RELIGIONE

"fu veritiero piu' di qualsiasi altro pensatore" (Nietzsche)

ZARATHUSTRA

Prima ancora del periodo buddista, una forza del tutto nuova e destinata ad esercitare un'efficacia grandissima, era entrata nella storia dell'Asia con le tribù ariane che occuparono l'altopiano dell'Iran.
Si afferma per la prima volta, e nel modo più notevole, la forza politica degli Indoeuropei.
L'altopiano dell'Iran tocca ad occidente il territorio dei popoli semitici. L'orografia dell'Iran orientale è strettamente connessa con quella dell'altopiano asiatico: a sud la valle del Kabul conduce all'India. Geologicamente, l'Iran si distacca del tutto dal tavoliere arabo-siro, la cui struttura ricorda il paesaggio africano.
Nell'Iran invece si ripete il tipo dei paesaggio dell'Asia centrale. Esso è caratterizzato da maestose montagne a pieghe; l'interno è occupato da steppe senza sbocco e povere d'acqua e da deserti, mentre tutt'intorno l'agricoltura e le altre forme di civiltà trovano terreno ideale nelle valli fertili e abbondanti d'acqua. Il margine occidentale dell'altopiano è formato dalle catene dello Zagros, per lo più di struttura calcarea, nude e frastagliate, alte fino a 4000 metri; dividono l'altopiano iranico dalla pianura del Tigri.
A nord-ovest l'Iran si confonde con la regione montagnosa dell'Armenia, dalla quale si stacca verso est il gruppo degli Elburz (la vetta 5671m.) , congiunto, mediante il Kopet-Dagh e le montagne del Gulistan, con l'Hindukush, l'aspro baluardo sul confine indiano.
Dinanzi al margine settentrionale dell'Iran si stende il vasto bassopiano, che qui appare come steppa e in parte come deserto.
L'altopiano dell'Iran, dovunque era accessibile alla civiltà, ha reso i suoi abitanti forti fisicamente ed intellettualmente. La storia degli Irani ce li mostra come un popolo robusto, che si è conquistata la propria civiltà grazie a un lavoro indipendente, che ha creato uno degli Stati più cospicui e che ha svolto le sue splendide doti spirituali in opere insigni, religiose, filosofiche, poetiche.
Prima di tutte le altre stirpi indoeuropee, gli Ari divennero popolo indipendente e fondarono una cultura nazionale. Prima della immigrazione Aria, l'altopiano dell'Iran era abitato da popoli non indoeuropei: Irani e Greci ricordano, anche in età meno antica, come tribù non arie gli Anariakai della Media settentrionale. Ancora oggi troviamo in questo luogo in gran parte montuoso e arido, i discendenti di tribù un po' indietro come civiltà: i Brahui del Belug'istan (Baluchistan).
Gli Irani stessi comprendono sotto il nome di Anariakai numerose tribù barbare, residenti nella Media settentrionale, fino al Mar Caspio. Gli Assiri ricordano i Nairi delle montagne armene; a occidente, sul confine della civiltà semito-babilonese, soggiornavano gli Elamiti (Hallatamtu) con Susa capitale, ed i Cossei.
La direzione in cui si mossero, emigrando, gli Irani e le tribù loro affini, può forse servirci a determinarne la patria. Uno di questi movimenti attraversa la Russia meridionale fino al Danubio. Popoli di carattere indubbiamente iranico si avanzano da oriente, prima gli Sciti, che nell'VIII secolo oltrepassano il Danubio, poi i Sarmati, spintisi fin nell'Ungheria. Sul Mar Caspio e, presso a poco, in Boemia risiedevano i Sigynni, che si davano l'appellativo di Medi e vestivano alla foggia dei Medi. Al nord del Caucaso troviamo nel I secolo a. C- gli Alani, gli Osseti attuali (Georgia ecc. - nelle pendici del Caucaso e nella piana di Terek).
Il secondo movimento, che portò tribù ariane nell'altopiano iranico, muove da occidente verso oriente. Si può bene ammettere una immigrazione dall'Europa attraverso i valichi del Caucaso; anche in più tarda età storica troviamo tribù non-arie nell'Armenia e nella Media settentrionale. Si può dimostrare che in età storica i Medi e i Persiani si spinsero nell'Iran, muovendo dall'altopiano verso occidente. Dovremo pertanto cercare la patria degli ancor nomadi Irani nella regione montuosa del nord-est dell'Iran e nelle steppe del bassopiano.
