Analisi e contributi critici allo studio della storia italiana     L’ITALIA DEL 1922-1936     
 e la crisi mondiale in Italia
    Le origini, i debiti, le spese, la realtà della vita economica


 * LA VITA ECONOMICA NEL 1931-1934 
*CIO'  CHE SI ERA FATTO- LA PRODUZIONE - I TRAFFICI

Abbiamo tracciato la situazione della vita economica italiana nel primo anno della nostra depressione: possiamo ora seguirne lo sviluppo e colpirne la immagine negli anni successivi.

I primi mesi del 1931 sembravano avere portata la depressione allo stadio acuto di gravità, tanto che le aziende male amministrate si sono poste in liquidazione e anche le bene amministrate hanno risentito il peso delle difficoltà finanziarie. La produzione si è mantenuta discretamente buona e la restrizione del consumo si è affermata in misura meno forte che altrove.

In agricoltura - Il raccolto del grano, che era stato di quasi 71 milioni di quintali nel 1929, era disceso a 57 nel 1930, per elevarsi a 66 milioni nel 1931, risalire a 75 milioni nel 1932, e toccare il massimo di 81 milioni nel 1933; è disceso a 63 milioni 328 mila quintali nel 1934 per risalire a oltre 76 milioni nel 1935. Costatiamo, con legittimo conforto che il miglioramento alimentare verificatosi in tutte le classi sociali in questi ultimi anni ha quasi annientato la pellagra che tormentava l'Italia settentrionale. Nel 1925 fu iniziata in Italia, per volontà del Capo del Governo, la battaglia del grano;  e non a caso si volle dare alla grande impresa una denominazione che è tutto un programma denso di significato; battaglia, non per i fini da raggiungere per la qualità dei messi, ma per il prestigio e la santità della causa, per la disciplina che rigidamente richiede. Il risultato è stato così soddisfacente, che noi possiamo affermare tecnicamente dimostrato questo principio: l'Italia può e deve ritrarre dalle sue terre tutto il suo pane. Non è necessario aumentare la superficie coltivata, anzi può diminuirla notevolmente; è necessario invece aumentare il rendimento medio per ettaro. E risparmiare la superficie coltivata a grano vuol dire destinare terremo ad altre colture, ai foraggi, alla canapa, al lino, al tabacco, alla bietola, al riso, secondo la natura del suolo e le attitudini della popolazione e le richieste del mercato.

Dal grano al vino: la produzione del 1931 è stata eccezionalmente scarsa, ma la restrizione verificatasi nel consumo ha fatto discendere i prezzi molto bassi; nel 1932 s'è avuta una produzione relativamente abbondante: 45 ,4 milioni di ettolitri: Il consumo si mantiene fiacco e le condizioni del mercato si sono peggiorate; rimane alta la quota dei gravami fiscali, che supera in varie regioni, e per il grado normale del vino da pasto, il prezzo di vendita all'ingrosso del vino; la crisi diventa penosa. La produzione del 1933 è stata di 33 milioni di ettolitri, nel 1934 di 31 milioni.
La produzione  dell'olio d'oliva, che era di 3 milioni di quintali nel 1929, fu minima nel 1930 con 1 milione 344 mila quintali; risali a quasi 2 milioni e mezzo nel biennio 1931-32, a 1 milione 761 mila nel 1933, a 2 milioni 332 mila nel 1934; malgrado i prezzi abbassati, la domanda permane limitata e si fanno abbondanti scorte esportabili. La Confragricoltori in una riunione del febbraio 1933, emise dei voti per conseguire l'intervento dello Stato al fine di migliorare le condizioni del mercato.

Nell'Industria - L'Italia dipende quasi interamente dall'estero per il carbone e per il petrolio; anche in questi due prodotti che danno il moto all'attività industriale e commerciale si nota un consumo depresso, malgrado che i prezzi abbassati sui mercati e la mitezza dei noli marittimi rendano facile l'approvvigionamento. Anche per l'energia idro-elettrica si deve rammaricare un regresso nel consumo industriale e in quello domestico; se ne ha, invece, un compenso nel progressivo sviluppo della elettrificazione ferroviaria e tranviaria.

