-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

42. L'IRAN - ZARATHUSTRA - I PERSIANI

Prima ancora del periodo buddista, una forza del tutto nuova e destinata ad esercitare un'efficacia grandissima, era entrata nella storia dell'Asia con le tribù ariane che occuparono l'altopiano dell'Iran.
Si afferma per la prima volta, e nel modo più notevole, la forza politica degli Indoeuropei.
L'altopiano dell'Iran tocca ad occidente il territorio dei popoli semitici. L'orografia dell'Iran orientale è strettamente connessa con quella dell'altopiano asiatico: a sud la valle del Kabul conduce all'India. Geologicamente, l'Iran si distacca del tutto dal tavoliere arabo-siro, la cui struttura ricorda il paesaggio africano.
Nell'Iran invece si ripete il tipo dei paesaggio dell'Asia centrale. Esso è caratterizzato da maestose montagne a pieghe; l'interno è occupato da steppe senza sbocco e povere d'acqua e da deserti, mentre tutt'intorno l'agricoltura e le altre forme di civiltà trovano terreno ideale nelle valli fertili e abbondanti d'acqua. Il margine occidentale dell'altopiano è formato dalle catene dello Zagros, per lo più di struttura calcarea, nude e frastagliate, alte fino a 4000 metri; dividono l'altopiano iranico dalla pianura del Tigri.
A nord-ovest l'Iran si confonde con la regione montagnosa dell'Armenia, dalla quale si stacca verso est il gruppo degli Elburz (la vetta 5671m.) , congiunto, mediante il Kopet-Dagh e le montagne del Gulistan, con l'Hindukush, l'aspro baluardo sul confine indiano.

Dinanzi al margine settentrionale dell'Iran si stende il vasto bassopiano, che qui appare come steppa e in parte come deserto.
L'altopiano dell'Iran, dovunque era accessibile alla civiltà, ha reso i suoi abitanti forti fisicamente ed intellettualmente. La storia degli Irani ce li mostra come un popolo robusto, che si è conquistata la propria civiltà grazie a un lavoro indipendente, che ha creato uno degli Stati più cospicui e che ha svolto le sue splendide doti spirituali in opere insigni, religiose, filosofiche, poetiche.

Prima di tutte le altre stirpi indoeuropee, gli Ari divennero popolo indipendente e fondarono una cultura nazionale. Prima della immigrazione Aria, l'altopiano dell'Iran era abitato da popoli non indoeuropei: Irani e Greci ricordano, anche in età meno antica, come tribù non arie gli Anariakai della Media settentrionale. Ancora oggi troviamo in questo luogo in gran parte montuoso e arido, i discendenti di tribù un po' indietro come civiltà: i Brahui del Belug'istan (Baluchistan).
Gli Irani stessi comprendono sotto il nome di Anariakai numerose tribù barbare, residenti nella Media settentrionale, fino al Mar Caspio. Gli Assiri ricordano i Nairi delle montagne armene; a occidente, sul confine della civiltà semito-babilonese, soggiornavano gli Elamiti (Hallatamtu) con Susa capitale, ed i Cossei.
La direzione in cui si mossero, emigrando, gli Irani e le tribù loro affini, può forse servirci a determinarne la patria. Uno di questi movimenti attraversa la Russia meridionale fino al Danubio. Popoli di carattere indubbiamente iranico si avanzano da oriente, prima gli Sciti, che nell'VIII secolo oltrepassano il Danubio, poi i Sarmati, spintisi fin nell'Ungheria. Sul Mar Caspio e, presso a poco, in Boemia risiedevano i Sigynni, che si davano l'appellativo di Medi e vestivano alla foggia dei Medi. Al nord del Caucaso troviamo nel I secolo a. C- gli Alani, gli Osseti attuali (Georgia ecc. - nelle pendici del Caucaso e nella piana di Terek).

Il secondo movimento, che portò tribù ariane nell'altopiano iranico, muove da occidente verso oriente. Si può bene ammettere una immigrazione dall'Europa attraverso i valichi del Caucaso; anche in più tarda età storica troviamo tribù non-arie nell'Armenia e nella Media settentrionale. Si può dimostrare che in età storica i Medi e i Persiani si spinsero nell'Iran, muovendo dall'altopiano verso occidente. Dovremo pertanto cercare la patria degli ancor nomadi Irani nella regione montuosa del nord-est dell'Iran e nelle steppe del bassopiano.

