STATI UNITI

Franklin Delano Roosevelt.... 


UN MATTATORE IL
... treantaduesimo 
Presidente degli Stati Uniti, 
Capo dello Stato dal 1933 al 1945, 
creatore del "New Deal" 
e artefice della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale...

 

 ... nacque ad Hyde Park, New York, il 30 gennaio 1882 da un'antica famiglia con lontane origini olandesi. 

Da giovane, dopo l'università ad Harward, frequenta per tre anni la Columbia Law Scholl e nel 1907 viene ammesso ad esercitare l'avvocatura nello Stato di New York.  A soli 28 anni il giovane avvocato riuscì ad entrare nella vita politica, nei democratici. Nel 1910 è membro del Senato, nel 1913 sottosegretario alla Marina (già cinque suoi membri della sua famiglia avevano ricoperto tale carica).
In questa carica rimase durante tutta la Prima Guerra Mondiale, poi dal luglio al settembre del 1918 alle ispezioni delle forze navali americane in Europa e dal gennaio al febbraio del 1919 diresse la smobilitazione americana.

Nel 1920 si dimise dalla carica e nello stesso anno venne designato dai democratici come vice presidente degli Stati Uniti, ma subì una sconfitta. 

Nel 1921 - aveva 39 anni- si ammalò di paralisi infantile spinale per aver preso un bagno freddo. Rimase paralizzato alle gambe. Politicamente sembrò a tutti un uomo finito. Invece  Roosevelt superò la crisi e con più determinazione si buttò nella lotta politica.

Nel 1928 fu eletto governatore dello Stato di New York, combattendo per l'abolizione del proibizionismo.

Nel 1932 si candidò, per il partito democratico, alla presidenza e, l'8 novembre, vinse le elezioni. Roosevelt ottenne 22.821.857 voti ed i suffragi di 472 grandi elettori, il presidente uscente Hoover ebbe solo 15.016.43 voti e 59 grandi elettori. Il neo - Presidente ottenne la maggioranza in 42 Stati su 48. Il candidato socialista N. Thomas raccolse 824.781 voti ed il candidato comunista W. Zebulon Foster solo 102.000 voti. 

L'America in quel momento versava in una grave crisi economica e sociale che aveva provocato un collasso dell'apparato produttivo. (VEDI ANNO '29 - WALL STREET) Ma il presidente neo - eletto, che collaborava già da tempo con uno staff di esperti, che i giornalisti avevano definito "Brain - Trust", non scoprì le sue carte prima di essersi insediato stabilmente alla Casa Bianca. Prima rifiutò di concertarsi con Hoover, poi rischiò perfino di non ricoprire mai il mandato. Infatti, il 15 febbraio 1933 a Miami, nello Stato della Florida, un comunista italiano, Giuseppe Zangara, già residente da tempo negli Stati Uniti, sparò sette colpi di pistola su Roosevelt. Il presidente, che stava rientrando da una crociera alle isole Bahamas sullo yacht del suo amico V. Astor, uscì incolume dall'attentato, ma il sindaco di Chicago, Anton Cermak, che era seduto al suo fianco, fu ferito molto gravemente e morì il 6 marzo seguente. L'assassino fu subito arrestato, fu condannato alla sedia elettrica e venne giustiziato il 20 marzo dello stesso anno in una prigione dello Stato della Florida. Questo episodio fu considerato dagli americani di buon auspicio: diversamente da Lincoln, da Garfield e da McKiley, il presidente, come il suo lontano parente Theodore Roosevelt, era sfuggito alla morte in un attentato. 

Sabato 4 marzo 1933 Roosevelt, indicato dai giornalisti con le sole iniziali F D R, prestò solenne giuramento sulla Bibbia di famiglia; alla cerimonia dell'insediamento presidenziale a Washington erano presenti più di centomila persone nonostante il vento glaciale e la minaccia di un'imminente nevicata.

Quando  Roosevelt assume le sue funzioni il Paese è in condizioni che sfiorano il disastro. E non sarà facile modificarle, anche perché i democratici non hanno di certo l'appoggio del mondo degli affari, i conservatori  gli contestano gli elevati costi dei provvedimenti assistenziali da lui messi in programma; poi come regalo nel '35 gli bocceranno il N.I.R. Act , una specie di ristrutturazione dell'industria nazionale, che molti ritenevano autoritaria; quella che già Hitler aveva già inaugurato un mese dopo la salita al potere - vedi la biografia dI Hitler).

