: perche' non avevano uomini all'altezza di gestire una delicata e molto singolare situazione storica (Italia unita solo nei consumi, rifiuto di tutto un passato,
una acculturazione"nuova", ma così nuova da essere difficile da capire, ecc ecc).
Terzo perche' paradossalmente ora c'era uno popolo conformista anzi si dimostrò perfino "codardo" (riflusso, individualismo, pentitismo) nella sua recentissima conquistata liberta' democratica, non aveva nessuna voglia di imitare i Vietcong nelle risaia padane, i cubani sulle spiagge di Rimini, o i cinesi in Piazza San Pietro con il libro dei nuovi "profeti" in mano. (tanto amati da  Curcio, Sofri, Negri)
Paesi in rivolta o in guerra, dove la democrazia quei capi non sapevano nemmeno dove stava di casa, e non lottavano certo contro gli americani per darla a una popolazione che da sempre era considerata e utilizzata come servitù.

Mao, Ho Chi-Minh, il generale Giap, Van Thieu, Cao Ky, i potenti del Nord e del Sud Vietnam non erano forse tutti della stessa casta dei Patrizi Nguyèn? Che lottavano solo per la supremazia feudataria su un territorio conteso da secoli e secoli dalle loro rispettive famiglie patrizie?

E in quanto a Castro, il "rivoluzionario" il ricco Hidalgo Fidel Castro Ruz, era il piu' grosso proprietario terriero di Cuba, e ancora oggi nel 1998 risulta essere uno dei cento uomini piu' ricchi del mondo.
Cioe' uno Stato personale. Di tipo feudale. Il Guevara? fu solo utilizzato. Una volta Castro e fratelli al potere il Che non servì piu', anzi ci furono forti contrasti (forse si accorse il "Che" che aveva lottato per un solo e unico padrone) e c'era il rischio che il Che avrebbe fatto per davvero la rivoluzione, e se questo accadeva a Castro e ai fratelli,  invece di prendersi tutta Cuba non rimaneva altro che ritornare nella loro Haciende di famiglia.

Eppure in Italia operai e studenti si sgolavano nei cortei a invocare questi paladini della democrazia. Quelli di Lotta Continua o di Potere Operaio cadevano perfino in deliquio nel nominare Mao, Castro e Ho Chi Minh. (si spera che diventati grandi si siano poi un po' documentati e abbiano visto e capito cos'era il "pianeta" Cina, Cuba, Vietnam, Russia, Cile, Bolivia ecc. ecc.)

Ma questi gruppuscoli prosperarono e durarono dieci anni perche' c'era uno Stato inefficiente. Ma per fortuna non provocarono nessuna rivoluzione sociale, perche' paradossalmente (contrariamente a quello che si pensava o scrivevano le piu' grandi firme del giornalismo) c'erano degli efficienti Servizi segreti italiani e americani che non si preoccuparono mai della situazione; anche nella fase piu' cruenta.
Ben diversa sarebbe stata la reazione se veramente gli estremisti fossero stati di una rappresentanza politica ben precisa.

Di matrice comunista? l'atteggiamento del governo statunitense nei confronti dei partiti comunisti dell'Europa occidentale era sempre stato molto chiaro e non era mai mutato (ne' mutera' mai): erano i comunisti sotto un accurato e continuo monitoraggio, quindi prevista la fermezza assoluta se andavano oltre certi limiti democratici a loro non graditi. Abbiamo detto occidentali, per quelli a est valevano gli accordi di Yalta, dai russi sempre rispettati per non creare complicazioni. Come del resto gli americani. Per la Cecoslovacchia o l'Ungheria in USA nessuno mosse un dito.

Di matrice di destra?: altrettanta fermezza nel respingere ogni soluzione antidemocratica. Affrancare il neofascismo proprio in Italia voleva dire riaccendere la miccia su mezza Europa: in Francia, Austria, Spagna e cerchiamo di immaginare il rigurgito tedesco! Una assurdita' che nessuno prese in considerazione, ed era abbastanza ovvio, allora come oggi.