La più antica civiltà iranica é dominata dal contrasto, dipendente dalla natura del suolo, tra la popolazione agricola stabile e le tribù nomadi e predatrici del nord. I «nemici» dell'Avesta, che saccheggiano il pacifico contadino, sono tribù banditesche delle montagne, delle steppe, però appartenenti anch'esse al popolo iranico. La loro sede negava a queste tribù stabilità di soggiorno e quindi di civiltà, raggiunta invece dagli abitanti delle valli e delle oasi.
La steppa, patria delle tribù banditesche, é chiamata nell'Avesta «Turan», cui corrisponde «Tura» come nome di stirpe. I Turani non sono un popolo straniero, ma gli Irani nomadi, rimasti nel brigantaggio, nemici degli Irani stabili.
Il contrasto fra gli Irani inciviliti e quelli rimasti barbari forma il modello storico per la religione, dando aspetto peculiarmente iranico all'antico mito della lotta degli dèi luminosi con i demoni delle tenebre. Il contrasto della civiltà, creato in eterno dalla natura, non poté mai appianarsi.
L'idea di una lotta eterna, di cui il mondo sarà pieno fino alla fine, tra forze buone e malvagie, ne é il riflesso religioso. La lotta delle forze divine e il contrasto dei pacifici Irani con i briganteschi Turani si congiungono più volte nella leggenda.
Nelle valli dell'Iran e nelle oasi dell'altopiano risiedeva una popolazione di contadini, che accanto all'allevamento del bestiame praticava un'agricoltura primitiva. II cavallo era certo possesso esclusivo della nobiltà guerriera; tiene il posto più alto nel culto sacrificale. II bue nel confronto, che è datore di cibo, protetto dagli déi come compagno dell'uomo e aiuto al suo lavoro, tiene il posto più cospicuo nella civiltà e nella religione popolare.
Gli ideali pratici e morali del ceto agricolo ario trovarono la più alta espressione nella riforma di Zarathustra.
Questa riforma presuppone una civiltà e cultura già elevata, quale si manifesta innanzi tutto nelle concezioni religiose degli Irani. Tutta quanta la vita intellettuale, le idee e i sentimenti, dànno alla religione l'indirizzo e la materia. Le tribù iraniche rimaste nomadi venerano solo pochi dèi, corrispondenti ai bisogni di una vita primitiva. La stabilità di soggiorno aumenta le relazioni dell'uomo col mondo, che egli immagina posto sotto la protezione di forze divine.
Insieme ai compiti della vita si allarga il cerchio degli déi, la cui protezione e appoggio si cerca guadagnarsi mediante il culto. È ovvio che un popolo agricolo s'immagini gli déi nelle forme degli animali familiari all'uomo: da ciò ha origine la «santità» di vari animali, come il bue.
Essenziale per gli Ari é pero una concezione del divino, risalente già all'età indoeuropea: gli déi non sono forze localmente limitate, ma regnano dovunque. La concezione di un dio celeste, la cui efficacia non poteva avere limiti di luogo, ha preparato questo genere di universalismo.

Nella religione iranica troviamo innanzi tutto uno degli elementi di tutte le religioni primitive, la fede nella sopravvivenza dell'anima. Questa fede conduce a stabili usi sepolcrali, al culto dei morti ed alla concezione di un regno d'oltretomba, il cui sovrano è Yima.
Solo dai miti che li riguardano ci é dato riconoscere gli déi della religione popolare aria. L'antico dio celeste degli Indoeuropei è sparito; il dio solare (il Sûrya degli Indiani) certo ebbe culto presso tutte le stirpi arie. Figure del tutto diverse sorsero dall'esercizio dell'agricoltura; esse personificano gli ideali morali del ceto agricolo, ordine e giustizia, fedeltà e verità.
Il primo posto é occupato da Mithra e da Varuna; ambedue penetranti l'universo, ordinatori della natura e fondatori delle leggi umane. Con le loro figure s'intrecciano miti che si riallacciano ai vari fenomeni naturali, cosicché l'origine di questi déi non è facile a determinare.
