AVIAZIONE

ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE

IL CONCORSO DELL'AVIAZIONE NELL'OFFENSIVA DELL'AGOSTO 1917



Alla grande azione offensiva estiva presero parte l'Aviazione e la Marina.
"Dall'alba di ieri - diceva il bollettino di guerra del 19 agosto - le nostre batterie battono con violenza le posizioni avversarie dal Monte Nero al mare. Squadriglie di velivoli ed aeronavi fulminano ammassamenti di truppe sul rovescio delle linee nemiche".
Il bollettino del 21 agosto annunciava che "…alla battaglia hanno instancabilmente concorso 208 nostri aeroplani attaccando ripetutamente con bombe e mitragliatrici le truppe avversarie ammassate dietro le prime linee. II 20, l'impiego degli apparecchi era stato più largo: 261 nostri velivoli avevano volato sul campo di battaglia, fulminando il nemico tra Belo e Comeno e sulle falde orientali dell'Hermada e rovesciando cinque tonnellate di alto esplosivo sul nodo ferroviario di Tarvis.
Padroni del cielo, i nostri aviatori non diedero tregua al nemico, bombardandone e mitragliandone i baraccamenti e le colonne in marcia, regolando il tiro delle nostre artiglierie, cercando magazzini, provocando incendi, disturbando il traffico delle retrovie avversarie, abbassandosi audacemente fino a 200 metri per colpire le fanterie nemiche".
Il Comando Supremo segnalò sempre nei suoi bollettini l'attività veramente efficace delle forze aeree che il 24 parteciparono all'azione con 233 apparecchi, il 25 e il 26 rendevano difficile il ripiegamento austriaco; il 28 mettevano in azione 246 aeroplani e con una squadriglia di 40 Caproni bombardarono le batterie nemiche del bosco di Panovizza.
Anche la partecipazione della Marina fu efficace: Doveva collaborare con l'esercito in due modi, con un'operazione di sbarco alle spalle delle linee nemiche dell'estrema sinistra e col bombardamento dal mare delle posizioni austriache. L'azione di sbarco, richiesta dal Comando del XIII Corpo d'Armata e preparata dal contrammiraglio MARZOLO, comandante militare marittimo della zona ad est di Porto Lignano, doveva essere compiuta da nuclei di "arditi" della Marina e da tre battaglioni di fanteria, che, scortati da vicino da Mas e protetti da lontano da cacciatorpediniere ed esploratori, dovevano sbarcare a Sistiana con artiglierie ed altri mezzi di guerra. Ma lo sbarco, forse per gli scarsi risultati dati dall'offensiva nostra nella zona dell'Hermada, non fu effettuato.
Il bombardamento però da parte di artiglierie della Marina ci fu e con risultati abbastanza efficaci. Non solo presero parte all'azione batterie fisse e natanti in posizione fra Punta Sdobba e Masenette, ma anche grossi monitori, appositamente apprestati, quali il Faa di Bruno, Alfredo Cappellini, Monfalcone, Carso, Cucco, Vodice, armati di pezzi da 381 e da 305 e da altre artiglierie di vario calibro. Ai nostri si unirono i monitors inglesi "Picton" e "Peterborough".
"Dal 18 al 24 agosto -così il bollettino- i monitori fulminarono con i proiettili dei loro pezzi gli obiettivi designati. Protetti da Mas, da torpediniere e da reti metalliche, batterono la quota 279, le doline a tergo dell'Hermada, i nodi ferroviari di Sistiana e di Nabresina e la zona industriale di Trieste. I calibri minori spararono in complesso 7000 colpi, concorrendo alla conquista delle posizioni nemiche fra l'altopiano carsico e il mare".
"Gli idrovolanti della Marina bombardarono ripetutamente ed efficacemente gli impianti militari presso Parenzo e P. Salvore. Nella notte sul 20, da parte del personale della Marina, che già aveva eseguito nella notte del 15 un efficace bombardamento sulle opere dell'isola Brioni, fu fatta altra azione contro gli hangars e magazzini di Parenzo sui quali furono lanciate oltre 20 bombe, provocando esplosioni ed incendi".