I bersagli che cadranno in Italia negli anni di piombo, alla CIA neppure li conoscevano, e pur rispettando la memoria dei caduti, questi erano personaggi insignificanti. Erano entrati nel mirino solo per vendette personali di qualche frustrato "teppista".
Il primo, Casalegno, il povero giornalista, firmò la sua condanna a morte (articolo, prima pagina, su La Stampa del 30 ottobre 1969) proprio perche' ebbe "l'impudenza" di chiamare "teppisti" quelli che si sentivano "eroi della rivoluzione" , anche se poi questi eroi nell'assaltare i supermercati prendevano caviale, salmone e champagne, mentre in Cina, in Vietnam e a Cuba ben altra sorte era riservata a quelli come loro.

A parte questi "vandali sociali" il vero malessere italiano, ma meglio chiamarlo disagio, non era di carattere politico o ideologico, ma era dovuto a un imborghesimento generale. L'Italiano anche se era era relativamente ancora povero; aveva un reddito dieci volte superiore a un cinese, quindici a quello vietnamita, venti volte a quello cubano, trenta volte a quello albanese.
Nell'Italia 1970, abbonda l'offerta di lavoro sia pure umile, "un lavoro per un pezzo di pane lo si trova sempre" si diceva ed era vero. Ma ora voleva, dopo le tante "carote" consumistiche e edonistiche messe sotto il naso, voleva qualcosa di piu', voleva  contare di piu'.

C'erano alla luce del sole evidenti e palesi segnali di questa mutazione nella societa' italiana, avvenuta da poco e in modo anomalo, eppure le rivolte e poi i primi atti di violenza, apparvero ai politici come una ricorrente diffusa malattia passeggera. Neppure lontanamente se ne sentirono responsabili pur avendo loro creato questo modello di sviluppo che portava proprio a imborghesire l'intera popolazione sia metropolitana che provinciale.

I politici avevano tutte le responsabilita', eppure nemmeno lontanamente pensavano di aver creato proprio loro le condizioni di certi diffusi sentimenti di "frustrazione" (non riuscire ad avere il voluttuario, stava diventando una mortificazione) in larghi strati sociali dell'intera nazione.
C'era dunque la necessita' di mutare rotta nei rapporti non solo con le masse lavoratrici (che non era piu' una massa plebea, ma una inconsapevole massa di lavoratori-consumatori), ma mutare rotta anche nei confronti di quella neoborghesia che stava nascendo. I primi volevano lavorare e consumare; i secondi volevano produrre e anche loro comandare qualcosa.

Era un paradosso: da una parte - in venti anni - tutta la classe politica al potere era stata spinta a un rinnovamento della società ; ma nello stesso tempo non voleva mutare nulla, era cieca ai desideri e alle liberta' che essa stessa aveva scatenato nella psicologia collettiva.

Il modello di italiano che era stato creato dai media era stato omologato non solo per i territori dove c'erano i santuari della produzione delle grandi dinastie industriali, ma era stato esteso o si era autonomamente allargato a macchia d'olio anche nella provincia, fino all'ultimo paese. E ogni territorio voleva montare sul carro del "liberismo", del "consumismo" e dell'edonismo", e c'erano tutte le condizioni. Il potenziale mercato non aspettava altro, anzi lo stesso mercato era una sirena dove il canto ammaliatore raggiungeva ogni anfratto, landa, collina, valle, perche' la televisione era ormai arrivata ovunque.

Nel 1958 i televisori erano un 1.000.000, mentre in questo 1970 sono 10.000.000. E con quasi un televisore in ogni famiglia i vecchi ruoli prescritti (e anche quelli non scritti) saltavano tutti. Il pancino della Carra' che apparve quest'anno, buco' il video.
Il messaggio divento' forte sul permissivismo, e fu  piu' chiaro di mille astrusi saggi di sociologi e di psicologi sul costume. Insomma i codici comportamentali si stavano riscrivendo tutti con la Tv e la pubblicità, mentre la contestazione dei piccoli gruppi di estremisti era impegnata a teorizzare sulla pagliuzza ma non vedeva la trave.