 La produzione agricola ed industriale americana era paralizzata da una crisi di sovrapproduzione e la disoccupazione cresceva in misura allarmante: più di 13 milioni di disoccupati, di cui 1 milione solo a New York, 350.000 ragazzi americani avevano abbandonato la scuola e 20.000 laureati erano alla vana ricerca di un lavoro.
Enormi profitti industriali erano concentrati nelle mani di una ristretta cerchia di persone, la gran massa dei consumatori aveva, invece, redditi modesti e quindi un potere d'acquisto che non poteva reggere il ritmo produttivo; la sfrenata speculazione finanziaria aveva distolto la Borsa dalla sua normale funzione equilibratrice, l'amministrazione repubblicana, seguendo fedelmente il principio del non intervento dello Stato nelle questioni economico - sociali, non aveva cercato alcun rimedio per la crisi, anche se poi contestò quello dei democratici.

Il 6 marzo 1933 Roosevelt convocò il Congresso in una sessione straordinaria e, facendo riferimento ad una legge del 1917, decise la chiusura di tutte le banche per quattro giorni, pose l'embargo sull'oro e sull'argento e sospese la convertibilità del dollaro. Queste decisioni non mancarono di stupire il mondo intero, ma buona parte degli americani approvarono la decisione del Congresso che aveva accordato al presidente pieni poteri. "F.D.R." ordinò l'emissione di 2 miliardi di dollari, sospese le transazioni sull'oro e proibì ai privati di possederne, con minacce di sanzioni molto gravi.

L'effetto psicologico fu notevole, convalidato ancor più dalla cosiddetta conversazione "accanto al caminetto" alla quale, tramite la radio, convocò tutti i cittadini americani la domenica del 12 marzo: per la prima volta un presidente degli Stati Uniti entrava personalmente nelle case di tutti, chiamandoli "Miei cari amici…" e continuò dicendo "…La civiltà è un albero vecchio: man mano che cresce aumentano i rami marci. I Radicali dicono abbattiamolo, i Conservatori dicono non tocchiamolo, noi Liberali cerchiamo il mezzo per salvare il tronco vecchio ed i rami giovani". 

Roosevelt  vara comunque, non senza difficoltà,  il New Deal;
a) controllo rigoroso dei cambi;
b) pianificazione autoritaria della produzione;
c) blocco dei salari; autarchia, protezionismo e isolazionismo;
d) sussidiarietà e previdenza sociale;
e) una sistematica politica deflazionistica. Insomma "Una soluzione alla tedesca 
- (scrive Claude Fohlen -  La Storia, L'Età Contemporanea, di  N.Tranfaglia e M.Firpo, ed. Garzanti, 4 vol.p.226) -  imitata in vari stati dell'Europa centrale, soluzione che si impose parallelamente  all'instaurazione del regime nazionalsocialista dopo l'ascesa al potere di Hitler nel gennaio del 1933".

Infatti lo stesso discorso aveva fatto Hitler al gotha della finanza e alla Reichsverband (associazione industriali tedeschi) quando addirittura in anticipo di qualche mese propose (e impose autoritariamente il  "Piano di spesa pubblica". Che sotto il profilo tecnico-economico era identico e quasi migliore di quello che due mesi dopo varò Roosevelt. Ma mentre il New Deal di Roosevelt era basato sul deficit di un bilancio o quanto meno su nuove forme di tassazione, ovviamente osteggiate dai Repubblicani e dai grandi trust; quello tedesco era invece basato tutto sugli  investimenti privati, o meglio dei grandi  trust  industriali, in altre parole della Reichsverband, e che Hitler chiamò poi Wirtschaftslenkung ("imprese private guidate") e ne ne facevano parte 29 organizzazioni industriali e 50 territoriali, con circa 500 cartelli (80% dell'intera produzione). Che non era certo la "creatura" di un caporale che aveva fatto la quinta elementare. Quando Hitler sale le scale del Reichstag, tutta la politica economica era stata già pianificata, con una struttura altamente organizzata, già razionalizzata; infatti avevano già adottato (le stesse cose che fece Roosevel): 

