RIVOLUZIONE FRANCESE

1800 - GLI EVENTI  di quest'anno
(i link inseriti sono per ulteriore approfondimento)

L'ANNO DELLA GRANDEZZA DI NAPOLEONE 

I Francesi approvano il consolato
Gli Austriaci conquistano Genova

< Napoleone sul Gran S.Bernardo
BATTAGLIA di MARENGO

Napoleone entra a Milano
Napoleone - Turbamento mistico
Napoleone e le LEGGI
La società moderna e democratica
Napoleone - Attentato

 

 

19 GENNAIO - IN FRANCIA  - I consoli nominati lo scorso 13 dicembre si installano alle Tuileries.

7 FEBBRAIO - FRANCIA -  Con un plebiscito il popolo francese approva il Consolato napoleonico. La Francia è con lui, ma dietro le quinte a remare contro ci sono gli invidiosi, gli "amici" che si credono alla sua altezza, credono di avere il suo genio e il suo carisma, di essere migliori di lui. (E'  accaduto spesso nella storia. E accadrà sempre!).

IL 14 MARZO dopo la morte in esilio di Pio VI avvenuta lo scorso anno, viene nuovamente ristabilita la residenza papale a Roma con l'elezione di  PAPA PIO VII - (BARNABA CHIARAMONTI).
Se il pontificato del primo (dal 1775 al 1799) coincise  con uno dei periodi più difficili della chiesa in lotta con le nuove tendenze filosofiche mantenendo un atteggiamento incerto e spesso arrendevole, Pio VII invece fin dal primo istante divenne il mito della "eroica resistenza".
Purtroppo per lui trovò sul suo cammino (ma morirà nel 1823) un uomo come Napoleone. Con difficili discussioni - per non compromettere ulteriormente i rapporti - dovette piegarsi a lui e riconoscere la nuova realtà politica-ecclesiastica con il Concordato Consalvi nel prossimo 1801.
Poi forse per forme indirette di pressione - o perchè i due possedevano entrambi un carattere forte - sorsero i primi insanabili contrasti ("Lei faccia il papa, a me lasci fare l'Imperatore")  fino al punto da essere imprigionato.
Ma senza curarsi di questi e altri incresciosi episodi,  Pio VII nella successiva Restaurazione, nel suo Stato (affiancato dal Bravo Consalvi) pose le basi di una unificazione amministrativa sul modello centralistico di Napoleone, abolendo i diritti feudali, riorganizzando i tribunali, e fu anche il primo papa ad iniziare una politica interna sostanzialmente liberale.
Del resto quand'era cardinale, a Venezia nel 1797, dopo l'entrata di Napoleone, allarmò gli austriaci quando con una coraggiosa omelia si pronunciò a favore di un accordo tra cattolicesimo e democrazia rivoluzionaria. ("siate dei buoni cristiani e sarete dei buoni democratici").
Purtroppo quando mori, il clero conservatore, tirò un sospiro di sollievo, e cacciarono (lo avevano già screditato una volta) subito Consalvi, il grande artefice di una ventata di democrazia dentro lo Stato Pontificio e soprattutto nei rapporti moderati con gli altri Stati. Così le piccole crepe si allargarono sempre di più dentro un  mondo che stava mutando profondamente. Risultato l'ostinazione dei tradizionalisti tornò a dominare per un altro secolo

APRILE - IN ITALIA -  Riprende la guerra tra Francia e Austria. Nel grande scenario bellico che investe l'Europa c'è anche l'Italia. Gli austriaci dopo un assedio a oltranza di Genova conquistano la città dopo averla fatta precipitare in una terribile carestia. Inutile la difesa del generale Massena, che è costretto a capitolare.

APRILE IN FRANCIA - Napoleone decide di riprendere  in mano personalmente la situazione, concentrandosi innanzitutto verso l'Italia. Genova è già in mano austriaca e se Vienna riuscirà con ulteriori invii di truppe a fare una testa di ponte in Liguria, la Francia potrebbe essere invasa da sud e da est dalle frontiere alpine.
Bisogna senza indugi, attaccare subito gli eserciti nella pianura padana. Viene dunque organizzata  una nuova  campagna in Italia. Napoleone sa che non sarà facile come nel '96, ma sa anche - e lo ha detto prima di partire - che "Una vittoria in Italia mi lascerebbe padrone di fare tutto quello che voglio".
Napoleone sa che è osservato e prepara le truppe in  un modo astuto. In un luogo raccoglie i giovanissimi di leva e i reparti più avvilenti, in modo che le spie austriache possano riferire per  far sorridere la corte e la stampa viennese, mentre in un altra località sceglie e prepara personalmente i migliori uomini senza far trapelare  le proprie intenzioni, nè come saranno utilizzati, tanto meno dove.
Sta concependo un piano ardito. Tutto è avvolto nel segreto della sua mente. Nemmeno i più fidati generali ne sono a conoscenza. E quello che sta pensando a nessuno verrebbe nemmeno in mente.

Napoleone AL COLLE DEL  Gran S. Bernardo
6 MAGGIO - IN ITALIA -  Dopo i preparativi,  Napoleone lascia la Francia per la  seconda campagna d'Italia. Arriva a Auxonne, il giorno dopo a Dole e a Ginevra. Il 14 é a Losanna, il 17 al famoso bivio di Martigny. Qui si trova la strada che sale al Colle S. Bernardo e scende poi ad Aosta ed è la classica via romana dai tempi dell'impero.

Quando iniziarono le conquiste al di là delle Alpi, proprio per la posizione strategica del Colle, i romani nel 25 a.C., alla base di entrambi i due versanti del Gran San Bernardo, crearono non una colonia o un semplice castro, ma due effettive città, Aosta un po' più grande (un rettangolo murato attorno, di m 724 x 572) che in onore di Cesare Augusto prese il nome di Augusta Pretoria perchè sede dei pretoriani di Augusto (da qui il nome Austa, poi italianizzato Aosta).

