Quel Reich che doveva dominare il mondo per 1000 anni
La sua massima:  "La propaganda è come l'arte, non ha bisogno di rispettare la verità"
era lui il "microfono" del Terzo Reich...

IL DOTTOR GOEBBELS

La Germania si risveglia, nel gennaio 1933, con un nuovo cancelliere. È Adolf Hilter, leader indiscusso del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori. In pochi mesi i nazisti soffocano i deboli alleati e qualsiasi opposizione. Il regime non perde tempo nel mettere in pratica le teorie espresse anni prima dal Führer nel suo libro "Mein Kampf" (La mia battaglia). Nasce in pochi mesi un sistema totalitario dove il partito unico ha in mano qualsiasi corporazione e associazione. Il secondo passo i nazisti lo muovono verso le Chiese, percepite come fonte di pericoloso contropotere. Successivamente, si impone la consacrazione del regime attraverso il mantenimento del potere: la rivoluzione scolastica, l'arte della propaganda e l'accordo con le Forze Armate erano l'ultimo mattone per edificare la Nuova Germania, pronta a lanciarsi nella guerra.


di FERRUCCIO GATTUSO

Così come avvenne per il regime sovietico, anche quello nazista si pose come uno dei principali obbiettivi quello dell'indottrinamento dei giovani. Così facendo il III Reich si assicurava non solo il futuro, ma l'interpretazione del passato. Ovviamente, tutta la storia del popolo tedesco e dell'Europa vennero visti attraverso il messaggio "salvifico" del nazismo, unica forza in grado di sconfiggere il marxismo e l'influenza potente e nefasta dell'ebraismo nel mondo.

"La gioventù tedesca del futuro - scriveva Hitler - deve essere snella e agile, veloce come un levriero, forte come il cuoio e dura come l'acciaio Krupp. Non occorre che abbia alcuna preparazione culturale. La conoscenza guasta i miei giovani. Una gioventù attiva, determinata e dominatrice, ecco ciò che voglio".

Parole inquietanti, ma spudoratamente sincere. Hitler, così disponendo, non faceva che riversare le proprie frustrazioni di studente fallito e mediocre artista, appassionato unicamente di disegno e ginnastica. La gioventù tedesca del regime avrebbe dovuto soprattutto eccellere nel fisico, piuttosto che nell'anima. Quest'ultima andava semplicemente consacrata al Führer. Il sistema scolastico tedesco, primo dell'avvento del nazismo, era uno dei migliori e più duri d'Europa, anche se la classe insegnante statale aveva di che lamentarsi, soprattutto dal punti di vista retributivo. Maestri e professori erano, inoltre, in maggioranza di convinzioni nazionaliste e conservatrici, e non pochi tra loro erano convinti antisemiti. La scuola, di conseguenza, si rivelò un terreno fertile per la propaganda nazista, e ben poche resistenze si registrarono all'interno della dirigenza scolastica.

Sin dai primi mesi dell'avvento al potere di Hitler gli effetti della politica nazista si fecero sentire nelle scuole. I primi a subirne le conseguenze furono, non c'è bisogno di dirlo, gli insegnanti di origine ebrea, poi i "dissidenti" e infine le donne sposate, per le quali il regime prevedeva un futuro da fedeli madri e mogli, "custodi del focolare". Come era avvenuto per ogni categoria professionale, il partito nazista non perse tempo a fagocitare ogni membro in un'unica associazione. Nel giro di un paio di anni, infatti, il 97% degli insegnanti risultò iscritto all'Associazione Nazista degli insegnati. Gli studenti, dalle elementari fino alle superiori, furono oggetto di una scientifica opera di demolizione meritocratica.

"Spontaneamente", bambini e ragazzi dovevano portare e bruciare i libri considerati "sgraditi", o portarli al riciclaggio, dove si sarebbero trasformati in testi "adatti". I vecchi sussidiari vennero sostituiti da libri sulla vita del Führer, racconti a fumetti di stampo antisemita e libri di matematica dai contenuti "edificanti" (un esempio di problema: "Un moderno cacciabombardiere può portare 1800 bombe incendiarie, Quanto sarà lungo il cammino in cui scaricherà queste bombe, se ne getta una ogni secondo volando alla velocità di 250 km orari. Quanto disteranno fra loro i crateri prodotti dalle bombe?").

