RIVOLUZIONE FRANCESE

1814 - GLI EVENTI  di quest'anno
(i link inseriti sono per ulteriore approfondimento)

I TRATTATI DI PARIGI 
30 MAGGIO 1814 - 20 NOVEMBRE 1815
IL CONGRESSO DI VIENNA
OTTOBRE 1814 - GIUGNO 1815
LA (
inutile) RESTAURAZIONE

LE LITI PER LE SPARTIZIONI DELL'EUROPA

Il primo TRATTATO DI PARIGI fu stipulato il 30 maggio 1814 dopo il crollo dell'impero napoleonico, tra la Francia e le potenze alleate della VI coalizione antifrancese: Inghilterra, Austria, Russia e Prussia (poi si aggiunse anche la Spagna).
Il senato francese aveva dichiarato decaduto Napoleone quando l'esercito della VI coalizione, dopo aver battuto Napoleone una prima volta il 1° febbraio a La Rothiere e il 20-21 marzo ad Arcis-sur-Aubea era entrato a Parigi.
Napoleone abdica il 6 aprile, in cambio gli viene offerto il principato dell'Isola d'Elba e una rendita vitalizia di 2 milioni di franchi.

Nel Trattato, i confini della Francia, sul cui trono era stata restaurata la dinastia borbonica, venivano retrocessi a quelli del 1° Gennaio 1792, con aggiustamenti territoriali nei dipartimenti della Sambre-et-Meuse, della Mosella, della Saar e del monte Bianco (di quest'ultimo territorio, Annecy e Chambery, appartenenti ai Savoia, venivano annesse alla Francia). 
Dei territori già facenti parte del sistema continentale napoleonico, la Svizzera tornava ad essere una repubblica indipendente; l'Olanda, anch'essa ricostituita in uno stato indipendente e ingrandita con gli ex Paesi Bassi austriaci, diventava un regno sotto la dinastia degli Orange; gli stati tedeschi venivano riportati allo statuto federativo del 1804.
Le potenzi contraenti il trattato s'impegnavano a inviare loro plenipotenziari a un preannunciato Congresso di Vienna per un riassetto definitivo della carta europea.

Il Congresso di Vienna (VEDI LE PAGINE SOTTO) si apre il 1° novembre di questo stesso 1814 e durerà fino al 9 giugno del 1815, ma nel frattempo era stato stipulato un altro trattato il 20 novembre 1815, dopo che Napoleone il 1° marzo aveva tentato di riconquistare il trono, dopo il 30 giugno quando perse a Waterloo, e dopo essere stato esiliato a Sant'Elena. 

Il secondo TRATTATO DI PARIGI, dopo la sconfitta a Waterloo e la tragica conclusione dei "cento giorni", fu firmato il 20 novembre tra la Francia da una parte e dalla VII coalizione (uniti col trattato di Chaumont) Inghilterra, Austria, Prussia e Russia dall'altra, peggiorava le condizioni che alla Francia sconfitta  erano state assicurate dal precedente trattato del 30 maggio; territorialmente veniva ulteriormente ridotta alla frontiera  del 1790 e doveva cedere diverse posizioni strategiche alle potenze "medie" create ai suoi confini: Philippeville, Mariemburg, e Bouillon ai Paesi Bassi; Sarrelouis e Sarrebruk alla Prussia; Landau alla Baviera; Annecy e Chambery al Regno di Sardegna; Versaix, Pregny e il Grande Saconnex alla Svizzera.

La Francia si impegnava inoltre al pagamento di una gravosa indennità di guerra e al mantenimento per un periodo di cinque anni (poi ridotti a tre) di un contingente di 150.000 soldati stranieri sul proprio territorio, nei dipartimenti dell'est e del nord-est.
Lo stesso giorno, sempre a Parigi, la Russia, la Prussia e l'Austria (che avevano concluso tra loro il 26 settembre il trattato della SANTA ALLEANZA ) stipularono con l'Inghilterra un trattato che confermava la volontà di mantenere la pace in Europa e stabiliva a tal fine congressi periodici delle grandi potenze.

Questo secondo periodo 1815-1830 (della Restaurazione, delle "pace artificiali"), chiude il primo periodo 1789-1815 (della Rivoluzione, delle "scosse violente" ), ma quando termina  lascia spazio al terzo periodo 1830-1848 di quel "grande cataclisma" della storia avvenuto in una sola generazioni. (Napoleone a Sant'Elena lo aveva profetizzato).

