RIVOLUZIONE FRANCESE

1801 - GLI EVENTI  di quest'anno
(i link inseriti sono per ulteriore approfondimento)

le date

La mattina del 26 dicembre dello scorso anno il generale Delmas con l'avanguardia a Borghetto aveva passato il fiume Mincio; seguito dal Moncey aveva attaccato l'Hohenzollern, il quale ripiegò su Valeggio.
Intorno a questi villaggi, dove il comandante austriaco Bellegarde aveva concentrato il grosso dell'esercito, si svolse la battaglia, che durò fino a sera. Infine gli Austriaci, che nelle due battaglie avevano perduto parecchi cannoni e circa dodicimila uomini tra morti, prigionieri e feriti (fra questi ultimi il generale Kaim), si ritirarono ordinatamente a Villafranca e di là, dati rinforzi ai presidii di Mantova, Peschiera e Legnago, a Verona.
Il Bellegarde si proponeva di resistere sulla linea dell'Adige, ma, avendo saputo delle vittorie del Moreau, negli ultimi giorni dell'anno che moriva (il 1800) stabilì di ritirarsi, ma non prima di dar tempo al Laudon e al Vukassewich di ripiegare su Verona e su Vicenza.

10 GENNAIO 1801
I Francesi continuarono ad avanzare, ma stavano per gettare i ponti sull'Adige a Bussolengo quando il Bellegarde mandò al Brune un parlamentare per annunciargli l'armistizio di Steyer e proporgli la sospensione delle ostilità.
Il Brune chiese che gli fossero date Mantova, Peschiera, Ferrara ed Ancona e che gli Austriaci si ritirassero fino all'Isonzo; ma il Bellegarde, giudicando queste condizioni troppo pesanti, domandò istruzioni a Vienna e nei giorni seguenti continuò a ritirarsi verso il Piave, dopo avere ordinato al Laudon e al Vukassewich di raggiungerlo.

Questi due generali si trovavano in una situazione molto pericolosa perché, minacciati dal nord dal Macdonald giunto fino a Trento, e dal sud dal Moncev che da Corona e Rivoli aveva cominciato a risalire l'Adige, e quindi i due correvano il rischio di essere bloccati tra le montagne del Trentino. Seppero però salvarsi, il secondo con una celere marcia attraverso la valle del Brenta, il primo facendo credere al Moncey che si era conclusa una tregua fra il Bellegarde e il Brune.
Nelle operazioni del corpo del Macdonald nella regione trentina ebbe parte importante la legione italica che ne formava l'avanguardia. Essa, per Bagolino e Ponte Caffaro, era entrata, il 3 gennaio 1801, a, Storo, aveva cacciato gli Austriaci del Davidowich fino a Condino e si era impadronita di Pieve di Bosco. Proseguendo nella sua avanzata, espugnò le fortificazioni di S. Alberto e di Tirne, respinse oltre l'Adige il Davidowich, occupò il 7 gennaio Trento ed insegui il nemico per la valle del Brenta fin quasi sotto le mura di Bassano.

Il 16 GENNAIO, essendo giunte da Vienna le istruzioni chieste dal Belleguarde, fu concluso a Treviso un armistizio; doveva durare fino al 25 gennaio e le ostilità non potevano essere riprese se non quindici giorni dopo la denuncia. Inoltre i Francesi dovevano rimanere sulla linea della Livenza, gli Austriaci su quella del Tagliamento; il territorio compreso tra questi due fiumi sarebbe rimasto neutro. Infine furono cedute alla Francia le fortezze di Verona, Legnago, Peschiera, Ferrara ed Ancona, alle quali più tardi fu aggiunta Mantova dietro le minacce del Bonaparte.
Dall'armistizio di Treviso era stato escluso FERDINANDO IV di Napoli, che aveva partecipato alla campagna contro la Francia con un piccolo esercito di ottomila uomini al comando dell'emigrato francese RUGGERO di DAMAS. Questi, operando d'accordo col SOMMARIVA che minacciava il nord della Toscana, era nel dicembre del 1800 penetrato attraverso lo Stato Pontificio nel Granducato, avanzando fin sotto Siena. Il MIOLLIS, che insieme con i membri del governo si era rifugiato a Pisa, alle notizie dei progressi del Brune si era mosso verso Siena, facendosi precedere dal generale Pino. Il quale, dopo una scaramuccia con il nemico a Monteriggioni, aveva assalito Siena e vi era penetrato a viva forza il 14 gennaio del 1801 costringendo i Napoletani a sgombrare la Toscana.

