-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

102. IL MONDO SLAVO

GENESI DI UN NUOVO POPOLO EUROPEO

Quando parliamo di Slavi, ci riferiamo a quelle popolazioni che rappresentano il gruppo linguistico indoeuropeo più numeroso d'Europa. Ne fanno parte gli slavi Orientali (russi, ucraini, bielorussi), gli slavi Occidentali (polacchi, cechi, slovacchi, lusaziani o sorabi (ex Vendi), gli slavi Meridionali (bulgari, macedoni, serbo-croati, sloveni). Nei capitoli che seguiranno li analizzeremo tutti e tre.
Questa tripartizioni è ispirata a criteri di ordine più geografico che linguistico; tuttavia le caratteristiche distintive dei popoli slavi sono esclusivamente di natura linguistiche, e quindi non si può parlare di una ipotetica "razza slava" perchè somaticamente appaiono eterogenei agli altri popoli europei.
Quanto alle lingue del gruppo orientale insieme al gruppo bulgaro sono redatte mediante l'alfabeto detto "Cirillico", le rimanenti con l'alfabeto latino integrato da segni diacritici. Questa differenziazione - le cui motivazioni le conosceremo fra breve in questa storia - si ebbe tra gli Slavi unicamente per motivi religiosi: a oriente la fede cristiana ortodossa, a occidente la fede cristiana cattolica.

Noi qui iniziamo da quando ci fu il loro ingresso nella storia universale, partendo dalle loro lontane origini, poi man mano ci dilungheremo nella storia dei singoli stati che si vennero in seguito a formare, creando delle vere e proprie potenze e perfino uno dei più estesi imperi della storia.
Come fonte bibliografica utilizziamo il compendio redatto da A. Bruckner dell'Università di Berlino, in "Storia Universale - Lo sviluppo dell'Umanità sotto l'aspetto politico, sociale e intellettuale".

 

Gli Slavi, popolo esclusivamente europeo, erano domiciliati nella vasta pianura, densa di foreste e paludosa, che si stende tra l'Oder ed il corso superiore del Dnieper e del Volga e va dalle pendici meridionali dei Carpazi sino al Mar Baltico, alle spalle dei Germani, dei Daci e degli Sciti. Il loro fronte principale si schierava verso ovest, verso i Germani; i Greci dell'età più recente come anche i Romani non li conobbero che sotto il nome dato a loro dai Germani, quello di Vendi. Anche la loro lingua rivela i loro rapporti prevalenti con l'Occidente; mentre l'Oriente, gli Iranici e i Turchi, non hanno mutuato quasi nulla alla lingua slava (pur con un loro predominio), gli elementi invece desunti dal tedesco sono una delle parti più antiche e più rilevanti del patrimonio linguistico degli Slavi.

Questo é un indizio di durevoli influenze germaniche e lascia presumere un periodo di alta sovranità germanica tra l'Oder e la Vistola, al pari che è storicamente attestata quella dei Goti sugli Slavi in Oriente.
Da questi che erano i loro vicini più prossimi e numerosi, da essi chiamati «niemzy», gli Slavi tuttavia differivano completamente per indole e carattere. D'indole bonaria ed ospitali, spensierati e gioviali, vivaci, ma volubili, privi di iniziativa e di energia, indolenti e superficiali, tenacemente attaccati alle abitudini tradizionali perché ciò loro sembrava la cosa più comoda, schivi di ogni giogo, sospettosi di qualsiasi organizzazione gerarchica superiore e più impegnati a evitarla che formarla, essi rimasero sempre democratici nati, anzi anarchici; si pensi che uccidevano perfino i loro condottieri vittoriosi per soffocare nel germe la temuta possibilità che quello nontandosi la testa diventasse un despota; di esigenze inoltre straordinariamente parche e quindi di poche aspirazioni, essi, malgrado la loro prodezza, il loro numero e la loro resistenza fisica, non avevano la stoffa di conquistatori e di fondatori di Stati.

