ANNO 1976

CRONOLOGIA DELL'ANNO ( 1a PARTE )

 
1976 arriva Craxi ! (qui la voce)


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QUI LA BIOGRAFIA
E L'AMARA PARABOLA > >
      

( la voce di MORO in due amare circostanze)
(vedi mese di marzo)

 
L'anno é pieno di eventi fin dal primo istante  

Il mattino del 1° gennaio, le annunciate dimissioni della sera prima fatte da  DE MARTINO in una intervista, sono un "bel regalo" di Capodanno per MORO: un "siluro" al "suo" governo. Infatti, alla ripresa dei lavori alla Camera,  il 7 gennaio  è costretto a "rassegnare" le dimissioni.
Ma Moro e alla DC non si perdono d'animo.  Anche se i socialisti di De Martino chiedono un governo d'emergenza, ne formano uno tutto democristiano, un monocolore, quindi senza i socialisti transfughi.

Ma il 5° governo Moro, fatto di "toppe" e "tappi", con gli strappi e i buchi della DC,  non va molto lontano perchè i "nemici" la DC li ha soprattutto in casa, dentro la stessa DC. A Palazzo Chigi  Moro ci resta  60 giorni, poi tutti a casa a votare.
Dopo le sofferte elezioni, che vedremo più avanti, il nuovo inquilino a Palazzo Chigi, sarà nonostante tutto, ANDREOTTI con un governo tutto DC e con il PCI messo nelle condizioni di non infastidire.

Il 6 gennaio la "Befana" aveva portato proprio alla DC, un altro regalo "esplodente": ad ANDREOTTI, a DONAT CATTIN e al sindacalista SCALIA della CISL.
Regali  "siluri"  arrivati dall'America, con due giornali. Rivelavano i finanziamenti occulti che avrebbero ricevuti dalla CIA il gruppo di destra della DC. (smentiranno tutto).
A soffiare sul fuoco delle polemiche ovviamente sono i comunisti. Ovviamente tacciono nell'indicare la provenienza di molto del loro denaro. Che i maligni indicano Mosca. 

Poi in marzo altra seduta drammatica dentro il congresso democristiano.  ZACCAGNINI  che già lo scorso luglio al Consiglio Naz. era diventato segretario non all'unanimità (92, contro 72 schede bianche, 11 astenuti), al congresso conserva la poltrona con il 51,5% dei voti, mentre il 48,5  va alla destra del partito (Andreotti, Fanfani, Forlani).
Dura contrapposizione quindi all'interno della DC con il gruppo di sinistra capeggiato da Moro e dallo stesso Zaccagnini.

Le due forze ormai si equivalgono e si combattono. L'insofferenza é reciproca, e porta ad ulteriori lacerazioni. RUMOR è nei guai (molti amici lo abbandonano) per lo scandalo Lochkeed, e MORO a poco più di un mese dal Congresso é costretto a dare le dimissioni dal governo.
Si va alle urne; poi non sappiamo come e perché, dopo le fortunate elezioni per la DC, Moro deve cedere lo scettro alla corrente di destra di ANDREOTTI, ed è proprio quest'ultimo che va a formare un governo monocolore "molto singolare", quella della "non sfiducia", dove i favorevoli sono inferiori alle astensioni. Pur essendo al governo una corrente di destra, com'è quella di Andreotti, le astensioni determinanti per dargli la fiducia sono sorprendentemente del PCI assieme al PSI, PRI, PLI, PSDI. Il "gioco" del palazzo va ben oltre la volontà dei cittadini votanti, sembra che contano poco, e in casi come questi:  nulla.

Facciamo però un passo indietro. In giugno si va alle ELEZIONI POLITICHE anticipate dove serpeggia la paura del sorpasso dei comunisti. La campagna elettorale democristiana é aspra e barricadera, come non se ne vedeva una uguale dall'epoca degasperiana con le crociate di Gedda.
In prima fila il battagliero FANFANI che più che discorsi politici, percorrendo instancabilmente in lungo e in largo la penisola, tiene corsi di "dottrina morale", e come fu per il divorzio, il suo tema preferito per impressionare la piazza, é ora quello dell'aborto, dove evoca scenari apocalittici, il genocidio degli innocenti, e in ogni elettore vede un potenziale Erode, anche quando parla davanti a donne cattoliche.

INDRO MONTANELLI per la DC si schiera con il "suo"(!?) Giornale Nuovo, e incita i "suoi" lettori: "turatevi il naso ma votate DC". Diventerà questo quasi uno slogan storico, non proprio distinto.
Ma è sufficiente per le Brigate Rosse per metterlo sul "libro nero" dei "servi del regime"; quelli che devono essere eliminati o azzoppati.
Il 2 Giugno del prossimo anno, le BR che non hanno dimenticato la frase,  Montanelli diventa il bersaglio di una sventagliata di mitra alle gambe. Non mancherà la sua battuta nostalgica di ex "eroe" dell'Abissinia, né dimentica uno degli slogan murali del suo  "maestro-mito: "Alle prime pallottole mi sono aggrappato a una ringhiera, volevo morire in piedi, come mi ha insegnato Mussolini, perché se cadevo quelli mi fulminavano".

E poi dicono che il fascismo non ha insegnato nulla, e che non é rimasto nulla!
Nei "cenacoli" di Bottai, allora, c'era proprio Montanelli.

