IL PROCESSO DI SOCIALIZZAZIONE
NELLA SCUOLA ELEMENTARE



la vediamo in TV già da due settimane .... ma lei insiste a misurare i centimetri

qui senza banchi girevoli, o distanziati con i fatidici centimetri ( tipo allevamento cavalli )

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di Giovanni De Sio Cesari
( www.giovannidesio.it )

Introduzione

Il gruppo scolastico della scuola elementare ha una fondamentale importanza nello sviluppo sociale, importanza a volte non pienamente riconosciuta non solo dai genitori ma anche da insegnanti e studiosi. La scuola appare comunemente come il luogo dove si apprende: ma esso è anche e soprattutto il luogo dove si socializza. Per molte ore al giorno, per ben cinque anni il fanciullo fa parte di un gruppo stabile e organizzato, un gruppo dal quale non può ritirarsi: nessuna altra esperienza sociale ha caratteri così ampi e quindi una influenza così grande sul processo di socializzazione.

In questo lavoro noi ne prenderemo alcuni degli aspetti più salienti

Dopo una prima chiarificazione sul concetto di socialità e di gruppo con particolare riguardo ai gruppi primari esamineremo le prime manifestazioni sociali nell'età prescolastica per soffermarci quindi sulla funzione della scuola in ordine alla socializzazione. Entrando quindi nel vivo del nostro assunto vedremo le implicanze del primo giorno di scuola passando quindi ad esaminare i caratteri del gruppo scolastico e la sua evoluzione delineando quindi alcuni profili di comportamento tipici. Passeremo quindi all'esame dei rapporti con il maestro e del modo in cui questi puo' organizzare il governo della classe delineando inoltre schematicamente l'atteggiamento degli alunni anno per anno

Passando quindi agli aspetti non direttamente legati alla vita della classe esamineremo quindi i caratteri del gioco sociale e del capriccio e della monelleria. Vedremo quindi, come a nostro parere, la delinquenza minorile possa avere, almeno in parte, una sua genesi nel gruppo scolastico

Seguirà quindi una osservazione conclusiva sulla complessità della vita infantile

LA SOCIALITA'

L'uomo è " animale sociale" secondo la celebre definizione aristotelica. Non ci sono dubbi: ma quale è la origine della socialità ? E' un istinto primario oppure è il risultato di altre esigenze? Vi sono tante tesi e tante sintesi di tesi contrapposte.

A mo di esempio facciamo qualche riferimento fondamentale sulle posizioni più note.

Alcuni ritengono che si tratti di un istinto a se stante. Darwin affrontò il problema partendo dalla osservazione del branco di animali. Nella lotta eterna e spietata per la vita, l'animale sente il bisogno di stare vicino, accanto ai propri simili per poter ottenere aiuto e difesa. Da ciò nasce che ciascun animale un "sentimento" che Darwin definisce "simpatia" per gli altri animali della sua specie. Molto vicina a Darwin è la posizione di Mc Dougall. Questi però nega l'idea troppo antropomorfica del "sentimento della simpatia". L'animale gode di stare vicino ai suoi simili per un suo bisogno istintivo senza che provi per essi alcun sentimento. Ad esso si accompagna la paura, il terrore di restare isolato.

Un altro vasto gruppo di studiosi considera invece la tendenza alla socializzazione non come un istinto a se stante ma come un mezzo per soddisfare altre esigenze. Non si nasce, quindi, con il desiderio di socializzare ma si impara ad essere sociale: presto il bambino scopre i vantaggi di stare insieme agli altri e desidera associarsi ad altri per soddisfare bisogni essenzialmente egoistici. E' chiaro che senza l'aiuto dei nostri simili potremmo fare ben poco, forse nemmeno sopravvivere. Si può obbiettare che spesso nel gruppo ci si rimette: anzi si ritiene che per la appartenenza al gruppo bisogna anche essere pronti a sacrificarsi, a porre interessi di tutti al di sopra di interessi di singoli. Se alcune persone si uniscono con l'intento che ciascuno debba perseguire esclusivamente i propri interessi è chiaro che non si può parlare di gruppo sociale e di sentimenti sociali. A questa obiezione si può rispondere che in tali casi i benefici che il singolo persegue sono la considerazione e la stima degli altri componenti: il vantaggio non è allora evidente e materiale ma non per questo meno importante e reale.

Nella concezione psicoanalitica l'origine dei sentimenti sociali è da ricercarsi nel sentimento di gelosia che ha per oggetto la madre e che oppone i fratelli fra di loro. Quando ciascuno si accorge di non poter prevalere su tutti gli altri si batte perchè almeno ci sia uguaglianza di tutti e dominio di uno solo. Dice Freud: "Tutte le manifestazioni di cui si constata poi la efficacia nella vita sociale come per esempio lo spirito comune lo spirito di corpo, scaturiscono incontestabilmente dalla gelosia. Nessuno si deve distinguere dagli altri: tutti debbono fare ed avere la stessa cosa. La giustizia sociale significa che si rinunzia a parecchio affinchè anche gli altri vi rinuncino. E' questa rivendicazione di uguaglianza che forma la radice della coscienza sociale e del sentimento di dovere."

La posizione di Dollard è a mezzo fra gli ambientalisti e la psicanalisi: il fanciullo è limitato dai divieti che gli sono estranei e che subisce quasi come imposizioni. Nè vale che vi si ribelli: ribellandosi si attira la punizione che peggiora ulteriormente la sua posizione. Il campo della vita sociale gli appare allora il mondo nel quale egli possa esprimere la sua personalità e i suoi impulsi: la vita sociale sarebbe una sublimazione del suo spirito aggressivo.

Non è qui il luogo per esaminare una problematica così complessa: per il nostro assunto ci limitiamo a considerare la socialità come il campo proprio dell'uomo

A nostro parere non occorre postulare un istinto particolare nè ricorrere all'interesse e neppure cercare complicate spiegazioni psicanalitiche: semplicemente noi siamo sociali perchè la società è la condizione per la esplicazione della nostra personalità. Il bimbo nei primi mesi gode nel provocare nell'ambiente che lo circonda tante reazioni. Con il sorriso, con il pianto muove tutto un mondo sociale ed è contento di ciò anche se nessun interesse o bisogno venga soddisfatto .

Possiamo dire che la società sta all'uomo come la savana al leone e il fiume al coccodrillo.

IL GRUPPO SOCIALE

Occorre ora definire più chiaramente ciò che intendiamo per gruppo sociale: propriamente il gruppo è l'insieme delle persone che riconoscono si essere uniti da un legame: non basta che tale legame esista oggettivamente, è necessario che i membri ne siano coscienti.

Sorge la questione dibattuta se il gruppo possa essere soggetto o se solo l'individuo possa esserlo: in altri termini il gruppo può considerarsi come qualcosa di diverso dai singoli individui che lo compongono o è solo la somma delle individualità? Ambedue le tesi hanno illustri sostenitori ma la via giusta è a ricercarsi in una sintesi

Fondamentale è la distinzione dei gruppi in primari e secondari. operata dal Olmsted e generalmente accettata

Il gruppo primario si ha quando gli aderenti si conoscono e sono in stretto rapporto personale. Sarà pertanto piuttosto ristretto ma questo non può considerarsi un carattere distintivo e necessario ma solo una caratteristica diffusa. Esempi di gruppi primari sono un gruppo di amici o una scolaresca ben affiatata

Per gruppo secondario si intende il gruppo formato da individui che non hanno uno sfondo emozionale comune ma sono legati da motivi più oggettivi. I membri hanno rapporti fra loro rapporti formali, spesso freddi e cortesi, vige la gerarchia, i membri sono molto numerosi. Nessuna di tali caratteristiche è necessaria o determinante: si tratta solo di caratteristiche diffuse nella maggior parte dei casi. Esempi tipici di gruppi secondari sono l'apparato burocratico dello Stato, il personale di vaste società private,

La distinzione non è naturalmente assoluta: esistono casi nei quali il gruppo non può definirsi nè primario nè secondario ma si è al limite dei due tipi e soprattutto è spesso possibile che l'uno si trasformi nell'altro. Un piccolo reparto militare è al limite fra i due gruppi in quanto a un rapporto gerarchico ufficiale-soldato si sovrappone quello emozionale dato dalla comunità dei pericoli e delle attività di guerra. Cosi in un ufficio a un iniziale rapporto del tipo di gruppo secondario si può trasformare in uno di tipo primario quando gli impiegati si conoscono meglio e diventano amici oltre che semplici colleghi. Si osserva il processo inverso in quelle famiglie neile quali si perde l'unità affettiva iniziale fra i coniugi: la famiglia da gruppo primario per eccellenza diventa purtroppo un gruppo secondario legato solo da interessi ed esigenze pratiche


GRUPPI PRIMARI

Per quanto riguarda l'assunto del nostro lavoro interessano quasi esclusivamente i gruppi primari. Infatti essi svolgono un azione di primo piano nella formazione del fanciullo mentre i gruppi secondari gli sono essenzialmente estranei: difficilmente il fanciullo comprende di fare parte di un gruppo di cui non conosce i membri.