Seguendo le direttive del Führer, la ginnastica assurse ad attività scolastica principale.
Le ore dedicate ad essa vennero più che raddoppiate, a scapito di quelle dedicate a materie come la religione, la storia dei paesi in cui non veniva parlata la lingua tedesca e, ovviamente, la letteratura, considerata un'espressione artistica pericolosa perché legata alla libertà di pensiero e dominata dalla presenza di autori ebrei. Il razzismo divenne una delle colonne educative fondamentali della scuola nazista: per passare agevolmente un esame di qualsiasi tipo bastava imparare con dovizia le teorie sulla superiorità della razza ariana, sull'inferiorità di quella ebrea e slava, sulle teorie biologiche naziste e sui miti del nord. Già nell'aprile 1933, solo quattro mesi dopo la salita al potere dei nazisti, il "Decreto contro il Sovraffollamento delle Scuole Tedesche" - formula eufemistica che nascondeva l'esplicita volontà d'epurazione - intimava che, in ogni scuola, la percentuale di studenti "non ariani" non dovesse superare l'1,5%. Il fine ultimo del nazismo, però, consisteva nel completo controllo delle giovani menti, non solo tra le quattro mura scolastiche, ma anche al di fuori, per tutto il resto della giornata. Un'attenta politica di omologazione venne condotta attraverso le numerose associazioni giovanili, le quali si assumevano compiti in fondo divertenti per i ragazzi, come campi estivi, attività sportive, feste e manifestazioni.

Soprattutto attraverso di esse, il regime cercava di convincerli a ritenersi la speranza e la linfa vitale della nazione, nonché a ritenere il Führer l'unico depositario della loro fiducia, al di sopra dei genitori, che andavano quindi apertamente criticati e "controllati". La principale associazione di partito fu la celebre Gioventù Hitleriana (corrispondente della sovietica Komsomol, la Gioventù comunista), nelle cui file il giovane tedesco sarebbe cresciuto nel culto di Hitler e del partito.

A gennaio del 1933 la Gioventù Hitleriana contava 55.000 membri, nel giro di pochi anni divenne la più grossa associazione giovanile del mondo occidentale. Questo eccezionale sviluppo lo si dovette, oltre che alla scientifica macchina della propaganda, alle capacità organizzative del suo direttore, il giovane, grasso ed effeminato Baldus von Schirach, che in poco tempo seppe conquistare la fiducia del Führer. Ad onor del vero, non fu solo l'efficienza organizzativa di von Schirach a dare il monopolio alla Gioventù Hitleriana: le associazioni concorrenti, come la conservatrice Grande Lega Tedesca, vennero sistematicamente boicottate dalle SA, e i giovani hitleriani ebbero il permesso di assaltare le sedi dei rivali, distruggendone documenti e proprietà. Non ci fu da stupirsi, quindi, quando il regime annunciò orgoglioso che la gioventù Hitleriana contava, alla fine del 1933, ben due milioni e mezzo di affiliati, ossia il 30% dei tedeschi tra i 10 e i 18 anni di età.

Per quanto riguarda le femmine, sorsero le associazioni della Lega delle Fanciulle (10-14 anni) e delle Giovani tedesche (14-18 anni), in pratica sezioni "rosa" della Gioventù Hitleriana. In queste associazioni il primato dell'efficienza fisica veniva subordinato alla retorica del ruolo materno e di moglie della donna nella famiglia tedesca: le pratiche "domestiche" divennero quindi la materia di studio e di allenamento principali. La donna tedesca veniva educata ad assumere così atteggiamenti consoni alla "dignità tedesca", ma non solo: lo stesso aspetto fisico doveva seguire precise direttive. La donna tedesca doveva essere in carne, vestire lunghe e pudiche gonne, sfoggiare trecce tradizionali. Severe punizioni (ad esempio, la rapatura a zero) attendevano quelle ragazze che avessero rifiutato questa omologazione estetica.

A dispetto di tutte le numerose attività organizzate dalla Gioventù Hitleriana maschile e femminile, non si poté fare a meno di registrare un aumento dei disturbi fisici e psichici nei giovani, nonché del deterioramento dei loro rapporti con i genitori. Sempre nel primo anno di potere, le SA e le SS, con l'aiuto del Ministero dell'Istruzione, crearono collegi per ragazzi chiamati Istituti per l'Educazione Politica Nazionale, i Napola. Essi sostituivano le tradizionali accademie prussiane per l'addestramento dei cadetti, le prestigiose scuole da cui venivano i migliori elementi della dirigenza militare. Da questi istituti nazificati fioriva così la dirigenza delle Waffen-SS, il ramo militarizzato delle SS. Nel 1938 i Napola erano ventuno in tutto il paese, e accettavano ragazzi dai 10 anni in su.