Ad ogni modo i tratti essenziali sono di indole morale; essi personificano l'ordine che regge la natura e la vita. Entra così nella religione una idea nuova, l'idea di un ordinamento divino del mondo. Essa doveva trasformare l'essenza stessa degli déi e ridurli a rappresentare speculazioni astratte.
L'una cosa e l'altra avvenne nella riforma di Zarathustra.
L'unica fonte per la storia di Zarathustra è il libro sacro della sua religione, l'Avesta Nel suo insieme, esso appartiene ad un'età assai più tarda; la redazione è opera della chiesa di Stato, sotto i Sassanidi. Ma vi sono conservati elementi più antichi, innanzi tutto una serie di poesie, le cosiddette gâthâ, cioè «cauti», ammonimenti o prediche di Zarathustra, peculiarissime espressioni del pensiero religioso.
Vi aleggia uno spirito originale e indipendente; è il primo tentativo di innalzarsi a nuove idee, dal patrimonio spirituale di una civiltà semplice. L'espressione riesce faticosa e un po' pesante; manca lo slancio poetico e l'arte di una lirica religiosa in pieno sviluppo. Si ripetono spesso i medesimi pensieri fondamentali della dottrina, ma dappertutto si sente il robusto germogliare di una vita originale.
Altro è lo spirito di questi canti, altro delle formule sacerdotali dell'Avesta. Qui la lingua tuttora imperfetta, la lingua di una civiltà di semplici agricoltori, deve esprimere pensieri più alti. Un poeta che con parole così dure e poco pieghevoli riesce a parlare in modo così disadorno eppure così immediatamente efficace, potente e penetrante, è uno spirito che attinge alla sua propria vita.
Solo il creatore e il capo di una nuova fede parla in tal modo. E che Zarathustra fosse tale, è attestato dal modo con cui le gâthâ ritraggono la sua personalità. Egli vi appare come un uomo in carne e ossa, non già come un santo leggendario o un eroe mitico.
Di lui, come individuo, sappiamo pochissimo. Una tradizione veramente storica intorno alla sua vita ed attività, non esiste; ma la storicità della sua persona è fuor di dubbio. L'etimologia del suo nome (Zara-tushtra = "possessore di vecchi cammelli") è incerta; forse in origine si chiamava Zohravastra o Zortavastra.
Tutti i dati cronologici sono inservibili. Una tradizione solo apparente è nella notizia di fonti medio persiane, secondo le quali la sua comparsa dovrebbe porsi 280-300 anni prima della morte di Alessandro, cioè circa nel 650 a. C.
Lo stato di civiltà che appare nei discorsi di Zarathustra, é certamente di molto anteriore all'età degli Achemenidi. Si noti soprattutto che le iscrizioni di Sargou II (725) mostrano che la fede in Mazda era già ampiamente diffusa nella Media e che Dario I, nella sua grande iscrizione, si dichiara adoratore di Ahura-Mazda.
Possiamo pertanto porre l'attività di Zarathustra all'incirca nel 700 a.C.; aggiungendo però che insigni studiosi la fissano tra il 600 a.C.
o nel 714 a.C. (quest'ultima secondo una recente iscrizione assira).
Zarathustra non cominciò a predicare nella sua patria, ma nell'Iran orientale. Secondo la tradizione egli nacque nell'Iran occidentale, nella provincia di Atropatene. Nell'Iran occidentale confinante col territorio della civiltà babilonese, la cultura era più elevata che nell'orientale. Zarathustra voleva trapiantare in oriente lo stato di maggior civiltà dell'occidente, connesso con la stabilità di soggiorno e con l'agricoltura.
Circa il teatro della sua attività dobbiamo accontentarci di ipotesi. È certo che Zarathustra non era persiano e che non predicò nemmeno nella Persia propria: probabilmente non nel suo dialetto nativo, ma nella lingua della provincia dove iniziò la sua missione di profeta: lingua conservataci nel dialetto delle gâthâ. Dove fosse parlato, non sappiamo; però la tradizione sembra accennare al territorio del lago Kava, l'odierno lago Hamun.
