BETTINO CRAXI
UN'AMARA PARABOLA



( la voce )

"...il nostro impegno....!
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Storico leader socialista, Bettino Craxi pronuncia il suo ultimo discorso da deputato, un deputato sotto accusa, il 29 aprile del 1993. Poi ci saranno le monetine, i processi, le condanne, il triste rifugio ad Hammameth, la malattia, la morte. Una parabola che in sedici anni lo porterà dall'altare al fango.
Dopo numerosi anni dalla rivoluzione giustizialista di Mani Pulite, la figura di Craxi comincia ad essere valutata da più parti con maggiore serenità, alla luce di un più freddo giudizio storico.

Benedetto (Bettino) Craxi nasce a Milano il 24 febbraio 1934, in periodo cioè in cui il fascismo si è rapidamente affermato e richiama consensi sempre più espliciti da parte di tutto il popolo italiano. Primo di tre figli di Vittorio Craxi, avvocato siciliano trasferitosi al Nord (tanto da diventare prefetto di Milano e poi Prefetto a Como sotto il Cln - E' morto a Genova nel 1992 a 86 anni), e di Maria Ferrari una popolana originaria di Sant'Angelo Lodigiano, Bettino è invece allevato nei valori dell'antifascismo e del socialismo liberale.

Iscritto alla Gioventù socialista, entra nella Federazione milanese durante le scuole superiori. Negli anni '50 è funzionario a Sesto S. Giovanni. Entrerà nel Comitato Centrale del Psi al congresso di Venezia del '57. A ventitrè anni il suo campo di azione sono le università, anche se in seguito confessò lui stesso che da ragazzo non amava studiare, al punto che al liceo rimediava promozioni a fatica. Ottiene comunque la maturità classica, ma all'Università non avrà uguale fortuna: frequenta sia la Facoltà di Giurisprudenza a Milano che quella di Scienze Politiche di Perugia. A diciannove anni l'incontro con Anna Maria Moncini, la donna che diventerà sua moglie.

Nenniano di ferro e anticomunista convinto, prosegue la sua carriera politica dapprima come consigliere comunale a Milano dove, nel 1965, entra nella Direzione del Partito. Tre anni dopo, viene eletto deputato e passa nella Segreteria Nazionale come vice segretario di Giacomo Mancini, poi di Francesco De Martino. In quegli anni allaccia rapporti con i Partiti fratelli europei, mentre in seguito, nei primi anni '70 sosterrà e finanzierà tutti i partiti socialisti sottoposti a regimi dittatoriali (Grecia, Spagna, Portogallo).

Nel '76 viene eletto, al posto di De Martino, Segretario del Psi, indicato da più parti però come un segretario di transizione. Invece Craxi dimostra non solo di avere numerosi assi nella manica, ma anche idee innovative e per nulla acquiescenti nei confronti dello status quo politico italiano. Al congresso di Torino del 1978, ad esempio, contrappone la "Strategia dell'alternativa" al "Compromesso storico" enunciato dal leader del Pci Enrico Berlinguer, un partito col quale Craxi avvierà una feroce polemica.

Nel '78 matura un altro avvenimento fondamentale per la carriera dell'uomo politico italiano più decisionista degli ultimi decenni: si tratta dello scandalo Lockheed, scandalo che costrinse l'allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone a dimettersi anticipatamente e a fare sì che il Psi riesca a imporre, per la prima volta nella sua storia, un socialista al Quirinale: Sandro Pertini. Lo scontro con i comunisti va avanti. Mentre Berlinguer opera lo strappo con Mosca (avviando la cosiddetta "terza via"), nello stesso periodo Craxi abbandona Lenin e Marx per esaltare il pensiero di Proudhon e cambia il simbolo del Partito: non più falce e martello su libro e sole nascente, bensì un garofano rosso.

Ma da lì a poco la società italiana dovrà affrontare un altro dramma, quello del rapimento Moro. Durante le fasi convulse della trattativa con i terroristi, sia la Democrazia cristiana che il Pci non ne vogliono sapere di scendere a patti per la liberazione di Moro. La linea scelta dai due maggiori partiti per affrontare i drammatici 55 giorni del sequestro dello statista Dc, insomma, è quella della fermezza: nessuna concessione alle Brigate Rosse. Craxi opterà invece per la linea della trattativa, ma inutilmente.

Il 4 agosto del 1983 forma il suo primo governo: un pentapartito composto da Dc Psi, Psdi, Pri e Pli. Resterà in carica fino al 3 Marzo 1987, a seguito di un reincarico e della staffetta concordata con l’allora segretario DC, Ciriaco De Mita. Un periodo che rimarrà il più lungo mai registrato nella storia della Repubblica. Oltre al record di permanenza, Craxi fu il primo socialista a diventare Primo Ministro, solo lui e il compianto Giovanni Spadolini (PRI) 2 anni prima ruppero la tradizione Democristiana a Palazzo Chigi. Nel 1984 (il 18 febbraio) si firma la revisione del Concordato tra Italia e Vaticano. Il cattolicesimo abbandonava la nozione di "religione di Stato". Sparisce la "congrua" e viene introdotto l' 8 per mille e le offerte deducibili per il Clero. Con il Premier, a siglare l'intesa, il Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli.

L'altro strappo col Pci è quando, su sua proposta, viene approvato il decreto legge per il taglio di alcuni punti della scala mobile (Decreto di S.Valentino 14 febbraio 1984), senza il consenso del sindacato comunista per eccellenza la CGIL.
L’Italia si spacca, in Parlamento un ostruzionismo durissimo, un milione di persone in piazza contro il governo, si raccolgono firme per un quesito referendario che nel 1985 vedrà affermarsi la linea di Craxi e del suo governo.

"Lo strenuo braccio di ferro, che il Pci gli impose intorno al decreto sul costo del lavoro, rivelò al dunque, cioè quando si giunse al referendum del giugno 1985, che Craxi era stato capito dal Paese e che la maggioranza dei lavoratori lo aveva seguito. Fu l'apogeo della sua fortuna politica": Lucio Colletti.
Braccio di ferro anche con gli evasori fiscali nel commercio al minuto. Con Decreto legge n. 853, del 19 dic. 1984, viene introdotto l'obbligo del registratore di cassa e dello scontrino fiscale.

