MUSSOLINI
RITORNA SOCIALISTAIL 12 FEBBRAIO 1944 - Mussolini dalla Repubblica Sociale a Salò (ma sommariamente già anticipato al Convegno di Verona) espone il suo nuovo Progetto Economico per l'Italia dopo averlo approntato con ANGELO TARCHI.
Diffonde il programma del suo nuovo governo(Programma dei 18 punti)
12 GENNAIO - Viene proclamata la socializzazione delle aziende. Con questo ritorno di Mussolini “alle origini”, il regime tenta di assicurarsi l’appoggio delle masse operaie del Nord. E se già prima, in particolare i comunisti, lottavano contro il fascismo (lontano partito cugino socialista, e tale era Mussolini fino agli anni '20), ora non vogliono certo un concorrente sulla piazza, con le antiche idee socialisteggianti del Mussolini anni forlivesi.
Se Mussolini sperava di conciliarsi alcuni importanti elementi di sinistra, rimase deluso.
Il CLN sempre impegnato a denigrare e combattere il fascismo a ogni costo, svalutò moralmente la socializzazione, ed infine tagliò corto, disse che quello era un atto disperato di propaganda, che Mussolini ora, con l'acqua alla gola bussava a Mosca (dove in passato era stato molto considerato da Lenin, che prima di morire ebbe il tempo di rimproverare i socialisti italiani dicendo "l'unico rivoluzionario capace di fare una rivoluzione ve lo siete lasciato sfuggire").
Ma in questo duro atteggiamento, non sono da sottovalutare i legami che ormai, il CLN milanese e torinese, aveva con alcuni importanti capitalisti e industriali, con i "padroni". Questi non è che erano diventati improvvisamente marxisti, nè sensibili al proletariato, ma più semplicemente si preparavano un alibi per domani, e in molti casi perfino sovvenzionando il movimento; o concertando una linea per difendere il posto di lavoro degli operai ma nello stesso tempo salvare la propria fabbrica.
Inoltre, pare che non tutti i fascisti a Verona erano d'accordo sulla socializzazione, anche se c'era dentro il partito una corrente di estremisti di sinistra. Altri la volevano più a lungo discuterla. Gli scettici dissero che era inattuabile e solo demagogia. Mentre l'ala destra guidata da Farinacci, era tutta contraria.
Non si era ancora a ferri corti, ma c'era ancora una certa tolleranza, e lo dimostra il fatto che i moderati, con una certa libertà d'azione si riunirono in febbraio a Valdagno, per discutere l'atteggiamento conciliativo con alcuni membri del CLN.
Gli intransigenti (che andavano dicendo che gli uni e gli altri erano tutti sovversivi) li volevano arrestare, anzi uno (membro della direzione del partito d'azione) lo arrestarono pure e questo preso dal panico, piuttosto di finire in galera, snocciolò tutto l'apparato, una lunga serie di nomi di clandestini e capi partigiani, rivelando o inventandosi progetti sovversivi militari e politici, e fra questi nomi, fece quelli di Parri, Lombardi e tanti altri, che corsero un serio rischio.
Mussolini se aveva veramente intenzione di mettere le mani sui dirigenti clandestini, ne aveva la possibilità. Invece volle che non si procedesse contro nessuno e si preoccupò perfino che queste rivelazioni e i relativi verbali non cadessero in mano tedesca. I quali già erano irritati oltre che sorpresi del suo decreto. Perfino Hitler chiese spiegazioni telefoniche, temendo che la riforma avrebbe disturbato l'azione di guerra e la produzione bellica.
A rassicurarlo ci pensò il suo generale Leyers.
Si afferma da più parti, che volendo applicare il decreto, in quel punto dove si parla di commissioni di fabbrica di operai e imprenditori, la sinistra millantò di essere riuscita a convincere il proletariato a rifiutare il decreto e a non applicarlo.
La verità è che Leyers (che era sovrintendente alle industrie belliche in Italia) potè assicurare Hitler, affermando che il decreto non poteva essere applicato senza il suo consenso, avendo già inviato a tutte le imprese dichiarate "protette" (impegnate nella produzione bellica), una circolare avvertendo che "ogni trasformazione della compagine interna, tecnica e amministrativa doveva essere da lui autorizzata".