18 FEBBRAIO - Dopo l'armistizio di Treviso le operazioni contro Ferdinando IV continuarono con maggior vigore sotto la direzione del MURAT, venuto dalla Francia con diecimila uomini, i quali furono aumentati dalle truppe del Pino, fra cui si trovava anche il battaglione toscano comandato dal principe PIGNATELLI di STRONGOLI, da parte della legione italica e da due divisioni dell'esercito d'Italia. Il Murat, entrato nella Toscana, passò nel territorio dello Stato Pontificio, dichiarando che non avrebbe occupato Roma e che si sarebbe ritirato appena i Napoletani avessero sgombrato Castel S. Angelo e tutte le terre della Chiesa comprese Benevento e Pontecorvo. A Foligno però, con la mediazione dell'ammiraglio russo Levachow inviato dallo Zar, firmò con il Micheroug, rappresentante di Ferdinando, una tregua di un mese.

I patti della tregua erano i seguenti: i Napoletani avrebbero evacuato lo Stato pontificio entro sei giorni; chiusi i porti del Regno di Napoli e Sicilia agli Inglesi e ai Turchi, aprendoli invece ai legni francesi; restituiti subito i prigionieri; mandati agli atti i processi politici e regolati d'accordo col governo francese, gli interessi dei carcerati o fuorusciti per ragioni politiche; i Francesi avrebbero occupato Terni e sarebbero rimasti sulla linea della Nera fino alla confluenza col Tevere.
Quando fu firmata la tregua di Foligno, già da nove giorni a Luneville, in Lorena, era stata segnata la pace tra la Francia e l'Austria. Le condizioni per l'imperatore erano che abbandonava alla repubblica francese il Belgio, il Lussemburgo e gli stati tedeschi alla sinistra de Reno; riconosceva le repubbliche batava, elvetica, cisalpina e ligure e conservava il Veneto; il duca di Modena otteneva la Brisgovia in cambio dei domini in Italia e il Granduca cedeva all' infante duca di Parma, la Toscana e la sua porzione dell' isola d' Elba.

9 MARZO - MURAT denuncia l'armistizio di Foligno, ma poi acconsentì a prolungarlo a condizione che il re di Napoli gli permettesse di occupare Taranto, gli fornisse vettovaglie per l'esercito e gli pagasse cinquecentomila lire a mese. Ferdinando IV dovette accettare e il ...

28 MARZO ...dietro suo ordine, il Micheroug firmò a Firenze un trattato di pace con la Francia. Con questo i porti del regno venivano chiusi alle navi turche e inglesi, il re rinunziava ai suoi possessi nell' isola d' Elba, allo Stato dei Presidi e al Principato di Piombino che erano messi a disposizione della Francia, pagava entro tre mesi cinquecentomila franchi quale indennità ai cittadini francesi danneggiati, scarcerava i prigionieri politici e riammetteva i patrioti esuli restituendo loro i beni confiscati.
Al trattato di pace erano aggiunti quattro articoli segreti con i quali Ferdinando concedeva che quattromila francesi occupassero le coste degli Abruzzi e diecimila la provincia di Otranto fino alla pace generale e somministrava a queste truppe le vettovaglie e cinquecentomila franchi a mese.

