ANNI 1600

I PICCOLI STATI ITALIANI NEL 1600

LUCCA: LA LEGGE MARTINIANA ; CONGIURA DI BERNARDINO ANTELNINELLI -- IL DUCATO DI PARMA E DI PIACENZA: CONGIURA CONTRO OTTAVIO FARNESE; ALESSANDRO E RANUCCIO 1 FARNESE ; CONGIURA CONTRO RANUCEIO II ; ODOARDO FARNESE E LA SUA GUERRA CONTRO LA SPAGNA; RANUCCIO II E FRANCESCO FARNESE - I GONZAGA: GUGLIELMO; VINCENZO I; FRANCESCO III; FERDINANDO, VINCENZO II; CARLO II; FERDINANDO CARLO. - II DUCATO D'URBINO: GOVERNO DI GUIDOBALDO FELTRIO; FRANCESCO MARIA II; IL DUCATO PASSA NELLE MANI DELLA CHIESA - IL DUCATO ESTENSE: GOVERNO DI ALFONSO II; CESARE D' ESTE; FERRARA SOTTO LA SANTA SEDE; GLI ESTENSI A MODENA E A REGGIO - LA REPUBBLICA DI NOLI

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LA REPUBBLICA LUCCHESE


Di pochissima importanza, per ciò che riguarda l'azione esercitata nella storia italiana, sono le vicende degli Stati minori d'Italia durante la seconda metà del Cinquecento e tutto il secolo successivo. 
I principali di questi Stati minori sono: la repubblica di LUCCA, il ducato di PARMA e PIACENZA, il ducato di MANTOVA, il ducato di URBINO e il ducato estense a FERRARA
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LUCCA è governata dal partito aristocratico. Nel 1556 MARTINO BERNARDINI muta anzi il governo in oligarchico con la riforma conosciuta sotto il nome di legge martiniana. Con questa legge si escludono dalle magistrature gli abitanti del contado e i nati da padre forestiero, eccettuati tra quelli che già godono di tal diritto e tra questi tutti gli iscritti alla cittadinanza originaria. Altre due leggi vengono più tardi fatte a complemento della martiniana: con la prima  si proibiscono i matrimoni (detti indecenti) contratti dai nobili con fanciulle non nobili della città e quelli (detti turpi) dei nobili con donne del popolo o del contado.

L'avvenimento più importante della storia lucchese nel periodo di cui ci occupiamo fu la congiura di BERNARDINO ANTELMINELLI nella quale ebbe una connivenza  FERDINANDO I dei MEDICI. Questa Casa, come altrove abbiamo detto, volentieri avrebbe occupato con la forza la città ma se ne era astenuta per timore di complicazioni internazionali; non cessò però mai di intrigare per venirne in possesso con altri mezzi, come ci fanno fede l'occupazione del Monte di Gragno per opera dei BARCHIGIANI istigati da Cosimo I, la congiura di PIETRO BUZZOLINI, creatura del medesimo granduca, e quella di LAMBERTO LAMBERTIi, che si era accordato con Francesco I per dargli in mano la rocca di Pontito.
L'Antelminelli si vantava discendente di Castruccio Castracani. Cittadino ambizioso e molesto alla repubblica, aveva subìto processi e condanne; allo scopo di rialzare la potenza della sua famiglia, nel 1596 promise al granduca di consegnargli la città a patto che gli venissero poi assegnate le rendite dell'Altopascio (ventiquattromila scudi annui) e restituiti Montemaggiori, Vegghialoia, Argentiera ed altri castelli posseduti dai suoi antenati.

La congiura fu scoperta, 1'Antelminelli e i figli vennero arrestati e sottomessi a processo da cui risultò la parte avuta dai Medici. Ferdinando I protestò energicamente presso la repubblica e chiese che i prigionieri fossero esaminati dal Papa; ma Lucca si rifiutò e condannò a morte Bernardino e i figli Arrigo, Scipione e Lelio. L'altro figlio Alessandro riuscì a sfuggire alla condanna e, messosi al servizio dei Medici, fu eletto nel 1618 da Cosimo II residente per la Toscana a Londra, nel quale ufficio fu poi posto da Ferdinando II anche il suo figlio Giovanni.