La città  nata proprio come base strategica ha poi permesso a tutti gli imperatori romani di salire al valico per poi scendere al bivio di Martigny.  Da una parte la  Gallia con la strada spianata fino a Parigi, mentre dall'altra  si raggiungeva facilmente attraverso il Rodano  la Mosella, il Reno, Augusta, l'alto Danubio, l'Inn, l'odierna  Austria. .
 Il piano di Napoleone è invece questa volta all'inverso: dalla "Gallia" all'Italia. Manda con un piccolo distaccamento Moreau sul Reno contro i prussiani (serve per ingannare il nemico) mentre lui al bivio si ferma, non entra nella valle del Rodano, vuole ripetere l'audace avventura di Annibale, che nessuno esercito in quasi duemila anni ha mai più tentato.

Il 18 MAGGIO Napoleone fa prima una ricognizione al Colle con un giovane pastore. Quando arriva all'Ospizio  a 2473 metri  i vecchi monaci sono sbigottiti, credono a un miracolo; non sbagliano, sono proprio giorni di "miracoli".
Il pastore non sa nemmeno chi sia questo francese che sta accompagnando, ma gli parla in italiano e allora cammin facendo gli racconta - lo straniero lo ascolta attento -  tutte le sue disgrazie e i suoi desideri; che ama una donna ma che non può sposare perchè lui è un  miserabile servo senza nemmeno un soldo, e i genitori della sua donna lo umiliano e l'oltraggiano. Una amara vicenda umana che si trasforma però in una fiaba. Dopo aver offerto il suo servizio di guida, due mesi dopo qualcuno si ricorderà di lui;  l'umile pastore non solo riceverà una casa e un pezzo di terra in dono, ma sarà ricordato perfino nelle memorie da questo sconosciuto affabile personaggio che lui ha accompagnato al valico sul dorso del suo mulo.

Delaroche, la scena la immortalerà in un suo quadro molto realisticamente
Mentre David ne farà una cortigianesca e teatrale (immagine in apertura pagina)


20 MAGGIO - Napoleone con i suoi 32.000 uomini scelti, "osa" e valica  il passo del Gran San Bernardo. Il giorno successivo scende nella "romana"  Aosta; il 27 maggio inizia la discesa della valle. 
Napoleone gli austriaci lo aspettano al varco del Cenisio, ma lui puntando sull'audacia, sorprende tutti, salendo e scendendo come un'aquila le Alpi.
Una traversata  memorabile, suggestiva, temeraria.  Ma Napoleone conosceva benissimo la storia romana, anzi lui andò oltre l'audacia di Annibale perchè aggiunse la sua geniale strategia.
Scendendo da Aosta, la possente fortezza di Bard  come un ciclopico macigno sbarra la valle in mezzo a due alte pareti di roccia  (la possiamo vedere così ancora oggi). 
Passare da quella strettoia, per chiunque senza essere notato dalla fortezza, è una impresa impossibile. Con nessuna altra alternativa perché ai tempi di Annibale non esisteva la fortezza di Bard.
 Impossibile per chiunque, ma non per Napoleone. Infatti la fortezza fu arditamente superata da un lato scavando in due giorni un sentiero-cunicolo  nascosto nella roccia, cioè aggirando la fortezza. Non essendo molto distante, per smorzare il rumore rimbombante nella strettissima valle,  con le tenebre fittissime, nella prima notte fu fatta passare nella galleria di roccia, nel massimo silenzio, prima la fanteria e la cavalleria a piccoli gruppi, mentre nella seconda notte, furono fatti scivolare i cannoni e i carri spargendo sul terreno e avvolgendo le ruote  con della paglia. Quando i 30.000 francesi arrivarono a Ivrea, i nemici scoprirono con sgomento di essere stati beffati. Non una sola sentinella si era accorto di nulla. E si trattava della formidabile e da secoli inespugnabile fortezza di Bard.
Il migliore stratega del mondo non avrebbe mai avuto questa idea formidabile e così singolare.  Ma lui era  Napoleone! 
Dodici ore prima il comandante della fortezza  aveva inviato alla sua consorte a Pavia una missiva rassicurandola che da lui tutto era tranquillo e sicuro; e che da Bard non sarebbe passato nessun francese. La lettera arrivò a destinazione alcuni giorni dopo nella città di Pavia proprio mentre vi entravano i francesi.

2 GIUGNO - Napoleone infatti, superate Bard e Ivrea, non ha più grandi ostacoli fino in Lombardia. Il 9 é a Pavia. Dopo aver attraversato  il Po il giorno dopo è a Stradella, poi a Voghera e a Tortona, infine  si prepara ad affrontare  gli austriaci prima a Montebello, poi il.....14 giugno
LA BATTAGLIA DI MARENGO
(DESAIX)
14 GIUGNO - ....una sofferta e problematica vittoria (nel contesto generale decisiva per l'intera Europa) i francesi la ottengono a BOSCO Marengo. Ma in questa battaglia fu la grande (ma anche sfortunata) giornata del giovanissimo generale Desaix
L'armata, quella parte guidata e comandata da Napoleone, dopo aver occupato Marengo, era venuta a contatto con il nemico a Pietrabona; alle nove del mattino gli Austriaci con tre colonne iniziarono a sfondare i reparti francesi. Lo scontro  per tutta la durata della battaglia fino alle due del pomeriggio fu sempre incerto, ma alle tre la battaglia era purtroppo  persa per Napoleone.
Già contava alcune migliaia di morti e altrettanti feriti. Con le poche forze che disponeva, continuare la battaglia si sarebbe risolta in un suicidio di massa dei francesi.
La fine delle ostilità quindi non fu una resa dopo una totale disfatta, ma una sensata rinuncia a continuare, anche perchè l'esercito francese  presagendo la sconfitta  totale si era già disperso, era arretrato, abbandonava il campo, mentre  Napoleone  continuava  a gridare  loro "Fermatevi! Aspettate! Le riserve presto saranno qui; Desaix non è lontano". Nulla da fare, più nessuno lo ascoltava.

