in breve I MOVIMENTI CULTURALI dell'Età Moderna
 che hanno interessato e influenzato la letteratura, la filosofia, l'arte, la musica, le varie forme di spettacolo


RINASCIMENTO . XV - XVI sec. (Italia - Europa)

La cultura del Rinascimento che continua la cultura umanistica, è propriamente una cultura di tipo classico (IL CLASSICISMO - VEDI) e idealistico. E' un periodo che tradizionalmente si fa coincidere con il secolo XV e la prima metà del secolo XVI, caratterizzato, soprattutto in Italia, da una straordinaria fioritura artistica e letteraria, nonché da un più libero sviluppo del pensiero, frutto di una nuova consapevolezza dei mezzi dell’uomo e della sua potenza. Rappresenta infatti la piena realizzazione nel campo artistico e del pensiero del rinnovamento prodotto dall’Umanesimo. La parola stessa, Rinascimento ha una sfumatura di religiosità (ritorno a Dio, una più autentica vita ecclesiastica); ha un rinnovato interesse per la natura, la storia e la filosofia. Quest'ultima come abbiamo letto all'inizio, era già stata preceduta dalla "SCOLASTICA" del XII-XIII sec., che non potendo più nascondere (i conventi erano comunque pieni) le opere degli antichi, che prima i crociati, poi i commerci, infine le ricche biblioteche arabe avevano diffuso in Europa, si era proposta (tentativo già fatto dalla Patristica fra il III e IV sec) di rendere compatibili la filosofia antica e la nuova visione cristiana. 
Il frate domenicano TOMMASO D'AQUINO (1225-1274) con la sua Summa theologiae, fece l'integrazione più completa dell'aristotelismo con la tradizione cristiana, applicando alla teologia il metodo d'indagine aristotelico: il ragionamento deduttivo.
I suoi commentari venivano studiati nelle maggiori università europee, ma erano queste pur sempre  dei centri di studi teologici; nelle scholae; gli studenti invece che cercarono clandestinamente di introdurre nelle stesse, testi originali, che ormai giravano a migliaia, furono perseguitati,  "li libri empi che dicono fanno scienza, anzi dicono essere essi stessi scienza, bruciateli!". All'università di Parigi, di falò ne fecero un paio, e anche con qualche studente sopra.

Ma a partire dal XIV secolo, e per tutto il Rinascimento, con una diffusione sempre più massiccia dei testi originali in arabo o in greco, la reazione fu forte e si riprese a studiare Aristotele in lingua originale rifiutando gli adattamenti, le omissioni, le manipolazioni che gli scolastici avevano operato per conciliare la dottrina aristotelica con quella della Chiesa.
Fu così che l'attenzione si spostò sul mondo circostante e sull'uomo; la natura umana divenne oggetto di un'indagine non condizionata da giudizi  metafisici e religiosi. Cioè una nuova visione dell'uomo che riconosceva a un altro uomo il suo valore individuale, indipendente dalla sua fede. 
E' dunque un uomo quello del Rinascimento, che afferma con le proprie forze la sua personalità.
Il maggior rappresentante fu alla fine del Cinquecento GIORDANO BRUNO (1548-1600), che lasciò questo sovvertitore pensiero "La trascendenza in filosofia è un assurdo; la religione, con il complesso dei suoi dogmi, ha soltanto valore pratico: guidare la massa, priva di sapienza filosofica". Queste poche parole furono sufficienti per mandarlo sul rogo. Erano del resto dei concetti estremamente innovativi che risultavano veramente rivoluzionari e destabilizzanti se considerati nell’ottica del XVI secolo.