IL DUCATO DI PARMA E PIACENZA

Duca di Parma e Piacenza era OTTAVIO FARNESE al principio della seconda metà del Cinquecento. La seconda città, che era stata strappata alla sua casa quando era stato assassinato Pier Luigi, gli fu restituita nel 1556. Nel 1559 sua moglie Margherita d'Austria andò ad assumere il governo delle Fiandre in sostituzione di Emanuele Filiberto di Savoia. Nel 1582 si tentò di togliere di mezzo il duca, ma la congiura fallì e Giammaria Scotti e Giambattista Anguissola creduti rei, furono condannati a morte. Il 18 gennaio del 1586 cessò di vivere la duchessa Margherita, che era ritornata dalle Fiandre nel 1567, e alcuni mesi dopo, il 5 settembre, la seguiva nel sepolcro Ottavio Farnese.

A lui successe il figlio ALESSANDRO, grande capitano che allora si trovava nei Paesi Bassi al servizio di Filippo II. Non avendogli questi permesso di ritornare in Italia, Alessandro affidò il governo del ducato al figlio RANUCCIO, il quale lo tenne fino al 1593. Morto in quest'anno il padre, cinse la corona ducale e venne nominato Gonfaloniere perpetuo della Chiesa. Sette anni dopo sposò MARGHERITA ALDOBRANDINI, nipote di Clemente VIII, che lo rese padre di un figlio, il quale come il nonno ebbe il nome di ALESSANDRO.

Due congiure furono tramate contro Ranuccio Farnese. Principale autore della prima fu il figlio naturale OTTAVIO, che, venuto in discordia con il padre, tentò insieme con altri di togliergli una parte dei domini. Scoperto, venne chiuso in carcere, dove languì per ben ventun anni e morì di peste all'età di quarantacinque.
Molto più grave fu la congiura del 1611. Il 9 giugno di questo anno veniva arrestato il conte ALFONSO SANVITALI insieme ad Onofrio Martani e ad Oliviero Olivieri come reo dell'assassinio di sua moglie Silvia Visdomini. Dalle deposizioni di un soldato fatte, al processo contro costoro risultò che gli accusati tramavano segretamente con altri; si fecero delle indagini e si venne a scoprire che una grande congiura era stata ordita da tempo con lo scopo di sopprimere l'intera famiglia dei Farnese.
La congiura doveva essere messa in atto a Fontevivo, nella chiesa del convento dei Cappuccini, in occasione del battesimo di un figlio del duca. Autori di essa erano Girolamo, Gianfrancesco e Alfonso Sanvitali, Barbara Sanseverini e il marito conte Orazio Simonetta, il conte Pio Torello, il conte Giambattista Masi, Bartolomeo Ravelnovi, Oliviero Olivieri, ed Onofrio Martani, che era riuscito a corrompere il presidio militare di Parma. Complici erano il DUCA di MANTOVA, che aveva offerto denari; e i MALASPINA che avevano radunato a Lucca e in Romagna un buon numero di avventurieri. Dopo il processo i primi dieci congiurati furono giustiziati nella piazza di Parma il 19 maggio del 1612.
Poco mancò che alla congiura non seguisse una guerra tra i Gonzaga e i Farnesi, perchè il duca di Mantova, accusato di complicità nella trama, minacciò di prendere le armi insieme con il duca di Modena. Ma il Pontefice, i re di Spagna e di Francia, i Veneziani, il granduca di Toscana, Carlo Emanuele I di Savoia e il duca d' Urbino si posero in mezzo e il conflitto fu scongiurato.

Ranuccio Farnese cessò di vivere dieci anni dopo, il 5 marzo del 1662, e i sudditi che lo amavano per il suo ottimo governo ne piansero sinceramente la morte.
Gli successe il figlio Odoardo, che per la sua età rimase sotto la tutela della madre fino al 1628, fino a quando cioè uscì dalla minore età sposando Margherita de' Medici, figlia di Cosimo II di Toscana.
Odoardo Farnese era ambiziosissimo e intendeva  emulare le imprese guerresche dell'avo. Volendo la Spagna rimettere il presidio a Piacenza, decise di scendere in campo contro di essa, rifiutò le insegne del Toson d'Oro e il grado di Ammiraglio e mosse addirittura contro il ducato di Milano, ma ritirò le truppe dalla Lombardia quando il Richelieu lo persuase che nessuno lo avrebbe aiutato nell' impresa.