Quando venne firmata la pace di Firenze erano già in corso trattative fra il Re di Sardegna e la Francia. Abbiamo già detto che a Vercelli il Bonaparte aveva espresso al cardinale Martiniana il desiderio di accordarsi, oltre che col Pontefice, anche con Carlo Emanuele IV. Questo rispose al Primo Console di esser disposto a trattare purché la Francia gli "…garantisse la tranquillità interna e la sicurezza esterna dei suoi stati, la dignità e l'indipendenza della Corona, ed i mezzi per risollevare il suo popolo dai gravissimi mali che lo tormentavano da molti anni…", quindi inviò come negoziatore il SAN MARZANO, che giunse a Parigi il 16 febbraio del 1801. Iniziate le conversazioni, il San Marzano chiese la restituzione di tutti gli stati del Re di Sardegna, ma si sentì rispondere beffardamente dal TALLEYRAND che, prima di cominciare i negoziati, CARLO EMANUELE IV doveva prima chiudere i porti della Sardegna alle navi dei nemici della Francia.
Le trattative ebbero allora una sosta, che si mutò in rottura per l'imprudenza del San Marzano, il quale molto inopportunamente si lagnò più volte per lettera con il Talleyrand del modo con cui era trattato dai Francesi il Piemonte.

12 APRILE - Per tutta risposta il Bonaparte decretò l'annessione del Piemonte alla Francia e diede i passaporti all'ambasciatore e, poiché questi indugiò due mesi e mezzo circa, il 2 luglio lo sfrattò dal territorio della repubblica. Tentò da Francoforte il San Marzano di riallacciare le trattative, tentò la Russia di giovare alla corte Sabauda insistendo presso Parigi perché Carlo Emanuele fosse reintegrato nei suoi stati: ma tutto fu inutile ed ogni speranza di riavere il Piemonte cadde nelle speranze del Re di Sardegna quando, l'8 ottobre del 1801, fu firmata la pace tra la Francia e la Russia e il 27 marzo 1802 ad Amiens fu conclusa la pace tra la Francia e l'Inghilterra.

"….Il Re e la Regina - "scrive il Lemmi" - vivevano in condizioni economiche assai ristrette, avendo il bilancio della Sardegna un deficit di 400 mila lire ed essendosi ormai vendute le ultime gioie. Il sussidio inglese doveva bastare a troppi bisogni: Casa reale, Casa dei principi, legazioni all'estero, posta, corrieri di gabinetto, sussidi ai vecchi fedeli servitori caduti nella miseria. Più gravi ancora però sarebbero state le condizioni della Corte senza l'illimitata devozione dei suoi più alti impiegati. Il FRONT, infatti, dalla fine del 1798 non riceveva lo stipendio, il SAN MARZANO viaggiava e viveva all'estero a sue spese, il CHIARLAMBERTO (che morì i primi di agosto del 1803 non aveva più ricevuto un soldo dopo la partenza del Re di Sardegna. Il 7 marzo 1802 la Regina Maria Clotilde, sorella di Luigi XVI, moriva avendo superato di poco i 42 anni, e veniva sepolta, a Napoli, nella chiesa di S. Caterina a Chiaia, nella cappella della Divina Pastora, vestita della sua veste votiva di lana turchina. CARLO EMANUELE, afflitto da tante tribolazioni, non resse a così gran dolore degli eventi, e deliberò di abdicare a favore del fratello VITTORIO EMANUELE, DUCA D'AOSTA.

La cerimonia avvenne a Roma, il 5 giugno del 1802, nel palazzo del principe DON FILIPPO COLONNA, gran contentabile del Regno di Napoli, con l'intervento e con la presenza del gran contestabile, del principe ANDREA DORIA, del conte CERRUTI di Castiglione-Falletti, del barone LUIGI AMAT di Sorso, del cav. TOMMASO FERRERO della Marmora, del conte GIO. BATTISTA MATTONE di BENEVELLO, del conte di CHIARLAMBERTO che fungeva da notaio della Corona.
CARLO EMANUELE IV si riservò titolo, dignità e trattamento regio con un'annua vitalizia pensione di 200 mila lire piemontesi aumentabili ove fossero migliorate le condizioni della Casa. Dopo l'abdicazione del resto egli si sentì più felice, come se si fosse liberato da un grave peso:
"…Tuttavia - "scriveva da Frascati al fratello, il 9 luglio 1802" - vi assicuro che il solo desiderio di tranquillità non mi avrebbe fatto considerare lecita l'abdicazione. Bensì la convinzione che ad ogni momento crescevano le difficoltà provenienti dalla mia incapacità per uno stato di cose molto al di sopra del mio ingegno, della mia salute e di molte altre cose, mi ha reso doveroso ciò che in ogni altra circostanza sarebbe stato un atto di debolezza …"