"I trattati di Parigi, poi la Conferenza di Vienna, segnarono uno svolta molto importante nella storia europea dal punto di vista politico-diplomatico, ma non interruppero il processo di trasformazione economica (iniziato in Inghilterra), e non interruppero la grande lotta tra forze innovatrici e forze conservatrici, iniziata dalla rivoluzione francese. Questa lotta infatti continuò, per quanto in forme in parte nuove, anche dopo il 1815 condizionando la vita interna di tutti i paesi europei e influendo grandemente sullo sviluppo della cultura e delle ideologie".
(Prefazione vol. 9, Storia del Mondo Moderno, Cambridge University-Garzanti)

"Il crollo dell'impero napoleonico è stato spesso considerato uno spartiacque dagli storici, che partono dal 1789 per arrivare al 1815, o dal 1815 per arrivare al 1848. Nel primo caso si deve considerare la pace come una prefazione e un epilogo, nel secondo le guerre si trasformano in un semplice sottofondo. Il periodo 1793-1830 è una età di transizione, che alterna irregolarmente scosse violente a distensioni artificiali. Pure sono proprio le età di transizione le più interessanti. Si è spesso ripetuto che tra il 1789 e il 1815 la Francia dichiarò guerra alla storia, e che dopo il 1815 la Santa Alleanza cercò di spostare indietro le lancette dell'orologio.

Se così fosse, si sarebbe naturalmente trattato in entrambi i casi di tentativi destinati all'insuccesso; ma la contrapposizione tra i due periodi  non è affatto così semplice. Già prima del 1800 i richiami alla tradizione cominciarono a mescolarsi con le istanze di rinnovamento; e dopo il 1815, per contro, molti conservatori compresero che la storia alle quali non si poteva dichiarare guerra era anche la storia dell'illuminismo e dell'ultimo trentennio. La metafora dell'orologio non è comunque molto calzante, perché suggerisce un moto regolare che i governi della restaurazione a buon diritto non riconoscevano alle correnti d'opposizione del loro tempo.
Questi governi non si prefissero tanto il compito di invertire il corso della storia, quanto quello di rallentare in qualche modo la marcia troppo impetuosa delle conquiste rivoluzionarie. La loro diagnosi e i loro rimedi furono spesso rozzi, ma in questi anni assistiamo ugualmente a un processo di lenta digestione e assimilazione, anziché di rigetto, dei cibi eterogenei che erano stati somministrati a una intera generazione.

Questa età delle guerre e di assestamenti post-belllici ha dunque un suo carattere, anche se non è quello di un'epoca in sé conclusa. A parte i toni di drammaticità che la contraddistinguono, il problema è se si debba vedere in essa le idee al servizio della violenza o non piuttosto, la violenza al servizio delle idee, e quale sia stato il peso della guerra stessa nel determinare la direzione e l'estensione del moto di rinnovamento" (ib. Introduzione,  pag. 2) 

L'Europa  con l'inizio dell'anno  ha già chiuso un agitato e oscuro capitolo della sua storia e ne apre un altro non meno drammatico e non meno enigmatico. Il Congresso di Vienna - che leggeremo più avanti - ha ridisegnato la cartina dell'intera Europa. Le potenze vincitrici, Austria, Russia, Prussia e Inghilterra hanno dunque deciso con la Restaurazione una nuova sistemazione politica e territoriale. In quasi tutti gli stati c'é il ritorno sul trono degli antichi sovrani. Sono state cancellate tutte le costituzioni e le leggi napoleoniche, si ritorna agli antichi ordinamenti prerivoluzionari.
Nonostante questo in alcuni Stati non ci sono state delle forti reazioni, non sono nati  governi polizieschi,  e molti sovrani, i più illuminati,  sono perfino favorevoli al mantenimento delle riforme napoleoniche, pur apportando alcune modifiche.