a) il controllo rigoroso dei cambi; b) il controllo del commercio estero; c) il rifiuto di svalutare la moneta; d) ogni transazione per l'uscita di valuta estera occorre una licenza; e) tutti i pagamenti esteri devono essere rimessi alla Reichsbank (che pochi mesi prima guidava il potente e abile Schacht passato come consulente di Hitler); f) che le importazioni devono essere effettuate solo da paesi disposti a ricevere marchi e non valuta convertibile.
Nel  Piano c'era una rosa di provvedimenti dove c'era materia tecnica da far impallidire i più grandi economisti del mondo, le migliori menti dell'alta finanza tedesca. C'era l'espressione di tutto un intero "potente" mondo economico che voleva egemonizzare economicamente l'intera Europa (e il "clima" era favorevole - tutti erano in crisi).

La si chiamò quella tedesca  pianificazione, mentre invece era una direzione (e che direzione! le migliori teste del mondo finanziario e industriale). Diversa anche da quella sovietica, questa "pianificazione" dell'economia dello Stato ammetteva l'impresa privata e le istituzioni economiche del capitalismo. Fu chiamata Wirtschaftslenkung (impresa privata guidata); "Una macchina economica secondo scopi politici".  In effetti quella dal '33 al '38 sfruttando la demagogia populistica di Hitler era  semmai l'incontrario Una macchina politica  secondo scopi economici (anche se il Deutsche Volkswirt nel 1937  scriveva ancora "lo stato è sotto tutti gli aspetti pratici socio di ogni impresa tedesca", in effetti era l'incontrario, ogni impresa tedesca (riunite nella Reichsverband (una specie di nostra Confindustria) era socia dello Stato, e lo era di maggioranza (questo fino al '38).
La Wirtschaftslenkung puntava al consumismo interno, a rubare i mercati mondiali all'Inghilterra (e c'era già quasi riuscita) e all'America, che con il New Deal  nel 1939 non aveva  ancora risolto nessuno dei suoi grossi problemi (a sentire i repubblicani anzi li aveva aggravati).

Poco tempo dopo il Congresso seguì alla fine le direttive del Presidente: ridusse del 15% gli stipendi e le pensioni, inviò 250.000 giovani disoccupati a lavorare al rimboschimento delle foreste per 30 dollari al mese. Anche Wall Street reagì positivamente alle direttive presidenziali: quando le banche riaprirono, i corsi risalirono del 15 % in una sola volta, chi possedeva oro lo cambiava con azioni e obbligazioni. L'Agriculture Adjustement Act (AAA) risolse la crisi di sovrapproduzione agricola, stabilendo premi ed indennità per gli agricoltori che avessero ridotto l'area coltivata (un sostegno che però procurava altra disoccupazione). Un’altra ratifica del Congresso definì la fine del "Proibizionismo": ormai si poteva fabbricare (e consumare) birra con il 3,2 % di alcol. 

Nel 1935 Roosevelt riprese la politica di difesa delle classi lavoratrici, con il Nacional Labor Relation Act, più conosciuto come "Legge Wagner" che stabiliva le libertà sindacali, e con il Fair Labor Standard Act (1938), diretto a proporre un termine alle ore di lavoro (40 settimanali) ed un limite per i salari. Istituì anche la Tennessee Valley Authority, volta allo sfruttamento idroelettrico di uno dei più grandi bacini degli Stati Uniti, che rendeva il Paese un formidabile concorrente dell’industria privata. 

Il 4 novembre 1936 F.D. Roosevelt fu rieletto presidente degli USA con una maggioranza del 60,8 % dei voti: raccolse 27.752.869 suffragi popolari ed i voti di 523 grandi elettori di Stato, mentre il repubblicano A. M. Landon otteneva solo 16.674.665 milioni di voti e 8 grandi elettori. L’alta finanza fu continuamente ostile al Presidente, incapace di comprendere che Roosevelt  stava cercando di razionalizzare il sistema capitalistico. Con il suo piano di riforme Roosevelt riuscì a realizzare un assestamento economico sociale, ma fu, invece, meno efficace l’opera risollevamento della produzione, come provano i dati, sempre molto elevati, della disoccupazione. 
La storia dice, e conferma, che il New Deal di Roosevelt salvò gli Stati Uniti da una catastrofe economica e sociale senza precedenti; tuttavia anche nel dopoguerra non sono poi mancate le critiche sulla bontà di questi interventi superficiali .
Migliore il Piano tedesco, perchè ottenne dei risultati strepitosi, subito! Con la Wirtschaftslenkung la produzione tedesca sale già a fine 1933 al 3,2%, nel 1935  al 5,5%, nel 1938 era al 18,1 %. L'occupazione: dei 6 milioni di disoccupati, nel 1936 ne aveva assorbiti 4,5 milioni, due anni più tardi era quasi del tutto scomparsa, meno di 500.000. (C.W Guillembaud The Econony Recovery of Germany 1933-1938, Cambridge 1939). Fatta scomparire non dallo Stato ma dai privati. 