Però nel 1635, quando la Francia si fece promotrice di una coalizione contro la casa d'Absburgo, Odoardo Farnese partecipò alla lega e il 5 di settembre, con cinquemila fanti, mille cavalli e alcuni pezzi d'artiglieria e molti guastatori, marciò nuovamente contro il ducato di Milano. A Pontecurone gli Spagnoli, comandati da don Gaspare Azevedo, vollero contrastargli il passo, ma furono sbaragliati e l'Azevedo ucciso; quindi Odoardo andò a raggiungere i Piemontesi e i Francesi che assediavano Valenza.
Fu un assedio infelice per le rivalità sorte tra il duca di Savoia e il maresciallo Crequì e per le numerose diserzioni dei Parmigiani. Un tentativo di sloggiare gli Spagnoli da Frascarolo fallì; Valenza riuscì a ricevere aiuto di uomini e munizioni e l'assedio, dopo cinquanta giorni dovette esser rimosso. Per il Farnese il risultato fu che il suo piccolo esercito in gran parte si sbandò, proprio quando egli ne aveva maggior bisogno, perchè mentre era assente Spagnoli e Modenesi si erano alleati e invadevano il ducato di Parma e Piacenza  mettendolo a ferro e a fuoco.

Odoardo Farnese si era recato a Parigi per protestare contro l'agire del Crequì e sollecitare l' invio di altri soldati; qualche tempo dopo, avendo i suoi alleati attirate le forze spagnole a Tornavento, dove fu combattuta una sanguinosa battaglia, riuscì a  ritornare nel suo ducato, che era  già stato abbandonato dal nemico, ma per ritornare ancora più minaccioso di li a poco ponendo l'assedio anche a Piacenza.

Privo dell'aiuto degli alleati, che erano impegnati altrove, e nell' impossibilità di sostenersi da solo, il Farnese credette opportuno venire ad un accordo con il nemico. Fu convenuto che il duca, staccandosi dalla Francia, tornasse in amicizia con la Spagna, che non stringesse per l'avvenire alleanza con altri Stati ai danni del re cattolico; e che licenziasse le truppe straniere che erano a suo servizio. In cambio, il governatore di Milano ritirava le sue milizie dal ducato e restituiva i luoghi occupati.
Così finiva per Odoardo quella guerra con la quale egli sperava di acquistarsi gloria ed accrescere i suoi domini; anzi il suo Stato ne aveva sentite le conseguenze nefaste.
 Avrebbe potuto il Farnese sanare le piaghe del ducato con una politica saggia di economie invece, amante del lusso e dei piaceri, gravò i sudditi di esosi balzelli e contrasse rovinosi debiti, che per pagarli non bastavano le rendite del ducato di Castro, che venne sequestrato per ordine di Urbano VIII. Questo fatto fu causa di una guerra tra i Farnesi e il Pontefice, di cui faremo parola in altra parte di questa storia.

Odoardo passò a migliore vita 1' 11 settembre del 1646 e gli successe al trono, all'età di sedici anni, il figlio Ranuccio II, che regnò ben quarantotto anni, durante i quali il governo, per l' indolenza del duca ad occuparsi di cose di governo, rimase alla mercé di avidi favoriti che ridussero il ducato in deplorevoli condizioni e in una loro quasi esclusiva proprietà.
Salito al trono nel 1694 il figlio Francesco, Parma e Piacenza respirarono, perché il nuovo duca abolì le pazze spese del padre, licenziò gli inutili cortigiani e dedicò tutte le sue cure ad alleviare i mali dei suoi Stati, riassestando le finanze e iniziando grandi lavori di utilità pubblica.


