BIOGRAFIA DEI 120 DOGI DI VENEZIA (3)

.

< QUI INIZIO

 ANNI 1118 - 1253

XXXV - DOMENICO MICHIEL (1118-1130)
Figlio dell'ammiraglio Giovanni (comandante della flotta in Terrasanta durante la prima spedizione della prima crociata) e nipote del Doge Vitale I. Di famiglia apostolica e militare per antonomasia. 
Il dogado di Domenico Michiel fu impostato tutto su conquiste di territori del vicino oriente, al seguito delle spedizioni crociate.
Uno dei suoi primi editti ristabilì, con estrema noncuranza di quanto non fosse stabilito precedentemente dal Minor Consiglio o Senato e dall'Assemblea Generale che avevano abolito co-reggenze e discendenze, considerata la sua "assenza" dalla città, i "Venetie Presìdes" ovvero uno dei figli ed un nipote per il governo degli affari economici e politici, ristabilendo di fatto, un potere assoluto.
Il tempo di armare una flotta di ben 40 galere, 40 navi onerarie e 28 navi rostrate e Domenico Michiel partì, nell'aprile del 1123, in soccorso di Baldovino II (Re di Gerusalemme) e prigioniero dei saraceni.
La flotta veneziana arrivata in prossimità del porto di Ascalona (odierna Ashqalone) fu circondata dalla flotta egiziana accorsa a difesa del sultanato di Tiro, ciònonostante i veneziani riuscirono a sbaragliare gli avversari. 
L'azione continuò, quindi, muovendo assedio alla stessa Tiro che fu presa dopo cinque mesi con uno stratagemma simile a quello che servì ai greci per conquistare Troia.
I crociati accolsero il Doge da trionfatore e gli offersero il regno di Gerusalemme, disperando di poter liberare Baldovino II.
Ma gli interessi dogali erano rivolti a Bisanzio che aveva nel frattempo disatteso gli editti e la "bolla d'oro", consentendo ai pisani di avere un quartiere e liberi scambi in Costantinopoli, e la promessa di risarcimento in caso di ritorsione veneziane.
Stante la situazione Domenico Michiel volse la flotta verso i territori sotto l'egida di Bisanzio e del suo Imperatore Calojanni.
Pose a ferro e fuoco e saccheggio, una dopo l'altra le isole di Rodi, Samo, Chio, Lesbo, Andro, Modone e Cefalonia.
L' altro problema con l'Ungheria di Stefano II fu risolto alla stessa maniera con le città dalmate di Traù (odierna Trogir) e Spalato, riconquistate nel maggio del 1125. Nello stesso mese Baldovino II fu liberato e concesse al Doge i privilegi ottenuti nel regno di Gerusalemme.
L'imperatore di Bisanzio, messo alle strette, chiese la pace e nel 1126 emise una nuova "Bolla d'oro" nella quale si riaffermavano i privilegi di Venezia a Costantinopoli e nei territori imperiali. 
Nonostante avesse ricostituito il potere assoluto, il ritorno del Doge fu un trionfo di popolo.
Dopo il suo ritorno si dedicò al ripristino della normalità cittadina che aveva assunto aspetti di inquietante delinquenza, pose il divieto di travestimenti o l'applicazione di barbe posticce "alla greca", e fece illuminare, a carico dei curati, tutte le edicole o capitelli votivi affinchè calli e campielli non dessero più vita al malaffare delle tenebre. 
Questo grande Doge abdicò nel 1130 e dopo pochi giorni morì, le sue spoglie in un primo tempo deposte a San Giorgio in isola, furono disperse quando i frati decisero di ampliare la chiesa.

