BIOGRAFIA
(n. 1402 - m. 1465) - Duca 1440 -1465

Lodovico figlio e successore di Amedeo VIII, fu principe di bell'aspetto, buono ed affabile, ma apatico, leggero ed incostante, largo nel promettere, impaziente nell'attendere. Non si circondò di guerrieri, di dottori, di baroni; preferì avere intorno a sè dei cantori, dei buffoni, degli istrioni. Non governò, si lasciò governare dalla moglie ambiziosa, la bellissima Anna di Cipro, dalla quale non si sapeva staccare mai un istante, e alla quale non osava opporsi in nessun modo. Inoltre era tanto amante degli svaghi « che avrebbe preferito perdere un castelllo piuttosto che un divertimento ».
Così si esprime press'a poco, certo esagerando, una cronaca del tempo; ma nelle esagerazioni del cronista non mancò certo un nocciolo di verità.

Risulta infatti che il debole Lodovico di Savoia, sposata nel 1433 Anna di Lusignano, figlia del re di Cipro, donna meravigliosamente bella, l' amò come una favorita piuttosto che come una moglie, cosicchè Anna, che era molto intelligente, astuta e volitiva, nonchè ambiziosissima e capricciosa, prese sopra di lui un dominio assoluto, divenne arbitra del governo, e compì in breve tempo un'opera deleteria che fu di molto danno alla Casa di Savoia.

Come se tutto ciò non bastasse a rendere difficile il governo di Lodovico, venne l'assunzione di Amedeo VIII al pontificato, per la quale mancarono all'indolente principe la guida e i consigli del padre, e le cose dello Stato precipitarono in un incredibile disordine, di cui approfittarono molti disonesti, mentre Anna di Lusignano spadroneggiava; contribuiva agli sperperi, non si curava di evitare che il discredito cadesse a poco a poco su di una dinastia già da tanto tempo rispettata e temuta. Ella si preoccupava soltanto di soddisfare i suoi capricci e di arricchire certi suoi favoriti, specialmente ciprioti.

A lungo andare, le parzialità, le in giustizie della duchessa divennero causa di grave fermento tra i baroni della Savoia, che ordirono una lega contro i cortigiani più fortunati o più abili. Frattanto, le ante cariche della Corte e dello Stato erano oggetto di accanite contese, le prevaricazioni si moltiplicavano, il disordine e gli scandali divenivano enormi. Guglielmo Bolomier de Poncin, autorevole jureconsulito, cancelliere di Savoia, osò accusare pubblicamente qualche favorito della duchessa Anna, ed ella promosse contro di lui un processo per calunnia e per concussione. Dopo lunghe e appassionate vicende, il disgraziato fu condannato a morte, e gettato con una pietra al collo nel lago di Ginevra, presso Chillon, alla presenza dei cortigiani che aveva giustamente accusati. Altri gentiluomini savoiardi, altri dignitari dello Stato, subirono poi la stessa sorte sempre per effetto delle inaudite ingiustizie e del grandissimo disordine di cui era colpevole Anna di Lusignano e che Lodovico non sapeva reprimere.

Per un complesso di circostanze che sarebbe lungo chiarire, durante il regno di questo principe si verificò una recrudescenza di quella reazione feudalesca che Aimone e i tre Amedei che gli erano successi, avevano frenata con grande energia. Lodovico non si oppose in alcun modo ai prepotenti che minavano l'autorità ducale. Mentre lasciava opprimere i deboli e commettere grandi ingiustizie contro coloro che cadevano in disgrazia, subiva insulti e danni non solo dai principi vicini, ma anche da feudatari e baroni a lui molto inferiori, senza sentire il bisogno di reagire o di difendersi. Sempre sprovvisto di denaro, quantunque vendesse con facilità feudi ed alte cariche, non rispettò neppure i beni della Chiesa, ed accettò compensi per fare ottenere benefizi ecclesiastici. Ed intanto, inutile dirlo, gl'interessi dello Stato erano trascurati, con incalcolabile danno del sovrano stesso e dei sudditi d'ogni classe.

