-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

125. PREPARAZIONE ALLA CONTRORIFORMA

 

Nel precedente capitolo abbiamo già accennato che fra gli Ordini impegnati nella restaurazione, a distinguersi più degli altri, nella lotta contro il protestantesimo fu la Compagnia di Gesù, fondata dal cavaliere spagnolo Ignazio di Loyola (1491-1550).

La preparazione spirituale della controriforma si ricollega intimamente alla fondazione dell'Ordine dei Gesuiti, e provenivano da quest'Ordine i migliori teologi presenti al Concilio di Trento.

Il suo fondatore, don Jnigo Recalde de Loyola (nato il 31 luglio 1493) era un genuino campione della razza basca, dal temperamento chiuso, energico e fantastico. Nel 1521 fu gravemente ferito all'assedio di Pamplona e, rimasto storpio, non poté continuare nel tenore di vita abituale dei gentiluomini spagnoli.
La sua ambizione si volse allora al compimento di un'opera grandiosa nel campo religioso. All'inizio egli fantasticò un pellegrinaggio a Gerusalemme, avendo visto in sogno la Santa Vergine che lo esortò ad abbandonare la casa di suo fratello. Per la propria preparazione spirituale si rinchiuse nel convento dei domenicani di Manresa, ove immaginò e concretizzò nelle linee fondamentali quegli exercitia spiritualia, che non sono una semplice opera di esaltazione fanatica, ma mirano ad uno scopo pratico ben definito e servirono poi sempre all'Ordine per l'iniziazione dei nuovi proseliti.

In conformità del loro fine essi si allontanavano molto dai precetti scolastici a quel tempo dominanti e non deve destare meraviglia se vennero guardati come eretici dalle autorità ecclesiastiche. Era del resto quello il periodo dove sorgevano in ogni angolo d'Europa fanatici che facevano concorrenza a Lutero e a quelli che l'avevano preceduto.
Gli "exercitia spiritualia" duravano quattro settimane nel corso delle quali il neofita doveva rimaner segregato e permanentemente soggetto all'influenza del suo iniziatore. Cominciavano con un colloquio estatico col crocifisso, che nella sua sostanza era un fervido esame di coscienza ed un atto d'accusa del penitente contro sé stesso; e nella contemplazione vi era il contrasto con la propria bassezza, della potenza, saggezza, bontà e giustizia di Dio.

Al neofita che, attraverso tale atto di contrizione, otteneva da Dio la grazia di poter salvare ancora la propria anima, venivano poi descritte le pene dell'inferno per produrre sul suo animo una ancora più profonda impressione. Seguiva lo studio della vita di Gesù destinata a dare al neofita la sensazione di subire egli stesso le pene della Passione; la contemplazione mistica esauriva il tempo rimanente.

Il fine di tutto ciò era quello di rendere il neofita padrone di sé stesso e della sua volontà. Non si esigeva il castigo ascetico del corpo (in uso in tanti ordini, come i cosiddetti "flagellanti") ma ogni impulso passionale doveva essere contenuto e represso.

Nel 1528 Loyola si recò a Parigi con l'aiuto dei suoi aderenti, fra i quali erano molte nobili dame spagnole, per studiare la teologia di cui era completamente a digiuno. Alla Sorbona era stata condotta una lotta senza quartiere contro ogni tendenza innovatrice nel campo religioso, il che aveva causato la fuga degli studenti che avevano in simpatia le nuove idee protestanti.

Per sette anni Loyola proseguì i suoi studi a Parigi, circondato dai suoi seguaci spagnoli Francesco Xavier, Diego Lainez, Alonzo Salmeron, e dall'unico olandese Pasquale Broet. Il giorno dell'Assunzione del 1534 questo gruppo di studenti, che non era ancora un ordine, fece voto solenne di restaurare il cristianesimo in Palestina e di mettersi anche a disposizione del Papa.
Ma Ignazio nel suo viaggio verso la Palestina non arrivò che a Venezia, giacché comprese che era necessario cominciare la sua opera in Italia. Perciò si mise in strada predicando, verso Roma e secondo lo spirito della sua originaria vocazione militare, chiamò il drappello dei seguaci che lo accompagnavano Compagnia di Gesù.