Si arriva così all''85: in giugno Bettino convocatario di un summit tra i maggiori paesi europei strappa nel summit assieme al premier canadese, l’ingresso dell'Italia nelle grandi potenze, si crea il G7. Con l'Italia al 5° posto.

Il 10 settembre, un aereo egiziano che trasporta Abu Abbas, esponente dell'OLP (l’organizzazione per la liberazione della Palestina), un suo aiutante e i quattro dirottatori della nave da crociera italiana Achille Lauro, è intercettato dall'aviazione militare Usa che ne impone l'atterraggio a Sigonella (Sicilia). Craxi rifiuta di consegnare agli Usa i sequestratori palestinesi dell'Achille Lauro affermando che i reati sono stati commessi su suolo italiano e, quindi, compete all'Italia perseguirli. Il clima di tensione è tale che i militari italiani di Sigonella arriveranno ad opporsi, con le armi, alle truppe speciali statunitensi. Craxi viene apprezzato da piu’ parti per la sua resistenza allo strapotere americano.
Il sequestro dell’Achille Lauro e dei suoi 454 passeggeri vide anche un morto, un cittadino americano di origine ebrea paraplegico, gettato in mare.

L' 8 dicembre 1989 il Segretario Generale dell'ONU lo nomina suo Rappresentante personale per il debito dei Paesi in via di sviluppo. Nel '90 presenta il suo rapporto all'Assemblea.
Il Segretario Generale lo nomina Consigliere Speciale per lo sviluppo e il consolidamento per la pace e della sicurezza. Per firmare i suoi interventi sull' "Avanti!" Craxi inizia a usare lo pseudonimo affibbiatogli dal direttore di Repubblica Eugenio Scalfari, ispirato al "masnadiero di Radicofani": Ghino di Tacco.

Non è per la verità un soprannome lusinghiero, visto che si trattava di un brigante (anche se c'è chi sostiene che fosse una sorta di Robin Hood), ma Craxi, con molto senso dell'umorismo, accetta la caricatura e anzi, come detto, se ne appropria.

Sul piano politico, Craxi prosegue comunque la sua opera di avvicinamento del Partito Socialista al centro, con l'intento di farne l'ago della bilancia della politica italiana. Sono gli anni del celeberrimo CAF, l'asse Craxi-Andreotti-Forlani, il governo pentapartito dei primi anni '90. I tre rovesciano il leader irpino Ciriaco De Mita togliendogli la Segreteria Dc e il governo. Ma Craxi non riuscirà più a riprendere le redini appunto del governo. L'inizio della crisi politica di Bettino Craxi è datata 1992.

La valanga inizia con l'arresto dell'amministratore socialista di una casa di riposo per anziani di Milano, il Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa, che viene bloccato mentre incassa una tangente da una ditta di pulizie. Craxi lo definisce "un mariuolo", un ladruncolo che non ha nulla a che fare con il Psi. Ma da quell'episodio parte Mani Pulite, inchiesta condotta dal pm Antonio Di Pietro. Inizia Tangentopoli. Il 15 dicembre '92 arriva il primo avviso di garanzia per l'inchiesta sulla Metropolitana di Milano. Il Pool, guidato da Francesco Saverio Borrelli, invia al leader socialista il primo avviso di garanzia.

Nell'agosto del '92, davanti ad un Parlamento ammutolito, Craxi espone lo storico discorso che suona come una sfida a tutta la classe politica italiana: "Si alzi in piedi chi di voi non ha preso finanziamenti illeciti in questo Paese". Poi ricorda i soldi versati dai sovietici al Pci e l'apparato paramilitare del KGB in Italia.

Tuttavia, travolto dagli scandali giudiziari, e inseguito dai mandati di cattura del pool Mani Pulite di Milano, Craxi decide di non affrontare i processi macchiati da esasperato giustizialismo in un paese dove l’opinione pubblica è continuamente incalzata e eccitata dalle vicende di Tangentopoli, il vergognoso episodio del Raphael a Roma dell’aprile 1993 con Craxi dapprima idolatrato e adesso oggetto di insulti, monetine e quant’altro ne è l’esempio eclatante.

Bettino Craxi nel 1994 si ritira nella sua villa di Hammamet, in Tunisia, presso la quale capi di Stato e politici di tutto il mondo amavano un tempo farsi ospitare. Per sei anni l'Italia fa finta di scordarsi di lui: pochi i politici che gli fanno visita, come altrettanto pochi sono gli amici rimasti al suo fianco. Ad Hammamet si spegne nel sonno alle 17,30 del 20 gennaio 2000 “Io, già amministratore del Comune di Milano, già deputato della Repubblica, già Presidente del Consiglio, già Presidente della Comunità Europea, già rappresentante personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per missioni di pace nel mondo…”
Ad Hammamet, Bettino Craxi è sepolto, nel piccolo cimitero cristiano che si affaccia verso l’Italia, sulla sua lapide su di un libro aperto sta scritto “La mia libertà equivale alla mia vita”.

Alle 17:46 del 19 gennaio 2000 è l'Ansa la prima agenzia stampa a battere il flash "Bettino Craxi è morto", la notizia rimbalza in Italia in una manciata di minuti e i palazzi della politica si fermano.

Di lui hanno detto:

il Papa "ricorda con la preghiera" Bettino Craxi, riconoscendogli il merito, in qualità di presidente del Consiglio dei ministri, di aver contribuito "ai buoni rapporti tra lo Stato e la Chiesa in Italia".

Rocco Buttiglione, "È stato perseguitato ed ha pagato per alcune scelte fatte a suo tempo. Ha pagato per la scelta sulla scala mobile, per aver voluto imporre in Italia una politica più dinamica".

"E’ con immenso dolore che ho saputo della scomparsa di Bettino Craxi. Considero la sua morte - ha dichiarato Margherita Boniver, una delle più vicine collaboratrici dell'ex leader del Psi - una vergogna indelebile per l'Italia. Le sue condizioni di salute erano così tragiche, così conosciute da tutti, che avevano addirittura suscitato gli auguri del Papa, di Ciampi e persino dell'ineffabile presidente del consiglio Massimo D'Alema".
"Il diabete - ha proseguito Boniver - non ha perdonato e noi cittadini di un paese che non ha saputo ricercare la verità non potremo perdonare coloro che l'hanno impedita e che tutt'ora la impediscono".