Caratteristica fondamentale del gruppo primario è quella di avere una propria cultura , una scala di valori, un insieme di punti di vista con cui giudicare il mondo. Cosi una comunità di religiosi giudicherà in un modo del tutto le medesime cose di una banda di delinquenti . Possiamo dire che il condividere la cultura sia "conditio sine qua non" dell'appartenenza al gruppo.

Il gruppo primario ha funzioni di primo piano nella educazione: forma e sostiene il singolo che senza di esso si sentirebbe sbandato. Ma il gruppo non impedisce al singolo di esprimere la propria personalità e anzi ciascuno puo' esprimere nel gruppo pienamente la propria personalità. Nel gruppo ci si conosce meglio. La influenza del gruppo primario è molto forte: si è notato come in guerra il soldato è spinto a comportarsi più dalla solidarietà con il suo piccolo gruppo che non dagli ideali politici e patriottici.

In particolari i gruppi di fanciulli svolgono la funzione di affrancarsi dalla famiglia. Il fanciullo singolo, infatti, ben difficilmente riesce a avere un comportamento autonomo rispetto alla famiglia, il gruppo invece gli dà modo di formarsi una propria personalità, svolgendo così una funzione importantissima nel quadro dello sviluppo totale anche se a volta degenera e si puo' giungere perfino alla formazione di gruppi delinquenziali minorili.

Ci occuperemo nei paragrafi che seguono di quel particolare gruppo primario che è il gruppo scolastico, il gruppo cioè formato dagli alunni di una stessa classe che dura di regola ben cinque anni ed ha quindi una stabilità ben più grande di qualunque altro gruppo infantile e quindi assume una importanza enorme nella socializzazione del bambino e quindi dell'uomo, importanza che ci sembra non sempre venga adeguatamente compresa non solo dalla gente comune ma nemmeno dagli studiosi.

PRIME MANIFESTAZIONI SOCIALI

Prima dell'età della scuola elementare il bambino ha gia' una sua ampia esperienza sociale. Accenniamo brevemente ai modi e alle tappe con le quali i bambini in età prescolare stringono tra di loro i primi rapporti sociali,

Il processo di socializzazione è l'evoluzione che comporta più ostacoli di ogni altra in quanto entra in inevitabile conflitto con l'egocentrismo che costituisce un fattore essenziale della psicologia infantile. La natura in alcuni casi ha predisposto risposte più o meno precisamente preordinate agli stimoli esterni: così se il bambino è naturalmente inclinato all'affetto per la madre nell'incontrare un suo simile rimane disorientato. Ma nel rapporto con un coetaneo è spinto contemporaneamente da due forze opposte: l'istinto gregario e l'egocentrismo. Vorrebbe da una parte stringere un rapporto con l'altro ma il suo egocentrismo e anche la sua inesperienza fanno fallire ogni tentativo. Nell'ambito della famiglia, nei rapporti con i genitori e con gli adulti in genere si sente il centro della casa, il re dell'universo, considera tutto e tutti in funzione di se stesso, in fondo per lui anche i familiari e gli adulti sono degli oggetti. Mentre un altro bimbo è tutt'altro che disposto a lasciarsi trattare come uno oggetto, è anche lui animato dagli stessi impulsi.

Da qui quindi una serie di inevitabili scontri che man mano si attenueranno evolvendo verso la socializzazione

Il Cousinet distingue quattro fasi attraverso cui egli si avvia a una maturazione sociale: aggressione manuale, aggressione verbale, esibisionismo, dispettosità sociale.

AGGRESSIONE MANUALE: vediamo un esempio concreto; un bambino sta giocando con un secchiello di sabbia e una paletta. Ecco, accorre un altro bambino che possiede gli stessi strumenti ma che ugualmente e illogicamente per noi cerca di strapparglieli: forse per questo sarà sgridato e magari si dirà che ha cattive inclinazioni. Ma vediamo meno superficialmente le motivazione psicologiche dell'accaduto. In effetti questa è una prima manifestazione di socialità anche se molto immatura: infatti il secondo bambino ha sentito il bisogno di un approccio ma nella sua inesperienza non ha trovato di meglio che assalirlo per sottometterlo, per introiettarlo quasi in se stesso: non erano gli strumenti che voleva, già li possedeva e con molta probabilità metterà subito via anche quelli di cui si è impadronito. Voleva invece impadronirsi del complesso bambino-gioco-strumenti visti unitariamente, concepisce ancora l'unione con una persona come identificazione. Tali informi tentativi saranno ben presto abbandonati perchè non tarderà ad accorgesi della unitilità di azioni del genere.

AGGRESSIONE VERBALE: il bambino, ora favorito anche da una maggiore acquisizione del linguaggio non assale più materialmente ma a parole. Si vanta, si vanta moltissimo di sè, della sua famiglia, e mostra disprezzo per tutto quello che riguarda l'altro: In questo caso abbiamo due componenti. Da una parte la naturale bramosia di affermarsi, di imporsi. e dall'altra il desiderio di socializzare. Visti vani i suoi tentativi per fare dell'altro bimbo una parte di se stesso egli cerca di attirarlo con la dimostrazione della sua potenza affinchè l'altro si sottometta a lui. Ancora concepisce il rapporto con l'altro come sottomissione anche se gli riconosce una individualità.

ESIBIZIONISMO: Questa fase è molto simile alla precedente ma ora il bambino cerca di apparire superiore non solo con le parole ma anche con le azioni. Notiamo che mentre le due prime fasi sono proprie dei bambini molto piccoli questa fase puo' non essere mai completamente superata.

A volte il bambino per apparire superiore cerca di essere il preferito dell'adulto. Alla scuola materna la stima della maestra è molto ambita anche perchè è il miglior titolo di esibizionismo. Purtroppo l'esibizionismo può assumere anche forme molto meno piacevoli giungendo fino a esibizionismo sessuale. Se il bambino non abbandona a tempo questa fase può essere seriamente pregiudicato il suo ulteriore sviluppo sociale. Infatti per i più piccoli essere il preferito degli adulti può essere titolo di merito ma per i più grandicelli, con il progredire del senso del gruppo diventa un titolo di disistima molto forte. Per il gruppo più maturo apparire il "cocco " o "la gallina bianca" della maestra è una colpa gravissima e porta all'esclusione dal gruppo stesso. Infatti. come vedremo anche meglio in seguito, una delle leggi fondamentali del gruppo e il non fare ricorso all'aiuto esterno.

DISPETTOSITA' E' questa l'ultima fase immatura e permane talvolta anche nell'adulto non molto socializzato. Con il dispetto il bambino vuole costringere il gruppo che lo rifiuta ad occuparsi di lui. Il dispettoso sociale gioca quindi un ruolo ingrato di disturbatore dell'attività sociale. Ma quanto più insiste tanto più il gruppo vede in lui un elemento pertubatore e lo evita.

E' curioso notare che anche l'adulto si comporta dispettosamente con il bambino per attirare la sua attenzione.

Abbiamo così delineato quattro fasi che potremmo definire pre-sociali: si tratta ovviamente di uno schematismo espositivo e la socializzazione è sempre qualcosa di tanto più complesso e avviene sempre in modo originale.

 

FUNZIONE DELLA SCUOLA

La scuola è il luogo dove avviene più pienamente il processo di socializzazione. Nella famiglia il fanciullo ha rapporti sociali molto più intensi con i familiari (padre, madre ,fratelli) ma in ciò egli è guidato dall'affetto naturale, dalla lunga pratica della sua stessa famiglia che egli conosce meglio di ogni altra cosa. Il gioco collettivo presuppone un notevole adattamento sociale ma è da notare che gli altri giocatori per il fanciullo sono visti più come pedine di un gioco che non nelle loro individualità. Inoltre il gruppo è quanto mai vario e cangiante, si scioglie e si ricompone diversamente a ogni piè sospinto, il singolo non ha nessuno obbligo di restarci se non lo vuole più. Diversamente si presenta la socializzazione a scuola dove vengono riuniti in un gruppo abbastanza grande fanciulli diversi per condizioni ambientali e sociali e comunque sempre dalla caratteristiche psicologiche più varie. Il gruppo scolastico è stabile: ciascun componente non si può allontanare quando vuole. Accade quindi che, qualche volta solo per un anno, ma generalmente per ben cinque anni il fanciullo rimane nello stesso gruppo. Inoltre essi si trovano a dover affrontare insieme qualcosa di serio come lo studio. Per tali ragioni la scuola nella socializzazione viene ad avere una funzione assolutamente predominante.

PRIMO GIORNO DI SCUOLA

Il primo giorno di scuola è per il bambino un avvenimento importante per lo sviluppo della sua vita sociale.

I primi contatti con la scuola generano una crisi ma è essa molto ridotta se il bambino ha già frequentato la scuola materna. Comunque va notato che nella scuola dell'infanzia la problematica è molto diversa. Il bambino si preoccupa molto meno dei suoi compagni e comunque la maestra fa di tutto per ottenere un ambiente il più simile a quello familiare. Molto diversamente si presenta la scuola elementare che appartiene a un mondo tutto diverso.

