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DELLE ELEZIONI PER LA COSTITUENTE DEL 1946
E DELLE 2 POLITICHE 1948 E 1953

MACERATA - MANTOVA - MASSA - MATERA - MESSINA - MODENA
NOVARA - NUORO - PADOVA - PARMA - PAVIA - PERUGIA - PESARO
PESCARA - PIACENZA - PISA - PISTOIA - POTENZA - RAGUSA - RAVENNA
REGGIO - CALABRIA - REGGIO - EMILIA - RIETI - ROVIGO - SALERNO
SASSARI - SAVONA - SIENA - SIRACUSA - SONDRIO - TARANTO - TERAMO
TERNI - TORINO - TRAPANI - TRENTO - TREVISO - TRIESTE - UDINE VARESE - VENEZIA - VERCELLI - VERONA - VICENZA - VITERBO

MACERATA

MANTOVA

MASSA

MATERA

MESSINA

MODENA

NOVARA

NUORO

PADOVA

PARMA

PAVIA

PERUGIA

PESARO

PESCARA

PIACENZA

PISA

PISTOIA

POTENZA

RAGUSA

RAVENNA

REGGIO CALABRIA

REGGIO EMILIA

RIETI

ROVIGO

SALERNO

SASSARI

SAVONA

SIENA

SIRACUSA

SONDRIO

TARANTO

TERAMO

TERNI

TORINO

TRAPANI

TRENTO

TREVISO

TRIESTE

UDINE

VARESE

VENEZIA

VERCELLI

VERONA

VICENZA

VITERBO

Riepiloghi nazionali
DELLE ELEZIONI PER LA COSTITUENTE DEL 1946
E DELLE 2 POLITICHE 1948 E 1953

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LA LEGGE ACERBO

(per la cronaca, Giacomo Acerbo che aveva elaborato la legge, era un esponente di rilievo del regime fascista; ma fu poi uno di quelli che mise la firma sul famoso "Ordine del Giorno Grandi" del 25 luglio 1943 che tolse i poteri a Mussolini. Fu poi - come "traditore" - condannato a morte in contumacia al processo di Verona.
Nato a Loreto Aprutino nel 1888, morì a Roma nel 1969)
La nuova legge elettorale, istituiva il premio di maggioranza, in pratica facendo valere la proporzionale solo per le minoranze. Grosso modo, i criteri della nuova legge erano i seguenti:

1) determinazione in 535 del numero dei deputati da eleggere;
2) formazione di un unico collegio nazionale, suddiviso in circoscrizioni elettorali regionali per tutto il Regno;
3) ripartizione del numero dei deputati da eleggere in ogni circoscrizione in base al risultato dell'ultimo censimento di popolazione;
4) rappresentazione per ciascuna circoscrizione di liste di candidati provviste di contrassegni anche figurativi, comprendenti non più dei due terzi del numero dei deputati assegnati alla stessa circoscrizione, e non meno di tre candidati;
5) somma di tutti i voti ottenuti nel collegio delle singole liste elettorali;
6) attribuzione dei due terzi del numero totale dei deputati, cioè 356, alla lista raggiungente il venticinque per cento dei voti validi, ed il maggior numero di voti di tutto il collegio nazionale;
7) divisione, per ciascuna circoscrizione, della somma complessiva dei voti ottenuti da tutte le liste di minoranza per il numero dei deputati assegnati in ogni circoscrizione stessa, allo scopo di stabilire il quoziente di minoranza;
8) divisione per tale quoziente della somma dei voti ottenuti dalle singole liste, e, in base al risultato, attribuzione del numero corrispondente di posti a ciascuna lista di minoranza, con la proclamazione dei candidati aventi ottenuto il maggior numero di voti preferenziali.

La relazione ministeriale che accompagnò il progetto di legge spiegava che: « All'infuori di altri intenti collaterali, è essenziale quello di assicurare al popolo, il quale anela a vedere debellata al sommo della cosa pubblica ogni incertezza e tergiversazione, un governo conscio dei suoi doveri e capace di adempierli ».
La si chiamò "esercizio della sovranità popolare".
L'iter di questa legge come abbiamo ricordato sopra provocò forti contrasti.
Lo slogan del "Listone" era "un seggio sicuro per chi entra nel listone", con le premesse che "il listone porterà a una invincibile maggioranza".

E così fu. A vittoria ottenuta, con il premio di maggioranza il listone ottenne 374 seggi, tutti gli altri 161. Fu la fine definitiva del vecchio parlamento prefascista.
Conosciamo i forti contrasti a urne chiuse, furono perfino drammatiche (Matteotti).

Ma alle accese polemiche, Mussolini disse che "il popolo aveva esercitato la sua sovranità", e aggiunse anche , "...tanto questa è l'ultima volta che si fanno le elezioni così, la prossima volta voterò io per tutti". (che voleva dire "voteranno come voglio io").

