RELAZIONE DELL'AMMIRAGLIO ERNEST J. KING
Comandante in Capo della Flotta degli Stati Uniti e Capo delle Operazioni Navali


LA CAMPAGNA DEL PACIFICO SETTENTRIONALE

Poichè le Aleutine costituiscono una specie di strada per gli aerei tra il continente nord-americano e l'Estremo Oriente, il loro valore strategico appare evidente. D'altra parte, quella catena di isole rappresenta una delle più difficili zone di guerra di tutto il mondo; si tratta non solo di isole montuose e rocciose, ma le condizioni metereologiche nella parte orientale delle isole sono sempre cattive; le nebbie sono quasi costanti e fittissime; venti violentissimi (conosciuti sul luogo col nome di "Williwaws") con relativo mare grosso rendono difficile ed incerta qualsiasi operazione in quella zona. Il Mare di Bering è stato definito una "fabbrica di tempeste," perchè durante i mesi invernali si formano lassù una o due tempeste alla settimana, che poi viaggiano in direzione est e sud-est.

Nel maggio 1942, quando cercavamo di calcolare i vari rischi a cui andavamo incontro nel disporre le nostre forze, consideravamo Dutch Harbor nelle Isole Aleutine come un possibile obiettivo nemico. Organizzammo quindi un complesso di forze per le operazioni in quella zona e ne affidammo il comando al contrammiraglio R. A. Theobald: questi aveva alle sue dipendenze tutte le forze americane e canadesi stazionate nel Pacifico Settentrionale, incluse le unità navali ed aeree.

Il 3 giugno 1942, mentre la Battaglia di Midway stava appunto incominciando, bombardieri d'alta quota giapponesi, lanciati probabilmente da navi porta-aerei, attaccarono Dutch Harbor. La posizione della forza attaccante non fu subito individuata, perchè subentrò la nebbia: le intenzioni dei nemico rimanevano perciò oscure. Ma dopo pochi giorni scoprimmo che i Giapponesi si erano diretti verso occidente ed avevano effettuato degli sbarchi sulle isole di Kiska e Attu, dove avevano iniziato delle costruzioni.

Durante i mesi di giugno e luglio, nonostante il maltempo, i nostri sottomarini e la nostra aviazione riuscirono con una serie di attacchi ad impedire l'arrivo di grossi rinforzi giapponesi. Squadriglie da bombardamento dell'esercito degli Stati Uniti e unità dell'aviazione canadese contribuirono non poco a queste operazioni, come pure a quelle dei mesi successivi.

Il 7 agosto, il contrammiraglio W. W. Smith, con una formazione di incrociatori e di cacciatorpediniere bombardò gl'impianti costieri di Kiska; ma, a causa della scarsa visibilità, il danno non potè essere accertato. Il bombardamento servi, tuttavia a dimostrare la necessità di possedere basi aeree più vicine a quelle occupate dai Giapponesi: per conseguenza alla fine di agosto occupammo l'Isola di Adak, nel gruppo delle Andreanof. Nel gennaio 1943 occupammo Amchitka, notevolmente più vicina a Kiska, ed in febbraio i nostri apparecchi da caccia erano in grado di operare da quella base. A quel tempo avevamo fatto progressi anche nell'impiantare ed equipaggiare la base di Adak. Intanto Kiska veniva attaccata quasi giornalmente dagli aeroplani di base alle Andreanof.

A causa delle condizioni metereologiche, ed anche perchè le nostre forze erano impegnate in altre zone, non facemmo altri attacchi sulle isole fino alla primavera del 943, oltre le incursioni aeree ed il summenzionato bombardamento dal mare.

LA BATTAGLIA DELLE ISOLE KOMANDORSKI

Stando così le cose, il nemico, verso la fine del marzo 1943, per rinforzare le sue due guarnigioni, mandò in quella zona un convoglio piccolo, ma fortemente protetto. Nelle prime ore del mattino del 26 marzo una formazione appartenente alla nostra flotta del Pacifico settentrionale, al comando del contrammiraglio C. H. Morris, si scontrò con la formazione nemica, composta di incrociatori pesanti e leggeri, alcuni cacciatorpediniere e navi mercantili, che si trovavano a poco più di 100 km. a sud della Penisola di Komandorski. La nostra formazione, benchè inferiore di numero, si preparò subito all'attacco.
Ne seguì un duello di artiglierie tra i nostri incrociatori Salt Lake City e Richmond e gl'incrociatori nemici; i nostri cacciatorpediniere attaccarono poi con lancio di siluri, dopo di che il nemico si ritirò in direzione di Paramushiro, 800 km. a ovest. I danni da noi subiti furono lievi e le vittime furono poche. Non si può calcolare esattamente il danno inflitto l nemico, ma è certo che avevamo impedito ad una superiore forza nipponica, attaccandola per tre ore consecutive, di rinforzare le guarnigioni giapponesi di Kiska e Attu.

L'OCCUPAZIONE DI ATTU

Durante il mese di aprile, il tempo cattivo impedì considerevolmente lo svolgersi delle nostre operazioni, ma verso la fine del mese un gruppo di incrociatori e di cacciatorpediniere fu mandato a bombardare l'Isola di Attu.
Intanto avevamo completato i piani per un attacco vero e proprio su Attu. Una squadra composta di corazzate, una nave porta-aerei ausiliaria, cacciatorpediniere, navi ausiliarie e da trasporto di truppa fu posta agli ordini del contrammiraglio F. V. Rockwell, che era a sua volta alle dipendenze del contrammiraglio Kinkaid. In aggiunta alla squadra del contrammiraglio Rockwell, ce n'era un'altra composta di incrociatori e cacciatorpediniere al comando del contrammiraglio Robert C. Giffen ed una agli ordini del contrammiraglio McMorris. Tutta l'operazione doveva essere appoggiata dall'aviazione dell'esercito agli ordini del maggior generale Albert F. Brown. Le truppe furono imbarcate sulle navi da trasporto di truppa.