Non così in Italia. Si sono scatenate forti repressioni contro le forze rivoluzionarie, e queste stanno provocando nuove spirali di violenza. Censura, dura repressione, restaurazione di antichi privilegi, parrucche e codini nuovamente in giro, diffondono un profondo malcontento negli ambienti liberali.
Sono ambienti  non solo gremiti da nostalgici del bonapartismo, da rivoluzionari, da "comunisti" buonarrottiani, da società segrete; ma virtualmente sono ambienti pieni di cittadini dalle Alpi alla Sicilia, che avvertono che l'Italia non può ritornare nel sepolcro di prima della rivoluzione francese o del "tornado" napoleonico, perchè l'Italia non é più la stessa.

Tutti avvertono che i diciotto anni di storia da quel 1787, hanno lasciato profonde  tracce. Milano ritorna austriaca , ma non è più la Milano di prima, che a parte i nostalgici di Napoleone (ma quando c'era lui non mancavano i nostalgici austriaci)  rivela un cambiamento profondo, un rinnovamento totale dei sentimenti e delle idee in generale non cogliendo il contingente, ma catturando da quella esperienza l'essenziale.
Anche Venezia non è più quella di prima e dopo il 12 maggio 1797 (quand'era prima Serenissima, poi Democratica), ma non è più nemmeno la stessa del 7 aprile 1815 da quando è diventata una città  e una regione austriaca. Infatti entrambe, la seconda più della prima, avranno nei prossimi anni altre durissime esperienze.

Perfino i più accaniti nemici di Napoleone hanno dovuto assorbire qualche cosa del suo pensiero. Dal travaglio dell'età napoleonica é nata la nuova coscienza italiana. Non ne è rimasta immune la Russia (vedi la guerra civile del 1905 e vedi la Rivoluzione del '17: non ne è rimasta immune neppure l'Inghilterra per quanto circondata dal mare e non un francese era sbarcato sulla sua isola - per "contaminarla" con la rivoluzione o col bonapartismo .
Con Napoleone, con le guerre contro il suo Impero, anche la Gran Bretagna é stata costretta a farsi Europea.

IL CONGRESSO DI VIENNA

La riunione dei "restauratori" al Congresso di Vienna

Una seduta plenaria del Congresso di Vienna, che durò dall'ottobre 1814 al giugno 1815, in cui venne costituita la Santa Alleanza, e che valse a far ritornare in vigore tutti gli antichi ordinamenti e privilegi, e a soffocare ogni traccia di libertà:

SONO PRESENTI

1. Duca di Wellington, Inghilterra; 2. Conte di Lobo da Silveyra, Portogallo; 3. De Saldana de Gama, Portogallo; 4. Conte di I_ówenhielm, Svezia; 5. Principe di Hardenberg, Prussia; 6. Conte di Noailles, Francia; 7. Principe di Metternich, Austria; 8. Conte di Latour du Pin, Francia; 9. Conte di Nesselrode, Russia; io. De Souza-Holstein, conte di Palmella, Portogallo; iz. Visconte Castelreagh, Inghilterra; 12. Duca di Dalberg, Francia; 13. Barone di Wessenberg, Austria; 14. Principe di Rasumowski, Russia; 15. Lord Stewart, Inghilterra; 16. Don Pierre-Gomez Labrador, Spagna; 17. Conte di Clancarty, Inghilterra; 18. Von Gentz, segretario generale; 19. Barone Guglielmo di Humboldt, Prussia; 20. Conte Cathcart, Inghilterra; 21. Principe di Talleyrand-Périgord, Francia; 22. Conte di Stackelberg, Russia. (Dal quadro di j. Isabey - Museo del Risorgimento, Milano).

Il Congresso di Vienna (22 settembre 1814-10 giugno 1815) ispirandosi al principio legittimista, sostenuto da Talleyrand, tende a ricostruire gli Stati esistenti anteriormente alla Rivoluzione francese, il che ha per conseguenza la restaurazione proprio di quel precedente equilibrio europeo, rotto dalle guerre rivoluzionarie e   napoleoniche.
Dopo la caduta dell’Impero napoleonico, le potenze vincitrici (Austria, Russia, Inghilterra e Prussia) vogliono 
1) reprimere le spinte di rinnovamento politico-sociale e le esigenze delle nazionalità che il rivolgimento napoleonico aveva sollevato in tanta parte d’Europa;
2) restaurare le legittime dinastie e le autorità tradizionali; 
3) delimitare le nuove frontiere fra gli Stati, assicurando il contenimento della Francia e l’equilibrio europeo.
 
