1969

Qui lasciamo i fatti politici, ampiamente illustrati nel '68
(ma chi é interessato sul tema può continuare con la cronologia dell'anno '69 QUI >>>>

TORNIAMO ALLA MUSICA

Una rivelazione dI quest'anno è il LUCIO BATTISTI cantante. Già conosciuto il suo nome abbinato a Mogol che entrambi da tempo firmano canzoni che diventano grandi successi di Mina, Patty Pravo, Lauzi, Equipe 84, Dik Dik ecc ecc..
Battisti decise quest'anno di dare il proprio volto e la propria voce alle sue canzoni.

Se avesse fatto un provino discografico, presentandosi come uno sconosciuto, le case discografiche lo avrebbero cacciato via con quella sua voce stridula, rauca e persino sfiatata, ma lui era Battisti, e non si lascerà mai gestire dai discografici e dai produttori, lui si gestisce da solo e canta a suo modo, fresco e personale, divertendosi pure.

Prima di arrivare a Milano, abitava a Roma, dove vi giunse a 7 anni con la famiglia; veniva da Poggio Bustone, dove era nato il 5 marzo 1943, un piccolo paese di un migliaio di abitanti, di Rieti cioè nella provincia.
Ma paradossalmente poi fu proprio lui a sprovincializzare la canzone.
Dentro un condominio con altri suoi coetanei cominciò a strimpellare su una chitarra ciò che era nell'aria in quei tempi, la nascente musica rock.

Da vent'anni la musica e la canzone italiana era proprio provinciale, isolata dal resto del mondo, era melliflua, aveva altri accenti, testi spesso cretini, titoli paesani, gorgheggi a gogo.

I giovani non ci misero molto a capire che c'era un abisso fra i loro gusti e quelli dei loro genitori, e a contribuire a questo distacco oltre al ritmo pulsante della vita moderna, ci si mise Renzo Arbore e Gianni Boncompagni inventandosi la radio per i giovani, il Bandiera Gialla. Un contenitore di musica detonante, nuova, tutta da scoprire, ma appena scoperta subito esplodente. C'erano tutte le novità mondiali della musica e ovviamente tutta destinata a un pubblico giovanile.

C'era già stato - come abbiamo visto nel '64-65 - Crocetta che si era inventato il Piper (dove si esibivano non solo Patty Pravo ma nientemeno i Pink Floyd); c'era stato già il fenomeno del rock, del molleggiato Celentano che si era sbarazzato sul palco delle buone maniere e aveva violentato i testi melodici (basti ricordare Il ragazzo della via Gluck, che San Remo
fu bocciata nella selezione - essendo abituata ai gorgheggi di Taioli, a quelli di Villa ecc. - dissero che quella canzone era una "nenia", "monotona".
C'era stato poi il fenomeno della minuscola ma ribelle Rita Pavone che con la sua voce, i suoi urli, la sua grinta (basta ricordare "La partita di pallone" e "Datemi un martello" e proprio con questo spaccò tutto, fece relegare la melodia italiana negli ospizi, mentre lei urlando la portò negli stadi. Poi c'era già stata la musica dei cantautori intellettuali con le loro quiete malinconie (i Paoli, Tenco, Bindi, De André, Endrigo ecc.).

Ora invece c'era l'esplosione della musica beat, quella dei complessi pop, i faraonici concerti, i festival hippies, il culto rock. nell'oceanico festival dell'Isola di Wight, Bob Dylan cantava con rabbia, misticismo, dissoluzione, impotenza. E non di meno in America in quello altrettanto oceanico di Woodstock dove il riccone Jim Hendrix diventava con la sua chitarra un (angelo) selvaggio.

In quasi tutte le riunioni nel
le occupazioni di giorno e di notte, nelle fabbriche nelle università, c'era sempre qualcuno che si portava dietro una chitarra per alleviare le tante ore vuote.

E' stato scritto che fu l'avvento di tutta una umanità nuova e disperata che rifiutava il culto del lavoro, contestava la società liberal-capitalistica, la scuola, irrideva al puritanesimo, respingeva il denaro come unità di misura dei meriti di una persona, faceva crociate pacifiste (anti-Vietnam).
In apparenza fu "anche" così, fin quando ad alcuni di loro arrivarono contratti miliardari dalle radio, dalle Tv, dalle case discografiche.