I prodotti di consumo, la scolarizzazione, non erano piu' all'interno della societa' degli opzional, ma si erano trasformati in una necessita' fisiologica. La fabbrica che creava questi "bisogni" era l'unica a non essere in crisi.
Sembra impossibile che ci fosse questa cecità nelle scelte politiche, eppure i Partiti, il governo, non capirono affatto che la massificazione che avevano essi stessi creata e prodotta stava alimentando una crisi esistenziale molto pericolosa, che non era solo dovuto a un ricambio generazionale, ma era dovuto a una vera e propria mutazione culturale.

Ma quello che sfuggì a tutti, fu la "voglia" della piccola borghesia, del ceto medio e dei piccoli politici di provincia che scalpitavano, che a un certo punto furono solidali con i lavoratori. Perfino le ACLI in Italia in questo momento - come vedremo - stanno creando un partito di "lavoratori" (non di proletari) a indirizzo "socialista" che il Papa criticherà severamente e l'Episcopato neghera' il consenso gerarchico della Chiesa (risultato: scissione dentro le ACLI)
(ci viene in mente Londra, quando i neo ricchi furono emarginati dal Parlamento perche' accusati dai nobili di essere dei rozzi bifolchi. Offesi i neo borghesi si unirono ai proletari che fino al giorno prima avevano sfruttato, e insieme buttarono fuori dai Comuni, una buona parte dei nobili - era il 1670)

Ma il "proletariato" in Italia in questi anni Settanta, gia' non esisteva piu', salvo considerare ancora proletari quelli che viaggiavano in Fiat 600, vestivano Lebole, facevano le vacanze a Rimini e bevevano la Coca Cola con la cannuccia.
(hanno iniziato proprio quest'anno a fare meno figli= prole - dal 1.000.000 annuo di nascite anni '50 ci sia avvia in questo decennio anni '70 alle 600 mila nascite-anno).
Del resto lo abbiamo gia' accennato, il proletariato si era imborghesito e la borghesia si era proletarizzata: negli atteggiamenti, nel linguaggio, nella vita di relazione, nel costume e nello stile di vita.

Pasolini l'aveva fotografata e aveva profetizzato "I giovani: sono presumibilmente l'ultima generazione che vede degli operai e dei contadini: la prossima generazione non vedra' intorno a se' che l'entropia borghese"

La rivolta - sempre secondo Pasolini - non aveva nulla della rivoluzione culturale marxista-leninista o maoista cui si ispiravano i piccoli gruppi, ma era una filtrata rivolta della piccola neo-borghesia, il ceto medio, che cercava l'appoggio dei lavoratori. Voleva insomma partecipare alla vita dello Stato e non prendere piu' ordini dalla grande aristocratica vecchia borghesia che aveva sempre agito indisturbata, o dai potenti politici subalterni sempre pronti a soddisfare ogni loro capriccio.

Non dobbiamo del resto dimenticare (lo abbiamo gia' accennato) che sia la destra che la sinistra (ecco perche' si ritrovarono) avevano per tradizione storica un unico obiettivo: la lotta contro la grande borghesia. Mussolini, lui socialista, molto abile ci si appoggio' per fare la sua scalata, ma la grande borghesia cinicamente lo utilizzo' per estendere ancora di piu' il suo potere. Poi visto come si stavano mettendo le cose, gia' il 25 ottobre del 1938 (vedi) il "mezzo milione di vigliacchi borghesi che si annidano nel Paese" lo avevano gia' abbandonato al suo destino. Poi liquidato lui e il fascismo, l'alta borghesia fu lesta nel 1945 (basterrebe vedere la continuità Beneduce-Cuccia) a rimpossessarsi dei suoi centri di potere sul territorio e a dettare il modello di sviluppo alla nuova classe politica; e fu altrettanto pronta a soddisfarla per riceverne i benefici (da altre fonte poteva ottenere ben poco). Ma avevano dimenticato qualcosa: la piccola borghesia, il ceto medio (le stesse categorie su cui si appoggiava proprio il fascismo; e da questa prendeva il consenso)