“L'avventura è finita. Bettino Craxi ha tolto il disturbo e molte coscienze cossiddette democratiche, che da alcuni anni sono state le vestali di una finta interessata legalità, potranno finalmente dormire sonni tranquilli". Lo ha detto Paolo Cirino Pomicino.
"In una stagione di drammatico nanismo politico - ha aggiunto - resta l'uomo con la sua riconosicitua grandezza di statista e la sua indomita fierezza".

«Craxi è stato un politico della sinistra, nel solco della storia del socialismo riformista. Ha rivitalizzato il Psi, ha intuito prima di altri quanto l'Italia avesse bisogno di una modernizzazione economica ed istituzionale, su questo sfidò due grandi forze come la Dc e il Pci ed avvertendo il rischio di non farcela, non sfuggì alla tentazione di un'alleanza con i poteri forti, come la P2 di Gelli, terreno sul quale è maturata la degenerazione e la corruzione». Fassino, La Stampa, articolo: "Bettino fu un capro espiatorio", 31/12/2009.

Francesco Cossiga ha avuto la notizia della morte di Bettino Craxi direttamente da Hammamet, mentre si trovava a colloquio con l'arcivescovo di Zagabria.
L'ex capo dello Stato si è immediatamente recato nella cattedrale della capitale croata, dove si è raccolto in preghiera.

"La storia giudicherà chi ha tentato di giudicarlo": così Giannino Guiso, l'avvocato storico di Bettino Craxi, commenta la morte dell' ex segretario del Psi.
"Si è spento l'amico più caro, il leader politico che aveva guidato con straordinaria intelligenza ed energia i socialisti italiani per 20 anni, tra i più belli e importanti della loro storia secolare", ha poi detto Claudio Martelli.

"Ho memoria di Craxi come un uomo politico di straordinarie qualità": così Alfredo Biondi, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Camera, ha commentato la morte di Bettino Craxi. "Morire lontano dalla patria - ha detto Biondi - è una pena che i codici non prevedono". "In questo momento di dolore - ha aggiunto - non sono le vicende in cui è stato coinvolto a limitare il cordoglio e la vicinanza ai suoi familiari e a tutti quelli che gli vollero bene e che condivisero tanta parte delle vicende politiche del nostro Paese, di cui Craxi fu un eccezionale protagonista".

"L'Italia si è coperta di infamia": è la sola dichiarazione rilasciata dalla sorella di Bettino Craxi, Rosilde.
Paolo Pillitteri piange. Senza freni, senza remore, e a stento riesce al telefono ad articolare in parole il suo ricordo di Bettino Craxi, il suo affetto "per un uomo con il quale sono cresciuto, un grande uomo, che sarà ricordato come tra le più grandi figure che la sinistra abbia avuto nel Dopoguerra. Scusate ma sono sconvolto".
"Bettino Craxi, il 'mio amico' se n'è andato: linciato". È un tributo, quello di Marco Pannella, che ricorda la figura di Craxi con grande affetto.

Giacomo Franciosi

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In morte e trionfo di Bettino Craxi

Impressioni di PIER LUIGI BAGLIONI
(ex dirigente della federazione Psi di GE)

Il giorno 19 gennaio del 2000, alle ore 16 e 30 in Hammameth, tra le braccia della figlia Stefania e sotto gli occhi del nipotino, muore Bettino Craxi, 37 giorni prima di compiere 66 anni di vita. Una vicenda che presenta molte analogie cristologiche: 33 anni contro 66; giudizio, condanna, calvario, crucifige, i farisei che se ne lavano le mani. E poi la resurrezione laica; l’ascesa ai cieli nei mass media che rappresentano la moderna chiesa di indottrinamento. Vivo Craxi atteggiamento di lapidazione, morto di beatificazione.

Nei commenti giornalistici si indica la sua criminalizzazione come fosse una cattiva anomalia della vita politica italiana, senza annotare che è invece una consuetudine di una certa cultura, la comunista in particolare, presentare l’avversario più ostico alla egemonia come un essere abietto, animato da loschi fini. Alcuni nomi? De Gasperi, Scelba, Saragat, Nenni, Fanfani… ogni premier di governo prima del processo consociativo (e anche dopo). 
In forme rozze e spesso triviali nello zoccolo duro degli attivisti, con viscida velenosa supponenza nella vasta area dei propagandisti organici dei quotidiani indipendenti di informazione che con strabismo interessato erano e sono animati da spirito canino: il padrone può permettersi tutto è sempre giustificato; agli altri si ringhia e nei casi salienti si morde. 

Prendiamo il caso di Enzo Biagi: ogni qual volta scriveva di Craxi (ed accadeva spesso) ne parlava come pregiudicato condannato a dieci anni di carcere con sentenza definitiva. Il che era vero ma tartufesco ripeterlo quando poi esaltava o dava il suo rispetto ad altri politici che nella medesima situazione, ed alcuni anche notoriamente peggiore, se ne stavano seduti su comode poltrone istituzionali. Come se in una grande città, un vigile urbano ostile al dirimpettaio, lo sanzioni quando guida l’auto senza la cintura di sicurezza. Ed alle obiezioni di servirsi della divisa per selettivo spirito persecutori, risponda  “La legge è legge, e va rispettata”. Certo, ma la frase per non essere avventata deve presupporre ciò che la sostiene, e cioè l’assioma di essere eguale per tutti. Invece nel caso Craxi pari violenza al detto che riempie le sale di ogni Palazzo di Giustizia non si era mai vista.

Certamente Bettino Craxi non sapeva farsi voler bene, tradito da un carattere presuntuoso, arrogante e prepotente. Nel fulgore della sua ascesa sapeva rendersi anche estremamente antipatico. Ma l'uomo meritava rispetto e considerazione per la politica che portava avanti, che giovava enormemente alla nazione, e che ancor più avrebbe giovato se portata a compimento. Non lo fu suo malgrado: il partito che dirigeva era scalcagnato, diviso, con in periferia un personale politico composto di mezze tacche.

Quando certi giornalisti, stipendiati da certe testate, o miranti alla carriera nel partito di riferimento (carriere che si sono attuate) scrivendo di Craxi la penna diventava una frusta, o mandavano lai di scandalo per cose che la proprietà editoriale combinava ogni giorno.