I GONZAGA

Nel 1550 moriva senza prole FRANCESCO II GONZAGA e gli succedeva sul trono di Mantova il fratello GUGLIELMO. Il suo regno durò fino al 1587 e in questi trentasette anni il duca si conservò la stima e l'affetto dei sudditi per la sua saggia amministrazione e per la sua vita semplice in cui gli fu buona compagna, religiosa e altrettanto modesta la moglie ELEONORA, figlia di Ferdinando I d'Austria.

Completamente diverso dal padre fu invece il figlio VINCENZO I, pieno d'ingegno e amante dell'arte, ma prodigo e libertino, il quale passava il tempo fra le feste, gli spettacoli, il lusso, le gozzoviglie e gli amori illeciti. Era nato nel 1562; a diciannove anni aveva sposato Margherita Farnese, sorella di Ranuccio I, ma l'aveva ripudiata poco dopo sotto pretesto di sterilità, sposando nel 1584 Eleonora de' Medici, figlia di Francesco I. 
Quando successe al padre contava venticinque anni. La nuova condizione di duca non lo fece rinsavire; egli continuò la vita disordinata e dispendiosa di prima, non curandosi del malcontento dei sudditi che gravava di balzelli. Male vissero sotto di lui i Monferrini perchè il duca spese somme enormi per la costruzione della fortezza di Casale né si commosse alle lagnanze della popolazione che non poteva sopportare i numerosi pesi imposti dall'amministrazione ducale. Nel 1600, è vero, egli ordinò al maestrato di Casale di compilare un bilancio proponendo tutte le economie possibili, ma di queste non accettò che alcune, di modo che nessuno dei sudditi quando venne a mancare ne pianse la morte.

Gli successe il figlio FRANCESCO III, che nel febbraio del 1608 aveva sposata MARGHERITA di SAVOIA, figlia di Carlo Emanuele I, bella, intelligente, colta, la quale tenne corte splendida e seppe così imporsi al marito da sostituirsi a lui negli affari di Stato. Dal suo matrimonio non nacque che una bambina, MARIA, perciò, quando nel dicembre del 1612 Francesco III venne a morte la corona passò sul capo del fratello FERDINANDO.
Questo fatto fu causa di una guerra tra i Gonzaga e Carlo Emanuele I, il quale, mirando a far suo il Monferrato, sosteneva che la corona di Mantova spettava alla nipote Maria. Di questa guerra, che finì nel giugno del 1613 con la pace di Asti, avremo occasione di parlarne in altra parte di questi riassunti.

Ferdinando regnò dal 1612 al 1626. Quattro anni prima della sua morte la sorella del duca, Eleonora, andò sposa all'Imperatore di Germania Ferdinando II. Essendo il duca senza figli, gli successe il fratello VINCENZO, che cessò di vivere l'anno dopo. Con lui si spegneva la linea diretta dei Gonzaga. La successione spettava di diritto al ramo collaterale trapiantatosi in Francia, rappresentato da CARLO di NEVERS. A lui l'aveva lasciato, infatti, per testamento Vincenzo II e poco prima di morire, e per toglier di mezzo le pretese del duca di Savoia, aveva data in sposa la nipote Maria a Carlo di Rethel, figlio di Carlo di Nevers (24 dicembre del 1627).

Rinacquero perciò le contese tra Mantova e Torino, alle quali attivamente parteciparono la Spagna, che sosteneva Carlo Emanuele di Savoia, e la Francia che sosteneva i diritti del nuovo duca di Mantova Carlo II. Anche di questa guerra (del Monferrato) che ebbe termine coi trattati di Mirafiori e di Cherasco, parleremo in seguito, nei corrispondenti periodi .

Col trattato dei Pirenei, stipulato tra la Francia e la Spagna, Carlo II fu privato di  una parte del Monferrato, che venne assegnata al duca di Savoia. Carlo II, protestò energicamente alla dieta di Ratisbona del 1659, e l'Imperatore Leopoldo, per compensarlo della perdita, gli concesse l'investitura dei contadi di Suzzara e Reggiolo, appartenenti ai Gonzaga di Guastalla.
Ne nacque una lunga contesa tra la casa di Mantova e quella di Guastaila che si  trascinò fino al 1670. Finalmente le due famiglie vennero ad un accordo per mezzo di un matrimonio tra Anna Isabella, primogenita di Ferdinando III di Guastalla, e il nuovo duca di Mantova Ferdinando Carlo.
 I preliminari furono stabiliti il 12 agosto del 1670, i patti, ottenuta l'approvazione imperiale, vennero ratificati il 26 dicembre dello stesso anno, il 7 aprile del 1671 vennero celebrate le nozze, che valsero, rafforzando i vincoli di parentela, a stabilire rapporti cordialissimi tra le due case principesche.