Dopo il discorso contro la borghesia nel 1938, chi aveva poi affossato il fascismo? Risposero in seguito due storici: Luigi Salvatorelli in una classica interpretazione affermo' che "il fascismo era stato l'espressione della piccola borghesia "umanistica" in crisi, che si ribellava contro il capitalismo".
Renzo De Felice invece ( in una intervista nel 1975, che suscito' violenti polemiche e scandalo) corresse Salvatorelli e affermo' "non in crisi" ma che "il fascismo era stato sostenuto (come consenso popolare Ndr.) dai ceti medi in ascesa, emergenti, composti soprattutto di piccoli imprenditori, impiegati, funzionari, da persone che, se risaliamo attraverso l'anagrafe, al tempo dei loro padri erano socialmente zero e al momento di iscriversi al fascio sono gia' qualcosa di piu'". De Felice fece scandalo, si invoco' perfino una "vigilanza" contro i suoi libri (cosa vuole? forse riabilitare il fascismo?) e nessuno si ricordo' che Gramsci nel 1926 a Lione aveva scritto le stesse cose; aveva individuato nei ceti medi raccoltisi intorno al fascismo "una comune mentalita' di "una nuova classe nascente". E questa classe venne fuori nuovamente in Italia proprio negli anni '60 e rimescolare le carte.

Alcuni  in questi anni non potendo accedere ai vertici del potere agiscono sfogandosi sull'autorità (dei vecchi), e nei loro piccoli o grandi ruoli si mettono persino al riparo da ogni accusa; e il potere, pur subendo certi ricatti  non puo' fare a meno del suo consenso, perderebbe credibilita'; quindi suo malgrado sta al gioco, qualcosa sacrifica, cede molte leve del comando, spesso a gente mediocre (a quella classe politica che vedremo sfilare al processo Cusani a Tangentopoli ("Siamo noi i responsabili, ci siamo allevati gente mediocre" dirà Fanfani, uno della vecchia guardia)

Prima della guerra nel ventennio questa piccola borghesia aveva fatto "tirocinio" quali impiegati funzionari, imprenditori; ora maturi si affacciano dentro gli uffici pubblici che contano, guidano piccole aziende, banche, municipi, sono (numerosi) dentro le segreteria dei partiti, ed aspirano al gran salto a una maggiore partecipazione e direzione del Paese. Solidali iniziano una connivenza nella allegra gestione della cosa pubblica e privata (naturalmente compresa la giustizia e le finanze) che durera' come i due regimi precedenti, un "ventennio", fino agli anni '90 .

Attenzione, guardiamo nomi e anagrafe e scopriremo che la "Terza Italia", l'"Italia delle Partecipazioni", l'" Italia dove e' tutto permesso", l'"Italia assistenzialista", l'"Italia delle raccomandazioni", l'"Italia divorzista", oltre ai tanti altri fattori concomitanti che  favoriranno l'anomalo sviluppo e la modificheranno "intrallazzando", verranno tutte create proprio da questi soggetti, con i nomi non sempre in primo piano; ma sono forti perchè ormai sono un reggimento; quelli che saranno poi chiamati "razza padrona".

Sono italiani che non sono di sinistra, che non sono di destra (anche se sono dentro i partiti); "sono tutti uguali" scrisse il geniale provocatore Pasolini.
E come scopriremo in seguito, neppure tanto cattolici ( vedi poi referendum divorzio e aborto - e vedi poi nel l 1992 (tangentopoli). Tanti trasformisti che strattoneranno a destra o a sinistra l'elettorato Dc; rivelando la loro "anima". Tanto che un monsignore  sara' molto lapidario "lasciateci almeno in pace a piangere dalla vergogna".

Sta nascendo ora, in questo 1970, questa nuova nazione del ventennio, e gli stessi italiani dallo stupore sembrano cadere in una crisi di identita'. (divorzio, amore libero, omosessualità dichiarata, ombelico al vento, evasione fiscale che premia, intrallazzo vincente, umiliazione nel chiedere, glorificazione narcisistica nel dare; e tanta cinica spregiudicatezza, che premia non uno ma molti)
Con i "puri" comunisti sorpresi e i "veri" cattolici sconvolti.