Dopo questa battaglia persa, assieme ai suoi soldati  stava fuggendo anche la fortuna di Napoleone. E chissà con quali conseguenze politiche successive; sarebbe cambiata tutta la Storia d'Europa! L'Austria e la Prussia avrebbero trionfato, mentre a Parigi se Napoleone vi tornava vivo e sconfitto  la "sua festa" era già stata programmata (come vedremo più avanti).

 Gli austriaci la percepirono benissimo questa situazione critica, caotica e rinunciataria; alle quattro del pomeriggio già non avevano sul campo di battaglia più francesi. I piccoli gruppi isolati  che vi erano ancora impegnati massacrarono quei pochi francesi che si erano attardati sul campo di battaglia. Dopo mezz'ora tutto era finito.
Alle cinque del pomeriggio,  i soldati austriaci ritiratisi nei propri  accampamenti,  in un modo disordinato e sciatto, si misero a celebrare la vittoria accendendo fuochi, cantando, bevendo gli ottimi vini del Monferrato.
Il loro comandante MELAS partecipò anche lui alla iniziale  festa, poi tranquillo e soddisfatto della giornata, si ritirò al quartier generale di Alessandria (a 15 km), non prima di aver mandato  un messaggero a Vienna per annunciare la vittoria. "Napoleone sconfitto. Nei prossimi giorni gli daremo  il colpo di grazia". Una analisi realistica. Se gli austriaci muovevano anche da Genova, presto Napoleone lo avrebbero sicuramente stritolato in una tenaglia. 
Gli austriaci lo avrebbero potuto fare la sera stessa, i francesi erano già quasi circondati, infatti abbandonando Marengo, disordinatamente si ritirarono verso San Giuliano; questo fu un grosso errore di Melas e dei suoi uomini.

Sulla spianata di Marengo, tra gli avviliti francesi e gli esultanti austriaci, in mezzo al campo di battaglia, trascorsero tanti inavvertibili istanti. La Storia vista da un immaginario spettatore, nell'indugiare sul campo già disseminato di cadaveri, sembrò di proposito volesse  ignorare il tempo, che trascurasse lo scorrere dei minuti,  come se volesse battere solo la sua "ora storica".  E come nelle cronache dei tempi passati,  nel campo di battaglia di Marengo, la Storia in questi minuti rallentò vistosamente, come se esitasse a proseguire o volesse mutar direzione.
 
Napoleone poi, di questi istanti fatali (lo abbiamo già letto negli anni precedenti) ne aveva conosciuti già due. A
Tolone nel 1793 e a Parigi nel 1795. Anche lì  il destino indugiò qualche minuto poi il rintocco di un'ora fatale  fece mutare la direzione della sua vita e della Storia.
A  Marengo il destino ricomparve sul campo di Battaglia quando  per Napoleone non c'era quasi più nessuna speranza di modificare la sua vita e la Storia. Di minuti ne erano passati sessanta, ma allo scoccare dell'ora, la Storia aveva deciso quale direzione prendere: di andare incontro a Napoleone.

Infatti nel tardo pomeriggio, alle ore 5 di sera (siamo a metà   giugno, quindi molto chiaro)  piombò sullo scompaginato campo francese  il Generale  Desaix.  Come mai? 
Profeticamente ancora a Parigi, quattro mesi prima, Napoleone aveva puntato uno spillo sulla cartina proprio in una zona a un chilometro da Marengo, affermando ai presenti "qui avverrà la mia prossima grande battaglia".

Napoleone, non conoscendo esattamente la consistenza dell'esercito austriaco, convinto di poter affrontare gli austriaci con i suoi scelti reparti, il giorno prima -il 13- al bivio di Villavernia (a una quindicina di chilometri a est) aveva incaricato il giovanissimo generale al comando della divisione Boudet di portarsi a sud, in perlustrazione su Novi ma soprattutto come protezione del fianco sinistro.
Da Genova infatti potevano giungere gli Austriaci;  voleva in sostanza Napoleone coprirsi la spalle nella sua avanzata verso ovest,  a Bosco Marengo, quindi a 10-11 km a nord di Novi. 
Desaix non fu impegnato in nessun scontro nè trovò tracce di eserciti in quei paraggi. Fu allora che ebbe l'intuizione. Forse a nord, proprio verso  Marengo, gli austriaci avevano deciso di attaccare, di mettere in atto il grande scontro partendo da Alessandria (zona Pietrobona).
Poi, quando in lontananza sentì il primo rimbombo di cannone, non ebbe più i dubbi, lasciato Novi a pomeriggio inoltrato, avanzando a tappe forzate, comparve alle spalle di Napoleone e "sulla scena della Storia" alla 6 di sera. 

Contro il parere di tutti i generali,  afferrata la situazione e le condizioni in cui era il nemico -che di sicuro non aveva  previsto l'arrivo dei rinforzi e tanto meno un attacco a tarda sera- Napoleone e Desaix in un lampo si riorganizzarono. Prima con la cavalleria al galoppo guidata da Kellermann, che riuscì a infilarsi nella falla dell'avanguardia austriaca che si era già staccata dal resto dell'esercito e brindava anche essa ai lati del grosso dell'esercito; poi con la divisione di Desaix, travolgendo ogni ostacolo si gettarono contro gli austriaci appiedati e scomposti in gruppi vari intenti - come detto - a fare festa.
 
(nel quadro che abbiamo inserito, dipinto dal generale artista  LE JEUNE (che era presente nella battaglia), abbiamo una ricostruzione abbastanza fedele di quello che accadde. Nello sfondo si notano appunto gli austriaci ammassati e appiedati, attorno ai fuochi, mentre i francesi li stanno travolgendo con la cavalleria).