La Francia inviò come osservatore il ministro Talleyrand, il quale però seppe impedire che il Congresso si trasformasse in una coalizione antifrancese.

Talleyrand, infatti, approfittando del contrasto che divideva Russia e Prussia da Austria e Inghilterra (la Russia voleva la Polonia, mentre l’Inghilterra voleva impedirglielo; la Prussia voleva la Sassonia, ma l’Austria era contraria), affermò il principio di legittimità, secondo cui i territori europei dovevano ritornare a quei sovrani che per eredità vi avevano regnato prima del 1789. Questo principio ignorava volutamente - anzi disprezzandola - quello della sovranità popolare, affermato dalla Rivoluzione francese.

Costituiscono importanti eccezioni all'applicazione del principio legittimista:

* la mancata restaurazione del Sacro Romano Impero
* quella di un Regno Indipendente di Polonia,
* l'unione della Norvegia alla Svezia
* il mancato ristabilimento di alcune Repubbliche
* creazione di un Regno dei Paesi Bassi, che sostituisce la Rep. delle Province Unite
* annessione delle Repubblica di Venezia all'Austria.

* In Italia scompaiono le repubbliche di Venezia (già abolita da Napoleone, quindi nessun ritorno alla R. d. Serenissima) e di Genova e Lucca.
Il regno di Sardegna è restituito a Vittorio Emanuele I di Savoia (1802-21) che si annette la Liguria. Il regno Lombardo-Veneto passa all’Austria.
Ma come un ombra l'Austria sovrasta e influenza la politica dell'intera penisola. Molti altri ducati vengono assegnati a dinastie imparentate con la Casa d’Asburgo (Parma, Piacenza, Modena, Reggio, Toscana, Lucca...). I regni di Napoli-Sicilia passano a Ferdinando I di Borbone
(*), che diventa re delle Due Sicilie (1815-25), ma legato all’Austria da un trattato di alleanza militare.
Lo Stato Pontificio venne restituito a Pio VII (1800-23).
(*) Ferdinando I di Borbone, nato a Napoli (1751) era figlio di Re Carlo III e di Maria Amalia di Sassonia, salì al trono a 8 anni quando il padre divenne Re di Spagna (1759) e rimase sotto la tutela di un Consiglio di reggenza. Raggiunta la maggiore età aveva sposato (1768) Maria Carolina figlia di Maria Teresa dei Lorena-Asburgo (quindi Austriaca), questa donna (non smentendo il suo sangue) ossessionata dalle idee di libertà e uguaglianza che si diffusero anche a Napoli con la Rivoluzione Francese, influenzò fortemente Ferdinando che diede (fino al 1825) un nuovo indirizzo alla politica estera passando dall'orbita spagnola a quella austro-asburgica)


* la mancata restituzione di Malta all'Ordine omonimo.
* L’Inghilterra non ebbe in Europa vantaggi rilevanti, ma entrò in possesso di molte colonie francesi e olandesi (Guiana, Ceylon)

* L'Impero Germanico è sostituito dalla Confederazione Germanica, in cui primeggiano Austria e Prussia; la presidenza della Dieta, che ha sede a Francoforte, spetta all'Austria.
Il numero degli stati germanici è ridotto da più di 360 a 39 (si tratta soprattutto di una decimazione amministrativa), quello delle città libere da 51 a 4, i Principati e Feudi Ecclesiastici non vengono ristabiliti. L'antico Elettorato di Hannover, eretto in Regno, è restituito alla Casa reale inglese come feudo maschile.

Fanno parte della Confederazione Germanica il Regno dei Paesi Bassi, cui è stato attribuito il Granducato di Lussemburgo, e la Danimarca cui, in cambio della Norvegia, sono stati dati i Ducati di Holstein e di Lauenburg, fonte questa di gravi e lunghe complicazioni future. Anche l'annessione alle antiche Province Unite degli ex Paesi Bassi austriaci, la cui popolazione cattolica latina (i Valloni) si ribellerà contro il Re dei Paesi Bassi, e l'attribuzione all'Austria del Lombardo Veneto dovrà fatalmente indebolire la compagine, già poco salda, dell'Impero austriaco.

Al Congresso di Vienna non è ammessa la Turchia, che non fa pertanto parte del disegno europeo, esclusione voluta soprattutto dalla Russia, la quale spera nella conquista di Costantinopoli e nell'ottenimento di uno sbocco sul Mediterraneo.