Nel 1937 sorsero poi le Scuole di Adolf Hitler, dove venivano educati i futuri dirigenti di partito.
Dai dodici anni in su, i membri di queste scuole provenivano dalla Gioventù Hitleriana e dovevano essere di pura razza ariana. Seppur destinati a ruoli d'ufficio, gli studenti delle Scuole di Adolf Hitler seguivano più di 5 ore al giorno di lezioni pratiche e di educazione fisica, e solo una e mezza di materie scientifiche e umanistiche. Alla fine degli anni Trenta, il regime organizzò anche dei severi centri di specializzazione, destinati ai migliori diplomati nelle Scuole di Adolf Hitler. Erano i Castelli dell'Ordine, dove si praticava una sorta di rito cavalleresco medioevale. Queste scuole avevano sede proprio in antichi castelli lontani dalle città: le lezioni comprendevano ideologia nazista e estenuanti prove fisiche (marce da un castello all'altro, voli in aliante, percorsi di montagna durissimi su sci, etc…). Ovviamente, le donne erano escluse da tutti questi istituti sorti per la creazione di una dirigenza politica: chiaramente, lo statuto nazista escludeva che il gentil sesso potesse raggiungere le vette del partito. Prima dell'avvento del nazismo, la Germania della Repubblica di Weimar era un esempio per l'emancipazione femminile.

Fino al 1933, le donne che lavoravano erano quattro volte di più di quelle americane, avevano diritto di voto e nel Reichstag sedevano più membri femminili rispetto a tutti gli altri Parlamenti del mondo occidentale. La politica nazista verso le donne fu, come si può dedurre, altamente coercitiva. Le donne vennero escluse dal mondo economico (almeno fino a quando si realizzò penuria di uomini, tutti al fronte, ndr) e dovevano sottostare a rigide regole sociali: vestiti alla moda, trucco eccessivo, pantaloni, la dieta e il fumo vennero considerati elementi contrari alla morale tedesca. Per non parlare dell'aborto, che venne definito "atto di sabotaggio verso lo stato".

La macchina della propaganda: Goebbels - L'avvento del nazismo, lo stesso mantenimento del potere da parte di Hitler e dei suoi accoliti, lo si deve ad una delle più potenti armi del Novecento, abilmente sfruttata da tutti i totalitarismi: la propaganda. Il cinema, ma soprattutto la radio (che per la prima volta entrava in quasi tutte le case tedesche, e veniva scientificamente collocata in tutti i luoghi pubblici, le cosiddette "radio del popolo") offrirono al nazismo uno straordinario strumento per l'esaltazione del Führer e delle realizzazioni del regime.

Dietro a questa efficiente e colossale macchina c'era un geniale manovratore, paradossalmente minuto, un uomo che amava farsi chiamare "Herr Doktor", non arrivava al metro e cinquantatré di altezza e pesava 45 chili: era Joseph Goebbels, il più fedele ed esaltato uomo del Führer, l'artista dell'uso dell'equivoco ("Qualsiasi bugia, se ripetuta frequentemente, si trasformerà gradualmente in verità"), l'uomo che con lui sarebbe morto nell'ultimo giorno, l'uomo che prima di compiere questo estremo atto di fedeltà a Hitler, avvelenò tutta la sua famiglia. "Sarebbe sbagliato e troppo semplicistico - scrive H.W. Koch - identificare la propaganda nazionalsocialista esclusivamente con il dottor Joseph Goebbels o viceversa.

Goebbels era la voce del padrone, niente di più e niente di meno, anche se la sua parve spesso infinitamente più raffinata e chiara. Dote principale di Hitler, infatti, fu la capacità di dare una proiezione quasi messianica alla sua missione, sfogando frustrazione segrete della sua generazione. A quel livello Goebbels lo zoppo non arrivò mai. Seppe esaltare le masse fino all'isterismo, ma non farle passare, come invece, Hitler, dall'isterismo all'azione". Quel che è certo è che, fra i due, si creò una complessa e perfetta alchimia. Il sodalizio tra i due si era creato sin dai tempi della lotta per il potere, negli anni venti. Gauleiter di Berlino nel 1926, Goebbels aveva messo in pratica alla perfezione le tattiche hitleriane della conquista della piazza, sfruttando le armi della provocazione e dello sfruttamento delle reazioni degli avversari comunisti. Il primo Goebbels, piuttosto, non condivideva per nulla le teorie antisemite del Führer, ma quando realizzò che queste potevano creare un utile capro espiatorio sociale e fungere da potente arma anti-borghese e anti-capitalista, allora le adottò senza problemi. Il cinismo e la scaltrezza del minuto "Herr Doktor" venivano dalle proprie frustrazioni e dal disprezzo verso la propria persona.