XXXVI - PIETRO POLANI ( 1130-1147)
Genero di Domenico Michiel per aver sposato la figlia Adelasa Michiel.
Il potere assoluto, decretato dal predecessore, vide le famiglie apostoliche e, quelle emergenti, alleate nella continua altalena sulla successione dei poteri. 
Il popolo, in teoria sovrano, continuò ad essere manovrato attraverso le convenienze ed i connubi di interessi ben diversi.
Contro l'elezione di Pietro Polani si schierarono, più o meno apertamente, le famiglie Badoer e Dandolo.
Il Doge, più intento ai problemi di casa, trascurò l' aspetto estero del suo mandato, cosicchè gli ungheresi riconquistarono Sebenico, Traù e Spalato in terra dalmata(1133 -1135). 
I Padovani, invece, tentarono di allargarsi verso la laguna per abbattere il monopolio del sale detenuto da Venezia. 
Gli anconetani, dal canto loro, tentarono di sortire verso nord, quale espressione delle volontà papaline per il predominio della città lagunare, in vista della definitiva conquista del vicino oriente il quale, ovviamente, avrebbe potuto avere esclusivamente un supporto tattico-logistico fornito da una flotta. 
La complessità della situazione che si stava esplicitando fece stabilire a Venezia, in maniera definitiva, una conclave di "sapiens o senatores" a supporto delle decisioni dogali.
Venne sancita e legiferata, in pratica, l'attività del "Minor Consiglio", con possibilità di far prevalere la logica di stato sugli interessi personali o di famiglia.
L'attività dei "sapientes" si noterà fin da subito attraverso pochi atti ma estremamente significativi:
l'estromissione dei poteri eclesiastici dalle attività politiche, con l'affidamento alla città di Fano di contrapporre le velleità anconetane; il mancato appello alla seconda crociata del 1044 bandita da papa Lucio II; gli accordi sul sale con i padovani e la cessazione dei conflitti; la cacciata dei pisani da Zara.

Ma la nobiltà vecchia e nuova non fu comunque appagata per come si svolsero le cose. Contro il doge insorsero le vecchie e nuove famiglie quali i Badoer, Falier, Michiel e Morosini, Dandolo che costrinsero il Doge a scelte "obbligate" nei confronti di Bisanzio.
L'iconoclastia imperversava, così come stavano imperversando i normanni, la seconda crociata era già stata benedetta ed i Badoer si schierarono con queste tesi.
Da Bisanzio arrivarono al Doge le conferme di tutte le cariche possibili e con tutti gli onori la riconferma dei vantaggi commerciali sulle isole di Candia, Cipro, Chio e Rodi.
Dopo di che, senza altri indugi, il Doge fece esiliare i Badoer e radere al suolo le proprietà dei Dandolo situate in "campo S. Luca".
In conseguenza a questi fatti e per l'appoggio a Bisanzio, papa Eugenio III emise una Bolla Papale con la scomunica di "Venezia e del suo principe".
Pietro Polani decise di partire per il vicino oriente con buona parte della flotta, non si sa perchè.
Probabilmente per recarsi a Bisanzio e rendere visita alle terre sottomesse, non è dato sapere.
Morì a Caorle, da dove stava organizzando la spedizione, nel 1147.