La più antica civiltà iranica é dominata dal contrasto, dipendente dalla natura del suolo, tra la popolazione agricola stabile e le tribù nomadi e predatrici del nord. I «nemici» dell'Avesta, che saccheggiano il pacifico contadino, sono tribù banditesche delle montagne, delle steppe, però appartenenti anch'esse al popolo iranico. La loro sede negava a queste tribù stabilità di soggiorno e quindi di civiltà, raggiunta invece dagli abitanti delle valli e delle oasi.
La steppa, patria delle tribù banditesche, é chiamata nell'Avesta «Turan», cui corrisponde «Tura» come nome di stirpe. I Turani non sono un popolo straniero, ma gli Irani nomadi, rimasti nel brigantaggio, nemici degli Irani stabili.

Il contrasto fra gli Irani inciviliti e quelli rimasti barbari forma il modello storico per la religione, dando aspetto peculiarmente iranico all'antico mito della lotta degli dèi luminosi con i demoni delle tenebre. Il contrasto della civiltà, creato in eterno dalla natura, non poté mai appianarsi.
L'idea di una lotta eterna, di cui il mondo sarà pieno fino alla fine, tra forze buone e malvagie, ne é il riflesso religioso. La lotta delle forze divine e il contrasto dei pacifici Irani con i briganteschi Turani si congiungono più volte nella leggenda.

Nelle valli dell'Iran e nelle oasi dell'altopiano risiedeva una popolazione di contadini, che accanto all'allevamento del bestiame praticava un'agricoltura primitiva. II cavallo era certo possesso esclusivo della nobiltà guerriera; tiene il posto più alto nel culto sacrificale. II bue nel confronto, che è datore di cibo, protetto dagli déi come compagno dell'uomo e aiuto al suo lavoro, tiene il posto più cospicuo nella civiltà e nella religione popolare. Gli ideali pratici e morali del ceto agricolo ario trovarono la più alta espressione nella riforma di Zarathustra.

Questa riforma presuppone una civiltà e cultura già elevata, quale si manifesta innanzi tutto nelle concezioni religiose degli Irani. Tutta quanta la vita intellettuale, le idee e i sentimenti, dànno alla religione l'indirizzo e la materia. Le tribù iraniche rimaste nomadi venerano solo pochi dèi, corrispondenti ai bisogni di una vita primitiva. La stabilità di soggiorno aumenta le relazioni dell'uomo col mondo, che egli immagina posto sotto la protezione di forze divine.
Insieme ai compiti della vita si allarga il cerchio degli déi, la cui protezione e appoggio si cerca guadagnarsi mediante il culto. È ovvio che un popolo agricolo s'immagini gli déi nelle forme degli animali familiari all'uomo: da ciò ha origine la «santità» di vari animali, come il bue.
Essenziale per gli Ari é pero una concezione del divino, risalente già all'età indoeuropea: gli déi non sono forze localmente limitate, ma regnano dovunque. La concezione di un dio celeste, la cui efficacia non poteva avere limiti di luogo, ha preparato questo genere di universalismo.

Nella religione iranica troviamo innanzi tutto uno degli elementi di tutte le religioni primitive, la fede nella sopravvivenza dell'anima. Questa fede conduce a stabili usi sepolcrali, al culto dei morti ed alla concezione di un regno d'oltretomba, il cui sovrano è Yima.
Solo dai miti che li riguardano ci é dato riconoscere gli déi della religione popolare aria. L'antico dio celeste degli Indoeuropei è sparito; il dio solare (il Sûrya degli Indiani) certo ebbe culto presso tutte le stirpi arie. Figure del tutto diverse sorsero dall'esercizio dell'agricoltura; esse personificano gli ideali morali del ceto agricolo, ordine e giustizia, fedeltà e verità.

Il primo posto é occupato da Mithra e da Varuna; ambedue penetranti l'universo, ordinatori della natura e fondatori delle leggi umane. Con le loro figure s'intrecciano miti che si riallacciano ai vari fenomeni naturali, cosicché l'origine di questi déi non è facile a determinare.
Ad ogni modo i tratti essenziali sono di indole morale; essi personificano l'ordine che regge la natura e la vita. Entra così nella religione una idea nuova, l'idea di un ordinamento divino del mondo. Essa doveva trasformare l'essenza stessa degli déi e ridurli a rappresentare speculazioni astratte. L'una cosa e l'altra avvenne nella riforma di Zarathustra.