A dare un contributo al successo della DC, a parte tutte quelle altre considerazioni  fatte in precedenza lo scorso anno, troviamo inaspettatamente BERLINGUER. A cinque giorni dalle elezioni,  rilascia una intervista  al Corriere che sconcerta tutti i comunisti. Vi sostiene di non volere l'uscita dell'Italia dalla NATO.
Alcuni comunisti moderati (a parte i vendicativi comunicati delle BR) commentano che molto probabilmente il segretario del PCI, o che è andato fuori di cervello o che è sotto ricatto; che non sta facendo più una politica dell'opposizione, e non era proprio  il caso che il PCI berlinguriano per farsi vedere "rassicurante" andasse a toccare a pochi giorni dal voto la questione del Patto Atlantico.

Gli elettori moderati, gli indecisi, i laici, quelli quasi pendenti verso la sinistra, considerano queste affermazioni un servilismo nei confronti dei democristiani, una palese  incapacità di esprimere una forte e decisa autonomia politica, e (tantovale) tornano a dare il voto alla DC. Altrettanti elettori di sinistra moderati, laici, indecisi, arrivano quasi alle stesse conclusioni, "tanto vale allora votare DC". Mentre gli estremisti della sinistra, gli extraparlamentari, con insieme i cossuttiani, Berlinguer lo considerano già un "venduto".

Di socialismo e rispetto delle libertà individuali e collettive, BERLINGUER ne parla al PCUS, sostenendo che si é giunti a una fase storica, e che un sistema pluralistico e democratico é diventato una necessità della nuova classe operaia in Italia.
Del resto nello scorso ottobre, il 15, incontrando a Roma MARCHAIS segretario del PC francese, Berlinguer aveva già  sostenuto che "siamo di fronte alla necessità di un pluralismo politico, e bisogna costruire il socialismo nella libertà". Le stesse considerazioni le aveva espresse incontrando SANTIAGO CARRILLO del PC spagnolo.
Una svolta che viene chiamata dell' "Eurocomunismo". Ma i dissidenti non mancano.
(vedi qui
nascita e morte dell'EUROCOMUNISMO > > >

PAJETTA, SEGRE e NAPOLITANO avevano consigliato di non partecipare al PCUS. Ma Berlinguer non accettò il loro consiglio in quanto temeva di perdere la sua autorità se non vi partecipava. Ma al Pcus non mancarono le critiche nei suoi confronti. Lo criticarono per la politica strana che il PCI conduceva in Italia, contraddittoria negli affari internazionali e in particolare i contatti tra rappresentanti del PCI e rappresentanti Usa; la posizione del PCI sull'appartenenza dell'Italia alla Nato; la tolleranza dell'aggressiva politica di Israele; i tentativi di sviluppare contatti con il mondo comunista cinese.

A Madrid, Nikita Ryzhov, su istruzioni del Comitato centrale consegnò una lettera a Berlinguer "in cui si esprimeva allarme per il meeting madrileno dei tre partiti comunisti e preoccupazione per l'instaurazione di una sorta di aerea regionale".
Un giorno forse verranno fuori documenti che comproveranno che l'Urss aveva tutto l'interesse a non far prendere il potere ai comunisti in Italia. Insomma la stessa Russia non era proprio per nulla interessata all'Eucomunismo. I Patti di Yalta bisognava rispettarli e l'ininfluente Italia non doveva creare problemi. (qualcosa del genere era già avvenuto verso la fine del 1943 inizio 1944)

Sarebbe paradossale (ma  mica tanto) se un giorno scopriremo che era pronto del materiale sovietico per compromettere Berlinguer, con ogni sorta di accuse per screditarlo. Es. di essere un possidente di terre, oppure coinvolgerlo in affari equivoci relativi a intrighi edilizi in Sardegna.
Ancora più paradossale potrebbe essere la imbarazzante notizia che alcune gruppi di destra erano  -  per ostacolare l'ascesa del PCI - finanziati dalla Russia e non dall'America.

*** Prima della caduta del governo MORO, il 5 FEBBRAIO il Messaggero con le sue rivelazione ha già fatto scoppiare lo scandalo Loockheed (tangenti sull'acquisto di aerei militari). Coinvolti ex ministri all'epoca, RUMOR, GUI e TANASSI. Grandi servizi sui giornali.

Lo scandalo investirà poi anche il Presidente della Repubblica LEONE. Contro di lui si scatenerà una campagna diffamatoria con il libro-scoop di CAMILLA CEDERNA, poi querelata per diffamazione: il processo si rivelò un boomerang e vennero così alla luce e si accertarono: il diffuso nepotismo, le disinvolture affaristiche e i piccoli scandali della famiglia del Presidente.
LEONE nel '78, (pochi giorni dopo il delitto Moro) sarà costretto alle dimissioni.