Ma anche in Italia i giovani del '69 si sentono cittadini del mondo. E i giovani sono una nuova realtà in questi anni della musica italiana perché spadroneggiano nel gusto e negli interessi musicali d'oltreoceano e oltre Manica. Hanno da poco conosciuto i Beatles, i Rolling Stones, la musica negra, le nuove sonorità, i nuovi ritmi, e soprattutto i nuovi timbri vocali, che non hanno nulla piu' a che vedere con le tradizioni melodiche italiane. E perfino gli ambienti non sono piu' quelli tradizionali, ci sono (seguendo la moda dei festival pop) ora i grandi concerti ai Palasport.

La contestazione studentesca nel '68 aveva favorito questo nuovo clima. La folla variopinta e rumorosa -che si agitava fra proclami e  occupazioni- veniva tenuta insieme solo dalla musica nelle lunghe ore di noia, nella quale tutti diventavano con una semplice chitarra non solo imitatori di Bob Dylan (Profeta della cultura pop, nemmeno lui un genio della chitarra e per nulla straordinaria la sua voce afona e monocorde) ma diventarono consumatori di quella musica che aveva una componente importante, non c'erano i vecchi temi e gli antiquati canoni musicali, non c'era cioé l'ascolto attenzionale, ma un rito collettivo, dell'individualismo di gruppo.

E' un filo' moderno, in cui tutti raccontano la loro storia, e tutti vi si cimentano con i propri mezzi vocali, stonati, rauchi, diafoni, striduli e sfiatati. L'importante é il testo, spesso graffiante, si snocciolano parole variamente accentate senza problemi.

E se già le frasi con i temi improvvisati pongono dei limiti cantabili, il gorgheggio apparirebbe addirittura ridicolo in questo contesto "incazzato". Questa é una ribellione, dove si celebrano riti anticonformisti, una totale rottura con tutto il passato.
La contestazione infatti del resto si era spostata dal particolare (la scuola) al generale (le fabbriche) cioé sull'intera società.

Ma in questo 1969, finita la grande kermesse del '68, quasi tutti sono ritornati al privato, c'é il riflusso. (Chi per paura chi per opportunismo).
I movimenti giovanili pero' sono rimasti una realtà,  i singoli partecipanti hanno quei suoni nelle orecchie e le esperienze della "primavera abbagliante" del '68, per la quale si era vissuta nell'ansia una nuova vita, pur provando tante delusioni.
Quasi tutti (lo abbiamo visto nella parte storica) si sono ormai convinti in questo '69 che non si "puo'" abbattere il "sistema", e che il "sistema" regge, ha reagito, e salvo qualche scheggia, il sistema tiene a suo modo sotto controllo il Paese, ed é ritornato prepotente, anche se in modo demagogico, falso e ambiguo. (Forlani ha detto chiaro che "la polizia non puo' stare a guardare!" Ha lanciato il sasso e ha ritirato la mano).

Ai giovani manca ora il calderone rumoroso, che non sono piu' i cortei, le occupazioni, manca dove ritrovarsi, dove riconoscersi, "gli spazi dove possiamo esprimerci" dicono. E se l'industria gestita dai furbi "matusa" inizia subito a soddisfare questi "consumatori", e fa nascere il "mito dei giovani", sono gli stessi giovani a generarlo, loro stessi a creare il consumismo. Lo hanno cacciato dalla porta e l'hanno fatto subito rientrare dalla finestra.

I giovani hanno riempito le pagine dei giornali per mesi, si sono sentiti tutti protagonisti, sono stati oggetto di discussione in ogni ambiente, e se hanno creato dei problemi ai politici, non li hanno affatto creati agli attenti osservatori che studiano i loro comportamenti sotto il profilo musicale, culturale, sociologico, economico, pubblicitario, e ora sanno cosa vogliono i giovani e hanno capito come agire.