*** IL DOPO PIAZZA FONTANA

*** CRONOLOGIA DELL'ANNO

E' una Italia ambigua, opportunista, egoista, ma vitale e contemporanea. E quando il 12 maggio del  '74, il 60% degli italiani non vuole col referendum abolire il divorzio, l'Italia rivela il vero volto: una nazione mutata. Un giornale inglese scrisse "L'Italia divorzia! Sposa il suo secolo", in effetti laicizzandosi col suffragio universale, di secoli ne aveva lasciati alle spalle più di quindici.

Ritornando a questo inizio 1970, dopo il trauma di Piazza Fontana, i politici temendo di perdere il controllo del potere, iniziano il lungo e losco periodo fatto di tante ambiguità; si accusarono a vicenda, ma mai alzando troppo la voce, e nemmeno possiamo immaginare che si siano messi, - incapaci com'erano - a capo di un gruppo di "bombaroli".
Non certo organizzatori e neppure come mandanti, ma piuttosto come terminali politici. Ma agendo ognuno per conto proprio. E se qualcosa circolava, con compromessi e ricatti si metteva a tacere tutto. (Bisognerà attendere l'apertura dell'archivio di Rumor, che finora è sempre rimasto chiuso a chiave in buone mani, a Vicenza).

Non e' stato ancora chiarito se l'inizio delle stragi, attentati, assassini e le drammatiche compromissioni politiche, partirono dalla destra estremistica o dalla vaneggiante estremistica sinistra extraparlamentare clandestina; ma quel che è certo, dietro a entrambe non c'era nessun Burattinaio, Grande Vecchio, la CIA, i Servizi segreti. Queste erano le "balle" che raccontavano e racconteranno i giornali per anni. C'era invece solo qualche provinciale che voleva emulare "il Principe" machiavellico.

I "neri" con il loro comportamento innestarono solo la psicosi del golpe, favoriti dai commentatori della stampa e da alcuni politici (che i neri li volevano ad ogni costo responsabili) non tenendo conto delle mutazioni che erano avvenute nella nuova societa' giovane (dove pullulavano gli "incazzati" di tutto, ma era una arrabbiatura generica e generazionale, perchè le precedenti erano analfabete e servili).
Gli osservatori non volevano accantonare nemmeno l'idea che nella vecchia, i capi di questi "neri" neppure nel ventennio mussoliniano avevano costituito una "destra forte", figuriamoci se nel 1970 un Almirante in doppio petto poteva restaurare -nel 1970- un regime (con otto milioni di baionette) sepolto dalla storia.
Insomma l'"esercito" delle "trame nere" alla fine risulto' essere solo un gruppetto di teste calde. Ed aveva virtualmente ragione Rumor, quando febbricitante (forse per questo)  andò in televisione subito dopo la strage, chiedendo agli italiani "non credete al terrorismo".
A sentire quelle parole,  più che i fantomatici "neri" si arrabbiarono i suoi amici che invece da lui si attendevano lo "stato di emergenza", il potere in mano facendosi aiutare dalle armi dei militari.

I "rossi" invece, dopo (quando vennero allo scoperto firmandosi e sorprendendo i più incalliti giornalisti) fecero nascere l'altra psicosi, quella della rivoluzione rossa o neo-rossa maoista. Che non erano entrambe ancora state sepolte come quella nera, ma in coma lo erano entrambe da quest'anno.
Il disgelo russo e cinese con l'America era ormai un fatto compiuto. Per la Russia -in piena crisi- era una questione di sopravvivenza vera e propria, visto che chiese, e gli Usa concessero, aiuti economici e alimentari;  chiesti a Nixon nelle due storiche visite nei due Paesi.
In conclusione anche il fantomatico "esercito rosso" italiano, alla fine risultò essere pure questo nient'altro che un gruppetto di altrettante teste calde; fra l'altro borghesi e non proletari, come sapremo molto più avanti dai pentiti e dai processi.
"Rossi" (!?)  che a casa stavano bene, e in tasca avevano i soldi di papà e di mammà.