IL DUCATO DI URBINO

Gli ultimi duchi di Urbino furono GUIDOBALDO II FELTRIO e FRANCESCO MARIA DELLA ROVERE.
 Guidobaldo era famoso per le sue qualità di eccellente capitano, tanto che la repubblica di Venezia lo nominò Governatore generale delle milizie di terraferma; nel 1546 Giulio III gli conferì il titolo di Capitano generale della Chiesa; nel 1553 Paolo IV gli diede la prefettura di Roma e l'incarico di difendere il Borgo nella guerra dei Caraffa;  e Filippo II di Spagna lo insignì dell'Ordine del Toson d' Oro e gli affidò il comando supremo delle sue milizie d'Italia.

Fu anche ottimo uomo di governo; volendo che la giustizia fosse sollecita ed eguale per tutti modificò gli statuti locali in ciò che riguardava gli ordinamenti giudiziari; emanò disposizioni severe per proteggere i poveri dalle prepotenze dei ricchi ; rivolse le sue cure al mantenimento della sicurezza pubblica con leggi sul porto delle armi e con la sorveglianza delle campagne; favorì le industrie e le arti, acquistandosi con tutte le sue azioni una seconda fama, quello di principe giusto e liberale.

Fin dall'inizio del suo governo egli cercò di diminuire le gabelle pubbliche, ma ogni anno il bilancio dello Stato si chiudeva con un deficit rilevante, malgrado le economie introdotte alla corte, e crescevano i debiti contratti per sopperire alle spese.
Per riparare al dissesto finanziario non c'era, altro mezzo che quello di procurar nuove entrate allo Stato e ciò non poteva ottenersi che in due modi, aumentando cioè le imposte esistenti o creandone delle nuove. Guidobaldo preferì il primo e, chiestane l'autorizzazione a Gregorio XIII, aumentò in misura non grave i tributi.
Tuttavia questo provvedimento provocò un malcontento generale, e parve più grave ad Urbino per le tristi condizioni economiche in cui la città e il territorio versavano, mentre fu poco sentito a Pesaro e a Senigallia che godevano una certa agiatezza.
Nel dicembre del 1572 gli Urbinati mandarono a Pesaro, dove risiedeva Guidobaldo, una numerosa deputazione per pregare il duca non solo di togliere l'aumento, ma di alleggerire la misura delle vecchie imposte; il duca però trattò male gli oratori e questo fatto indispettì gli Urbinati, tanto più che si disse che stava preparando un esercito da mandare contro la città.
Il malcontento allora degenerò in aperta ribellione; ambasciatori furono inviati al Pontefice perché, come signore feudale del ducato, facesse rispettare le condizioni dell' investitura le quali vietavano ai duchi di aumentare la tasse; ma Gregorio XIII, che aveva acconsentito all'aumento, impose agli Urbinati di accettare le tasse e i cittadini, avendo compreso che vano sarebbe stato competere con il duca, deposto ogni proposito di resistenza, gli mandarono a chiedere scusa.

Guidobaldo avrebbe potuto guadagnarsi l'amicizia di questi sudditi mostrandosi clemente come consigliava il figlio Francesco Maria; invece, temendo che il fatto potesse ripetersi, volle dare una severa lezione: bloccò la città, tenne in prigione alcuni dei legati, fece condannare a morte trentacinque caporioni, emanò un bando contro i profughi, tolse le franchigie comunali e gli uffici ducali, vietò le riunioni pubbliche e private, procedette ad arresti e fece costruire una fortezza per dominare la città.