Quanti casi si potrebbero esemplificare! Basterebbe sfogliare i giornali dal dopoguerra ad oggi per avere il quadro degli scandali sistematici combinati per finanziare partiti e uomini di partito ambiziosi di carriera. Creste sugli appalti, persino aggiotaggio sui terremotati. Ma coloro che hanno preso soldi dal ‘sistema della dazione illegale’ come la definì Di Pietro senza trarne le conclusioni, anzi usandole per la propria carriera politica; non hanno pagato nulla. Dalle seconde file sono passati alla prima, divenendo anche dei numeri uno in Italia ed in Europa.

Ricordo l'inchiesta dei magistrati di La Spezia finita nel vago. Perché? Colpiva santuari intoccabili? L’intervista con le accuse di Necci ignorata, il Gico di Firenze sciolto. Indagava in terreni da salvaguardare? Un libro recente sulla 'alta velocità' delle FFSS qualche punto in questo senso lo chiarisce. Allora? L'esperienza amara di Bettino Craxi non stride e ripugna a riguardo degli altri suoi comprimari della partitocrazia nazionale? Come si potevano coprire gli occhi di fronte alla grande ingiustizia di scaricare su un solo uomo responsabilità generali? Ineffabilmente parlare e scrivere di Tangentopoli usando il plurale e concludere sempre al singolare per gettare la croce solo sul leader dei socialisti?

Non era involontaria ingenuità. Dopo il crollo del Muro di Berlino ed il fallimento del comunismo il sistema di potere del vecchio PCI, che occupava (e occupa) decine di migliaia di persone, era in pericolo. Bisognava salvaguardare il pane.

Purtroppo Bettino Craxi non capì che la belva terrorizzata è pericolosissima, capace di tutto.

Chi scrive è stato dirigente della Federazione di Genova del PSI. Conosce bene la realtà di quel partito per non annotare cause endogene alla sua fine ingloriosa. Ricordo perfettamente la frase ricorrente che ci scambiavamo già negli anni ’80 quando Craxi era già molto ammalato ed era sempre incombente un possibile peggioramento: “Il partito è allo sbando, meno male che Craxi tiene in piedi la baracca. Se muore Lui andiamo tutti a vendere noccioline.”

Le federazioni PSI della Liguria e del Piemonte uscivano a brandelli dai processi delle ‘tangenti’. A Savona (Teardo), Genova (Machiavelli) nel 1976; di Torino (Zampini, Biffi Gentili) del 1983. La reazione del partito, ricordo si esaurì nella polemica coi giornalisti difendendosi parando al complotto giudiziario (i tempi elettorali con cui certe inchieste venivano tirate fuori dai cassetti non erano certo casuali) inefficacemente.

Studiosi e politologi, analizzando la ‘questione morale’ di quegli anni, produssero analisi sulla gradazione delle responsabilità. Risultava che il coinvolgimento nell’illecito finanziamento ai partiti sia al potere che alla opposizione, la casistica degli amministratori inquisiti dalla magistratura, vedeva prima la DC, secondo il PCI, terzo il PSI e decrescendo PSDI, PRI e PLI. Specificazione e prova che la ‘questione morale’ coinvolgeva la classe politica nella sua interezza mentre  Mani Pulite ha colpito soltanto il così detto CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) e più accentuatamente il primo. Come si può allora non pensare che Tangentopoli sia nata per stroncare il craxismo unica remora alla grande intesa tra sinistra DC e PCI auspicata da molti settori della società italiana?

Il PSI si liquefece come neve al sole, ma Borrelli non avrebbe avuto partita vinta se il suo gruppo dirigente fosse stato più accorto e coeso. Dilaniato dalle lotte intestine non valutò a fondo l’attacco. Di fronte alle vicende giudiziarie non discusse minimamente i fattori interni che le causavano (unica voce inascoltata quella di Giorgio Galli). La prassi del capro espiatorio coinvolse prima di Craxi anche Tanassi, Nicolazzi, e Pietro Longo. Lasciar passare quei precedenti all’insegna del mors tua vita mea, fu l’errore più grave e esiziale. Poi, per la lotta delle correnti, si agevolarono carriere di pseudo socialisti arrivati con le loro clientele, umiliando spesso i vecchi compagni socialisti. Che, nel momento del bisogno, lasciarono sbranare il partito ed il suo leader.

BETTINO CRAXI, CHI ERA....

Bettino Craxi nasce a Milano il 24 febbraio 1934. Segno zodiacale pesci ascendente squalo come ama scherzare nei momenti di auge. Primo di tre figli di Vittorio Craxi, avvocato siciliano trasferitosi al Nord (tanto da diventare prefetto di Milano e poi Prefetto a Como ), e di Maria Ferrari una popolana originaria di Sant'Angelo Lodigiano). Si laurea all’università in Storia negli anni ’50. L’Italia sta uscendo dalle tristezze del dopoguerra, dopo la ‘ricostruzione’ è alla vigilia del boom economico. Il clima politico è di scontro frontale fra i ‘socialcomunisti’ stretti nel patto di unità d’azione e l’area moderata e atlantica guidata dalla DC. 

Nelle seconde elezioni, dopo la Costituente in cui il PSI aveva la seconda posizione in numero di voti –dopo la DC e prima del PCI, Pietro Nenni di sorpresa fa lista comune col PCI nel FDP Fronte Democratico Popolare. La decisione viene presa nonostante il parere contrario di Sandro Pertini e Gaetano Barbareschi e di tutta la Federazione di Genova che unica in Italia appoggia la linea di strenua opposizione di Giuseppe Saragat. Mentre, però, i primi restano nel partito, Saragat farà la scissione di Palazzo Barberini fondando il PSLI, Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (i ‘piselli’ come li chiamarono allora). 

La DC esce trionfatrice dalle elezioni del 18 aprile 1948 battendo clamorosamente il Fronte Democratico Popolare. Nel gioco delle preferenze il PCI capillarmente organizzato piazza in testa i suoi candidati facendo uscire a brandelli quelli del PSI. L’ottimismo dilagante nella sinistra uscita vittoriosa alle precedenti elezioni amministrative aveva illuso gli esponenti e convinto incautamente Pietro Nenni ad imbarcarsi nella operazione che divenne un disastro da cui mai si riprese. 