"…Visse da allora in vari monasteri tutto intento alle cose di religione, non dimentico della donna, mite e pia, che era stata per 26 anni e mezzo la dolce compagna della sua vita: "…Da due settimane sono presso la cara urna che contiene le spoglie di ciò che io avevo di più caro al mondo. Abito la casa religiosa ove Ella è sepolta, e due o tre volte il giorno bacio il marmo che la custodisce…": così l'11 febbraio del 1803 scriveva al fratello Vittorio Emanuele. Fin dal 16 agosto del 1800 era morto, in Francia, il principe CARLO EMANUELE di CARIGNANO che, come è noto, aveva fatto il giacobino nel 1798; il 29 ottobre del 1802 morì di convulsioni GIUSEPPE PLACIDO BENEDETTO conte di Moriana; e Carlo Emanuele IV accolse con rassegnazione anche questa nuova sciagura a proposito della quale scrisse semplici eloquenti parole di conforto al fratello. Morì a sua volta il 6 ottobre del 1819 nel noviziato dei gesuiti a Roma, essendo ormai cieco, ma soddisfatto che il tempo galantuomo avesse degnamente rimeritato la sua Casa delle molte traversie sofferte …"

16 LUGLIO - La pace con la Russia e con l'Inghilterra fu preceduta di alcuni mesi dalla pace religiosa. Già fin dal novembre del 1800 si erano recati a Parigi per trattare con il Primo Console mons. SPINA, arcivescovo di Corinto, e il teologo CASELLI, ma i negoziati erano andati per le lunghe per l'intransigenza delle due parti e c'era stato perfino un "Ultimatum" del Bonaparte alla Santa Sede; riprese le trattative, queste portarono poi al Concordato (che accenneremo con pagine dedicate VEDI QUI > > ) . Vi si stabiliva che il culto cattolico fosse liberamente e pubblicamente esercitato in Francia; la Santa Sede si obbligava a fare una nuova circoscrizione delle diocesi francesi; i vescovi e gli arcivescovi dovevano dimettersi e il Pontefice doveva dare l'istituzione canonica ai nuovi titolari scelti dal Bonaparte. Inoltre ai vescovi si riconosceva il diritto di scegliere i parroci fra persone approvate dal governo; ai vescovi e ai parroci veniva fissato un assegno governativo e il Papa prometteva di non molestare coloro che avevano acquistato beni ecclesiastici e ordinava che nelle sacre funzioni si pregasse per la repubblica e pei consoli.