Da un punto di vista storico, il periodo rinascimentale, segna il trapasso dal medioevo all'età moderna e vede l'ascesa della borghesia e il consolidarsi delle signorie in Italia e solo dopo, del sistema politico assolutistico negli stati nazionali d'Europa. 
Solo dopo, perchè il Rinascimento è essenzialmente italiano, precede l'Occidente anche sul piano economico e sociale,  intensifica il processo di sviluppo dell'economia e della società medievale verso il capitalismo per l'indirizzo razionalistico che il Rinascimento vi porta. 
L'economia capitalistica in Italia non nasce solo a Firenze, ma è la città toscana che diventa una seconda Atene. E qui che si può seguire con più esattezza che in altri Comuni il processo attraverso il quale l'alta borghesia, non solo con il denaro, ma con la cultura e l'arte giunge al potere politico. Qui comincia a svilupparsi la libera concorrenza, qui nascono le prime organizzazioni bancarie d'Europa, ma anche i primi mecenati dell'arte, ed alcuni diventano esperti mercanti d'arte, per gli amatori, per i collezionisti; quindi  non c'è solo la rinascita dell'economia, qui la borghesia urbana si emancipa per prima, anche perché il feudalesimo e la cavalleria si era sviluppata meno che al nord. Quando il potere passa ai Medici, Firenze va fiera della sua ricchezza e della sua potenza, ed il suo ceto dominante e quello dei patrizi, ci teneva a far mostra del proprio potere.
Si emancipa anche l'arte e l'artista, che dalle committenze della Chiesa passa a quella nuova "autorita" che è il mecenate, le Corporazioni, il mercante d'arte, diventa anche lui "uomo libero" dentro le Corporazioni delle Arti Liberali. Ma non è più il solito artigiano, la libertà di espressione gli permette di fare sperimentazioni,  alcuni diventano artista per eccellenza e spesso fanno tutt'uno col tecnico e lo scienziato (vedi l'Alberti che è il primo a formulare l'idea che la matematica sia terreno comune dell'arte e della scienza; vedi il Brunelleschi, prospettiva, proporzioni abbinate alle regole matematiche; così Piero della Francesca). Gli stessi artisti diventano celebri, dei gran signori, oggetti di venerazione, "vanno di moda" dentro i palazzi del potere e dei patrizi. Svincolatosi dalla noiosa committenza (che era poi la Chiesa)  inizia ad essere libero di esprimersi fino alle grandi sommità del genio. Arriviamo fino al punto che il mecenate s'innalza nella misura in cui s'innalza l'artista al di sopra di sé. Il genio, la creatività, la grande libertà dell'artista sono idee che sorgono solo con la società rinascimentale. L'opera non ha più solo un valore oggettivo, ma ha valore anche come espressione della personalità dell'artista. E che personalità! I grandi geni prorompono uno dietro l'altro. Una vera esplosione! Ed ognuno con il suo stile inconfondibile, che fa nascere mille scuole.
Alcuni con un carattere così dominante da essere capaci di imporre a papi e principi la loro creativa originalità che spesso sconfina nell'arditezza.

Nascono così le figure del letterato, dell'artista, dello scienziato laico, tuttavia la maggior parte sempre legati economicamente alle corti dei mecenati, principi, papi e re.

Nonostante questa subordinazione i primi lottano contro quei concetti medievali della passività dell'uomo nei confronti del proprio destino (storico e individuale),  si oppongono alla consapevolezza della centralità dell'uomo nell'universo e concepiscono una nuova fede: quella dell'"Uomo", sostenendo che ha le capacità di trasformare il corso della storia e la facoltà di studiare la natura attraverso l'osservazione e la sperimentazione. Bandisce l'ideale ascetico, sostiene una misurata soddisfazione del piacere, apprezza i beni che la vita offre e non accetta più la rassegnazione, "che non porta da nessuna parte". Nella natura umana VIVERE non è rassegnarsi. La rassegnazione è il coraggio ridicolo di uno sciocco. Chi è disposto ad agire è disposto e sa anche soffrire senza provare umiliazione. Chi invece non agisce, non sa soffrire e alla fine non ha neppure stima di sé stesso. Ci sono stati più suicidi nello rassegnazione medievale che non nel millantato, peccaminoso, frustrato, depressivo, vizioso, immorale, edonistico consumismo dei nostri tempi.
Ma purtroppo questo non agire non dipendeva da lui, gli era imposto o era costretto ad essere inerte. Con quale mezzo? Che qualsiasi piacere, la gioia della danza, il rincorrere la bellezza del proprio corpo, o aspirare a un pasto succulento, era peccato, un "arma sempre puntata".