I politologi hanno assai dissertato sulle motivazioni. Si disse anche che Palmiro Togliatti riottoso venne spinto dalla insistenza di Nenni. Può essere: se il Fronte avesse vinto anche con maggioranza relativa (vigeva il ‘proporzionale’) l’incarico di formare il governo non poteva che essere suo per la sua centralità rispetto agli altri due leaders.   Quando Bettino Craxi si iscrive, quindi il PSI è quasi allo sbando. Ha un solido elettorato tradizionale (tutti i nonni erano socialisti) disperso però con la politica frontista. Craxi si colloca nella corrente autonomista di Lombardi e Nenni che dopo la frana del Fronte persegue lo sganciamento e l’autonomia dal PCI, contro la sinistra ‘unitaria’ filo comunista di Basso e Vecchietti. 

La sua carriera politica inizia a Sant’Angelo Lodigiano a 22 anni, nel 1956: L’anno dei fatti d’Ungheria e del conseguente balzo elettorale socialista è eletto nel Consiglio Comunale e per dodici anni, pure entrando nel Comitato Centrale del PSI l’anno dopo, resta nella sfera della amministrazione locale.
Nel 1960, anno di Tambroni dei moti di Genova e dell’apertura a sinistra, diviene assessore della amministrazione comunale milanese. 

Nel 1965 è eletto membro della Direzione, il gruppo ristretto che dirige il partito e nel 1968 entra per la prima volta a Montecitorio dove sarà eletto per altre sette volte consecutive. Gli anni a cavallo tra i decenni ’60 e ’70, nel PSI come nel paese del resto, dilaga il massimalismo giacobino e operista. Essendo un ‘destro’ subisce un periodo di appannamento ma, dopo la fallimentare segreteria di Francesco De Martino, riprende l’ascesa. Tre volte è eletto al Parlamento Europeo. E’ vicesegretario nazionale nelle segreterie di Giacomo Mancini e di De Martino e capo-gruppo alla Camera. 

Nel 1976 al congresso del Midass Hotel sente giungere il suo momento. Non se lo fa scappare. Organizza la rivolta dei quarantenni e da vice diventa segretario. In tale veste persegue lo svecchiamento del partito, rinnova la sua ideologia. Sotto la sua guida fa ritrovare l’orgoglio e l’entusiasmo di partito smarriti dopo le tante sconfitte e frustrazioni del passato che alla metà degli anni ’70 lo rassegnavano a gratificare il PCI come erede della tradizione socialista italiana. Agita il tema della Grande Riforma, della revisione costituzionale. Si sente un po’ De Gaulle, un po’ Mitterand; o per lo meno ne vuole ripetere le orme in Italia. Cancella dal simbolo del partito la falce e martello sovrastante un libro aperto ed il sole splendente di classista memoria. Al loro posto assume il logo stilizzato del garofano rosso al centro del cerchio. La sua politica sarà definita ‘craxismo’ termine inteso da taluni spregiativo, elegiaco da tal’altri. 

Esso, comunque un nuovo corso nel bene o nel male, punta al socialismo liberale contrapposto al leninismo (abbandonato tacitamente anche dal PCI). Non sceglie l’interclassimo come la DC, ma si propone in rappresentanza di tutti gli strati operativi della società. “Dalla parte dei lavoratori” lo slogan. 
Scrive su L’Espresso del 27 agosto 1978: “Leninismo e pluralismo sono termini antitetici. Se prevale il primo muore il secondo. E ciò perché l’esenza specifica, il principio animatore del progetto leninista consiste nella istituzionalizzazione del ‘comando unico’, della ‘centralizzazione assoluta’ che, evidentemente implica la statizzazione integrale della vita umana individuale e collettiva. La democrazia, liberale o socialista, presuppone l’esistenza di una pluralità di centri di potere (economici, politici, religiosi, ecc…) in concorrenza tra di loro e la cui dialettica impedisca il formarsi di un potere assorbente e totalitario. Di qui ala possibilità che la società civile abbia una certa autonomia rispetto allo Stato e che gli individui e i gruppi possano fruire di zone protette dall’ingerenza della burocrazia”

Programma encomiabile che andrebbe attuato prima di tutto dentro il partito oramai in mano a piccoli ras locali in lotta senza quartiere tra di loro. Nel partito nomina Ugo Intini suo portavoce. L’impulso di Bettino Craxi è accolto favorevolmente dall’elettorato che inverte la tendenza al declino. Così nel 1983, sull’onda del successo e maggiormente della debacle elettorale della DC prende la carica di Presidente del Consiglio, carica che già gli aveva sottratto con Spadolini. Per un certo periodo la sua Presidenza si intreccerà con la Presidenza di Sandro Pertini; due socialisti contemporaneamente al Quirinale e a Palazzo Chigi. E’ il periodo d’oro del PSI ottenuto dopo la stupenda carriera descritta dallo stesso Bettino Craxi nel sito di internet costruito durante l’esilio-latitanza di Hammamet. Rammaricandosi del trattamento subito nel suo paese scrive nell’Editoriale della ‘home page’: ”Io, già amministratore del Comune di Milano, già deputato della Repubblica, già Presidente del Consiglio, già Presidente della Comunità Europea, già rappresentante personale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per missioni di pace nel mondo…” 

Il ‘Gabinetto Craxi’ (il fedele Giuliano Amato, già ‘testa d’uovo della sinistra, gli è vice e braccio destro) nasce il il 4 agosto 1983 e si concluderà il 17 aprile 1987 restando in carica ininterrottamente per quattro anni, otto mesi e tredici giorni. Sarà il governo più duraturo della storia repubblicana. Insieme a tale record lascia un bilancio positivo generalmente riconosciuto. Decisioni salienti: 1979-1984 messa in opera dei missili americani in risposta alle testate nucleari sovietiche. Centinaia di migliaia di manifestanti del PCI a più riprese invadono le strade di Roma protestando contro ‘il governo Craxi servo degli americani’. Codesti pacifisti a senso unico si preoccupano dei Pershing e Cruise ignorando gli SS-20. 1984-1985 

Con la battaglia della scala mobile Craxi tenta la sepoltura del ‘consociativismo’ che si concretizzava nelle consultazioni del governo col sindacato concordando ogni decisione economica (che lascia nelle mani del PCI, praticamente, il diritto di veto sulle decisioni). L’accordo Agnelli Lama del 1975 durante il tentativo di ‘compromesso storico berlingueriano, stabilisce l’aumento automatico della contingenza sul calcolo ISTAT della inflazione. Craxi decide di cambiare il meccanismo sul tema della lotta alla inflazione congelando unilateralmente ‘quattro punti della contingenza’ sulle buste paga. Concorda il decreto legge con Cisl, Uil e corrente socialista della CGIL. Il PCI e i comunisti della CGIL reagiscono duramente. Dopo scioperi e manifestazioni portano in corteo di protesta un milione di persone a Roma (la cosa si ripeterà con Berlusconi nel 1994). Poi visto che non ottengono riscontri pratici raccolgono le firme del referendum del 1985 chiedendo ai lavoratori ‘se vogliono guadagnare di meno o di più’. Tutti lo danno perso per Bettino. Invece la prova viene supera con una vittoria stupefacente perché proprio da nessuno prevista. 