La sorpresa per gli austriaci - già spogli di armi, avvinazzati, e da più di un ora  impegnati a far festa - fu enorme ma anche spaventosa. Iniziarono a difendersi in qualche modo, senza un capo, un comando, una strategia difensiva; qualcuno si precipitò ad avvertire  il comandante ad Alessandria, ma quando arrivò a Marengo il suo esercito era già completamente annientato.  I morti da entrambe le parti erano così tanti da sconvolgere il più insensibile generale. Ottomila austriaci e settemila francesi che erano caduti nella precedente battaglia, giacevano morti sul terreno.  
(Nella piana di Marengo sorge ancora oggi il grande  ossario. Si disse che per molti anni i contadini del luogo trovavano tra le zolle e gli anfratti i miseri resti di questa carneficina).

Napoleone nelle sue Memorie,  e nella lettera subito dopo la battaglia,  inviata la sera stessa  all'imperatore  austriaco per chiedere la fine di questa folle guerra, scrive:
 "La Guerra è avvenuta... Migliaia di francesi e di austriaci sono morti....Migliaia di famiglie desolate reclamano i loro padri, i loro sposi, i loro figli!...Ma il male compiuto è senza rimedio: valga almeno come ammaestramento e ci faccia evitare quello che deriverebbe dal continuare le ostilità. E' dal campo di battaglia di Marengo che vi scrivo, tra le sofferenze, circondato da 15.000 cadaveri. Da questo luogo  scongiuro Vostra Maestà di ascoltare il grido di umanità.....Diamo il riposo e la tranquillità alla generazione presente. Se le generazioni future sono così folli da battersi, ebbene!, apprenderanno, dopo qualche anno di guerre, ad essere sagge e a viver in pace".

Purtroppo l'audace e vittorioso  intervento di Desaix fu funestato anche dalla sua morte. Colpito mortalmente in battaglia, spirò più tardi bisbigliando una  frase profetica
"Rimpiango di non aver  fatto abbastanza per entrare "con" Napoleone nella Storia, nella memoria dei posteri".
Si sbagliava! Marengo non è una vittoria di Napoleone, ma di Desaix. Ed ecco qui che lo ricordiamo "con" Napoleone. Di diritto anche Desaix  "con" Napoleone è entrato nella memoria dei posteri. E fin quando esisterà Marengo, Desaix assieme a Napoleone sarà sempre ricordato!  (Del resto Napoleone non dimenticò mai nè Desaix e neppure Marengo; non a caso questo nome lo fece incidere sulla sua sciabola! Un significato lo doveva avere!)

Dopo la battaglia,  innalzarono  un'altissima  colonna a ricordo, con alla sommità un aquila.
Gli austriaci alla caduta di Napoleone, per non lasciare questo simbolo della loro vergogna, la colonna la sottrassero intera e la fecero sparire. D'Annunzio casualmente la ritrovò poi a Fiume dopo 119 anni, nel 1919, e  la rimise al suo posto. Dove si trova ora. (e dove si celebra nei costumi dell'epoca, l'epica battaglia)

Lo sfortunato DESAIX quasi coetaneo di Napoleone (31 anni), di nobile famiglia, entrato giovanissimo nell'esercito aveva alle spalle già una carriera splendida. Partecipò giovanissimo con Napoleone nelle guerre della rivoluzione; nel '98 era comandante dell'armata napoleonica d'Oriente e fu un protagonista alla battaglia delle Piramidi; lui a battere i Mamelucchi, lui a prendere il comando dopo la partenza di Napoleone, lui a evacuare le truppe dall'Egitto. Napoleone nella campagna d'Italia di quest'anno l'aveva voluto accanto a se' all'ultimo momento (combattè -e morì- vestito in borghese) affidandogli il comando della divisione Boudet;  quella che gli ha salvato in extremis la sua carriera, ma anche stroncata in un generoso slancio quella di Desaix.

Napoleone davanti a questa tragedia, rimane sul campo di battaglia con l'animo doppiamente turbato, e a ragione fa alcune amare considerazioni. Davanti a sè ha  una montagna di cadaveri; ha perso uno dei suoi migliori generali; e cosa  più grave lo sconfitto è lui, perchè la vittoria in extremis è merito di Desaix.
La lettera sopra inviata all'imperatore, dimostra che Napoleone in questa circostanza (anche se sa che questa battaglia conclude una brevissima campagna in un modo trionfante, e come vedremo anche determinante) è profondamente sconvolto, e rivela per la prima volta tanta sensibilità, tanta amarezza e un forte desiderio di pace, soprattutto quando alla lettera di sopra aggiunge queste tre righe: 
"L'astuzia degli Inglesi ha impedito l'effetto che il mio passo a un tempo semplice e aperto doveva produrre sul cuore di Vostra Maestà. Senza turbarmi per l'inutilità della prima iniziativa (N. prima di iniziare la campagna in Italia aveva già chiesto con una precedente lettera di evitare questa guerra) mi decido ancora a scrivere direttamente a Vostra Maestà, per scongiurarla di por termine alle sventure del continente". (che profeta!)

Napoleone è dunque diventato dopo Marengo un pacifista? In seguito per anni e anni lo dipinsero (anche miseramente) come un "mostro", un "ambizioso", un "sanguinario", un "macellaio". Ma se analizziamo bene tutto il suo operato, non prima di aver spazzato  via tutti i falsi (abilmente costruiti) pregiudizi cristallizzati, e se rileggiamo le sue vere memorie, la concezione napoleonica è grandiosa. Si è sempre cercato di occultare la grande idea federalista europea, ed ecco che giunti nel 2000 ci dibattiamo ancora  sulla sua realizzazione, innanzitutto politica.