L'unica fonte per la storia di Zarathustra è il libro sacro della sua religione, l'Avesta Nel suo insieme, esso appartiene ad un'età assai più tarda; la redazione è opera della chiesa di Stato, sotto i Sassanidi. Ma vi sono conservati elementi più antichi, innanzi tutto una serie di poesie, le cosiddette gâthâ, cioè «cauti», ammonimenti o prediche di Zarathustra, peculiarissime espressioni del pensiero religioso.

Vi aleggia uno spirito originale e indipendente; è il primo tentativo di innalzarsi a nuove idee, dal patrimonio spirituale di una civiltà semplice. L'espressione riesce faticosa e un po' pesante; manca lo slancio poetico e l'arte di una lirica religiosa in pieno sviluppo. Si ripetono spesso i medesimi pensieri fondamentali della dottrina, ma dappertutto si sente il robusto germogliare di una vita originale.

Altro è lo spirito di questi canti, altro delle formule sacerdotali dell'Avesta. Qui la lingua tuttora imperfetta, la lingua di una civiltà di semplici agricoltori, deve esprimere pensieri più alti. Un poeta che con parole così dure e poco pieghevoli riesce a parlare in modo così disadorno eppure così immediatamente efficace, potente e penetrante, è uno spirito che attinge alla sua propria vita.
Solo il creatore e il capo di una nuova fede parla in tal modo. E che Zarathustra fosse tale, è attestato dal modo con cui le gâthâ ritraggono la sua personalità. Egli vi appare come un uomo in carne e ossa, non già come un santo leggendario o un eroe mitico.

Di lui, come individuo, sappiamo pochissimo. Una tradizione veramente storica intorno alla sua vita ed attività, non esiste; ma la storicità della sua persona è fuor di dubbio. L'etimologia del suo nome (Zara-tushtra = "possessore di vecchi cammelli") è incerta; forse in origine si chiamava Zohravastra o Zortavastra.
Tutti i dati cronologici sono inservibili. Una tradizione solo apparente è nella notizia di fonti medio persiane, secondo le quali la sua comparsa dovrebbe porsi 272 anni prima della morte di Alessandro, cioè circa nel 600 a. C. - Lo stato di civiltà che appare nei discorsi di Zarathustra, é certamente di molto anteriore all'età degli Achemenidi. Si noti soprattutto che le iscrizioni di Sargou II (725) mostrano che la fede in Mazda era già ampiamente diffusa nella Media e che Dario I, nella sua grande iscrizione, si dichiara adoratore di Ahura-Mazda.
Possiamo pertanto porre l'attività di Zarathustra all'incirca nell'800 a.C.; aggiungendo però che insigni studiosi la fissano tra il 600 e il 520 a.C.


Zarathustra non cominciò a predicare nella sua patria, ma nell'Iran orientale. Secondo la tradizione egli nacque nell'Iran occidentale, nella provincia di Atropatene. Nell'Iran occidentale confinante col territorio della civiltà babilonese, la cultura era più elevata che nell'orientale. Zarathustra voleva trapiantare in oriente lo stato di maggior civiltà dell'occidente, connesso con la stabilità di soggiorno e con l'agricoltura.
Circa il teatro della sua attività dobbiamo accontentarci di ipotesi. È certo che Zarathustra non era persiano e che non predicò nemmeno nella Persia propria: probabilmente non nel suo dialetto nativo, ma nella lingua della provincia dove iniziò la sua missione di profeta: lingua conservataci nel dialetto delle gâthâ. Dove fosse parlato, non sappiamo; però la tradizione sembra accennare al territorio del lago Kava, l'odierno lago Hamun.

La biografia storica di Zarathustra si può comprendere in pochi tratti isolati, ma affatto concreti. Egli stesso si dice discendente dalla famiglia degli Spitama, antica stirpe sacerdotale; Zarathustra é pure dipinto come un sacerdote che «custodisce il fuoco sacro e canta inni». In un passo delle gâthâ dice persino di aspettarsi una congrua ricompensa per il compimento del sacrificio.
Nelle sue poesie si sente l'eco di una lunga e sterile lotta per la vittoria. La proclamazione della sua dottrina fu accolta ostilmente dal sacerdozio e nemmeno nel popolo essa guadagnò terreno. L'insuccesso lo scoraggiò.