La biografia storica di Zarathustra si può comprendere in pochi tratti isolati, ma affatto concreti. Egli stesso si dice discendente dalla famiglia degli Spitama, antica stirpe sacerdotale; Zarathustra é pure dipinto come un sacerdote che «custodisce il fuoco sacro e canta inni».
In un passo delle gâthâ dice persino di aspettarsi una congrua ricompensa per il compimento del sacrificio.
Nelle sue poesie si sente l'eco di una lunga e sterile lotta per la vittoria. La proclamazione della sua dottrina fu accolta ostilmente dal sacerdozio e nemmeno nel popolo essa guadagnò terreno. L'insuccesso lo scoraggiò.
Finalmente, dopo 12 anni, il re Vishtâspa e la regina Hutaosa divennero suoi seguaci e patroni - Questo re é un personaggio storico, per quanto non abbia probabilmente nulla a che fare coll'achemenide Vishtâspa (Istaspe), padre di Dario.
Nelle gâthâ Zarathustra non appare né come un teologo del pensiero sistematico né come una figura innalzata al disopra della misura umana; l'immagine del profeta è del tutto umana e chiara nelle sue lotte e nei suoi sforzi. Lo scorgiamo in un ambiente umano. Un principe nazionale lo protegge, ma non gli mancano nemici. Nelle gâthâ sono frequenti le allusioni ad un principe ostile alla sua dottrina e ad un sacerdote suo avversario. Si accenna pure a vari avvenimenti, del resto ignoti.
Appunto questi accenni più tardi incomprensibili e perciò non rintracciabili, mostrano che la persona del profeta ha base nella vita reale, il che é confermato dallo sfondo storico riconoscibile nelle gâthâ.
Zarathustra si rivolge a tribù dell'Iran orientale, viventi in condizioni pressoché primitive, tuttora nomadi, dedite all'allevamento del bestiame. Questo sfondo di civiltà è, per così dire, elaborato nella dottrina di Zarathustra.
Il contrasto fra l'agricoltore capace di più alta civiltà e ammaestramento morale, allevatore di animali domestici, in specie del bue, e il nomade brigantesco, figlio delle montagne selvagge, serve in certa maniera di modello alla grande antitesi, di cui il mondo é pieno, tra il male e il bene.
Questo contrasto etico costituisce il tratto fondamentale della religione persiana, designata perciò come «dualismo».
Però sul contrasto delle forze buone e malvagie si leva così dominatrice la potenza del vero dio Ahura-Mazda (Ormuzd), da poter considerare tale religione come essenzialmente monoteistica.
Anche le antiche divinità indipendenti sono scomparse. Accanto ad Ahural Mazda stanno i sei spiriti buoni, gli Ameshaspenta, personificazioni delle virtù e dei beni costituenti il regno del dio supremo.
Di contro ad Ahura-Mazda sta lo spirito maligno, Angra-Mainyu (Ahriman), signore di tutte le forze ostili. L'uomo é posto in mezzo a questo contrasto di bene e di male, con la missione di contribuire a realizzare nel mondo la signoria di Ahura-Mazda ed a combattere le potenze maligne. Egli adempie a tale missione con ogni lavoro apportatore di civiltà, con l'agricoltura e l'allevamento del bestiame, giacché le paludi e i deserti sono dovunque sede di spiriti maligni.
Chi lavora la terra, ne discaccia le forze malvagie. Il contrasto fra popolo agricolo e popolo nomade si riaffaccia in forma religiosa, secondo é confermato anche dalla morale predicata da Zarathustra. Egli raccomanda le virtù di una vita pacifica e laboriosa: verità, giustizia, mitezza, fedeltà, diligenza, compassione, ubbidienza, umiltà.
Il valore, distintivo del brigante nomade, manca nella serie delle virtù zarathustriane. Con la dottrina religiosa egli congiunse una riforma d'indole economica, cercando d'indurre le tribù nomadi a stabilirsi in sedi fisse e a coltivare la terra. Nelle gâthâ, l'agricoltore zelante è l'ideale dell'uomo pio. Nessuno che non abbia cura della coltivazione dei campi, può partecipare alla dottrina di Zarathustra.