La loro espansione in Europa si arrestò dove incontrò una seria resistenza; essi per lo più immigrarono in regioni lasciate vacanti da altri popoli e nemmeno furono capaci di sostenersi a lungo nei territori occupati. Di modo che ben presto la vasta onda della migrazione slava subì un ristagno e piuttosto che verso l'occidente ed il sud, ben difesi, si riversò verso oriente ed a nord, dove doveva assumere una smisurata espansione perché qui non incontrò che pescatori e cacciatori finnici di indole pacifica ma anche impossibilitati ad opporre la minima resistenza.

Già mentre gli Slavi si trovavano nelle sedi originarie al di là dell'Oder e dei Carpazi avvenne la loro prima differenziazione in varie stirpi; peraltro queste conservarono sostanzialmente la medesima lingua, gli stessi costumi e la stessa religione, come pure rimase comune l'organizzazione patriarcale, l'autorità degli anziani della tribù, dei «vecchi» (starosti), l'unanimità necessaria delle deliberazioni prese nelle «lingue» (assemblee) delle tribù, ove se vi erano dei dissenzienti venivano indotti a mutar parere mediante intimidazioni.

Fin da allora si formò attorno al voiovoda (duce) o vladisca (governatore) una prode ed intraprendente druscina (seguito, comitatus), e divenute definitivamente sedentarie le tribù, ne risultò una distinzione tra la classe dei contadini, della gente «nera» (minuta) o degli smerdi e quella dei bellicosi vitingi (vincitori, predatori) ovvero "voi" (guerrieri), dalla quale venne poi fuori in seguito la nobiltà slava.

L'ordinamento familiare riuscì alla fine ad estendersi all'organizzazione tributiva, in cui il più anziano divenne principe e dinasta; tuttavia per il momento la sua influenza continuò ad essere (perchè il più saggio) puramente personale e la tribù se ne riservò sempre l'elezione, anche quando usò non staccarsi dalla stessa famiglia.
II tenore di vita era molto modesto; le abitazioni erano misere e facili a demolire e ricostruire; assai limitato era l'uso dei metalli, l'armamento molto povero e scarsamente progredito, non esisteva cavalleria, l'arte militare si riduceva al solo sistema di eseguire assalti di sorpresa, ma gli Slavi erano abili nella costruzione di trincee e di torri di legno.

La vita familiare era molto intima, le parentele assai estese; le fanciulle godevano di maggior libertà che non le donne maritate le quali perdevano ogni libertà di movimento fuori casa, la Baba (moglie infedele) era disprezzata. Invece per gli uomini la poligamia era in uso e la praticava chi ne aveva i mezzi.

I morti erano cremati solennemente. La religione, di carattere mite, pacifico, alieno dal glorificare come la religione nordica la morte in battaglia, aveva superato già lo stadio della semplice venerazione degli spiriti degli antenati e delle forze naturali ed era antropomorfa. Vi erano genealogie di Dei, salvo che esse non scendevano, come presso i Germani, sino alla terra ed ai suoi re.
Non esistevano né sacerdoti né templi, giacché nell'antico servivano all'esercizio del culto i boschi, i monti e le sorgenti; qui le singole tribù convenivano a festa in determinate stagioni, per rendere grazia agli Dei nell'autunno, per porgere il saluto alla primavera e banchettavano, mentre i giovani cantavano le canzoni nazionali ed eseguivano il kolo (danza in circolo) accompagnandolo col batter le mani.

In questi luoghi si interrogava il futuro, giacché nulla si faceva senza aver prima consultato stregoni ed indovine, senza aver tratto le sorti con bacchette oppure tratte dai cavalli sacri; parte del bottino di guerra era offerta agli Dei cui si offrivano pure in olocausto sacrifici umani. Prevalente peraltro era il culto più mite e tranquillo degli spiriti protettori domestici o dei campi esercitato sotto le vaste querce secolari.

