BIOGRAFIA
(n. 1249 - m. 1323) - Conte -1285 - 1323

Figlio secondogenito di Tomaso II, Amedeo V fu da bambino, insieme con i fratelli, prigioniero degli
Astigiani. Suo zio Filippo I ebbe cura della sua educazione e lo fece partecipare alle lotte incessanti che la Casa di Savoia sosteneva contro i signori del Monferrato, del Delfinato e contro altri vicini. Divenuto Conte di Savoia nel 1268, Filippo I si formò la convinzione che Amedeo, dotato di virtù cavalleresche e d'ingegno non comune, sarebbe stato un principe capace di rendere sempre più potente ed illustre la Casa di Savoia, e, pensando alla successione, lo preferì al figlio di Tomaso III, che avrebbe dovuto ereditare il titolo di Conte di Savoia col nome di Filippo II. Nel testamento, lo designò quindi come suo successore, dopo avergli affidato cariche e imprese importanti e dopo avere ottenuto che i principali vassalli gli giurassero devozione e fedeltà.

Così avvenne che, nel 1285, morto Filippo I, riuscisse facile ad Amedeo V esser riconosciuto Conte di Savoia, a danno del nipote Filippo, ed in tal modo per la terza volta fu sconvolto l'ordine della successione nella Casa Sabauda.

Nel 1272, Amedeo aveva sposato Sibilla, figlia unica di Guido, signore di Baugé e della Bresse, ed era andato a stabilirsi in quest'ultima terra, di cui a sua volta era divenuto signore. - Il suo riconoscimento a successore di Filippo I fu confermato da un'assemblea di signori e di prelati, che si riunì in Giaveno nel 1285, e nella quale fu pure stabilito che suo fratello Lodovico (o Luigi) ricevesse il paese di Vaud quale feudo per sè e per i suoi discendenti, e che dalla signoria del Piemonte, data a Filippo previa rinuncia dei suoi diritti, rimanesse esclusa la città di Susa.

Assunto dunque il potere, Amedeo V volle subito provvedere a garantire la sovranità alla sua discendenza diretta e ad assicurare l'integrità dello Stato, vietando la divisione dei domini, istituendo leggi di primogenitura ed escludendo assolutamente le donne dalla successione.

Molte furono, poi, le imprese di guerra e parecchi gli abili trattati con cui questo principe riuscì ad aumentare considerevolmente i possessi della sua Casa.
Aiutato dai Conti di Ginevra, Amedeo sostenne lunghe lotte contro i Delfini di Vienne, che affermavano i diritti, veri o immaginari della Delfina Beatrice di Savoia, erede del Faucigny. Da quelle contese, egli uscì sempre vittorioso, e molti feudatari, dopo essergli stati avversi, riconobbero in lui la superiorità e la potenza della Casa di Savoia, abbandonando ogni pretesa d'indipendenza.

Amedeo V ebbe anche modo di esercitare un'influenza non indifferente negli affari d'Italia. Dopo essere accorso, nel 1290, in aiuto della repubblica d'Asti contro il marchese di Monferrato, e nel 1305 in aiuto di Manfredo, marchese di Saluzzo, che aspirava alla successione della estinta famiglia dei Monferrato, si recò nel 1310 a Chambéry, per accogliervi l'imperatore Arrigo VII, che poi accompagnò fino a Roma, guerreggiando incessantemente.

Morto in Toscana, nel 1313, l'imperatore Arrigo, Roberto d'Angiò, re di Napoli, dichiarandosi protettore dei Guelfi, portò la guerra in Lombardia, con l'intenzione di estendere a questa regione il proprio potere. In Piemonte si formò allora una lega contro quel re, nella quale entrò anche Amedeo V, che forse per questo rifiutò la signoria di Pisa, offertagli in quel tempo dai Pisani smessi.

Ma nel 1318 le esigenze della politica lo indussero a staccarsi dalla lega e ad allearsi con Matteo Visconti. Poco dopo, dato un assetto definitivo ai suoi possedimenti italiani, ai quali si erano aggiunti Ivrea e il Canavese, i cui abitanti gli si erano spontaneamente assoggettati perchè stanchi delle discordie locali, ritornò nelle sue terre avite di Savoia, di là dalle Alpi.

Tutti gli storici riconoscono che Amedeo V di Savoia fu un principe valoroso in guerra, intraprendente ed abile nella politica, saggio e liberale nel governo, giusto e moderato nell'esercizio della sovranità. Egli fu anche molto amante delle arti, che favorì e protesse; gli affreschi e le sculture di rinomati artisti nel castello di Chambéry e in Altacomba, eseguiti indubbiamente ai suoi tempi, ne furono visibili prove.

Viaggiò molto, s'interessò delle scienze, s'occupò perfino di far cercare miniere in Savoia e nelle valli di Susa, d'Aosta e di Lanzo, concepì e si sforzò di compiere, in materia di governo, cose superiori alle idee limitate e alle consuetudini dell'epoca sua. Perciò si può dire ch'egli abbia meritato, nel suo piccolo regno, l'appellativo di Grande che rimase aggiunto al suo nome.

Parecchi storici antichi e moderni narrano che Amedeo V, nel 1310 o nel 1315, andò con un esercito in aiuto di Rodi assediata dai Turchi, e che riuscì a liberare quell'isola. Il motto FERT, del collare dell'Annunziata istituito poi da Amedeo VI, sarebbe, secondo questi scrittori, una sigla commemorativa di tale gloriosa impresa, significando: Fortitudo ejus Rhodum tenuit. Ma molti dati positivi permisero ad altri storici, più diligenti, di affermare con certezza che tutto ciò è da considerare come assolutamente falso.

Certo fu molto stimato ed apprezzato per il suo senno, e parecchie volte venne scelto come mediatore o come arbitro nelle contese allora tanto frequenti fra i sovrani d'Europa, con non pochi dei quali era imparentato. Come guerriero, fu instancabile e prode, e basti dire che i combattimenti a cui prese parte furono ammirevoli e che si trovò a partecipare a trentadue assedi, secondo un'enumerazione fatta da un cronista suo contemporaneo.

Benchè vecchio e malaticcio, nel 1323 volle recarsi ad Avignone, dal Papa Giovanni XXII, secondo alcuni per ottenere l'intervento di lui in una delle molte contese della Casa di Savoia col Delfino, secondo altri per indurlo a bandire una crociata a favore dell'Imperatore d'Oriente suo genero, minacciato dai Turchi. In Avignone s'ammalò, ospite del cardinale Luca Fieschi, e lì morì il 16 ottobre di quell'anno stesso. La sua salma venne poi trasportata in Savoia e sepolta in Altacomba.

Amedeo V ebbe tre mogli. Morta Sibilla di Baugé, sposò Maria di Brabante, e, morta questa, passò a terze nozze con Alice di Vienne. - Dalla prima moglie ebbe tre figli, due dei quali (Edoardo ed Aimone) gli successero, e cinque figlie. Dalla seconda ebbe quattro figlie; dalla terza, sposata in età senile, non ebbe prole. Di questi dodici principi, vanno ricordati (oltre ai due sunnominati successori del padre) almeno i seguenti : Agnese, che sposò Guglielmo conte di Ginevra; Bona, moglie di Ugo di Borgogna; Caterina, moglie di Leopoldo, duca d'Austria; Giovanna, moglie di Andronico Paleologo, imperatore d'Oriente; Beatrice, moglie di Enrico d'Austria e regina di Boemia, ed Arturo, che morì in Terra Santa.