LA MORTE DI MAOMETTO
LA DIFFICILE EREDITA'

ARABIA - L' 8 giugno del 632, dopo aver compiuto 62 anni e il suo ultimo "pellegrinaggio di addio" alla Mecca,  il Profeta improvvisamente si ammala e muore a Medina. 

Maometto stava preparando da mesi una terza grande spedizione contro i bizantini; che sono poi quelli che con l'Imperatore Eraclio, negli ultimi anni, sconfiggendo definitivamente i Persiani, sono ritornati in possesso delle province che avevano perso. E fra queste proprio la Palestina e la capitale Gerusalemme. Eraclio stesso era sceso nel 630, nella città santa delle due religioni per riconsegnare ai cristiani la santa Croce che era stata trafugata dai persiani anni prima, e per ricostituire l'amministrazione bizantina.
A Eraclio i suoi funzionari gli avevano già accennato questo Profeta dalle intenzioni aggressive; l'imperatore oltre che averne sentito parlare durante la prima spedizione, inviò perfino una missione per accertarsi se "costui" aveva "i segni del profeta"; gli raccontarono ciò che era accaduto a Medina e poi alla Mecca. Ma impegnato com'era  nella questione persiana, trovò inutile, impegnativa e costosa fare una campagna all'interno del deserto arabico per un "profeta", che già aveva osato due anni prima attaccare, ma che era stato facilmente duramente sconfitto per due motivi: che erano pochi e non avevano esperienza di guerra.

Invece per questa terza spedizione contro i bizantini, Maometto si era dato da fare per mettere insieme un grande esercito, e si era preoccupato anche dei minimi dettagli; putroppo già un po' malato per il tanto freddo che prendeva quando passava certe notti a pregare nel cimitero fino all'alba, la sua bronchite si trasformò in una polmonite con un continuo aggravamento; e la spedizione già in procinto di partire, Zaid volle rinviarla: attendere o la guarigione o la sua morte. 

La progettata terza spedizione bizantina, non era nata senza qualche difficoltà fin dalla seconda; ricordando la prima spedizione finita male molti trovarono da ridire, non ne capivano il senso; anche perchè Maometto non aveva mai rivelato l'obiettivo che si era prefisso con queste spedizioni fuori dall'Arabia, prima ancora di aver assoggettata tutta l'Arabia. Dovette affrontare all'inizio molte defezioni di seguaci. Ma se i soldati non capivano, l'elite della società islamica capì benissimo cosa c'era in gioco; e furono loro ad offrirsi con le loro sostanze per preparare un potente esercito per l'impresa.
Perfino i suoceri offrirono gran parte del loro patrimonio per l'armamento e l'acquisto di migliaia di cammelli. Sua moglie Aisha si diede da fare anche con le donne: mise fuori casa un tappeto, ci mise per prima i suoi preziosi monili e invitò le altre donne a fare altrettanto. (ci ricorda qui il mussoliniano "date l'oro alla Patria")
Per togliere tanti dubbi ci si mise poi Maometto a minacciare le rappresaglie di Allah, che sono riportati nella IX sura: "O credenti, cosa vi è successo...preferite solo i piaceri di questa vita...sono poca cosa in confronto ai godimenti della vita futura...Se non andrete in guerra, Allah vi infliggerà un castigo crudele.... non volete partire nel periodo del gran caldo?...il fuoco dell'inferno sarà molto più caldo".
Dopo averli paragonati agli abitanti di Sodoma e Gomorra, puniti da Dio, Maometto alla fine li aveva convinti e aveva raccolto e armato un esercito di 30.000 uomini.
 La spedizione come principale obiettivo doveva essere nei territori bizantini siro-palestinesi.  Durò otto settimane, ma fu una delusione, Omar consigliò l'immediato rientro, e Maometto per far dimenticare la frustrazione, e anche per procurarsi del bottino, si dedicò su tutta la fascia costiera del mar Rosso, sottomettendo tutti i governatori e offrendo il suo protettorato (su porti, oasi, carovane, viaggi in terra e per mare)  in cambio di somme di denaro o di merci, rilasciando un attestato: "in nome di Allah clemente e misericordioso".
Alla fine non ebbe nemmeno i motivi di intimorire con il suo esercito, molti  governatori offrirono la propria incondizionata sottomissione, accettando un formale protettorato.
Quando tornò a Medina, il successo fu completo. Quasi tutta la penisola Araba si era convertita, aveva dunque le spalle coperte.
Ora si era pronti a partire per il Nord, ormai aveva educato i suoi seguaci e se stesso a una lotta a oltranza contro tutti coloro che non si erano convertiti. E uno scontro con Bisanzio si poteva e anzi si doveva tentare. Maometto sentiva che Allah era dalla sua parte e dalla parte dell'islam. E nell'avvenire dell'Islam c'era questa sua sicurezza.

