AVIAZIONE

IL BARONE ROSSO

MANFRED
von RICHTHOFEN

 

L'ex ufficiale della cavalleria tedesca
che durante la Guerra 15-18, pilotando i rudimentali
"caccia" di quel tempo, dominò il cielo con memorabili duelli aerei

 

 

 

 

UN MITO DELL'AVIAZIONE

di ENRICO BUTTERI ROLANDI
Si dice spesso che i militari, specie quelli di alto grado, sono conservatori. E' vero. Il 24 giugno del 1914, quando le rivoltellate di Serajevo diedero fuoco all'Europa, negli Stati Maggiori era ancora molto diffusa l'immagine ottocentesca di una guerra in cui la figura principale restava il fante, con il suo fucile, la sua baionetta e il suo impetuoso ardimento. Peraltro la Grande Guerra, con la varietà di situazioni in cui fu combattuta, vide la nascita di molte novità: la sempre più diffusa motorizzazione delle truppe, l'uso di gas e delle relative difese passive, la comparsa dei mezzi corazzati (che permisero di spezzare la stasi della guerra di trincea) non sono che alcune delle tappe di una modernizzazione della guerra, più imposta dai fatti che teorizzata dai generali, e che si sarebbe completata poi nel conflitto civile di Spagna e nella Seconda Guerra Mondiale.

La Guerra Aerea, o guerra nei cieli, invece semplicemente non esisteva, né poteva esistere, sia per mancanza di precedenti storici (salvo alcune sporadiche missioni aeree nella guerra italo turca del 1911), sia perché non esisteva il concetto stesso di un terzo scenario bellico, da affiancare a quello terrestre e a quello marittimo, nonostante l'aeroplano fosse ormai, in campo civile, una realtà: si pensi che nel 1909 Bleriot trasvolava la Manica e che in quello stesso anno il raduno aviatori di Reims (22-29 agosto) fu la prima competizione sportiva nei cieli, o che nel 1913 già si volava per la prima Coppa Schneider. 

Con la Grande Guerra possiamo dire che la guerra aerea nasce imposta dai fatti, contro qualsiasi conservatorismo e scetticismo. E con la guerra aerea nasce un tipo di eroe combattente assolutamente nuovo, il pilota, ardimentoso solitario che fa la guerra tra le nuvole e l'azzurro su. Ma inizialmente il pilota non fu concepito come combattente: Infatti all'Aviazione veniva normalmente assegnata una funzione ricognitiva: gli aerei dovevano tenere sotto controllo le basi nemiche, controllare l'ubicazione e gli spostamenti delle truppe, fornire insomma tutta una serie di informazioni che sarebbero poi servite per un più efficace impiego delle forze terrestri e navali. 
Non si credeva che essi potessero avere un ruolo più incisivo, tuttavia, già dopo un anno di guerra, lo scetticismo relativo all'utilità degli aerei venne superato ed essi cominciarono ad essere impiegati anche in sporadiche azioni di bombardamento. Il cielo dell'Europa, fino a poco tempo prima completamente libero, cominciò a popolarsi di macchine volanti e gli incontri tra velivoli nemici divennero sempre più frequenti. Ciò rese necessario armare gli aerei e determinò il verificarsi di veri e propri duelli tra i piloti. L'obiettivo era quello di liberare lo spazio aereo dal nemico per consentire ai ricognitori di svolgere il proprio compito.

I piloti erano persone audaci, che spesso entravano a far parte dell'aviazione senza neppure avere mai visto un aereo e, nella maggior parte dei casi, entravano in azione, con la possibilità di dover subito affrontare il nemico, dopo una preparazione di poche decine di ore di volo, potendo contare su mezzi poco efficienti, poco equipaggiati e certamente poco sicuri (si verificarono addirittura diversi casi di congelamento). I piloti più bravi venivano chiamati, con un termine di origine francese, "assi" e tra loro il più noto è certamente il barone Manfred von Richthofen, conosciuto da tutti come il "Barone Rosso".

