LEGGENDE DI "PALLONE" 

 L'appassionante avventura di uno sport
che da molti secoli si accompagna alle vicende dell'umanità

 Che piede... quel PIOLA "Silvio gol"


Il grande Silvio è scomparso all'età di 83 anni
il 4 ottobre 1996.

di Franco Spicciariello

Per i giovani Silvio Piola era solo uno foto sbiadita in bianco e nero o al massimo il racconto del nonno che davanti all'esaltazione dei calciatori di oggi esclamava: "Ma tu non hai visto Piola...".

Ma Silvio Piola era di più, molto di più. Nato nel 1913 Robbio Lomellina (Pavia) e vercellese d'adozione, di quella Vercelli del "quadrilatero" piemontese (Pro Vercelli, Torino, Alessandria, Casale) che nel calcio di allora spopolava, inizia la sua epopea calcistica in una Pro Vercelli in fase decadente dopo i sette scudetti vinti a cavallo degli anni '20.
 
La sua stella raggiunge il massimo fulgore nella grande Lazio degli anni '30 (alla quale fu convinto a passare nel 1934 dalle alte sfere del regime), quella dei presidenti Gualdi e Zenobi, di Levratto lo sfonda-reti e di Gipo Viani. A Roma diventa l'idolo delle folle biancoazzurre e l'incubo di Testaccio, l'allora campo della Roma giallorossa. Nei derby, unica consolazione, visto che gli scudetti erano appannaggio esclusivo degli squadroni del nord, Piola non manca mai: con la febbre, con la testa insanguinata, con la caviglia gonfia o con le costole incrinate, è sempre presente, sempre protagonista, come in tutta la sua carriera del resto. 

Campione di calcio ma anche di sportività: una volta Allemandi gli rifilò un calcio infame alla schiena ma lui non reagì, anzi, lo scusò immediatamente. 
La Lazio lo perse nel 1943, a causa della guerra (durante la quale fu dato per morto e furono addirittura celebrate messe in suffragio).
 
Tornato alla Lazio in quegli anni riuscì ad ottenere solo un secondo posto in campionato ed uno in Coppa Europa (una sorta di Coppa UEFA di allora), oltre a due titoli di capocannoniere nel 1937 e nel 1943. Niente scudetto quindi, e non riuscì a conquistarlo nemmeno con le squadre nelle quali militò in seguito: Torino, Juventus e Novara. Questo rimase il suo grande cruccio anche se raggiunse l'incredibile record di 395 gol su 565 partite ufficiali disputate nel corso della sua carriera in serie A e in B (30 partite con 16 gol). Il suo ultimo gol il 7 febbraio 1954 in Novara-Milan 1-1, a 40 anni. 

Eppure negli anni Trenta, il C.T. della nazionale, Vittorio Pozzo, non lo vedeva di buon occhio, in quanto pensava che Piola non possedesse una buona tecnica. Dovette ricredersi presto. Piola esordì in nazionale  il 24 Marzo 1935 al Prater di Vienna contro il wunderteam austriaco. Con un'incredibile doppietta stupì tutti e permise all'Italia di battere l'Austria per 4 a 2. 

Mitico goleador della Squadra Azzurra due volte campione del mondo negli anni trenta, Piola per il suo grande talento era chiamato: "Silvio gol".

Divenne uno dei protagonisti di una delle più splendide giornate del calcio italiano, il 19 giugno 1938, nella finale della coppa del mondo svoltasi allo stadio Colombes di Parigi, che diede all'Italia la vittoria affrontando la formidabile Ungheria, che perse, 2-4. I due gol della rimonta della squadra azzurra furono al cardiopalma. Firmati da "Silvio gol"!
Paolo Monelli il giorno dopo compose una delle sue più belle pagine di sport sul Corriere della Sera.