Lo scarso sentimento di solidarietà nazionale e la mancanza di una autorità superiore coordinatrice fecero sì che fra le tribù confinanti scoppiassero continue inimicizie e contese; e di queste divisioni hanno sempre approfittato gli stranieri a tutto danno degli Slavi.
L'impulso ad una ulteriore espansione degli Slavi fu all'inizio dato dai barbari che vennero ad urtare contro gli estremi confini del mondo slavo; gli Unni di Attila e compagni, infatti trascinarono nel loro movimento anche una parte degli Slavi. Un gruppo di questi rimase poi stanziato sul basso Danubio, completamente separato dal resto della propria nazione; ed approfittando della debolezza dell'impero d'Oriente anche costoro, allettati anche dall'esempio dei Germani, Unni e Bulgari, si diedero a compiere sempre più forti scorrerie oltre il Danubio, scorrerie che dalla fine del VI secolo si tramutarono in invasioni e dov'e fu possibile, in occupazioni permanenti.

Ma il movimento di espansione non si arrestò. Già da un pezzo infatti gli Slavi si erano spostati verso ovest penetrando in territorio che era prettamente germanico, come mostrano i nomi dei fiumi che lo bagnano: Elba, Havel, Elster; ed, in seguito allo sgombero delle relative regioni da parte degli Svevi, Longobardi, ecc., nuclei di Slavi dilagarono fino alla Fulda, alla Turingia (Erfurt) e all'alta Franconia (Vendi del Meno, Pegnitz, Regnitz); ne fa prova il distacco dal vescovado di Wúrzburg della circoscrizione del nuovo vescovado di Bamberg con lo scopo della loro conversione in quei territori occupati.

Lo spostamento poi dei Quadi e dei Marcomanni permise anche la loro definitiva espansione nella Boemia e Moravia meridionale. Sul Danubio, presso Vienna, di cui gli Slavi conservarono il nome celtico, questa corrente proveniente da nord incontrò l'altra che risalendo dal sud il fiume, lungo la Drava e la Mura, si infiltrò nelle valli alpine e si propagò da un lato sino all'Enns e dall'altro fino in val Pusteria (Tirolo) e discese perfino nelle regioni friulane e venete con le ultime ramificazioni.

Ma una permanente ricongiunzione degli Slavi occidentali e meridionali venne impedita dal fatto che fra gli uni e gli altri si incastrarono ben presto gli Avari, avanzando da oriente; e dopo di essi i Magiari separarono per sempre i due gruppi del mondo slavo.

Il nucleo principale degli Slavi rimase tuttavia nella patria d'origine: i Polacchi cioè, che si erano soltanto estesi un poco verso ovest nella Slesia, e, alle loro spalle gli antenati di quelli che in seguito si chiamarono Russi.
Ma tutti costoro vivevano in uno stato di completa disgregazione, ed erano facile preda dei vicini; persino il nome di schiavo deriva dal nome del popolo dei cui membri gli ebrei riempivano i mercati di schiavi di Europa e d'Asia.

Quand'ecco un uomo concepì il geniale disegno di unificare spiritualmente tutti gli Slavi, come un primo passo che forse avrebbe potuto portare in seguito anche alla loro unificazione politica.
Il Cristianesimo avrebbe dovuto essere questo elemento unificatore. Gli Slavi non si mostrarono da nessuna parte ostili ad accogliere la nuova fede, e la loro conversione procedette ovunque senza vere e proprie opposizioni, salvo quando fu presa a pretesto di oppressione e di sfruttamento.

Nel IX secolo tuttavia non erano ancora convertiti che gli Slavi meridionali, Slovacchi, Moravi ed in parte i Boemi; nell'860 si decisero a convertirsi anche i Bulgari. Ma gli Slavi occidentali erano per forza di cose rimasti attratti in seno alla chiesa romana, mentre gli Slavi meridionali avevano prestato obbedienza alla chiesa bizantina; soltanto se il principe Boris di Bulgaria si fosse deciso ad abbracciare il cattolicesimo si sarebbe potuta evitare la quasi naturale scissione degli Slavi in due confessioni diverse, guadagnandoli tutti alla confessione romana.