A settembre nasce la grana internazionale del sequestro della motonave Achille Lauro. Per liberare gli ostaggi (meno uno, il paraplegico americano, che era stato gettato in mare dai terroristi) si accordò con gli arabi concedendo in cambio di lasciare libero Abu Abbas, responsabile del sequestro. Gli USA non ci stanno e mandano i marines a catturarlo a Sigonella. Non ci sta neppure Craxi e, volendo mantenere l’impegno preso, rifiuta la consegna arrivando alle soglie di uno scontro tra questi ed i nostri carabinieri. 

Nel 1987 finito l’impegno di governo Bettino Craxi torna a ‘full time’ alla segreteria del PSI. . Il 1989 crolla il Muro di Berlino. Va a vedere di persone e si prende la soddisfazione di dare anche lui qualche picconata. Il collasso del comunismo internazionale potrebbe essere il momento della rivincita del socialismo sul comunismo italiano inteso come ricucitura tra i due partiti dopo la scissione di Livorno del 1921. Ma Bettino Craxi non coglie l’opportunità. Lo crede proponendo l’unità socialista, ma alle sue condizioni. Dovendo scegliere tra alleanza con la Dc (e governo sicuro) o col PCI (aleatorio) sceglie la prima soluzione facendo nascere il CAF (l’alleanza moderata tra lui, Andreotti e Forlani). Assiste a Rimini al XX Congresso comunista in cui Achille Occhetto tratteggia il cambiamento del vecchio PCI nel nuovo partito PDS. Si illude che i ‘compagni separati’ vengano a Canossa, Ma il topolino non può fagocitare la montagna. Forse crede che siano gli elettori, sull’onda lunga del suo governo, a dargli ragione. Non sarà così, anzi da quel momento inizia il declino. Il sistema di potere comunista bene insediato nella società è troppo vasto per rischiare lo sfacelo.

Questo pericolo fa scattare le contromisure. Ci penserà Violante. “Io so. Ma non ho le prove” diceva P.P.Pasolini “”So perché sono un intellettuale, uno scrittore che cerca di seguire tutto ciò che succede, immaginare tutto ciò che si tace, che mette insieme i pezzi frammentari di un quadro politico…” Riprendo la frase per dire che secondo la mia ragione ne’ provata ne’ documentabile, ma che ritengo certa, l’inchiesta ‘Mani Pulite’, la fine del PSI, condanna e morte di Bettino Craxi, nascano proprio da qui.
TANGENTOPOLI - Il 17 febbraio 1992 si avvia l’inchiesta Mani Pulite con l’arresto di Mario Chiesa presidente del Pio Albergo Trivulzio detto ‘La Bagina’. Craxi lo scarica immediatamente tacciandolo di ‘mariolo’. Non avverte l’estensione del disegno, crede che come nel passato il tutto si risolverà nel solito capro espiatorio. Chiesa, allora, confessa e tira in ballo le raccolte di denaro a fini elettorali del PSI milanese (in particolare Bobo Craxi). 

I PM del tribunale di Milano sono quasi tutti componenti di un noto circolo culturale milanese che ha teorizzato la moralizzazione della società politica. Il pool guidato da Francesco Saverio Borrelli, composto da Gerardo D'Ambrosio (magistrato che emise la sentenza del caso Pinelli conseguente la strage di Piazza Fontana con il verdetto che fu un malore la causa del suo volo dalla finestra), Paolo Ielo, Francesco Greco, Tiziana Parenti (presto sostituita da Ilda Bocassini per divergenze sulle indagini verso il PDS), Antonio Di Pietro (che appare subito il fulcro motore della inchiesta); gode subito del favore di una opinione pubblica certamente stanca del malcostume dilagante, ma anche montata da un giornalismo succube e corrivo verso i magistrati. L’inchiesta pare casuale, nata da quell’episodio. Ma non è così. Dichiara Luca Magni, l'impresario concusso a Sette-Corriere della Sera (n° 32, 1998): << Nell'ufficio di Di Pietro c'era già il faldone Mario Chiesa perchè l'inchiesta era già in corso…>>. 

Nel paese si scatena un forte moto giustizialista appoggiato dai mass media. Il sostegno al Palazzo di Giustizia è totale e incondizionato ripagato attraverso l’oculato centellinare delle indiscrezioni. In poco tempo il Pool milanese (secondo l'illazione di alcuni giornali ) di fatto, acquisisce un immenso potere politico di fronte al quale la classe politica, la repubblica, le sue istituzioni, adbicano a se stesse. Nei primi mesi dell’inchiesta sembra che tutta la prima repubblica venga spazzata via. Invece le indagini si orientano particolarmente sugli esponenti del CAF (Craxi Andreotti Forlani) che vengono arrestati coi loro amici imprenditori lasciando fuori il PDS. Nel dicembre 1992, dopo il primo avviso di garanzia, una folla organizzata di attivisti di destra e di sinistra si accalca davanti all’Hotel Raphael aspettando l’uscita di Bettino Craxi per insolentirlo al grido di ‘ladro’ ‘Buffone’ e tempestarlo di monetine. 