A Roosevelt invece l'impresa non fu per nulla facile in tempi di pace. La "pianificazione autoritaria" (a lui tanto cara  - N.I.R. Act  - Ristrutturazione Industria Nazionale) non riuscì a farla passare in due intere presidenze perché molti la ritenevano autoritaria). Nel 1939 l'America stava ancora cercando una nuova strada,  che nessuno sapeva ancora indicare, né tanto meno quale direzione prendere. I dibattiti, i saggi, le opinioni, le feroci critiche  nei 6 anni del New Deal riempirono milioni di pagine (E le riempirono ancora dopo e tuttora).
Come quelle dell'ex presidente Hoover che scrisse nelle sue Memorie che considerava il New Deal come la negazione di tutta la tradizione americana:
"Se gli adepti del New Deal avessero continuato la nostra politica invece di sabotarla definitivamente e di sforzarsi di trasformare l'America in un sistema collettivista, ci saremmo completamente ripresi diciotto mesi dopo il 1932...Siamo rimasti in questa sesta fase della depressione fino allo scoppio della guerra nel 1941". (Memorie).

Così lo storico B. Bernstein, che è ancora più radicale nelle sue conclusioni: " Il New Deal non fu nè la "terza rivoluzione americana", come suggerisce Carl Degler, nè una rivoluzione a metà, come conclude William Leuchtenburg. Non solo fu limitata l'estensione della rappresentanza politica a nuovi gruppi, ma il New Deal trascurò pure numerosi americani, contadini, fittavoli, emigranti, braccianti, abitanti dei tuguri, operai non specializzati, neri senza impiego. Essi furono lasciati al di fuori del nuovo ordine."

Le idee di Keynes nel New Deal c'entrarono poco, queste fecero ufficialmente il loro ingresso solo in occasione della ulteriore recessione del 1937. Tra lui e il presidente nei quattro anni precedenti non c'erano stati molti rapporti di simpatia. Roosevelt  diceva che nelle idee di Keynes vi aveva trovato solo "un guazzabuglio di cifre", mentre il grande economista da parte sua era rimasto deluso nell'incontrare  "un presidente così incompetente nel campo dell'economia".
L"assistenzialismo" tuttavia fece anche miracoli, ma non sapremo mai quanto incise veramente nella ripresa dell'economia americana e quanto poteva ancora durare

Nel 1939, a dieci anni dal crollo di Wall Street, la crisi non era stata ancora superata, né da Roosevelt né da Keynes, nè da altri, né si vedevano valide alternative per superarla.
Un programma troppo atipico il risanamento economico di Roosevelt, rispetto alle teorie liberiste dell'epoca, che non poteva non incutere timori. Del resto l'impegno del governo con la sua burocratica macchina statale (assistenzialista) per la ripresa industriale era mal visto in quel settore che era stato sempre rigorosamente riservato all'iniziativa privata. E quest'ultima accusava il governo che il programma in realtà si risolveva in un immenso dispendio di denaro, in elargizioni e finanziamenti che portavano sempre di più lo Stato a un deficit quale l'America non aveva mai avuto in tutta la sua storia. Ovviamente i progressisti e anche i populisti ci vedevano la speranza  più concreta per uscire dalle spire della crisi.

La sua stessa rielezione del 1936 (nell'epoca dei grandi dittatori  che lui in un celebre discorso a Chicago mise in guardia il Paese) un celebre columnist scrisse che Roosevelt era "l'unico dittatore della storia della umanità eletto con un voto popolare". Le masse votavano per lui.