Il Barone Manfred von Richthofen nacque a Breslau, città della Slesia sul fiume Odra, il 2 Maggio 1892. La sua famiglia era molto facoltosa ed il padre, militare di professione, decise che il giovane Manfred avrebbe dovuto seguire la stessa strada. Così, dopo aver ricevuto fino a nove anni un'istruzione privata nella città di Kleinburg, dove si era trasferito con la propria famiglia, frequentata per un anno la scuola di Schweidnitz, egli divenne cadetto presso l'Accademia Militare di Wahlstatt. Tuttavia il giovane cadetto non era del tutto felice della scelta che gli era stata imposta dal padre e faticava a rispettare la disciplina militare. Amava molto gli sport ed eccelleva in molti di essi; in particolare, adorava i cavalli e partecipò a diversi concorsi ippici vincendo vari premi.

Nel 1911, terminata l'Accademia Militare, Richthofen entrò nell'esercito scegliendo uno dei corpi più gloriosi ed esclusivi, quello della cavalleria, ignaro di ciò che il destino aveva in serbo per lui, e nell'autunno 1912 divenne ufficiale. Il Tenente Richthofen, appartenente al I Reggimento "Uhlans" della cavalleria, trascorreva serenamente il suo tempo insieme agli altri rampolli dell'aristocrazia prussiana che avevano scelto la carriera militare fino a che incominciarono a farsi insistenti le voci relative ad un imminente conflitto. In realtà, Manfred e gli ufficiali suoi amici non credevano che davvero sarebbe scoppiata una guerra, ma la situazione precipitò in fretta. 

Allo scoppio del conflitto, molti soldati tedeschi furono inviati alle frontiere e Richthofen fu impegnato nei pressi della frontiera con la Russia, dove tuttavia non partecipò mai ad un vero e proprio scontro in campo aperto con i Cosacchi. Poco tempo dopo egli fu inviato in Belgio e in Francia, dove, con il suo reggimento, fece parte delle truppe d'invasione tedesche. Anche qui, tuttavia, Manfred non partecipò ad importanti azioni di guerra; anzi, quando tra il 21 e 22 Agosto 1914 gli fu affidata la missione di scovare con altri quindici cavalieri i nemici che occupavano la foresta nei pressi di Virton, egli cadde in un'imboscata e dovette fuggire precipitosamente.

La Prima Guerra Mondiale presentava delle caratteristiche nuove rispetto alle guerre che l'avevano preceduta. Al posto degli scontri in campo aperto che avevano caratterizzato le battaglie delle epoche passate, si assisteva ora ad una logorante guerra di trincea che, naturalmente, non poteva che limitare l'utilità e l'impiego della cavalleria. Così, uno dei più importanti corpi dell'esercito vide progressivamente ridursi il proprio ruolo e fu sostituito dai nuovi mezzi a disposizione delle nazioni belligeranti. Richthofen, bloccato con il suo reggimento a Verdun, trascorse diversi mesi nell'inattività, in attesa che gli fosse assegnata qualche missione.

Esasperato dalla situazione, ansioso di avere un ruolo attivo ed importante nella guerra, scrisse una lettera al Comando Generale in cui, lamentandosi, diceva di non essersi arruolato nell'esercito semplicemente per raccogliere e trasportare cibarie, ma con un intento ben diverso. A causa di quelle parole irose, alla fine del Maggio 1915 il giovane Manfred fu trasferito al servizio della Fliegertruppe, l'aviazione tedesca.