Osserviamo dunque un fanciullo che va per la prima volta alla scuola elementare. Si trova in un particolare stato emotivo, è eccitato dall'idea di diventare scolaro "della scuola dei grandi". Sente il desiderio di fare cose che fino ad ora non ha potuto fare, di prendersi la rivincita verso gli altri bambini più grandi che lo hanno trattato con sufficienza. Pensa che all'uscita, a casa avrà tante cose da raccontare e i fratellini e i compagni più piccoli terranno in grande considerazione il "ragazzo grande" che va alla scuola elementare. Ma a questo si contrappone una paura serpeggiante e talvolta dominante al pensiero di trovarsi solo fra tanti ragazzi che non conosce, con una maestra che non conosce, in un' aula che non conosce. Tutto ciò gli è nuovo ed ha paura. Talvolta la paura ingigantisce per varie ragioni: i compagni lo deridono per un difetto fisico, è frequente il caso di bambino di famiglia borghese che si trova fra ragazzi cresciuti per strada e quindi ben più svelti e sicuri di lui. La maestra a volte è stata citata come colei che farà giustizia di tutte le disubbidienze e monellerie e pertanto l'immagine che il bambino si è fatta di lei non è certo ideale perchè le si avvicini con fiducia. Ma talvolta, anche senza nessuna di queste ragioni il bambino scoppia a piangere e rifiuta decisamene di entrare in classe. Si attacca disperatamente alla madre e per quanto si faccia, per quanto il maestro si mostri sollecito, affettuoso e gentile non c'è verso di calmarlo.

Il primo impatto con la scuola ha una grande importanza psicologica per l'atteggiamento generale verso la scuola. Anche se facilmente questi momenti saranno dimenticati dal bambino tuttavia può permanere in lui a livello incoscio una percezione negativa per la scuola che può trascinarsi molto a lungo. E' quindi molto importante che il bambino acquisti familiarità con l'ambiente e gli insegnanti della scuola elementare già quando si trova alla scuola materna. In questo modo si evita o almeno si riduce al minimo il pericolo di una crisi emotiva dalle ripercussioni indefinibili

CARATTERI DEL GRUPPO SCOLASTICO

La legge fondamentale del gruppo scolastico può considerasi, come d'altronde in ogni gruppo, il non far ricorso all' aiuto esterno. La unità del gruppo infatti è minacciata se qualche membro chiede aiuto all'esterno. Nella scuola cercare l'aiuto del maestro nei rapporti con in compagni appare il "delitto" più grave. Nei primi anni delle elementari il ricorso al maestro è continuo e non desta impressione nella scolaresca perchè non si è ancora raggiunta una maturità sociale. Ma man mano che tale maturità viene raggiunta le delazioni si fanno sempre più rare e vengono fatte dagli elementi meno socializzati.

La unità del gruppo dipende anche dalle relazioni esterne. Se il gruppo si trova in stato di "guerra" la sua unità sarà rafforzata anche se in modo deteriore: essa Infatti si rafforzerà per la semplice constatazione che la unione fa la forza ma si rafforzeranno anche i caratteri deteriori del gruppo come la antidemocraticità, a prevalenza di un capo dispotico e la assunzione di valori in contrasto con quelli morali che la scuola propone

Ogni gruppo ha i suoi modelli ideali a cui si ispira: massima aspirazione del maestro sarebbe quella di impersonare tale modello. Abbiamo così dei principi comuni a cui i membri non possono sottrarsi. Si ha quindi una pressione fortissima del gruppo sui membri. La approvazione o la disapprovazione del gruppo possono divenire la maggiore motivazione del comportamento individuale. Il maestro può pertanto giovarsi della approvazione o disapprovazione per indurre il singolo a comportarsi nel modo desiderato. Naturalmente sarà difficile compito del maestro acquistare la fiducia della scolaresca e dare ad essa buoni principi. Si comprende che se il gruppo si trova in opposizione con il maestro qualunque cosa fatta contro di lui solleverà unanime consenso.

La resistenza di un membro alla pressione dl gruppo può dipendere da molti fattori: la immaturità sociale può attutire molto la sua importanza. E' chiaro che se ciascuno sente la pressione del gruppo proporzionalmente al grado con cui vi partecipa. I più piccoli sentiranno quindi più la pressione del maestro che quella dei compagni. Si può resistere al gruppo inoltre se si trova compensazione altrove. Se l'alunno non trova soddisfazione a scuola può cercarla in altri ambienti sociali. Allora egli sarà poco sensibile all'apprezzamento dei compagni di scuola. D'altra parte questi presto o tardi se ne accorgeranno e lo lasceranno in disparte senza molestarlo e tentare di farlo pensare come loro.

Bisogna anche notare la severità della scolaresca verso i suoi membri. Per quanto il maestro possa essere severo la scolaresca lo è molto di più: se riconosce che un fanciullo ha commesso una colpa, per quanto grave possa essere la punizione del maestro, crederà sempre che sia troppo blanda. I fanciulli in genere sono veramente feroci verso i loro compagni più deboli, quelli che non sono in grado di comportarsi come dovrebbero. Tale durezza dipende da due fattori. Innanzi tutto la inesperienza: nella sua mentalità assolutizzante gli riesce difficile concepire l'errore e la colpa che gli sembrano qualcosa di abnorme. A volte per i più piccoli anche una inezia sembra una enormità. Fui chiesto a un bambino che cosa sarebbe avvenuto se non avesse ubbidito a un certo ordine della madre e il bambino rispose che forse Dio avrebbe distrutto il mondo. Certo i ragazzi delle ultime classi delle elementari ne hanno fatto di strada da allora ma manca ancora ad essi il senso della misura. La seconda motivazione di tanta severità è data da un motivo inconscio: puniscono in un loro compagno più debole i loro stessi difetti. Ciò spiega perchè in genere la colpa più grave è ritenuta sempre quella di essere troppo infantile, mostrare di non aver superato quella infantilismo che in effetti nemmeno quelli che sono tanto severi hanno poi veramente superato.

Interessante è notare il particolare meccanismo con il quale nuove idee vengono accettate Qualche membro comincia timidamente ad affacciare qualche idea nuova, non la sostiene subito con decisione ma timidamente aspetta le reazioni degli altri senza esporsi troppo. Se tali reazioni non gli sembrano favorevoli egli si affretta a ritirale un po per non attirarsi il biasimo generale ma soprattutto perchè effettivamente se il gruppo non è favorevole nemmeno lui si sentirà veramente convinto. Se invece le reazioni gli sembrano favorevoli egli espone più apertamente. Comunque accetterà pienamente la sua stessa idea solo quando il gruppo la avrà accettata. Difficilmente ci si mantiene nelle proprie opinioni se queste non sono condivise dal gruppo.

Talvolta troviamo nel gruppo anche una altra caratteristica: il segreto. Con patto esplicito o implicito i membri si impegnano a non rivelare a nessun estraneo quello che accade nel gruppo. Il senso del segreto si rafforza quando il gruppo scolastico si sente minacciato dal maestro. Per difendere le proprie caratteristiche il mezzo migliore è quello di tenerlo segreto. La scolaresca sente che l'adulto potrebbe vincere la resistenza individuale convincendo ad abbandonare i comuni parametri di giudizio del gruppo e minacciare così quella che viene definita la "cultura del gruppo". Si giunge talvolta a scatenare a posta la collera del maestro per evitare che egli possa avere ascendente sui più deboli e minacciare quindi attraverso questo l'intero gruppo. Fortunatamente queste situazioni sono piuttosto rare.

Acceniamo ora all'influenza del gruppo sul profitto. Gli stimoli degli altri e l'emulazione sono più importanti per i meno intelligenti che per quelli che hanno ottime capacità: il lavoro individuale appare più rapido ma in genere meno originale. I ragionamenti fatti in gruppo sono più obbiettivi ma difficilmente sono molto brillanti: abbiamo idee concrete ma pochi colpi di genio.

EVOLUZIONE DEL GRUPPO SCOLASTICO

L'evoluzione del gruppo sociale si esplica in gradi che si succedono lentamente ma incessantemente. La età di grazia viene ritenuta generalmente quella compresa fra fra gli otto e gli undici anni. Prima degli otto anni, pur desiderando di socializzare il bambino in effetti vi riesce solo parzialmente. L'egocentrismo non superato gli fa vedere gli altri sempre in funzione di se stesso, l'intelligenza non è ancora in grado di comprendere veramente che, oltre al suo, esistono anche altri punti di vista.
Verso gli otto anni invece il fanciullo è maturo per socializzare con i suoi compagni in modo che con tutta probabilità non avverrà più in futuro. Il bambino sente il bisogno di socializzare il suo punto di vista discutendo con i suoi compagni degli argomenti che più gli interessano. Dopo questa età il processo di socializzazione va incontro a una involuzione spesso brusca. Con il passare del tempo, con il preannunciarsi della crisi puberale il fanciullo rimane solo. Il gruppo della scuola media è molto meno compatto di quella delle elementari, ma già in quinta elementare è possibile notare i prodromi della involuzione. Vediamone le ragioni.

La intelligenza comincia a a farsi più astratta, il ragazzo comincia a comprendere le cose anche se non ne ha diretta esperienza. Questo spostamento di interesse porta alla svalutazione della discussione fra i coetanei. Infatti se i ragazzi parlano di cose comuni, quotidiane, di cui ciascuno ha familiarità diretta allora ciascuno può dare il suo parere che viene ascoltato dagli altri e che è pari per autorità a quello degli adulti. Ma con il rafforzarsi dell'interesse per gli argomenti di cultura l'autorità dell'adulto diviene predominante. Di fronte all'insegnante che parla di conoscenze scolastiche il ragazzo non può fare a meno di tacere, non è ancora maturo per avere un proprio parere. Viene a mancare fra i ragazzi la base delle discussioni.