Dunque, sulla riflessione storico-politica e scientifica, l'uomo del Rinascimento, vuole procedere nel campo del sapere in una forma autonoma, con l'uso critico della ragione, staccandosi da quell'unica autorità che ha monopolizzato per secoli  le conoscenze a suo piacimento (inaridendole e perfino distruggendole) e imponendone delle altre, che erano prive di ogni razionalità umana, oltre che essere del tutto assenti la gioia e la felicità terrena per chi sopravviveva alla disperazione dei "vuoti".
(ovviamente alcuni millantandosi "eletti" la gioia terrena se la procuravano e la difendevano col ferro, col fuoco o con gli editti repressivi - guai a toccarle le loro "gioie terrene".

Ritornano così a rifiorire le arti, la letteratura, il teatro, la musica, l'architettura, la pittura, la scultura, la filosofia, l'indagine scientifica. 
Le prime, rimaste sempre asservite, se non addirittura sepolte, tornano a prosperare dopo oltre mille anni di  decadenza, anche negli ambienti conservatori, mentre le ultime due, indagando sul mondo oggettivo, quindi in contrasto con le verità bibliche, languono oppure sono severamente represse e  finiscono davanti all'Inquisizione; gli autori in carcere, e le opere. e spesso anche insieme all'autore, sul rogo.

La più ardita sperimentazione fu quella della LINGUA. Cambia il processo di comunicazione.
Questo primo passo fu fatto ne 1414, quando a Firenze, la signoria e il consiglio, stabilirono che "tutte le scritture concernenti atti, contratti e ogni pubblica scrittura nelle istituzioni o negli affari siano stesi d'ora in avanti, non in latino ma in volgare "per essere capiti da tutti". 
Tutto il resto seguì a ruota.

La lingua volgare ormai parlata da tutti, da ricchi e poveri, è ormai assurta in una LINGUA LETTERARIA, che crea sinergie straordinarie.
La possente volontà espressiva di questa nuova civiltà si fa sentire anche nelle istituzioni con una molteplicità di pressioni presso i rappresentanti del potere politico e religioso, sempre stati così assenti al dinamismo della vita quotidiana, che in questo periodo è piuttosto animata e intraprendente.
Sono sollecitazioni che si affiancano e corrono in parallelo con i nuovi tempi, legati realisticamente alla vita pratica di una società molto vivace e sempre di più integrata nei vari settori della stessa, sempre più ramificati in province e Paesi vicini e lontani, tutti ormai interdipendenti nelle nuove strutture mercantili o nelle nuove espressioni culturali. Era quindi necessario innanzitutto la comprensione per interagire con i soggetti che operavano nelle varie attività da quelle più basse a quelle più alte; e pur non possedendo alcuni un briciolo di cultura accademica, nell'agire questi soggetti in "prima linea", dimostravano di averne molta di cultura in quella reale, fatta di esperienze quotidiane, che non era solo istintiva ma era il risultato di una grande quantità di esperienze e conoscenze; tali che permettevano anche a qualche illetterato di creare una banca, una grande impresa commerciale con nutriti scambi internazionali, o costruire una cupola come quella di S. Maria del Fiore. (che è arte, ma è anche altissima ingegneria, quindi scienza pura). 
Insomma, sta comparendo l'uomo che si é fatto orgogliosamente "da sè". Nel Novellino (un testo fiorentino dove é riportato il vissuto quotidiano) troviamo propria una di queste prime testimonianze "Messere, io sono mercante molto ricco, e questa ricchezza che ho, non l'ho di mio patrimonio, ma tutta guadagnata di mia sollecitudine nell'operar nel mio umile mestiere". Firenze, anno 1411.
(Questa "incarnazione in numerose figure" e questa frase deve essere sfuggita a qualche compilatore di enciclopedia o dizionario moderno, dove riporta che il "self-made man"  trae origine dagli Stati Uniti, è il pioniere che si è fatto strada con il solo aiuto del suo spirito intraprendente in un ambiente ostile,  il cui successo sociale e professionale non è dovuto a privilegi di nascita o di condizionamenti, ma alle sole capacità e forze personali". Indubbiamente non conosce la storia fiorentina

Più che alla repubblica cittadina che nasce per volontà di tutti i suoi figli, si pensa più solo allo Stato costruito come opera d'arte dall'ardimento, dall'astuzia, dalla tenacia, e perchè no? dalla spregiudicata venalità dell'uomo. Machiavelli deve ancora nascere (1469-1527), ma l'ambiente è già pronto alla sua "dottrina"; ci sono già quegli individui che sentono l'orgoglio delle proprie capacità e risorse intellettuali, di cui pretendono disporre senza alcuna limitazione.
Alcuni considerano Machiavelli il "maestro" del cinici potenti, ma ci sono altri che specularmente ci vedono un avvertimento per i deboli; "attenzione, loro, i Principi, sono capaci di fare questo e quest'altro! Quindi regolatevi!".