Quando quest'anno con la terza spedizione decise che il momento era pronto, molti intuirono che non stava bene; e apparve chiaro che Maometto non avrebbe preso parte alla spedizione quando chiamò accanto a sé il giovane Usama  Zaid per affidargli l'alto e gravoso incarico.

 Cosciente della gravità, non potendosi muovere, aveva dato dei precisi ordini e istruzioni tattiche al giovanissimo USAMA oltre che a OMAR, i due dovevano condurre l'esercito "o verso la vittoria o verso la disfatta". Perentorio disse loro "il  popolo arabo non può più aspettare, la religione islamica non deve essere riservata solo agli arabi, ma deve essere estesa in ogni direzione, in tutte le altre nazioni, eventualmente anche con la forza".

C'è anche un'altra ragione per questa campagna contro i bizantini; in quella precedente aveva perduto la vita il prediletto figlio adottivo Said. Ha quindi un conto da saldare, Said doveva essere vendicato a ogni costo. Il figlio di Said, Usama Zaid , anche se ancora molto giovane e non ha praticamente alcuna esperienza di guerra, Maometto gli affida a lui il comando, pur con la protesta di alcuni veterani comandanti che si erano già affermati in altre campagne.
Maometto è convinto che Usama Zaid spinto dal rancore e dal desiderio di vendetta avrebbe inflitto al nemico dei colpi decisivi. Del resto non aveva pensato a una vera e propria guerra, ma a una serie di azioni di disturbo, con rapidità di spostamento. Ed é lui stesso a impartigli le istruzioni tattiche fino alla fine di maggio, quando ormai i cavalieri musulmani erano ormai pronti a partire per il nord. Quando erano già radunati nella moschea di Medina per dire l'ultima preghiera, giunse la notizia della improvvisa malattia di Maometto.
Il lunedì dell'8 giugno del 632 il Profeta moriva.
Aveva predisposto tutto per la guerra, ma quello che Maometto non aveva lasciato detto era chi doveva  prendere la guida della società islamica dopo la sua morte terrena. Inoltre nessuno aveva mai ritenuto necessario chiedere al Profeta come immaginasse l'uomo che doveva ereditare tale guida.

Quindi morendo Maometto lasciava una scottante responsabilità ai suoi seguaci, che dopo 3-4 anni dall'epoca del gruppo che si era formato a Medina, erano passati dai 1.000 ai 300.000 di quest'anno, con 30.000 già pronti a partire. Una forza militare che all'annuncio della sua morte fu quasi presa dal panico, credendo che morto lui, Allah non avrebbe più vegliato su di loro; OMAR tolse ogni dubbio in proposito, e le migliaia di soldati che stazionavano fuori li affrontò deciso, dicendogli "se qualcuno fra di voi adora Maometto è bene che sappia che Maometto è morto. Se qualcuno invece adora Allah è bene che sappia che Allah è vivo, Allah  non morrà mai!"

Così rincuorati, i fedeli-soldati furono persuasi che la missione del Profeta doveva essere portata fino in fondo; adesso si sarebbe veramente visto se le persone che aveva scelto Maometto, erano veramente degne della sua fiducia, degne della sua eredità e degne del proprio valore.
Maometto aveva creato non una "sua" religione, Maometto aveva semplicemente "rivelato" come profeta, la religione degli Arabi.
Lui stesso nella III sura aveva chiaramente affermato "Maometto è come tutti gli altri profeti che sono morti prima di lui".
Solo ora si poteva vedere se la struttura politica e religiosa creata da Maometto sarebbe durata, o se sarebbe andata incontro al triste destino che lo stesso Maometto - nei momenti più sconsolati - aveva pessimisticamente preconizzato; temeva la discordia e la conseguente disunione che avrebbero condotto lo Stato islamico a un'inevitabile dissoluzione. 