Una seconda ragione di involuzione risiede nell'affiorare delle personalità individuali. Fino a dieci o undici anni la personalità di ciascuno non appariva in modo così netto. Non che ciascuno non avesse caratteristiche proprie ma i compagni non ci badavano, non ne prendevano coscienza. Ora invece ogni ragazzo vuole affermare la propria personalità ed entra necessariamente in contrasto con gli altri animati dalla stessa esigenza. L'unità del gruppo è così irrimediabilmente compromessa. Non si è ancora maturi per comprendere che la socialità presuppone e non esclude la individualità. Ma questo principio d'altronde è difficilmente compreso anche nella società adulta.

Inoltre anche la scuola stessa finisce con il contribuire alla dissoluzione del gruppo sociale in quanto sancisce le differenze individuali classificando i ragazzi con i voti scolastici e il fanciullo si fa sempre più maturo per capirne l'importanza.

Con l'aumentare poi della preoccupazione del profitto scolastico l'insegnante finisce con il restringere sempre più il terreno delle attività sociali. Indubbiamente in una quinta elementare le attività sociali già tendono a perdere importanza rispetto a quelle tendenti al profitto. Nella scuola media la vita sociale viene quasi messa al margine .

Alla socialità di gruppo in parte viene sostituita l'amicizia a due. Specialmente le bambine inclinano a tali amicizie sia perchè il processo evolutivo generale è più precoce di quello dei maschi sia perchè in loro il senso sociale è generalmente meno forte. Nella età di grazia della socialità le amicizie a due erano riguardate con sospetto, e giustamente, perchè in effetti era un tentativo di evitare la socializzazione: il formarsi di sottogruppi minacciava la compattezza del gruppo principale. Va notato che la unità cosi perduta a scuola si mantiene ancora a lungo nel gruppo di gioco specialmente presso i maschi. Le bambine diventano delle "signorine" e disdegnano alquanto il gioco. Il gioco mantiene ancora una sua forza e apre spazi di vita sociale perchè mancano in esso le cause che provocano la dissoluzione del gruppo scolastico. Infatti durante il gioco poco ci si preoccupa di problemi culturali e anche lo spicco delle personalità, pure essendo più forte, non viene tanto notato.

Dopo la crisi puberale, superato le sue tempeste si giungerà alla vita sociale più matura e consapevole della vita adulta. Ma forse l'ingenuità, la semplicità del gruppo infantile non si troverà più e la si ricercherà invano per tutta la vita. Spesso è proprio questo tipo di socialità che da adulti ci fa ricordare la fanciullezza come l' età bella, l'età felice in cui si era veramente tutti amici

ALCUNI PROFILI DI COMPORTAMENTO

Ogni fanciullo reagisce all'ambiente in un suo modo personale. Non di meno si possono delineare alcuni profili tipici particolarmente interessanti anche se interessano un numero limitato di alunni: facciamone una breve rassegna

LEADER: il capo, il "boss! come pure si dice comunemente. La presenza di un capo è del tutto normale in ogni gruppo e quindi anche nel gruppo scolastico: tuttavia esso può assumere aspetti negativi dal punto di vista dello sviluppo della socializzazione ed educativo quando questa figura assume caratteri di prepotenza, di dominio dispotico. Vi sono condizione che talvolta provocano e favoriscono il fenomeno del dominio di un ragazzo sugli altri. Quando il gruppo infantile si trova in stato di guerra con l'insegnante i fanciulli sentono il bisogno di appoggiarsi a uno dei loro compagni per poter resistere meglio alla pressione degli adulti. Ecco allora sorgere un fanciullo che finisce con il dominare dispoticamente gli altri. Infatti nelle "Scuole nuove" dove la pressione adulta non si manifesta il fenomeno non esiste o per lo meno è estremamente ridotto. Il "capo" di solito non è il più intelligente: la dote fondamentale è la sua esperienza e capacità nei rapporti sociali. In lui è vivo il senso della misura: sa quando deve concedere e quando deve imporsi. A volte il capo cerca solo compensazione per una sua debolezza nel profitto e ottenere così una rivincita che lo renda superiore al biasimo del maestro e degli altri adulti. il suo potere dura a volte a lungo, termina per varie ragioni: perchè ha commesso l'errore di impegnarsi in contese da cui è uscito perditore, ed quindi ha perso prestigio; perchè sorge un altro astro che prende il suo posto; perchè il gruppo si scioglie; perchè viene a mancare quello stato di guerra sorda che aveva favorito il sorgere del fenomeno, perchè i fanciulli giungono a una maggiore maturità. Da notare che presso i fanciulli l'idea di un capo elettivo è estranea.

IL GREGARIO: formano la maggioranza, una vera la folla, i gregari che seguono i capi e la corrente sono senza particolari caratteristiche. Questo però non significa che siano i meno maturi socialmente: anzi in fondo la normalità della socializzazione si incontra proprio in essi.

IL FIGLIO DI PAPA' - Nelle classi capitano spesso ragazzi che si trovano a un livello sociale superiore ai loro compagni. Un ragazzo ben educato e curato si trova in mezzo a ragazzi di strada già abituati alla dura lotta per la vita, magari già impegnati a contribuire con il loro lavoro manuale al magro bilancio familiare. Il figlio di persone socialmente più elevato si accorgerà di essere meglio vestito, di avere oggetti migliori, di essere più curato, di cattivarsi la simpatia del maestro con la educazione migliore e magari di andare anche meglio nel profitto. Ne concluderà di essere superiore ai suoi compagni e logicamente ne dedurrà che a lui spetta il posto di capo. Niente di più errato, naturalmente. I suoi compagni hanno avuto ben altre esperienze sociali e non si lasceranno certo dominare da lui. Ma egli ignora le proprie difficoltà, non si rende conto della assurdità delle proprie pretese per difetto di esperienza e finisce con il rendersi ridicolo. Da ciò può scaturire una certa difficoltà all'inserimento nel gruppo e quindi per compensazione a darsi l'aria di superiorità e fingere di non desiderare affatto la leadership .

IL DEBOLE: Si tratta di fanciulli psicologicamente deboli afflitti spesso da complessi di inferiorità e che vogliono inserirsi a qualunque costo nel gruppo. Ingenuamente credono di potersi inserire dicendo sempre "si" e seguendo sempre la corrente: accetteranno sempre con entusiasmo ogni iniziativa, si asterranno da critiche, faranno passivamente sempre quello che vogliono gli altri. Ma malgrado questo, atteggiamento, proprio anzi proprio per questo atteggiamento non riescono mai a inserirsi veramente nel gruppo. I compagni infatti presto intuiscono che non possono fidarsi di uno che dice sempre "si". Bisogna pure che ciascuno nel gruppo abbia un pò di personalità. Ed è davvero doloroso vedere questi fanciulli cosi miti e buoni che sopportano ogni angheria senza ribellarsi pur di essere accettati dal gruppo e che vengono invece respinti implacabilmente.

IL DISPETTOSO SOCIALE: si tratta ancora di ragazzi che non riescono a entrare pienamente nel gruppo, ma mentre i precedenti prendono un atteggiamento passivo questi passano senza altro all'azione: non riuscendo a entrare nel gruppo essi cercano in ogni modo di dissolverlo nella speranza di poterlo ricostituire essi stessi ponendosi al centro: ostacolano quindi in ogni modo la vita sociale e sono un "flagello" non solo per i compagni ma anche per il maestro, con i loro tentativi di creare disordini e costringere così il maestro a intervenire. L'aspetto più odioso del loro atteggiamento è la delazione spesso falsa e tendenziosa: purtroppo qualche maestro provoca egli stesso la delazione sia con punizioni collettive nella speranza che qualcuno magari denunci il colpevole sia circuendo addirittura qualche soggetto meno maturo. Il danno che il maestro provoca in questi casi è gravissimo.

IL DISTACCATO - Interessante è anche un'altra figura in verità non molto frequente. Si tratta del fanciullo che aderisce all'ambiente ma non vi partecipa completamente. Questi segue la corrente senza opporsi mai decisamente, ma la sua accettazione è solo superficiale: profondamente è solo alquanto distaccato e mantiene la sua personalità. Questo tipo è il meno influenzabile dal gruppo. Lo segue ma non ne è conquistato. Di solito agisce cosi perchè pur desiderando la socializzazione trova compensazione e maggiori gratificazioni in altri campi. E' amico di tutti e generalmente ben voluto ma rimane intimamente sempre un estraneo.


GOVERNO DELLA CLASSE

Esaminiamo gli aspetti della vita sociale promossi più o meno direttamente dal maestro.

