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La Corte Costituzionale
il c.d. “compromesso storico”,

Uno dei principali istituti che i Costituenti posero, a garanzia della nascitura Carta, è sicuramente rappresentato dalla creazione della Corte Costituzionale, così come descritta negli articoli 134 e seguenti.

Proprio l’art. 134 [294] , deputato ad esporre i tre principali compiti della Corte, fu oggetto di discussione in Assemblea: gli onorevoli Gullo e Targetti sollevarono il problema dell’estensione della norma nei confronti della proponibilità dell’azione, secondo il loro parere, il testo del progetto lasciava adito al dubbio che la Corte potesse esaminare, per potere autonomo e senza che ne fosse stimolata l’attività da nessuno, la costituzionalità delle leggi.

A queste obiezioni rispose il presidente della Commissione, che osservò: “La Corte Costituzionale giudica e accerta la costituzionalità o legittimità costituzionale. Questa formulazione: «legittimità costituzionale», anziché «costituzionalità», l’abbiamo indicata noi stessi, Perassi ed io, al collega Tosato, per superare la proposta, che era sorta, di inserire «escluso ogni giudizio di merito»; giusto concetto; la Corte non è giudice di merito; ma la Corte deve, ad esempio, poter valutare la finalità della legge per riconoscere se è costituzionale o no; e se vi è stato qualcosa come un eccesso di potere nei riguardi della costituzionalità” [295] . L’On. Ruini dichiarò, inoltre, di non condividere le preoccupazioni dell’On. Gullo poiché, nella stessa parola “giudica”, era insito il concetto che, come in ogni altro giudizio, dovesse esservi una parte promotrice; in sede di votazione, venne approvata la proposta Tosato.

Meuccio Ruini e il c.d. “compromesso storico”

Nel corso della discussione in Assemblea Nitti disse [296] che il testo costituzionale “voleva contemperare le tendenze più opposte....il catechismo e la dialettica marxista” [297] .

Il liberale Lucifero lo denunciò nel suo intervento [298] : “si é commerciato un po’”, e ancora, “qualcuno ci vuol mettere qualche cosa delle sue ideologie, forse per andare a dir fuori: «Questo l’ho messo io»“ [299] .

Gli tenne dietro il giurista Calamandrei [300] che temeva che l’accordo si traducesse in una coalizione tripartitica [301] (tra democristiani, socialisti e comunisti) di lunga durata, definendo “pateracchio” questa convergenza di forze politiche nella quale, “per compensare le forze di sinistra di una rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa” [302] .

Ribatté per primo Lelio Basso [303] : “Se con questo si vuol dire che il progetto di Costituzione é il frutto di uno sforzo di diversi partiti per trovare un’espressione concorde che rappresenti l’espressione della volontà della grande maggioranza degli Italiani, questo non é un difetto”. E così pure Lussu [304] : “un compromesso fra le classi in una rivoluzione nazionale pacifica”.

I veri protagonisti della negoziazione costituzionale, esponenti delle fazioni opposte, presero la parola a difesa del lavoro svolto.

Per La Pira [305] , “cercare i punti di contatto, i punti di passaggio, i punti di organizzazione” significava una costruzione comune per soddisfare il bisogno di rifondazione della nazione.

Togliatti [306] , da una parte, lamentava il “deteriore” metodo negoziale (secondo il leader comunista, questo era stato adottato da Ruini in seno al Comitato di Redazione col fine di ampliare il consenso) che aveva annacquato i testi delle sottocommissioni; dall’altra, sosteneva, come Basso, che la ricerca di far confluire su “un terreno comune” correnti ideologiche e politiche diverse non comportava una mercificazione delle proprie posizioni [307] .

Il Presidente della Commissione, Meuccio Ruini, espose il proprio pensiero [308] sulla questione del “compromesso” con grande chiarezza, dimostrando il proprio spessore di politico e di Costituente: “Le grandi idee animatrici debbono accompagnarsi col senso della realtà, della concretezza, delle possibilità effettive, ma la parola «compromesso» grava come un incubo. Vi è una parola che ha aleggiato qui, ed è stata ripetuta come un ritornello: la parola “compromesso”. Vi devo confessare che, nella mia relazione, avevo messo un brano che trovavo molto bello, ma poi l’ho tolto per paura della parola.