I NATALI

JOSEPH GOEBBELS nasce a Rheydt, in Renania, il 29 ottobre 1897. Suo padre Friedrich era funzionario di una piccola industria, sua madre Maria Katherina Odenhausen era una discendente di una famiglia ebrea dell'Olanda, ma fervente cattolica come il marito.
Sin da piccolo Joseph imparò a detestare i tic della piccola borghesia cui apparteneva, assillata dal risparmio e dalla morigeratezza. Oltre a ciò, una forma di poliomelite che gli aveva reso un gamba più corta dell'altra di otto centimetri e che lo aveva reso zoppo sin dalla tenera età, condizionò profondamente il suo carattere. A causa di questo handicap il giovane Goebbels non poté partecipare alla Grande Guerra, fu respinto senza neppure una visita dal servizio militare - al quale si era offerto volontario. Ma una volta raggiunto il potere la sua macchina propagandistica decise che la sua deficienza fisica era la conseguenza di una ferita riportata in guerra.

Amante della letteratura, Goebbels cercò la strada della scrittura, ma fallì miseramente. L'illuminazione avvenne nel 1924, quando il futuro Ministro della Propaganda del Reich ottenne un posto nella redazione di un bollettino di informazione vicino al partito nazista. Qui entrò nelle grazie di Gregor Strasser che poi abbandonò senza rimorsi per passare armi e bagagli dalla parte del suo avversario, Adolf Hitler (qualche tempo prima, in una riunione di gerarchi nazisti, Goebbels aveva addirittura chiesto l'espulsione dal partito di Hitler!). Nel campo dell'informazione, Goebbels scoprì, come scrisse lui stesso, di "essere un predicatore, un apostolo, un trascinatore delle folle e di avere fra le mani l'anima dei lavoratori". Già negli anni degli scontri urbani con i "rossi", Goebbels si dimostrò uno scaltro artista della propaganda: il partito aveva bisogno di canti, eroi e martiri. Uno dei suoi capolavori fu, senza dubbio, la creazione del mito di Horst Wessel, uno sconosciuto attivista nazista morto in situazioni poco chiare, il quale divenne soggetto della "canzone di Horst Wessel", inno del partito e secondo inno nazionale della Germania.

"Wessel - scrive Koch - divenne così il simbolo sacrificale del nazismo: con la sua esaltazione dell'integrazione del paese e della creazione di una comunità nazionale senza classi, la Volksgemeinschaft, un concetto che affondava le radici nel pensiero romantico tedesco". Da Gauleiter berlinese, Goebbels riuscì ad aumentare il numero di iscritti al partito nazista, e allo stesso tempo a far mettere fuori legge lo stesso per quasi un anno, a causa dei suoi sistemi troppo aggressivi. Questa "pausa" gli servì per rendere efficiente il suo giornale, "Der Angriff" (L'Attacco), dal quale lanciò il celeberrimo slogan "Ein Volk, Ein Reich, Ein Führer" (un popolo, un impero, un capo). Sfruttando l'arma della stampa Goebbels guadagnò fama e consensi, e questi lo portarono al Reichstag nel 1928, insieme ad altri undici nazisti. A quel punto la storia cominciò a dare una mano ai destini del partito nazista.
Sopraggiunse la crisi del 1929, e la Germania sprofondò negli anni trenta in quell'incubo economico che lanciò come una catapulta i nazisti verso la vetta del potere. Una volta lassù, però, per Goebbels si delinearono una serie di problemi, primo fra i quali la concorrenza di altri gerarchi che insidiavano la sua posizione rispetto a Hitler.

Benché nominato capo della propaganda nazista in tutta la Germania, Goebbels si ritrovò di fronte avversari come Otto Dietrich, capo della stampa nazista, e Max Amann, direttore della Eher Verlag, l'unica casa editrice nazista. L'arma principale di cui si servì Goebbels per la sua azione propagandistica fu, come detto, la radio. Basandosi sui "suggerimenti" del regime sovietico, il gerarca nazista capì che la radio poteva diventare la voce del regime in ogni casa tedesca. La radio, oltretutto, permetteva a Goebbels di guadagnare un carisma personale, difficilmente ottenibile dal vivo (situazione in cui, al contrario, Hitler eccelleva).