I giovani invece, pur spinti da una energia motrice di idee straordinarie e ammirevoli (idealistiche, contro la guerra, crociate ecologiche, socialiste, maoiste, leniniste, ecc ) non sanno chi sono. Pier Paolo Pasolini sostiene "i giovani, fascisti e antifascisti, sono tutti uguali", l'Italia ha una nuova nazione, ambigua, vitale, contemporanea.

E questo non sfugge all'industria, si ruffiana, riesce a manipolare e a strumentalizzare tutto, gonfia come un pallone il mito dei giovani e i miti dei giovani, e fa la sua grande scoperta "che i giovani vogliono sembrare tutti uguali" (paradossalmente proprio ora che potrebbero scegliere in piena libertà)  nel vestire, nel parlare, nel divertimento, nei gusti musicali; e alimentano questa "cultura di massa" che conferisce valore qualitativo alla quantità, mentre la "cultura d'élite" agisce sempre al contrario e non é adatta certo (con la sua ricerca di unicità, rarità) a creare una civiltà dei consumi.

Non avendo punti di riferimento precisi, perché il dissenso dei giovani é su tutto e su tutti, rifiutano il conformismo dei padri e tutti i loro modelli, ma paradossalmente creano il loro conformismo, molto piu' commerciale, creano ed eleggono loro il "modello", e nel momento che lo imitano, imitano se stessi. L'eskimo lo scelgono perché ce l'ha il compagno di lotte, e lo imitano.

E' un circolo vizioso che se a loro sfugge, non sfugge all'industria che crea  subito dei modelli da imporre e fra i tanti messi in cantiere ecco i miti (dove il mito é anche una gomma da masticare o un paio di jeans) da lanciare, e appena questi hanno un calo nelle vendite, subito nella catena di montaggio a far sorgere un altro mito da ravvivare il mercato.

Ogni mito diventa una Araba Fenice, ma che non muore ogni cinquecento anni e poi rinasce dalle sue ceneri, ma è a ciclo continuo, non si aspettano le ceneri, varato uno, se ne studia ed è subito pronto un altro e si attende solo l'attimo fatidico del varo, cioé al primo calo dei profitti del precedente.
Così nella musica, molti soggetti durano una stagione e scompaiono perché nonostante bravi (quanti hanno fatto questa fine!) non fanno cassetta, sono diventati d'élite, quindi si mettono a marcire, anche se qualcuno già noti, anche se hanno un contratto. Si salva qualche fenomeno e qualche ribelle, e Battisti è uno di quelli: ma fa tutto da solo, e non entra dentro nella "fabbrica" dei miti, la fabbrica degli "usa e getta".

La Beatles Limited in cinque anni fino al 1969, ha già realizzato incassi di diciannove miliardi di lire, notevoli per questi tempi, ma erano briciole perché provoco' un indotto di mille miliardi di lire nell'industria di ogni genere. I Beatles (o meglio il loro manager) fecero nascere la vera "cultura di massa", diventarono "il faro tracciante", la "rotta" da seguire, e tutti riuscirono a fare quattrini alle spalle del mondo sprovveduto dei giovani che si comportarono proprio come avevano deciso i matusa, quelli che proprio loro avevano contestato.
Acquistarono tutti lo stesso maglione, la stessa rivista, le stesse scarpe, gli stessi jeans, gli stessi libri, gli stessi dischi, e celebrarono tutto questo come una conquistata libertà nell'illusione che erano loro a "decidere" che cosa volevano indossare, quale gomma da masticare, cosa cantare e come divertirsi.

Battisti in questo panorama di indeterminatezza, di caos quantistico, ogni particella, ogni elettrone impazzito, rientra poi a far parte di una precisa legge dell'atomo e torna a formare la massa.

Battisti capisce al volo la situazione, e mescola con furberia gli elementi del rock col ritmo, tratta il vocale del blues negro (che all'origine era pure quello alla sera un riunirsi per alleviare la diurna vita da schiavi), e non fa gli errori dei precedenti cantautori intellettuali che esprimono malesseri, vita soffocata, angoscia. Lui ci mette l'allegria, il sorriso, la spontaneità.
Dal punto di vista stilistico, l'artista diventa anticipatore di generi e mode che sarebbero esplose di lì a poco.
Lui avrebbe sì tanta voglia di parlare ma lo fa con la sua musica e canta con la sua chitarra.