Dopo Marengo, Napoleone sa che la Francia, il popolo francese, ha bisogno di gloria ma sa anche che ha bisogno di pace, e agisce  per la pace.  Ma ci sono gli altri Stati che non vogliono rinunciare alla loro potenza e alla loro egemonia, politica ed economica (ma spesso solo per conservare la propria dinastia).  D'ora in avanti le situazioni diventeranno per lui sempre più difficili. Persino nella stessa sua Francia.
Infatti ad accrescere la sua inquietudine, proprio a Marengo, il giorno dopo (a Parigi hanno già saputo cosa è accaduto di bene e di male a Marengo)  gli giunge tempestivamente dalla capitale un  rapporto di Fouchè (capo della polizia): "Telleyrand all'ora di pranzo ha adunato i suoi fidi amici per discutere cosa fare qualora a Napoleone tocchi la sorte di Desaix o venga battuto".
Napoleone legge, un sorriso di scherno, poi con un'amara piega di tristezza sulla sua bocca commenta  "Questi sono gli amici, questi sono i fidi! Si sono spaventati. La loro preoccupazione è già quella di liberarsi del "tiranno".
Mentre a Marengo Napoleone scrive e manifesta  sentimenti nobili, a Parigi c'è calcolo, cinismo. E' partito Console, ma a Parigi lo considerano un militare, già pronti -se perde- a pasteggiare o sul suo cadavere o a silurarlo.

Ma in poche settimane Napoleone ha chiuso una difficile e delicata campagna militare, ha ristabilito il suo prestigio e la sua vitalità e nell'esercito è ritornata "l'anima".
E' ritornato dall'Egitto, ha sconvolto Parigi, é poi sceso in campo, e in una sola battaglia ha riproposto il suo genio fuori del comune.  E' riconosciuto campione d'Europa e ottiene rilevanti risultati. Nei prossimi mesi la Francia a Luneville firmerà la pace con l'Austria, la Prussia, la Baviera, la Russia, Napoli, Spagna, Portogallo e perfino con l'Inghilterra; qui, morto l' irriducibile Pitt è stato nominato  Fox, che Napoleone invita subito a Parigi, e il neo eletto  torna sull'isola entusiasta di Napoleone.
La fiducia tributata dalla Borghesia Francese al Primo Console si propagava paradossalmente a quella Inglese (gli affari sono affari- anche mettendosi contro la politica). I commerci sperano in una lucrosa ripresa dei traffici con la Francia. 
Eppure nonostante questo successo e il grande desiderio di pace espresso a Marengo, -perfino accoratamente come abbiamo letto-  Napoleone   proprio dopo questa vittoria, sarà costretto a tenere la mano costantemente sulla spada.  Questo sarà forse il più terribile paradosso della sua posizione: avere continuamente bisogno della pace, ed essere costretto a fare la guerra.
Sa che "amici" e "nemici" stanno affilando le loro  armi dentro le ambigue sale diplomatiche di mezza Europa con i patti più inquietanti. 

Della impressionante giornata di Marengo, Napoleone nei suoi sei anni di esilio a Sant'Elena conserverà un ricordo vivissimo.  Non a caso Las Cases (il maggiordomo estensore delle sue memorie)  riporta questa passo:
 "...fece una passeggiata ma rientrò di buon'ora, alle tre; mi fece segno di seguirlo nella sua camera dicendomi "Sono triste, adagiatevi su questa seggiola e tenetemi compagnia", poi si stese sul canapè, e chiuse gli occhi; io ero a un passo dalla sua persona, gli vigilai accanto...Il suo capo era scoperto...io contemplavo la sua fronte, quella fronte, sulla quale leggevansi i ricordi di Marengo...più e più volte accennati. Chi può esprimere quali fossero le mie idee, le mie sensazioni!...Lo si immagini, seppur ciò è possibile: quanto a me non saprei certamente spiegarlo!" (Memoriale di San'Elena, 1a ediz. originale, pag. 679).
E se Las Cases -fra tanti ricordi, tante tragedie, tante disgrazie- cita proprio Marengo, è perchè Napoleone lo ha fatto più volte partecipe del grande turbamento che lui avvertì a Marengo, pur avendo vinto, non perso.
Di quelle "sventure sul continente" di cui parlava in quella lettera da Marengo, alcune erano già accadute, e molte altre accadranno; aveva dunque delle buone ragioni per essere turbato. Aveva anteveduto l'intera storia d'Europa dei successivi decenni del suo e del nostro secolo, quando tutti i belligeranti europei nell'incapacità di mettersi d'accordo (più per beghe familiari e gelosie dinastiche), nello sfacelo  uscirono dai conflitti tutti sconfitti:  e non solo fecero crollare i loro tre imperi, ma causarono uno spostamento della potenza internazionale, e posero termine alla potenza europea.
Ma a MARENGO in mezzo a uno spettacolo di morte, nel turbamento della coscienza,  accadde anche qualcos'altro durante quelle profonde riflessioni fatte sul campo di battaglia dove la fede che lui poneva nei suoi cannoni e nel suo reggimento vacillò, anche a vittoria raggiunta. Ci fu il riavvicinamento alla religione. Vandal ha lasciato scritto che "il Concordato Consalvi fu una conseguenza di Marengo".
A Milano pochi giorni dopo la battaglia, Napoleone  nel suo intimo era già un altro uomo. Con la vittoria sapeva benissimo  che era ormai padrone di fare quello che voleva. Ma nel  desiderio di apparire ricostruttore di un critico equilibrio, troviamo anche profonde ragioni che lo spingeranno verso il Concordato (che leggeremo il prossimo anno, e questo nasce pochi giorni dopo Marengo).