I Medici erano di umile estrazione sociale, ma erano diventati molto popolari tra i poveri anche se poi avevano fatto tanti soldi. Vi s'identificavano, era il nuovo "spirito del tempo": "si può nascere anche poveri, ma nessuno ti deve impedire di diventare ricco". Questa era la più importante eredità mentale che aveva lasciato Giovanni a Cosimo (che di fatto era a capo del partito popolare).  Non era una cosa da poco! Era una nuova filosofia di vita. La predestinazione crollava, quella era una tutta una fandonia. "L'emulazione", era questa che stava compiendo i veri "miracoli". Il riscatto per "risorgere", era semplice: bisognava muoversi, agire e ardire; meglio se le informazioni necessarie per le proprie attività erano ostinatamente cercate, inseguite, e applicate con coraggio e determinazione. I Medici erano diventati il simbolo di questa ferrea volontà. Ed è ovvio che nel vecchio patriziato e nella Chiesa avevano nemici. I Medici contemporaneamente erano dei "socialisti" e dei "liberisti". E se la prima dottrina era pericolosa, spartachista, rivoluzionaria (come la capeggiata rivolta dei Ciompi), la seconda era (con la potenza del denaro dei Medici) destabilizzante (perfino il papa era indebitato con loro, la "provvidenza" a Roma non era sufficiente. E altrettanto a Parigi, Enrico IV per uscire dalla sua bancarotta nel 1600, ripudiò la Valois per sposare una "utile" Medici, figlia di una padre che aveva una banca piena di denaro.

Il 1414 non è una data epocale come essere arrivati sulla Luna, ma sul piano pratico questa data lo è, perchè il provvedimento ("farsi capire da tutti") permette non di entrare dentro in uno spazio vuoto (quello della rassegnazione) ma di camminare con i piedi per terra con il necessario realismo dentro quello spazio che era la vita quotidiana, ed interagire con essa.  Senso del concreto che prima  non era stato né promosso, né insegnato e tanto meno incentivato, ma semmai represso o penalizzato, o al massimo la squallida esistenza umana dei più era messa in perenne attesa di una provvidenza astratta proveniente da un mondo molto suggestivo ma irreale. Latitante quasi sempre questa provvidenza quando doveva scendere troppo in basso; i "benefici divini" si fermavano sempre nei piani nobili dei grandi palazzi aristocratici; e come amica la "provvidenza" si accompagnava sempre con l'opulenza, non era un'amante dell'indigenza, questa quando la incontrava scantonava subito. 

Il questo panorama, nel 1440, VALLA pubblica  De libero arbitrio, un altro attacco agli ecclesiastici e al potere papale discutendo sulla libertà umana. Ma scendono in campo i conservatori (patriziato e Chiesa vivono in simbiosi) e tutti si danno da fare per incriminarlo davanti agli inquisitori. Ottengono un grosso risultato. Il suo libro infatti non vedrà mai la luce! Apparirà per la prima volta solo nel 1882, dopo 400 anni!!
Il suo De professione religiosorum I, fa la stessa fine: pubblicato solo nel 1869.
VALLA in quest'ultima opera vi svolgeva il tema della liberta' umana: La frase più significativa e lapidaria e che diverrà uno slogan nella guerra d'Indipendenza italiana era "La religione deve essere una convinzione solo interiore e non può essere imposta". 

Nella LETTERATURA, pur con tante dispute tra classicisti e anticlassicisti, il volgare si afferma. Accolto con tante polemiche i primi modelli trecenteschi, la lingua prosegue con le più ardite sperimentazioni di LUIGI PULCI (1432-1484); MATTEO MARIA BOIARDO (1440-1494); LORENZO DE' MEDICI (1449-1492); IL POLIZIANO (1454-1494);
NICCOLO' MACHIAVELLI (1469-1527); PIETRO BEMBO (1470-1547); LUDOVICO ARIOSTO (1474-1533); BALDESAR CASTIGLIONE (1478-1529; PIETRO ARETINO (1492-1556); FRANCESCO GUICCIARDINI (1483-1540); TORQUATO TASSO (1544-1595); TOMMASO CAMPANELLA (1568-1639).
In Francia: FRANCOSI RABELAIS (1494-1553); JOACHIM DU BELLAY (1522-1560); PIERRE DE RONSARD (1524-1585); MICHEL DE MONTAIGNE (1533-1592).