Il Congresso di Vienna sebbene si sia opposto alle aspirazioni nazionali ed abbia violato le leggi geopolitiche, ha posto anche dei princìpi giusti e fecondi: ha soppresso la tratta dei Negri, ha favorito la libera circolazione sui fiumi internazionali (Reno, Danubio e Vistola) ed infine ultimo ma non meno importante ha garantito alla Svizzera la sua neutralità permanente.

Modificandosi in tal maniera l'aspetto geopolitico, si resero necessarie nuove alleanze al fine di mantenere l'equilibrio.

La Santa Alleanza, stipulata a Parigi il 26 settembre 1815 fra Austria, Prussia e Russia, patto a cui aderiscono in seguito a titolo personale Francia e Inghilterra, verrà strumentalizzata dal Metternich per mantenere l'ordine e l'equilibrio consacrando il principio di intervento, al quale l'Inghilterra opporrà il principio di non intervento, che favorirà l'emancipazione delle colonie spagnole, la trasformazione del regime in Francia (1830) e la costituzione

Il periodo che segue dal Congresso di Vienna alla Rivoluzione parigina del 1830 (che rilancia l’esperienza liberale su scala europea) si chiama dunque  RESTAURAZIONE  (di autorità presunte legittime ma, più in generale, di aspetti conservatori della vita pubblica).

Si afferma così l’Europa legittimista.

In Italia la restaurazione è portata avanti non solo dall’Austria, ma anche dai Savoia, Borbone e Stato pontificio. Quest’ultimo ristabilì l’ordine dei gesuiti, chiese ai governi che l’istruzione pubblica fosse restituita al monopolio delle scuole confessionali, ottenne che ogni attività culturale fosse sottoposta a preventiva censura ecclesiastica, che la stampa e la diffusione di opere proibite dalla Congregazione dell’Indice venissero perseguite dal potere giudiziario come reati civili, soppresse il codice napoleonico e ricostituì il tribunale dell’Inquisizione. Ristabilì anche la ghigliottina, che terminerà il suo lavoro nel 1867.

In Italia la borghesia, frantumata nei vari piccoli Stati, non aveva campo d’azione. La vita interna degli Stati italiani era caratterizzata da strutture proprie di una società preindustriale. L’intensificazione dei traffici coi mercati d’oltralpe (era aumentata la richiesta di seta e cotone nonché di generi alimentari pregiati) rendeva ancor più evidenti le condizioni di arretratezza. L’Italia rischiava (e restò) d’essere tagliata fuori dagli sviluppi del capitalismo industriale dell’occidente europeo. Mentre produttori e commercianti chiedevano: unificazione doganale e creazione di un organico e moderno sistema di comunicazioni interne. 
A far cambiare qualcosa - a partire dal 1820- furono soprattutto gli scrittori romantici, intraprendendo un’opera di sprovincializzazione della cultura italiana, inserendola nel più vasto moto del Romanticismo europeo.

ANCORA SUL CONGRESSO DI VIENNA

Le 4 Potenze che avevano sconfitto Napoleone (Inghilterra, Prussia, Russia, Austria) più la Nuova Francia di Luigi XVIII tentarono di accordarsi e ricondurre l'equilibrio delle Forze in Europa nell'alveo dei princìpi di legittimità. I vari Regni dovevano tornare alle antiche Dinastie conservando i loro Domini storici. Le idee della Rivoluzione andavano radicalmente estirpate per sempre; quello che era successo in Francia sarebbe stato solo una triste testimonianza degli eccessi a cui le masse popolari possano spingersi se non più guidate da Sacri Princìpi della tradizione e dal rispetto dei propri Sovrani, come era avvenuto sotto l'Ancien Régime.

Riunitisi a Vienna, i plenipotenziari dei vincitori imposero la Restaurazione delle forme tradizionali della vita politica e sociale, condannando le idee dell'Illuminismo come frutto perverso della Massoneria.