GLI "ASSI" ITALIANI - L'INCURSIONE SU CATTARO
Durante l'offensiva d'agosto e nei due mesi successivi, l'attività dell'Aviazione fu intensa. Il 3 settembre gli aviatori italiani portarono a termine un ardita incursione su Pola, che il giorno seguente così riferiva un comunicato del Quartiere Generale:
"La scorsa notte i nostri Caproni ritornarono con un'audace incursione aerea sulle opere militari e marittime di Pola. Trenta nostri apparecchi da bombardamento sono partiti dalle loro sedi tra le 22 e la mezzanotte favoriti da una luna splendida che rischiarava loro il cammino e soprattutto inargentava, rendendole chiaramente visibili, le coste dell'Istria. Durante il viaggio i Caproni furono protetti da un cielo serenissimo, ma ostacolati da alcune correnti di vento che rendevano difficile la rapida marcia verso l'obiettivo. Tuttavia ogni ostacolo fu superato e alla distanza di cinque minuti l'uno dall'altro i nostri apparecchi giunsero su Pola e sganciarono bombe, indugiando sugli obiettivi per circa dieci minuti ciascuno. Si può così dire che nella zona di Pola l'allarme durò per due ore consecutive. I velivoli sganciarono complessivamente, tra la mezzanotte e le due, nove tonnellate di esplosivi, parte dei quali colpirono gli obiettivi: l'arsenale, il deposito di nafta e forse alcune delle navi ancorate nel porto. Vi furono degli aviatori che, tornati al campo, raccontarono di aver visto assai nettamente le navi della flotta austriaca ai loro ancoraggi. Si ignora se le bombe gettate sulle navi riuscirono a produrre gli effetti desiderati, ma è presumibile che qualche danno si sia verificato anche nella flotta".
"Invece sulle sedi di batterie antiaeree, sulle concentrazioni dei sommergibili e sulle altre opere militari gli effetti delle bombe furono visibili: vasto incendio si vide levarsi nei dintorni della città e questo incendio durò a lungo con le fiamme rossastre che nella notte si distinguevano a molta distanza da Pola, e anche dopo che i Caproni, terminata l'opera loro, si erano allontanati. Altri incendi minori furono notati qua e là in varie località della zona. Però una grande resistenza oppose il nemico specialmente per opera degli idrovolanti e delle batterie antiaeree. Il fuoco di queste fu assai più vivo delle altre volte, gli shrapneds formavano nell'aria dei vari concentramenti di scoppi all'altezza da due a tremila metri in modo che sembrava quasi impossibile come i nostri Caproni potessero rimanere in quei punti illesi malgrado quel terribile tiro. Le batterie antiaeree, se agirono questa volta in maggior quantità, agirono anche, edotte dall'incursione passata con maggior precisione e quindi molti dei nostri velivoli furono colpiti in parti però non vitali e riportarono solo qualche avaria.
"Un'altra innovazione usata dal nemico fu l'abolizione di parte dei fasci luminosi dei riflettori. Malgrado le precauzioni degli Austriaci, il violentissimo tiro e la lotta dovuta sostenere contro gli idrovolanti da caccia, tutti i nostri Caproni riuscirono tra la mezzanotte e le tre ritornare ai loro hangars. Oltre agli effetti del bombardamento, importanti furono le rilevazioni compiute dai velivoli dagli ufficiali osservatori. Importantissimo fu il rilievo che la flotta austriaca è ancorata parte nel porto e parte nel canale di Fasana. Appena tornati alle loro sedi, i nostri apparecchi dovettero, dopo poche ore, riprendere il volo per recarsi a bombardare altre località".
"Durante i combattimenti del 4 settembre sul fronte, 261 aeroplani nostri bersagliarono le truppe e le retrovie nemiche. Nella notte del 5 una nostra flottiglia aerea rinnovò il bombardamento di Pola con efficaci risultati e ritornò incolume alla base. Il 6 nostri apparecchi bombardarono ripetutamente le retrovie del Carso e le batterie nemiche del bosco di Panovizza e della selva di Ternova. Il 9 ancora le batterie della selva di Ternova furono bombardate dai nostri aerei. Quel giorno stesso un comunicato della Stefani dava notizia che dal 2 agosto al l° settembre 16 apparecchi nemici erano stati abbattuti, che il capitano BARACCA aveva conseguito la sua diciottesima vittoria e che il prode sergente ARTURO DELL'ORO, il 1° settembre, nel cielo di Belluno, aveva abbattuto un aeroplano austriaco cozzandogli contro con il proprio precipitando da grande altezza. Il 13, un velivolo nemico, colpito dal nostro tiro antiaereo, precipitava nei pressi di Duino".
"Dal 6 al 14 di settembre - secondo un comunicato ufficiale - 6 apparecchi nemici erano stati abbattuti: uno dal BARACCA (19a vittoria) e dal tenente SABELLI, un altro dal sergente NARDINI (4a vittoria), un terzo dal capitano ZOBOLI, un quarto e un quinto dal maggiore PICCIO (l0a e 11a vittoria). Il 16, ammassamenti nemici nella zona di Ravnica (ad oriente del San Gabriele) furono battuti con circa 2 tonnellate e mezzo di bombe da due nostre squadriglie aeree. La notte sul 19 un'aeronave della R. Marina bombardò il cantiere navale e le unità ancorate nella baia di Priolaca dell'isola di Lussino. La notte sul 22, tre nostre aeronavi gettarono quattro tonnellate di bombe ad alto esplosivo su accampamenti nemici nel Vallone di Chiapovano, sulla stazione e sui baraccamenti di Grahovo e sugli impianti ferroviari a nord-est di Prosecco, su cui il bombardamento fu rinnovato il 23, il 24, il 25 e il 27. Gli impianti di Podmelok, Podberda, Rifenberga e Dottogliano furono bombardati il 24, il 25 e il 26.
Il 23, il maggiore PICCIO (12a vittoria) e i tenenti RANZA e SABELLI (7a e 4a vittoria) abbatterono due apparecchi nemici.