La crisi -  "Scossa da una grave crisi economica, la societá italiana vede aumentare la disoccupazione fino a toccare i due milioni di disoccupati nel 1976, mentre la produzione ristagna e i capitali fuggono all'estero; nello stesso tempo, il governo non é in grado di condurre un'azione incisiva, le periferie urbane degradano, il Sud piomba nell'abisso del sottosviluppo, il terrorismo incalza. Esso trova un terreno fertile di coltura in universitá che, a seguito del provvedimento di liberalizzazione indiscriminata dell'accesso a chiunque abbia un diploma di scuola secondaria, sono diventate veri ghetti di emarginazione per giovani che non trovano sbocco professionale". (VIOLENZA SOCIALE E VIOLENZA POLITICA NELL'ITALIA DEGLI ANNI 70 - GIANNI STATERA F. ANGELI EDITORE.

"La violenza in italia - Nel centro-nord ma in parte anche nel Meridione, la non occupazione dei nostri giovani ormai tutti intellettuali, favorisce l'immigrazione di colore nel nostro paese. Questo tipo di forza- lavoro, infatti, si presta, anzi é costretta ad accettare salari da fame e mansioni che sono poco gradite ai giovani disoccupati italiani. Piccoli imprenditori, ristoranti, negozi vari, ecc. possono cosí, da un canto, ridurre il costo del lavoro al di sotto di qualsiasi minimo previsto dalla legge o dagli usi locali, e, dall'altro, far svolgere alla mano d'opera di colore, una funzione calmieratrice sul mercato del lavoro.
Il supersfruttamento a cui sono sottoposti questi lavoratori stranieri (in Italia si stima siano presenti ben cinquecentomila operai di colore stipendiati) é uno degli strumenti attraverso cui il sistema capitalistico centrale contrasta la caduta tendenziale del saggio di profitto.
Il fenomeno é cosí esteso che persino nelle prigioni, alle mansioni piú umili e ingrate, cominciano ad essere addetti i detenuti di colore. Rientra in questo quadro, anche se per angolazioni e motivi leggermente diversi, la massiccia presenza di personale domestico di colore (soprattutto donne) nelle case-bene. Tutto ció, in futuro, é probabile che determini contraddizioni non indifferenti nel sistema socio-politico italiano.
" (GIULIO SALIERNO - LA VIOLENZA IN ITALIA - MONDADORI)

Andiamo a percorrere i mesi, mese per mese

dove oltre quanto accennato, troviamo il terrorismo che compie un salto drammatico con le prime esecuzioni di importanti magistrati. Poi troviamo il terremoto politico dentro le file del PSI con i ribelli "quarantenni" riuniti al Midas di Roma, e il terremoto dentro la segreteria della DC con un Moro messo all'angolo.

Infine il terremoto vero in Friuli, e il disastro ecologico a Seveso,

 

1 GENNAIO - Le prime inquietanti notizie dell'anno arrivano in Italia dall'America. Il New York Times, e il Washington Post, rivelano, pubblicando alcuni rapporti parlamentari, che la CIA ha finanziato con 6 milioni di dollari la corrente di destra di ANDREOTTI in funzione anticomunista. Finanziamenti anche a DONAT CATTIN e a VITO SCALIA sempre della corrente di destra del sindacato CISL, dove, quest'ultimo, già nello scorso settembre era stato sospeso, accusato di frazionismo. Naturalmente dopo le inquietanti notizie i tre interessati smentiscono e ne sono scandalizzati.

7 GENNAIO - Alla riapertura delle Camere, MORO non avendo più l'appoggio dei PSI non può far altro che salire al Quirinale e rassegnare le dimissioni del suo governo nelle mani del presidente della Repubblica.
GIOVANNI LEONE dopo alcune consultazioni richiama il 13 gennaio nuovamente Moro per riaffidargli  l'incarico. Il 12 febbraio prossimo (vedi) Moro risalirà il Colle per presentare quello che viene ricordato come il governo Moro V, come il suo ultimo governo.

14 GENNAIO - Esce nelle edicole il quotidiano "La Repubblica" ( Vedi Marzo)

17-18-19 GENNAIO - Brutto risveglio per tre giorni degli operatori finanziari di Milano e con un pensiero fisso:   "cosa succederà questa mattina all'apertura della Borsa".
La lira perde paurosamente terreno sul dollaro e il 20 gennaio si tocca il fondo, ci vogliono 720 lire per un dollaro, i salvataggi si sciolgono come neve al sole, e alla fine per correre ai ripari si chiude il mercato dei cambi.
Riaperta la Borsa, il  17 marzo altra sofferenza, e un altro pauroso deprezzamento: per un dollaro  occorrono  880 lire.
In aprile altra stangata questa volta ancora sulla Borsa: l'indice MIB scende  a cifre irrisorie, a 37,75. L'inflazione corre al 18% sul totale, ma l'aumento dei prezzi sui consumi reali anche di prima necessità toccano  il 22%, alcuni  il 25%, e il costo del denaro supera il 30%, ma senza solidissime garanzie le banche non concedono nulla. 
Le finanziarie clandestine, gli strozzini, i cravattari, prosperano e fanno affari d'oro;  chiedere  il 50% di interesse è secondo loro verà onestà, ed é come fare della beneficienza. (visto che le banche chiedono il 30).

C'è poi la corsa al bene rifugio per eccellenza: all' ORO. Nel 1970  a 1000 lire al grammo, quest'anno si tocca le 5.000 lire, nel 1980 raggiungerà le 10.000; cioè in dieci anni un costante aumento e con il prezzo decuplicato. Non molto diversamente il mattone, nel '70 un appartamento di 100 mq, in città si acquistava con 10 milioni, nel  '76 ne occorrono 35 di milioni e nel 1980 non basteranno 60 milioni.