Secondo il suo intimo carattere, questa dottrina deve aver radice in una civiltà superiore. Il suo pensiero religioso si è già di molto allontanato dal culto primitivo che scorge esseri divini nelle forze della natura. La sua fede é regolata dall'etica, tuttora però legata a considerazioni economiche e sociali.
Nella religione dell'Avesta traspirano ancora concezioni più antiche: gli antichi tratti essenziali degli dèi personificanti forze naturali, non sono del tutto cancellati. Nella credenza negli spiriti, nella magia, nelle usanze superstiziose permangono tracce di idee più antiche e primitive. La dottrina di Zarathustra non è una creazione del tutto nuova, ma piuttosto una riforma della religione popolare dell'Iran. Gli dèi dell'Avesta sono figure della credenza popolare; acquistano però un nuovo significato coll'essere messi in rapporto con le tendenze civili e morali della riforma stessa.
L'AVESTA
L'Avesta al centro ha la dottrina fondata da Zarathustra, che ha dato origine poi al PARSISMO; una riforma dell'antica religione iranica. 
Quando apparve Zarathustra  (Zoroastro in greco) circa (secondo la tradizione persiana) nel 600 a.C. o nel 714  a.C. (secondo una recente iscrizione assira)  si stava passando dalla vita nomadica a quella sedentaria allora prevalentemente agricola; il profeta ebbe una precisa concezione dei benefici che si legavano a questa nuova civiltà, dove occorrevano nuove regole, l'ordine, tracciare un immagine del bene e del male, e tutto ciò che poteva risvegliare e promuovere la vita.
Si afferma che non vi è altra religione che più del Parsismo abbia affermato il valore della cultura. E ha in proprio una escatologia che esercitò una grandissima influenza sull'ebraismo, sul cristianesimo e sull'islamismo.
Zarathustra apparve come un riformatore  che attacca la vecchia religione popolare, cercando di eliminare le escrescenze politeistiche, portandola al monoteismo; infatti per lui al centro di ogni cosa sta solo il "saggio Signore". La missione di Zarathustra è quella di preparare il regno del giusto pensare, del giusto agire e del giusto parlare. E si richiama a un giudizio da cui dipende la beatitudine o la dannazione, e l'uomo viene inserito nella lotta grandiosa e drammatica fra le potenze del bene e quelle del male.
Ma avremo ancora occasione di parlarne; visto che questa idea di ARDASHIR di promuovere la riscrittura del libro sacro, avrà grande influenza prima nel regno Sasanide  ad opera dei sacerdoti di Zarathustra, dando vita a uno stato politicamente unito (e quindi forte) alla monarchia (con l'avvento di re Shapur (o Sapore) e alla teocrazia Zoroastriana nell'anno 250 d.C.
Poi il modello politico, settanta anni dopo, folgorerà al momento opportuno anche Costantino, anche se quest'ultimo fino alla morte in fatto di religione spiritualistica e trascendentale non ebbe le idee molto chiare, pur atteggiandosi come un indiscutibile, assoluto e supremo teologo.
E' dunque importante sottolineare come questa religione in questi anni, diventa il nuovo cemento della coesione dei popoli orientali in Persia; e si può anche affermare che questa forma di coesione farà da modello anche in occidente quando quelle riunificazioni di carattere universale dell'impero romano porteranno a trovare nel cristianesimo -che aveva le stesse rivendicazioni- quell'unione politica e religiosa che porrà termine alle "persecuzioni" e inaugurerà il nuovo cammino della Storia dell'impero, con una politica che non ha più nulla a che vedere con il periodo augusteo (Qui in occidente questo avvenimento avverrà con Costantino, fra alcuni anni, nel 330)
Le fede comune dei popoli iranici-persiani, sul loro territorio prendeva sempre di più il sopravvento su quella ellenistica (da tempo in crisi). La organizzazione parsismo in una chiesa di Stato era una innovazione di un processo evolutivo che portava a rinforzare un potere monarchico con una dottrina che aveva formato per nove secoli la spiritualità dei popoli iranici. Quasi tutti  i re partici (Arsacidi) chi più chi meno  avevano alle volte solo permesso questa religione, altre volte l'avevano sostenuta, alcuni ne erano i seguaci,  anche se tenevano distante (così anche a Roma) religione e sacerdoti dal potere politico; come se temessero dai secondi una rivalità dei poteri temporali (avevano abbastanza anteveduto!)