Dopo la firma del Concordato il Bonaparte costrinse Ferdinando IV a restituire alla Chiesa, Benevento e Pontecorvo e ritirò le truppe francesi dallo Stato Pontificio fuor che da Ancona; poi si procedette all'applicazione del Concordato stesso, la quale incontrò non poche difficoltà, specie da parte dei vescovi che dovevano e non volevano dimettersi e da parte di quelli che, confermati dal Primo Console, si rifiutavano di fare atto di contrizione e di domandare l'assoluzione dei propri errori. Finalmente questi ostacoli poterono esser superati e il 18 aprile del 1802 nella cattedrale di Parigi fu cantato il "Te Deum" per rendere grazie a Dio per la pace generale e pel ristabilimento del culto cattolico in Francia.
QUI TORNIAMO UN PO' INDIETRO....
Il 9 FEBBRAIO,  l'Austria in serie difficoltà con i francesi che erano quasi arrivati fino alle porte di Vienna, a Luneville firma la pace.
La Francia   nella ratificazione dei patti ha ripreso il dominio dell'Italia fino all'Adige e su tutti i territori alla sinistra del Reno. 
L'Austria é costretta a riconfermare le concessioni fatte a Campoformido; riconosce la Repubblica Batava e la Repubblica Svizzera. Mentre il  Piemonte passa alla Francia.
Il granducato di Toscana è appannaggio dei Borboni di Parma, con LUDOVICO I che è il figlio del duca di Parma Ferdinando.
I Savoia non sono per nulla soddisfatti, resta a loro solo la Sardegna. Sono infuriati "a noi solo un mucchio di sassi! bella riconoscenza". Fra l'altro la Sardegna è sotto il protettorato inglese. Insomma una beffa.
La Russia invece inizia ad essere pragmatica. Lo Zar Paolo I, si era già  reso conto della infernale macchina da guerra che era l'esercito francese guidato dalla tenacia di Napoleone; già in Italia nonostante avesse colto una serie di successi si era poi ritirato.
Iniziava a soppesare le convenienze di alcune - forse errate -  alleanze con stati reazionari come l'Austria. Sia il giudizio espresso che il gesto ci indica che a Vienna si era piuttosto inflessibili ma anche poco avveduti. Il risultato di questa antecedente cecità è ora quello di avere i francesi sulla porta di casa.
Purtroppo lo Zar, Paolo I, nel corso dell'anno venne assassinato, ucciso in una congiura di palazzo. Delusione per Napoleone che stava quasi convincendo Paolo I a non allearsi con l'Inghilterra, e restarsene neutra.
Nell’oscurità della sua stanza, mentre avveniva il delitto, l’allora quasi ventiquattrenne Alessandro, tremante e terrorizzato, consumava sterili lacrime di figlio orfano ma nel medesimo istante prendeva atto del suo compito di futuro regnante. E
presto sarà una spina nel fianco di Napoleone.
AMMIRAVA MOLTO NAPOLEONE, SI DICHIARO' PERFINO ALLEATO MA POI FU PROPRIO LUI A FARGLI TERRA BRUCIATA A MOSCA.
Compiaciuto del teatro della vita, cercò di mostrare sempre la maschera del buon attore, pietoso coi traditori, amabile con gli amici, premuroso e cavaliere con le donne, riservandosi di recitare, al momento opportuno, anche il ruolo di cattivo coi nemici. Ammirò e odiò colui che fece tremare l’Europa, il prodotto della Rivoluzione francese, ossia Napoleone, e si acquietò solo quando vide la sua fine, non avendo mai perdonato a quell’abile stratega l’essere giunto a minacciare il cuore del suo impero.
Da quel momento Alessandro divenne ostile ad ogni espressione di idea liberale, fino a trasformarsi nel più bigotto dei sovrani, pronto all’intervento dovunque si verificasse un focolaio di ribellione, fu insomma il paladino della Santa Alleanza, religioso strumento di repressione contro i diritti di libertà ed eguaglianza; in compenso fece tutto suo il concetto di fratellanza, in nome del quale prestò soccorso a tutti quei monarchi che invocarono il suo aiuto e che erano contro il nuovo corso della storia impresso dalla rivoluzione e da Napoleone stesso.
Alessandro fu infatti il simbolo della Restaurazione, periodo che dopo il 1814, anno del Congresso di Vienna, segnò la fine, principalmente ad opera del Metternich, delle speranze di coloro che si battevano per quelle riforme atte a cambiare le condizioni dei popoli oppressi ma che scatenò inevitabilmente la riscossa negli anni futuri, poiché il seme dell’indipendenza era germogliato in tutta l’Europa.