18 GENNAIO - Dopo la fuga dal carcere di Casale Monferrato lo scorso febbraio, fatto evadere da un commando delle BR,  RENATO CURCIO  é catturato a Milano, in un piccolo appartamento di via Maderno, al quarto piano. Non si è arreso subito, attraverso la porta ancora chiusa del covo dove è stato scoperto, Curcio ha immediatamente aperto il fuoco con un mitra. I carabinieri hanno replicato con sventagliate. Si é sfiorata la strage. Di striscio sia Curcio che una carabiniere sono stati colpiti dalle pallottole. Cinque minuti di conflitto a fuoco con cento bossoli rinvenuti poi sul posto, e alla fine Curcio ha gridato con la voce incrinata che si arrendeva. Ha preferito il carcere a una morte certa. Del resto tutto l'isolato e le rampe delle scale attorno al piccolo appartamento era stato circondato, la fuga era senza scampo.

Giampaolo Pansa sul Corriere, sopra, si chiede "Questo arresto, nella cronaca di questi giorni amari, ha un posto di valore quasi zero. Perchè dedicare parole, fatica e colonne di piombo a un fatto che scompare di fronte alle paure di  questa domenica d'inverno; inverno di crisi, con un governo assente, i partiti incerti, le fabbriche che chiudono, e una Milano gonfia di migliaia di drammi individuali e assediata da ben altri nemici che non un gruppetto di giovanotti illusi?... Verrebbe voglia di non scrivere nulla, Curcio libero o in manette non significa nulla nella nostra vita collettiva. Ma alle radici del non voler scrivere nulla c'è qualcosa, e questo qualcosa assomiglia ad un sentimento di cattiva coscienza. La cattiva coscienza che il personaggio Curcio - il "politico" non quello umano che non conosciamo e non vogliamo giudicare - é il risultato di una serie  di errori di cui tutti, in forme diverse, siamo stati complici lungo questi anni..... Il primo è stato l'errore del '68, nel non capire una stagione che rimarrà nella storia civile....".

18 GENNAIO - Nella stessa giornata di questa fredda domenica d'inverno, nel Duomo di Milano si vive un evento che ha turbato le coscienze del mondo cattolico. C'è la "preghiera di riparazione", "l'invocazione al ravvedimento delle colpevoli".
Dal cardinale Colombo  l'invito a "chiedere perdono e misericordia" rivolto a quelle giovani donne che  la sera prima  hanno invaso il tempio e occupato le navate della cattedrale  milanese.
Le "colpevoli"  sono del gruppo delle femministe milanesi  che hanno occupato il duomo per "protestare contro l'atteggiamento dei vescovi  sulla questione della sessualità, sull'aborto, e sul  concetto  di peccato su cui poggia da sempre l'etica sessuale  del cattolicesimo".

30 GENNAIO - La Corte di cassazione ha deciso: ULTIMO TANGO A PARIGI di Bertolucci va al rogo. Nessuna copia del film può circolare nel Paese. Definitivamente il film è condannato alla massima pena.
Come atto di disobbedienza civile  il 7 febbraio nella sede del partito radicale a Roma, viene proiettato il film con una pellicola a passo ridotto, ma appena iniziata la proiezione il commissario in persona ha sequestrato la "pizza" per destinarla al rogo. Come prescrive la legge.

31 GENNAIO - Nelle segreterie politiche invece si ballano per tutto il mese molti più osceni tanghi e valzer che continueranno per quasi tutto il mese di febbraio che segue.........

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I "Tanghi osceni" oltre quelli di Bertolucci così definiti dai bigotti bacchettoni e mandati al rogo,  sono tanti  nella politica di questi mesi.

Gli abbracci e i rapporti sconci in "pista" fra ex traditori, traditori dell'ultima ora, più i potenziali traditori, fra i capi correnti ipocriti e subdoli non si contano.
Al posto del burro di Marlon Brando usano il vetriolo negli intrighi per farsi l'un l'altro.  Continueranno fino al voto di fiducia, che sarà alla fine una fiducia che durerà solo qualche settimana. Voti del diavolo che se ne vanno in crusca.

Per raggiungere accordi, per formare uno dei governi più banali, assurdi e più stupidi degli ultimi  anni, si fanno 50 giorni di  riunioni, incontri, tentativi d'alleanze oscene e incestuose, per formare poi un governo che durerà non molto di più: 60 giorni. Poi si ricomincerà da capo.

Dentro la DC avvengono graditi incontri con i comunisti, ma anche sgraditi scontri fra i "parenti" più stretti o della stessa famiglia. Si fanno alleanze segrete, congiure e oscuri accordi  fra i vecchi e i nuovi  capi corrente, che ora sono tanti, agguerriti, e molto...ingrati con i loro ex padrini.