Nella PITTURA, anche qui si afferma il principio dell'imitazione del naturale con i teorici come  il GIORGIO VASARI (1511-1574) e con gli artisti italiani: BEATO ANGELICO (1395-1455); PAOLO UCCELLO (1397-1475); MASACCIO (1401-1428); PIERO DELLA FRANCESCA (1415-1492); ANDREA MANTEGNA (1431-1506); GIOVANNI BELLINI (1432-1516); SANDRO BOTTICELLI (1445-1510);  LEONARDO DA VINCI (1452-1519); MICHELANGELO BUONARROTI (1475-1564); GIORGIONE (1477-1510); RAFFAELLO SANZIO (1483-1520); ANDREA DEL SARTO (1486-1530); ANTONIO CORREGGIO (1489-1534); TIZIANO VECELLIO (1490-1576);  TINTORETTO (1518-1594); Con i Fiamminghi: JAN VAN EYCK (1390-1441); VAN DER WEYDEN (1400-1464); HANS MEMLING (1435-1494); HUGO VAN DER GOES (1435-1482);
Con i Francesi:  JEAN FOUQUET (1425-1480); MAESTRO DI MOULINS (ca. 1450);
Con i Tedeschi: ALBRECHT DURER (1471-1528); LUCAS CRANACH IL VECCHIO (1472-1553); HANS HOLBEIN (1497-1543); Con gli Spagnoli: PEDRO BERRUGUETE (1450-1504). (quando mai vedrà il mondo una carrellata simile?)

Nella SCULTURA, con la riscoperta dell'arte classica, si ritorna al concetto del "bello", idealizzazione degli elementi e delle proporzioni presenti in natura; i più rappresentativi in Italia sono, LORENZO GHIBERTI (1378-1455); DONATELLO (1386-1466);
LUCA DELLA ROBBIA (1400-1482); BERNARDO ROSSELLINO (1409-1464); ANDREA VERROCHIO (1435-1488);  MICHELANGELO BUONARROTI (1475-1564);  BENVENUTO CELLINI (1500-1571); nella scuola Fiamminga: GIAMBOLOGNA (1529-1608); nella Spagnola: ALONSO BERRUGUETE (1486-1561); nella Francese: JEAN GUION (1510--1566); nella Tedesca: PETER VISCHER (1460-1529).

Nell'ARCHITETTURA, anche qui si riafferma  la classicità, prendendo come punto di riferimento il testo di Vitruvio De Architectura. Fra i grandi teorici italiani: LEON BATTISTA ALBERTI (1404-1472); SEBASTIANO SERIO (1475-1554); operano: FILIPPO BRUNELLESCHI (1377-1446); MICHELOZZO MICHELOZZI (1396-1472); FILARETE (1400-1469); LEON BATTISTA ALBERTI (1404-1472); LUCIANO LAURANA (1420-1479); BENEDETTO DA MAIANO (1442-1497); DONATO BRAMANTE (1444-1514); BIAGIO ROSSETTI (1447-1516); ANTONIO (1455-1534) E GIULIANO DA SANGALLO (1445-1516); MICHELANGELO BUONARROTI (1475-1564); VIGNOLA (1507-1573); ANDREA PALLADIO (1508-1580); In Francia:  PIERRE LESCOT (1515-1578); PHILIBERT DELL'ORME (1510-1570); In Spagna: JUAN DE HERRERA (1530-1597) e altri. Più che artisti sono scienziati; creano teorie, metodi, tesi e ipotesi di lavoro; Brunelleschi fa dei calcoli che sono ancora oggi stupefacenti, pur avendo un architetto di oggi i calcolatori e degli ottimi manuali di statica. 

