Analisi e contributi critici allo studio della storia italiana     L’ITALIA DEL 1922-1936     
 e la crisi mondiale in Italia
    Le origini, i debiti, le spese, la realtà della vita economica


 * LA DEPRESSIONE NELLA PROPRIETA' FONDIARIA
E LA SPECULAZIONE DEL DOPOGUERRA

La depressione economica italiana si differenzia dalla crisi mondiale per le speciali condizioni del nostro paese. I proprietari italiani ricordano gli anni dell'immediato dopoguerra, che segnarono la ridda fantastica della compra-vendita dei terreni: la terra per alcuni era diventata una merce comune; coloro che avevano cumulato somme favolose durante la guerra le investivano in poderi e tenute, pagando prezzi altissimi; oggi sono tassati in misura di quella valutazione e i prezzi di mercato sono precipitati improvvisamente a un livello minimo. Non hanno più alcuna riserva monetaria e acquistano semi, concimi, macchine, strumenti di lavoro, tutto a credito dai Consorzi agrari con l'obbligo di pagare a raccolta.
E' stato dimostrato con dati precisi che il prezzo attuale del grano era uguale nel 1930 a cinque volte il prezzo di vendita dell'anteguerra, lo è divenuto oggi uguale a tre volte e mezzo, mentre il costo attuale  di produzione è uguale a sette volte il costo dell'anteguerra. Soltanto le alte produzioni, dai 30 quintali in su per ettaro, diventano redditizie.
Non c'è stata mai tanta richiesta di mutui fondiari come ora. Le domande sono così numerose, che se ne respingono molte e si prolunga la procedura per rallentare l'operazione; le cartelle fondiarie al 3,50 per cento, emesse nell'anteguerra, si ricercavano a un prezzo superiore alla pari ed erano discese nel 1931 a 410 lire (il valore nominale di emissione è di 500 lire), per risalire l'anno dopo a 440; erano state emesse invece, cartelle al 4,50, al 5 e al 6 per cento che, nel 1934, si sono convertite al 4 per cento per disposizione governativa.

Nel quinquennio 1930-34 sono stati stipulati dagli istituti di credito fondiario 10.841 mutui su beni rustici per un ammontare di 1 miliardo 875 milioni, e 18 miliardi 949 milioni su beni urbani per un ammontare di 3 miliardi 268 milioni; complessivamente, i mutui di credito fondiario in questo quinquennio di depressione hanno avuto un ammontare di 5 miliardi 143 milioni di lire. Gli istituti di credito agrario, a loro volta, nello stesso quinquennio 1930-34, hanno concesso 1.124.061 mutui d'esercizio per un ammontare di 4 miliardi 251 milioni di lire, e 29.766 mutui di miglioramento per 884 milioni 496 mila lire. In cinque anni la proprietà fondiaria si è aggravata di mutui per una somma di oltre 10 miliardi di lire.

I proprietari fondiari, così gravemente colpiti dalla depressione, si caricano di debiti e si trovano imbarazzati a pagare le rate semestrali di ammortamento. Nei primi quindici giorni di gennaio e di luglio le sale del credito fondiario, dove si fanno i pagamenti rateali, erano affollate fino a pochi anni or sono; oggi si trovano deserte; e tutti sono in arretrato. Basterebbe l'arretrato di un semestre per mandare all'asta il fondo, ma l'istituto pazienta due tre semestri e ora passano anche questi e le espropriazioni fondiarie sono dovunque numerose: la situazione è preoccupante.

Lo Stato ha fornito e continua a fornire aiuti all'agricoltura così tormentata: ha stanziato in bilancio degli assegni quinquennali per contributi su prestiti agrari di esercizi rateizzati, per diminuire gli interessi sulle anticipazioni fatte agli agricoltori dai consorzi agrari e ha destinato oltre un miliardo di lire per venire in aiuto di agricoltori benemeriti, che avevano ricorso al credito per opere di miglioramento e che ora si trovano in gravi difficoltà economiche.
Molti proprietari si erano trovati nella dura necessità di vendere subito il raccolto granario, per compensare le anticipazioni avute dai consorzi agrari, ma consorzi e governo li hanno assistiti anche in questo momento critico con una istituzione iniziata nell'estate 1932 e che si è andata intensificando nel 1933. Consiste nelle vendite collettive compiute sotto la vigilanza dei consorzi agrari per sopprimere quel groviglio d'intermediari che si frappone fra il produttore e il consumatore e aggredisce l'uno e l'altro. I prezzi all'ingrosso, quelli che riscuote il produttore, sono discesi notevolmente, come abbiamo già documentato, da pochi anni a questa parte, mentre i prezzi al minuto, quelli che paga il consumatore, hanno subito lievi oscillazioni. Le vendite collettive toglierebbero questo stridente contrasto rendendo un beneficio al produttore e al consumatore, eserciterebbe una funzione economica e morale.

