5  

IL LAVORO NELL'ORDINAMENTO FASCISTA
LA DISCIPLINA
(Interventi di Mussolini)

(Questo testo è riportato integralmente nel libro scolastico già accennato all'inizio)

Una nazione esiste in quanto è un popolo. Un popolo scende in quanto sia numeroso, laborioso e ordinato. La potenza è la risultante di questo fondamentale trinomio. Il popolo che lavora è inquadrato nelle istituzioni del Regime: attraverso il sindacalismo e il corporativismo tutta la nazione è organizzata.

Il sistema che si basa sul riconoscimento giuridico dei Sindacati professionali, sul Contratto collettivo, sul divieto di sciopero e di serrata, sulla Carta del lavoro, documento fondamentale di cui si valuterà la portata sempre maggiore, sulla Magistratura del Lavoro, si è già palesato vitale. 

Il lavoro e il capitale hanno cessato di considerare i loro antagonisti come una insuperabile fatalità della storia: i contrasti inevitabili trovano il loro sbocco pacifico attraverso a una sempre più consapevole collaborazione di classe: sono stati stipulati centinaia di patti nazionali concernenti milioni di operai: la legislazione sociale del Regime Fascista è la più avanzata del mondo: va dalla legge sulle otto ore all'assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi.

Le classi dei datori di lavoro sono anch'esse all'avanguardia: soprattutto in Italia gli industriali si sono liberati dalla mentalità classista: e mentre la disciplina delle masse operaie è assoluta, il senso di civismo e di solidarietà umana nelle classi industriali italiane costituisce un loro titolo di onore. Questa formidabile esperienza italiana che si riassume in queste parole: "organizzazione giuridica di tutte le forze concorrenti alla produzione", è oggetto di studio e viene già indicata a modello in parecchi Paesi del mondo, che soffrono delle dispersioni e dei conflitti della lotta di classe (Dal discorso di Mussolini tenuto nel 1929).

LO STATO ITALIANO FASCISTA E CORPORATIVO

Lo Stato Italiano è fascista e corporativo, anzi fascista perché corporativo e viceversa, poiché senza la Costituzione corporativa, elaborata nelle memorabili, ardenti ed entusiastiche sedute del Gran Consiglio degli anni 1925-1926, fissata la legge del 3 aprile e coronata con la Carta del Lavoro, non vi è Rivoluzione fascista; poiché una Rivoluzione è molto di più della semplice costituzione di un Governo forte che può garantire - in ogni evenienza- l'ordine pubblico.
Questa concezione filistea piccolo-borghese della Rivoluzione fascista è da respingere come una parodia e un insulto. Discutere ancora se la sfera dell'economico rientri nello Stato e appartenga allo Stato è semplicemente - nella migliore delle ipotesi, assurdo e inattuale. Nessuna sfera della vita individuale e collettiva può essere sottratta allo Stato: ogni sfera, anzi, rientra nello Stato e vive in quanto è nello Stato.

Già prima del 1914 lo Stato era entrato decisamente nella sfera dell'economico; ma da allora a oggi c'è stato quell'insignificante incidente che è la guerra mondiale, la quale ha avuto il torto di sconvolgere l'umanità intera e la vita dei popoli, in tutti i suoi aspetti politici, economici e spirituali. Non mai come oggi l'economia è diventata pubblica, squisitamente politica. Anzi lo Stato in generale e quello fascista in particolare agisce sull'economico in un triplice modo: creando le condizioni generali più propizio allo sviluppo delle forze economiche del Paese; aiutando le forze economiche sane, quando da sole non possono rimontare la corrente, poiché la loro volontà non è più sufficiente allo scopo, o quando come nelle grandi bonifiche, i mezzi dell'iniziativa privata non bastano all'ampiezza del compito; lasciando perire, senza pericolose indulgenze, gli organismi mal creati e mal diretti.

Lo Stato corporativo fascista non vuole essere il semplice guardiano notturno della politica, non vuole nemmeno essere soltanto una specie di Congregazione di carità dal punto di vista sociale. Lo Stato fascista è quello che più direttamente è entrato nella sfera dell' "economico", creando una disciplina nei conflitti degli interessi collettivi, riconoscendo giuridicamente i gruppi professionali, conferendo a essi la rappresentanza di tutte le categorie.

Questi cinque anni hanno luminosamente provato la bontà e la utilità del sistema. Non si sono avute in Italia le dispersioni di ricchezza dovute in altri Paesi alla lotta di classe, sotto la duplice espressione tipica di sciopero operaio o di serrata padronale: poiché la Corporazione come tendenza dello spirito e come istituto realizza ed è destinata a sempre più a realizzare l'equilibrio degli interessi opposti, sul piano di un riconoscimento dell'interesse generale, senza del quale anche l'interesse dei gruppi e degli individui è compromesso (Discorso di Mussolini tenuto il 18 agosto 1931)

LA VERA DISCIPLINA FASCISTA. - Disciplina, bisogna intendersi; la disciplina non può essere una cosa soltanto formale: deve essere una cosa sostanziale. Cioè non si può essere disciplinati soltanto quando ciò è facile e fa comodo, perchè quella non è vera disciplina: Bisogna essere disciplinati soprattutto quando la disciplina costa sacrificio e rinuncia. Quella è la vera disciplina, la disciplina fascista (Mussolini).

L'ITALIA CHE FAREMO - L'Italia che noi vogliamo fare, che noi costruiamo giorno per giorno, che noi faremo, perché questa è la nostra fede e la nostra volontà incrollabile, sarà una creatura magnifica di forza e di saggezza. E potete esser certi che in questa Italia di lavoro, tutto il lavoro, quello dello spirito e quello del braccio, terrà, come deve tenere, il primo posto (Mussolini).

FINE

RITORNO ALLA TABELLA

HOME PAGE STORIOLOGIA