Anche sull'Adriatico la lotta aerea si svolgeva intensa e in un suo comunicato, che riportiamo, il Capo di Stato Maggiore della Marina dava notizia delle operazioni svoltesi dal 23 al 29 settembre; e la sera del 23 settembre idrovolanti nemici lanciarono 22 bombe su Grado senza causare altro danno che l'uccisione di una donna. Il giorno 23, due nostri idrovolanti in esplorazione scortati da un apparecchio da caccia e da un motoscafo armato vennero attaccati da 3 velocissimi aerei nemici da caccia. Nello stesso tempo una torpediniera nemica attaccava il motoscafo, che rispondeva a colpi di cannone: sopraggiunsero altri due nostri idrovolanti che mitragliarono la silurante nemica a bassa quota costringendola all'immediato ripiegamento. Assalito da 3 apparecchi, dopo accanito combattimento, un nostro apparecchio cadeva in fiamme: il pilota, secondo capo-timoniere LUIGI UNI, chiudeva così eroicamente la sua brillante carriera d'aviatore".
"Il mattino del 25, nostri idrovolanti eseguirono sopra cacciatorpediniere avversari in navigazione presso la costa istriana un ben aggiustato tiro di bombardamento. La sera del 27 nostri idrovolanti attaccarono gli hangars nemici di Prosecco, rovesciandovi 41 bombe e rientrando tutti incolumi nella base malgrado il vivo fuoco antiaereo. La sera del 28, verso le ore 20, alcuni idrovolanti nemici attaccarono il nostro litorale fra Pesaro e Numana e fra Cesenatico e Santa Croce lanciando numeroso bombe che causarono qualche danno e ferirono due persone. Una bomba lanciata sopra la località indifesa di Senigallia sfondò una casa senza far vittime. Quasi contemporaneamente un'altra squadriglia, fra lo 20 e le 22, attaccava la nostra costa sud-adriatica nella zona fra Monopoli e Lecce, lanciando numerose bombe sopra Ostuni e Brindisi. Nessun danno nella prima località; nella seconda, particolarmente presa di mira, i danni materiali furono insignificanti, mentre si ebbero a deplorare 5 morti, di cui 2 fra la popolazione civile, e 22 feriti.