Si ritorna anche al TEATRO, inizialmente recuperando la drammaturgia classica (eliminata del tutto nel medioevo, da Teodosio in poi). Si riscoprono le tragedie greche da Plauto a Terenzio, si rilegge Seneca, poi da questo teatro erudito, anche qui con tante sperimentazioni e tante polemiche, si sviluppa un teatro autonomo: la commedia dell'arte con gli autori:
NICCOLO' MACHIAVELLI (1469-1527); RUZANTE (1496-1542); GIAN GIORGIO TRISSINO (1478-1550); TORQUATO TASSO (1544-1595); BATTISTA GUARINI (1538-1612).

MELODRAMMA: Durante il periodo della Magnificenza dei Medici, che inizia con l’avvento al trono di Cosimo I nel 1537 e prosegue poi con il regno dei figli Francesco I e Ferdinando I, entrambi appassionati d’arte, ma soprattutto durante il regno di quest’ultimo, fioriscono iniziative artistiche e culturali, sia nell’ambito della corte che nei cenacoli delle varie case patrizie. In particolare si ha una svolta nel campo musicale, si istituiscono varie accademie, di cui una delle più vivaci e importanti fu la Camerata dei Bardi, che nel 1580 si riuniva nella casa del conte Giovanni Bardi di Vernio. Essa poi nel 1592, quando il fondatore si trasferì a Roma, divenne Camerata Fiorentina.
I più famosi esponenti di questa furono Vincenzo Galilei (1520 - 1591), padre del più famoso Galileo, e Ottavio Rinuccini (1564 - 1621). Durante queste riunioni si discutevano i problemi della musica del tempo e quale potesse essere stato l’aspetto musicale dell’antica tragedia greca, dalla quale vengono tratti esempi di canto monodico capace di esprimere i concetti dell’animo con la linea musicale e delle parole; si maturava il desiderio di spogliarsi di quelli che erano i "legacci" della musica polifonica contemporanea che nel groviglio contrappuntistico delle parti vocali non consentiva di riconoscere esattamente né il suono, né il senso delle parole, per giungere invece ad una forma di monofonia ovvero il cosiddetto "recitar cantando".
Nasce così il nuovo organismo del dramma per musica, per cui più tardi si userà il termine di melodramma o di opera in musica.
Il primo vero melodramma fu la Dafne del poeta Ottavio Rinuccini, musicata da Jacopo Peri, rappresentata nel 1594 in casa di Jacopo Corsi il quale era succeduto al Bardi nella veste di mecenate del gruppo. Tale opera ebbe varie esecuzioni e fu ripresa nel corso di quegli anni, con diverse interpretazioni e varianti, per cui la stesura definitiva si ebbe nel carnevale del 1598 ed infatti è proprio a questa data che si fa riferimento per la nascita del melodramma.
Abbiamo parlato di continue "nascite".... 

Ma quando a Campo dei Fiori a Roma salirà sul rogo il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno, non muore soltanto lui,  ma muore anche lo spirito del Rinascimento. 
Con il Barocco torna l'assolutismo, che vuole l'arte, la cultura, abbia un carattere unitario come lo Stato, che con i vari decreti devono sottostare a regole assolute, come la vita di ogni suddito dello stato.

Ma prima di terminare questo periodo, soffermiamoci su alcune manifestazioni artistiche e culturali del Rinascimento.


IL CLASSICISMO e il MANIERISMO

nel periodo umanistico-rinascimentale

Il termine "classico", e "classicismo", derivano dal latino "classicus", che indicava chi apparteneva alla prima classe di cittadini, i quali a Roma venivano divisi per censo; l’accezione originaria implica pertanto una distinzione per una superiorità sociale, morale e intellettuale. Il termine "classico" fu usato per la prima volta da un erudito latino del secondo secolo d.C., Aulo Gellio, con il significato di autore eccellente, "esemplare". "Classicus" equivaleva quindi a "di prima classe", "di prima qualità"; in senso traslato indicava quegli scrittori dell’età aurea augustea degni, per la loro importanza e per i risultati di alta elaborazione formale da essi raggiunti, di essere presi a modello. 

Ma le nozioni di classico e classicismo hanno una più ampia estensione. Con il primo termine si fa di solito riferimento all’intera cultura antica, greca e latina; con il secondo si intende il culto di questa cultura nei suoi più vari aspetti. Più specificatamente "classicismo" è ogni atteggiamento di fedeltà ai grandi classici antichi, cioè un fenomeno culturale, o momento storico, che trae origine dai modelli "classici", ossia per le sue caratterizzazioni emergenti, "esemplari", universalmente accettate come tali.