Finalmente, dopo 12 anni, il re Vishtâspa e la regina Hutaosa divennero suoi seguaci e patroni- Questo re é un personaggio storico, per quanto non abbia probabilmente nulla a che fare coll'achemenide Vishtâspa (Istaspe), padre di Dario.

Nelle gâthâ Zarathustra non appare né come un teologo del pensiero sistematico né come una figura innalzata al disopra della misura umana; l'immagine del profeta è del tutto umana e chiara nelle sue lotte e nei suoi sforzi. Lo scorgiamo in un ambiente umano. Un principe nazionale lo protegge, ma non gli mancano nemici. Nelle gâthâ sono frequenti le allusioni ad un principe ostile alla sua dottrina e ad un sacerdote suo avversario. Si accenna pure a vari avvenimenti, del resto ignoti.
Appunto questi accenni più tardi incomprensibili e perciò non rintracciabili, mostrano che la persona del profeta ha base nella vita reale, il che é confermato dallo sfondo storico riconoscibile nelle gâthâ. Zarathustra si rivolge a tribù dell'Iran orientale, viventi in condizioni pressoché primitive, tuttora nomadi, dedite all'allevamento del bestiame. Questo sfondo di civiltà è, per così dire, elaborato nella dottrina di Zarathustra.

Il contrasto fra l'agricoltore capace di più alta civiltà e ammaestramento morale, allevatore di animali domestici, in specie del bue, e il nomade brigantesco, figlio delle montagne selvagge, serve in certa maniera di modello alla grande antitesi, di cui il mondo é pieno, tra il male e il bene.
Questo contrasto etico costituisce il tratto fondamentale della religione persiana, designata perciò come «dualismo».

Però sul contrasto delle forze buone e malvagie si leva così dominatrice la potenza del vero dio Ahura-Mazda (Ormuzd), da poter considerare tale religione come essenzialmente monoteistica.
Anche le antiche divinità indipendenti sono scomparse. Accanto ad Ahural Mazda stanno i sei spiriti buoni, gli Ameshaspenta, personificazioni delle virtù e dei beni costituenti il regno del dio supremo.
Di contro ad Ahura-Mazda sta lo spirito maligno, Angra-Mainyu (Ahriman), signore di tutte le forze ostili. L'uomo é posto in mezzo a questo contrasto di bene e di male, con la missione di contribuire a realizzare nel mondo la signoria di Ahura-Mazda ed a combattere le potenze maligne. Egli adempie a tale missione con ogni lavoro apportatore di civiltà, con l'agricoltura e l'allevamento del bestiame, giacché le paludi e i deserti sono dovunque sede di spiriti maligni.

Chi lavora la terra, ne discaccia le forze malvagie. Il contrasto fra popolo agricolo e popolo nomade si riaffaccia in forma religiosa, secondo é confermato anche dalla morale predicata da Zarathustra. Egli raccomanda le virtù di una vita pacifica e laboriosa: verità, giustizia, mitezza, fedeltà, diligenza, compassione, ubbidienza, umiltà.
Il valore, distintivo del brigante nomade, manca nella serie delle virtù zarathustriane. Con la dottrina religiosa egli congiunse una riforma d'indole economica, cercando d'indurre le tribù nomadi a stabilirsi in sedi fisse e a coltivare la terra. Nelle gâthâ, l'agricoltore zelante è l'ideale dell'uomo pio. Nessuno che non abbia cura della coltivazione dei campi, può partecipare alla dottrina di Zarathustra.

Secondo il suo intimo carattere, questa dottrina deve aver radice in una civiltà superiore. Il suo pensiero religioso si è già di molto allontanato dal culto primitivo che scorge esseri divini nelle forze della natura. La sua fede é regolata dall'etica, tuttora però legata a considerazioni economiche e sociali.