Un santo della politica, Ghandi, ha detto che, appunto perché credeva nella verità eterna delle idee, sentiva la necessità e la bellezza del compromesso. Non è un paradosso. Le grandi idee animatrici debbono accompagnarsi col senso della realtà, della concretezza, delle possibilità effettive. Ma la parola “compromesso” grava come un incubo e minaccia di avvelenare ogni linea d’azione.

Che cosa significa in origine compromesso? Vuol dire, nel suo etimo, che parecchi fanno promessa insieme, assumono un impegno, stipulano un patto; e non c’è nulla di male, ed è necessità elementare di vita. Vi è bensì un senso deteriore, una deformazione che l’onorevole Ghidini ha messo molto bene in luce, ed è il baratto, il mercato, la combinazione oscura di interessi, non d’idee. Per evitare l’equivoco, liberiamoci pure della parola. Cambiamola; parleremo di patto, parleremo d’accordo, parleremo di convergenza di pensiero e di forze sopra punti determinanti.

In realtà, nella nostra Commissione, non ci sono state trattative esplicite, ma accostamenti nella discussione. Né bisogna dimenticare che esistono compromessi di fatto, non negoziati che vanno al di sopra della volontà, compromessi storici che si delineano da sé stessi; e sarà così, io credo, anche della nostra Costituzione” [309] .

I valori fondamentali che fondarono l’innegabile accordo intercorso tra le varie forze politiche per giungere ad una Costituzione democratica e garantista (fu su questi punti che si ebbe la maggiore convergenza) sono essenzialmente tre [310] : il forte sentimento di difesa dell’unità nazionale, il rispetto per la tradizione risorgimentale, la lotta antifascista. Infatti, se l’obiettivo primario era certamente raggiungere “unione, pacificazione, concordia” (V. E. Orlando), non era possibile rifondare lo Stato prescindendo dalla struttura dello Stato liberale, che, in quel momento, rappresentava l’unico approccio organizzativo utilizzabile [311] .

L’elemento determinante, comunque, fu l’antifascismo [312] : la principale forza coesiva, la spinta più forte verso le intese. Quando, in apertura del dibattito, Lucifero propose una Costituzione “afascista” [313] , in nome della riconciliazione nazionale, la risposta dei democristiani e dei comunisti fu chiara la Carta doveva essere “antifascista”. Fu proprio la preoccupazione di evitare il risorgere di nuove esperienze autoritarie a contraddistinguere le intese raggiunte sui valori fondamentali che furono attaccati dal regime (libertà civili e politiche, sovranità popolare, centralità del Parlamento): lo testimoniano gli applausi tributati in aula all’approvazione dei primi due articoli della Costituzione.

Inoltre, la convergenza verso il garantismo sulle libertà fondamentali era una sorta di “assicurazione sul futuro”: i maggiori partiti (DC e PCI) cercavano di garantirsi contro il rischio di trovarsi in minoranza una volta terminata l’approvazione della Carta.

Anche altri fattori di aggregazione determinarono il c.d. “compromesso” alla Costituente e, del resto, come sottolinea lo stesso Presidente dei 75, ciò fa parte della storia umana, della politica e della loro evoluzione: “Ogni Costituzione è un’opera di circostanze più che di logica giuridica. Più spesso è il frutto di transazioni, di compromessi; ma la transazione è lo stato finale dell’opera costituente” [314] .

Su alcune questioni non fu possibile realizzare un accordo ma in molte altre, malgrado le diversità di opinioni sottolineate, anche in Assemblea, dal susseguirsi di  voti e controvoti, l’esito finale fu positivo; Ruini evidenziò l’importanza di questo sforzo da parte della classe politica scrivendo: “la nostra Costituzione vivrà in quanto sarà riuscita ad essere, al di fuori dei negoziati consapevoli delle parti, il compromesso richiesto dal momento storico” [315] .