18 GIUGNO - Pochi giorni dopo la battaglia di Marengo, Napoleone entra trionfalmente  a Milano.  Nel Duomo viene celebrato un solenne Te Deum di ringraziamento. Napoleone entra nella cattedrale (ha ancora davanti agli occhi i quindicimila cadaveri, la lettera di Parigi di Fouchè, ricorda perfettamente quella inviata all'Imperatore, e sa che tutta l'Europa sta chiedendosi cosa accadrà ora), assiste  a questo particolare inno liturgico, e forse  sente il bisogno, l'attrattiva di una fede nell'intimo della sua coscienza,  forse capisce in un lampo di spiritualità religiosa naturalistica, e che questo suo bisogno è anche quello intimo di milioni di uomini. Che è suo dovere, e anche suo interesse di capo dello Stato (ora ancora più forte), accordare agli uomini libero esercizio della religione; che prima ancora di avere un contenuto filosofico dogmatico e intellettuale verso la divinità, è il legame morale (norme etiche) che hanno permesso lo sviluppo storico-sociale dei gruppi umani.

L'atteggiamento di Napoleone verso le religioni era sempre stato di scetticismo, di diffidenza; in certi scritti non mancano allusioni ironiche alla fede, ha quasi in antipatia certe pratiche che considera superstiziose. Non era  insomma nè un religioso e tanto meno un cattolico. La sua cultura era tutta illuministica; la sua educazione si era del resto formata su letture profane, belliche e perfino spregiudicate; era sempre vissuto nelle guarnigioni. Aveva provato le frastornate giornate rivoluzionarie. Il machiavellico realismo politico che conosceva era uno solo: quello delle campagne militari e delle battaglie.  La sua fede era nei cannoni (ricordiamoci cosa fece a Tolone e a Parigi) e fede nei suoi uomini che gli vivevano accanto, spesso idolatrando proprio lui.
A Milano tentennano queste sue uniche concezioni, e ha un'attrattiva  forte di altro genere, ma ancora imprecisa.

Quando parla ai prelati di Milano, parla come il capo di una grande nazione cattolica: atti e parole sono d'istinto già... da re-imperatore (inconsciamente o no, sta creando una monarchia già di fatto). E sente in questa veste il bisogno di accennare a un concordato con il cardinale Martiniana. Forse agisce l'emotività di questo particolare momento (il dopo Marengo), forse le sue origini italiane, forse l'atavismo religioso dei suoi antenati; forse l'ammirazione della salda unità della Chiesa, la sua gerarchia, la disciplina, il rito dello stesso Te Deum; infine forse  la storia di Roma, che conosce molto bene, lui sa tutto dell'antico impero.  Ed è cosciente che da questo momento sarà lui a dominare  sull'Europa e su Roma stessa, che significa imperare politicamente sul Mediterraneo;  il possesso dell'Italia significa appunto questa autorità, maggiore di quella del passato, perchè Roma non è solo quella classica che, repubblica e impero, unificò l'Europa, ma è anche il centro di quel cristianesimo che ha poi ereditato la saldezza del Sacro Impero romano. Il Cristianesimo stesso potè diffondersi per il mondo soltanto dopo che si fu trasferito a Roma, nel cuore del Mediterraneo, quel  mare predestinato dall'inizio dei tempi ad essere il centro di tutte le civiltà.

Napoleone non sfugge a questo richiamo del grande passato;  sa ormai di essere militarmente potente, dunque Roma e il Mediterraneo è in cima a tutti i suoi pensieri e cerca il mezzo per stringere un patto proprio con la Roma papale.
E' in Italia che sono nati gli Imperi, é Roma la città imperiale per eccellenza, che per secoli fu alla testa  del mondo. E' Roma che ha sempre esercitato il fascino profondo sui popoli e sui condottieri; un Imperatore non è tale se non è incoronato a Roma; dai Longobardi in poi tutti sono scesi in Italia e a Roma per ricevere la sacra investitura; per avere autorità e diritto a reggere il mondo. Tutto questo Napoleone non lo ignorava già prima, in gioventù si era nutrito di opere classiche. Ma ora era diverso, era cosciente dopo Marengo che lui stava entrando nella storia di tutti i popoli d'Europa, come i grandi imperatori romani

I motivi di questa ambizione li esporrà con lucida profondità Alberto Sorel nel VI volume della sua Storia: "Napoleone desiderava il Concordato con la Chiesa perchè voleva associare le coscienze alla sua grande opera di pacificazione nazionale; farsi aiutare dal clero nella sua ricostruzione della vita spirituale del popolo francese e tranquillizzare quelli conquistati; mettere il vescovo accanto al prefetto (questa era una figura romana) e in tal modo esserne aiutato, ma insieme sorvergliarlo, tenerlo alle sue dipendenze; completare con la conquista delle anime la sottomissione del paese e dei paesi; soddisfare infine, dopo gli interessi della vita civile, le profonde e intense aspirazioni religiose dei popoli" 

Non tutti erano pronti a questi grandi progetti. Il nuovo Papa di quest'anno, quasi gli è vicino (lo combatte ma è anche lui affascinato da quest'uomo)  ma o per un improvviso ritorno al conservatorismo della Chiesa, o per la forte protesta di alcuni cardinali, ritratterà poi molte concessioni.
 (questo singolare  documento da pochi anni rinvenuto lo riportiamo nel prossimo anno. Ci rivelano in poche righe l'essenza di certi colloqui e di certe concessioni, poi ritratte, ma forse non per volontà del Papa, ma perchè vi fu costretto). 

Quando rientrerà a Parigi, sappiamo che Napoleone ha questo stato d'animo e questi sentimenti. Ed è anche  coraggioso, perchè si mette contro i politici imbevuti di idee illuministiche, contro generali, letterati, giornalisti, borghesia colta e intellettuale; inizia le epurazioni e vuol mettere fine alla "pagliacciata" ("culto della ragione" - di cui leggeremo nel prossimo anno alcune "irragionevoli dogmi"); sa che gran parte del popolo francese vuole ritornare alla religione cattolica, che sì non è intellettuale ma è però congenita-educativa, perchè è atavica; ha tenuto insieme la famiglia, il borgo, ha difeso alcuni valori, e nei riti ha dispensato commozione e spiritualità.
E se la "Sovranità del popolo" ora esiste, lui vuole avere rispetto ed essere il sostenitore della sovranità popolare. Aspro e sarcastico, Delmas, un suo generale, nel vederlo prendere contatti con prelati e monaci, commenta che sta facendo "una bella cappuccinata". Ma lui risponde "Non voglio più spargimento di sangue.... Ho bisogno del papa... lui solo può riorganizzare i cattolici di Francia nell'ubbidienza repubblicana", poi profeticamente aggiunse, accennando ai rabbiosi oppositori "Questo secolo che inizia, non prenderà il nome da loro, ma da me. Deve essere mio pensiero non legare il mio nome a nessun atto indegno". 