Nella religione dell'Avesta traspirano ancora concezioni più antiche: gli antichi tratti essenziali degli dèi personificanti forze naturali, non sono del tutto cancellati. Nella credenza negli spiriti, nella magia, nelle usanze superstiziose permangono tracce di idee più antiche e primitive. La dottrina di Zarathustra non è una creazione del tutto nuova, ma piuttosto una riforma della religione popolare dell'Iran. Gli dèi dell'Avesta sono figure della credenza popolare; acquistano però un nuovo significato coll'essere messi in rapporto con le tendenze civili e morali della riforma stessa.

Nella regione dell'Oxus hanno soggiornato, in età preistorica, stirpi indoeuropee, che si affacciano alla storia come Ari. L'antico Huvarazmi, l'oasi di Chiwa, si può guardare come una delle più vetuste colonie arie. Attraverso le vallate, gli Ari risalirono l'altopiano, all'incirca nella regione del Badachshan. Da questo punto la popolazione ariana poteva facilmente spostarsi ad ovest, moto già riconoscibile storicamente.
Verso il 1000, tribù iraniche avevano preso stabile dimora nell'oriente, soprattutto nelle fertili vallate del Zaorafshan, fondandovi comunità statali.

Tra gli Irani, i Medi compaiono per primi nella storia. Nell'836 ne fa menzione, per la prima volta, Salmanassar II, che li incontrò in una spedizione nel Zagros. Condottieri irani avevano allora stabilito piccole signorie tra popoli non ariani. Nelle iscrizioni di Tiglatpileser II (745-727), diversi nomi di capi tributari sono certo di origine iranico. La penetrazione verso occidente si chiude nell'VIII secolo, come dimostra la grande quantità di nomi propri iranici nella grande lista di Sargon II (713).

Anche nell'estremo nord della Siria, i nomi di Kundaspi (854) e Kustaspi (740), portati da principi di Kommagene, attestano la penetrazione degli Irani. Fin verso il 640 il predominio, più o meno stabile, degli Assiri sui Medi si affermò mediante frequenti spedizioni militari. Insieme ai Medi, Sargon ricorda il paese dei Manda, nei quali é certo da riconoscere una delle tribù dei Medi. Sembra che il regno dei Medi si sia costituito, verso il 640, con le tribù nomadi dei deserto iranico, sempre restie al dominio assiro.

Senza dubbio la Media fu, per breve tempo, lo stato più potente dell'Asia anteriore. Kyaxares (Chvachshahra) aveva innanzi tutto organizzato l'esercito; già presso i Medi dovevano esser costituiti i corpi dei lancieri, arcieri e cavalieri, che troviamo più tardi nell'esercito persiano.
La capitale Hagmatana (Ecbatana, oggi Hamadan) sul pendio settentrionale dell'Elvend, era ritenuta inespugnabile.
La cultura dei Medi é una trasformazione della babilonese; i Medi la trasmisero, a loro volta ai Persiani. Verso il 600 i Lidi, cacciati i Cimmeri (Gimirai) avevano esteso il loro regno sull'Asia minore, trovandosi così a confinare con i Medi. Essendosi Kyaxares spinto verso occidente, avvenne l'urto fra i due stati (590 a.C.).

Un'eclisse totale prodottasi durante la battaglia del 28 maggio 585 a.C., mise fine alla lotta. Per mediazione di Nebukadnezar e del re di Cilicia, fu conclusa la pace e fissato l' Halys come confine dei due regni. Kyaxares, il fondatore della potenza dei Medi, morì verso il 584; gli successe il figlio Astyages (Ashtuvega). Finché regnò Nebukadnezar (morto nel 561 a.C.), le relazioni tra la Media e la Babilonia furono sempre amichevoli. Ma egli non ebbe nessun successore; salito al trono Naboned (555), i Medi - sotto Astyages - invasero la Mesopotamia.

Ma le cose presero tutt'altro aspetto per la Babilonia e la Media, allorquando un principe vassallo dei Medi insorse, conquistando alla propria tribù il dominio sull'Asia occidentale. Agli antichi Stati nazionali, dovunque distrutti, erano subentrati quelli fondati sulle conquiste. In essi ha gran parte a causa della divisione delle forze e il formarsi dei rapporti politici: altrettanto grande, a causa di personaggi di facoltà e di energia straordinarie, che sanno afferrare i dominare la situazione, imprimendo alla storia un nuovo indirizzo.