Per quanto riguarda la politica estera Roosevelt mantenne fino al 1937 un atteggiamento di stretta neutralità (veramente gli fu imposta dagli americani non interventisti); ma quando si rese conto che l’assenza degli Stati Uniti dalla politica mondiale favoriva in Europa l’ascesa del nazifascismo ed in Oriente l’imperialismo giapponese, Roosevelt decise di intervenire. 

A Chicago pronunciò il "Discorso della quarantena", nell’ottobre del 1937, denunziando al popolo americano la minaccia del nazismo e, da quel momento, adottò un atteggiamento di fermezza verso le potenze totalitarie. Ma ci mise del tempo per convincere.
Nel 1940 Roosevelt fu eletto per la terza volta, fatto unico nella storia dell'Unione, ottenne dal Congresso l'abolizione della legislazione neutralista; e mentre preparava la sua politica per l'entrata in guerra, concedeva all'Inghilterra e ad i suoi alleati ogni sorta di aiuti con "gli affitti e prestiti".
Quando l'Inghilterra rimase sola a resistere contro Hitler, Roosevelt avvertì i suoi concittadini che se dopo la Francia, anche la Gran Bretagna fosse caduta "l'America vivrà con una pistola puntata alla tempia".

Ma vogliamo anche ricordare  che nel MARZO del 1939, pochi mesi prima dello scoppio della guerra, i rappresentanti dell'industria britannica (che avevano contribuito anche al riarmo tedesco) si trovarono a Dusseldorf per diventare soci commerciali con la Germania di Hitler, e per promuovere una vera e propria guerra economica contro gli Stati Uniti. Un boicottaggio totale. (E gli inglesi erano già esperti in queste congiure. Dopo il '29 abbandonarono il gold standard a 22 Paesi che così chiusero a tutte le importazioni americane. (ci furono campagne contro i prodotti americani- non solo nell'Italia fascista, ma anche nella neutrale Svizzera)
Fu un altro ko per gli Usa. (Lionel Robbin, nel fare una rigorosa analisi di questo scellerato abbandono lo considera "un colpo fatale, una catastrofe di enormi proporzioni". E giunge perfino a dubitare che si sfiorò perfino la sopravvivenza delle democrazie europee dopo questo episodio. Che gli americani fino a
Pearl Harbour mica avevano dimenticato. Ecco perché non ci tenevano tanto ad andare a soccorso degli inglesi.

 I motivi (per l'incontro a Dusseldorf) per gli inglesi erano molto semplici: in Inghilterra (senza il grande partner Usa e con una Germania senza una lira in tasca)  fra il 1929 e il 1937, l'aumento della produzione era aumentato del 24%, ma l'esportazione era caduta  a meno 16%. Un grosso squilibrio, una strozzatura mai verificatasi. Nel 1938, dopo tante discussioni erano riusciti a stipulare uno straccio di accordo commerciale con gli Usa, che nel frattempo non era rimasta con le mani in mano, si era già  impossessata dei mercati di 20 paesi; con la politica del "buon vicinato" Panamericano prima; poi con il riconoscimento (!) del governo sovietico poi, ecc.. Mercati non da poco, da far tremare proprio l'Inghilterra.

E proprio perché quello americano era uno straccio di accordo  con tanta diffidenza da parte americana, quindi molto sterile, gli inglesi una soluzione ai loro grossi problemi non l'avevano mica trovata. Ed ecco l'incontro con i tedeschi a Dusseldorff. Forse per la troppa arroganza, conclusero anche qui poco, anzi diedero a Hitler la esatta percezione che gli inglesi erano in gravissime difficoltà economiche (ed era vero!!), quindi l'idea di Hitler fu quella di fare la "sua" guerra; da solo in Europa, sul continente, e se Churchill gli dava fastidio, anche contro l'Inghilterra. Tenendosi però alla larga dall'America (fece di tutto per non creare incidenti)