Il decreto insomma non si applicò nella grande industria bellica, perchè era impossibile applicarlo. Quindi fu ininfluente l'opera millantata dei comunisti presso la forza lavoro delle grandi industrie.--------------------------------------------------------------------------
DECRETO LEGISLATIVO DEL 12 FEBBRAIO 1944, N.375, SULLA SOCIALIZZAZIONE DELLE IMPRESE
(dalla G.U dItalia, 30 Giugno 1944, n. 151):
- DECRETO LEGISLATIVO DEL DUCE 12 Febbraio 1944 - XXII, n. 375.
- Socializzazione delle imprese
Titolo 1. DELLA SOCIALIZZAZIONE DELLA IMPRESA
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E' una programmazione economica del nuovo Stato con un ritorno agli slogan della socializzazione. Si parla di coogestione delle fabbriche, accesso agli utili, politica sociale. Si illustra infatti che la gestione delle imprese sia pubbliche che private verranno socializzate: nelle private i consigli di amministrazione saranno integrati da rappresentanti dei lavoratori in numero pari a quello dei rappresentanti degli azionisti. Mentre in quelle pubbliche tutti i dipendenti operai impiegati e tecnici avranno all'interno un consiglio di gestione.
I primi a non essere d'accordo sono i tedeschi (i comandi militari, che dominano non con delle istituzione, ma con l'arroganza e il terrore) che già si sentono padroni del Nord Italia e quindi con tale orientamento la socializzazione va contro i loro interessi. Poi ci sono gli industriali dove troviamo una parte che rimangono silenziosi per il fatto che già alcuni con opportunismo si sono appoggiati alla Resistenza (facendo patti ambigui), mentre un'altra parte dovendo fare lucrosi affari con i tedeschi rimangono pure questi silenziosi, facendo buon viso a cattiva sorte (!?).
Infine gli operai, sia fascisti che antifascisti (nel lavoro non esistono delle vere e proprie grandi lacerazioni - infatti i reduci al ritorno accuseranno gli uni e gli altri di essere solo degli imboscati) anche loro tacciono. Dopo aver sperimentato venti anni di politica antisindacale del regime, questo ritorno ai vecchi discorsi di Mussolini anni 1910-1914 non incantano, nè quelli della sinistra nè quelli della destra: tutti seguitano a lavorare e a campare facendo dov'era possibile gli agnostici.
Paradossalmente questi silenzi (di industriali e operai) si rivelano molto utili e fanno mettere in luce agli Alleati queste due attive resistenze al programma governativo del nuovo fascismo, e, convinti della bontà dei propositi gli anglo-americani non bombardano i grandi centri industriali, pur questi addetti alla produzione di materiale bellico per i tedeschi.
Sarà proprio questo gioco sottile di industriali e operai (a garantire in alcuni casi é la stessa Resistenza di matrice comunista) a permettere il salvataggio delle fabbriche del Nord. Spesso operando sul filo del rasoio della repressione tedesca, quando in concerto operai e industriali attueranno pretestuosi scioperi, serrate, strani sabotaggi, nonostante la presenza germanica e quindi esposti alla feroce rappresaglia. Infatti Hitler informato "ha mangiato la foglia" e ordina che in questi casi si colpisca duro; che un 20% degli scioperanti presi a caso venga punito e deportato in Germania.
Nel grande sciopero iniziato a Novembre dello scorso anno, proseguito per tutto il mese di dicembre, che dalla Fiat di Torino si estese poi negli altri impianti industriali del Piemonte, della Lombardia e della Liguria, nei vari manifesti dei promotori P.C.I, non compare mai una motivazione contro i tedeschi; ma anzi si scagliano contro i magnati delle industrie (Fiat, Breda, Pirelli, Caproni, Magnaghi ecc.) dandogli dei traditori, venduti ai tedeschi, sfruttatori, affamatori. Fanno rivendicazioni di carattere economico (aumento dei salari del 100%), chiedono il raddoppio delle razioni di generi alimentari, la sospensione dei licenziamenti, e che siano liberati i membri delle commissioni interne, arrestati con l'accusa di attività antinazista e antifascista.
Lo sciopero è quindi un pretesto (concordato con i "padroni" che si barcamenano) per puntualizzare che le agitazioni sono dovute per le rivendicazioni di carattere economico, e non contro i tedeschi. Così, nel fermare le macchine, gli stabilimenti, gli operai, si blocca la produzione di armi per i tedeschi.
Prova ne sia che, all'inizio del manifesto, dopo avere infierito contro i "padroni", lo stesso manifesto conclude "Trattate direttamente e solamente con i padroni".
PER
IL RITORNO ALLA TABELLA DI PROVENIENZA
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