Questi atteggiamenti hanno certo un significato politico, indubbiamente devono risolvere problemi di carattere pratico, ma nell'intimo della sua coscienza vi è molto altro, anche se sono ancora aspirazioni imprecise. Davanti a Thibaudeau afferma "Si dirà che io sono papista. Io non sono nulla. Ero maomettano in Egitto, sarò cattolico per il bene del popolo. Io non credo nelle religioni. Le legioni romane dove giungevano tolleravano ogni religione locale".
Poi pochi giorni dopo torniamo al punto di partenza, all'intimo dei suoi sentimenti commossi che ci rivelano un altro Napoleone. E' sempre Thibaudeau a raccontarci questo successivo episodio narratogli da Napoleone: "Domenica scorsa ero qui, in questo giardino, in questa solitudine, in questo silenzio della natura. Tutt'a un tratto una campana poco lontano suonò: fui commosso....Allora pensai: che impressione deve fare questo su uomini semplici e creduli!....Il popolo ha bisogno di una religione! e questa religione deve essere nelle mani del governo!". 
Ha 31 anni, ma è già  sulla lunghezza d'onda di un Costantino.

Ma ritorniamo a  Milano. Se il Te Deum ha consacrato la sua vittoria di condottiero, i festeggiamenti che si conclusero con  una grande serata a La Scala hanno celebrato il suo trionfo da re.
Questa fulminea e fortunata vittoria ora apre a Napoleone le porte  dell'Impero. A Parigi "amici" e "nemici"  lo attendono per tributargli feste e onori. Nel resto d'Europa c'è invece tanta inquietudine.
Liberata  la Liguria e il Piemonte, in Lombardia viene restaurata la Repubblica Cisalpina;  più tardi ne farà parte anche Novara e la Lomellina. Mentre Genova dopo essere stata evacuata dagli  austriaci è governata da un governo filo-francese.

25 GIUGNO - Improvvisa partenza di Napoleone da Milano, con direzione Torino. Un incontro e un colloquio con rappresentanti dei Savoia non è registrato dai sabaudi, ma Napoleone a Torino si fermò a fare indubbiamente altri patti molto chiari. Infatti alla pace di Luneville il Piemonte verrà poi annesso alla Francia.

2 LUGLIO - Napoleone già preceduto dalla gloria, arriva a Parigi.  Ma dopo  quell'informativa a Marengo, si muove con prudenza tra i "fidi amici".  Non essendo ancora un mondano sopporta i numerosi  ricevimenti in suo onore; poi inizia subito  il suo nuovo lavoro: un fecondo lavoro, da questo 1801 fino al 1805. 
E se prima la sua forza si fondava sulle eccezionali doti militari, Napoleone all'improvviso inizia a brillare anche per le sue  capacità amministrative e legislative.  Si dedica alle RIFORME e al CODICE.
Sulle riforme, il merito di Napoleone é di aver introdotto in Europa con i suoi Codici le fondamenta della borghesia e della società moderna. In quello Civile, sancisce la scomparsa dell'aristocrazia feudale e afferma i principi del 1789: Diritti dell'Uomo; la libertà personale; l'uguaglianza davanti alla legge; l'istituto della famiglia; la laicità dello Stato; la  libertà di coscienza; la libertà di espressione, di culto e la libertà di lavoro. Ed e' questa l'opera (una grande costruzione) di Napoleone che sarà la più duratura nel tempo.

In molti articoli del codice civile, si notano le influenze personali di Napoleone, l'eco delle sue parole, il riflesso della sua coscienza, e perfino  l'eco profondo della  sua infanzia. (quando affronta l'istituto familiare ha presente i brutti giorni della fuga a Nizza di suo padre con la madre e sette fratelli a vivere tutti eroicamente di stenti ma sempre uniti).
Lo aiutano con le loro vaste esperienze giuridiche Tronchet, Bigot, Malleville, Portalis, ma il pensiero che sorregge il codice e lo spirito che lo anima, con tanta semplicità e tanta chiarezza sono di Napoleone.
Partecipò a quasi tutte le sedute del Consiglio, discusse parola per parola ogni intricata questione con la sua lucidità e il suo ragionamento, cogliendo immediatamente l'essenziale.
Portalis e Tronchet ce ne hanno tramandate le testimonianze;  e gli scrissero il migliore epitaffio per i posteri: "Imparammo anche noi; egli era la giovinezza legislatrice, era un Solone prima di essere Cesare". 

Tre, quattro correnti storiche del diritto  hanno confluito nel formare il Codice Napoleonico. Si sono fuse e armonizzate ai tempi nuovi.  E ogni volta che a Napoleone sembrò necessario, alcune leggi furono corrette, altre modificate altre ancora abolite. Ma se fu relativamente facile per quelle legate alle vecchie tradizioni, molto ma molto più difficile fu il compito nel toccare quelle che erano nate dal travaglio della Rivoluzione. Nell'anarchia ognuno si era fatto le sue leggi, si era fatto la nicchia delle proprie impunità.
Furono imposte le nuove da un "tiranno" come si volle far credere dopo?  Sembra proprio di no; di fronte un esame scrupoloso, una imponente costruzione come questa, anche una grande assemblea -senza un'unica geniale mente direttiva- non avrebbe potuto mai farla nascere, nè avrebbe potuto ottenere nel giro di pochi mesi dei risultati; e nemmeno sarebbe rimasta nel tempo.

