QUINTINO SELLA


scienziato, economista, politico italiano.

QUIINTINO SELLA Nato a Sella di Mosso nel 1827 morì a Biella nel 1884. Uomo politico, ingegnere e mineralologo, alpinista e cultore appassionato d'archeologia. Pur nato dentro in una famiglia di pannaioli biellesi, poi diventata una delle prime fabbriche di piccoli industriali lanieri, studiò ingegneria a Torino e si perfezionò poi nel campo tecnico e scientifico in diversi paesi europei, insegnando geometria applicata e mineralogia.

Datosi alla politica fu uno dei protagonisti del neonato Stato italiano. Fu deputato nel primo Parlamento italiano a Torino dal 1860, nel 1862 fu nominato ministro delle Finanze, dicastero che guidò anche nel 1864-65 e nel 1869-73. In questo ruolo fu un intransigente ministro, impegnandosi a fondo per il pareggio del bilancio statale, imponendo nuove imposte e inasprendone altre, come la impopolare "tassa sul macinato" che causò un forte incremento del prezzo del pane e ovviamente il malcontento nelle classi sociali più povere che con il pane si nutrivano. Tassa che poi non scese nemmeno dopo la sua morte (avvenuta nel 1884) con l'abrogazione della tassa, che provocò violente rivolte, represse duramente, a volte nel sangue (come quella a Milano del 1898, con Beccaris che prese a cannonate la folla provocando centinaia di morti e mezzo migliaia di feriti. E per questo anche premiato da Re, che però poi pagò finendo assassinato).

Fermo assertore di una politica economica rigorosa ("fino all'osso"), Quintino Sella riuscì a riportare in pareggio il bilancio dello Stato ricorrendo come detto sopra a misure fiscali impopolarissime ma di grande efficacia. Il risultato fu una generale ripresa economica del paese, malgrado le agitazioni operaie provocate dall'attuazione del suo programma. Si scontrò fortemente con gli interessi ecclesiastici per essere stato il promotore dell’incameramento e vendita degli immobili appartenuti alla Chiesa (da poco espropriati dallo Stato), ma anche detestato dal Papa per essersi schierato tra i più accesi fautori della presa di Roma nel 1870.

Il suo appoggio all'occupazione di Roma gli guadagnò almeno in parte le simpatie della sinistra la quale non mancò, tuttavia, nel 1873 di attaccarlo vivacemente costringendolo a rassegnare le dimissioni a causa della sua politica economica.  Fra le quali la già citata "tassa sul macinato", ideata da Menabrea nel 1869, ma poi inasprita da Lanza su iniziativa proprio di Quintino Sella nel 1870.

Tra i più prestigiosi esponenti della Destra storica si mise in luce per la sua cultura più positiva e scientifica che umanistica. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche di vasta notorietà, fu - lui appassionato di montagna - anche tra i fondatori del Club Alpino Italiano.

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A Biella i Sella iniziarono nei primi anni dell'Ottocento, la vera rivoluzione industriale italiana. Pioniere era stato PIETRO SELLA, ma subito dopo é il figlio a cogliere l'occasione d'oro, per dare slancio alla sua fabbrica e a tutto il settore.
Suo padre Pietro nel 1816 (durante il caos della Restaurazione) da Seirang (Belgio) con una operazione di contrabbando (rigorosa era la vigilanza protezionistica nei Paesi che avevano il monopolio del tessile) attraverso i valichi e viaggiando di notte per non farsi scoprire, aveva introdotto la sua prima macchina per la cardatura della lana in una piccola artigianale fabbrichetta pannaiola biellese a Croce Mosso (oggi estinta).
PIETRO SELLA poi nel 1831 sulle sponde del fiume Cervo, a Biella Chiavazza, aveva fondato la sua prima vera fabbrica (oggi monumento archeologico dell'era industriale) azionata dalla forza motrice dello stesso fiume.

Nel 1849, non ci poteva essere momento più favorevole per lo sviluppo di questo importante settore. A Milano e nei dintorni, dove a fine Settecento, erano già esistenti grandissime fabbriche tessile (lana, cotone, seta), la seconda dominazione austriaca (1849) aveva modificato anche quella economica. Dando priorità ai prodotti fabbricati nei territori austro-ungarici (Veneto in particolare, con i Marzabotto -poi Marzotto- e i Rossi) riversati su Milano e sull'Intera Lombardia.
L'Austria aveva provocato un immediato crollo dei prezzi, seguito subito dopo da fallimenti e chiusura delle maggiori fabbriche milanesi. Fabbriche tessili che avevano già alle spalle una lunga tradizione artigianale come "pannaioli" iniziata ancora sotto i Visconti e gli Sforza cinque secoli prima.