La voce profonda e affascinante di Goebbels, l'uso dell'ironia (che invece al Führer mancava totalmente), diffuse dalla radio, mascheravano al popolo la condizione fisica dell'uomo: Goebbels, minuto, eccessivamente magro, zoppo da un piede, era l'esatto opposto del mito fisico ariano. Solo dopo il raggiungimento del potere, infatti, egli seppe sfruttare presso il pubblico femminile il proprio carisma, divenendo un indefesso corteggiatore. Il passo definitivo nel potere assoluto Goebbels lo fece quando Hitler lo nominò, a soli 35 anni, capo del Ministero della propaganda e dell'Illuminazione del Popolo (Volksaufklärung), con il quale stese la propria longa manus su tutti i media meno la stampa: radio, cinema, teatro e musica.

Goebbels divenne così il più giovane ministro d'Europa. Fu da questo pulpito che il "gerarca zoppo" riuscì a rendere, alle porte dell'intervento armato in Polonia, Hitler il condottiero indiscusso della Germania. E grazie alla propaganda - come avvenne in Russia con Stalin - qualsiasi inefficienza o errore del regime veniva imputato alla "cricca" sotto di lui, e al fatto che "il Führer probabilmente non poteva sapere". ""I programmi della radio nel 1933 e nel 1934 - scrive Koch - furono dominati da un misto di propaganda nazista e di Kultur germanica, a spese soprattutto dei programmi leggeri. Ma quando si rese conto che perfino il pubblico tedesco poteva stancarsi facilmente di Beethoven, Wagner e della mistica del sangue e del suolo, Goebbels mutò radicalmente politica e mescolò la propaganda indiretta al divertimento, ignorando le pretese dei più accesi puristi del nazionalsocialismo.

La propaganda non si limitò alla Germania; già nel 1933 una stazione ad onde corte trasmetteva programmi all'estero. Dieci anni dopo, le stazioni erano diventate 130, e diffondevano quotidianamente 279 bollettini di informazioni in 53 lingue". Anche il cinema fu un eccellente strumento di propaganda nelle mani di Joseph Goebbels.
Di questa "nuova arte" "Herr Doktor" era sinceramente appassionato, tanto da aver una sala cinematografica privata, dove si faceva proiettare tutti i migliori (e proibiti da lui stesso!) film americani. Fra i suoi film preferiti, "Via col vento" e l'antimilitarista (!) "Niente di nuovo sul fronte occidentale". Con suo grande dispiacere, l'avvento del nazismo portò ad un esodo in massa dei migliori registi, come Fritz Lang e Joseph Von Sternberg, e attori di cinema, come Peter Lorre e Marlene Dietrich. Addirittura, Goebbels cercò di convincere Lang a lavorare per il regime, benché il regista fosse ebreo. La storia narra che Lang chiese 24 ore per pensarci su, ma la stessa notte salì su un treno diretto a Parigi e abbandonò la Germania. Un'altra curiosa vicenda di quei tempi è quella dell'attore ebreo Leo Reuss che, ossigenatosi e trasferitosi a Vienna, recitò nel ruolo di ariano in film nazisti, in seguito fuggì in America, lavorò a Hollywood alla MGM, e non smise mai di raccontare come aveva beffato i nazisti.

Tornando al cinema di Goebbels, questo doveva essere improntato ad un severo moralismo (il ministro bocciò i film di Tarzan perché l'eroe era troppo discinto) e ad un intento educativo (film antisemiti come il celebre "Suss l'Ebreo"). L'unico mezzo di comunicazione che restava fuori dal potere di Goebbels era la stampa. In tre mosse anche questo obbiettivo fu raggiunto. Per prima cosa, per suo ordine tutte le diverse agenzie di stampa vennero conglobate in una sola, la DNB (Deutsches Nachrichten-Bureau, Ufficio Tedesco dell'Informazione); in secondo luogo, con una legge ad hoc (ottobre 1933), i giornalisti vennero "sollevati dalle loro responsabilità verso i rispettivi editori", dovendo di conseguenza rispondere "allo Stato"; infine, la terza mossa consistette nel metodo della "conferenza stampa quotidiana", attraverso la quale il Ministero diceva ai direttori dei giornali di cosa e come si doveva parlare.