Il 1993 sarà l'anno terribile di Tangentopoli. Il 5 marzo 1993 il gabinetto Amato vara un decreto sulla giustizia presentato da Giovanni Conso teso a limitare la carcerazione preventiva depenalizzando il finanziamento illecito ai partiti. Tutti concordano con quella necessità in misura minore la Procura di Milano che, sostenuta dal Corriere della Sera, La Stampa e La Repubblica, costringe il governo a fare marcia indietro. Lo stesso ministro Guardasigilli presentatore del decreto si rimangerà platealmente il provvedimento. Questa vicenda rafforza ancora di più i PM di Milano che a qualcuno sembrano ormai dominatori della politica nazionale. Poco dopo Giuliano Amato si dimette e, in aprile, lo sostituisce Azelio Ciampi con un governo tecnico, ‘del presidente’ Oscar Luigi Scalfaro, avallato dal PDS di Occhetto (unica forza partitica rimasta effettivamente in gioco). L'ing. Carlo De Benedetti, patron de La Repubblica e Olivetti, confessa al Pool di aver versato ai partiti di governo dieci miliardi di 'tangenti' per avere venduto alle PPTT migliaia di obsolete telescriventi e computer. Iscritto nell'albo degli indagati nel maggio 1993, dopo le condanne a Craxi e l’esilio-latitanza in Tunisia, a Carlo De Benedetti non sarà fatto ancora alcun processo. Invece Gabriele Cagliari, presidente dell’ENI, dimenticato in carcere dopo la promessa di liberazione, il 20 luglio 1993 si suicida in cella. Tre giorni dopo, il 23, con un colpo di pistola si ammazza anche Raul Gardini. Poche ore dopo la morte di Gardini è arrestato Sergio Cusani suo segretario, commercialista faccendiere e confidente.

La rapidità dell'attenzione giudiziaria verso Cusani è sorprendente ed è nelle date: arresto il 23 luglio. Richiesta di processo il 27 agosto. Parere favorevole del GIP Italo Ghitti il 6 settembre. Prima udienza del processo 28 ottobre. Conclusione dello stesso sei mesi dopo con la condanna a otto anni di reclusione (l'accusa ne aveva chiesti sette). Per i tempi incredibilmente lunghi della nostra giustizia un record eccezionale! Racconta Cusani a Vespa in uno dei cinque libri che egli ha scritto seguendo queste vicende: " ...due persone molto importanti a Milano hanno avuto un trattamento particolare. Se avessi commesso io i loro reati sarei stato condannato a 20 anni. Loro hanno patteggiato una miseria." Egli, in coerenza alla linea che si è dato di non coinvolgere nessuno, non fa nomi; tuttavia ogni lettore di quotidiani potrebbe conoscerli se non fossero coperti da un giornalismo reticente e da testate compromesse con quei potenti.

Il processo Cusani assume in tivù la spettacolarità dei processi soap opera con Antonio Di Pietro al posto di Parry Mason, che appare stranamente umile col tronfio Craxi, quanto insolente con l'accasciato Forlani.

Nell'ottobre scoppia lo scandalo dei fondi riservati del Sisde. Oscar Luigi Scalfaro, nella passata funzione di ministro degli interni, rivelano gli agenti segreti ed il prefetto Malpica capo del servizio civile, avrebbe avuto per quattro anni un appannaggio di cento milioni mensili in busta gialla fuori di ogni controllo. Il Capo dello stato la notte del Capodanno 1994, nel messaggio alla nazione, reagisce indignato col famoso iterato "Non ci sto" a reti unificate. Ma gli italiani non capiscono. Disinformati dei fatti nulla sanno del motivo di quella negazione (ma non conosceranno neppure nulla della destinazione di quei fondi ad personam; nessuno dirà loro se usati per esigenze istituzionali e quali). L'inchiesta si spegne, e gli accusatori vengono incriminati con l'accusa di golpe!

Il penta partito di centro-sinistra (DC, PSI, PLI, PSDI, PRI) si sfalda sotto i colpi degli avvisi di garanzia e del tintinnio delle manette. Antonio Di Pietro nella arringa famosa del processo Cusani spiega il 'sistema della corruzione' base dell'illecito finanziamento dei partiti. 'Una dazione ambientale' dice 'che riguarda tutti i partiti’. Ma l'inchiesta sembra a molti prendere una direzione sola. La DC, Craxi ed i suoi uomini. Escono indenni dall’inchiesta Occhetto, D’Alema e tutto il PDS nonostante il suo segretario amministrativo muoia d’infarto come quello del PSI. La formula ‘non poteva non sapere’ vale soltanto per Bettino Craxi. Greganti assume ogni responsalità su di se e per questo viene giudicato come eroe dalla base comunista-diessina. 
La strategia giudiziara del Pool di Milano sembra puntare a certi personaggi, mentre è abulica e spesso dimentica nei cassetti varie inchieste . Caso paradigmatico: il 10 marzo 1993 Pier Francesco Pacini Battaglia rientra dalla Svizzera e si costituisce a Di Pietro. Assume per difensore l'avvocato Giuseppe Lucibello, amico stretto del PM, e di fatto esce di scena.

In una intervista a Panorama Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, pentito dal corso degli eventi, concluderà: << Nel 1992, quando prese le mosse Tangentopoli, tutti eravamo sicuri che sarebbe stata una parentesi eccezionale, sgradevole ma indispensabile al rinnovamento, e destinata ad esaurirsi in fretta. Chiudemmo un occhio sulle esagerazioni e sugli eccessi non per amore di giustizialismo ne per assecondare le ambizioni della magistratura, ma nella speranza, quasi una certezza, che la mannaia avrebbe colpito indiscriminatamente uomini e partiti responsabili della corruzione a destra quanto a sinistra. Poi ci siamo accorti che alcuni sono stati risparmiati o hanno ricevuto un trattamento di riguardo, e si è creata una situazione di disparità francamente imbarazzante; chi in galera chi al potere>>.

Intanto Bettino Craxi, inseguito da mandati di cattura per condanne totali a 23 anni e sei mesi di reclusione passate in giudicato, si rifugia ad Hammamet. Il pool di Milano lo accusa di ‘arricchimento personale’ perseguito attraverso ‘tangenti’ raccolte per finanziare illecitamente il suo partito. Hammamet in tunisino vuol dire ‘terra dei bagni’. Qui, vicino al mare, Bettino Craxi in tempi non sospetti ha comprato del terreno e si è costruito una villa, che adesso è come un bunker protetto dalla polizia del presidente amico Ben Ali. Nell’isolamento il carattere personale del leader caduto in disgrazia si addolcisce, acquista una umanità sconosciuta in lui superbo e scostante nei momenti di gloria. Passa il tempo prodigandosi tra gli amati studi garibaldini, la composizione di litografie, e la pittura di anfore con la vernice tricolore che cola dall’alto al basso: ‘l’Italia che piange’ spiega. Non passa giorno che non tempesti di fax e lettere amici e avversari con cui inutilmente cerca di fare le sue ragioni. 
Lo addolora soprattutto "il tradimento" di Giuliano Amato. Nel 1999, poco prima della morte, concede una intervista a Carmine Fotia di Tele Montecarlo. Dopo rituali domande (dossier di Mitrokhin, Cossutta e i finanziamenti della Russia sovietica al PCI) Fottia gli chiede: “Lei si sente un perseguitato politico?” “Io sono un perseguitato politico – risponde Craxi alterando la voce – non mi sento”. E aggiunge “Ho subito processi speciali, sentenze senza prove. Un trattamento speciale e privilegiato con velocità supersonica in un paese ove si sa la giustizia ha il piede lento” “Perché non torna e affronta i processi?” incalza l’intervistatore. “Non torno perché io difendo la mia libertà. Qui sono un uomo libero, qui sono protetto… E poi di fronte a quali tribunali dovrei presentarmi? Di fronte a chi dovrei difendermi? A dei magistrati che pure senza prove mi hanno condannato come fossi un criminale? Lasciamo perdere va… la storia giudicherà”.