Nella scuola elementari a differenza di quanto accade nelle medie e nelle superiori abbiamo quasi sempre un così detto "governo" della classe, abbiamo cioè alunni incaricati di alcuni compiti particolari di organizzazione sia in relazione alla attività propriamente istruttiva che a quella generalmente educativa. Troviamo così un capoclasse, altri incaricati della lavagna, dell'armadietto e di tante altre cose a seconda dei casi. In alcune classi tutto il governo si riduce al capoclasse, in altre invece diviene molto ampio e articolato. Presso i migliori insegnanti i compiti del capoclasse e degli altri incaricati sono organizzativi e di aiuto all'insegnante ma presso altri si riducono miseramente al mantenimento dell''ordine. Il criterio di nomina è anche molto diverso . Va notato che il governo degli alunni assume forme molto elaborate e sono fondamentali in molte "Scuola nuove".

Vediamo brevemente le implicanze psicologiche del governo della classe

L'importanza del governo per il processo di socializzazione è fondamentale. Infatti in questo caso il fanciullo fa la sua prima esperienza di vita sociale organizzata. Anche nel gioco abbiamo una organizzazione a volte molto complessa e rigida. Ma anche se per il fanciullo il gioco è un'attività molto seria essa non ha mai il carattere della obbligatorietà che ha la scuola. Nel disimpegnare un compito nel gioco un bambino può sempre rinunciare e rifiutare di continuare, ma nella scuola è obbligato ad assolvere il suo incarico. Per la prima volta il fanciullo si trova di fronte a una certa organizzazione obbligatoria che tende a uno scopo preciso. La importanza di tutto ciò non dovrebbe sfuggire agli insegnanti come purtroppo spesso avviene e così questa magnifica occasione per educare il senso sociale viene tralasciata e talvolta come ora vedremo usata in senso negativo.

In certe scuole vige infatti l'uso di prendere il ragazzo più indisciplinato ed irrequieto e farlo capoclasse con compiti essenzialmente di polizia. In tal modo viene tolto un elemento di disordine e quel ragazzo ha l'energia sufficiente a imporre ordine alla classe. Raggiunge questo scopo essenzialmente facendo delazione al maestro di quelli che hanno compiuto qualche infrazione. Generalmente il fanciullo così scelto è quello che altrove abbiamo definito "boss" e di cui abbiamo gia delineato la negatività per un sano sviluppo sociale. Ora il maestro nominandolo capoclasse da' una nuova forza a questo ragazzo che diventa "onnipotente": minacciando di accusarli al maestro anche se innocenti ha un mezzo di intimIdazione e un potere sugli altri compagni veramente fortI che si aggiunge a quello che già possedeva solo come ascendente. Va notato, però, che con rafforzarsi del senso sociale non può mantenersi insieme il suo ascendente e il suo compito di capoclasse: la odiosità della delazione gli farà perdere ogni prestigio e finirà con il restare ai margini della vita sociale.

Talvolta il capoclasse viene scelto secondo il criterio del merito. Il maestro promette di dare tale incarico ambito al più bravo nel profitto. Ciò rappresenta uno stimolo all'impegno scolastico ma bisogna notare che spesso il più preparato negli studi non è il più capace nelle relazioni sociali. Il più bravo si sente superiore agli altri e crede che gli spetti per diritto il posto di capo ma ciò è ben lontano dalla realtà: non sempre i più bravi nel profitto sono adatti per un compito del genere.

Può essere scelto anche il più disciplinato: ma il più disciplinato in genere è anche un timido e porlo in tale difficile incarico non adatto a lui finisce con l'aumentare la sua timidezza. Fallito il suo compito egli si sentirà sempre più incapace nelle relazioni sociali. I più timidi debbono essere incoraggiati inserendoli in compiti facili nei quali possano attingere fiducia in se stessi.

Interessante è il caso in cui il capoclasse e gli altri incarichi vengono scelti per elezioni dei compagni. In alcune "Scuole nuove" tali elezioni hanno assunto un carattere rilevantissimo.

La elezione dei compagni dà all'eletto un significato che non ha negli altri casi. Non è imposto da nessuno ma scelto liberamente. Soprattutto in tal modo i fanciulli si abituano, si preparano a una vita democratica, ad essere cittadini di uno stato democratico. Inoltre si affina il giudizio, la capacità di giudizio sui compagni. Come si vede molti sono gli aspetti postivi, ma c' è un'ampia riserva da fare. Come abbiamo gia notato in altro luogo, la scelta elettiva dei capi non è naturale nei gruppi infantili, non nasce mai spontaneamente. Si rischia di illudersi che i fanciulli eleggano veramente un compagno mentre in effetti non ne hanno chiara consapevolezza. In verità, tranne forse che nell'ultimo anno tali elezioni nelle classi elementari sono spesso dei fallimenti. Si vedono i ragazzi che scelgono senza aver capito il criterio della competenza: dicono un nome per amicizia, perchè vicino di casa, perchè i compagni lo hanno detto, perchè altre volte è stato eletto per caso e molto difficilmente lo ritengono il più capace.

Sarà quindi sensibilità dell'insegnante capire fino a che punto la singola scolaresca è matura per esperimenti del genere. Comunque va notato che anche se la prima volta simili esperimenti possono risolversi in fallimenti in seguito gli alunni potrebbero rendersi conto di quanto viene loro richiesto .

Il migliore criterio di scelta secondo noi è quello di contemperare un pò i vari criteri : per esempio fare scegliere i fanciulli per elezioni in una rosa di alunni scelta dal maestro secondo le loro capacità, studio e disciplina.

Per quanto riguarda la natura dei compiti che si affidano ai ragazzi vi è da notare che i compiti di "polizia" sono i pìù ingrati. La coscienza sociale dei fanciulli viene infatti spesso scossa dalla delazione che inevitabilmente finisce con il divenirne il fulcro. I compiti invece meglio accettati sono quelli di natura organizzativa e funzionale alle attività educative e utili al buon andamento del lavoro scolastico.

RAPPORTI CON IL MAESTRO

L'insegnante occupa naturalmente un posto fondamentale nel processo di socializzazione a scuola. Bisogna innanzi tutto notare che ha con gli scolari due ordini di rapporti: con ciascuno e con il complesso. Influisce cioè con il suo rapporto personale con ciascuno a somiglianza dei genitori ma ha anche tanta parte nella vita del gruppo scolastico

Visto nel suo complesso, mentre nei primi il rapporto con il singolo è predominante negli ultimi della scuola elementare assume maggiore importanza quello con il complesso della classe. Infatti la accresciuta maturità sociale, l'età di grazia del gruppo fa sì che un atteggiamento del singolo verso l'insegnante sia determinato essenzialmente dal comportamento di tutto il gruppo scolastico.

Vediamo qualche differenza fra la posizione dell'insegnante e quella del genitore. Ciascuno ha i propri vantaggi e svantaggi. Il rapporto con il genitore è più caldo sostenuto da un affetto, da un sentimento naturale tanto più forte. Ciò conferisce al genitore un grande vantaggio ma d'altra parte il maestro si presenta al bambino come una autorità indiscussa con un prestigio culturale che in genere il genitore non ha. Il bambino crede che il maestro sappia tutto e che non gli possa rifiutare ubbidienza. Ciò accade soprattutto nei ceti meno elevati culturalmente dove il maestro può essere l'unica voce della cultura in grado di farsi udire.

La famiglia è un gruppo ristretto e pertanto il fanciullo in essa può avere maggiore attenzione che non nel più vasto gruppo scolastico il che da un vantaggio al genitore. Ma l'ampiezza del gruppo scolastico da al maestro una grande possibilità: influenzare il singolo attraverso il gruppo. D'altra parte è da notare che i fanciulli sono pochi, magari uno solo in famiglia e tuttavia i genitori non si dedicano unicamente ad essi ed hanno sempre altro da fare. Invece l'insegnante nell'orario di scuola si occupa esclusivamente dei bambini.

I genitori possono conoscere meglio i loro figli in quanto ne hanno una esperienza più lunga ma l'insegnante lo vede nei suoi rapporti con gli altri e quindi vede ciò che i familiari non vedono. D'altra parte anche per preparazione e mentalità è meglio preparato. Ma soprattutto la esperienza che ha dei bambini è ben maggiore in quanto puo' confrontare il comportamento di un gran numero di coetanei. La famiglia infatti ha del proprio rampollo spesso una idea inesatta sia sotto il punto di vista intellettuale che sociale soprattutto per mancanza di confronti. Accade spesso al maestro di notare errori di sopravvalutazione e di sottovalutazione delle famiglie che hanno idee molto vaghe su quale sia la "normalità" per i fanciulli dell'età dei loro figli.

Interessante è da notare quel fenomeno che i francesi chiamano CHANUT. Si tratta di un comportamento scorretto della classe a cui il maestro si rassegna. Accade talvolta che la classe si mostra indisciplinata ed apertamente si comporti violando le regole del maestro senza che questi riesca a impedirlo. Di solito ciò consiste nel chiacchierio che gli scolari continuano a fare senza che il maestro riesca a impedirlo ed ottenere e il silenzio e l'attenzione necessarie alla lezione. Talvolta può assumere forme più gravi di indisciplina come il turpiloquio, la maleducazione ostentata, la derisione stessa del maestro. Il fenomeno deriva in massima parte da imperizia dell'insegnante. Questi vorrebbe imporre una disciplina coattiva: a parte l'errore pedagogico della coattività il maestro non ha valutato le proprie forze credendo di essere in grado di imporsi laddove non lo è. Lo stato di guerra fra maestro e scolari è sempre deprecabile ma a ciò si aggiunge la leggerezza di aprire una lotta che non si è in grado di sostenere.
Da notare però che a volte lo CHANUT non è da imputare interamente al maestro: infatti può essere la conseguenza indiretta di errori compiuti da altri insegnanti. Se una classe è tenuta con eccessiva disciplina coattiva da un insegnante può esplodere quando sopravviene un altro insegnante che si mostra un pò meno severo. Accade comunemente con i supplenti: durante la sua lezione si scatena per transfert tutto quanto era stato represso dagli altri insegnanti.