Il giorno dopo il suo trasferimento Richthofen incominciò subito l'addestramento come osservatore compiendo i primi voli. L'osservatore prendeva posizione in un abitacolo situato alle spalle del pilota e aveva il compito di avvistare gli eventuali nemici provenienti dal cielo e di controllare gli spostamenti delle truppe a terra mentre il pilota si occupava della guida del velivolo. All'osservatore spettava anche il compito di sparare con una mitragliatrice raffreddata ad aria, con munizionamento a tamburo o a nastro, rivolta verso la coda dell'aereo. Le difficoltà legate alla posizione dell'arma e al fatto che essa dovesse essere usata da una persona diversa dal pilota rendevano questi aerei biposto poco efficaci negli scontri aerei, per cui essi venivano normalmente impiegati solo in missioni di ricognizione.

Il primo volo di Richthofen fu piuttosto traumatico, infatti il rumore, il vento ed il freddo erano quasi insopportabili. Tuttavia, nonostante questi inconvenienti, egli fu entusiasta della nuova esperienza. Nel Giugno 1915 fu mandato sul fronte Russo per aggregarsi al celebrato 69° Squadrone e qui volò, sempre in qualità di osservatore, prima con il Tenente Zeumer e poi con il Conte Holck fino alla fine di Agosto, quando fu inviato nel nord del Belgio. Qui Manfred ritrovò Zeumer con il quale nuovamente volò come osservatore e il 1° Settembre 1915 ebbe il suo primo incontro con un aereo nemico.

Poco dopo il giovane tedesco fu inviato nuovamente in Francia e qui, nell'Ottobre 1915, incontrò il Tenente Oswald Boelcke, il cui nome figurava spesso nei bollettini di guerra. Manfred gli chiese come avesse potuto raggiungere una simile notorietà come pilota ed egli rispose sorridendo che, come ogni pilota da caccia, volava vicino al nemico, prendeva bene la mira, sparava e l'avversario precipitava. Ciò che Boelcke intendeva dire con la sua risposta ironica era che per raggiungere la notorietà era necessario diventare un pilota di caccia e affrontare il nemico da solo.

Richthofen, desideroso di dimostrare la sua abilità e spinto dall'ambizione, decise di diventare pilota da combattimento e, dopo solo venticinque ore di addestramento, il 10 Ottobre 1915 volò per la prima volta da solo. Tuttavia, l'esito della prova non fu del tutto positivo poiché egli si schiantò durante l'atterraggio, comunque senza riportare danni fisici. Quindici giorni dopo sostenne senza successo l'esame per diventare pilota, ma non si scoraggiò e riprese l'addestramento nei pressi di Berlino, riuscendo a superare l'esame alla fine di Dicembre. Fu assegnato al Secondo Squadrone, nei pressi di Verdun, e fece svariati voli affiancato da un osservatore, cominciando a dare prova della propria abilità come aviatore. Il 30 Aprile 1916 lo raggiunse la notizia della morte del suo vecchio compagno, il Conte Holck. Poco tempo dopo Richthofen riuscì finalmente a coronare il suo sogno, quello di volare da solo a bordo di un monoposto Fokker.

Il Fokker era un aereo fortemente innovativo, il primo a montare un dispositivo sincronizzatore. Questo faceva in modo che la mitragliatrice, montata sulla fusoliera davanti al pilota e fissa, sparasse soltanto quando la linea di tiro non era ostruita dalla pala dell'aereo. Tutto ciò garantì all'inizio della guerra una netta supremazia aerea ai Tedeschi.
Il primo monoposto venne assegnato a Richthofen in comune con un altro pilota che però non fece più ritorno da una missione, mentre un altro aereo venne distrutto da Manfred durante il decollo. 