XXXVII - DOMENICO MOROSINI  (1147-1156)
Non sempre le eredità andarono perdute a Venezia, anzi, si potrebbe dire mai, nonostante tutto ed in questa circostanza anche nonostante il cambio di casato alla conduzione del "quasi Comune".
Infatti, Domenico Morosini subito dopo l'elezione, incassò la vittoria dell'armata veneziana sui normanni di "Giorgio d'Antiochia", a capo Matapan (punta estrema a S.O della penisola greca del Peloponneso).
L'armata era comandata dai figli Naimero e Giovanni, del predecessore Polani.
Egli stesso, di fama militare e quindi diplomatica, piuttosto che intrigato con le questioni di quartiere, riuscì a rappacificare le famiglie che si erano scontrate nel precedente mandato dogale, approfittando proprio delle vittorie militari dei figli del suo predecessore.
Le proprietà dei Dandolo furono ricostruite a carico dell' erario, i Badoer risarciti e, l' Ammiraglio Naimerio fu fatto convolare a giuste nozze con una nipote del Patriarca di Grado (leggi Olivolo... in Venezia): Enrico Dandolo.
Dopo tutto ciò considerato, la "terza potenza mondiale" il Pontefice ritirò la scomunica su Venezia e sul Doge che venne per di più nominato "dominator Marchie".
Il dogado di Domenico Morosini si profilò, quindi, all'insegna della diplomazia più sofisticata ed intelligente, confermata anche nello smorzare i toni verso le altre due "potenze mondiali" dell'epoca: l'Impero d' Oriente e l' Impero d' Occidente, verso le quali, a dimostrazione della buona volontà, abbassò il profilo politico-militare nei confronti delle Repubbliche di Genova e Pisa , con concessioni di quartieri e liberi dazi a Costantinopoli alla prima e, liberi scambi commerciali in Dalmazia con la seconda che, prontamente stipulò un trattato di pace.
Domenico Morosini morì nel febbraio del 1156.

XXXVIII - VITALE II MICHIEL ( 1156-1172)
Vitale II fu l'ultimo doge eletto dall' Assemblea Generale (o popolare), il Minor Consiglio stava già preparando una nuova convenzione elettorale. 
Nell'anno dell'investitura di Vitale II, Emanuele Comneno, Imperatore di Bisanzio, oltre a Venezia e Pisa stabilì nuove possibilità ad un terzo mercato: quello di Genova con concessioni quasi paritarie rispetto a Venezia.
La concessione di quartieri, esenzione da dazi a Genova venne a coincidere con la morte di Domenico Morosini.
Il quadro politico commerciale si andò così ingarbugliando sempre di più.
Se oltre mare le cose non andavano bene, in terra ferma stavano andando anche peggio: l'imperatore Federico Barbarossa stava riscoprendo le mire di Carlo Magno per il possesso delle isole lagunari ed il predominio sui veneziani e se a Costantinopoli si costituivano e si disfacevano vecchie e nuove alleanze con i mercanti di Pisa, a Verona si costruivano nuove alleanze con vecchi nemici contro lo strapotere imperiale.
Il più grosso impegno militare, oltre all'eterne vicissitudini di Zara, furono le battaglie del Friuli dove si era rifugiato il Patriarca di Aquileia Ulrico di Treffen (filogermanico), dopo aver distrutto il patriarcato e la città di Grado (veneziana per eccellenza).
Nel 1163, il Patriarca Ulrico fu sconfitto ed imprigionato assieme a tutti gli altri notabili e canonici e dichiarato traditore della patria.
Questa sentenza avrebbe potuto portare alle estreme conseguenze se non fosse stato per l' intercessione del Papa Alessandro III il quale, in nome di quell' alleanza contro il Barbarossa che verrà sancita dai Comuni italici con l'accordo di Pontida del 1° dicembre 1167 e che come Venezia aveva segretamente appoggiato.
Il Patriarca Ulrico fu liberato alla condizione di versare un tributo proveniente dalla sua Diocesi e costituito da 12 grossi maiali, di dodici grossi pani e di un toro per il sostegno dei carcerati e del popolo meno abbiente, da fornirsi l' ultimo giorno prima delle "ceneri" (ndr: cade sempre di venerdì) .
(ndr : furono dodici i notabili, dodici i prelati ed un patriarca a distruggere e violentare Grado).
Da questi fatti scaturirono una tradizione : il "giovedì grasso" ed un detto popolare: "tagliare la testa al toro" (nel senso di porre fine ad una questione). 
Ma per Vitale II è sul finire del proprio dogado che le cose finirono male. Nel 1171, a Costantinopoli furono arrestati circa 10.000 veneziani, rotti tutti i trattati e misconosciute le "Bolle Imperiali", gli stessi beni di Venezia furono confiscati, comprese le navi.
La risposta di Venezia non si fa attendere ma è labile ed incerta anche perché Bisanzio aveva già stretto "nuovi accordi sia con i pisani che con i genovesi.
La flotta fu decimata dalle armi dei delle altre due repubbliche italiche e dalla pestilenza.
La situazione portò ad una sommossa popolare in seno alla città di San Marco. Vitale II tentò di ricucire il "caos" con un azione diplomatica verso l' impero d'oriente ma questo, precedentemente mutilato ed umiliato nel potere ( da Domenico Morosini), rifiutò ogni tentativo di riconciliazione.
Vitale II Michiel morì pugnalato da Marco Casolo (uno dei fautori della rivolta, assieme a Ziani e Mastropiero, questi ultimi ambasciatori a Costantinopoli), all'interno del monastero di San Zaccaria, il 28 maggio 1172.
Nel frattempo gli insediamenti lungo il "Canal Grande" iniziarono a configurarsi, così come si stabilirono proprietà affacciate su questo grande letto di fiume padano. Mentre, sul lago di San Daniele, a forma di mezza luna, iniziarono le chiusure di spazi terracquei sui quali si stava fondando la più grossa attività industriale di Venezia: l'arsenale. 