Una industria che in Italia ha avuto periodi floridi, è quella della seta: in questi ultimi anni il raccolto medio annuale dei bozzoli ha oscillato fra i 55 e i 60 milioni di chilogrammi nel 1927-29, si è mantenuto sui 53 milioni nel 1930, ma il notevole ribasso dei prezzi verificatosi nel 1931 lo ha fatto discendere a 34,5 milioni; nel 1932 è risalito a 38, per poi ridiscendere a 34 nel 1933 e a 28,8 nel 1934.

Il mercato italiano si può considerare un anello di congiunzione fra i mercati orientali produttori di bozzoli e i mercati occidentali consumatori; nel 1929-30 esportò 6 milioni 350 chilogrammi di seta tratta  e quasi 4 milioni di cascami di seta; l'esportazione di tessuti di seta si valutava intorno a un miliardo di lire nel 1928 e nel 1929, è discesa a 670 milioni nel 1930, fino a  umiliarsi a 35 milioni nel 1934. Sul mercato italiano la crisi mondiale, ha avuto ripercussioni dolorose. Nè sono bastati - per non vedere spengersi questa industria secolare-  i premi di produzione dello Stato concessi ai sericultori e ai filandieri

L'industria del cotone: prima della guerra aveva saputo conquistare molti mercati, li perdette fatalmente  in quella parentesi tragica della vita, ma li ha aveva ripresi subito dopo, poi  le difficoltà hanno cominciato a tormentarla. La depressione ha creato dissesti che hanno portato alla chiusura di vari stabilimenti e hanno stimolato al concentramento delle imprese. L'industria cotoniera occupava 250 mila operai prima della crisi, li ha risotti ora a 150 mila: la domanda del prodotto si è ristretta all'interno e all'estero, e i prezzi si sono abbassati a un tale livello da far scomparire il profitto unitario. Le esportazioni hanno dato questi risultati: 1 miliardo nel 1931, 735 nel 1932, 610 milioni nel 1933, fino a scendere a 492 milioni nel 1934.
Il complessivo movimento d'importazione e d'esportazione che superava i 4 miliardi nel 1929, si è ridotto a 1 miliardo 293 milioni di lire nel 1934. Un tracollo considerevole.

Un indice sintomatico del progresso industriale di un Paese, potremmo anche dire della sua importanza economica, è dato dalla produzione del ferro; è il metallo più utile che si conosca, e se ne hanno, a seconda del contenuto in carbonio, tre varietà: la ghisa, che è il ferro meno puro, l'acciaio , che si ottiene per decarburazione della ghisa, il ferro dolce, che è il più puro. La produzione siderurgica mondiale si calcola ora, approssimativamente, attorno ai 200 milioni di tonnellate, ma erano 300 milioni dieci anni or sono. Quale ne è il contributo dell'Italia? Nel 1929 si produssero 2 milioni 143 mila tonnellate di acciaio greggio e 678 mila tonnellate di ghisa greggia; nei tre anni successivi la produzione è andata continuamente diminuendo, riducendosi a 1 milione 391 tonnellate di acciaio e a 461 mila di ghisa nel 1932; si è ripresa nel 1933 e nel 1934 risalendo a 1 milione 850 mila di acciaio e a 521 di ghisa.

Per regolare la produzione e l'utilizzazione di questo metallo, fino dal 1929 si costituì un sindacato fra produttori di laminati, ma non tutti vi aderirono; e siccome questi dissidenti ostacolavano la finalità per la quale il sindacato era sorto, così un provvedimento legislativo del gennaio 1932 ha autorizzato il ministero delle corporazioni a disporre la costituzione di consorzi obbligatori fra gli esercenti dei vari rami dell'industria siderurgica "allo scopo di disciplinare la fabbricazione e la vendita dei prodotti dell'industria stessa".