In linea di massima, il richiamo ai classici antichi, sviluppatosi soprattutto nel periodo umanistico-rinascimentale, si è arricchito di una ideologia della misura, dell’equilibrio, nella ricerca di chiarezza, nitidezza, razionalità espressiva. Ma le diversità delle situazioni presentatesi nel tempo sconsiglia generalizzazioni sommarie: quindi "classico", più che come indicazione di certe modalità formali riferite alla letteratura greco-latina (quanto è dotato di armonico e razionale equilibrio), va preso come indicazione di una continuità di culture e di gusto. In generale, quindi, con il termine classicismo ci riferiamo principalmente all’imitazione di modelli antichi (il principio dell’imitatio).

(IMITATIO Il concetto di imitazione, per cui si può far uso del termine latino "imitatio", si sviluppa nell’orizzonte del classicismo, in seguito all’individuazione di alcune opere considerate "classiche", sentite come modelli di lingua, di stile, di umanità: in questo senso, già presso i latini, imitatio significava in effetti imitazione dei grandi autori, ricerca di elaborazione di regole e di norme da seguire. Il concetto di imitazione è particolarmente importante per la cultura del periodo umanistico.)

Questi modelli vengono riproposti nel periodo umanista e in un certo senso l’imitatio si può rapportare al principio degli "auctores", tipicamente medievale. Questo termine comprendeva anche il concetto di insegnamento morale, di guida, mentre successivamente prevale l’aspetto più propriamente letterario-artistico, non disgiunto comunque dall’ammirazione per la natura e le concezioni degli antichi. Anche nel periodo di cui stiamo parlando dal culto e dall’amore per i testi classici deriva un diretto insegnamento per le cose umane e quindi la centralità e la preminenza dell’uomo nell’universo. L’Umanesimo... e quindi il classicismo...come si è detto, sono legati alla poetica dell’imitazione; per cui non solo è lecito, ma anche necessario, imitare i classici se questi hanno raggiunto la perfezione. Il concetto di imitatio viene inteso dagli autori del 400 in due diversi modi; alcuni puntano ad imitare più scrittori, basandosi sul principio della varietas altri si specializzano su di un unico autore, preso come modello di scrittura "perfetta". Gli Umanisti vedono la poesia come la più nobile delle discipline, che sintetizza il valore integrale dell’uomo stesso. In alcuni poeti umanisti, come il Poliziano, ritroviamo anche il gusto della grazia, cioè la normale inclinazione verso tutto quello che è equilibrato, misurato e bello, senza essere aggressivo.

Durante il Rinascimento  il classicismo è sempre alla base dell’arte in generale e della letteratura in particolare, in quanto presta obbedienza a precise norme letterarie, ma il contenuto del termine "classicismo" si estende a comprendere ormai scrittori non soltanto latini o greci. Infatti il Bembo affermando la superiorità del fiorentino, esalta i grandi scrittori del Trecento, Petrarca  per la poesia e Boccaccio per la prosa: la loro lingua deve servire come modello assoluto per cui nel Bembo si afferma l’ideale di un classicismo moderno.

Le due componenti fondamentali del classicismo rinascimentale sono l’universalismo e la codificazione, cioè il porre leggi all’arte. Quest’ultima ha leggi proprie e rigide e quindi il concetto dell’originalità per cui il poeta si deve esprimere liberamente non è pensabile; lo scrittore deve adeguare a quelle leggi tutto ciò che ha da dire . Gli schemi e i modelli classici saranno poi stravolti dal Manierismo e dal Barocco; il primo tende a scomporre e a separare i particolari, mentre il secondo tende a moltiplicarli e a riunirli in un vortice quasi senza confini. 