IL 18 MARZO a Napoli viene conclusa una pace con i francesi. Fra le richieste, quella di mettere delle guarnigioni francesi in molte città italiane. Mezza Italia viene francesizzata con le leggi, le scuole, i rapporti con il pubblico impiego, e molte altre attività.
Il papa a Roma reagisce  "vogliono che parliamo il francese, e io seguito a parlare in latino!" Da poco, cioè appena eletto - nello scorso anno il 14 marzo - PIO VII ha stabilito nuovamente la residenza papale a Roma.
Per 23 anni sulla cattedra di San Pietro  sarà seduto un papa amante della lotta, con un carattere tenace, un grande uomo; ma nei primi quindici anni del suo pontificato  il suo avversario era anche lui amante della lotta, anche lui con un carattere tenace e anche lui un grande uomo: era Napoleone!
25 GIUGNO - Bonaparte, dopo aver messo a capo dell'esercito d'Italia il MASSENA, lasciò Milano e quel giorno stesso ebbe a Vercelli un colloquio con il cardinale MARTINIANA, e gli espresse il desiderio di porre fine, d'accordo con PIO VII, alle agitazioni religiose di Francia e di trattare sulle cose del Piemonte con CARLO EMANUELE IV.
Il cardinale subito spedì il conte ALCIATI, suo nipote, colonnello nell'esercito piemontese, con due lettere, una per il Pontefice e l'altra per il Re di Sardegna, per informarli di quanto il Primo Console gli aveva accennato.

Da Vercelli il Bonaparte si recò a Torino, dove giunse il 26. Il giorno prima il presidio austriaco comandato dal generale Aversperg aveva abbandonato la cittadella alle truppe francesi; il giorno dopo, partito per la Francia il Primo Console, giunse nella capitale del Piemonte il generale Alessandro ERTHIER, il quale costituì una Commissione provvisoria di sette membri, composta dai cittadini FILIPPO AVOGADRO di Quaregna, INNOCENZO MAURIZIO BAUDISSON, UGO VINCENZO BOTTONE di CASTELLAMONTE, FRANCESCO FRAYDA, GIUSEPPE CAVALLI di OLIVOLA, PIETRO GAETANO GALLI DELLA LOGGIA, e STEFANO GIOVANNI ROCCI, e una Consulta di trenta membri.
28 GIUGNO - Anche Genova, da dove il generale austriaco Hohenzollern sgombrò, ebbe una Commissione di sette membri (AGOSTINO MAGLIONE, AGOSTINO PARETO, GIROLAMO SERRA, ANTONIO MONGIARDINO, LUIGI CARBONARA, LUIGI LUPI e G. B. ROSSI) e una consulta di trenta. Tanto in Piemonte, quanto nella Liguria, dai ministri francesi che, in effetti, vi esercitavano il supremo potere fu vietato di recare offesa alla religione e ai sacerdoti e raccomandato di dimenticare gli odi e di obbedire alle leggi.

2 LUGLIO - Bonaparte giungeva a Parigi; il 14 era celebrata con gran solennità la festa della rivoluzione; il---
15 LUGLIO - MOREAU, sconfitto il KRAY, stipulava con lui l'armistizio di Parsdorf; il 21 giungeva nella capitale francese il generale austriaco S. GIULIANO con la risposta dell'Imperatore alla lettera del Primo Console e, dopo alcuni colloqui con il TALLEYRAND; il ...
28 LUGLIO - ...sottoscriveva insieme con lui i preliminari di una pace tra la Francia e l'Austria, convenendo che gli eserciti rimanessero nelle rispettive posizioni e che l'Imperatore si accontentasse di compensi in Italia anziché altrove come si era stabilito a Campoformio.

Tutto faceva pensare che si fosse alla vigilia della pace in Europa. FRANCESCO II però non volle ratificare i preliminari, proponendo invece un congresso da tenersi a LUNEVILLE con la partecipazione anche l'Inghilterra. Il Bonaparte, pur accettando la proposta del congresso, denunziò l'armistizio e impartì l'ordine di riprendere le operazioni di guerra il 13 settembre, data che poi fu mutata con quella del 5 novembre.