Nel Giugno 1916, egli fu nuovamente mandato in Russia, dove venne impiegato in azioni di bombardamento allo scopo di arrecare ai Russi il maggior disturbo possibile intralciandoli. Nell'Agosto di quello stesso anno, Boelcke, ormai famosissimo per le sue imprese e decorato con "l'Orden Pour le Mérite" , fece occasionalmente visita allo squadrone del quale faceva parte Richthofen e prima di andarsene, intuendo le sue grandi qualità, gli chiese se era disposto a seguirlo in Francia, nel dipartimento della Somme. A Manfred piaceva il lavoro svolto in Russia, ma il carisma del grande Boelcke, il desiderio di partecipare a vere battaglie aeree e l'ambizione ebbero il sopravvento ed egli decise di partire.
Manfred e gli altri piloti dello squadrone "Jasta 2" volavano in una formazione guidata da Boelcke, che veniva da tutti i suoi uomini considerato una specie di superuomo, alla ricerca del nemico per ingaggiare battaglia e, finalmente, il giorno tanto atteso dal giovane aviatore arrivò. 

Il 17 Settembre 1916 uno squadrone inglese fu avvistato e, durante la battaglia che ne seguì, Richthofen abbatté il suo primo aereo nemico. Per tutto il mese successivo le battaglie aeree si susseguirono con una frequenza giornaliera e i piloti tedeschi continuarono a riportare importanti vittorie agli ordini di quello che ai loro occhi stava diventando una vera e propria divinità. Tuttavia, il 18 Ottobre 1916 accadde l'imprevedibile: Boelcke morì in un incidente aereo a causa di una collisione. La morte di colui che Richthofen considerava non solo un maestro, ma anche un amico, lo colpì profondamente, ma egli non si perse d'animo e continuò a svolgere il suo lavoro come Boelcke gli aveva insegnato, abbattendo il 9 Novembre 1916 il suo ottavo aereo nemico e ricevendo la sua prima onorificenza. 

Il 23 Novembre 1916 Manfred dimostrò di essere veramente uno dei migliori piloti delle forze aeree tedesche abbattendo l'asso dell'aviazione inglese, il Maggiore Lanoe Hawker. Per celebrare la grande impresa egli decise di ornare l'ingresso del proprio alloggio con la mitragliatrice che era a bordo dell'aereo di quella che era la sua undicesima vittima.

Dopo aver abbattuto il suo sedicesimo aereo nemico il 4 Gennaio 1917, Richthofen divenne il miglior pilota da combattimento tedesco di tutti i tempi e ottenne la promozione a Capitano. Il suo entusiasmo venne tuttavia frenato dalla notizia del trasferimento dallo squadrone di Boelcke, in quanto gli sarebbe stato assegnato il comando dell'Undicesimo Squadrone, lo "Jagdstaffel 11" o "Jasta 11". La malinconia venne però spazzata via due giorni dopo col conferimento dell' "Orden Pour le Mérite", la più alta onorificenza tedesca, che a Boelcke era stata assegnata quando aveva abbattuto il suo ottavo aereo nemico.
Orgoglioso dei risultati raggiunti, Manfred voleva che tutti in volo si rendessero conto di avere a che fare con lui e che tutti lo riconoscessero. Proprio per questo decise di dipingere il suo Fokker di rosso, un colore che lo rendeva facilmente visibile e riconoscibile e che, al tempo stesso, era il colore che contraddistingueva il suo vecchio reggimento di cavalleria. 

A conferma del successo della sua iniziativa, gli avversari incominciarono ad identificare i suo aereo con l'appellativo "le Petit Rouge". Ben presto, anche gli altri aviatori della squadriglia Jasta 11, orgogliosi di essere comandati dal più grande pilota tedesco di tutti i tempi, iniziarono ad ornare con qualcosa di rosso i propri velivoli.
Verso la metà del Marzo 1917 Richthofen venne abbattuto per la prima volta, ma non riportò conseguenze fisiche e potè immediatamente tornare a combattere. Il 2 Aprile dello stesso anno egli abbatté il suo trentaduesimo aereo nemico iniziando in questo modo quello che successivamente venne chiamato dagli Alleati "l'Aprile di sangue". Durante questo mese infatti il pilota tedesco abbatté ventuno velivoli avversari e le forze inglesi, nella sola giornata del 6 Aprile, persero ben quarantaquattro aerei. Le forze aeree alleate avevano raggiunto il loro livello minimo di rendimento rischiando di essere totalmente cancellate, ma avrebbero presto rimediato a questa situazione grazie all'impiego di caccia di nuova generazione.