L'attacco nipponico alla base americana di Pearl Harbour > >, nell'Oceano Pacifico, risolse a tutti i problemi ai due alleati ("ora siamo nella stessa barca" gli telegrafò Churchill) e segnò ufficialmente l'entrata in guerra degli Stati Uniti; anche in questo caso Roosevelt prese in mano la situazione con la solita grinta: operò in stretto contatto con il Primo Ministro inglese W. Churchill, con il quale, nell'agosto del 1941, aveva fissato i principi del nuovo ordine nella "Carta Atlantica". Non ebbe più bisogno di convincere gli americani e il congresso. E cercò pochi mesi dopo anche una collaborazione con l'altro grande alleato l'URSS, intervenendo negli storici convegni che si svolsero a Casablanca, a Quebec, al Cairo, a Teheran e a Yalta, durante i quali si distinse come il grande nemico della minaccia nazista. Questa però fu l'ultima delle sue titaniche battaglie, non poté mai vederne l'esito ed il successo: morì a 63 anni, il 12 aprile 1945 poco dopo aver assunto la carica presidenziale per la quarta volta.

Il giorno stesso della sua morte prese il suo posto TRUMAN, piuttosto  impreparato agli eventi (lo confessa lui stesso nelle sue Memorie "questa catastrofe io non ero affatto preparato ad affrontarla") che stavano sconvolgendo in quel preciso istante l'Europa. Si stavano decidendo le sorti della guerra mondiale con la grande offensiva congiunta con i russi che doveva portare a stringere in una morsa la Germania. E in Italia la notizia della morte del Presidente giunse mentre gli alleati superata la Linea Gotica  stavano per attraversare il Reno per poi puntare sul Po.

Roosevelt del resto non aveva mai permesso a Truman di prepararsi alla difficile successione, inoltre lui era più portato a operare con l'azione e non con le  manovre della politica perseguita da Roosewelt che fino agli ultimi giorni, anche se con poca convinzione, avallava i piani geopolitici di Churchill che erano poi quelli del "foglietto a quadretti" concordati con Stalin, che Truman fino allora forse ignorava persino l'esistenza e che tuttavia avrebbe disapprovato.
Il pericolo rosso era per lui un'ossessione e voleva fermare subito le armate russe più a est possibile, se possibile con l'aiuto dei tedeschi.

Non per nulla ancora nel 1941 proprio lui aveva affermato "Se vediamo che la Russia sta per vincere dobbiamo prestare aiuto alla Germania e lasciare così che si ammazzino il più possibile l'un l'altro". Non erano ancora i tempi dell'alleanza di Churchill con la Russia,  ma quella era la sua linea, che poi seguì. Anche perché desiderava far finire la guerra in Europa subito!
Non fece trapelare le sue intenzioni ai russi e iniziò le trattative di negoziati con la Germania.
Purtroppo i Russi a Berlino era già arrivati alla porta di Magdeburgo e con l'aiuto di Tito si stavano quasi affacciando pure in Italia. 

A Stalin non sfuggì questa congiura; molto risentito aveva scritto ai suoi alleati  "Questi vostri negoziati vi frutteranno certi vantaggi, poiché le vostre truppe avranno la possibilità di avanzare fino al cuore della Germania quasi senza resistenza da parte dei tedeschi; ma perché nascondere questo ai russi, e perché non ne sono stati informati i russi, vostri alleati?"

La guerra in Europa cessò quasi subito, anche se stava per nascere la Guerra Fredda.
Forse con Roosevelt questo non sarebbe accaduto, era con Stalin più arrendevole ma anche più realista di Churchill ostinatamente poco lungimirante nel capire che l'Europa compresa l'Inghilterra non erano più le garanti dell'equilibrio mondiale.

Churchill fu felice dopo Pearl Harbour di farlo salire sulla "stessa barca", ma sulla "barca" Missouri, Churchill non c'era. Gli stessi inglesi lo avevano mandato a casa dieci giorni prima della fine della guerra mondiale. Un 25 luglio anche per lui, nonostante la vittoria ottenuta con   "lacrime e sangue".

E pensare che Roosevelt veniva dai suoi critici sempre accusato di dilettantismo e improvvisazione, di temporeggiare e di essere ambiguo, mentre invece si rivelò uno dei più sicuri ed esperti fra gli uomini politici degli Stati Uniti e anche del secolo.
Era - dissero- "mediocre, svogliato e ignorante" (Flynn, suo collabotore per tanti anni); ma alla sera Roosevelt (inaugurando le famose "due chiacchiere al caminetto") iniziava il suo discorso alla nazione dicendo "Amici....." e la gente si sentiva tale perché gli infondeva sicurezza e speranza.

FINE


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