Non può quindi meravigliare il fatto, a cui già abbiamo accennato nella monografia precedente, della splendida occasione perduta da Lodovico di aggiungere ai domini della propria casa il ducato di Milano, o almeno gran parte di esso, quando morì Filippo Maria Visconti. Il duca di Savoia, privo di capacità politica, in lotta con incessanti difficoltà finanziarie, male attorniato, mal consigliato e per nulla obbedito, non si mosse quando l' effimera repubblica milanese gli chiese aiuto contro lo Sforza e gli altri pretendenti. I suoi inetti consiglieri, dopo aver perso tempo prezioso in vane dispute, lo indussero a mandar milizie quando era già troppo tardi. Un cortigiano, certo Compey, favorito della duchessa, assolutamente incapace di comandare un'azione di guerra, fu mandato ad invadere la Lomellina, tentò di occupare Novara ma non vi riuscì, ed infine fu sconfitto e preso prigioniero dagli sforzeschi. Sorte uguale ebbe un altro cortigiano, Gaspare di Varax, che subì perdite ancor più gravi il 20 aprile 1449 in una sanguinosa battaglia presso Borgomanero.

Altre occasioni si lasciò sfuggire Lodovico di rialzare le fortune della sua Casa, altre ne perse per la sua politica infida e mutevole sempre, che lo fece lasciar da parte da tutti i possibili alleati. Eppure, egli avrebbe desiderato di soddisfare l'ambizione della moglie, con l'ingrandire lo Stato, e dopo la fallita impresa di Milano vagheggiò quella della conquista di Genova, alla quale rinunciò poi, non solo per mancanza di ferma volontà e di mezzi adeguati, ma anche perchè suo padre, allora papa, lo ammonì, pare, di guardarsi dal concepire progetti troppo arditi.

Tuttavia, durante il suo regno malaugurato, furono promulgate alcune buone leggi, e certe sagge riforme, piuttosto tentate che realizzate, attestano le buone intenzioni che talvolta egli ebbe, in mezzo all'irrimediabile disordine del suo governo.
La Casa di Savoia acquistò in quel tempo gli omaggi feudali dei marchesi Del Carretto e di Giovanni Grimaldi signore di Monaco, e ricevette la dedizione spontanea della città di Friburgo, la quale, impoverita e indebolita anche dalle interne fazioni, era allora rimasta libera dalla dura dominazione dei duca d'Austria, che l'aveva spogliata e abbandonata.

Lodovico diede in moglie una delle sue figlie, Carlotta, al delfino di Francia, che fu poi Luigi XI, assegnandole la favolosa dote di duecentomila scudi d'oro, ossia il doppio della maggior dote che si fosse mai data ad una principessa di Savoia. Ma quel matrimonio peggiorò le condizioni delle finanze della Casa, aggravò i nodi della dipendenza della Savoia verso la Francia, e quando scoppiò
la discordia tra il Delfino e suo padre (papa), procurò a Lodovico serissimi imbarazzi.

Altri guai toccarono a Lodovico per causa di parecchi altri dei suoi figli (che furono diciotto e ai quali accenneremo più avanti) ma certo i danni maggiori derivarono a lui e alla sua Casa dalla moglie Anna.
« Ella andava dicendo - scrive uno storico dei Savoia - che i grandi favori che andava prodigando ai suoi compatrioti erano mezzi coi quali tentava di conseguire il grande scopo di trasferire nel dominio di Casa Savoia il regno di Cipro. Si proponeva infatti di unire in matrimonio il suo secondogenito Lodovico di Savoia con la principessa Carlotta, unica figlia di Giovanni II re di Cipro, e di trasferire così quella corona alla dinastia Sabauda. Il re Giovanni, inconsapevole delle intenzioni di lei, univa invece la figlia sua con Giovanni di Portogallo; ma questo principe poco dopo moriva, e allora la duchessa non mise indugio a concludere il matrimonio fra la giovane vedova e il proprio figlio Lodovico.