Anima del congresso che si tenne fra il Settembre 1814 ed il Giugno 1815 fu l'abilissmo Cancelliere Austriaco Metternich, colui che in pratica elaborò tutte le clausole della nuova realtà politica sintetizzandole in 121 Articoli. Va sottolineato il ruolo degli altri due protagonisti: Castlereagh, Ministro degli Esteri Britannico, il quale desiderava accattivarsi la Francia e limitare l'influenza Russa, e lo Zar Alessandro I, il cui esercito aveva partecipato attivamente alla sconfitta di Napoleone.
Salito al Trono dopo la scomparsa del padre Paolo I, strangolato nel 1801 da una congiura di Palazzo, Alessandro era convinto che Dio lo avesse destinato a salvare il Mondo e che la pace avrebbe dovuto fondarsi sui princìpi del Cristianesimo.

Al Congresso di Vienna si radunarono più di 200 Diplomatici inviati dalle Nazioni Europee, dai Principati Italiani, dalle Libere Città Tedesche, dai Cavalieri Teutonici, dai Cavalieri di Malta e da tante altre associazioni che ambivano facendo valere i loro diritti storici ad avere un ruolo nell'assetto internazionale che si andava forgiando.
I Palazzi Aristocratici organizzavano per loro fastosi ricevimenti e lo stesso Ludwig van Beethoven, con la prima dell'Opera Fidelio, mise la sua musica al servizio del Nuovo Ordine.

Al di là di queste frivolezze le sessioni plenarie del Congresso finirono per riplasmare la mappa dell'Europa. Una serie di Comitati affrontarono problemi come la navigazione dei grandi fiumi o il commercio degli schiavi e le Deliberazioni di Vienna avrebbero condizionato la politica Continentale per parecchi anni.

Nel settembre 1815, lo zar di Russia, deluso dai modesti risultati ottenuti dal Congresso, riprende l’iniziativa politico-diplomatica stilando un documento che auspicava forme di collaborazione internazionale (a livello dei sovrani) sulla base della comune matrice cristiana della civiltà europea.
Nasce così la SANTA ALLEANZA, cui aderiscono la maggior parte delle potenze europee. Rifiutarono di firmare il documento sia l’Inghilterra, perché era contraria a un’eccessiva influenza della Russia nella politica europea, sia lo Stato Pontificio, che non poteva vedere con simpatia il legame tra un sovrano ortodosso (lo zar), un imperatore cattolico (austriaco) e un sovrano protestante (prussiano).

L’Austria invece si servì dell’Alleanza per far accettare ai paesi che l’avevano sottoscritta la politica dell’intervento, secondo cui ogni Stato doveva sentirsi autorizzato a intervenire ovunque scoppiassero moti rivoluzionari e spinte all’indipendenza delle nazionalità.

LA
(INUTILE) 
RESTAURAZIONE

Il termine che all'inizio fu impiegato in Francia per indicare l'età del ristabilimento sul trono del ramo primogenito dei Borboni, passò ben presto a designare l'epoca della storia dell'intera Europa che va dal 1815 al 1830, caratterizzata dal...
* ritorno nelle monarchie restaurate dopo la caduta di Napoleone, e
* del principio di legittimità del diritto divino in contrapposizione al principio di legittimità democratico affermato dalla Rivoluzione Francese.

Ma se il legittimismo fu un carattere essenziale di quell'epoca, la restaurazione non fu un movimento storico puramente reazionario mirante al semplice ritorno dell'ancien régime. Soltanto in pochi casi come nella Spagna di Ferdinando VII ed in alcuni principati tedeschi ed italiani (per esempio Napoli), i sovrani adottarono linee di condotta decisamente reazionarie, reprimendo ogni nuovo fermento vitale.

Per la maggior parte, invece, gli stati d'Europa furono retti o con il regime costituzionale (piuttosto vago) o con una forma di assolutismo paternalistico: Luigi XVIII non si mostrò favorevole agli "ultras", e cioè ai fautori dell'estrema destra; e lo stesso Metternich costrinse  Ferdinando di Napoli a disfarsi del ministro Canosa per i suoi metodi troppo reazionari.

Durante la restaurazione furono in genere mantenuti il nuovo sistema amministrativo ed i nuovi codici, così come furono legittimati gli acquisti di beni ecclesiastici e feudali avvenuti durante il periodo della Rivoluzione. Non va neppure taciuto che l'età della restaurazione fu caratterizzata da un'abile opera di ricostruzione economica e finanziaria e da un'accorta politica intesa al mantenimento della pace tra le potenze europee. Era del resto nell'interesse di tutti.