Con i socialisti, il dialogo DC ora è del tutto inesistente e qualche giro di danza l'infuriato e ribelle DE MARTINO preferisce farlo con BERLINGUER che sembra in un primo momento dare un aiuto al segretario socialista, che intende proporre incontri per studiare una strategia unitaria che isoli una buona volta la DC.
Le due forze insieme potrebbero arrivare a quest'intento, mandare la DC all'opposizione. Hanno quasi tutto a favore, gli scandali nella Dc, i risultati delle ultime elezioni, il terrorismo che seguita ad essere etichettato di destra e di Stato, e la crisi totale dovuta a suicide scelte dei governi DC.
Ma improvvisamente Berlinguer cambia atteggiamento, non vuole crisi di governo né lo scioglimento delle Camere che portano ad elezioni anticipate, come se fosse lui al governo. Le motivazioni che dà a chi chiede lumi, sono demagogiche e populiste, poi diventeranno servili.

BERLINGUER dall'Unità, e LAMA su La Stampa, accusano perfino a chiare lettere  DE MARTINO  di essere stato lui il responsabile della crisi. Insomma Berlinguer non voleva la caduta di MORO, e vuole ora che sia ancora MORO a guidare il governo, dandogli il suo appoggio virtuale per evitare elezioni anticipate. Elezioni che ipocritamente nessuno vuole, ma tutti remano per mandare gli italiani a votare sperando in una sorpresa che premia.

Esce dunque nel mezzo di queste dispute, il "pateracchio" governo "MORO V", che durerà quanto i giorni spesi per metterlo insieme e si andrà così ad elezioni anticipate, con il Paese al completo sfascio, senza una classe dirigente; neppure modesta. La fortuna per i politici fu quella che gli italiani avevano altro cui pensare, e se non ci fosse stato questo "altro" e la tanto criticata spinta individualistica, forse le file delle Brigate Rosse si sarebbero ingrossate e con ben altre ideologie.

L'atteggiamento di BERLINGUER è il più misterioso di tutto il panorama politico italiano di questi tempi. Quello misterioso e per quanto subdolo della DC é più comprensibile. La lotta interna  per isolare il filo-comunista Moro (da cui si teme chissà quale avventura bolscevica - lo pensa e lo dice il cardinale Siri) sta vivendo all'interno del partito "cattolico" dei momenti critici e traumatici e con il macigno del referendum sull'aborto che pesa sulle spalle. La Chiesa ha le sue ragioni per difenderlo, e la DC é sollecitata e quasi costretta  a difendere una legge fascista da un forte schieramento laico, socialista, comunista e in parte anche da una corrente di sinistra interna alla stessa DC.

Metà della DC (prima, in questo governo Moro, e anche subito dopo) vuole isolare lo schieramento di sinistra moroteo, e lo farà  il prossimo marzo al XIII congresso pur avendo Moro e Zaccagnini il 51,5% dei voti congressuali. Questa metà della DC ribelle che é poi lo schieramento di destra di Andreotti che ha il restante 48,5%.  pone una secca condizione alla risicata maggioranza: l'Aut Aut ai  progetti "rossi" di Moro; "...la maggioranza non potrà essere "aperta" ai comunisti, chi pretendesse il contrario, renderebbe insolvibile la crisi". (questo "insolvibile" non sappiamo cosa volesse dire, ne' spiega in che modo la DC gestirebbe la crisi).

Eppure, nel dopo elezioni, ad Andreotti farà poi comodo l'appoggio del PCI per trovare con il suo governo una via d'uscita con un negoziato sul programma economico, che poi è quello che sono capaci di fare tutti; promuovere un periodo di '"austerità" e fare l'aumento delle tariffe. E se si ha un alleato come Berlinguer, ascoltato dalle masse, le cose diventano ancora più facili. I lavoratori manderebbero giù i bocconi amari con la benedizione della sinistra.

Sembra incredibile eppure il capo della sinistra, con queste premesse, appoggia il Moro V. Poi caduto Moro miseramente, farà poco e nulla per incrementare i voti della sinistra alle prossime elezioni, ma anzi quasi aiuta la DC nel fare certi discorsi che leggeremo più avanti. E addirittura a elezioni avvenute  aiuterà  Andreotti (dandogli la non sfiducia).
Pur non contando nulla (dovrebbe averlo capito), proprio lui, Berlinguer, a gennaio si presta a lanciare agli italiani un "invito all'austerità... a evitare gli sprechi e i consumi individuali e a indirizzare le proprie risorse verso i consumi collettivi". ("ma cosa facciamo, buttiamo il salvagente della salvezza ai democristiani corrotti e incapaci che ora hanno l'acqua alla gola?" si chiesero molti comunisti in disaccordo con Berlinguer.)

Quest'invito verrà, si badi bene, dopo che il governo Andreotti (da lui appoggiato) ha varato (come vedremo in ottobre) dei provvedimenti penalizzanti nei confronti di tutti i lavoratori e  misure restrittive per le altre categorie: con gli aumenti delle tariffe,  il taglio a sette festività, e,  fiore all'occhiello: il congelamento degli stipendi, che penalizza il pubblico impiego ma  permette alle aziende private (aggirando i provvedimenti - che ingenuità dimostrarono i politici!) di pagare in nero.

All'"austerità" le famiglie italiane ci saranno dunque costrette non per invito di Berlinguer, ma perché la busta paga di ogni cittadino (e di riflesso  i profitti di ogni commerciante) ha perso il potere d'acquisto del 20/25% in un anno, simile ai quattro anni precedenti. Inoltre il cittadino non lo sa ancora, ma l'ha già intuito, ce ne sono davanti altri cinque anni, con un'altrettanta costante inflazione del 20% annuo.