La mattina dell'11 maggio furono eseguiti degli sbarchi sulla costa settentrionale di Attu, e le nostre truppe avanzarono verso l'interno. Nel pomeriggio furono effettuati altri sbarchi a Massacre Bay ed anche a Holtz Bay. Questi sbarchi furono protetti dalle nostre unità navali, e negli aspri combattimenti che ne seguirono, parecchie unità navali appoggiarono le truppe dell'esercito con tiri d'artiglieria e copertura aerea. II 31 maggio ebbe termine la fase di "rastrellamento" e l'isola fu tutta in nostro possesso. Le forze nemiche erano state praticamente annientate.

L'OCCUPAZIONE DI KISKA

In seguito all'attacco su Attu, facemmo i preparativi per un simile assalto a Kiska. Quest'isola, durante i mesi di luglio e agosto fu continuamente bombardata dall'aria e parecchie volte anche dal mare.
Quando le truppe d'assalto sbarcarono sull'isola il 15 agosto trovarono che i Giapponesi avevano evacuato l'isola, approfittando della nebbia. Così ebbe termine la campagna delle Aleutine: le nostre forze erano ancora una volta in possesso di tutta la catena di isole.
NOTA: Pur non avendo alcun rapporto con la campagna fin qui descritta, il bombardamento di Paramushiro, effettuato da una formazione agli ordini del contrammiraglio W. D. Bàker, ebbe luogo il 4 febbraio 1944. I nostri apparecchi provocarono vasti incendi, mentre le nostre unità non subirono alcun danno. Tale bombardamento tuttavia va incluso in questa parte della presente relazione, perchè ebbe luogo nel Pacifico Settentrionale.

L'ATTIVITÀ DEI SOTTOMARINI

La debolezza della nostra flotta asiatica era parzialmente compensata dai 29 sottomarini ad essa assegnati, giacchè essi erano in grado di operare in acque dominate dal nemico: i nostri sottomarini infatti, appena scoppiata la guerra, presero subito l'offensiva. Quando le nostre unità di linea si ritirarono a sud dalle Filippine, i sottomarini (al comando del capitano di vascello, ora contrammiraglio, John Wilkes) riuscirono a ritardare l'avanzata nemica e a dare appoggio intermittente alle nostre forze superstiti nelle isole. Mentre i Giapponesi avanzavano dalle Indie Orientali Olandesi verso le Salomone, i sottomarini, continuavano ad interrompere le linee di comunicazione nemiche e da allora in poi hanno sempre continuato i loro efficacissimi attacchi contro le navi da guerra e mercantili nemiche.

Al principio della guerra il contrammiraglio T. Withers comandava i sottomarini della flotta del Pacifico. Il contrammiraglio R. H. English, che lo sostituì nel maggio 1942, fu ucciso in un incidente di volo nel gennaio 1943. Da allora in poi le operazioni sempre magnificamente eseguite dei sottomarini addetti alla flotta del Pacifico, sono continuate agli ordini del vice ammiraglio Lockwood, che precedentemente comandava i sommergibili della Squadra del Pacifico sud-occidentale. Il contrammiraglio R. W. Christie gli succedette nel comando di questa parte della flotta.

I sottomarini della flotta Atlantica dalla primavera del 1942 erano al comando del contrammiraglio F. A. Daubin. L'attività dei sottomarini nell'Atlantico, consistente soprattutto in un'opera di allestimento e di esercitazione, hanno contribuito grandemente a far sì che ogni sommergibile, appena raggiunta la sua destinazione nel Pacifico, potesse subito prender parte ad operazioni belliche.

Senza un adeguato contingente di navi, il Giappone non può resistere, e meno che mai proteggere le sue forze nelle isole del Pacifico. Oltre a ciò, i cantieri giapponesi hanno una capacità limitata: le navi giapponesi costituiscono perciò l'obiettivo naturale dei nostri sottomarini, che infatti hanno arrecato alla flotta nemica ingentissimi danni.

Per ovvie ragioni di sicurezza, è possibile accennare alle operazioni sottomarine in tutto il Pacifico soltanto in termini molti vaghi; ma si può dire che nessun ramo della marina ha compiuto più-scrupolosamente il suo dovere. I comandanti dei sottomarini sono capaci, arditi e pieni di iniziativa; gli equipaggi bene allenati ed espertissimi; il morale è molto elevato, ciò che si spiega, dati i successi fin qui riportati nella guerra sottomarina. Dal punto li vista del materiale, i nostri sottomarini sono in ottime condizioni; siamo riusciti a mantenerli al più alto livello di efficienza e ad applicare gli ultimi perfezionamenti consigliati dal progresso e dalla scienza.

La versatilità dei nostri sottomarini è stata così evidente durante tutta la guerra, che i Giapponesi sanno troppo bene che in nessuna zona del Pacifico sono al sicuro da attacchi sottomarini. Quando si potrà rivelare tutto ciò che è stato compiuto in questo campo, si scriverà uno dei più interessanti capitoli nella storia della guerra navale.

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