E capisce pure, che invece di essere inadatta la sua voce, è invece la componente essenziale delle sue canzoni, è la voce di ogni giovane "incazzato col mondo" di tutte le classe sociali. Esprime con semplicità sentimenti delicati, il suo pessimismo è cauto, fa gridi di gioia, si lancia in frasi cantabili e orecchiabili, poi se non incontra subito delle combinazioni, proprio con la sua spontaneità, recita, o fa un banale ho, hoo, hooo, aa, aaa.

Va fuori da tutte le regole delle vecchie articolazioni melodiche, e quindi non risulta ne' falso ne' affettato, è il ragazzo che vive a Milano a Roma o a Canicatti', che fa l'operaio alla Fiat, che studia fisica alla Sapienza o che fa il contadino nel Sud.

Tutti i giovani si riconosceranno in quella voce, che era poi la loro, ed esplose il successo!

Battisti aprirà gli occhi ad altri autori, si scriveranno infatti d'ora in avanti, "altre" canzoni, fa insomma scuola, e tutti i Baglioni, i Pappalardo, Vecchioni ecc ecc , seguiranno la sua scia.

Battisti dopo aver fatto un flop nel '68 nell'arroccata San Remo con "L'avventura", vince, non a caso in giro per l'Italia, il Cantagiro con Balla Linda e in quell'anno, ad Asiago, viene incoronato vincitore del Festivalbar, con la piu' gettonata canzone nei juke box "Acqua azzurra, acqua chiara", che piace non solo ai giovani, operai o studenti, poveri o ricchi, ma a tutti. E' il piu' grosso fenomeno della musica leggera italiana, e Lucio Battisti ha centrato in pieno!

In una infuocatissima puntata di “Speciale per voi”, con Renzo Arbore. Alcuni ragazzi del pubblico gli contestano l’assenza di un messaggio sociale o politico nelle sue canzoni e lui sbotta "ma che devo di’, io non dico niente, dite tutto voi!”.
Poi va comporre “Emozioni” che resterà uno dei capolavori della musica italiana.

Poi sempre fedele alle sue non conformistiche scelte, salito sul treno del successo piu' strepitoso, in una fermata, lascia i bagagli, scende dal treno, e non lo rivedremo piu'. Si eclissa perfino con la sua immagine, ridiventa (ma così cantando era partito) con coerenza un uomo comune, anche se rimane un uomo non comune. Una mosca bianca in mezzo a tanti moscerini alcune volte fastidiosi, patetici, spesso fabbricati in provetta con materiale genetico grezzo e che tale poi rimase.

Battisti era comparso anche in alcune manifestazioni canore della Televisione, nel '72 in una di queste (trasmissione televisiva Teatro 10) in un duetto con Mina, entrambi furono straripanti, per il sorriso, la "voce" e per la comicità; non si era mai visto qualcosa di simile, talmente indimenticabili che il giornalista Enrico Casarini scrisse " il duetto a «Teatro 10» e la fine del sogno italiano".
Cantarono in un modo poco convenzionale: “Insieme”, “Mi ritorni in mente”, “Il tempo di morire”, “E penso a te”, “Io e te da soli”, “Eppur mi son scordato di te” e “Emozioni”.
Il pubblico non finiva mai di ridere e di applaudire;
Battisti come per scusarsi di tanto calore disse che erano "i cinque amici matti che da Milano l’avevano accompagnato per sentirlo cantare con Mina".
(tutto da vedere su You Tube >>>>>>>

Sarà l’ultima esibizione di Lucio nella televisione italiana.
Si ritira in Brianza a Molteno.
Il 25 marzo 1973 nasce l'unico figlio di Lucio e la sua compagna Grazia Letizia. Nel '74 compie un giro in Sudamerica.
Nel '75 negli Stati Uniti, con una nuova compagna, Grazia Letizia Veronese. il 3 settembre 1976 la sposa con matrimonio civile. Lei contribuisce in alcuni album firmandosi con lo pseudonimo Velezia.