L'ASIA MINORE

Insieme all'altopiano dell'Iran e al tavoliere arabo-siro colonizzato dai Semiti, l'Asia minore forma il terzo territorio storico-geografico dell'Asia occidentale.
Solo nei primi decenni del '900 si é compresa l'importanza storica dell'Asia minore. La popolazione ha subìto grandi mutamenti per via delle molteplici immigrazioni. Lo strato antichissimo fu costituito da un popolo, qui stanziato verso il 1000, di stirpe né semitica né indoeuropea. La tribù che più ne appare nella storia é quella degli Hittiti, cui appartiene anche il popolo dei Mitanni sull'Eufrate. (Vedi storia degli ITTITI )

Nell'occidente della penisola penetrò in tempo remoto, dalla Tracia, una popolazione indoeuropea. All'inizio del XII secolo tale movimento assunse il carattere di una forti immigrazione, che finì per distruggere il regno degli Hittiti. La storia degli Hittiti é tuttora poco nota. Già nel XVIII secolo a.C., spingendosi dall'oriente dell'Asia minore verso il sud, distrussero intorno al 1760 il regno babilonese degli Amoriti. Nel XVII e nel XVI secolo il popolo dei Mitanni si stabilì nella Mesopotamia settentrionale.

Un gran regno Hittita sorse nel XV secolo lungo l'Halys in Cappadocia: H. Winckler ne riconobbe la capitali nelle rovine di Boghazkioi a oriente dell'Halys. Nel XIV e XIII secolo gli Hittiti estesero il loro regno, attraverso l'Asia minore e il nord della Siria, fino al Hermon. Quando Ramses II tentò di riconquistare la Siria, essi si scontrarono con gli Egiziani. Il trattato di pace ci é conservato in due traduzioni egiziane: gli Hittiti vi appaiono come degli avversari.
Il regno degli Hittiti quasi scomparve in seguito al grande movimento di popoli (XII secolo) che condusse i Frigi da occidente verso l'Asia minore.
Gli Hittiti si ritirarono verso sud nella Siria settentrionale; i loro resti, conservatisi in piccoli Stati - come quello di Karkimish sull'Eufrate - si fusero a poco a poco con la popolazione aramaica.
Gli Hittiti sono un popolo di importante e singolare civiltà; possiedono una scrittura geroglifica loro propria, di cui son conservati numerosi monumenti. Per lungo tempo la cultura hittita tenne il primo posto nell'Asia minore.

Accanto ai documenti scritti, edifici e sculture costituiscono i ricordi più importanti di tale cultura, numerosi soprattutto nella Cappadocia, Cilicia e Siria settentrionale. Le sculture degli Hittiti sono in gran parte di carattere religioso; insieme ad esse si trovano lapidi sepolcrali e lastre di pietra con rappresentazioni figurati. Spesso il defunto viene ritratto seduto a mensa.

L'aquila bicipite é creazione dell'arte hittita; i sultani silg'ukidi fin dal 1217 la adottarono nel loro stemma e dall'oriente passò poi (1345) in quella dei Kaiser tedesco.
Frequente é l'uso del leone come fregio delle porte, in spcie in bassorilievo. I lavori di scultura sono spesso eseguiti in modo ricco e rigido; il disegno dei bassorilievi - che predominano - ha durezza di linee; i muscoli e il panneggiamento sono accennati alla meglio. Si cercava di rappresentare le figure più in pieno che fosse possibile, senza poterne lumeggiare le reciproche relazioni.
L'arte degli Hittiti rivela la durezza e l'uniformità dell'arte primitiva, pur riuscendo a superare abilmente certe difficoltà tecniche. Non possiamo finora seguire l'evolversi di quest'arte, quantunque non ne manchino opere più perfette, come la rappresentazione di una caccia al leone. Né si può disconoscere l'influenza dell'antica arte assira.