Ciononostante la restaurazione fallì nel suo compito fondamentale, e cioè nell'attuazione di una giusta conciliazione del passato con il presente, perché disconobbe le nuove esigenze ideali della libertà, della democrazia e della nazionalità, potentemente portate alla ribalta dalla Rivoluzione e diffuse in Europa da Napoleone.
"Quale gioventù é mai questa che io lascio! Essa é nondimeno opera mia! E vendicherà abbastanza gli oltraggi ch'io soffro, colle chiare opere che da essa usciranno"... "Ma non iscorgono essi che uccidono in me se medesimi colle proprie mani?" (Da Sant'Elena, Memoriale).

 Il 1848 era ancora lontano, ma la pagina era già stata scritta!

Tali nuovi princìpi, si andavano sempre più affermando nonostante il rigore delle polizie. L'impiego della Chiesa come "instrumentum regni", nel tentativo di tenere a freno le nuove generazioni coll'educazione religiosa, cagionò, al contrario, il sorgere del Cattolicesimo liberale sul finire del secolo. 

I popoli intendevano rinnovare la vita dello Stato e chiedevano di partecipare al potere pubblico, e l'abile Concerto degli Stati europei architettato da Metternich non poteva contrastare che temporaneamente, per la sua stessa debolezza, l'imporsi delle tendenze liberali e democratiche.

Il tentativo di Carlo X, con la collaborazione del principe de Polignac, d'instaurare in Francia un regime autenticamente controrivoluzionario, provocò invece la rivoluzione del Luglio del 1830: questa rivoluzione, anche se i suoi effetti non si diffusero durevolmente in Europa, segnò la fine della restaurazione.
Insomma, dopo Napoleone era inutile far finta di nulla, l'Europa non era più quella di prima.

Nel '20-'21 erano iniziati i primi fermenti e primi moti (quelli di Napoli, seguiti da quelli Piemontesi); nel '31 divennero numerosi e consistenti i tumulti e le ribellioni; nel '48 esplosero, e questa volta non solo in Francia, in Italia, in Germania, ma nella stessa Austria, e Metternich fu messo alla porta.
Ma non è che cambiò di molto la politica austriaca. Soprattutto nei confronti dell'Italia con i vari interventi e le varie pesantissime ingerenze.
 
Dal '48 in poi "gli Asburgo seminarono malcontento su tutta Europa" (lo scrive addirittura il tedesco Alessandro Assia - fratello della zarina, parente con i Windsor sovrani in Inghilterra) insofferente luogotenente austriaco a Milano, infine consigliere del giovane Francesco Giuseppe a Villafranca, con scellerate alleanze e con  ambigui patti (spesso originati da dissapori e antipatie familiari - come gli Assia, i Romanov, i Savoia, infine i francesi di Napoleone III).
 
Iniziarono gli Austriaci - nella loro ambiguità - ad essere sempre più isolati, dalla Russia zarista, e soprattutto dalla Prussia diventata una grande Germania.
Il colpo di grazia alla fine arrivò nel 1914. Nell'incapacità di mettersi d'accordo,  all'esterno ma anche all'interno... (basterebbe leggere le lettere di Musil - l'autore de "L'uomo senza qualità"- ritrovate nel 1958, o il suo ""La guerra parallela"; quando chiama - lui austriaco, l'Impero austriaco "Cacania") ...crollarono così tre imperi storici. E i belligeranti (e non solo quelli perdenti)  uscirono dal conflitto tutti sconfitti, in quanto la guerra segnò - se non la causò direttamente - uno spostamento della potenza internazionale dall'Europa all'America da un lato, alla Russia sovietica dall'altro. Per rimanere da quel momento in avanti (i 2 blocchi) i soli padroni assoluti dell'Europa, nella Prima Guerra Mondiale, che diede poi origine - dopo una pausa - anche alla Seconda.

Bibliografia:
ADOLPH THIERS - Storia della Rivoluzione Francese - 10 Volumi
NAPOLEONE, Memoriale di Sant'Elena (prima edizione (originale) italiana 1844)
Storiologia ha realizzato un CD con l'intero MEMORIALE - vedi presentazione qui )
E un grazie al sig. Kolimo dalla Francia - http://www.alateus.it/rfind.html

 

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