Si erano illusi di cambiare il mondo con la rivoluzione ottocentesca, o ( messa da parte, con molto imbarazzo la marxista-leninista dopo Praga, Polonia, Ungheria) con quella ancora piu' anacronistica dei Mandarini di Mao (anche questo lo sapremo dopo il fallimento della Rivoluzione Culturale).
Si voleva mutuare un collettivismo (feudale) cinese quando ormai gli italiani (senza aver "mai" conosciuto una vera lotta di classe, nè le "rivoluzioni") stavano innestando la quarta marcia e senza nessuna indicazione politica, creando autonomamente le realtà locali con i nuovi piccoli e grandi "rampanti" di quella microeconomia familiare, così agguerrita e determinata che alla fine fece mutare in una decina d'anni l'intera economia del Paese, fino al più piccolo paesino

Non lottando dentro le ferriere, nelle miniere, nei campi, ma operando (autoschiavizzandosi come negri) su piccole isole-lavoro emerse nella provincia col nascente individualismo liberista (questo era la vera "rivoluzione culturale"); il trionfo del nuovo individuo su una società ex proletaria che stava rigettando il taylorismo, la catena di montaggio, il cottimo,  con uno spirito d'impresa che il modello americano indicava, ma che l'italiano aveva scoperto in una dimensione migliore sfruttando perfino i sottoscala.

Al nuovo italiano stakanovista gli stava bene così, e nessuno se la sentiva di tornare indietro; la "società aperta" era il faro persino di chi era "debole di vista", appariva d'altronde a tutti l'unico sistema. L'"economia di mercato" pur con tutte le sue contraddizioni era l'unica "illuminazione" possibile.
E come vedremo poi, anche per l'Est, divenne l'unica "luce", pur con mille distorsioni. A Praga gli studenti con tanta provocazione portarono in trionfo il concessionario della Coca Cola! La simbologia era azzeccata e il messaggio era forte e chiaro! Ma i Maoisti non capirono; capirono più tardi e insieme alla Coca Cola poi scoprirono anche i bei vestiti, le belle auto, le belle moto, e i bagni in Versilia o a Rimini).

Insomma le manifestazioni, le rivolte e perfino la ridondanza degli attentati, nella DC, nel PCI, nei socialisti e nella destra, generalizzandole (solo Rumor, Forlani e C. allarmavano. Ma perche' tanto zelo proprio loro due? ) furono  solo dei pretesti per criminalizzare gli avversari di turno. E non solo per i politici, che abbiamo gia' visto ciechi per deficienza culturale, ma anche alcuni intellettuali. Soprattutto a sinistra. Basta andare a rileggere gli interventi sui giornali e su quello che ci hanno lasciato certi autori nei loro libri.

"La strage di Stato", un libro scritto dalla sinistra subito dopo Piazza Fontana, ad ogni edizioni cambiò lo scenario dell'eversione e della repressione che in vari anni autorevolmente aveva indicato: prima la destra MSI, poi la destra DC, poi la sinistra DC, poi i servizi segreti americani (un fantomatico Partito Americano), poi i Servizi italiani, infine un minestrone di destra, sinistra, centro e servizi deviati o pilotati ecc ecc. Dopo cinque edizioni con successive cinque versione dei fatti, il lettore al massimo poteva fare (ed era piu' semplice!) il testa/croce se voleva trovare i colpevoli e qual'era la matrice eversiva. Non sapevano di cosa parlavano, eppure scrivevano.

Ci vollero dieci anni per far capire a qualcuno che dentro nei gruppi sovversivi c'era dell'estremo antifascismo e dell'estremo fascismo e che forse entrambi i gruppi alla fine erano una cosa sola. (questo era successo anche prima del 1922- di serpi nel seno ne aveva anche Mussolini).