 Prima di Carmine Fotia, a trovare Craxi ad Hammamet, più allegramente c’era stato Vauro Senisi, vignettista di satira politica, redattore del Manifesto e direttore di Boxer. Ci va poiché si accorge che la satira politica, finchè il PCI stava alla opposizione, faceva il suo mestiere. Ma nell’era di Hammamet e dell’Ulivo è caduta in letargo, non graffia più il potere come se, perso il bersaglio più ambito, avesse terminato lo scopo di esistere. Approfittando del fatto che Stefania Craxi ha dovuto pagare una penale di 400.000 lire a Francesco Rutelli per averlo chiamato ‘stronzo’; Vauro nel giugno 1998 va a trovare il padre. L’intenzione è di riconciarlo alla satira. “Il mio lavoro è prendere in giro il potere: Che oggi, per molti versi, è peggio di quando c’era lui” dichiara a Luca Telese che lo intervista su Sette-Corriere della Sera in merito alle due paginate di Boxer dedicate a Bettino e all’appoggio che gli chiedeva Rutelli. 

Nell’ottobre del 1999 le condizioni di salute di Bettino Craxi si aggravano. Viene ricoverato nell’ospedale militare di Tunisi. Da molte parti si spinge per farlo tornare in Italia a curarsi ma non si trova la forma del rimpatrio. Il pool di Milano non vuole cancellare i verdetti come chiede la famiglia, al massimo offre una deroga temporanea ‘per curarsi’. Risponde loro la figlia Stefania: “Nessun salvacondotto medico. Mio padre tornerà soltanto da uomo libero, ha lavorato 40 anni per l’Italia”.

 Il 24 febbraio 2000 alle ore 16,30 Bettino Craxi è colpito da infarto nel sonno. L’ex leader socialista e ex presidente del Consiglio si era appena addormentato dopo aver preso un te insieme alla figlia Stefania che aveva appena lasciato il capezzale insieme al nipotino. Muore improvvisamente troncando ogni polemica sul rientro. Nessuno della famiglia si aspettava il decesso: la moglie stava in Francia, il figlio Bobo a Milano. Il Procuratore Gerardo d’Ambrosio, che ha preso il Posto di F.S. Borrelli nel Tribunale di Milano, appresa la notizia dichiara ai giornalisti: “Se fosse stato possibile ricoverare Craxi in un ospedale italiano sarebbe stato un guadagno per tutti. La legge lo prevedeva, niente può essere addebitato a noi. Umanamente mi dispiace per la sua morte, ma non si può rifare la storia”. Stefania Craxi è più sintetica: “Lo hanno ammazzato”. Il Pontefice, memore del Concordato del 1984 in sostituzione dei mussoliniani Patti Lateranensi, prega per Lui.
Dice il miracolato Giuliano Amato: “Il governo è pronto a assicurare i funerali di stato”. Anche D’Alema si unisce al cordoglio: “…Per un uomo con cui ho avuto contrasti aspri ma sempre nel riconoscimento della sua forte personalità politica”. E Berlusconi dichiara seccamente: “Questo è il momento del dolore, non delle parole”. (Corriere della Sera, giovedì 20 gennaio 2000).  

di PIER LUIGI BAGLIONI

 

Si disser che era un ladro, un corrotto, un delinquente, un latitante. Che aveva distrutto l'Italia e indebitato un'intera generazione. Sicuramente tutto vero, sarebbe ridicolo dire il contrario.

Ma Craxi non era solo questo. Esisteva un Craxi diverso, uno statista, un diplomatico, quasi un gigante. E credo gli vadano riconosciuti alcuni meriti:

* di aver rivoluzionato il partito socialista portandolo per la prima volta alla presidenza del Consiglio che Craxi tenne per quattro anni, dal 1983 al 1987.
* di aver guidato uno dei governi migliori della storia con figure che, per quanto biasimati e corrotti, appartenevano a un'altra classe di politici, capaci e navigati.
* di aver fatto diventare, anche se per breve tempo, l'Italia la quinta potenza economica mondiale superando il Regno Unito della Thatcher nel 1987. L'epoca della Milano da bere e del sorpasso.
* di aver avuto le palle di sfidare a testa alta gli USA durante la crisi di Sigonella nel 1985. Fu la prima e unica volta in cui un presidente americano cedette di fronte a un premier italiano.
* di aver avuto l'onestà di smascherare il sistema di Tangentopoli in vigore da anni (lo fanno tutti !) Il sistema non lo vedeva chi non lo voleva vedere.
* di aver riconosciuto in anticipo i limiti dell'UE e del Trattato di Maastricht: L’Europa per noi nella migliore delle ipotesi sarà un limbo, nella peggiore delle ipotesi sarà un inferno.
Craxi su verti versi era in confronto a quelli di oggi un gigante. Perché era un precursore del suo tempo.

Aveva le sue colpe ma era uno statista con le palle che non aveva mai paura di dire la sua e di sfidare amici e alleati per difendere gli interessi dell'Italia.

Rubava come rubavano tutti ma dava anche da mangiare. Era un ladro ma in confronto ai dilettanti di oggi appare come un gigante in mezzo ai nani.
Avercene ancora di politici così…

 

* La Fondazione Bettino Craxi ha prodotto nel 2008 il documentario "La mia vita è stata una corsa", realizzato dal regista Paolo Pizzolante.

* Il drammaturgo Massimiliano Perrotta nel 2008 ha dedicato a Craxi "la tragedia Hammamet"


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