[294] La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
[295] Atti Assemblea Costituente, seduta del 28-29 novembre 1947, p. 2637, in Falzone V.-Palermo F.-Cosentino F., La Costituzione della Repubblica italiana illustrata con i lavori preparatori, Milano, 1976, p. 420
[296] Riportato da Pombeni Paolo, La Costituente, Bologna, 1995, p. 125
[297] Un’altra battuta famosa (attribuita a Calamandrei) é : “La Costituzione é scritta metà in latino e metà in russo.”
[298] Atti Assemblea Costituente, seduta del 4 marzo 1947, pp. 1727 ss.
[299] Sui tentativi di introdurre tutte le ideologie nella Carta, anche Ruini Meuccio, La nostra e le cento Costituzioni del mondo. Come si é formata la Costituzione, Milano, 1961, p. 199: “...é dovuto al fatto che ciascuno ha cercato darvi la sua impronta se i lavori sono stati complessi e lunghi”
[300] Riportato da Bonini, I giudizi sulla Costituzione, in AA.VV., Il parlamento Italiano 1861-1988. 1946-1947: Repubblica e Costituzione. Dalla luogotenenza di Umberto alla presidenza De Nicola, Milano, 1989, vol. XIV, p. 320
[301] Sul c.d. “tripartitismo” alla Costituente, v. Calamandrei Piero, Cenni introduttivi sulla Costituente e sui suoi lavori, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana, diretto da Calamandrei-Levi, Firenze, 1950, vol. I, p. CXXVII
[302] Calamandrei Piero, Cenni introduttivi sulla Costituente e sui suoi lavori, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana, diretto da Calamandrei-Levi, Firenze, 1950, vol. I, p. CXXXV
[303] Atti Assemblea Costituente, seduta del 6 marzo 1947, pp. 1821 ss.
304] Atti Assemblea Costituente, seduta del 7 marzo 1947, pp. 1880 ss.
[305] Atti Assemblea Costituente, seduta dell’11 marzo 1947, pp. 1981 ss.
[306] Atti Assemblea Costituente, seduta dell’11 marzo 1947, pp. 1992 ss.
[307] Cheli Enzo, Il problema storico della Costituente, in “Politica e Diritto” 1973, p. 227
[308] Ruini Meuccio, I lineamenti della nostra Costituzione. A chiusura della discussione generale sul Progetto. Discorso pronunciato all’Assemblea Costituente nella seduta del 12 marzo 1947
[309] Discorso a chiusura della discussione generale sul Progetto di Costituzione, Atti Assemblea Costituente, seduta del 12 marzo 1947, in Ruini Meuccio, La nostra e le cento Costituzioni del mondo. Come si é formata la Costituzione, Milano, 1961, pp. 121-122
[310] Cheli Enzo, Il problema storico della Costituente, in “Politica e Diritto” 1973, pp. 232 ss.
[311] Ruini Meuccio, Il referendum popolare e la revisione della Costituzione, Milano, 1953, p. 36
[312] Anche secondo De Siervo Ugo, in Rifondazione dello Stato e idea di Costituente, in Atti del Convegno “Le idee costituzionali della Resistenza”, 19-20-21/10/95, Istituto Luigi Sturzo, Istituto Lelio e Lisli Basso, Fondazione Istituto Gramsci, pp. 1 ss., questo é uno dei molteplici elementi che spinsero alle Costituenti postbelliche.
[313] Atti Assemblea Costituente, seduta del 4 marzo 1947, pp. 1727 ss.
[314] Ruini Meuccio, Postille: se e come si può e si deve ripensare e rivedere la nostra Costituzione, appunti, bozze, corrispondenza e materiale inedito conservato in Archivio Meuccio Ruini (c/o Biblioteca “Panizzi”-Reggio Emilia)
[315] Ruini Meuccio, La nostra e le cento Costituzioni del mondo. Come si é formata la Costituzione, Milano, 1961, p. 211

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