Dieci anni dove non vedremo brillare di intelligenza  nessun politico. I migliori soggetti in questo periodo sono  gli italiani comuni, gli anonimi, spesso provinciali, ex contadini, ex artigiani, ex pescatori, ex negozianti, ex operai, e perfino con più acume alcuni analfabeti.

21 FEBBRAIO - Moro ha tessuto la sua tela, ha preso tempo, ha infine formato il suo quinto governo. Un monocolore che ottiene la fiducia alla Camera con 287 sì e 220 no fra cui il PCI, gli indipendenti di sinistra e... da notare...l' MSI.
60 sono le astensioni dentro il PSI, PRI, PLI.
Al Senato la fiducia Moro la ottiene il 25 febbraio con 141 sì e 113 no.

Nel governo Moro V, troviamo RUMOR agli esteri, FORLANI alla difesa, ANDREOTTI al bilancio e alla cassa del mezzogiorno, COLOMBO al tesoro, STAMMATI alle finanze, GULLOTTI ai lavori pubblici, MARCORA all'agricoltura, C.DONAT CATTIN all'industria, DE MITA al commercio estero, GIOIA alla marina, BISAGLIA alle partecipazioni, ecc. GUI era stato destinato agli interni ma scoppiato lo scandalo Lockheed il 17, a governo già formato, il ministero viene dato ad interim a Forlani, che però lo rifiuta. E' affidato all'ultimo momento a FRANCESCO COSSIGA.

27 FEBBRAIO - BERLINGUER parte per il congresso del PCUS. Nel suo discorso all'ombra del Cremlino nel sostenere l'importanza della libertà, nell'auspicare un sistema pluralistico e democratico, nello stabilire il clima di comprensione con gli avversari, nell'illustrare il progetto "eurocomunismo", Berlinguer, oltre a non essere con molto gradimento ascoltato (e capito) a Mosca, non convince neppure una parte della sinistra italiana.
Altre correnti di sinistra rifiutano il suo revisionismo. Altre ancora criticano quelle distanze che il segretario vorrebbe prendere dai sovietici. Infine dentro i vari gruppi estremistici da cui Berlinguer ha preso decisamente le distanze, i giudizi nei suoi confronti sono impietosi e infamanti.
Alcuni li ritroveremo poi dentro i comunicati delle BR al sequestro Moro, dove gli rimproverano di parlare di un PCI come "partito di lotte e... di governo" ma dimentica che le prime sono sempre state le parole d'ordine dei comunisti, compresa la lotta clandestina che ora lui rinnega. Mentre la seconda che ha aggiunto è un'oscena contraddizione, ma conferma di essere il servo dei democristiani  per condurre con loro l' attacco feroce alla classe operaia con la  sua "lurida democrazia consociativa al servizio della borghesia imperialista per annientare la resistenza proletaria e assumersi l'infame compito per la delazione, lo spionaggio, la schedatura poliziesca nelle fabbriche". (Comunicato BR n.3)

Uno dei misteri più grandi é indubbiamente come BERLINGUER abbia potuto colloquiare con ANDREOTTI,  con quale linea politica del suo partito appoggiare i sui governi, e seguitare a credere alla sua favola della "comprensione" (con Moro e senza Moro) fino al 1979 in cambio di cose miserevoli e.... di tanti tanti  fiaschi con le leggi concordate dentro quel progetto che doveva essere di "solidarietà nazionale", "nuovo modo di governare", "nuovi modelli di sviluppo"
(Basti ricordare la legge sulla riconversione industriale, la proroga alla cassa del Mezzogiorno, e la penalizzante politica dell'equo canone che colpì i poveracci (non certo i grandi proprietari) e bloccò tutta l'ediliza; poi per salvare capra e cavolo si varò il Piano edilizio decennale che nonostante 4.000 miliardi stanziati per 600.000 alloggi, allo scadere della legge nel 1984, ne erano stati costruiti 125.000, il resto tutto in "fumo" con la speculazione edilizia alle stelle.
Poi il fiasco della legge Basaglia (quella della chiusura dei manicomi)  e infine la legge che eliminava le mutue nazionali, che da' l'avvio a quell'elefantiaco decentramento con le 674 Unità sanitarie locali che moltiplicherà per 4 il costo dell'apparato amministrativo (politico clientelare) della sanità pubblica a scapito delle strutture e delle attrezzature.

  Andreotti è di destra. Di destra vera, infatti a fine anno (il 21 dicembre)  17 deputati e 8 senatori si staccano dall' MSI (che non ha votato la fiducia ad Andreotti)  e danno vita a Democrazia nazionale per appoggiare il suo governo. Poi confluiranno dentro la stessa DC e  assorbiti, guarda un po',  proprio dalla corrente di...ANDREOTTI. Più destra di così!

a1976g.jpg (21398 byte) (A metà pagina la voce di ALDO MORO )

Nell'immagine, uno dei primi numeri di La Repubblica, il nuovo quotidiano diretto da EUGENIO SCALFARI, già dentro la grande fucina del Mondo, poi in questi ultimi anni in quella dell'Espresso, il settimanale più venduto  in Italia.
Dato quindi per scontato le capacità del team professionale dell'azienda e la collaudata  redazione piena di celebri firme del giornalismo italiano che garantiscono fin dall'inizio il successo, la novità del nuovo quotidiano è rappresentata - e si differenzia così dagli altri  - per il formato tabloit. In breve diventa subito il quotidiano a diffusione nazionale che insidia subito il primato al Corriere della Sera.