Come era da aspettarsi - visto l'aria che tirava - si levarono da molte parti accuse di eresia contro di lui. Papa Paolo III, inizialmente anch'egli diffidente verso Loyola, riconobbe ben presto la grande importanza della Compagnia per il cristianesimo e perciò nel 1539 le permise l'organizzazione di un ordine.
Suoi compiti: conversione degli infedeli, missione interna, riforma sociale, opere di carità, esercizio della confessione.
In seno all'ordine si vollero bandite severamente le tendenze nazionali, e si stabilì che i collegi da esso fondati dovessero essere composti di allievi di varie nazionalità. Appena due anni dopo la sua fondazione la compagnia era divenuta già così potente che i principi cattolici ritennero necessario prendere posizione nei suoi confronti.

Gli statuti dell'Ordine, le Constitutiones, opera personale di Loyola, risentono dell'educazione militare da lui ricevuta in gioventù, giacché tutto vi é organizzato o regolato in modo da dover servire esclusivamente al raggiungimento di uno scopo ben definito.

L'Ordine medesimo forma ed educa i giovani destinati ad entrarvi in appositi istituti propri; in uno destinato agli esercizi spirituali ed in altri, i collegi, ove si impartisce l'istruzione scientifica. Ma la scienza non deve qui essere fine a sé stessa; i collegi debbono attendere a formare uomini capaci di spiegare la massima attività per i fini pratici dell'ordine a seconda delle attitudini di ciascuno e della sua vocazione.

Lo studio teologico deve basarsi esclusivamente sulla Vulgata ed avere carattere dogmatico. Tra i membri dell'ordine non debbono esservi differenze e contrasti di opinioni; perciò tutti devono attingere la propria cultura alle stesse fonti e l'index librorum prohibitorum deve servire rigorosamente a delimitarle. Dai membri della compagnia non si esige ascetismo e rinunzia agli esercizi fisici. Ma l'obbedienza assoluta é un dovere indeclinabile per ogni soldato di Cristo: perinde ac cadaver; egli deve sacrificare tutta la sua personalità sull'ara dell'amor di Gesù.

I beni appartengono esclusivamente all'ordine, mai ai suoi membri o ai suoi istituti che sono invece mantenuti mediante dotazioni da parte dell'Ordine. Il patrimonio dell'Ordine si andò rapidamente formando attraverso lasciti d'ogni genere e nello spazio di una generazione esso divenne la più più ricca corporazione d'Europa.
Gli statuti danno alla compagnia una ferrea costituzione monarchica; tutti i poteri sono concentrati in una persona sola: il generale dell'ordine, la cui volontà é arbitra.
Il generale presta il suo voto di obbedienza al papa e all'infuori del papa non risponde verso nessuno. Egli ha i suoi ministri negli assistenti. Il solo ufficio di generale é vitalizio; i provinciali sono nominati per un triennio; la nomina dei rettori é fatta dal generale e dai suoi assistenti. La collettività dei membri dell'ordine ha peraltro un potente mezzo di influire sul generale, in quanto spetta ad essa di nominargli il direttore spirituale e confessore.

La vita dell'Ordine fu transitoriamente messa in forse sotto Paolo IV, l'ex cardinale Caraffa, perché questo pontefice odiava gli spagnoli e riteneva il Loyola capace di intendersi segretamente con la corte spagnuola. Se non che al concilio di Trento Lainez e Salmeron, quali assistenti dei legati pontifici, seppero acquistarsi una influenza così dominante che alla stessa Santa Sede sembrò pericoloso privarsi di un così solido appoggio.