Morì anche il re Giovanni, e Carlotta, secondo le leggi di Cipro, rimase legittima erede di quel trono (1458). Il principe Lodovico andò a Cipro, celebrò il matrimonio con la regina e fu incoronato re. Ma un arcivescovo, Giacomo, figlio naturale del defunto re Giovanni, accampando pretese di successione al trono paterno, si recò, dopo esser stato respinto dal paese, presso il soldamo d'Egitto, rinnegò la fede cristiana, ed ottenne un potente aiuto d'armi e di armati. Con queste forze, egli riuscì ad impossessarsi dell'isola cacciandone Carlotta e Lodovico, a cui rimase soltanto la fortezza di Cherines.

Questi avvenimenti aprirono un abisso nelle finanze di Savoia, perchè i quattro anni di resistenza di quella fortezza costarono enormi sacrifici di denaro oltre che di uomini, sì che lo stesso duca Lodovico diceva ai Ciprioti: « A voi passò tutto quanto aveva di grasso la Savoia! » Tanti sacrifici altro non produssero alla Casa Sabauda che il vano titolo del regno di Cipro.

I diciotto figli che Lodovico ebbe da Anna di Lusignano furono dieci maschi e otto femmine. Oltre a quelli a cui abbiamo già accennato, noi ne nomineremo qui alcuni: AMEDEO IX, primogenito, che vedremo successore del padre; Giacomo, conte di Romont, barone di Vaud e gran fautore del duca di Borgogna; Pietro, che morì a diciotto anni nel 1458, dopo esser stato successivamente nominato abate di Sant'Andrea di Vercelli, vescovo di Ginevra e arcivescovo di Tarantasia, cioè (nota il Cibrario) dopo aver goduto, senza entrare negli ordini sacri, quelle laute prebende mercè le quali le Case principesche assorbivano gran parte delle rendite della Chiesa; Bona, che sposò Galleazzo Maria Sforza; Filippo, conte di Bresse, Gian Lodovico, vescovo di Ginevra e Francesco, arcivescovo d'Auch, che insieme con Giacomo turbarono i regni di Amedeo IX e dei suoi successori, suscitando guerre civili.

Lodovico morì a Lione il 29 gennaio 1465, mentre già malato si recava a Parigi per ottenere certi aiuti dal genero Luigi XI. La sua salma venne trasportata a Ginevra ed ivi sepolta secondo il desiderio da lui manifestato, nella cappella di Santa Maria di Betlemme.

Dopo avere accennato alle debolezze rovinose di questo duca di Savoia, accenneremo anche ad alcune sue benemerenze. Durante il suo regno, infatti, fu edificato il castello di Nizza; furono rinnovati i provvedimenti per impedire nel ducato d'Aosta le discordie di giurisdizione tra gli ecclesiastici e i laici; fu istituito un Consiglio che poi prese il nome di Senato di Torino, per giudicare le cause civili e criminali; furono costruiti a difesa di Torino i primi bastioni tra Porta Po e Porta Palazzo; fu scavato un canale per l'irrigazione delle campagne tra Ivrea e Vercelli. Lodovico compì anche i consueti atti di principe religioso, fondando un convento di Carmelitani a Romully, facendo costruire in Torino la chiesa di San Tomaso; ed al suo tempo risale anche l'origine del culto del Santo Sudario (o della Sacra Sindone) che si dice fosse stato donato da Margherita di Charny alla Casa di Savoia.

I suoi contemporanei lo chiamarono il Buon duca e il Generoso, poichè certo ebbe delle buone qualità; ma non si può negare che dal suo regno cominciarono per la Casa di Savoia tristi tempi di decadenza, derivati in parte dal suo mal governo, i quali ebbero fine soltanto dopo la metà del secolo successivo.