Intanto Napoleone sorvegliava attentamente la situazione europea, con lo scopo di togliere la Francia dall'isolamento in cui fino allora era stata con la coalizione.
Per distruggere la supremazia inglese nel Mediterraneo, cresciuta con la resa di Malta (settembre 1800), iniziò trattative con lo Zar, il quale, come Gran Maestro dell' Ordine Gerosolimitano, non poteva né voleva consentire il possesso inglese dell'isola, e nell'ottobre ricevette a Parigi l'ambasciatore russo Sprengporten, venuto per trattare una pace separata e un'amichevole intesa. Nello stesso mese firmò con la Spagna, a Sant' Idelfonso, un trattato in cui la Francia rientrava in possesso della Luisiana e prometteva di assegnare all'Infante di Parma le Legazioni e la Toscana con titolo regio.

Ma contemporaneamente il Primo Console ordinava che l'esercito d'Italia invadesse la Toscana col pretesto che il generale austriaco SOMMARIVA si era rifiutato di sciogliere le truppe di ribelli antifrancesi venute da ogni parte e raccolte in quella regione.
Il generale DUPONT con una numerosa colonna entrò in Toscana, sbaragliò a Barberivo alcune bande comandate da uno SPANNOCCHI e il...
15 OTTOBRE ....fece senza colpo ferire il suo ingresso a Firenze. Quasi nello stesso tempo scendeva per la Garfagnana il generale CLEMENT con una colonna di Cisalpini, che occupava Lucca e il 18 Livorno, impadronendosi di cinquanta bastimenti inglesi e di copiose merci; mentre il generale PINO, sceso dall'Abetone, poneva presidi a Pistoia, a Prato e a Pescia.
Restava da occupare Arezzo, dove si era rifugiata la Reggenza granducale. Il generale Dupont vi mandò il Mounier, il quale il...
18 OTTOBRE ....sbaragliata una banda capeggiata da un certo MONTELUCCI, giunse sotto le mura della città con due mezze brigate e un reggimento d'ussari. Quel medesimo giorno fu dato l'assalto, ma settemila Aretini guidati dal Marchese G. B. ALBERGOTTI con diciotto pezzi d'artiglieria respinsero il nemico; l'indomani fu ritentata la prova che, nonostante il valore dei difensori, riuscì.
La città fu messa a sacco, parecchie persone, fra cui alcune donne, trovate con le armi in pugno, furono uccise; una contribuzione di cinquantamila scudi fu imposta agli abitanti e la fortezza fu smantellata. A presidiare Arezzo rimase il generale PALOMBINI con un contingente di truppe; a Firenze, partito il DUPONT per la Lombardia, rimase il generale MIOLLIS con seimila uomini tra Piemontesi e Cisalpini.
L'occupazione francese della Toscana fu una delle cause che fecero riaccendere la guerra tra la Francia e l'Austria. Questa aveva sul Reno ottantamila uomini al comando del giovanissimo arciduca GIOVANNI, sul Meno ventimila, quarantamila nell'Alto Adige e nel Trentino sotto i generali HILLER, LAUDON e VUKASSEWICH, settantamila in Italia con il BELLEGARDE, schierati sul Mincio, quattromila nel Ferrarese sotto il MYLLIUS e settemila con il SOMMARIVA ad Ancona.

La Francia aveva in Baviera sotto il comando del MOREAU cento quarantamila uomini, ventimila con l'AUGERAU sul Meno, quindicimila con il MACDONALD nei Grigioni, novantamila in Lombardia sotto il generale BRUNE successo al MASSENA.