L'attacco venne accolto da intenso fuoco antiaereo, il quale, oltre a limitare l'efficacia dell'offesa nemica, abbatteva uno degli idrovolanti assalitori. I due aviatori sono stati fatti prigionieri. La notte sul 29, idrovolanti nemici provenienti da Salvore e Trieste, bombardarono la zona di Aquileia, Villa Vicentina e Palmanova. Ad immediata ritorsione si levarono i nostri idrovolanti che lanciarono sulle opere militari di Capo Salvore 19 granate-mine ed alcune bombe incendiarie, rientrando tutti incolumi nella base nonostante il vivo fuoco antiaereo e la vigilanza dei proiettori".
"Nella giornata del 26 settembre i nostri aviatori, perseverando nell'intento d'interrompere il traffico ferroviario nemico in Val di Bazza, provocarono vaste distruzioni negli impianti ferroviari di Podberda. La notte sul 27, una nostra numerosa squadriglia da bombardamento, nonostante l'intensa foschia, raggiungeva la piazzaforte marittima di Pola e colpiva efficacemente con oltre tre tonnellate di bombe ad alto esplosivo l'arsenale e la base dei sommergibili allo scoglio Olivi".
Il 28, fu abbondantemente bombardata la zona militare di Voiscizza, e fu rinnovato il bombardamento delle opere militari di Pola. Un apparecchio nemico, costretto ad atterrare nella piana di Santa Lucia di Tolmino, fu distrutto dalle nostre artiglierie. Il 29 nostre squadriglie bombardarono i depositi nemici di Berje (nord-ovest di Nabresina) e, nella notte successiva, ancora la piazza di Pola. Un nostro apparecchio non fece ritorno. Due apparecchi avversari, colpiti in duello aereo, precipitarono nei pressi di Monfalcone e ad est di Ternova.
Nella notte del 30, velivoli nemici lanciarono bombe su Palmanova, Aquileia, Monfalcone ed altre località del basso Isonzo. Il 1° ottobre bombardammo la stazione di Grahovo e, nella notte, in due successive incursioni, furono lanciate quattro tonnellate di proiettili sugli obiettivi militari di Pola. Due apparecchi nemici abbattuti dai nostri aviatori, precipitarono a nord di Auzza e presso Podmelck. II giorno dopo un altro aeroplano austriaco fu costretto ad atterrare nelle nostre linee e i piloti furono catturati.
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"Chi fra gli aviatori italiani, fece parlare più di sé nella prima settimana d'ottobre fu il maggiore PICCIO, il quale in tre giorni consecutivi abbatté tre apparecchi nemici".

"Alle 15,30 del 1° ottobre - scriveva in una nota il Quartier Generale - egli scorgeva un apparecchio nemico che dalla Bainsizza cercava di rientrare nelle sue linee oltre la Valle di Chiapovano. Rapidamente lo inseguì, lo raggiunse a sud del Volnik a 3500 metri di altezza e iniziò a dargli battaglia. Dopo una raffica di mitragliatrici l'ardimentoso maggiore italiano obbligava l'apparecchio austriaco ad iniziare la discesa a picco. Ma mentre lo inseguiva a 1600 metri di altezza, fu fatto segno ad un furioso tiro antiaereo. Questo tiro lo obbligò a rallentare, per qualche istante l'inseguimento ed a perdere di vista l'avversario: tuttavia poco più tardi egli finì per scorgere in distanza l'aeroplano austriaco che cadeva al suolo verso Ternova. È probabile che i primi colpi diretti dal maggiore Piccio contro l'apparecchio nemico abbiano fracassato la mitragliatrice di quest'ultimo perché dopo il primo incontro essa non funzionò più.

Era questa la 13a vittoria del maggiore Piccio".

"Ne ottenne un'altra la mattina del 2, sul Globokak, a 3500 metri di altezza. Erano le undici del mattino quando il suo aereo si incontrò con un velivolo austriaco. L'avversario si difese con tenacia e manovrando abilmente riuscì a rendere difficile la caccia al nostro aviatore. Ma alla seconda raffica di mitragliatrice gettatagli contro dal maggiore, un pezzo di tela dell'apparecchio austriaco si infiammò e si staccò dal resto del velivolo. Alla terza raffica il fuoco era a bordo del velivolo avversario. L'osservatore nemico cessò il fuoco ed il maggiore Piccio lo vide agitare le braccia disperatamente.

L'aeroplano colpito iniziò prima una rapida discesa, ma à un tratto, a 1800 metri, si sfasciò. La fusoliera in fiamme precipitò al suolo a un chilometro più a nord di Auzza. Mentre s'infrangeva contro terra sollevava in alto una grande vampata rossa. Un'ala dello stesso apparecchio fu trovata pochi metri lungi dall'Isonzo sulla riva sinistra tra Auzza e Tonale. Alle 11,40 il maggiore ritornava nelle nostre linee recando l'annuncio della sua 14a vittoria. Ed ecco il 3 settembre nel pomeriggio, Piccio nuovamente alle prese con un velivolo austriaco.