Dare un giudizio storico sulla personalità di quest'uomo e sulla sua opera è molto difficile. 
Manca una vera e propria biografia, e se vogliamo trovare questa nel Corano, prima Abu Bakr, poi Zaid e i suoi collaboratori, quando iniziarono a mettere per iscritto la prima Vulgata dell'Islam, non gli venne a nessuno in mente di ricostruire una serie cronologica delle rivelazioni, né di raggrupparle per affinità di argomento. Può infatti capitare di leggere una sura apocalittica e una sura con fatti personali di piccola cronaca.

Per quanto riguarda il giudizio europeo, questi possono essere benissimo ignorati, ci offrono poco per renderci facile il compito, perché sappiamo che le fonti per 1300 anni sono state scarse se non addirittura pari a zero; o se giudizi ci furono si presentano falsi, sono testi manipolati, circolanti in tempi dove le fonti più attendibili non erano ancora venuti alla luce. E se c'erano testi originali, furono presto liquidati nel ricacciarli nel buio dei conventi o per farne un rogo purificatore.

Giunti questi testi a conoscenze dei migliori studiosi anche arabi, ci si è sempre dovuti fermare e abbandonare un serio progetto storico quando alla fine le fonti di informazioni sono risultate non soddisfacenti per farne una vera e propria analisi.
E così lo stesso Corano. Anche se volessimo approfondire con ostinazione questo monumento primario della letteratura (non solo religiosa) araba, non riusciremmo a dissipare il nostro disagio di non iniziati.

Troppe le leggende e i testi (a molti anni dalla morte di Maometto furono scritti -
(17) che hanno dato a quel periodo (tramite i cosiddetti "recitatori" o "portatori") un alone di trascendentalità, pertanto anche una attenta analisi ai problemi politici di quel tempo sono impregnati di fanatismo religioso, e di sentimenti nazionali,  che non possiamo del resto condannare.  Questo è accaduto e ancora oggi accade anche negli approfondimenti dei nostri testi religiosi occidentali. Sappiamo quanti di questi sono manipolati, non veritieri, e lacunosi. Nel compilare queste mie pagine, e nell'appoggiarmi a testi di varie nazionalità, ho potuto constatare in quanti modi  uno stesso fatto viene stravolto; e quel che è peggio é che molti testi sono cloni dei precedenti, e quelli precedenti cloni di quelli più antichi, molto superficiali o con tanti pregiudizi, per non dire ignoranza e faziosità.
Alla Tv vediamo saccenti personaggi che irridono ad esempio il Ramadan musulmano, perchè -affermano- si fonda sull'anacronistica apparizione della Luna piena, dimenticando che la stessa Pasqua cristiana la si celebra seguendo le stesse regole (non astronomiche) e nessuno trova da ridire.
Altro biasimo: che chi abbraccia la fede islamica, gli viene imposto come degli  "zombi" quel tanto di arabo che basta per pregare senza conoscerne la lingua; dimenticando che fino a pochi anni fa molte preghiere e la stessa messa, nelle nostre chiese cristiane erano in latino; e che ancora oggi tutte le religiose che professano, conoscono a memoria le preghiere in latino, ma non conoscono il latino.

Inoltre la Cultura Islamica non è sinonimo di Cultura Araba. Gli Arabi rappresentano solo il 20% della popolazione del mondo Islamico.
Islamico é il Marocco, ma al Marocco l'Occidente non è debitore di nessuna cultura. Così come all'islamico Sudan, Pakistan, Turchia ecc. l'occidente non deve nulla.
Sarebbe come se noi in Occidente dichiariarassimo sinonimo la cultura Latina e la Religione Cristiana. L'Austria è cristiana ma non è certo di cultura Latina, così la Polonia, la Svezia, la Russia ecc. 
E in quanto a fondamentalismi religiosi la stessa religione cristiana non ne è priva (ha 5 grandi correnti, 56 Chiese, 175 istituzioni).