Guidobaldo morì in Pesaro nel settembre del 1574 e gli succedette il figlio FRANCESCO MARIA II. Salito al trono, volle cancellare la triste impressione che nell'animo degli Urbinati aveva lasciato il padre: licenziò i ministri che avevano consigliato a Guidobaldo le misure violente, richiamò gli esuli, diminuì le tasse e distrusse la fortezza; quindi per riparare alle dissestate finanze inaugurò un sistema di economie nell'amministrazione dei beni feudali e patrimoniali, che diede buoni risultati.

Amato dai sudditi, sarebbe stato un principe felice se non fosse stato afflitto da sventure domestiche: l'unico suo figlio FEDERICO UBALDO avuto da Livia della Rovere, sposata in seconde nozze, giovane dedito alle dissolutezze, morì assassinato nel 1625, forse per istigazione dei Medici che vollero vendicare l'oltraggio fatto alla loro parente Claudia, che lui aveva sposato.
Federico lasciava una figlia, VITTORIA; era destinata quindi ad estinguersi con Francesco Maria la dinastia. Il pensiero dell'estinzione della propria famiglia amareggiava l'animo del vecchio duca; si aggiunse che il Pontefice, per timore che parte del ducato cadesse nelle mani dell' imperatore che vi vantava diritti, costrinse Francesco Maria II prima a dichiarare che dalla Santa Sede lui e i suoi antenati avevano ricevuto il ducato, poi a cederne il governo alla curia di Roma.

Francesco Maria cessò di vivere nel 1631. Ferdinando II di Toscana era fidanzato di Vittoria della Rovere, che - ultima discendente- doveva portargli in dote il ducato di Urbino. Il Pontefice per impedire che il ducato cadesse in altre mani se ne impadronì e fece preparativi di guerra; altrettanto fece il granduca e sarebbe scoppiato un grave conflitto se, per l' intromissione della Spagna, i due contendenti non fossero venuti ad un accordo. La Santa Sede concedeva a Vittoria dei privilegi sui beni allodiali, si obbligava a pagarle centomila scudi e a consegnarle i cannoni delle fortezze e lasciava infine tali e quali i feudi secondari di largizione dei duchi.

IL DUCATO ESTENSE

Regnava sul ducato di Ferrara, di Modena e Reggio ALFONSO II, successo al padre Ercole II nel 1559. Sebbene si fosse sposato tre volte, il duca non aveva avuto neppure un figlio; alla sua morte quindi il ducato doveva passare nelle mani di don CESARE d' ESTE figlio d'un amore illegittimo di Alfonso I e marito di Virginia de' Medici, figlia di Cosimo I e di Camilla Martelli.

Alfonso II avrebbe preferito invece che gli succedesse FILIPPO d' ESTE, marchese di S. Martino, di un ramo bastardo degli Estensi, nato nel 1537 da don Sigismondo d' Este e da Giustina Triulzio. Egli godeva l'appoggio della Spagna e dei duchi di Savoia nel 1569 infatti era entrato al servizio di Emanuele Filiberto e nel 1585 Carlo Emanuele, recandosi in Spagna per sposare Caterina, lo aveva nominato luogotenente generale dei suoi Stati.
Date le potenti protezioni che Filippo vantava non era certo difficile che l' investitura di Ferrara (Modena e Reggio erano feudo imperiale) passasse al marchese di S. Martino, tanto più che egli era parente dei nipoti di Gregorio XIV, il quale, essendo favorevole ai disegni di Alfonso II, gli aveva fatto sapere che lo avrebbe visto volentieri a Roma per discutere con lui della faccenda.

Alfonso si recò a Roma nell'agosto del 1591, ma aveva già mutato disegno circa la successione ed ora mirava a farla cadere su don CESARE. Sapendo però che il Pontefice si sarebbe rifiutato, chiese il rinnovo dell' investitura di Ferrara tacendo però il nome del successore; ma le sue intenzioni non erano rimaste segrete e la sua domanda venne respinta dal concistoro e il Papa pubblicò una bolla che proibiva l'alienazione dei beni ecclesiastici.