Forse per vie di esperienze visionarie, sentendosi in rapporto col suo unico Dio (rifiuta infatti tutte le altre divinità) Zarathustra appare un riformatore che attacca con piena coscienza tutte quelle credenze popolari del suo tempo, cercando di eliminare tutte le religioni politeistiche pagane (dei piccoli villaggi, del pagos - indi pagani) per riportarle a un unico divino monoteismo; una unica fede cui dipende o la beatitudine o la dannazione, il Bene e il Male; il primo impersonato da Mainyu, l'altro da Mazda.
Bene e male significava sulla terra anche ordine e disordine, e in una civiltà che stava organizzandosi riunendo vari clan e tribù con i loro diversi dei, nello stanziarsi in un luogo, nell'organizzare una comunità occorreva ed era necessario un unico Dio, un unico punto di riferimento.
Ma dopo aver concepito questo unico Dio che dava beatitudine o dannazione a un popolo fatto per lo più di nomadi ignoranti, furbi e ladri, Zarathustra doveva prima di tutto insegnare a loro una legge morale fondamentale per far nascere la cooperazione necessaria; quindi insegnare il giusto pensare, il giusto parlare, il giusto agire. Cioè l'insegnamento dei sacerdoti doveva essere non solo il predicare la fuga dal mondo (infatti l'ascesi - tipica del cristianesimo - non entrò nella dottrina di Zarathustra) ma predicare una cultura etica terrena, poi viverla e operare con essa.
Non un'unica cultura imposta, quella soggettiva dei sacerdoti, ma doveva essere rappresentata da una somma di culture arcaiche dove si prendevano dalle varie tribù le tradizioni e le regole  più sagge, quelle che avevano dato i risultati migliori nella convivenza comune. Regole derivate da esperienze che ogni gruppo, ogni clan aveva escogitato e applicato nel suo interno in migliaia di anni e che dopo una indiscutibile analisi solo alcune e non altre risultavano essere le migliori, e accettate dalla maggioranza.
Zarathustra si scagliò contro i riti pagani e contro il sacrificio di animali che avevano la convinzione che anch'essi possedessero un'anima. E si scagliò soprattutto su quelle tribù o gruppi che fino allora erano vissuti di nomadismo rapace a spese di altre tribù magari deboli e indifese.
Rubare era possibile -anche se amorale- quando si era nomadi; ma non era ora più possibile conservare questo "costume"  vivendo in una comunità; nè bastava il timore di essere scoperti e puniti.  Ci voleva altro; una punizione ultraterrena che creasse un disagio interiore.
Fondò in una parola l'ETICA (in greco ethos); un termine che in origine designava proprio "una abitazione comune di uomini" e che poi passò a indicare il comportamento reciproco dei membri di un gruppo (in greco ethos significa costume). Infatti ai tempi di Aristotele - l'etica- si intese come dottrina morale nel suo aspetto "normativo individuale"  con una tendenza più ampia: il sociale (ecco perchè si usò il termine   costume). Ma non erano intuizioni sue, erano i concetti di Zarathustra, e chi legge entrambi noterà e scoprirà che Aristotele non era certo all'oscuro delle dottrine di cinquecento anni prima; Zarathustra non lo nomina mai, ma ne conosceva benissimo la dottrina.
Il mondo -dice la dottrina di Zarathustra- risulta diviso in due campi: Bene-Male, Mazda e Mainyu. L'intera storia dell'universo non è altro che la storia della lotta tra loro due; lotta tra i quali ogni uomo é chiamato a scegliere, ma che tuttavia non potrà che terminare solo con la totale sconfitta di Mainyu: il male".
Ma come eliminarlo? in due modi, uno terreno e uno nell'aldila'.
Grande importanza ebbero l'invenzione della recitazione delle PREGHIERE. Importanza ebbe l'invenzione della CONFESSIONE delle colpe che contemplavano delle penitenze, che prima erano espiazioni corporali (frustrate); poi il Parsismo preferì dare a quelle assurde pratiche, lavori civili per la comunità, come la costruzione di strade, ponti, dighe. Chi era colpevole di aver recato "un danno alla comunità"  doveva lavorare, non c'era scampo, "per la comunità".