Battisti in seguito - fino al '98 - pubblicherà ancora vari album, di successo, ma anche con qualche critica, indifferenza, contestazione dei suoi vecchi fans e della stampa. Lui rifiuta di posare per fotografie a rilasciare interviste ("lasciatemi in pace voglio rimanere solo").
Ne rifiuta una per il settimanale Sogno, dove dichiara di "preferire l'olio di ricino alla televisione"; la stampa, in risposta, inasprisce i toni accusandolo di non farsi più intervistare solo per attirare l'attenzione e farsi pubblicità.
Lo si mette perfino in discussione: Oggi pubblica un dibattito tra musicisti e critici sul tema "Battisti è davvero un fenomeno?" in cui Riz Ortolani lo accusa di «scopiazzare»; Augusto Martelli dichiara che «Battisti è un dilettante spaventoso» e «un pallone gonfiato», mentre Aldo Buonocore dichiara che «la sua voce è una lagna, uno strazio».

Lui non se ne cura. E continua il suo isolamento. Va a cavallo. Va a passeggio.

Tra il 29 e il 30 agosto 1998 si diffonde la notizia del ricovero di Battisti in una clinica milanese. 11 giorni di ricovero, poi il 6 settembre le sue condizioni si aggravano e l'8 viene spostato nel reparto di terapia intensiva dell'Ospedale San Paolo di Milano
Lucio Battisti muore la mattina del 9 settembre 1998, all'età di 55 anni.

La vedova decide di adottare una politica fortemente protezionistica, blocca le manifestazioni in onore del marito. E perfino le pubblicazioni di album e video, non senza sollevare polemiche e dibattiti nelle file degli appassionati, tra chi considera ciò una giusta protezione, contro chi specula sull'arte del musicista e chi invece critica il continuo annullamento di iniziative in sua memoria. Soprattutto a Molteno dove c'è la cappella di Lucio. Già oggetto di venerazione.

A quel punto per il volere dei famigliari, la salma viene traslata dal cimitero per essere trasferita a quello di San Benedetto del Tronto (residenza della vedova). E qui nel 2013 viene cremata e le ceneri conservate dalla famiglia.

Non commentiano oltre né aggiungiamo altro. Sull'inizio e la fine della carriera di Battisti.
I particolari sono sull'esauriente sito di Wikipedia >>>>>>>>

 

Ritornando al San Remo di questo 1969....

Al Festival di quest'anno vince BOBBY SOLO in coppia con IVA ZANICCHI cantando Zingara, al 2° posto si piazza SERGIO ENDRIGO in coppia con MARY HOPKIN con Lontano dagli occhi, al 3° posto finisce MILVA in coppia con DON BACKY interpretando Un sorriso.
Si rivela e ha successo la cantante NADA, con Che freddo fa.

Ma il dissenso non manca nemmeno a San Remo.
In pieno clima di lotte sindacali e manifestazioni operaie con scioperi e occupazioni di fabbriche, DARIO FO e FRANCA RAME "per risvegliare la coscienza dei lavoratori", contestano il Festival di San Remo organizzando un controfestival con canti appropriati.

Il 15 agosto fra i giovani diventa molto popolare una canzone molto particolare cantata da GAINSBOURG e BIRKIN. E' al primo posto nella classifica delle vendite mondiali ma ostinatamente non viene presentata nella Hit parate alla radio italiana. E' ritenuta oscena. Interviene anche l'Osservatore Romano, e la magistratura fa il suo (!?) dovere, il disco viene sequestrato su tutto il territorio nazionale. La canzone é "Je t'aime, moi non plus". Trattava in modo esplicito l'erotismo nell'atto sessuale con sospiri e parole, con passaggi come "vado e vengo tra le tue reni".
In Rai non si poteva nemmeno nominare il titolo o la posizione nella classifica delle vendite. Ma nonostante questo i giovani si sintonizzavano sulle radio estere e se ne vendettero 5 milioni di copie.

NEL CORSO DELL'ANNO...