Nel campo dell'arte e della letteratura, infine, si devono a Goebbels due iniziative assurte ad icone negative del regime hitleriano: il rogo dei libri proibiti e la celebre Mostra dell'Arte Degenerata, con cui il regime voleva illustrare al popolo gli "obbrobri" di artisti ebrei e decadenti come… Max Ernst, Paul Klee, Kandisnky, Van Gogh, Picasso! Prima di vendere o distruggere alcune di queste opere, la Mostra venne organizzata Monaco nel luglio del 1937. Questo fu uno dei pochi ma clamorosi autogol di Goebbels: la Mostra, ricca di 730 opere collocate a caso, senza cornici e corredate di commenti denigratori, attirò più di due milioni di tedeschi.

Un altro settore nel quale il regime nazista doveva assolutamente consolidare il proprio potere era quello dell'Esercito. Non solo perché, per tradizione, le forze armate erano la spina dorsale di una società guerriera come quella tedesca, ma anche per il semplice fatto che, solo attraverso la collaborazione dell'aristocrazia militare, il nuovo Reich avrebbe potuto estendere il proprio lebensraum (spazio vitale) e riunire a sé tutti i popoli tedeschi fuori dai confini nazionali. Il braccio dell'Esercito, quindi, si rivelava vitale per il progetto dominatore del nazismo. L'Esercito, umiliato dalle condizioni della sconfitta, non chiedeva di meglio che identificarsi nel revanscismo nazionalista dei nazisti, anche se, tradizionalmente su posizioni conservatrici e fedelissimi allo Stato, sulle prime il movimento di Hitler non piacque affatto ai generali. Le cose, ovviamente, cambiarono quando Hitler divenne "lo Stato".

Un elemento fondamentale nell'avvicinamento tra nazisti e forze armate lo si deve al Ministro della Difesa (eletto da Hindenburg e mantenuto da Hitler) Werner Von Blomberg, che era simpatizzante di Hitler. Accanto a Blomberg in questa politica di avvicinamento ai nazisti, il generale Walther von Reichenau, suo collaboratore al ministero. Non fu solo a causa dell'operato di individui strategicamente importanti che l'Esercito venne blandito da Hitler. Il Führer rese più forte tutto l'apparato della Difesa, istituì un Consiglio per la Difesa del Reich, nel quale il Ministro della Difesa si riuniva insieme a quello degli Esteri, degli Interni, delle Finanze e della propaganda. In questo modo, si dava più potere alla Difesa, ma contemporaneamente la si controllava con maggiore rigidità.

Per passare dalla parte del Führer, però, le potenti forze armate chiedevano un ultima, consistente "prova": l'emarginazione delle SA, le formazioni paramilitari che, sin dalle origini del movimento nazista, avevano lottato per le strade contro i "rossi" e avevano perseguitato gli ebrei. Composte da reduci della Grande Guerra e disoccupati figli della Grande Crisi, le SA erano fedeli al Führer, benché fossero rimaste legate ai principi originari del movimento nazista, quindi fortemente socialisti e "di sinistra". L'Esercito non intendeva dividere il potere militare con le indisciplinate e goffe "camice brune", che tra l'altro avevano raggiunto un numero di affiliati superiore di tre volte rispetto ai soldati regolari della Wehrmacht.

La situazione, esplosiva, venne risolta da Hitler alla sua maniera.
Con quello che, eufemisticamente parlando, si può definire un eccesso di zelo, il Führer non si limitò ad "emarginare" le SA, ma scatenò un autentico operazione sanguinaria di polizia. Nella notte del 30 giugno 1934 - che passò alla storia come quella "dei lunghi coltelli" - le fedelissime SS di Hitler giustiziarono tutti capi delle SA. Da quel giorno le SA, rese acefale dalla purga, si estinsero col tempo. Com'era nello stile di Hitler, però, l'Esercito necessitava di un contrappeso precauzionale, e questo furono le SS, forze di polizia e successivamente forza militare d'assalto (le Waffen-SS), che divennero un elemento di interferenza con l'esercito allo stesso modo delle SA. Pochi giorni dopo il grande massacro, il Presidente Hindenburg moriva all'età di 87 anni. L'Esercito perdeva così la sua figura più carismatica, e il potere di Hitler poteva prendere definitivamente il volo.