"Mentre vola su Canale il maggiore vede un apparecchio nemico in ricognizione, lo attacca subito, lo spinge in direzione di Mesniak e là, perseguitandolo con la mitragliatrice, lo obbliga a scendere verso le linee nemiche. L'apparecchio offre una resistenza singolare. Si direbbe che l'aviatore sia sul punto di fuggire al famoso cacciatore italiano; ma questi si getta, malgrado il tiro degli antiaerei, ad un inseguimento disperato e discende a poca distanza dall'apparecchio nemico sino a 50 metri dal suolo, poi mentre è colpito in alcune parti non vitali dell'aeroplano dalla fucileria avversaria, gli riesce a abbattere il nemico facendolo precipitare nel campo italiano. Il pilota e l'osservatore nemici, feriti, furono fatti prigionieri. Il maggiore Piccio si è poi recato ad interrogare i due aviatori prigionieri. Il mitragliere è un tenente czeco, il pilota è un sergente viennese. "Avete vinto, perché la mia mitragliatrice non funzionava più" disse il mitragliere al maggior Piccio, che avrebbe voluto rispondergli che anche la sua mitragliatrice non aveva più munizioni eppure era riuscito a fargli credere di averne ancora".

"Anche gli altri aviatori si facevano onore: il 24 settembre un apparecchio austriaco da caccia precipitava nei pressi di Zagorie sotto i colpi del sergente Pennella; il 26 sull'altopiano dei Sette Comuni un apparecchio nemico da ricognizione e un velivolo da caccia che lo scortava furono assaliti da nostri aeroplani; il primo piombava in fiamme nell'abitato di Asiago per opera del sergente IMOLESI, che, conquistava la sua seconda vittoria, l'altro era costretto ad atterrare verso Cima Dodici sotto i colpi dello stesso sergente e del tenente MAZZINI; il 28 i sergenti ALIPORTA e FERRANTI abbattevano un aeroplano nemico presso Santa Lucia di Tolmino; il 29, infine, un apparecchio avversario da ricognizione colpito dai tenenti SAPELLI e PARVIS, cadeva dentro le nostre linee, presso il lago di Pietra Rossa".

La notte sul 4 ottobre fu compiuta un'audace impresa aerea, alla quale partecipò GABRIELE D'ANNUNZIO: un'ardita incursione sulle Bocche di Cattaro. Il poeta, stese l'ordine d'operazioni e lo fece accompagnare dalle seguenti parole:

"Dopo le ripetute incursioni su Pola che alla fama degli aggressori di Idria di Assling e di Tarvis aggiunsero una gloria navale e parvero fare della nostra liscia carlinga di tela un'emula della prua rostrata, voi siete chiamati a compiere un'impresa marina di ben più alta audacia. Voi siete i primi a portare l'ala d'Italia in un cielo ostile che fu fino a oggi immune da ogni offesa aerea. Voi sarete i primi ad aggredire nel canale di Kumbur la più nascosta base dei sommergibili austriaci e il numeroso naviglio alla fonda nella baja di Teodo. Le difficoltà della rotta, la singolarità del luogo, l'importanza militare del compito, la necessità di superare la propria perizia e il proprio coraggio improvvisando nel pericolo una virtù nuova, tutto concorre a sollevare il vostro animo, che fu sempre pari all'evento e sempre superiore alla fortuna".

L'Ordine del giorno concludeva: "Ai combattenti del cielo carsico bastò assegnare con precisione il compito severo. Non vale aggiungere incitamento, anzi giova temperare l'eccesso dell'ardire e raccomandare una disciplina vigilante. Ma ricordatevi che anche nelle Bocche di Cattaro, anche in quel munito labirinto marino, come in tutta la costa dalmata, respira pur sempre la grandezza della Dominante. Alla caduta della Repubblica i cittadini di Perasto celarono con lacrime il gonfalone veneto sotto l'altar maggiore del Duomo, consacrandolo alle rivendicazioni future, in cui pur credeva, la loro
fedeltà dolorosa. E certo che nella notte di vittoria il segno dissepolto del leone alato voi lo sentirete riagitarsi al rombo delle vostre ali".

La potente squadriglia da bombardamento, cui era stata affidata l'impresa, partì dal campo di Taliedo (Milano) il 24 settembre per Roma, dove attese per circa dieci giorni che il tempo fosse propizio. Alle 23 del 3 iniziò la partenza per Cantaro; all'alba del 4, bombardate le Bocche e le adiacenze, era tutta ritornata.