Fallirono così industrie che prima soddisfacevano non solo il proprio territorio ma anche tutto il Piemonte, il Ticino, ma anche gli altri regni della penisola, in questo settore tutti arretrati.

Vienna ritornandoci nel 1815 con la restaurazione, Milano l'aveva già prostrata nei successivi anni. Tornandoci poi nel '49, più che vendicarsi preferì non fidarsi più dei milanesi che avevano aperto l'anno prima le porte all'esercito sabaudo.
Dopo la battaglia di Novara, l'abdicazione di carlo Alberto, gli austriaci bloccarono ogni sviluppo, anche se i milanesi reagirono con una miriade di fabbrichette artigianali di qualità, per soddisfare il piccolo mercato interno e per non perdere i commerci con la Svizzera; insomma i piccoli mercanti, non si arresero alla recessione. Ma non decollarono più le grandi fabbriche ormai tutte tecnologiche.
In questa critica situazione lombarda a guadagnarci fu il Veneto (più remissivo nei confronti degli austriaci). Sono infatti sorte in quegli anni due grandi fabbriche tessili, ed é in pieno boom la gelsicoltura e l'allevamento dei bachi da seta.

Nel Vicentino, già nel 1836 (già con gli austriaci sul territorio) un certo PIETRO MARZABOTTO (poi Marzotto) partendo da uno dei tanti piccoli laboratori artigiani di panni (il suo era iniziato nel 1800) ha inaugurato a Valdagno Vicentino un grande stabilimento tessile; e altrettanto ha fatto l'artigiano pannaiolo ROSSI a Schio: anche lui ha costruito una fabbrica meccanizzata introducendovi, come il Marzabotto, i primi filatoi meccanici e i telai Jacquard.
Dal 1849, sia per le prime commesse austriache militari, sia per rifornire l'ormai decadente mercato lombardo, le due fabbriche sotto gli austriaci non conoscono di certo quella crisi presente in Lombardia, soprattutto nel Milanese. Coprono le richieste sulla propria area, in più forniscono il mercato lombardo con le massicce forniture civili e militari e degli stessi austriaci, oltre gli altri regni sotto - tramite i parenti - il protettorato austriaco: Toscana, Marche, Stati Pontifici, Due Sicilie.

Se il Veneto si era avvantaggiato a spese della Lombardia, per un'altra ragione si era avvantaggiato il Piemonte, prima rifornito proprio dalla Lombardia. Non solo sono nate le prime fabbrichette per soddisfare la domanda locale, ma con una serie di mutamenti nelle politiche doganali, prima protezionistiche, poi con Cavour la libera importazioni dei macchinari inglesi, il settore tessile ha una vera e propria esplosione nelle valli biellesi.

Del resto, la politica del figlio di Carlo Alberto, Vittorio Emanuele e di Cavour, é quella di non favorire gli austriaci e anche se sono parenti degli Asburgo non vogliono aver bisogno di loro. Aveva ragione Metternich: "odiano la Francia ma anche noi non siamo graditi".
Ma era l'Austria che si era resa odiosa. Il Piemonte con una cultura intensa dei vigneti sul suo territorio, prima viveva (quasi il 50%) con le forti esportazioni in Lombardia con il suo vino. Ma dal '49, sempre per favorire il suo Veneto, l'amministrazione austriaca a Milano e in tutta la Lombardia, aveva raddoppiato i dazi sul vino piemontese, che causò il tracollo delle sue finanze.

Torniamo ai Sella e a Biella, e facciamo il quadro della nascita di questo epicentro del boom tessile, con il pioniere Pietro Sella.

Fiutando subito la situazione che da lì a poco si sarebbe creata (la Restaurazione) - come già accennato sopra - fin dal 1816 Sella é partito, e si è subito avvantaggiato; passano solo quindici anni e nel 1831 costruisce la sua prima piccola fabbrica. Ne passano altri quindici, ed é ora il figlio QUINTINO SELLA, scienziato mineralogo, viaggiando e assorbendo il meglio dall'Europa (Finanze, Banche, Risparmio, Industria ecc.) che inizia la grande attività fino allora paterna dando impulso alla sua azienda e a tutto il settore, trasformando Biella in una Manchester d'Italia.