NAPOLEONE NON LA SCOLPI' NELLA PIETRA,  
MA NELL'ANIMA DI OGNI CITTADINO DEL MONDO.
Tutti gli Stati liberi e democratici se vogliono sopravvivere nella comunità umana non devono prendere solo "qualcosa" dai Codici Napoleonici, ma "quasi tutto". Molte norme giuridiche in seguito furono cancellate, ma poi ritornarono prepotentemente alla ribalta nelle vie e nelle piazze di tutto il mondo, reclamandole col ferro e col fuoco. Queste acque chiare del fiume napoleonico seguitarono (e seguiteranno ancora) a spazzare via quelle torbide; a eliminare le ingiustizie dentro quei popoli in cui ogni singolo individuo ambisce alla libertà, desidera tolleranza, ama una pacifica convivenza e la democrazia
Dopo Salomone, dopo Cicerone, dopo Giustiniano, Napoleone occupa il quarto posto nella storia umana degli uomini che hanno fatto il diritto. Certo il diritto - visto sociologicamente - non è opera di un singolo, é espressione di quella stessa società che esso regola e come tale é frutto di un travaglio collettivo;  manifestazioni di esigenze che con delle norme devono essere soddisfatte e armonizzate fra loro; quindi tutti gli uomini vi concorrono. Tuttavia nelle sue concrete formulazioni, il diritto é opera di singoli uomini. Si tratta di quei Grandi che hanno saputo dare alle esigenze di giustizia della società del loro tempo una risposta concreta.
Grandi uomini come quelli citati, che hanno intuito tali esigenze perchè avevano una visione unitaria dei problemi, spesso preannunciandoli. Ma come abbiamo visto in tutta questa Cronologia, i "grandi" sono pochi, e Napoleone é uno di quelli, un Grande del Nostro Tempo, della Nostra Società Moderna.
Cronologicamente, dopo una società guerriera, dopo quella religiosa, dopo quella feudale aristocratica, compare con Napoleone la società democratica. E guardando indietro nella storia indubitabilmente fino ad oggi é la migliore  di tutti i tempi; siamo dunque un po' tutti debitori a Napoleone. 

Riuscì a far capire anche ai servi della gleba cos'era uno Stato, e allo Stato a far capire chi erano i servi della gleba: cioè uomini uguali ad altri uomini. Forse solo allora  la "volontà divina"  (con la forza si autoproclamavano re e veniva poi spudoratamente spacciata per volontà Divina)  si manifestò veramente, e fu anche più credibile.
Ecco a proposito cosa ci ha lasciato scritto NAPOLEONE:
"Tutti nascono anonimi come me, in una anonima Ajaccio, in un'anonima isola, in un anonimo 15 agosto, di un anonimo 1769, da due anonimi Carlo e Letizia Ramolino; solo dopo diventano qualcuno; e se prima di ogni altra cosa sono capaci di non deludere se stessi, anche la volontà divina si manifesta sull'uomo." (Memorie).
Napoleone, prima volle, e non deluse se stesso, poi propose agli altri quello che a loro interessava.
"Il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell'uomo".
Servi non si nasce, ma nulla poteva fare il singolo servo o anche tanti servi messi  insieme, ci pensò allora Napoleone!
E noi tutti anche se non "unti dal signore" - se non siamo affatto per questo delusi di noi stessi - sentiamo di dovere a lui qualche cosa!

3 DICEMBRE -  AUSTRIA  - Dopo quella subita in Italia, un'altra sconfitta ad opera dei francesi gli  austriaci-germanici  la subiscono quasi a fine anno. La loro  armata sul  Reno viene sbaragliata  a Hohenlinden da Moreau. I francesi poi proseguono l'avanzata sul Tirolo, portandosi fino a ridosso di Vienna. Non resta altro da fare agli austriaci che iniziare trattative di pace con i francesi, prima che sia messa a ferro e fuoco  anche la capitale.
La vittoria del generale Moreau a Hohenlinden fa cessare le ostilità con l'Austria. La Francia può  riprendere fiato, soprattutto con le sue finanze, dopo il dissanguamento per le spese di guerra, per le minore entrate delle esportazioni e per  l'economia globale europea in piena crisi per le stesse ragioni, o perchè involontariamente anche altri stati pur neutrali sono stati coinvolti nella crisi di guerra.
Ma anche perchè in questi anni di confusione, senza molte regole, molti avvoltoi non hanno avuto scrupoli nel praticare la sistematica corruzione o nel migliore dei casi la speculazione. Nel mettere le mani su alcuni settori, e negli stesii su certi loschi speculatori, Napoleone inizia a crearsi molto nemici, non più potenziali, ma già effettivi. Pronti a colpire nell'ombra, già subito....

24 DICEMBRE -  Attentato a Napoleone  a Parigi in Rue Saint Nicaise. Viene fatta scoppiare una bomba durante il suo passaggio. Napoleone deve ora guardarsi oltre che dai nemici, dagli "amici"! Da alcuni francesi.  Che hanno già iniziato a chiamarlo "tiranno" assieme ai giacobini e ai monarchici. Questi ultimi per ovvi motivi, sono caduti tutti nella polvere, anche se hanno ancora la testa attaccata al collo, che però ora  stanno usando nel modo più perverso: nell'organizzare congiure.

Bibliografia:
ADOLPH THIERS - Storia della Rivoluzione Francese - 10 Volumi
R.CIAMPINI, Napoleone, Utet, 1941
EMIL LUDWIG Napoleone, Mondadori, 1929
NAPOLEONE, Memoriale di Sant'Elena (prima edizione (originale) italiana 1844)
Storiologia ha realizzato un CD con l'intero MEMORIALE - vedi presentazione qui )
E un grazie al sig. Kolimo dalla Francia - http://www.alateus.it/rfind.html
 

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