Le industri meccaniche che si differenziano in molteplici imprese, occupavano 227.543 operai alla fine del 1929; ma questa massa lavoratrice si è ridotta a 127.692 alla fine del 1934: alla distanza di cinque anni (da quel famoso 1929) troviamo 100 mila occupati in meno, abbiamo, cioè, una riduzione del 44 per cento. E la depressione, pur così forte, sarebbe stata ancora maggiore, se lo Stato non fosse intervenuto a sostegno di numerosi stabilimenti.

Un altro metallo, usatissimo nelle industrie per impianti elettrici, essendo buon conduttore, e per la fabbricazione di numerosi utensili per uso domestico, è il rame; ma la diminuita attività delle industrie elettriche ne ha ristretto il consumo, che, normalmente, oscillava fra i 65 e 70 mila tonnellate all'anno.

COMMERCI E TRAFFICI - Tutti gli elementi che abbiamo ricordato fin qui, e che danno alimento alle svariate forme di produzione economica, li ritroviamo anche nel movimento commerciale, che si afferma e concreata nei trasporti terrestri e marittimi. Esaminiamoli partitamente.

Il traffico dei viaggiatori  e delle merci nei trasporti terrestri si è andato indebolendo in misura opprimente in questi ultimi anni, con una conseguente limitazione di entrate. L'esercizio ferroviario statale del 1930-31 si è potuto ancora chiudere in pareggio, perché la riduzione delle entrate si è fronteggiata con un oculato e previdente risparmio nelle spese e con altri provvedimenti: si è diminuito il personale, si sono lievemente abbassati i salari, si è abolita la prima classe in servizi per linee secondarie; si sono istituiti dei treni popolari festivi con tariffe bassissime e si sono fatte larghe concessioni eccezionali per aumentare il traffico in determinati periodi dell'anno. I veicoli su gomma (auto e autocarri) fanno una concorrenza non trascurabile al servizio ferroviario, specialmente per i trasporti a piccole distanze. Gli  esercizi 1933-34 e 1934-35 si sono chiusi con disavanzi di oltre 800 milioni di lire.

I trasporti marittimi hanno risentito in misura anche più forte la ripercussione della crisi. Nel 1931 si sentì il bisogno di riunire tre grandi Società di navigazione: la Navigazione Generale, il Lloyd Sabaudo, la Cosulich; si venne a formare una società unitaria, cui si è  dato il nome fatidico e augurale di Società Italia.  Con queste fusioni si sono ridotte le spese amministrative, si sono eliminate le spese di concorrenza. Anche le maggiori imprese, che esercitavano servizi sovvenzionati, hanno seguito l'iniziativa della fusione: il Lloyd triestino, la Sitmar. la Marittima Italiana si sono raccolte in una unica impresa, che ha conservato il nome della prima del gruppo, costituendo un blocco di naviglio di 320 mila  tonnellate. 
Poi le due fusioni si sono armonizzate: la Società Italia  controlla il nuovo Lloyd per cu tutto il naviglio italiano agisce sotto una direzione unica, con il concorso provvidenziale dello Stato. 

Prima della crisi avevamo assistito ad uno sviluppo eccessivo dei trasporti marittimi; ed era stato favorito da incoraggiamenti statali non pienamente giustificati. Il ribasso dei noli, inatteso ed esagerato, la contrazione dei traffici, che ha assunto un aspetto disastroso, hanno smorzato le speranze del concentramento operato nel 1931; già l'anno successivo ha dovuto registrare un peggioramento delle condizioni finanziarie della navigazione libera di linea e una sofferenza della navigazione sovvenzionata. Le svalutazioni della sterlina e delle monete di altri paesi marinari dovevano congiungersi al ribasso dei noli e alla restrizione del traffico per aggravare la situazione economica della marina mercantile italiana.

NEL PROSSIMO CAPITOLO LA DEPRESSIONE NELLA PROPRIETA' FONDIARIA 

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