Abbiamo detto sopra che anche se volessimo approfondire  non riusciremmo a dissipare il nostro disagio di non iniziati. E siamo occidentali! Quindi vale la pena ricordare che le più antiche divisioni politico-religiose dell'Islam sono sorte sulla interpretazione della parola coranica, sulle parole d'ordine; e sulla denominazione le varie sette, queste hanno fatto fatica a darci una convincente motivazione.

In genere, l'Islam viene identificato con la sua componente maggioritaria, quella Sunnita (cioè dei seguaci della Summa, l'insieme dei detti e dei comportamenti di Maometto tradizionalmente acquisiti).
Ma l'Islam ha conosciuto diverse articolazioni al suo interno, originate per lo più da un problema , formulato in termini religiosi, ma essenzialmente "politico", postosi subito dopo la morte del Profeta avvenuta quest'anno 632, cioè quando  si dovette scegliere un suo vicario (califfo) che guidasse la comunità islamica.
Molteplici furono le divisioni, alcune tuttora esistenti, come quella dello shi'ismo imamita, religione ufficiale in Iran a partire dal XVI secolo, che sosteneva che la guida della comunità spettasse ad Alì, genero e cugino del Profeta.
Ma non è la sola, sebbene è la più nota; negli stessi territori Sciiti e Sunniti; i primi si sono divisi in Wahabiti, Alauiti, Drusi, Zaidi, i secondi in Senussi, Mahaditi, Ismaeliti, Khariti. Per dire i più noti gruppi, poi via elencando altri, sparsi ovunque nel vasto territorio dell'Islam.
(conta infatti 3 grandi correnti, 65 movimenti, 165 sette)

Questo perchè per la società musulmana il Corano non è soltanto il codice della sua fede, la fonte prima della teologia, il monumento letterario, ma è anche fonte del diritto, il consigliere  della sua vita pratica.
E per quanto il testo a noi occidentali appare così spiritualmente povero, ripetizioni all'infinito di certi motivi fondamentali, così rozzo e impacciato nell'espressione, caotico, e perfino noioso; ma ricordiamoci che è stato la luce e la guida di una parte dell'umanità, ha governato i palpiti, e l'ha accompagnata per oltre tredici secoli dalla culla alla tomba. E lo è ancora oggi, quando ci rendiamo conto dell'esistenza di 1,5 miliardi di persone di religione islamica.

Del resto anche le primitive scritture sacre del cristianesimo se leggiamo i giudizi di Sant'Agostino, non sono molto diverse; lui che era un colto letterato, amante della grande filosofia greca, Cicerone, ecc. disse che la Bibbia era concepita per gli ignoranti, ed era stata scritta da altrettanti ignoranti, e che se si volevano fare dei seguaci del cristianesimo, cioè andare da qualche parte, bisognava cambiare le filastrocche e coloro che le scrivevano. E quando iniziò a scrivere lui, arricchì, ma nel contempo inquietò anche la chiesa cattolica.