(un grande esempio ci viene
più tardi proprio Shapur: con una trappola fece prigioniero l'intero esercito romano, ma non ne uccise nemmeno uno; li mise invece a costruire una delle più grandi dighe della Persia, che ancora oggi possiamo ancora ammirare)
C'era poi l'invenzione dei premi e delle pene nell'aldilà. Ed ecco che arriviamo al giudizio divino, che usa, appena passiamo nel mondo dei morti, la bilancia del bene e del male per giudicarci. Poi ecco l'invenzione del paradiso (in persiano significa, Giardino, Parco - ancora oggi). C'è poi uno stato intermedio in attesa di essere giudicati. (nel cristianesimo il Purgatorio). Ed infine troviamo l'inferno con il fuoco e le fiamme per l'espiazione. (abbiamo detto espiazione, non condanna eterna).
Tutta questa escatologia, lo si intuisce, influenzò non poco l'ebraismo, il cristianesimo e l'islamismo che verranno poi in seguito. Non dimentichiamo che le leggi che Mosè avrebbe dato al suo popolo, in realtà non sono sue (e anche nei libri di Mosè - c'è molta confusione)  ma sono le leggi introdotte dal Re di Giuda, Gioisa nel 621 a.C. nel suo Deuteronomio. Un'opera fondamentale sulla riforma religiosa a Gerusalemme, che alcuni interpretano come una reazione contro l'allora dominio Assiro in Israele (fin dal 722).
L'Assiria terminò la sua potenza nel 612 con il re dei Medi Ciassare, poi definitivamente  sottomessa da Ciro il Grande, proprio il Re Persiano  che poi liberò nel 539 gli Ebrei da Babilonia deportati nel 598 da Nabucodonosor.
E a Babilonia il Parsismo era già di casa già dal 722. L'influenza sulla religione mosaica ci fu eccome.
E a sua volta poi quella cristiana si impossessò di entrambe, modificando alcune cose. Ad esempio - oltre al resto - sulle punizioni divine sugli uomini "fuori legge" e sui "peccatori".
Ma con una differenza enorme nella pena inflitta ai malvagi: infatti nell'inferno di Zarathustra le sue fiamme toglievano le impurità e i cattivi venivano restituiti al mondo nel giorno della "resurrezione" (viene chiamata l'Apocastasi - restituzione di tutto), mentre ufficialmente la dottrina cristiana la respinge, e considera l'inferno senza ritorno cioè per la vita eterna. Cioè un Dio quello cristiano implacabile.
Per Nietzsche Zarathustra "fu veritiero piu' di qualsiasi altro pensatore" e gli dedico' il titolo della sua piu' famosa opera.
POLITICA E RELIGIONE
ARDASHIR e poi SHAPUR (Sapore) li abbiamo conosciuto gli scorsi anni come i due primi fondatori di quel nuovo impero persiano chiamato Sasanide che va prendendo sempre più corpo. Ma con una novita', una vera innovazione in campo politico: viene infatti fondato con una nuova concezione lo Stato, creando una forte alleanza con il "clero" di Zarathustra.
Shapur come capo di uno Stato redige anche un trattato morale, religioso, politico, che è poi il libro sacro del parsismo, L'Avesta (Il sapere). Ventuno libri di storie, saghe, preghiere, riti, fatti: come la creazione del mondo, e molti detti e proverbi antichissimi, fra cui alcuni di Zarathustra. Ma soprattutto è la summa della liturgia e delle litanie; prescritte e descritte nei minimi particolari. Moltissime di queste saranno poi mutuate dal cristianesimo, prima con i riti bizantini, poi da questi a quelli della Chiesa romana. E come legislatura politica e come osservanze religiose servì anche come modello perfino a Maometto. Anzi troviamo nel Corano molto più zoroastrismo che non nei testi del cristianesimo che con le varie dispute nei vari Concili, modificò moltissimi concetti e precetti, e dove poi ogni corrente - ve ne sono oggi 5, con 56 Chiese, 175 istituzioni - ritenne (ognuno con la sua convinzione all'interno delle proprie correnti) essere quei precetti i soli da osservare. Non di meno la stessa religione Maomettana con 3 correnti, 65 movimenti, e quella Ebrea con 3 correnti e 12 tribù politiche religiose.