Un altro aspetto poco piacevole dei rapporti maestro-scolaro è la delazione. La' dove la autorità del maestro viene imposta in modo autoritario occorrono allora mezzi esterni alla lezione stessa e uno di essi è la delazione. Il maestro così agendo in modo irresponsabile favorisce che i bambini si accusino fra di loro, così riuscendo a trovare e quindi punire i responsabili delle infrazioni alla disciplina.

La delazione nelle prime classi non desta molta impressioni negli alunni per lo scarso senso sociale ma con il suo rafforzarsi la delazione diventa sempre più odiosa e il delatore è squalificato davanti ai compagni. Se è incoraggiato dal maestro egli può resistere al biasimo e alla pressione dei compagni perchè trova compensazione nell'appoggio del maestro. Ma sia nella prime che nelle ultime classi la delazione è la più grande remora alla formazione sociale dei fanciulli.
Precisiamo che per i più piccoli è del tutto naturale cercare l'aiuto degli adulti e quindi la delazione non è affatto sintomo di immaturità sociale. Sta al maestro scoraggiando la delazione contribuire a una più matura coscienza di gruppo.

Vediamo ora la posizione del maestro e della scuola rispetto alla vita sociale della scuola. Dobbiamo purtroppo notare che molte volte non è affatto favorevole. Si richiede infatti durante le ore scolastiche che non si parli con i compagni, che ciascuno faccia da solo i suoi compiti. Non è raro vedere alunni che scrivono facendo schermo per evitare che gli altri possano copiare. Il maestro finisce con lo scoraggiare la vita sociale della classe. Paradossalmente in molti casi la vita sociale della classe si svolge ai margini e contro il maestro. L'ideale di molti maestri è purtroppo che gli alunni siano gli uni contro gli altri senza darsi nessun aiuto e senza comunicare. Alla vita sociale spontanea così inibita si vuole sostituire una vita sociale falsa imposta dal maestro : pertanto purtroppo l'opera del maestro e il processo di socializzazione sono a volte in pieno contrasto.

EVOLUZIONE ANNO PER ANNO

Vediamo ora le caratteristiche dell'evoluzione della socializzazione scolastica anno per anno: naturalmente la successione cronologica è semplicemente indicativa: ogni fanciullo si evolve secondo un suo ritmo persona

SEI ANNI: il primo giorno spesso è difficile ma presto il bambino va a scuola con piacere: solo alla fine dell'anno in genere si manifestano casi di opposizione netta alla scuola quando cioè il bimbo crede a torto o a ragione di non essere riuscito a cattivarsi la benevolenza del maestro e l'amicizia dei compagni. Gli accade spesso nella inesperienza di spaventarsi per qual cosa che all'insegnante pare tanto semplice e allora avrà un momento di crisi. Cerca nei primi contatti con i compagni di imporsi e porta pertanto a scuola oggetti e cianfrusaglie varie che secondo lui gli darebbero prestigio.

Caratteristica anche del comportamento della scolaresca è la discontinuità: In alcuni giorni i fanciulli appaiono ordinati e silenziosi, in altri senza nessuna ragione apparente la irrequietezza è tanta che bisogna quasi rinunciare a lavorare.

Il bambino parla raramente a casa di quello che ha fatto a scuola. Si è notata la tendenza a parlare del compagno più cattivo. In effetti il rapporto con il maestro e compagni è molto impersonale.

SETTE ANNI - Talvolta può preoccuparsi che la seconda sia molto più difficile della prima mentre in effetti è il contrario. I suoi rapporti con il maestro si evolvono in senso più personale. Il fanciullo comincia a vederlo meglio e più accuratamente. Caratteristica della seconda classe sono le notazioni sull'abito, sulla nuova borsetta o cravatta dell'insegnate che talvolta mettono in imbarazzo l'insegnante stesso. In particolare si nota spesso una particolare simpatia ed attaccamento dei maschietti verso la maestra se giovane. Anche rispetto ai condiscepoli comincia ad avere rapporti più personali e a vederli più obbiettivamente e non solo esclusivamente in relazione a se stesso. Ha anche maggiore tendenza a giovarsi dell'aiuto dell'insegnante dei compagni. Ciò dipende anche dal maggiore livello intellettivo in senso relativistico della sua mente che comincia a vedere gli altri come altri punti di vista. Di solito è ubbidiente e ragionevole e cerca di essere buono anche se talvolta il risultato non rispecchia affatto l'intenzione. Si sviluppa anche il senso acuto della proprietà delle cose e sorgono piccoli baratti e piccoli commerci che aiutano il processo di socializzazione anche se spesso per la poca esperienza le" transazioni commerciali" diventano fonti di infinite dispute, litigi e recriminazioni.

In complesso quindi è una età abbastanza tranquilla e questo fa si che le seconde classi elementari in genere sono le più tranquille e facili dal punto di vista della vita sociale.

OTTO ANNI: il fanciullo in genere va a scuola con vero piacere: la terza è la classe nella quale il fanciullo va più volentieri, ne' prima ne' dopo andrà con lo stesso piacere. I suoi rapporti con i compagni migliorano molto e si fanno più stretti. Cominciano anche le caratteristiche amicizie del cuore. E' meno disposto all'obbedienza che a sette anni ma è più disciplinato perchè sa controllarsi meglio. Partecipa più coscientemente alla vita scolastica, si rende meglio conto di ciò che accade. Infatti mentre prima parlava poco a casa di quello che avveniva a scuola ora comincia a riferire spesso e volentieri se i genitori glielo chiedono episodi della vita scolastica. Ciò dimostra la maggiore comprensione padronanza della vita scolastica.

Si fa netta la distinzione fra maschi e femmine: mentre nelle prime due classi si osserva molto raramente una discriminazione in base al sesso, nelle terze essa è ben chiara. Prima cominciano le femmine essendo esse più precoci nel loro sviluppo. Esse si appartano dai maschi tranquillamente e pienamente durante le pause. Poi saranno i maschi ad escluderle, anche rudemente, dai loro giochi.

NOVE ANNI Questa età corrisponde alla quarta elementare. In essa la coscienza sociale della scolaresca compie un grande balzo in avanti. Molto più raramente lo scolaro accusa i compagni e chiede aiuto all'insegnante contro di essi. Accresciuto è il senso di responsabilità per cui egli si sente maggiormente impegnato nella scuola. Mentre prima erano i genitori prevalentemente a preoccuparsi ora è il fanciullo che sente cocentemente i suoi eventuali insuccessi. Qualche volta è anche capace di rifiutare una lode o un premio se sente di non meritarli. Come prima è sensibilissimo all'ingiustizia ma ora piu di prima è capace di valutare la realtà delle cose, il caratteristico egocentrismo della infanzia comincia a cedere il posto a un visione più relativa. Gareggia con piacere sia in squadra che individualmente e ciò testimonia l'accresciuta coscienza sociale e di gruppo.

Accresciuta è anche la capacità di autodisciplina che rende pertanto i comportamenti della scolaresca abbastanza ordinati. Il compito dell'insegnante è comunque più difficile che in terza: a otto anni erano molto personali, ora si fanno invece meno stretti e il fanciullo appare meno disposto all'obbedienza. Distingue più chiaramente fra materia di studio e insegnante e può appassionarsi all'uno e non all'altro. La coscienza di gruppo gli da di fronte all'insegnante un'autonomia mai raggiunta prima. Sarà naturalmente cura dell'insegnante prendere atto delle mutate condizioni psicologiche del processo di socializzazione e agire in conseguenza. Il fanciullo è anche più disposto a parlare a scuola della sua vita extrascolastica e viceversa.

DIECI ANNI. Questa età può considerarsi come l'età di grazia per il gruppo sociale infantile, come prima abbiamo notato. In seguito invece con la crisi puberale perderà molto della forza delle sue relazioni sociali per chiudersi nel caratteristico isolamento dell'adolescente. Comunque già da ora si possono notare i segni della prossima dissoluzione del gruppo. Per le bambine ci troviamo già in una fase prepuberale. La relazioni quindi fra le bambine e l'insegnante e tra le bambine stesse si fanno più difficili. Testimonianza di questa divergenza dello sviluppo maschile e femminile sta il fatto che la discriminazione dei sessi diviene molto forte e invero delle differenze psicologiche fra i due sessi non erano mai state pronunziate come ora.

IL GIOCO SOCIALE

Il gioco ha una parte fondamentale nella vita di un fanciullo. Per gioco, come è stato autorevolmente e giustamente affermato, noi possiamo intendere la attività complessiva del fanciullo. Abbiamo giochi quanto mai vari e mutevoli, dal battere delle mani del neonato agli scacchi: a noi interessa il gioco sociale. In esso si manifesta più spontaneamente la socialità e la personalità infantile meglio che in nessuna altra attività.