Nel Concilio Tridentino i Gesuiti riuscirono a prevalere e ad ottenere una riorganizzazione della chiesa cattolica conforme alle loro idee ed ai loro scopi. Essi si fecero pure sostenitori del dogma dell'infallibilità del pontefice, affermato da Pio IV (1560-65).
Dal concilio in poi l'Ordine considerò sua principale missione la lotta contro gli eretici e la rivincita del cattolicesimo, e siccome la cittadella dell'eresia era la Germania, é qui che i Gesuiti dovettero ingaggiare più risolutamente la battaglia.

Lo stesso Ignazio riconobbe questa primaria importanza della Germania nel piano di attuazione dei suoi disegni ed inviò sul Reno degli abili "apostoli" dell'Ordine, come Faber, per operarvi il più energicamente possibile in favore del cattolicesimo. Così Faber come Pietro Canisio, che apparteneva all'Università di Colonia, si convinsero che questa città era la più idonea a divenire la rocca del cattolicesimo sul Reno.

A Colonia sorse il primo collegio dei Gesuiti che sia stato istituito in Germania, dopo avere con fatica ottenuta la tolleranza del consiglio municipale. Claudio Jay e Canisio poi riuscirono in un ventennio a stabilire altri tre collegi a Ratisbona, ad Ingolstadt ed a Vienna.

Guglielmo di Baviera avrebbe voluto riservarsi una certa ingerenza nella sua Università, ma Loyola non acconsentì che consiglieri laici si immischiassero negli istituti scolastici dell'Ordine e non disarmò finché Ingolstadt non cadde sotto il suo assoluto predominio. Qui pure Canisio e i suoi successori fecero dalla cattedra la più assidua infaticabile propaganda in favore dell'Ordine, e la loro eminente personalità attrasse e conquistò ale loro idee molti giovani.

Nei sinodi dei vescovi venne costantemente predicata e ribadita l'indipendenza della chiesa dal potere civile e l'illiceità di quegli ambienti laici dove trattavano affari religiosi. La semplice disobbedienza al papa venne dichiarata eresia, anche quando non si violasse alcun dogma. Per salvaguardare il principio fondamentale della sua politica scolastica - l'isolamento dei giovani in modo da sottrarli da ogni influenza estranea - Loyola ottenne che anche all'Università gli studenti non potessero essere ammessi che come interni; per l'ammissione bastava un certificato del generale o di un provinciale dell'Ordine.

Quando i Gesuiti si accinsero a salvare in Austria il cattolicesimo estremamente pericolante la Baviera era già divenuta il campo trincerato dal quale essi avevano deciso di irradiare in ogni senso la propria azione sul territorio dell'impero. Nel 1570 erano già in Bavierra 70 padri gesuiti mantenuti a spese del duca. La casa ducale non sarebbe mai riuscita a conquistare all'inizio dell'intolleranza cattolica il popolo bavarese; tale conquista va attribuita all'opera dell'Ordine dei Gesuiti.

A Vienna, dove da 20 anni non era stato più ordinato alcun sacerdote cattolico e cinque soli studenti studiavano teologia, i Gesuiti iniziarono attraverso il confessionale una grandiosa opera di persuasione e di incitamento e si guadagnarono gli animi con le ardenti prediche di Canisio e con la benefica attività spiegata nella cura dei soldati feriti e dei malati.
Canisio poi provvide a fissare i dogmi ritenuti più importanti dall'Ordine nel suo catechismo compilato con eccezionale abilità.
Anche in Austria occorse all'Ordine l'appoggio materiale e politico della famiglia regnante. Ferdinando I non si mostrò per tale scopo sufficientemente disponibile, e soltanto con il concorso e l'ausilio dei gesuiti bavaresi la controriforma poté in Austria cominciare l'avanzata e la serie delle sue conquiste.

Ma ebbe così grande influenza - su gli effetti politici -
questo ritorno offensivo del cattolicesimo?

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