Alfonso II venne a morte, sei anni dopo,  il 27 ottobre del 1597, preceduto nel sepolcro da Gregorio XIV e da don Filippo d'Este. Prima di morire però aveva nominato suo successore don Cesare d'Este ed aveva ottenuto che in suo favore l' imperatore confermasse l'investitura di Modena e Reggio.
Cinta la corona ducale, don Cesare ne diede l'annunzia a Roma, ma Clemente VIII non volle riconoscere la successione, lanciò la scomunica sul duca e, forte degli aiuti offertigli da Enrico IV, gli dichiarò guerra.
Don Cesare non era uomo da sostenere con le armi i suoi diritti né da sfruttare in suo favore la politica di Venezia e della Toscana, che non vedevano di buon occhio l' allargamento dello Stato della Chiesa. Non amato dai sudditi e tradito dagli stessi familiari, abbandonò Ferrara e, seguito da molte famiglie nobili, si ritirò nei suoi domini di Modena e Reggio, dove visse fino al 1628. Dopo di lui regnarono Francesco I, Alfonso IV, Francesco II e Rinaldo, ma nessuna parte essi ebbero negli avvenimenti italiani del secolo XVII.

Ferrara passò così sotto il diretto dominio della Chiesa; Clemente VIII vi fece il suo ingresso nel maggio del 1598; per cattivarsi l'affetto dei sudditi distribuì onori e dignità, restituì in parte gli antichi privilegi e istituì un Consiglio cui affidò la nomina dei giudici e del podestà e la vigilanza sui fiumi e sull'annona. I Ferraresi, cui il dispotismo di Alfonso II aveva reso odioso il dominio degli Estensi, si rallegrarono del cambiamento, ma ben presto dovettero accorgersi che i nuovi padroni non erano migliori ma peggio degli antichi.

Questi Stati minori d'Italia che abbiamo passati in rassegna, non erano i soli. Vi erano le due repubblichette di S. Marino e di Noli, i numerosi feudi imperiali sparsi nella Lunigiana e nella Liguria, le signorie di Guastalla, Sabbioneta e Castiglione appartenenti ai Gonzaga, quelle di Piombino degli Appiani, di Monaco dei Grimaldi, di Massa e Carrara dei Cibo, della Mirandola dei Pico, staterelli tutti di nessuna importanza, le cui oscure vicende la grande storia italiana (salvo quelle locali) ha poco interesse di raccogliere o registrare. 
Fra tutti merita però di essere ricordata la REPUBBLICA DI NOLI. Sorta nel secolo XII che seppe saggiamente governarsi per 700 anni, sotto la direzione di tre Consigli e del Magistrato degli Otto; seppe essere immune dalle rivalità delle famiglie che per più secoli dilaniarono la vicina Genova, e sotto il cui protettorato visse e rimase tranquilla fino al 1672, anno in cui punì con estrema severità alcuni suoi cittadini che tramavano di consegnare la repubblica ai duchi di Savoia. 
Questa congiura fu l'unico avvenimento importante di Noli che continuò ad esser libera per altri centoventicinque anni, cioè fino a quando, meno fortunata della consorella S. MARINO (nata e governata quasi allo stesso modo), fu travolta dalle armi del Bonaparte quando l'intero territorio ritornò -dopo l'impero Romano- a chiamarsi Li

Abbiamo sopra accennato a piccoli stati e piccole congiure,
ma i grandi stati nello stesso periodo non mancavano,
soprattutto contro i dominatori spagnoli nell'arco di ottanta anni.
Facciamo qui i prossimi due riassunti-sintesi...

PERIODO ANNI dal 1605 al 1700 - Il Papato nel Secolo XVII > >

PERIODO ANNI dal 1608 al 1685 - Gli ultimi Medici - La resa di Genova > >



Mentre dopo tratteremo il periodo che va dal  1623 al 1680 > >
(
Lotte, congiure, rivoluzioni contro gli Spagnoli)

Fonti, citazioni, e testi
PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - Nerbini
L.A. MURATORI - Annali d'Italia

STORIA MONDIALE CAMBRIDGE - (i 33 vol.) Garzanti 
UTET - CRONOLOGIA UNIVERSALE
STORIA UNIVERSALE (i 20 vol.) Vallardi
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi
 
+ VARIE OPERE DELLA BIBLIOTECA DELL'AUTORE 
 

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