Ben presto, gli Alleati decisero di istituire una squadriglia che aveva specificamente il compito di abbattere l'aereo del Barone Rosso, che ormai aveva raggiunto una fama straordinaria anche tra i nemici. Gli aerei della squadriglia anti - Richthofen avevano la particolarità di essere dipinti di rosso, proprio per sottolineare la loro particolare missione, ma tutto ciò non riuscì tuttavia ad interrompere la straordinaria serie di successi di Richthofen. Il 29 Aprile il padre di Manfred fece visita ai suoi figli e potè vederli impegnati in una battaglia aerea. Anche il fratello di Manfred, Lothar, era infatti diventato aviatore nel Marzo 1917 ed era stato assegnato alla squadriglia Jasta 11, dimostrando in più occasioni di essere un buon pilota di caccia.

Dopo l'abbattimento del suo cinquantaduesimo aeroplano, Richthofen fu invitato al Quartier Generale dove il 2 Maggio 1917, giorno del suo venticinquesimo compleanno, avrebbe incontrato Sua Maestà il Kaiser Guglielmo II in persona visto che la sua fama in patria era ormai leggendaria. In questa occasione egli incontrò anche il Feldmaresciallo Paul von Hindenburg ed il Generale Erich Ludendorff, comandanti supremi dell'esercito tedesco. Durante la sua assenza il comando di Jasta 11 fu temporaneamente affidato al fratello Lothar.

Poco tempo dopo la fine di questo periodo di licenza, durante il quale il giovane asso dell'aviazione tedesca aveva fatto una tappa anche presso i genitori, gli fu assegnato il comando di una nuova squadriglia di caccia, la "Fighter Wing 1" o "JG1", composta dai più abili piloti della Fliegertruppe. Si Trattava di una formazione straordinaria. Richthofen volava ora alla guida di un agile triplano Fokker Dr. I, sempre dipinto di rosso, mentre gli altri piloti della squadriglia, seguendo l'esempio del proprio comandante, avevano colorato i propri velivoli nei modi più disparati. La caratteristica principale di questa squadriglia era costituita dal fatto che si trattava di una unità totalmente indipendente. Non aveva una sede fissa e faceva la sua comparsa ora nei pressi di Verdun, ora nei pressi di Arras, ora sulla Somme, ora sul fronte inglese. L'abilità degli uomini volanti che ne facevano parte, come Schafer e Voss, che già avevano fatto parte di Jasta 11, rendeva i combattimenti che la vedevano protagonista dei veri e propri spettacoli, offrendo la possibilità di assistere ad acrobazie che sembravano impossibili a tutti gli altri piloti. 

Proprio per queste sue eccezionali caratteristiche, la squadriglia di Manfred veniva chiamata dagli aviatori alleati "il Circo Volante di von Richthofen".
Nonostante l'abilità dei piloti tedeschi, i mezzi aerei degli alleati stavano migliorando nettamente dal punto di vista tecnico, grazie all'ingresso sulla scena di nuovi aerei da caccia quali il Sopwith Camel o gli Spad, che superavano in velocità ed in agilità i velivoli precedentemente impiegati. Soprattutto dal punto di vista numerico i mezzi a disposizione degli Alleati cominciavano a sopravanzare quelli a disposizione dei Tedeschi, tanto che alla fine della guerra i primi potevano contare su circa 8000 velivoli, i secondi soltanto su 3300.