 Citiamo il passo cruciale quando per due volte Piola calciò in rete dando la vittoria all'Italia:

"Al Colombes c'erano 70.000 spettatori, quasi un terzo erano italiani; 20.000 italiani che tiravano il fiato tutti assieme, una risacca di attese.
Venuti in treno, c'erano operai del sobborgo alla stecconata dei posti in piedi, alle tribune l'incaricato di affari e il riccone venuti in automobile da Milano e da Roma, c'erano giornalisti che ne hanno viste tante, politici, professionisti e artisti, gente con preoccupazioni personali e mestieri solidi, gente che ha digerito filosofie, che dirige aziende con fermo polso, che sa il valore dello spirito e la relatività della storia, tutti noi avevamo qualche cosa alla gola, un'ansia, uno struggimento, una irritazione, stavamo male insomma, e ci sporgevamo sul minuto futuro con un senso di vertigine, come sopra un precipizio. Seguivano i balzi del pallone, i passaggi matematici, certe prillatine di piedi ballerini.
Col pareggio respirammo 

Poi... ecco Colaussi che scende di corsa e dà la palla a Ferrari, che con passo di danza se ne lava le mani (o dobbiamo dire se ne lava i piedi?) e offre a Piola. Piola dice -qui ci vuole una toccatina di Meazza- e gli dà la palla, ma Meazza non volendo restare in debito serve di nuovo Piola e lui insacca in rete. ...Era ora, a momenti ci veniva un accidenti.
Anche il quarto punto fu un bel viaggetto di andata e ritorno: Biavati tira in porta, colpisce il palo, ci resta male, Piola si impadronisce della palla ma ha gli ungheresi addosso e restituisce a Biavati  -cortesia per cortesia-  Biavati rende a Piola e Piola... catapulta in rete.
70.000 spettatori, quasi un terzo erano italiani; 20.000 italiani. Ma non sembrava più di essere all'estero, ma da noi a una finale di campionato.
Il tribuna c'era il presidente della Repubblica francese Lebrun; non capiva nulla di calcio, si era fatto spiegare qualcosa e per dovere di democrazia e di ospitalità ogni tanto quando c'era qualche applauso nelle tribune per qualche ottima azione, sorridendo benigno, batteva anche lui le mani.
Ma quando tutti italiani e francesi si misero a fare il tifo, ad applaudire ogni azione italiana, a gridare "fuori, fuori, fuori" quando un ungherese caricò Piola, o a incitare gli azzurri "cinque, cinque, cinque", il presidente (lo riferisce il Paris-soir della sera stessa) chiese a un vicino funzionario "ma in campo ci sono francesi?" L'interlocutore non si perse d'animo "Si signor Presidente, l'arbitro, il signor Capdeville".
Quando l'arbitro Capdeville fischiò la fine gli italiani ribollirono come il fango ardente alla solfatara di Pozzuoli. Fontane di cuscini rossi balzarono in aria...."
 
La carriera in nazionale di Piola si concluse poi nel 1952 (!), quando fu richiamato alla "verde età" di 39 anni dal suo ex-compagno Meazza per provare a battere l'Inghilterra (alla quale nel 1939 segnò un incredibile gol di mano). 
Con la maglietta della Nazionale Piola firmò 30 gol in 34 partite ed una Coppa Rimet vinta. 

Silvio Piola era anche un grande appassionato di caccia, passione mantenuta sin quasi alla fine. Questo hobby, che faceva impazzire di rabbia il presidente della Lazio Zenobi, rischiò persino di procurargli un guaio. Quando arrivò la sua prima convocazione era irrintracciabile, l'unico che sapesse dove trovarlo era il portiere della Lazio Blason. Questi andò subito a cercarlo. Arrivato sul posto Piola quasi gli sparò perché pensava che stesse interrompendo la sua battuta di caccia con uno stupido scherzo. 

Dopo la sua uscita dal mondo del calcio rifiutò quasi sempre di esporsi pubblicamente preferendo vivere una vita tranquilla nella sua Vercelli ed apparendo in pubblico solo in occasioni importanti, quali ad esempio la festa scudetto della Lazio nel 1974, e ciò ha senz'altro contribuito a creare un alone di mito intorno alla sua figura. Rimarrà per sempre impressa nella memoria di tutti gli appassionati di calcio l'immagine della sua rovesciata ("alla Piola") che rappresenta perfettamente la tecnica, la grinta, la voglia di vincere di Silvio Piola, esempio per le generazioni di calciatori passate, presenti e future.

Franco Spicciariello

Si ringrazia per l'articolo  
FRANCO GIANOLA, 
direttore di  STORIA IN NETWORK 

 

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