Il Manierismo esaspera i canoni del classicismo, facendoli propri con la volontà di sottolineare il loro carattere artificiale e con l’intenzione di cercare una originalità che porterà molti autori all’eccesso. Poeti come Ruzante  sono definiti anticlassicisti, poiché rifiutano i modelli del classicismo, ricollegandosi a tradizioni folcloristiche.
Il Barocco, a sua volta, cercherà di far "esplodere" queste forme e, come si dice da più parti, farà poesia con i detriti della classicità, ottenendo bensì un’arte povera di contenuti e tutta fondata sulla forma, ma aprendo la strada ad una concezione dell’arte più libera ed estrosa, frutto dell’ingegno del poeta, in potenza, se non in atto questo ingegno, già moderna.
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( BEMBO PIETRO: (1470 -1547) Nacque a Venezia. Fu un famoso letterato attivo presso le corti di Ferrara e Urbino, segretario di Leone X, cardinale e storiografo della Serenissima, teorico del gusto rinascimentale. Propose il classicismo come equilibrio razionale e come riferimento ai modelli e rispetto delle regole (De imitatione 1513). Diffuse il petrarchismo, futuro modello della lirica europea.)

( PETRARCA FRANCESCO (1304-1374) Nato ad Arezzo da ser Piero, detto Petracco. Trascorse l’infanzia ad Incisa mentre il padre partecipava ai tentativi dei Bianchi di rientrare in Firenze. Nel 1311 si trasferì a Pisa e l’anno seguente ad Avignone, nuova sede dal 1305 della corte pontificia. Qui Francesco studiò grammatica fino al 1320. Da quell’anno in avanti compirà molti viaggi, sempre finalizzati allo studio e alla ricerca. Petrarca scrisse molte opere sia in latino che in volgare. Indiscusso capolavoro è però il Canzoniere, una raccolta di liriche, dedicate in maggior parte all’amore per Laura. Fra le altre opere non bisogna dimenticare i Triumphi e il De viris illustribus.)

IL MANIERISMO

Con questo termine si può indicare l'atteggiamento di molti artisti (scrittori, pittori, scultori, ecc.) che, a partire dal 1530, esasperano i canoni del Classicismo, facendoli propri non con serena spontaneità ma con la volontà di sottolinearne il carattere artificiale: si cerca la novità e l'originalità muovendosi all'interno di modelli già determinati, ma arrivando all'eccesso e alla bizzarria.
Si possono distinguere due tipi di Manierismo: uno più esteriore, che si compiace della ripetizione infinita dei modelli classicisti, complicandoli in una direzione preziosa, espressione di ambienti cortigiani che immobilizzano la loro vita in forme astratte, estraniate dal resto della società; un altro più sofferto, che si muove entro i modelli classicisti come dentro una prigione, che sembra voler forzare ostinatamente forme e strutture, che vive l'artificio come contrasto e sofferenza, in un tortuoso sviluppo psicologico, sintomo della difficoltà di riconoscersi fino in fondo nella società in cui sono costretti a vivere.

Tuttavia nel trapasso dallo stile del Quattrocento a quello del Cinquecento non ci furono grandi fratture; ed anche l'evoluzione della società continuò imperterrita. 
C'è solo che ora (nel Barocco ancora più accentuato) le forme dell'arte dovranno essere esemplari e perfette come l'ordine politico del tempo vuole; la classe dominante cerca i simboli della calma e della stabilità, com'è del resto la sua vita.

Ma prima ancora che Giordano Bruno salga sul rogo (anno 1600), nell'Italia è già crollata l'egemonia economica, la Chiesa è stata scossa dalla riforma, la penisola è stata invasa da Francesi e Spagnoli, e dopo il Sacco di Roma, nessuno può fingere, e dire che in Italia ci sia un equilibrio e la stabilità.
Preti, principi, militari, cittadini, letterati,  poeti e artisti, tutti si sentono mancare il terreno sotto i piedi; in tutti c'è senso di incertezza. 
Si va verso l'inizio del 1600 con una grave crisi che investe la vita politica, quella economica e quella intellettuale.
Ma ha ripreso in mano la situazione la Chiesa.  Dopo la grande frattura, si cerca di salvare il salvabile, e puntando sul rinnovamento religioso, nelle condizioni in cui è l'Italia, cioè prostrata, non è proprio difficile operare in tal senso.

Ci sono due indicazioni precise: far tornare il disprezzo del proprio corpo, immergere la popolazione nell'esperienza del soprannaturale. Più che scuotere la realtà, la si cerca di fermare.
 In questo stallo fisico e intellettuale chi meglio dell'artista può compiere miracoli.
Le nuove forme non è che rinunciano del tutto al fascino della bellezza fisica ma i corpi che gli artisti ritraggono si sforzano sempre di esprimere più  spiritualismo che sensualità e bellezza.

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