Il gioco sociale nasce verso i sei anni. Già molto prima i bambini giocavano insieme ma giocavano propriamente "l'uno accanto all'altro" in una vera comunità. Il compagno era per ciascuno una pedina del proprio gioco. Dopo i sei anni invece il sentimento sociale si fa avanti e abbiamo il riconoscimento della personalità altrui .

Il gioco sociale può essere diviso in due fasi i cui limiti cronologici possiamo indicativamente fissare da sei ai nove anni la prima fase, dai nove ai tredici e anche oltre la seconda: nella prima fase sono prevalenti i giochi competitivi nei quali cioè vi sia qualche idea di gara. Abbiamo cosi partite di pallone, giochi di carta, di palline, di figurine, corse e altri giochi di forza e destrezza. Tutti questi giochi hanno la caratteristica di essere retti da regole ferree. Le regole infatti sono per i fanciulli qualche cosa di dato, di "divino" che non possono essere mutate o infrante nemmeno se tutti i giocatori sono d'accordo. Non concepisce, cioè, la regola come qualcosa di convenuto fra i giocatori e quindi che può essere in ogni momento mutato se si raggiunge l'accordo. Guai a quel fanciullo che infrange una regola: è come scomunicato! Dice Chateau che il gioco è come la messa e chi ha giocato ha giurato. Il senso del sacro insito nel gioco è una manifestazione della vita infantile che colpisce: in caso di contestazione delle regole il fanciullo non crede mai alla buona fede degli altri ma pensa sempre all'imbroglio.
Per questo motivo spesso i giochi si fermano per una sciocchezza. Dalla assolutezza della regole discende una altro principio: I giochi non vengono mai inventati dai giocatori, si trasmettono da generazione a generazione e vengono inventate dagli adulti. Nemmeno le modifiche delle regole viene mai operata dai piccoli ma avvengono ad opera degli adulti o almeno degli adolescenti. Il bambino adora le regole fisse di cui in genere l'adulto è il depositario. Ha bisogno di esse per ordinarsi interiormente. Va però precisato che, malgrado tutto, i fanciulli facilmente trasgrediscono le regole. Essi infatti vorrebbero rispettarle ma vorrebbero anche e a ogni costo vincere. Talvolta essi credono di poter vincere trasgredendo le regole ma quando sarà chiaro che questo è impossibile avremo un rispetto assoluto per la osservanza della regola.
Dopo i nove anni pur continuando i giochi competitivi e di regole appare un'altra forma di gioco: i fanciulli immaginano di essere personaggi tratti dai film o da letture, di trovarsi in ambienti esotici, diversi dal proprio e di correre meravigliose avventure: generalmente essi si ispirano alle avventure di moda del momento: intrecciano così fantastici poemi epici. Spesso questo gioco ha come oggetto principale la guerra. I ragazzi si dividono in due gruppi avversari immaginando di essere indiani e cow-boys, conquistadores e pirati, esploratori e guerrieri indigeni, soldati tedeschi e alleati e si combattono come hanno visto fare al cinema o nei fumetti. Il valore sociale di questo gioco è importantissimo anche se talvolta questo tipo di gioco è pressocchè ignorato da molti autori. Infatti qui si manifesta in pieno la nascente personalità sociale del fanciullo. Il soggetto della guerra non deve preoccupare. Non vi è in questi giochi nessuno invito alla violenza anzi se i naturali "istinti guerrieri", il piacere del rischio hanno sfogo in questo modo innocente e più difficilmente daranno adito a a brutte sorprese dopo i quattordici anni. Anche la guerra può essere vista attraverso gli occhi dell'infanzia come una cosa nobile e bella. E nella guerra i fanciulli possono immaginare gli atti di eroismo puro e disinteressato dei quali questi giochi sono massimamente intessuti. Potremmo definire questo come il "grande gioco" per l'ampiezza e complessità delle situazioni che i ragazzi riescono a immaginare e soprattutto per la complessità dei ruoli sociali che si vengono a delineare.

Questo tipo di gioco è quasi esclusivamente per i maschi: infatti proprio nell'età nella quale essi cominciano a manifestarsi l'interesse delle bambine il gioco va scemando: a nove o dieci anni le bambine quasi non giocano più. I loro giochi si riducono quasi esclusivamente a quelle delle bambole. Cuce vestine, abbiglia e cura e svolge tante attività che vede compiere delle madri: non si tratta quindi nemmeno di veri e propri giochi ma di attività propriamente femminili nelle quali le bimbe vanno a impratichirsi.

Abbiamo cercato di delineare alcune caratteristiche proprie del gioco sociale. Per quanto riguarda i ruoli assunti dai vari fanciulli i rapporti fra gruppi e il singolo e fra i vari esponenti ci richiamiamo a quanto già detto a proposito del gruppo sociale

 

CAPRICCIO E MONELLERIA

Mondo adulto e mondo infantile vengono spesso a opporsi: la opposizione si manifesta moderata e fisiologica nella monelleria e nella dispettosità ma assume aspetti tragici e sinistri nella delinquenza minorile.

La dispettosità è la reazione del fanciullo a quello che sembra a lui ottusità dell'adulto, il castigo rapido e inappellabile che spesso segue è la reazione dell'adulto a quello che egli crede la ottusità del bambino. Abbiamo così due mondi contrapposti: quello dell'adulto e quello del fanciullo, che entrano in conflitto, e l'arma a disposizione del fanciullo è la dispettosità. Prima dei sei anni la dispettosità si manifesta principalmente come capriccio; nell'età seguente invece si manifesta come monelleria. il capriccio è la risposta improvvisa e non ragionata del bambino che si trova limitato dall'azione dell'adulto, ma egli non considera ancora "l'altro" come un soggetto ma solo come un limite alla sua azione, pertanto non ha caratteristiche di continuità e di consapevolezza, sparisce così come è comparsa, improvvisamente. Quando invece il mondo esterno comincerà ad essere meglio compreso dal fanciullo, quando questi avrà la coscienza chiara della contrapposizione avremo allora la monelleria.

La monelleria quindi è la protesta del fanciullo contro l'ambiente che cerca di limitarlo nell'azione. E' sorretta dalla potente forza vitale che anima il fanciullo. Egli infatti ha bisogno di azione, di movimento di sentirsi libero, sente prepotente il desiderio di scaricare la propria energia in qualche modo. La monelleria si presenta come ciò che può appagare questa sua esigenza e per questo essa si manifesta soprattutto a scuola: qui infatti a torto o a ragione è più costretto che altrove, relegato in poco spazio gli sono interdetti movimenti liberi e perfino di parlare. In famiglia, invece, specie quando il fanciullo gode di una ampia libertà senza essere nè iperprotetto nè trattato con eccessiva severità la monelleria è molto più rara.
Il carattere più importante è l'iniziativa. Il fanciullo nella monelleria agisce di propria spontanea iniziativa. Non vi sono persone che glielo suggeriscono nè segue alcuna regola preordinata: è del tutto spontaneo. Tutti gli schemi etici e affettivi sono dimenticati e il bambino può essere per una volta se stesso contro tutto e contro tutti.

Un secondo aspetto è il gusto del dispetto: nella monelleria il bambino vuol fare dispetto a qualcuno. Se la persona in questione mostra di non interessarsi per niente di non "prendersela" la monelleria perde significato per il bambino. La monelleria può essere determinata da una causa precisa di colpire una certa persona per una certo motivo. Ma presto questa motivazione perde valore di fronte al gusto del dispetto per il dispetto. Ma il monello desidera anche di farla "franca" . Mentre l'adolescente, nella sua rivolta contro l'ordine costituito non teme affatto di essere punito, anzi talvolta lo desidera incosciamente, il monello dell'età scolare desidera ardentemente di non essere punito. Questo infatti costituisce una garanzia per il proseguimento dell'azione monellesca. A ciò si collega l'esigenza del segreto. I codici misteriosi, gli alfabeti segreti, le parole chiavi abbondano. Ma custodire un segreto non è tanto garanzia di poter continuare in quanto da il senso dell'importanza di quello che si fa . Tipico è il fatto che il bambino vuole mantenere il segreto ma vuole che gli altri lo sappiano. A che varrebbe infatti custodire un segreto se gli altri non lo sospettassero nemmeno? E così chi ha un pò di pratica dell'infanzia sa che se si vuole che il fanciullo ci manifesti qualcosa che tiene nascosto bisogna fingere di non accorgersene e di non interessarsene: allora il fanciullo farà di tutto per richiamare l'attenzione e finirà con lo scoprirsi.

Un altro aspetto interessante della monelleria è la curiosità. il fanciullo è sempre curioso in tutte le età, in tutti i casi e in tutti i modi ma nella monelleria abbiamo una curiosità particolare. Il bambino vuole sapere quello che gli adulti gli nascondono. Il fatto che gli adulti vogliano che ignori qualcosa e che in ogni modo cercano di tenerlo lontano è il migliore incentivo perchè il fanciullo faccia di tutto per saperlo. La curiosità del monello è quindi quasi una sfida ai limiti che l'adulto pone a ragione o a torto alla sua conoscenza. E' un pò come per gli antichi navigatori andare al di là delle colonne d'Ercole. Ma la curiosità del monello se è molto estesa in genere non è molto profonda, non si interessa veramente a quello che vuole conoscere , gli basta andare oltre i limiti imposti.