Il capo supremo delle forze armate sarebbe infatti divenuto lo stesso Hitler. "Il 2 agosto 1934 - scrive M.R.D. Foot - proprio la sera in cui morì Hindenburg, ogni unità tenne un servizio d'onore alla memoria e alla fine, per ordine di Reichenau, ciascun uomo presente pronunciò sulla bandiera del proprio reggimento le parole seguenti: "presto davanti a Dio questo sacro giuramento, di obbedire incondizionatamente al Führer del Reich e del popolo tedesco, Adolf Hitler, comandante supremo della Wehrmacht, e di essere pronto, come valoroso soldato, a rischiare la mia vita per questo giuramento". Questa formula fu decisiva e disastrosa per l'esercito.

Uomini scrupolosi, competenti e devoti come i generali e i colonnelli tedeschi ben difficilmente potevano concepire di infrangere una cosa così importante come un giuramento solenne pronunciato sulla bandiera […] Il generale Ludwig Beck, che nel 1935 sarebbe diventato capo di stato maggiore dell'esercito, descrisse subito quella sera come "la più nera della mia vita" Alla fine, capeggiò quel poco di resistenza che era possibile in Germania contro Hitler e si uccise dopo il fallito attentato del 20 luglio 1944 alla vita del Führer". Progressivamente e inesorabilmente, Hitler cominciò a mettere propri uomini nelle più alte leve dell'esercito, e solo quando ne ebbe in pugno tutta i meccanismi, decise di sfruttare questa potente arma a fini bellici. "Hitler - scrive Foot - aveva ora il controllo di un efficientissimo strumento di guerra e […] cominciò a servirsene. Keitel, un generale da scrivania, firmava tutto ciò che Hitler gli diceva di firmare, e proprio per questo doveva finire impiccato a Norimberga nel 1946". Per quanto il potere di Hitler fosse divenuto assoluto e le possibilità di ribellione o attentato alla sua persona fossero improbabili, come tutti i dittatori anch'egli necessitava di una guardia personale.

I "pretoriani" del Führer diventarono così le Schutzstaffeln (Squadre di protezione), il cui nome venne abbreviato in SS. A questa formazione paramilitare vennero affidati diversi compiti: oltre alla difesa della persona del Führer, infatti, le SS svolgevano insieme alla Gestapo funzioni di polizia politica. In seguito, con la nascita delle già citate Waffen-SS, le SS divennero un distaccamento militare operante sul fronte, e al quale venivano consegnate le imprese più difficili e più sanguinose. Il battesimo delle SS, come detto, fu la "notte dei lunghi coltelli": "Non esitammo a compiere il dovere assegnatoci - scrisse in modo agghiacciante, a proposito di quella sanguinaria impresa, lo stesso Himmler - a mettere al muro amici riconosciuti colpevoli e a fucilarli.
Non una parola tra noi su questa faccenda. Tutti noi la consideravamo qualcosa di spaventoso, eppure tutti eravamo sicuri che se simili ordini fossero stati di nuovo necessari, li avremmo eseguiti, come infatti dovevamo fare in seguito…". In verità, le SS erano nate molto prima di quel tragico 1934, nel 1923, quando contavano meno di 300 uomini e svolgevano ruoli marginali all'interno del partito nazista. Il salto di qualità lo si ebbe nel 1929, quando divenne Reichsführer delle SS Heinrich Himmler. Questo efficiente e spietato gerarca fu da subito decise a rendere le SS uno strumento di potere personale, anche se ciecamente fedele a Hitler. Fino al 1934, in ogni caso, le SS rimasero una formazione minoritaria formalmente subordinata alle SA (Sturmabteilungen, Reparti d'assalto).

"Le SS - scrive Philippe Masson - con le loro eleganti uniformi nere, erano gli angeli custodi perversi del regime nazista. Reclutate in una classe sociale più elevata di quella cui appartenevano le SA, le SS erano più riservate e non si abbandonavano a rozze manifestazioni". Nate quindi come "angeli custodi" di Hitler, al finire della Seconda guerra mondiale si erano trasformate in una sorta di "Legione straniera dell'Europa nazista", comprendendo diverse nazionalità. Alla vigilia del conflitto mondiale le SS erano nel numero di 250.000 uomini, simbolo dell'élite, fisica e "morale" del partito.