Ciò risulta soprattutto dalle rappresentazioni di carattere religioso. Nella tradizioni spicca il culto di una dea, la «grande madre», chiamata Ma nella Cappadocia e che ritroviamo come Cibele nella Frigia, come Semiramide o Atargatis nel Bambyki siro; soggiorna nei monti, siede sopra un trono di leoni e porta la corona murale. Si festeggiava con musica e danze selvagge; numerosi preti e sacerdotesse erano addetti al suo culto. Accanto alla dea sta il suo diletto, che ritroviamo come Attis accanto a Cibele. Conosciamo pure un dio lunare, Men, e il dio della tempesta, Teshup o Tarku raffigurato come guerriero, con la spada al fianco i in atto di vibrare l'ascia doppia, con un fascio di fulmini nella sinistra.
Le sculture nella nicchia di Jazylykaia, scavata nella roccia presso Boghaz kioi e rappresentanti una processione di dèi, ci aiutano a meglio intendere il contenuto di questa religione. Il punto centrale ne è però costituito dalla festa della primavera, celebrata con culti orgiastici, simboleggianti l'annuo risorgere e il rinnovo della vita.

Al regno hittita lungo l'Halys subentrò un popolo indoeuropeo, quello dei Frigi, strettamente affini ai Traci. Penetrati nell'Asia minori attraverso il Mar Nero, fondarono nell'VIII secolo un potente Stato, sulle fondamenta della civiltà hittita. Della loro storia non sappiamo quasi niente. Lo stato dei Frigi non durò a lungo, ma non fu certo senza importanza.
Continuò la politica degli Hittiti; muovendo alla conquista dell'Assiria, penetrò in Siria. Il re Sargon II ebbe da lottare, tra il 720 e il 700, col re frigio Mita, che aveva assalito gli Assiri in Armenia e Cilicia. Si tratta dello stesso re, cui la tradizione greca chiama Re Mida.

La cultura frigia è, come ora si è detto, quella antica degli Hittiti, ma elaborata da un popolo di forte originalità, e con influssi babilonesi. L' antica arte frigia, le cui opere risalgono fin verso il 1100 a. C., è caratterizzata da una serie di sculture e bassorilievi e soprattutto dalle facciate lavorate su rocce. Mida, l'ultimo re frigio, morì combattendo contro un nuovo invasore indoeuropeo, i Cimmeri, attratti poi dagli Assiri verso l'Asia minore.

Nell'VIII secolo i Massageti cacciarono gli Sciti skolotici oltre il Volga e il Don ; qui si scontrarono con i Cimmeri, il cui nome rimane tuttora nell'appellativo Crimea. Attraverso il Danubio, passarono in Tracia, dove si unirono loro i Treri e gli Edoni. Di là, verso il 700, penetrarono nell'Asia minore, devastandola. Pare che occupassero diverse città, come Antandros alle falde dell' Ida, Abydos e Sinope. Sottomisero anche i Frigi.
Nella Cappadocia vennero a urtarsi con gli Assiri (675 a.C.).

Dalla lotta contro i Cimmeri sorse il regno dei Lidi. L'ultimo eraclide, Candaulo, era caduto vittima di una congiura; Gige, il suo assassino, iniziò la dinastia dei Mermnadi. Ampliato il regno lidio col possesso della Troade e della Curia, conquistò Colofone. Verso il 660 riportò una grande vittoria sui Cimmeri e mandò a Ninive due loro capi, fatti prigionieri.

Ma di lì a poco le orde selvagge dei Cimmeri irruppero di nuovo nella Lidia devastandola. Gige cadde combattendo e Sardi fu espugnata. I Cimmeri assalirono anche le città greche e distrussero Magnesia sul Meandro; Efeso respinse l'attacco di Ligdami; rimase preda delle fiamme solo il tempio di Artemide, posto davanti alla città. Si deve certamente ad Ardys, figlio di Gige, se i Cimmeri furono ricacciati.

I Lidi non erano certo indoeuropei; forse ebbero affinità con gli Hittiti. Ad ogni modo, così i Frigi come i Lidi accolsero l'eredità della cultura hittita. Anche la politica di questi Stati non si allontanò dalla via tracciata dagli Hittiti; essi cercarono infatti di estendere la loro potenza sulla Siria. Si sentirono forti tanto da sfidare anche gli Assiri e i Babilonesi. Pare che Alyattes (617-560) abbia cacciato i Cimmeri dall'Asia minore. In queste lotte la Lidia aumentò in potenza, tanto da comprendere l'Asia minore fino all'Halys...

... ma sta nascendo ora una nuova potenza!
Sono gli Ari-Iranici. Diventano in breve grandi conquistatori.
Ma segneranno pure il termine della storia dell'Oriente Antico.

L'ANTICO REGNO PERSIANO > >

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..... CINA-INDIA-GIAPPONE

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