Per comprendere però appieno il significato della monelleria bisogna che sia inquadrata nel gioco. La monelleria è pur sempre un gioco, ad essa si accompagna sempre la giocosità. Non mette in discussione le regole che sta violando, anzi le accetta, le ritiene valide anche se le sta violando. Non è animato mai da cupi pensieri di vendetta e di risentimenti: il monello ha sempre il sorriso sulle labbra.

La monelleria trova la sua evoluzione nella banda di monelli. Infatti a un certo momento si formano dei gruppi abbastanza stabili che agiscono per il fine della monelleria. Cosi pare al fanciullo che la monelleria abbia acquistata forza ed efficacia. Ma in effetti ha perduto il suo originale significato. Infatti la monelleria era la protesta del singolo di fronte all'ambiente: ma con la banda dei monelli l'azione non è più veramente libera come nell'azione individuale. Perduto cosi il suo significato originale la monelleria va sparendo verso i dieci anni oppure va mutandosi in qualcosa di pericoloso che prepara la delinquenza minorile.

In conclusione notiamo come la monelleria non sia un aspetto negativo dell'infanzia. Il monello non è spregiatore della morale e dell'ordine che si deve punire inflessibilmente. E' solo un fanciullo che ubbidisce a una sua esigenza vitale pertanto non deve essere punito severamente perchè ciò potrebbe trasformare questa attività episodica ed innocente in una rivolta ben più seria e pericolosa per la sua salute morale, fino alla delinquenza minorile.


DELINQUENZA MINORILE

Possiamo in genere parlare di delinquenza minorile dai tredici anni in poi e pertanto il problema non rientrerebbe nei limiti temporali del nostro lavoro. Ma bisogna notare che se la delinquenza esplode a tredici anni certamente è stata lungamente preparata nell'animo del minore proprio nel periodo si tempo di cui ci stiamo occupando e quindi sotto tale aspetto preparatorio rientra nel nostro lavoro.

Fondamentale ci sembra innanzi tutto distinguere due forme di delinquenza minorile : il delinquente vero e proprio ,tradizionale possiamo dire, e il "teppista" proprio delle grandi metropoli industriali con la formazioni di bande di giovani teppisti senza appoggio adulto (teddy-boys) . Per il per primo furto e rapina e altre attività criminali sono mezzi per raggiungere la ricchezza e la soddisfazione dei propri desideri. E' cauto, attento, calcola l'utilità e i rischi che gli possono venire da ogni azione. Se raggiunge una posizione economica che considera soddisfacente abbandona l'attività criminale: questo è il suo progetto e la direzione che ha dato alla sua vita. Il secondo tipo il teppista, non si prefigge alcun fine pratico o almeno esso non è prevalente. Il crimine per lui non è un mezzo per raggiungere qualcosa di tangibile ma è fine a se stesso. Spesso infatti tale tipo di delinquente appartiene a famiglia abbiente che gli soddisfarebbe ogni esigenza.

Possiamo quindi cosi sintetizzare le differenze: il primo compie un crimine per l'utilità che ne può ricavare mentre il secondo lo compie per se stesso senza prefiggersi una vera utilità e in genere è poco curante delle conseguenze. Le azioni dei teppisti spesso appaiono quindi illogiche e stupide. Al nostro lavoro interessa questo ultimo tipo di delinquente.Il primo tipo infatti non ha origine nella psicologia propria dell'infanzia ma è semplicemente il risultato della delinquenza adulta. Infatti in questi casi il minore è aggregato quasi come un apprendista a una banda criminale, spesso incoraggiato agli stessi genitori. L'attività criminale non deriva da problemi psicologici giovanili ma dall'ambiente degli adulti in cui vive.

Il teppista minorile invece ha la sua origine proprio nell'animo dei ragazzi e sorge come rivolta all'ordine costituito dei genitori, della società,:Il "teddy-boy" non ha appoggi nel mondo degli adulti che lo deridono.

Chiarita questa differenza vediamo che relazione possa avere con l'età della scuola elementare evidenziandone alcune caratteristiche fondamentali. La banda dei delinquenti minorili può essere definita un gruppo che assume valori etici opposti a quelli della società. I componenti odiano ferocemente tutto quello che è "per bene". Caratteristico è il vandalismo. Cercano di distruggere tutto quello che non appartiene loro senza nessuno scopo. La banda cerca poi di essere autonoma assolutamente da interferenze esterne. Tale fine ha la chiusura ermetica agli estranei, il segreto che la circonda. Ma se l'autonomia della banda è assoluta e irrelativa all'esterno l'autonomia dei singoli membri all'interno è scarsissima. Anche è Interessante notare che spesso tali bande scatenano deliberatamente l'ira di persone e di gruppi di persone per liberarsi dei legami affettivi che ad essi li legano . Come si può constatare i caratteri delle "gang" sono molto simili a quelle delle manifestazioni più deleterie del gruppo infantile scolastico che abbiamo delineato in altro luogo. Naturalmente nella delinquenza minorile quei caratteri acquistano ben altra consistenza e gravità. ma riteniamo che la radice dei due fenomeni sia sostanzialmente la stessa: lo sbandamento, la incapacità a inserirsi armonicamente nella società sia per i difetti di essa sia per le insufficienze personali, combinate variamente caso per caso. Quando i fanciulli della scuola elementare si sentono respinti dalla scuola e dal maestro che per essi sono il primo contatto con la società organizzata , sorge naturale in essi la necessità del rapporto di opposizione a quell'ordine che appare come il nemico capitale, l'ostacolo che impedisce loro di affermarsi: ed ecco allora le caratteristiche più deleterie del gruppo scolastico: la rivolta per la rivolta e non costruttiva, la scarsa democraticità interna, l'esigenza di non sentirsi amati dalle persone a cui vogliono ribellarsi e quindi i tentativi di mandare "fuori dai gangheri" il maestro a ogni costo.

Come il fanciullo anche l'adolescente esplode in rivolta contro la società che lo respinge. Il delinquente minorile non riesce a inserirsi nella società per le più varie ragioni: allora per affermare la sua personalità non gli rimane che aggregarsi a un banda che mostra i combattere quell'ordine abborito che lo ha respinto e nella quale i titoli che gli hanno impedito di affermarsi rovesciano il loro valore e diventano ambiti titoli di merito.

 

UNA OSSERVAZIONE CONCLUSIONE

Abbiamo cercato di delineare le caratteristiche più salienti del processo di socializzazione nell'età della scuola elementare .ma non possiamo qui e una conclusione esaustiva.

Ci limitiamo pertanto a mettere in luce un carattere fondamentale dell'infanzia che traspare anche da lavori come il nostro:intendiamo parlare della complessità della psicologia infantile.

Una lunga tradizione letteraria poetica e letteraria ci ha abituati a a porre identità fra infanzia e semplicità e tempo felice. Parimenti se torniamo con la mente ai ricordi dell'infanzia , tutto ci appare semplice e lineare, lieto..

Ma si tratta di un errore di prospettiva tanto comune in psicologia quando usiamo metodi introspettivi.

L'infanzia ci appare semplice e felice solo perchè è passato tanto tempo e alla sua realtà nella nostra mente si è sostituita l'immagine che noi stessi abbiamo incosciamente rielaborata nel corso degli anni.

Ma a una attenta osservazione oggettiva appare chiaro che la vita infantile è difficile e tumultuosa non meno di quella adulta.

Quanto sono difficili e complessi i rapporti con i familiari nei quali amore, egoismo e gelosia si intrecciano indissolubilmente e a quante ambivalenze e difficili meccanismi sono soggetti i sentimenti dei fanciulli !

E quante innumerevoli difficoltà trova il fanciullo nella scuola allorchè deve superare il difficile compito di accettare l'altro, di socializzare.

Sotto l'apparente sicurezza del fanciullo leader si nasconde spesso un penoso complesso di inferiorità tanto più drammatico quanto più incoscio e quanta tristezza nel fanciullo che la società dei suoi pari spietatamente rifiuta!.

Ma sulla scorta del gioco scopriamo un aspetto importantissimo dell'anima infantile. il sogno, la fantasia

Nel fanciullo i confini fra fantasia e realtà non sono tanti sicuri e marcati da non permettere che egli, escluso da un mondo, non se ne possa creare un altro.

Se i genitori si curano poco del bambino questi con la fantasia si crea "una sua" famiglia, se i compagni lo rifiutano si crea "la sua" famiglia, se i compagni lo rifiutano sognerà di essere il centro di un "suo" altro mondo.

E il sogno per il fanciullo non è meno reale che la realtà stessa ed in esso trova il fanciullo compensazione : questa è la forza dell'infanzia che l'adulto non ha ormai più.

Se l'adulto è emarginato la società dalla società dei suoi simili non gli rimane che una cupa disperazione ma per il fanciullo è diverso: egli può andare al di la della realtà.

E come Alice , ogni fanciullo ha il suo paese delle meraviglie dove gli animali e le cose gli vengono incontro e gli parlano il loro misterioso linguaggio e il fanciullo lo intende

di Giovanni De Sio Cesari
( www.giovannidesio.it )

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