Alcuni gruppi si scambiarono anche le parti. Alcuni lo fecero subito, altri ci misero più di vent'anni. Non sarà raro vedere nel 1994-1998 alcuni soggetti che militavano in gruppi molto vicini alle BR, fare gli/le ipergarantisti/e dentro le file dell'iperliberista del nuovo parvenu "palazzinaro", quello che chissà come, appena poco più che ventenne (figlio di un impiegato di una strana banca) in questi anni '60-'70 riesce a ottenere migliaia di miliardi dalle banche svizzere per costruire città intere, e riesce poi a vendere mille appartamenti al colpo agli enti pubblici.
Ma questo era possibile farlo solo se si è bravi?
Un bel mistero della nuova Italia che sta nascendo ora.

IL DOPO PIAZZA FONTANA

Parliamo di questi giorni dopo Piazza Fontana: "Nel giornalismo il caos supera ogni limite di decenza" scrivera' in seguito Bocca "cercavamo la verita' avventurandoci nel sottobosco poliziesco, raccoglievamo indizi convincenti sulla cospirazione e li distruggevamo con altrettanto ipotesi o informazioni inventate, forzate.....", "navigavamo, senza riuscire ad uscirne, nelle acque sporche della disinformazione poliziesca (*) e a volte le davamo dignita' di informazione. Pubblicammo un giornale di controinformazione che univa notizie serie a ombre scambiate per notizie....", " Difficile raccapezzarsi, tutti increduli, sbalorditi di fronte al fatto, non smentibile, che il prefetto, il questore, il capo della squadra politica, il procuratore avevano mentito per difendere coloro che tiravano le fila dietro loro....", "L'isteria e la faziosita' erano arrivate anche sul colle del Quirinale....dove si sparlava", " Ricordo alle esequie solenni dei morti della strage, le facce dei notabili democristiani, di Rumor, Colombo, Andreotti, Moro, in ognuno delle quali potevi sospettare il complice, il complottista". (da Il provinciale, G. Bocca, 1991, Mondadori)

(*) Infatti Bocca su Il giorno, esce il 14 gennaio 1970, in prima pagina con un articolo che attacca ferocemente il Corriere della Sera.

In questa grande confusione non é che ne sapesse qualcosa di più lo stesso Montanelli che scriveva allora proprio sul Corriere, infatti arrivò ad accusare di certe trame la stessa proprietaria del giornale, cioè che la "sovversiva" era la Maria Crespi con Mario Capanna e la Camilla Cederna. Un guazzabuglio fantapolitico che poteva nascere solo stando sempre incollati nelle scrivanie, non in "prima linea".

Dentro le faziosita', le ambiguita', le certezze e le tante falsita', chi in buona fede e chi forse prezzolato (della Dc ma forse pagato addirittura dai russi - non ci sorprendiamo se un giorno verrà fuori questa "verita"), ci sguazzavano un po' tutti, magistrati, politici e giornalisti, e quindi di rimessa l'opinione pubblica a costruire vari teoremi sulle "trame nere", sulla "strategia della tensione" e sui fantomatici "servizi deviati". E nel frattempo, con i suggerimenti dall'alto, tutti indicavano gli anarchici (sembrava di essere in pieno Ottocento).

Poi a far venire qualche dubbio il 20 ottobre comparve il "Foglio di lotta di sinistra proletaria" che annunciava che l'"autunno rosso" era cominciato con la costituzione di una "organizzazione operaia autonoma" denominata la "Brigata Rossa".
Poi i gruppi "rossi" si moltiplicarono chiamandosi "Brigate" o altro e diventarono quasi venti tra fratture delle prime e le nuove clandestine.
In non meno di venti si organizzarono anche i gruppi "neri" detti "dei Servizi" - detti deviati - denominati appunto "La rosa dei venti".

Erano tutti - come sapremo in seguito - sporadici e minuscoli nuclei apertamente avventuristi e dai connotati politici molto equivoci. E a contribuire a questi equivoci i responsabili furono i giornali e i politici.
RUMOR un po' aveva allarmato: "La democrazia italiana è assediata"; e naturalmente lo disse con un fine: ritornare a una politica centrista con un appoggio della destra com'era avvenuto alla fine degli anni '50. 
Secondo gli ultimi sviluppi delle inchieste - Giudice Salvini, Corriere, 14 febbraio 1998, - non era lui l'organizzatore, non era il mandante, ma era lui il possibile terminale politico della strategia della tensione (che però non voleva dire stragi). E ha anche spiegato, che Rumor in quei giorni salvò l'Italia dal golpe dei militari. Anche se entrò poi lui nel mirino.