E come nella religione cristiana, nello studiare quella dell'Islam troviamo le stesse lotte intestine, i fanatismi, e tanti quadri: nei riferimenti, nelle contraddizioni, nei principi, nelle similitudini; e tante lacune; e sono molte profonde le differenze.
Anche sul piano intellettuale, molti sacerdoti e molti intellettuali di una,  temono........... il cattivo influsso dell'"orientossicazione" (islamizzazione), e così l'altra.......il cattivo influsso dell'"occidentossicazione" (cristianizzazione).
Ognuno delle due sono convinte che il proprio stile di vita sia superiore, e che quello dell'altro è malato e non vogliono aver nulla a che fare.
Per non essersi una, conformata alle convinzioni e ai valori dell'altra perché è certa che non vi siano valori positivi da trarre, non deve sentirsi in diritto (spesso con discorsi villani e pietosi) di umiliare l'altra (che oltre che essere una religione, è spesso legata a una cultura)
Possiamo infierire su un popolo chiamandolo straccione, ma se lo umiliamo nella sua cultura gli neghiamo la considerazione e il rispetto (islamici sono anche letterati, scienziati, dottori, e ricchi sceicchi
Non dimentichiamo che entrambe le due culture fanno parte di due grandi civiltà, e hanno entrambe alle spalle una lunga storia di conflitti e confronti (anche nel proprio interno).
Le proprie credenze, i propri valori, i propri diritti, i propri modi di vivere ognuno li difende fino al fanatico sacrificio.
Per un musulmano, ad esempio -senza andare a rivangare stragi di ugonotti, protestanti, gesuiti ecc- gli è difficile capire ad esempio l'attuale questione irlandese (non sempre comprensibile a uno stesso occidentale). 
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Torniamo alla morte di Maometto cioè quando bisognò stabilire chi doveva essere il successore, e chi eleggere fra i discendenti del profeta, cioè il "califfo" (Khalifa = successore) del Profeta in terra.
I primi problemi sorsero se nel successore bisognava concentrare il potere laico (emirato) e il potere religioso (imamato).
Fra Omar e Abu Bakr (entrambi suoceri del Profeta), Ali (il genero) e Abbas (lo zio) nacquero i primi contrasti. Che diventarono sostenuti quando si trattò di fare il funerale. Com'era nella tradizione araba chi si metteva in testa al corteo era considerato il successore del defunto. 
Alla fine fu trovata la singolare soluzione (per ragioni di Stato e interesse politico) di seppellirlo nel luogo stesso dov'era spirato, cioè in casa, sotto il pavimento della stessa stanza.

La prima riunione per definire la questione fu affidata a un uomo molto rispettato, a Saad Ibn Ibade.
Oltre che i parenti che erano tutti originari della Mecca, a contestare ci si misero anche i Medinesi, i rappresentanti degli Aus e dei Khasrag, le due egoistiche tribù che Maometto all'arrivo a Medina aveva pacificato, unito e con loro aveva dato vita all'Islam e allo Stato islamico. 
Vennero fuori i vecchi rancori; e che uno di loro giungesse al potere non era certo cosa gradita.
Saad mise in guardia: "attenzione qui si rischia uno scisma, e si va verso la disgregazione" ed è proprio quello che temeva il Profeta. Era meglio che rinunciassero entrambi.
Nel successore occorreva energia e rapidità nell'agire, un buon esecutore delle volontà intenzionali del Profeta, per soffocare ogni insidia che era pronta a minacciare l'Islam.
Inoltre c'era un dovere sacro, bisognava rispettare l'ultima volontà del Profeta, la pronta attuazione della campagna militare al nord, e combatterla nel senso da lui voluto.
OMAR che era uno dei più favoriti, che aveva in sostanza le qualità indicate da Saad, con un gesto che sembrò essere rinunciatario oltre che altruistico, prese il braccio di Abu Bakr e lo alzò in alto.
E se lo diceva lui, subito dopo furono in molti a indicare lui come successore, e in meno che non si dica già nelle strade si gridava il suo nome. Omar era stato veramente così disinteressato, o voleva attendere il superamento di questa brutta crisi, religiosa e anche politica, oltre che militare. Infatti  Usama Zaid voleva rimandare la partenza per la spedizione nel Nord, temendo una pericolosa crisi interna o del circondario che avevano sottomesso (e infatti non sbagliava!) 

Fu insomma scelto a grande maggioranza Abu Bakr, uno dei primi seguaci della religione di Maometto (l'uomo che lo accolse nella fuga da Medina, ma anche padre di sua moglie Aisha). Quindi fu una scelta a carattere religioso. Ed infatti i primi califfi furono capi di un Islam che si presentava come una comunità teocratica. Le grandi vittorie che poi ci furono non erano immaginabili nemmeno al più fanatico di Maometto

Ma ben presto come vedremo, questi furono travolti dalle lotte tribali, e i nuovi califfi che emersero diedero al califfato una vaga forma di stato, che era una sorta di principato accentrato e autoritario sul modello prima bizantino e poi persiano. Che poteva andar bene se rimaneva uno Stato; ma quando diventò un esteso impero, i califfi che volevano fare il proprio principato diventarono un po' troppi, fino al punto che la stessa identità araba si trovò minacciata.
Quando poi arrivarono anche i Turchi, oltre che esserci le rivalità interne (dalla Spagna a Baghdad) iniziarono anche le lotte con gli ultimi arrivati; e furono poi proprio queste lotte a favorire i successi delle crociate europee, e a disgregare politicamente l'impero arabo che divenne poi turco. Anche se rimase l'Islam una religione. 

