1922-1925 e 1925-1929
DAL PARLAMENTARISMO AL REGIME

PREMESSA: 

 1) 1922 - 1925 - questa prima fase può essere definita, da un punto di vista istituzionale, come pseudo-parlamentare: le istituzioni tipiche del periodo statutario continuano a sopravvivere ma perdevano sempre più le loro funzioni ed il loro ruolo di baluardo della democrazia (piuttosto vaga, anarcoide o apatica; deficienze che erano dentro tutti i partiti)
Vennero così gettate le basi per una repentina evoluzione del fascismo in "REGIME"; basti pensare alla legge “Acerbo”, la nuova legge elettorale che prevedeva l’acquisizione dei 2/3 dei seggi alla lista che avesse ottenuto il 25% dei voti validi, o fatto ancora più clamoroso, l’assassinio del deputato socialista Matteotti che in parlamento aveva osato denunciare le irregolarità della consultazione del 1924.

REGIME - Il Lessico Universale Italiano il sostantivo regime lo indica come un governo "monarchico, assoluto, dittatoriale" e "per estensione" anche  "democratico". Mentre lo Zingarelli "forma di governo, sistema politico" e spregiativamente per atonomasia, come "governo autoritario, dittatoriale".
Mentre nella Nuova Enciclopedia Italiana, di Boccardo, della Utet, scrive che regime "in genere significa sistema di condotta e di governo". Del resto già Toqueville lo indicava come un complesso di norme, relazioni e comportamenti che abbracciavano sia lo stato che la società civile.

Quello di Mussolini è quest'ultimo, aggiungendovi disciplina; con le buone o con le cattive. "Gli uomini devono essere guidati, da soli non sono capaci di andare da nessuna parte. Anche Napoleone mi ha deluso, si fidò troppo degli uomini!"
Mussolini lo interpretò nel senso medico, "mettere a regime", come dare una ripugnante medicina per guarire dentro la società mali molto seri; cioè purgare quegli italiani ribelli. Qualcuno lo prese proprio alla lettera quando iniziò a dare l'olio di ricino. Poi Farinacci la formalizzò questa "disciplina", quando iniziò a intitolare il suo giornale non più Cremona Nuova, ma Il Regime fascista, che divenne così una dottrina. Mentre STARACE - vedi > ) il "regime" lo trasformò nel "vangelo", con i suoi riti, le celebrazioni, i paramenti, il decalogo e i precetti (insegnò il famoso "saluto romano" e "instivalò gli italiani!" )

Una disciplina imposta anche da una "Milizia volontaria per la sicurezza nazionale" la cui istituzione (attenzione!) fu creata con un regio decreto (il n. 31) del 14 gennaio 1923. Un corpo armato regolare composto metà da squadristi di partito e metà statale. Durante la crisi Matteotti, le sue funzioni (di guardia armata) furono sanzionate con un giuramento di fedeltà al Re e non davanti a Mussolini.
Camillo Pellizzi giustamente scriverà "Non si è trattato di una milizia che giurava al Re, ma del Re che riceveva e accettava il giuramento" (A. Aquarone 1965).

E la MILIZIA fu una delle principali istituzioni del "regime". Nella memoria collettiva, la violenza illegale è rimasta impressa in modo vivo e aspro nella successiva opera di repressione assolutamente  legale, cioè esercitata da organi statali che si considerarono legittimi depositari del monopolio della forza coercitiva; con tutta una serie di misure nel quadro di un perfezionamento di uno stato di polizia, che non è ancora uno stato autoritario e tanto meno  totalitario, ma che ne costituisce il necessario ingrediente sia dell'uno che dell'altro. (Certamente fin dall'inizio decisamente uno stato autoritario, visto che questo iniziò quasi subito; basti ricordare che il 15 luglio del 1923, un altro regio decreto (il n. 3288) firmato sempre dal Re, prendeva provvedimenti contro la libertà di stampa.
Che il Re perfezionò con un altro decreto ancora più duro, il 31 dicembre 1925 (n. 2307), e nel 1926 (legge n. 108 del gennaio) contro i fuoriusciti (privazione della cittadinanza, confisca dei beni, ecc) infine l'istituzione del tribunale speciale per la difesa dello stato (25 novembre 1926, n.2008) prima ancora del codice Rocco del 1930. E sempre lui firmò nel '38 pure il decreto "della difesa della razza".

L'instaurarsi del governo Mussolini ricordiamo non costituì un colpo di Stato, poiché il Re non dichiarò lo stato d'assedio e fu sempre il Re ad affidare l'incarico di formare il governo. Con il suo appoggio (e le sue firme sui regi decreti -salvo dire che non sapeva cosa firmava, il giudizio negativo sarebbe allora peggiore) si forma un regime autoritario, anche se  non totalitario come, ad esempio, il nazismo, poiché permette la sopravvivenza di altre istituzioni ed organismi e soprattutto per venti anni la monarchia sabauda e una Chiesa di Stato (anzi l'ex anticlericale Mussolini a quest'ultima vi si appoggia)

2) 1925 - 1929 - E in questa seconda fase che il fascismo si trasformò definitivamente in un regime autoritario. Il punto di svolta fu rappresentato dal discorso che Mussolini tenne in parlamento il 3 gennaio 1925, nel corso del quale rivendicò la responsabilità morale e politica del delitto Matteotti ed il diritto-dovere di condurre il Paese con i metodi della repressione per eliminare le "teste calde", anche quelle dentro il suo partito. Nei giorni successivi (dopo il giuramento ricordato sopra) l’applicazione pratica di questi intendimenti non si fece attendere. I circoli politici reazionari al governo vennero chiusi, i giornali di opposizione imbavagliati, molti rappresentanti delle opposizioni incarcerati.