CI SONO I DUE PIU PAZZI FESTIVAL MUSICALE di musica pop .
500.000 (ma c'è chi dice anche un milione) si radunano gli angeli selvaggi nel raduno del 15 al 18 agosto a Woodstock in America, a consumare la loro passione; sciolti da qualsiasi vincolo ed inibizione si rotolano a terra nell'amore, anche loro si credettero simili a Cristo (come andava dicendo Lennon).
Due dei grandi di Woodstock, Jimi Hendrix e Janes Joplin, volendo il primo ripetersi al Festival di Fehmarn in Germania il 6 settembre 1970 muore nell'.....esaltazione, ma non della musica, ma della droga per.... "esaltarsi".
Altrettanto un mese dopo - il 4 ottobre - muore Janes Joplin causata da overdose di eroina.
Avevano 28 anni il primo 27 anni la seconda.

Il secondo subito dopo é quello dell'Isola di Wight sulla Manica il 31 Agosto. 200/300.000 hippies invadono l'isola che vedrà le esibizioni di BOB DYLAN l'idolo indiscusso del canto folk. E fra i presenti JOHN LENNON, RINGO STAR, JANE FONDA.

E' l'apoteosi dei festival hippies e del culto del rock. Due giorni di folle kermesse nel freddo, nel fango, nella beatitudine di un delirio di massa. Si disse che in quel giorno, dove 32 orchestre suonarono notte e giorno accompagnando i lamenti degli amanti che si rotolavano al suolo senza ritegno, si esprimeva la vuota intensità dell'epoca; annullamento e misticismo, dissoluzione e impotenza.
Avvento di una umanità nuova e disperata, dove la musica ossessiva dà..... l'impressione di formare una classe libera, una nazione degli dei.

 

ALCUI DISAGI, ESALTAZIONI DRAMMI,
LI TROVIAMO ANCHE NEI FILM DELL'ANNO

CINEMA - Appare sugli schermi Easy rider (Libertà e paura) "con un grande interprete Jack Nicholson.
"E' il film che conta piu' del suo reale valore" é stato scritto. E' un film storico! E' il film piu' importante dell'anno in America. Segna una tappa fondamentale nel cinema americano. Si é detto che dopo questo film Hollywood cambiò registro.
Infatti segna l'abbandono dei film dei cow boy, degli indiani massacrati, che hanno "divertito" due generazione, e segna la fine dei costosi colossal.
E' un film manifesto proprio dei tempi. Interpreta e mitizza tutta una generazione e si interessa per la prima volta dei problemi dei giovani e delle loro inquietudini. Nel film c'é di tutto e tutto sul "mondo dei giovani". Il disagio, la droga, la cocaina, la marijuana come paradisi artificiali, LSD come terrore del momento, la violenza, la ribellione, le grandi moto ( i chopper) ....

.... e infine (come poteva mancare!) c'é la musica di Bob Dylan, Jimi Hendrix, dei Byrds, Robbie Robertson. E "con un grande interprete Jack Nicholson".

LUCHINO VISCONTI invece presenta il film La caduta degli dei. Un affresco impressionante che ci racconta attraverso le vicende di una potente famiglia tedesca avida di potere, i giorni dell'ascesa del nazismo, l'incendio del Reichstag, la "notte dei lunghi coltelli", e alla fine, la disfatta, la decadenza di una borghesia industriale. Non molto fedele la storia, resa solo spettacolare e drammatica, perché molti fatti non andarono esattamente cosi'. I grandi magnati, i potenti industriali, la grande borghesia, non "morirono" con Hitler, e non entrarono affatto in disgrazia.

MARCO FERRERI presenta Dillinger é morto. L'ambiente é il quotidiano di un uomo nella sua alienazione moderna, che vive alcune assurdità della vita quasi con indifferenza; opera nel non senso, senza opporsi, anche quando ha le tentazioni piu' nichilistiche. Non gestisce piu' il reale, ma vive e convive e si costruisce le fughe dalla realtà con le cose piu' semplici e con quelle piu' impossibili, ma resta sempre ingabbiato, impotente a reagire al mondo moderno che lo seduce e nello stesso tempo l'opprime. Marco Ferreri come al solito raccoglie i "momenti" del suo tempo e i suoi film non sono solo racconti, ma testimonianze di una realtà, quella di questi fine anni Sessanta. Una rigorosa e allucinante analisi degli stimoli alla rivolta anarchica dell'uomo contemporaneo. Uscito in questo 1969 é un singolare ritratto del "ribelle" che abbiamo conosciuto negli eventi storici dell'anno.