Con l'estero l'Italia Unita si é avvantaggiata con le nuove tariffe doganali protezionistiche che impongono fino a un 30% 40% di dazi nelle importazioni soprattutto sul tessile (la prima vera grande industria italiana della Rivoluzione Industriale). Avvantaggiando così un settore che conosce proprio nel Biellese il suo "miracolo economico", dove in breve tempo per rifornire l'intera Italia sorgono 50, 100, 200, 400 opifici.
Qui prima di tutte l'impulso lo da la nuova fabbrica di QUINTINO SELLA (guarda caso) che diventa subito la più grande del Biellese. (Poi i Sella fonderanno anche una propria banca privata per i suoi concittadini facoltosi).

Del resto quando si ha un concittadino Ministro delle Finanze, anche un piccolo paese, in parte ancora medievale, com'era prima Biella, può decollare. Questo settore che impegna molta manodopera diventa privilegiato é anche avvantaggiato, perchè assorbe dalle campagne (soprattutto dalle risiere) molta manodopera rurale, disponibile e a bassissimo costo.
Questo settore si espande e si incrementa pure quello indotto, soprattutto nella meccanica, che ai primi tempi era ovviamente piuttosto carente. Ma per necessità incalzanti, offrendo paghe superiori si portano via alcuni tecnici già sorti nell'austriaco Veneto. Lo stesso nonno di chi scrive, si licenzia dai Rossi di Schio e va a montare le gigantesche macchine a Biella (con i suoi selfating, dove operano un nugolo di attaccafili, poi i telai, gli sfilacciatoi, le carderie, i milioni di fusi messi nelle casse ancora a mano e trasportati ancora con i carretti a braccia all'interno o con la trazione animale all'esterno.

Dunque in prevalenza una manovalanza di campagna contadina, non qualificata, debole, e perfino gracile va a riempire i grandi opifici biellesi dove la richiesta della manodopera era diventata altissima.
La manodopera di questa industria tessile del biellese e dintorni (dalla Statistica di V. Ellena del 1876) - (nel 1848 Biella contava solo 8.767 abitanti) é così fotografata dopo 28 anni !! : 382.131 addetti (!!!) di cui 188.486 donne, 90.083 fanciulli, di cui 25.000 sono sotto i 9 anni, e ben 5.000 hanno poco più solo 6 anni, che lavorano negli opifici 12 ore al giorno. La paga al giorno è pari al costo di 1,2 kg di pane). Mentre gli uomini lavorano 14-15 ore (era la regola) nelle altre attività considerate pesanti, con una paga pari a 5-6 chili di pane, che fra l'altro ha nell'acquistarlo come "infame strozzinaggio" la "tassa sul macinato", ideata da Menabrea nel 1869, poi inasprita da Lanza su iniziativa proprio di Quintino Sella nel 1870.


Sella in quegli anni del decollo, acquista una popolarità tale nel suo ceto, che non solo verrà mandato in Parlamento, ma sarà anche un grande statista, capace di sanare (con un po' di spregiudicatezza, e quindi con tanta impopolarità nei ceti bassi ma poi anche alti) in pochi anni le finanze italiane.

Quintino Sella, insomma, contribuisce non poco a far decollare l'industria manifatturiera biellese che inizia a fare un grande passo verso la civiltà industriale italiana. Ha colto anche lui al volo, come e più di suo padre, la situazione che si è creata in Piemonte con l'Unità d'Italia. Le prime vere grandi fabbriche, nascono proprio a Biella e nel Biellese. L'indotto, i maglifici, la meccanica e tutto il resto, trasformarono ben presto l'intera economia del territorio. Nel primo dopoguerra il Biellese era la zona a più alta concentrazione industriale; con alcune fabbriche che impiegavano dai 1000 ai 2.000 e più operai, alcune anche 4.000. Nel secondo dopoguerra nel Biellese si potevano ancora contare circa 450 fabbriche tessili, oltre il resto dell'indotto.

A Biella QUINTINO SELLA si meritò un monumento nella più grande piazza; e dai biellesi se lo meritò tutto, per le sue riforme liberiste (anche se impopolari nel resto d'Italia) e per essere stato su vari fronti il primo a intuire la vigorosa azione economica per tentare di riacciuffare il resto d'Europa che stava decollando con il liberismo, l'industria, la finanza,
l'istruzione, le aperture ai mercati mondiali.

FINE

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