I consorzi agrari, disseminati in tutta Italia, sono gli enti adatti per dare attuazione a questo provvedimento: come forniscono gli agricoltori di concimi e di strumenti agrari, possono ricoverare il grano in locali appositi, anticipare al produttore i nove decimi del prezzo di mercato, venderlo al momento opportuno e al prezzo conveniente, utilizzando i magazzini propri e quelli dei comuni o di altri enti e degli stessi proprietari fino a che non si siano costruiti in ogni provincia i silos adatti per questo servizio. Per preparare con la maggior efficacia questa attività provvidenziale e per assicurare il suo progressivo e vitale sviluppo, si ritiene utile compiere una serie di operazioni preliminari: una statistica dei produttori, che ci consenta di avere una indicazione esatta dei granai e locali adatti alla conservazione del prodotto; un accordo con i grandi mulini per la concessione dei silos e dei magazzini di loro proprietà; una statistica rigorosa dei consumi della provincia per la distribuzione del prodotto e per l'offerta della quantità esuberante a quelle province che ne abbiano bisogno.

 In tempi di guerra si è fatta la requisizione dei cereali, e la popolazione ha potuto superare difficoltà paurose; in tempi di pace, molestati dalla crisi economica, possiamo fare l'ammasso volontario del frumento per la vendita collettiva, eliminando speculazioni ingorde, assicurando ai produttori un prezzo equo e remunerativo , senza gravare i consumatori, stimolando gli agricoltori a più intensa e razionale coltivazione.
Ritorneremo allora anche nella valutazione della terra, ai principii fondamentali della dottrina economica: la terra non deve dare niente del suo, deve saper conservare la sua fertilità, e il suo valore non deve dipendere da quanto essa può produrre naturalmente, ma deriva dalla facilità che essa offre di raggiungere i più alti prodotti al minimo costo: è l'industria agraria che si giova della terra per trasformare i concimi nei vari prodotti richiesti dal mercato. 
Il valore della terra si commisurava una volta, nella vecchia agricoltura, dal grado della sua fertilità naturale, e i terreni si distinguevano in classi; nell'economia attuale il valore della terra aumenta nella stessa proporzione con la quale l'agricoltore ne sa innalzare la produttività. La vecchia agricoltura impiegava dei secoli a raddoppiare la produzione di un terreno, la nuova raddoppia e triplica la produzione in pochi anni.

E allora, perché si assiste alla realtà angustiante di una improvvisa e sensibile svalutazione della terra, quando la battaglia del grano ha trionfato con un aumento della produzione nazionale e con esempi mirabili di produzioni che si elevano ai 50, ai 60 quintali per ettaro? E' stato osservato dai tecnici che il deprezzamento della terra non può avere che tre cause: l'ignoranza, la mancanza di capitale per l'esercizio dell'industria agricola, la libidine del possesso. Ebbene, abbiamo vinto l'ignoranza con l'opera assidua e illuminata delle cattedre ambulanti e dei sindacati degli agricoltori; ma il capitale difetta e, come abbiamo detto, tutti gli agricoltori ricorrono al credito, vincolando i prodotti futuri; la libidine del possesso era divenuta, nell'immediato dopoguerra un gioco di borsa fatto col miraggio abbagliante d'una ricchezza privilegiata, ma coloro che avevano fatto gli acquisti a prezzi fantastici si trovano ora morosi con l'esattore delle imposte e col credito fondiario.
Eppure, noi riteniamo che la proprietà fondiaria, percorsa da una malattia fulminea, sia dotata di tali energie di resistenza da poter evitare il tracollo per entrare in uno stato di convalescenza risanatrice. Avverranno anche qui le epurazioni e la terra sarà lasciata a quei saggi agricoltori che ne sanno adeguatamente valutare la potenzialità produttiva e la sanno utilizzate per la soddisfazione dei bisogni nazionali.

 

NEL PROSSIMO CAPITOLO PER RISOLVERE LA CRISI

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