Himmler aveva organizzato l'intera struttura nelle sue mani in quattro sezioni: l'SD (Sicherheitsdienst, servizio di sicurezza), cioè il servizio segreto del partito; la SIPO (Sicherheitspolizei), polizia di sicurezza che conteneva la famigerata Gestapo (Geheimstaatspolizei, polizia segreta di Stato) e la Kripo, la polizia criminale; la ORPO (Ordnungspolizei), polizia d'ordine; la sezione militare delle SS.
Quest'ultima era formata da diversi reggimenti, ognuno con un nome suggestivo (Leibstabdarte Adolf Hitler, Deutschland, Germania, Der Führer, Totenkopf, Polizei). Alcune di esse formarono dal 1940 la sezione Waffen-SS (SS armate) che finirono per diventare vere e proprie truppe d'assalto, un'élite razziale che, in prima linea, doveva svolgere i lavori più sporchi. La diffidenza e il sospetto di Hitler per qualsiasi forza anche moderatamente autonoma dalla sua influenza, però, fecero sì che le Waffen-SS rimanessero una forza controllata, una polizia militarizzata e nulla più. Le Waffen-SS si dovevano così limitare a costituire non più del 5% delle forze armate al fronte, svolgendo un ruolo di modello per gli altri soldati.

Fino al 1942 le SS avevano severissime leggi di reclutamento.
Addirittura, scrive Himmler, "fino al 1936 non accettammo assolutamente nessuno che avesse anche il più piccolo difetto fisico, fosse pure un dente stuccato. Così fummo in grado di mettere insieme nelle SS gli elementi più splendidi della nostra razza". Le SS venivano addestrate in scuole speciali per ufficiali, le Junkerschulen, a Brunswick e Bad Tölz. "Gli uomini delle SS - scrive Philippe Masson - dovevano mostrarsi duri, spietati, sprezzanti della propria e dell'altrui vita. Non dava prova di buon gusto l'allievo che si dichiarava ateo, protestante o cattolico, perciò ai futuri ufficiali si consigliava di essere teisti. Tutta l'eredità liberale e cristiana della civiltà occidentale veniva brutalmente respinta. […] Esisteva anche un test particolarmente impegnativo: per dimostrare il controllo dei nervi, il futuro ufficiale doveva togliere la sicura a una bomba a mano, tenerla in equilibrio sull'elmetto e stare sull'attenti finché non esplodeva".

Nel 1943 le SS erano nel numero di 600.000 unità. Le necessità della guerra - una guerra che si rivelava, per Hitler, più lunga del previsto - costrinsero le SS ad allentare le maglie del reclutamento: nel 1943-44 solo la metà delle 38 grandi unità SS erano costituite da "puri tedeschi", mentre l'altra metà era formata da stranieri provenienti dall'Europa occidentale e orientale. Nelle SS, quindi, c'erano olandesi, valloni, fiamminghi, francesi, bosniaci, ucraini, croati, serbi, bulgari, russi, albanesi, addirittura…britannici, indiani e turchi! "Himmler - scrive Masson - puntava sull'antagonismo etnico e religioso che di quando in quando fomentava discordie nell'Europa orientale e nei Balcani. Così, per rafforzare la divisione SS Prinz Eugen impegnata contro i partigiani di Tito, venne creata la divisione Handschar, costituita da musulmani bosniaci che nutrivano un odio più che secolare contro i serbi.
Coi loro fez in testa e accompagnati dal loro imam, i battaglioni bosniaci (che fruivano di un rancio speciale) ricevettero la benedizione del Gran Muftì di Gerusalemme". Uno dei motivi che spinse membri di tante nazionalità ad entrare nelle SS fu l'anticomunismo. "Il motivo dichiarato - scrive ancora Masson - era la partecipazione alla crociata contro il bolscevismo. Le Waffen-SS - è la paradossale conclusione - avrebbero potuto formare l'esercito multinazionale, precursore dell'Europa unita". L'Europa - non unita, e solo per metà libera - avrebbe ripreso forma dalle macerie del delirante sogno hitleriano.

di FERRUCCIO GATTUSO

Bibliografia
Ordine Nuovo, collana "Il Terzo Reich", pp.192, edizioni Hobby & Work. 1989
Goebbels, di H. W. Koch, collana "Il XX Secolo", Mondadori, vol. IV, p.53, 1978
Hitler, Studio sulla tirannide, di Alan Bullock, Oscar Mondadori, pp.516, 1979
Esercito e nazismo, di M.R.D. Foot, collana "Il XX Secolo", Mondadori, vol. IV, p.43, 1978
Le SS, di Philippe Masson, collana "Il XX Secolo", Mondadori, vol. V, p. 74, 1978


Storiologia ringrazia per l'articolo 
FRANCO GIANOLA, 
direttore di
Storia in Network

< < ritorno alla pagina della Biografia di Hitler

HOME PAGE STORIOLOGIA