Le operazioni decisive della campagna si svolsero in Germania. Il 3 dicembre del prossimo 1802, il MOREAU sconfisse completamente gli Austriaci e avanzò fino a ventidue leghe da Vienna. L'Arciduca CARLO, successo nel comando dell'esercito all'Arciduca Giovanni, chiese una tregua, dichiarando che l'Imperatore era disposto a concludere una pace separata, e il 25 dicembre si firmò a STEYER un armistizio di un mese.
Scadenza 3 gennaio 1802, il prossimo anno...
ALTRI FATTI DI QUEST'ANNO 1801
*** IN EGITTO i francesi hanno molte difficoltà a restarci. Il 21 AGOSTO: le truppe residue  della spedizione napoleonica in Egitto, dopo il rientro in Francia di Napoleone, devono fronteggiare le forze britanniche e ottomane nella battaglia di Canopo (Abukir).
IL 30 AGOSTO : il presidio francese stretto d’assedio nei forti di Alessandria, accetta la resa. Per la  Francia  l'avventura egiziana termina subito.
Nella cinque  volte millenaria Storia dell'Egitto viene scritta  solo una piccola pagina di due anni. Ma anche in Egitto, Napoleone lasciò l'impronta. 
*** In RUSSIA viene assassinato nel palazzo reale lo ZAR PAOLO I. Gli succede il figlio ALESSANDRO I. Le conseguenze si fanno subito sentire, vanificando tutti gli sforzi di Napoleone nel voler convincere Paolo I a non allearsi con l'Inghilterra, che per rendere inoffensiva la Russia sta bombardando quest'anno la Danimarca. Essa fa parte della Lega dei Paesi Neutri costituita dallo Zar lo scorso anno dopo aver rotto l'alleanza con la Francia. Gli inglesi neutralizzando gli alleati della Russia  cercano di convincere i russi di schierarsi al loro fianco o per lo meno a renderla meno pericolosa.
*** IN AMERICA  la colonia WASHINGTON diventa la capitale della Confederazione  degli Stati Uniti d'America. Vi s'insedia  succedendo al Presidente  Washington, e a Adams,  THOMAS JEFFERSON.
*** Una banale macchina costruita da WHITNEY (neppure brevettata tanto era semplice) sgrana il cotone di una settimana-uomo in una sola ora.
Le piantagioni di cotone in America aumentano vertiginosamente. Di conseguenza anche la tratta di milioni di schiavi africani è sottoposta ad una forte accelerazione.
*** J. M. JACQUARD - costruisce e aggiunge una strano congegno a schede perforate su telai tessili  per automatizzare le macchine nella tessitura di stoffe a complessi disegni. Un apposito dispositivo di lettura delle schede era costituito da file di aghi che, premendo sulla scheda, la potevano attraversare solo in corrispondenza dei fori. Lo stesso dispositivo comandava contemporaneamente l'immissione dei fili nei punti desiderati della trama. Con il telaio a schede perforate l'inserimento automatico di istruzioni per le macchine in genere fa il suo ingresso nella storia della grande produzione industriale.
Non immagina nemmeno lontanamente che fra breve (1822) dalla sua strana macchina, il matematico C. BABBAGE costruirà una specie di calcolatore programmabile;  la Macchina Differenziale che tesse disegni algebrici, così come il telaio di Jacquard tesse fiori e foglie. In seguito nel 1843 Babbage  la migliorerà con le nuove tecnologie   con la  macchina analitica  che può essere considerata un antenato del moderno calcolatore.
*** Il 1° gennaio 1801 Giuseppe Piazzi scopre casualmente il primo pianetino conosciuto
(Cerere) dall'osservatorio astronomico di Palermo. Ha l'orbita compresa fra quella di Marte e Giove e col suo diametro di oltre 950 km è il maggiore dei pianetini.
Bibliografia:
ADOLPH THIERS - Storia della Rivoluzione Francese - 10 Volumi
R.CIAMPINI, Napoleone, Utet, 1941
EMIL LUDWIG Napoleone, Mondadori, 1929
NAPOLEONE, Memoriale di Sant'Elena (prima edizione (originale) italiana 1844)
Storiologia ha realizzato un CD con l'intero MEMORIALE - vedi presentazione qui )
E un grazie al sig. Kolimo dalla Francia - http://www.alateus.it/rfind.html
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