PAOLO E VITTORIO TAVIANI presentano Sotto il segno dello scorpione. Girato imitando il migliore Godard (La cinese) , Taviani (spostando pero' l'azione in un epoca imprecisata) vorrebbe (anche lui) raccontarci metaforicamente il Sessantotto quando due gruppi con il reciproco delirante desiderio di come costruire una società utopica, si scontrano e si affrontano anche con la violenza, ognuno con una ideologia in forte contrapposizione. Girato in questo '69, gli eventi accadranno esattamente cosi', ma il film rimarrà blando perché la realtà del dopo '69 supererà la finzione.

PER FORTUNA CI SONO ANCHE ....

3 FILM LEGGERI, di costume ma divertenti. Al primo posto degli incassi della stagione 1968-69, spopola LUIGI ZAMPA con l'attore ALBERTO SORDI, che interpreta l'arrivista "leccapiedi e mascalzone" Medico della mutua.
Segue di PIETRO GERMI con il divertente film Serafino dove ADRIANO CELENTANO interpreta il personaggio di un pastore che si gode la vita e il libero amore (é in tema con l'anno del divorzio e la non punibilità del concubinato) rifiutando il matrimonio che dice essere "contro natura".
E' una delle sue migliori interpretazioni, anche se il film non é un grande capolavoro.
Infine MARIO MONICELLI presenta il film La ragazza con la pistola. . Una siciliana (dove si rivela per la prima volta la comicità di MONICA VITTI ) viene sedotta e parte per Londra per uccidere l'uomo che l'ha disonorata, ma nella grande città si sprovincializza. Sembra un inno alla emancipazione femminile ma é solo un quadretto della Commedia Italiana.

POI QUALCOSA
ANCHE SUI LIBRI CON I "NUOVI VANGELI"

LIBRI - Arriva in Italia ma non ancora in forma ufficiale la bibbia di MAO TSE-TUNG. "Viva il pensiero di Mao". Una raccolta di scritti dal 1950 al 1968.
Un libro che manda in visibilio i "maoisti" italiani della estrema sinistra.
Il pensiero di Mao (detto il "Libretto rosso" culto del "Pensiero di Mao") é una "battaglia" ideologica contro il revisionismo sovietico (critica verso l'ortodossia marxista) e dal 1966 era stato il simbolo della grande "battaglia" della Rivoluzione culturale cinese.
Nella prima scoppiano profondi dissidi con i russi, che culmineranno quest'anno con violenti scontri armati con le truppe sovietiche nel Sinkiang. La seconda segnava l'inizio di una grave crisi e di importanti mutamenti non culturali ma negli indirizzi politici ed economici che porteranno al disastro la Cina.

Mao ha gia destituito il capo dello Stato, con Lin Piao (che voleva fare la rivoluzione mondiale) che in seguito morì, ma la crisi proseguirà fino alla morte di Mao nel '75, con vari colpi di scena, fra cui l'arricchimento per ruberie della "banda dei quattro" fra cui sua moglie.
I "cinesi" italiani non sanno ancora nulla dei fallimenti di Mao, ma stravedono per le sue massime e per l'illuminato pensiero del "grande timoniere"

Ma per chi vuole approfondire
con le altre notizie dell'anno'69
riguardanti cronaca e questi fatti;

si va sulla Luna ;
si grida "potere operaio";
la strage di Piazza Fontana;
la buffonata del Controllo dei prezzi ;
Importiamo perfino la pasta;
inizia il decentramento;
nasce il "lavoratore imprenditore...";
a Rimini il pescatore albergatore;
nasce "la borghesia di Stato";
Bombe su otto treni;
Scioperi in tutta Italia;
La battaglie a Milano "in "Via larga";
Strage alla Banca dell'Agricoltura di Milano a "Piazza Fontana";

vada alle pagine dedicate >>>>>>

oppure continua ...

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