EUGENIO SCALFARI  definì i suoi collaboratori una "struttura d'opinione" per spiegare che cosa è questo gruppo, al tempo stesso giornalistico, politico, culturale, editoriale. E quasi senza proporselo, quasi senza saperlo, insieme riuscirono ad aggregare l'opinione pubblica "liberal" del paese.
Questa "struttura d'opinione",  con il Mondo prima, con l'Espresso poi,  e infine con Repubblica, sono stati se non gli esclusivi, certo i più significativi interpreti.

14 MARZO - Appare sulla scena della notorietà imprenditoriale  CARLO DE BENEDETTI.
Cedendo alla Fiat una sua azienda, la Gilardini,  del gruppo torinese De Benedetti ne diventa amministratore delegato. L'immediata e dirompente sua politica aziendale in via Marconi trova prima l'ostilità della vecchia guardia dirigenziale, poi l'incomprensione degli stessi Agnelli, e infine, richiamato a operare con la consolidata filosofia aziendale De Benedetti và allo scontro con la proprietà. Le divergenze di vedute  diventano grandi, la situazione insanabile, e dopo soli sei mesi, il 25 agosto di questo stesso anno, rassegna le dimissioni dalla prestigiosa poltrona. In seguito lo stesso problema nascerà anche con GHIDELLA che, pur essendo stato il protagonista del rilancio della Fiat Auto, entrerà in contrasto con le linee strategiche generali dell'azienda, nel 1988 darà le dimissioni e al vertice salirà CESARE ROMITI fino al 1998 ).

14 MARZO - Ben altre incomprensioni dentro il PSDI: al suo congresso a Firenze, dopo lo scandalo Lockheed dove ormai appare coinvolto il segretario del partito, MARIO TANASSI viene contestato duramente, perde la sua carica e il 26 lo sostituisce il redivivo GIUSEPPE SARAGAT .

15 MARZO - Varata il 14 aprile dello scorso anno, la legge 103 ("riforma della Rai") sottrae al governo il servizio pubblico dell'informazione radio-televisiva, ed é affidato al controllo del Parlamento. Questo per garantire pluralismo, obiettività e completezza nell'informazione, ha provveduto alla spartizione delle due reti televisive e le tre della Radio fra i maggiori (!) partiti.

In televisione va dunque in onda  il TG1 della DC con direttore EMILIO ROSSI e il TG2 del PSI con direttore ANDREA BARBATO. Alla radio nel GR1  troviamo SERGIO ZAVOLI socialista; nel GR2 il democristiano GUSTAVO SELVA, e nel GR3 MARIO PINZAUTI del PSDI. -
Lo stile dei conduttori pur nell'area della maggioranza è quella di confezionare dei notiziari in forte contrapposizione l'un l'altro. Una palese partigianeria che  più che informare fa solo spesso sorridere gli spettatori. E' in atto quella che viene definita "lottizzazione" e più che al pluralismo si assiste alle reciproche accuse e a molte faziosità. E' l'inizio del teatrino della politica, che diventa sui teleschermi,  politica virtuale, spettacoli fuori dalla realtà quotidiana. Il politichese astruso, astratto e prolisso conosce la sua migliore stagione. Una Olimpiade permanente della dialettica.

17 MARZO - Dopo quanto accaduto il 18-19-20 gennaio (vedi) con il dollaro a 720 lire e con la chiusura dei cambi, dopo la riapertura, in questi giorni un altro tracollo: per acquistare un dollaro occorrono 880 lire.
Le importazioni diventate ora costose subiscono un tracollo, si verifica una rarefazione nei prodotti mentre è in atto (un relativo benessere esiste) una forte domanda interna. Ad approfittare sono anche i produttori nazionali che senza un giustificato motivo si scatenano con dei forti rialzi speculativi.

MORO é al governo da nemmeno un mese,  e non sa come affrontare questa situzione d'emergenza con i suoi colleghi democristiani; chiede aiuto (consultazioni) a BERLINGUER, di parlare ai lavoratori, far digerire un periodo di "austerità" e   invitarli a consumare meno.
Tutti indistintamente hanno un 20% già decurtato dall'inflazione, e ora su indicazione di un partito che é all'opposizione (fra l'altro di sinistra) ricevono questi osceni appelli, che sono poi zattere di salvataggio di una classe dirigente al potere, incapace.

Per alcuni storici l'avere accettate queste "consultazioni" ed essersi prestato a questo "gioco"  (che ripeterà nel governo Andreotti) è uno dei più gravi errori commessi da Berlinguer, i più gravi di un politico nel corso dell'intera storia degli anni del dopoguerra.
Qualcuno ha anche scritto che per potersi prestare a queste sceneggiate, un politico o ha una pistola puntata alla schiena o c'e da chiedersi se sia un vero "politico". La politica degli ultimi tre anni di Berlinguer  é un buco nero per chi vuole indagare o approfondire il suo comportamento; si viene risucchiati nel "nulla".
Soarez in Portogallo che sta guardando l'Italia è molto chiaro: "Non voglio che il Portogallo diventi un'altra Italia, i socialisti respingono questi equivoci dei comunisti italiani e l'attendismo delle forze che sono a destra. Non vogliamo essere dei subordinati".