Viceversa sorse un uomo, di nazionalità greca, essendo nato a Salonicco, ma vivente in un ambiente sempre popolato di Slavi, il quale si propose di eliminare la concorrenza di Roma nella definitiva cristianizzazione degli Slavi. Costui, di nome Costantino, a differenza degli altri ecclesiastici greci, eloquenti e propagandisti sempre disposti ad andare peregrinando, era un asceta coltissimo che aveva preferito ai rumori del mondo la solitudine della sua cella; ma nel tempo stesso nutriva un fervido attaccamento alla sua chiesa (la Bizantina, quella ortodossa) ed aveva dovuto con i propri occhi convincersi che questa rispetto a Roma ed all'islamismo andava continuamente perdendo terreno.

Infatti la chiesa romana aveva messo radici in tutte le regioni occidentali, dalla Moravia alla Dalmazia. Costantino comprese che, se voleva scalzare Roma, doveva avere qualcosa di particolare da offrire agli Slavi per attrarli. La sua grande idea fu l'elevazione della stessa lingua slava a lingua liturgica, una cosa che la chiesa romana, dato il suo carattere universale, non poteva concedere. Esigeva il latino, che da quello originale romano, era ormai più soltanto quello canonico (ieratica, sacerdotale) e solo dagli ecclesiastici accessibile. E con i testi solo in mano a loro (altri non ven'erano in circolazione) per tutti gli altri era invece decisamente una lingua incomprensibile. I preti parlavano una lingua, tutti gli altri popoli un'altra, quella locale con radici antichissime, considerate dalla Chiesa tutte "volgari".

Ma Costantino per attuare un simile progetto l'ambiente di Salonicco non era propizio; certamente esso avrebbe naufragato di fronte all'ostilità dei Greci. Quindi Costantino si decise ad emigrare, accompagnato da suo fratello Metodio, e scelse come teatro di questo esperimento la Moravia, la regione cioè più vicina che avesse uno stato organizzato semi-indipendente.
In Moravia la progettata innovazione, la liturgia slava, incontrò un certo favore, ma
ben presto i due fratelli dovettero convincersi che non l'avrebbero spuntata se non ottenevano il consenso di Roma, perché il clero latino della città dei Papi, contestava decisamente l'ortodossia del sistema.

Ed allora essi si misero in viaggio e passando per la Pannonia, dove convertirono alla causa della liturgia slava i principi slavi dominanti attorno al lago Balaton sotto l'alta sovranità tedesca, si recarono (o forse furono bruscamente richiamati) a Roma (fine dell'867); Costantino vi morì (all'inizio dell'869) dopo avere assunto precedentemente il nome di Cirillo; Metodio riuscì invece a persuadere il papa a ricostituire l'arcivescovado di Pannonia venuto a mancare con le invasioni barbariche e ad affidarlo a lui, estendendone la giurisdizione a tutti gli Slavi, Moravi, ecc.

Ma i vescovi tedeschi non vollero accettare questo decreto del papa; essi consideravano la Pannonia come casa propria e Metodio un intruso; di modo che senza tante cerimonie lo presero e lo gettarono in un carcere (870), dal quale soltanto le minacce di anatema da parte del papa riuscirono a liberarlo (873). Ma egli abbandonò la Pannonia ed ottenne la sedia arcivescovile di Moravia, il cui nuovo sovrano Sventopelk dall'874 mantenne continuamente pacifici rapporti con i tedeschi.

Il nuovo arcivescovo di Moravia non risparmiò fatiche per cercare di diffondere e far trionfare l'idea del suo defunto fratello. Per neutralizzare le ininterrotte accuse di eresia che gli provenivano dal clero latino-tedesco riuscì persino ad ottenere da papa Giovanni VIII (880) un'autorizzazione alla sua propaganda, ed un consenso uguale chiese ed ottenne da Bisanzio.
Ma in Moravia non badarono molto a questi suoi notevoli sforzi e Metodio non riuscì di persuadere il principe del luogo della indispensabilità ed efficacia della liturgia slava. La grande autorità morale di cui l'arcivescovo godeva come redditudine nella sua vita e per il suo zelo di credente trionfò nonostante tutti gli attacchi, anche se gli effetti della sua opera non sopravvissero alla sua scomparsa (m. nell'885).