Già con Abu Bakr iniziarono i primi problemi. 
Aveva appena dato il via alla spedizione guidata da Usama, quando alcune tribù si rifiutarono di pagare i tributi (in denaro o merci) imposti da Maometto. Morto lui che era l'inviato del Dio unico- si considerarono nuovamente indipendenti.
Quelli della  tribù degli Amir furono ancora più chiari "Se voi di Medina non ci chiedete più tasse siamo fedeli all'Islam, ma se Medina insiste con le sue richieste ogni rapporto fra noi e voi è finito".
Il califfo non era un profeta, era solo a capo di una comunità, e non poteva certo avanzare le pretese di essere un portavoce delle rivelazioni; tuttavia un'aura di santità continuò ad aleggiare intorno alla persona ed alla carica dei primi quattro califfi.

Abu Bakr, non si fece intimorire dai ribelli e rispose: "Rifiutatemi una sola pecora e io vi dichiarerò all'istante guerra. Ciò che prima spettava al Profeta, ora spetta a me".
Purtroppo non aveva il potere carismatico del Profeta, né aveva le rivelazioni, quindi non era facile tenere uniti con le sole sue parole gli arabi del deserto (con quale persuasione e con quale forza?), salvo improvvisarsi ciarlatano o stregone. Quindi l'unico modo era stringere in pugno la spada. E fu dunque la spada a parlare (minacciando).

Ma non erano finiti i guai. Alcune tribù di beduini, o meglio orde rapaci, saputa della morte del Profeta e che la città era senza esercito, assalirono il territorio di Medina; già pensavano di impossessarsi dei tesori che conteneva  e perfino di uccidere Abu Bakr.
Non potendo fronteggiare il pericolo, per mancanza di una forza militare, Abu Bakr scelse l'arma della diplomazia. Inviò a undici tribù un penetrante messaggio, per riaffermare che lui " conservava intatta la fede per tutti i comandanti e i gregari  che hanno abbracciato la fede nell'Islam volontariamente, ma anche per coloro che l'hanno rinnegata appena morto il Profeta, cadendo nuovamente nell'errore;  lo Stato degli Arabi sarà grande solo quando saremo tutti uniti con Allah. Vi esorto a servire Allah, e vi esorto quindi a temere Allah, nessun rinnegato sarà risparmiato. Non seguite Satana. Tornate alla fede dell'Islam. Chi ha servito Maometto, sa che Maometto ha combattuto chi gli ha voltato le spalle e li ha vinti; e ha vinto per volere di Allah. Maometto è morto, ma Allah vive ancora e non morirà mai, egli veglia e mantiene la sua parola, e si vendicherà dei suoi nemici. Il vostro destino dipende da Allah."

La maggior parte delle tribù aderirono all'invito di Abu Bakr; anche perché pochi si sentivano di affrontare una guerra e preferirono abbracciare nuovamente la fede. 
I contributi seguitarono nuovamente ad affluire a Medina.
In breve tempo nessuno osò più opporsi all'Islam, l'intera penisola fino al golfo Persico era ormai tutta musulmana.
Ma i contrasti non è che finirono; furono solo rimandati al dopo Abu Bakr. Che avrà anche la vita corta.

ABU BAKR guiderà l'Islam solo due anni, fino al 634 quando morirà; tuttavia era riuscito a domare i tanti dissidi interni e a permettere le prime conquiste arabe all'esterno della penisola. Non fu insomma una scelta infelice, come non fu infelice la sua successione quando califfo diventerà Omar, che era però un tipo molto diverso dal suo predecessore. Ma non poteva che essere Omar il successore; lui che aveva - ritirandosi dalla contesa - fatto eleggere Abu Bakr.
Bibliografia:
Storia dei popoli Arabi, da Maometto ai nostri giorni
di Albert Hourani, Mondadori 1992
Maometto di Gerhard Konzelmann, Bompiani, 1983
Storia della letteratura araba, Francesco Gabrieli, Nuova Accademia Editrice, 1956

FINE

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