XXXIX  - SEBASTIANO ZIANI  -  (1172-1178)
L'isolamento di Venezia, in questo periodo fu più che evidente. Sia per l'inimicizia di Bisanzio, sia per l'attrito con Federico Barbarossa il quale, si vide persino negare l' iscrizione imperiale sui coni della zecca veneziana, sin da Vitale II Michiel.
Considerata la situazione, Il Minor Consiglio o Consiglio dei Savi o dei Giudici, approfittò per imporre una svolta nelle decisioni elettorali, dogali e di conseguenza popolari.
Dopo una "vacatio di quattro mesi", la decisione di alcuni capi famiglia, tra i quali Pietro ed Enrico Dandolo assieme al figlio Ranieri, riusci ad imporre Sebastiano Ziani, presentato all'Assemblea Generale" con le seguenti parole: " questo xe misser el Doxe che ve piaxa o 'no ve piaxa" (questo è il signor doge che vi piaccia o meno).
L'elezione di Ziani era stata però subordinata al fatto che il doge stesso non avrebbe mai più potuto agire senza l'assenso dei suoi undici consiglieri.
Questa sorta di riforma, seppur insignificante all'apparenza, considerato che le cose funzionavano più o meno così da tempo, fu invece di grandissima importanza per la stabilità della politica veneziana.
Il rafforzamento della nuova legittimità nell'elezione del Doge fu derivata, in primis, perchè questi iniziò subito la tradizione di distribuire denari propri alla folla, da una sorta di "sedia gestatoria", condotta intorno a piazza San Marco e Rivo Alto, definita pozzetto (ndr: una sorta di larga tinozza portata a spalle da portantini, a mezzo di due stanghe infisse nella parte superiore della tinozza stessa).
Il secondo atto, immediatamente successivo, fu quello di punire il colpevole dell'uccisione del suo predecessore, mediante il taglio della testa nella pubblica piazza.
In effetti, la munificenza e la giustizia (almeno apparenti), comminate da uno ma condotte da molti, sancirono una nuova epoca.
Il terzo fu quello di poter far assurgere al soglio anche un delinquente, se questi si fosse stato assoggettato al potere degli "undici savi" e soprattutto, in virtù della carica fosse disposto a rinnegare il suo passato, ad essere munificente e saggio con il consiglio degli "undici".
Sebastiano Ziani, ricchissimo commerciante aveva fatto la propria fortuna sul contrabbando del pepe e nell'attività dell'usura.
Ciononostante, a seguito di attività diplomatiche e grazie agli ambasciatori, in particolar modo appartenenti alle famiglie che ne avevano determinato l'elezione, il Doge riuscì a ricondurre Venezia ed i veneziani su una posizione centrale rispetto alle tre potenze mondiali.
Con Bisanzio riuscì a ricucire le lacerazioni, grazie alla protezione militare delle navi bizantine per gli scambi commerciali in Adriatico.
Con Barbarossa riuscì a far rientrare i rapporti mediante il blocco navale di Ancona ( nonostante Venezia appoggiasse la lega di Pontida), città già assediata dalle forze imperiali che intendeva così rompere gli appoggi bizantini verso l'entroterra.
Con il papato rafforzò la propria credibilità, ampliando ed impreziosendo la Basilica di San Marco nonché accreditando maggiori presenze clericali in città.
La pace con Federico Barbarossa avviene il 24 luglio 1177 e sarà l' Imperatore stesso a condurre per le briglie la cavalcatura del Doge in piazza San Marco, dove sulle soglie della Basilica abbraccerà le ginocchia di Papa Alessandro III.
Dopo tanta gloria, Sebastiano Ziani (l'usuraio), onde garantire una sorta di neutralità e moralità nelle figura del Doge, volle perfezionarne la legge elettorale e pertanto sancì che dal consiglio degli "Undici" "quattro" avrebbero avuto il diritto all'elezione di altri " quaranta", i quali a loro volta avrebbero posto la candidatura definitiva.
Il Doge abdicò il 12 aprile 1178 e morì nel monastero di San Giorgio.