Nel dicembre del ‘25 fu anche approvata la legge che poneva formalmente fine al governo parlamentare, con la previsione, da un lato, della cessazione di ogni rapporto fiduciario e responsabilità politica del governo nei confronti delle Camere, e dall’altro, della completa subordinazione del Parlamento all’attività direttiva del Governo. 
E’ invece del gennaio del ‘26 la legge sul potere normativo del Governo, che consentiva all’Esecutivo una amplissima possibilità di avvalersi di strumenti come i decreti-legge, le leggi delegate o i regolamenti governativi. 
Vi fu poi una legge dell’aprile del ‘26 che riservò ai soli sindacati fascisti la competenza a stipulare contratti collettivi obbligatori per un’intera categoria di lavoratori. Questi ed altri provvedimenti testimoniano di come sia stata chiara e irrefrenabile l’evoluzione verso un sistema autoritario che poi avrebbe fatto scuola anche per altri Paesi come la Germania nazista, la Spagna franchista ed il Portogallo di Salazar.

 3) Dal 1930 inizia poi la fase di consolidamento del regime e soprattutto della sua personalizzazione nella figura del Duce. Mussolini spesso riservava a se stesso, oltre alla carica di capo del Governo e di Duce del Fascismo, anche alcuni Ministeri chiave, e il Re sempre pronto ad avallare qualsiasi sua decisione. Va infatti sfatata l’idea che il fascismo sia consistito in un regime dittatoriale che vessava una popolazione anelante la democrazia, la libertà e la difesa del Diritto.

La realtà è che la grande maggioranza del popolo italiano del ventennio era consenziente o, per lo meno, non contraria al tentativo di risolvere gli endemici problemi nazionali con la scorciatoia del totalitarismo.

RICAPITOLIAMO E ANTICIPIAMO dall'inizio alla fine questo percorso globale: La situazione politica ed economica dell’Italia nel primo dopoguerra era caratterizzata da una forte insoddisfazione diffusa e generalizzata; gli operai erano delusi dalle politiche dei sindacati e dei socialisti, gli imprenditori dai liberali ed i reduci della guerra da uno Stato che accusavano di averli dimenticati. Il principale beneficiario di tale situazione fu, fin dal 1919, il movimento fascista guidato da Benito Mussolini che si strutturerà in partito solo nel 1921. Dopo essere entrato in Parlamento grazie all’accordo coi liberali, nel 1922 Mussolini ordinò ai suoi seguaci di attuare la famosa “marcia su Roma”, a seguito della quale il Re Vittorio Emanuele III, attuando uno stravolgimento delle norme costituzionali vigenti, lo incaricò di formare il nuovo governo, che fu di coalizione con i popolari ed i liberali moderati, a cui si opposero le sinistre ed alcuni liberaldemocratici come Francesco Saverio Nitti e Giovanni Amendola. 

Nel 1924 alcuni  fascisti (che M. chiamò "teste calde") uccisero l’onorevole socialista Giacomo Matteotti che aveva denunciato i brogli commessi dagli uomini del Duce (così si faceva già chiamare Mussolini) nelle precedenti consultazioni elettorali. Ciò provocò la crisi del governo di coalizione ed il ritiro delle opposizioni dal Parlamento (Aventino); a quel punto Mussolini sciolse tutte le opposizioni ed attuò provvedimenti eccezionali che stroncarono ogni dissenso facendo delle vittime illustri tra le quali si ricordano A. Gramsci, don A. Minzoni, P. Gobetti e G. Amendola.
Era nato il regime.

In campo economico si ebbe una politica “corporativa” che pose fine alla libera concorrenza tra le parti sociali sottomettendo gli interessi dei più deboli a quelli dei più forti. Gli anni ’30 segnarono il consolidamento del regime e l’inizio dell’esperienza coloniale in Africa a cui seguì la costituzione dell’Impero.
Sempre in politica estera si assistette all’alleanza organica con la Germania (Asse Roma-Berlino, Patto d’Acciaio, ecc.) che furono alla base dell’entrata nel II conflitto mondiale nel 1940 da parte dell’Italia mussoliniana. I rovesci militari portarono alla destituzione del Duce da parte del Re nel 1943. Il nuovo Capo del Governo fu il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio che, firmato l’8 settembre 1943 l’armistizio con gli anglo-americani, dichiarò guerra alla Germania. Le truppe tedesche invasero il Nord Italia dove si formò una Repubblica fantoccio retta da Mussolini per conto dei suoi alleati nazisti che furono artefici di atti di inaudita violenza.
Mussolini ed il fascismo caddero definitivamente il 25 aprile 1945 quando, ad opera dei partigiani e degli alleati, l’intera penisola fu liberata e si giunse ad un regime democratico e repubblicano che aveva il difficile e poco invidiabile compito di far dimenticare il fascismo responsabile di tre guerre (Africa orientale, Spagna, Seconda Guerra Mondiale), di milioni di morti e della soppressione delle libertà per oltre un ventennio.

 

HOME PAGE STORIOLOGIA