18 MARZO - Quello che abbiamo già anticipato in apertura anno come un terremoto dentro le file della DC, avviene in questi giorni di Marzo. MORO è al governo da pochi giorni con uno stuolo di ministri, tutti democristiani ma variegati come correnti, ci sono le nere (Andreotti e C.), le rosse (Moro e C.) e le  bianche con tutte la varie sfumature di grigio. Tutte insoddisfatte. Ma é il momento dei conti, e si fanno ora al XIII congresso a Roma, dove l'ordine sotto i banchi e nei corridoi  è quello di isolare la corrente di sinistra di Moro, e a costo di sacrificare poltrone ministeriali che qualcuno ha già ottenuto, farlo dimettere dal governo.

E' una seduta drammatica.   ZACCAGNINI (moroteo quindi di sinistra)  che già lo scorso luglio al Consiglio Naz. era diventato segretario non all'unanimità (92, contro 72 schede bianche, 11 astenuti), al congresso conserva a malapena la poltrona di segretario con il 51,5% dei voti, mentre il 48,5 della destra gli vota contro (Andreotti, Fanfani, Forlani e C.) ma stranamente comanda.
Dura e forte contrapposizione quindi   verso il gruppo di sinistra capeggiato da Moro e dallo stesso Zaccagnini.

Le due forze ora si equivalgono e si combattono. L'insofferenza è reciproca e porta  ad ulteriori lacerazioni. RUMOR poi è nei guai per lo scandalo Lochkeed e la sua potente corrente più che delle lacerazioni (e ne sono già avvenute tante in passato) ha prodotto negli ultimi tempi un nido di serpi.  Gia in crisi, e con il suo nome sulle prime pagine dei giornali per lo "scandalo", é  scaricato, entra nel limbo politico, non lo vedremo più in nessun governo, lui che ne aveva guidati cinque.

Arriviamo ora a MORO e al suo destino. Fra pochi giorni (il 30 aprile) darà le dimissioni dal governo. Nel dopo  elezioni e nel nuovo governo formato da ANDREOTTI, i suoi ex colleghi non gli offrono nemmeno un dicastero. Anzi premono per isolarlo. Il 14 ottobre gli offriranno la carica che politicamente non conta nulla: quella di presidente della DC. Ma riceve anche qui l'ultimo "schiaffo". Al voto pur vincente, i presenti sono pochi e le schede bianche sono moltissime,  e  Moro rifiuta sdegnato la carica.

Lo sentiamo dalle sue stesse parole

Moro President

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MORO é a un passo dall'uscir di scena dalla politica italiana per sempre. Altro a quel punto non poteva fare, salvo passare all'opposizione come ha sempre minacciato fin dal XI° congresso del 1969, quando ci fu la prima grande rottura del gruppo doroteo con RUMOR, ANDREOTTI, COLOMBO, che appoggiati dai fanfaniani e da un piccolo gruppo di destra (il 2,9%) guidato da OSCAR LUIGI SCALFARO, senza neppure interpellarlo, misero PICCOLI segretario. Un giorno quello, che Moro ha sempre amaramente ricordato in privato, come un grosso sgarbo, un tradimento. E passò all'opposizione. Naturalmente da allora iniziarono le inimicizie.
(di quella seduta ne ascoltiamo un passo significativo registrata quel giorno nel salone del Congresso)


Moro all'opposizione

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  Ora nell'impasse del suo - inaspettato - rifiuto alla presidenza, il partito dei "congiurati" deve rivedere la  strategia dell'esautorazione; in prima fila tutta l'ala destra di Andreotti, Fanfani, Forlani e C.
Tensione nelle riunioni e infine arriva  l'ordine di votarlo all'unanimità, e lasciargli così  l'illusione di conservare un piccolo frammento di potere dentro il partito (che conterà zero quando verrà rapito dalle BR).
ANDREOTTI, Moro non lo vuole defenestrato del tutto, Moro é un buon interlocutore con i comunisti, e i comunisti di Berlinguer ora fanno e faranno comodo ai suoi governi. Fino al 1979! Vedremo in seguito perchè fin dalle sue prime mosse, appena Andreotti si insedierà a Palazzo Chigi.
Del resto anche quelle correnti democristiane che sono più avverse al PCI e non nutrono nessuna simpatia per Moro, sanno che solo Moro ha la credibilità per trattare con i comunisti, e lui solo può garantire l'unità del partito. E' insomma, utile e non ci si può permettere di mandarlo a casa. Vale dunque la pena metterlo alla presidenza con il voto "voluto" e "regalato" con supponenza dalle varie scuderie.

30 MARZO - A complicare alcuni rapporti dentro la stessa maggioranza del governo Moro, c'è il voto per approvare o respingere la legge sull'aborto. Nella DC molti avvertono che nello schieramento a favore dell'abolizione della vecchia legge c'è tutto il fronte laico, i socialisti e i comunisti, ma anche una parte della stessa DC, bisogna dunque guardarsi anche alle proprie spalle.

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