 XL Doge - ORIO MALIPIERO - Orio Mastropiero (o Malipiero) - (1178-1192)
Ziani e Mastropiero provenivano da una stessa radice, quella di essere stati prima ambedue ambasciatori presso la corte di Bisanzio e poi ambedue Giudici o meglio "Avogadori di San Marco" (ndr: carica assegnata antecedentemente a coloro i quali saranno definiti, in seguito," Procuratori di San Marco").
E se uno aveva fatto centro, secondo il consiglio dei Quaranta, tanto meglio l'altro che seppur più giovane aveva accumulato esperienza tanto quanto il suo predecessore.
Uno dei primi editti del Doge Malipiero fu denominato <<Promissione dal maleficio>> una sorta di compendio delle leggi in vigore ed una revisione delle pene, con emblematici spostamenti da e verso, in ambedue i sensi, quello amministrativo a quello penale.
(ndr: ad esempio se una persona si macchiava del delitto di furto più o meno grave, nei confronti di terzi veniva punito con la galera, nei confronti dello Stato con la pena di morte. Se una persona delinqueva con l'omicidio o con lesioni nei confronti di altre, avrebbe potuto subire, ipoteticamente, solo una sanzione amministrativa!)
Doveva in ogni caso fatta salva la proprietà conquistata, anche se naturalmente, la legge prevedeva la pena capitale per l'assassinio e per le le lesioni permanenti fino all'accecamento totale con l'asportazione dei globi oculari o con l'amputazione degli arti superiori o inferiori, nella loro integrità o parte di essi.
Un altro editto portò il numero degli aventi diritto al "Minor Consiglio" da quaranta a quarantasei, <<...a sodisfar la dimanda del puovolo>>.
Questi furono gli impegni del nuovo Doge fino al 1183.
Da quell'anno in poi, egli sarà completamente assorbito dagli eventi esteri che non possono trovare un espressione diversa da quella, fino a qui, più volte usata: il caos più totale.
(ndr: quando si usano assiomi quali "Prima Guerra Mondiale" bisognerebbe riconsiderare la storia nella sua complessità e forse , allora si capirebbe che di Prime Guerre Mondiali ne sono accadute più di una prima della "Prima" ancor prima di questa che non fu certamente l'ultima)
Bisanzio rinfocolato da rivendicazioni Pisane e Genovesi che rivendicarono gli indenizzi delle scorribande veneziane, per non contraddire Venezia in un primo tempo accondiscese salvo poi cacciare tutti, veneziani compresi senza il becco di un quattrino.
I <fondaghi>> (quartieri), le merci e gli averi dei mercanti italici furono requisiti per ordine di Alessio II Imperatore d'oriente e dell'età di dieci anni.
Bela III Re d'Ungheria riprese Zara ed iniziò a spadroneggiare in Dalmazia.
Guglielmo II successore di Federico Barbarossa avanzò pretese di riconquista sul Peleponneso e sulla Grecia.
Saladino conquistò Siria ed Egitto 
Nel 1188 fu proclamata la "terza Crociata" da Papa Gregorio VIII.
I Pisani si ricontrapposero a veneziani e genovesi.
I Genovesi si contrapposero a Pisani
I veneziani iniziarono una guerra di corsa (o corsara) contro tutti e tutto.
In terra ferma si accentuarono le contrapposizioni tra Comuni diversi ed all'interno degli stessi Comuni si contrapposero fazioni fratricide: "guelfi contro ghibellini".
A seguito della guerra di corsa veneziana si aggiunse anche quella normanna, contro pisani, genovesi, gli stessi veneziani, i dalmati, i saraceni e gli uscocchi, anconetani ed ancora tutti contro tutti.
Per Venezia sembrava fosse arrivata la fine: i boschi che davano legname per la costruzione delle navi, quasi completamente depauperati.
Le marcite per la coltivazione della canapa e del lino (estremamente importanti per la fabbricazione di corde, cavi e gomene le prime; per la tessitura di vele, effetti letterecci e di tovaglieria , le seconde), quasi completamente abbandonate.
Il Doge Mastropiero o Orio "Malipiero" (ndr: il popolo non perdonerà mai, anche se soggiogato, e per la sua "sfortuna", Mastropiero verrà tramandato come "Malipiero"). 
Sebastiano Malipiero abdicò nel giugno del 1192, dopo pochi mesi morì nella sua casa a San Maurizio.