Alcuni sostengono che lo stesso Gesu' Cristo, in quegli anni (di assenza, perchè di Lui non troviamo nessuna presenza in Palestina) sia stato in qualche santuario iranico e abbia preso conoscenza della dottrina di Zarathustra. Troppi sono i contenuti della sua religione che trovano moltissime affinità con quelle del parsismo.
Nella Persia di questi anni con Shapur  il mondo religioso sacerdotale è arrivato a questa scelta e a fare questa unione politica per una maggiora tranquillità sul territorio - sempre sconvolto da guerre e ribellioni oltre che esterne anche intestine.
Mentre quella monarchica ha a sua volta bisogno -per essere autorevole- di un sostegno anche spirituale trascendentale, non bastavano più solo le armi; un appoggio dei sacerdoti voleva dire aumentare i consensi e nello stesso tempo il prestigio (e anche l'infallibilità) di chi regnava.
(vedremo in seguito come anche Costantino dovette adeguarsi, scegliendo alle volte la religione ortodossa e altre volte quella ariana, sempre per un calcolo di consensi puramente politici. E, senza andare tanto indietro nel tempo, nel 1801 Napoleone (trattato Consalvi), mentre nel 1929 lo farà anche (meglio di tanti liberali del'Ottocento) l'anticlericale Mussolini concependo i Patti Lateranensi- Con tempismo calcolato. Infatti dopo 35 giorni dai patti,  alle elezioni, tutti i cattolici votarono il fascismo avallato dal Papa, e il giornale di Mussolini nell'anno 1929, riporta appunto essere stata questa "una grande vittoria politica e spirituale del regime". Ma non era null'altro che uno scambio di favori; quello che è avvenuto quest'anno in Persia.)
I grandi sacerdoti di Zoroastro - tramite quella accorta unione- iniziarono a possedere enormi estensioni di terra quasi tutta coltivabile, e quindi erano organizzati da una complessa struttura amministrativa che provvedeva allo sfruttamento del suolo esercitando una vera e propria autorità sulle popolazioni che erano ridotte a una sorta di schiavismo; anche se in sostanza questa condizione diventava (sostenevano) una specie di protezione spirituale dell'individuo.
Assieme a loro c'erano i grandi sacerdoti degli antichi santuari,  una mitica elite sacerdotale; ed a fianco i semitici Magusei, con il loro dialetto aramaico (prima impiegato nella diplomazia e negli affari e solo in un secondo tempo in quello letterario), o meglio conosciuti come i Magi. Quest'ultima era una antica tribù di Medi che inizialmente si chiamavano athravan "gli accenditore del fuoco", forse il piu' antico culto che si conosca essendo stata forse la prima forte sensazione a carattere sovrannaturale (il fuoco) che dovettero provare i primi uomini. 
Da questo sgomento (il fuoco inceneriva, ditruggeva) e ammirazione (il fuoco era luce e calore) ancora un passo e arriveremo a quello della sua personificazione sotto forma di demoni, spiriti e di divinità che in quasi tutte le religioni si andarono poi formando.  Fonte di vita, di luce e di calore, ma anche potente distruttore, che nell'idea iniziale di Zarathustra diventa  purificatore e rigeneratore. Attenzione a queste due parole! Non un inferno senza ritorno. Ma l'Apocastasi,  un ritorno del tutto.
Con questo lungo processo evolutivo dei popoli religiosi iranici durato secoli, con questa nuova concezione di Stato, re e sacerdoti vanno a realizzare quindi una unificazione politica- monarchica- religiosa che unisce le varie tribù, i vari regni, che daranno buoni contributi nel futuro impero sasanide, e li porterà sempre di piu' al distacco dall'occidente ancora permeato da molteplici riti pagani ellenici o romani, per altri 80 anni, fino all'arrivo di un imperatore, che adotterà poi la stessa politica persiana.
Infatti è interessante sapere che questo modello di Stato verrà in seguito mutuato da COSTANTINO nel 330, non solo come concezione, ma anche come rituali e normative liturgiche,  tipo l'"Agenda" parsista che successivamente diventerà patrimonio dei sacerdoti occidentali cristiani come  il Rituale Romanum. E molte altre cose.
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