E con 374 seggi contro 161 poteva veramente far votare qualsiasi legge (censura della stampa, repressione, altri partiti messi fuorilegge, magistratura ubbidiente all'uomo che aveva il "divino potere d'intuizione", la milizia con gli ordini di vigilare e reprimere i dissenzienti del Governo, ecc. ecc. ) leggi che Mussolini puntualmente fece, quando continuando il processo di accentramento del potere - che assume le caratteristiche di una dittatura personale - abolirà (come aveva promesso) le elezioni per far posto al plebiscito. lo slogan era perentorio: "O contro il fascismo o con il fascismo". I "Si" furono all'unanimità con il 98,34% voti validi nel plebiscito del 1929 e col 99,84% nel plebiscito del 1934. (solo 15.265 italiani ebbero il coraggio di scrivere "no", contro i 10.026.513 di "Si".
( e quando uno si fa la "legge" che vuole, dopo, in ogni forma di dissenso, bolla gli oppositori come "estremisti", elementi che "vanno contro la legalità", e quindi ogni repressione è giustificata).


Gli italiani erano allora tutti fascisti?
Il 25 luglio del '43 dissero che non lo erano mai stati, e buttarono distintivi e tessere nelle pattumiere che nell'arco di ventiquattrore furono ricolme all'inverosimile. Mai si era visto un così repentino cambiamento, una così totale sconfessione di un "credo", "vangelo", "dottrina", "ideologia".
O avevano mentito prima o non erano sinceri dopo. In quei forti consensi plebiscitari o erano intimamente convinti di essere tutti fascisti o furono obbligati ad esserlo con le cattive maniere.
Piena responsabilità comunque: perchè nel primo caso si presero in giro da soli, nel secondo erano loro nel '24 ad aver dato pieni poteri al fascismo. E quando poi questo (prese il 65% di seggi) e iniziò duramente a esercitarlo, era ormai troppo tardi per tornare indietro, aveva la cosiddetta "maggioranza" datagli dal "popolo".

Il PLEBISCITO: Mussolini tirò fuori quest'asso dalla manica, il 24 marzo 1929, appena quarantadue giorni dopo l'11 febbraio, quando quel giorno l' "uomo che ci ha mandato la "provvidenza" firmò i Patti Lateranensi. Cosicchè a invitare i propri aderenti a rieleggere la Camera Fascista furono la Chiesa, tutti compatti quelli dell'AC, e anche i più importanti giornali cattolici, come Civiltà Cattolica e l'Avvenire d'Italia dalle loro colonne lanciarono appelli a favore del fascismo.

Ciò che disse De Gasperi alla "grande festa" lo abbiamo già letto sopra, tuttavia lo riportiamo:
"I cocchi dei trionfatori passano schizzando fango sui travolti che stentano a salvarsi sugli angoli della via".
Era amareggiato, indignato, dissentiva
pure con Civiltà Cattolica:
"Da tempo si stanno trascurando i precetti della dignità. L'educazione clericale insegna a stare in ginocchio ma dovrebbe apprendere anche a stare in piedi. Così adesso sono contenti i clerico-papalini e sono contenti i fascisti. Per Mussolini é un trionfo!"
.

e "profeticamente" aggiunse: "A palazzo Colonna, riaprendo i famosi battenti, qualcuno crederà di riaprire le porte di secoli in cui s'intrecciarono lo scettro e il pastorale. Ma la realtà del XX secolo non tarderà a farsi sentire, le grandi masse ricompariranno dietro allo scenario". "Auguriamoci che gli uomini di Chiesa non le perdano mai di vista"
(A. De Gasperi, Lettere sul Concordato, Morcelliana Brescia 1970, pag. 59).

FINE
* Sul determinante appoggio dato dalla Chiesa alla Democrazia Cristiana prima e dopo il 18 aprile 1948, è utile per quantità di informazioni "La Chiesa e le organizzazioni cattoliche in Italia (1945-1955)" di Carlo Falconi (Einaudi 1956)
* Sulla tormentata nascita della Repubblica, sulla coalizione dei partiti nei primi due anni del dopoguerra, sulla rottura tra la Democrazia Cristiana e la sinistra socialcomunista, sulle polemiche per l'espulsione delle sinistre dal potere, su i rapporti con l'America, e su i nodi politici fino alle elezioni del '48, è utile come quantità e qualità di informazioni "Storia del dopoguerra dalla liberazione al potere DC" di Antonio Gambino, Laterza 1975.
* Per una esauriente documentazione statistica su ogni aspetto della vita politica e sociale italiana, sulle profonde differenze economico-sociali esistenti nelle diverse zone d'Italia nei primi anni del dopoguerra, e il modo in cui i vari partiti le affrontarono, è prezioso il testo di Paul Ginsborg, "Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi" (Einaudi 1989).
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