Dopo un mese al comando di JG1, Manfred venne ferito durante uno scontro con il nemico e ciò suscitò molta preoccupazione nello Stato Maggiore tedesco. La notorietà del Barone Rosso era al suo apice; tra le immagini raffiguranti i migliori soldati tedeschi, che durante la Prima Guerra Mondiale ebbero in Germania un successo simile alle figurine dei calciatori dei nostri giorni, quella che rappresentava Richthofen era la più diffusa. Inoltre l'asso dell'aviazione era ben noto e temuto anche tra i nemici, per cui la sua morte avrebbe sicuramente prodotto un doppio risultato negativo: da un lato, sarebbe stata un ottimo strumento di propaganda per gli alleati e avrebbe alzato lo spirito delle loro truppe, dall'altro lato, sarebbe stata un colpo tremendo per il morale dei soldati tedeschi, già provato dall'andamento della guerra. Per questo, il Governo tedesco decise di vietare a Manfred di volare ancora contro il nemico, a meno che ciò non fosse strettamente necessario.

I voli del Barone Rosso si ridussero dal punto di vista numerico ma non cessarono, vista la sua indole e le sue caratteristiche di straordinario combattente. Egli ricorse spesso alla scusa della sua indispensabile presenza al fianco dei compagni per partecipare alle battaglie aeree contro i nemici. Il 21 Aprile 1918, durante uno di questi scontri, il Barone Rosso vide il giovane pilota australiano Wilfrid "Wop" May in difficoltà e decise di inseguirlo con il suo triplano Fokker per abbatterlo. May era alle prese con la sua prima battaglia aerea e la sua inesperienza era messa in risalto dalla sua guida impacciata. Egli cercava di sfuggire all'implacabile Barone Rosso zigzagando con il suo Sopwith Camel sulla Somme, ma il pilota tedesco non gli concedeva tregua. Mentre May sembrava ormai spacciato, intervenne in suo aiuto il pilota canadese Arthur "Roy" Brown che, giunto alle spalle di Richthofen, aprì il fuoco. Superando il Fokker tedesco, egli lo vide continuare la sua corsa verso le linee degli Alleati ancora per un minuto e successivamente schiantarsi a terra. Non sembrava che l'aereo avesse riportato danni così gravi da determinarne la caduta, ma il Barone Rosso giaceva privo di vita.

L'abbattimento dell'asso tedesco venne attribuito al Capitano Brown, ma con ogni probabilità ad ucciderlo fu un colpo sparato dalla contraerea australiana, dal Sergente Popkin o dall'artigliere Robert Buie. Così, quando ancora non aveva compiuto 26 anni, si concludeva a Vaux sur Somme la straordinaria avventura del più grande pilota da combattimento di tutti i tempi, l'uomo che durante la Prima Guerra Mondiale, quando l'aviazione era ancora in una fase poco più che sperimentale, riuscì ad abbattere 80 aerei nemici prima di capitolare. Destinato a prendere il suo posto alla guida dello squadrone sarebbe stato un altro giovane pilota, Hermann Wihlelm Goring, che pochi decenni dopo sarebbe diventato tristemente famoso come uno dei più stretti collaboratori di Adolf Hitler.

Il corpo del Barone Manfred von Richthofen venne recuperato dagli alleati e ad esso gli Australiani tributarono un funerale militare con ogni onore. Dopo la fine della guerra, le spoglie del Barone Rosso furono riesumate e vennero nuovamente sepolte con una grande cerimonia a Berlino.

di ENRICO BUTTERI ROLANDI
Bibliografia
The Red Battle Flyer, di Manfred von Richthofen, traduzione dal tedesco all'inglese di J. Ellis Barker
The Aeroplane, 1918 (versione reperibile nel Sito Internet www.Richthofen.com ).
Io sono il Barone Rosso, di Manfred von Richthofen - Longanesi, Milano 1975.
Storia dell'Aviazione, di AA.VV. - Fratelli Fabbri Editori, Milano 1977.
20° Secolo. Storia del Mondo Contemporaneo, di AA.VV. - Mondadori, Milano 1978.


Ringraziamo per l'articolo
(concesso gratuitamente a Storiologia) 
il direttore Gianola di
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