Sull'incursione fu diramato dal Quartier Generale il seguente comunicato:

"Dopo i bombardamenti di Pola, che si sono succeduti nei mesi scorsi, offrendo gli spunti di nuove pagine di gloria, questo audacissimo gesto avvenuto sulla famosa base dei sommergibili austriaci alle Bocche di Cattaro, completa e rende anche più fulgida la storia recente dei nostri aeroplani da bombardamento. Sappiamo che il nemico, benché avesse preparato da lungo tempo una notevole difesa antiaerea alle Bocche di Cattaro, non si attendeva certamente l'improvviso colpo recatogli dalle nostre squadriglie. Infatti la risposta degli antiaerei nemici alle bombe italiane è stata violenta e continua per tutta la durata del bombardamento, ma confusa e disorientata. Le batterie antiaeree sparavano qua e là in punti diversi senza concentrare il fuoco con precisione nella zona percorsa dagli apparecchi italiani, dando così la prova più evidente che l'incursione era inattesa e che le batterie non erano preparate. Dal canto nostro invece l'impresa era stata abilmente e lungamente preparata, nella massima segretezza in modo che nulla potesse trapelare a coloro che non ne dovevano far parte. I migliori piloti delle nostre squadriglie da bombardamento erano stati scelti per il volo grandioso e pericoloso, e da parecchi giorni attendevano, nel campo di partenza, con i loro apparecchi che l'ora dell'azione fosse suonata. E questa scoccò precisamente nel cuore della notte tra il 3 e il 4 ottobre, una notte limpida e calma in cui meno difficile si presentava la traversata dell'Adriatico.

"Non occorre qui ricordare che cosa siano le Bocche di Cattaro, questo meraviglioso nascondiglio naturale di cui gli Austriaci si servivano per il rifugio della maggior parte dei loro sommergibili e delle siluranti. Là gli Austriaci possono attendere all'opera di riparazione di armamento delle navi senza timore di assalti e sorprese; e di là in un'atmosfera di calma essi lanciano con relativa facilità nelle acque dell'Adriatico e del Mediterraneo la più triste insidia della guerra dei sommergibili. Un solo pericolo li poteva preoccupare ed era l'assalto aereo. Ma gli Austriaci sapevano a quale difficoltà gli italiani sarebbero andati incontro sia nella traversata del mare, sia per le sorprese che potevano trovare all'altra sponda. Questa sicurezza errata dell'avversario e l'audacia veramente mirabile dei nostri piloti hanno contribuito insieme al successo del memorabile volo. Sgominati, presi alla sprovvista, fulminati da tonnellate di esplosivo, gli austriaci non seppero organizzare che una debole difesa antiaerea. La loro base navale fu gravemente danneggiata. Secondo le prime notizie pervenute, tutte le bombe scoppiarono sugli obiettivi prefissi, producendo terribili stragi".

"Il 13 ottobre, in un incidente aviatorio in un campo presso Udine, trovò la morte il tenente LUIGI OLIVARI; era uno dei nostri assi ed occupava il quarto posto nella graduatoria degli aviatori italiani che avevano abbattuto almeno cinque apparecchi nemici. Il primo posto era del capitano Baracca (19 vittorie), il secondo del maggiore Piccio (15), il terzo dei tenenti Baracchini e Ruffo di Calabria (13), il quarto dell'Olivari (12), il quinto del tenente Ferruccio Ranza (7) il sesto del tenente Olivi e del sergente Stoppani (6) il settimo del tenente Sapelli (5).

Lo stesso giorno 13 una nostra squadriglia di idrovolanti attaccò all'altezza di Rovigno 9 siluranti nemiche, costringendo una torpediniera a rifugiarsi nel Canale di Leme e colpendo un'altra silurante in pieno. Il 16 nostre squadriglie di idrovolanti, scoperti gruppi di dragoniere e di torpediniere presso la costa istriana fra Trieste e Rovigno, li attaccarono obbligandoli a interrompere le loro operazioni e a rifugiarsi nei porti. Furono inoltre bombardati la stazione aerea di Parenzo e un sommergibile. Durante i numerosi scontri con velivoli alzatisi a contrastare le azioni offensive dei nostri, un idrovolante, nemico fu costretto a discendere".


Il 23 ottobre il generale Cadorna, nel suo bollettino di guerra, riferendosi alle operazioni del giorno prima, diceva, fra l'altro:
"Le condizioni atmosferiche hanno favorito le nostre azioni aeree. Due velivoli avversari sono stati abbattuti da un nostro aviatore; uno, germanico è caduto dentro le nostre linee presso Gargaro, l'altro a nord di Podlaka, di fronte alle nostre posizioni"
Per la prima volta, dall'inizio della guerra il Comando Supremo segnalava
aeroplani germanici proprio sul fronte italiano. E non era un buon segno.
Era il giorno 23 ottobre… la vigilia di Caporetto.

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