Quest'opera di Metodio non fu più in grado di resistere agli assalti degli avversari, che seppero trarre dalla loro parte il nuovo papa Stefano V, e ben presto i suoi seguaci, i «Metodiani » furono costretti ad abbandonare per sempre la Moravia. Essi trasmigrarono principalmente in Bulgaria.

L'idea che non aveva potuto mettere radici fra gli Slavi occidentali divenne invece la pietra angolare su cui si levò l'edificio dell'unità spirituale degli Slavi orientali; la liturgia slava trovò grande accoglienza in Bulgaria e la allora debole Bisanzio dovette bene o male adattarsi ad acconsentirvi. La liturgia slava mantenne la conquista fatta in Bulgaria e conquistò inoltre i Serbi ed i Russi.

Lo scisma che separava la chiesa occidentale dalla chiesa orientale si riprodusse in seno a tutto il mondo slavo. Così ad es. i Croati ed i Serbi sono linguisticamente un popolo solo, ma sono fieri avversari tra loro perché la religione li divide: i Croati sono cattolici, i Serbi ortodossi; i Polacchi ed i Russi vivono mescolati, ma la differenza di religione costituisce fra loro una barriera insuperabile. E questa diversità di religione generò pure due civiltà di tipo differente.

Insieme con lo splendore della cultura bizantina gli Slavi ortodossi ereditarono anche l'immobilità bizantina. La loro vita intellettuale non fu più rinvigorita da elementi nuovi e si verificò il fenomeno che il suo livello nel corso dei secoli, invece di elevarsi come in Occidente, andò - parallelamente alla bizantina - costantemente abbassandosi. La letteratura ecclesiastica slava si limitò a traduzioni di opere dei padri della chiesa, di compendi teologici ed annalistici, a pochi libri di lettura amena (romanzo di Alessandro, il romanzo religioso-educativo di Barlaam e Giosafatte e simili).
Tutta questa importazione fece si che, mentre la vita sociale batteva tutta un'altra strada, nel mondo letterario vi era solo il predominio degli ideali ascetici bizantini avversi al mondo; si ebbe allora un aperto dissidio tra la vita di tutti i giorni e i suoi esagerati censori spirituali; i suoi più innocenti piaceri, come il gioco, la danza, il canto, la caccia furono considerati dagli ecclesiastici, vale a dire da questi ascetici letterati, unicamente come trappole tese dal diavolo.

Così la letteratura perdette ogni contatto col mondo e sempre più si irrigidì nelle idee di un ascetismo intransigente e infecondo.
I due fratelli Cirillo e Metodio avevano concepito il loro disegno per tutta la nazio
nalità slava, mentre la sua unità si era già da secoli spezzata; l'iniziale separazione dei vari gruppi di Slavi nello spazio si era trasformata in diversità di lingua, di cultura, di organizzazione politica.

Ma il sentimento della parentela di sangue fra gli Slavi non si estinse mai completamente e sino al XII secolo rimase anzi vivo; la Polonia, la Boemia ecc. non si caratterizzarono che come «province della Slavia», e se in seguito gli Slavi perdettero di vista questa loro comunanza nazionale, nuovi pericoli sorsero che pensarono a ricondurla alla loro memoria.

Il «panslavismo», sebbene sotto svariatissimi atteggiamenti, ha una storia antichissima e non é affatto una novità del XIX secolo. Tuttavia una storia comune degli Slavi aveva cessato di esistere assai prima che sorgessero Cirillo e Metodio; non si può da allora parlare che di tante storie distinte dei singoli gruppi e rami di questo popolo, di altrettanti svolgimenti di varia durata e continuità, che nei gruppi occidentali e meridionali spesso rimasero troncati precocemente per sempre, e che ad ogni modo soltanto nei gruppi orientali hanno condotto alla formazione di grandi organismi statali duraturi.

Nel nostro primo capitolo sugli Slavi parleremo intanto
del primo gruppo, quello Occidentale...

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