Il 14 dicembre (due giorni dopo Piazza Fontana, la "piazza di destra" insorgendo contro le bombe dei fantomatici  anarchici, doveva fare da detonatore alla proclamazione dello "stato d'emergenza". Secondo alcuni testimoni dell'inchiesta, Rumor vanificò i piani della destra eversiva, mirati a una svolta militare. L'eversione nera infatti attendeva che Rumor decretasse  lo "stato d'emergenza", mettendo il potere in mano ai militari. Ma il gesto non arrivò.
Quel giorno della strage, Rumor  (fra l'altro era a letto con l'influenza)  "Ci siamo -disse, quando fu informato della strage- questo è l'assalto del terrorismo al potere". 
Con la febbre a quaranta, si vestì e dopo venti minuti  era già alla Tv a parlare al Paese. Invece di proclamare lo stato di emergenza, con un messaggio accorato, chiede agli italiani  di "non credere al terrorismo, ma nella legge. Altrimenti l'Italia avrebbe perso se stessa".
Lo "stato d'emergenza" non passa, e il "golpe" è evitato.

Atterrito da tanti morti,  Rumor si tiro' indietro, e "Ordine Nuovo" (vero o presunto) decise di fargliela pagare. Condannandolo a morte, alla prima occasione propizia. E questo Rumor lo sapeva, era ossessionato dalla convinzione di essere rapito o fatto fuori. 
In effetti un killer era già pronto, a casa sua a Vicenza a Ponte Pusterla, dove aveva l'abitazione, ma qualcuno arrivò prima, il sicario fu contattato, profumatamente pagato, e si tirò indietro (ma ne riparleremo nei prossimi anni, quando per farlo fuori quasi ci riuscirono, in un altro modo, il 14 maggio del '73).

"Il 16 settembre del 1977 lo stesso Rumor fu incriminato per reticenza al processo di Catanzaro proprio sulla strage di Piazza Fontana; sarà perfino messo sotto inchiesta per i suoi tantissimi "non so.....non ricordo....non sapevo". 
Proprio lui che aveva una memoria così formidabile che ricordava quanti savoiardi aveva mangiato alla sua prima comunione. Dovette stare zitto per proteggere qualcuno. Lui disse per il "partito", e per le "ragioni di Stato".  Poi a un amico, che gli chiedeva se oltre il partito aveva protetto anche qualcuno, rispose che sì aveva protetto qualcuno "uno che aveva il naso da Pinocchio".
Feci qualche ricerca e individuai l'uomo dal naso di pinocchio sulla copertina di un numero di una settimanale fazioso e graffiante" (Adriano Toniolo).

Poi non dobbiamo dimenticare quegli accenni criptici e pleonastici (che solo Rumor poteva capire) inviati da Moro, dalla sua prigione dopo il suo sequestro in via Fani, proprio al politico vicentino che,  "ormai non contava più nulla, era stato scaricato, defenestrato, ignorato, evitato come un lebbroso. "Mi telefonavano per dirmi lo sappiamo che sei innocente, ma dobbiamo votarti contro per disciplina di partito". (Rumor- Confidenze con Adriano Toniolo)

L'Italia che desiderava diventare -e stava diventando diversa- da quel giorno si fermò, e cominciò a pagare a carissimo prezzo il suo legittimo desiderio di democrazia; ha infatti davanti a sè gli anni di piombo, le stragi, gli attentati,  assassinio di giornalisti, magistrati, sindacalisti, o semplici innocenti cittadini, che nel muoversi nella loro quotidianità senza nessuna colpa si trovarono in un certo luogo e in una certa ora al fatale appuntamento con la morte.

(Da questo 1970 al 1975 verranno compiuti 4384 atti di violenza contro persone e cose e 63 omicidi "politici" in 92 attentati)

FINE

 

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