  XLI  ENRICO DANDOLO   (21/7/1192-1205)
Risedate le diatribe con l'Impero d' Occidente, riconquistate le fiducie di quello d' Oriente, riappacificati i rapporti con lo Stato Pontificio, sembrava che i commerci, gli interessi e le politiche di Venezia ritornassero nel loro alveo naturale, dopo i trascorsi eventi, purtroppo così non fu.
Enrico Dandolo venne eletto dal "Consiglio" secondo i canoni stabiliti dal suo predecessore, durante le marinare scorrerie di pisani contro saraceni, di saraceni contro genovesi, di normanni contro gli uni e gli altri, di anconetani contro i normanni e saraceni e Venezia contro tutti, a difesa di quello che era stato sancito quale " Mare Venetianorum" ed inteso come tale da tutti gli Imperi e dallo Stato Pontificio, nonché dai Sultanati saraceni.
Il Doge fu eletto, nonostante la sua avanzata età ( sembra più di ottant'anni), perché dotato di una straordinaria saggezza ed esperienza unanimemente riconosciute e per la sua enorme ricchezza, mai ostentata, .
Prima di essere eletto Doge , Enrico Dandolo fu "Bailo " a Costantinopoli (nomina consolare di etimologia fiorentina) ed Ambasciatore a Ferrara.
Nonostante i buoni intenti di Bisanzio che, in maniera differente, riconobbe tutti i privilegi e le cariche onorifiche, inviando persino le spoglie di "Santa Lucia", il Doge si trovò nuovamente di fronte la flotta pisana, appoggiata da Ancona, per il predominio sul mare Adriatico.
Il "vecchio gigante" non si lasciò intimorire e con una sortita affidata a Tommaso Falier riuscì a snidare i pisani a Pola e da altre città dalmate. I pisani e gli anconetani sconfitti tentarono il rifugio a Costantinopoli dove però furono inseguiti e raggiunti dalla flotta veneziana.
I trattati in essere tra Bisanzio e Venezia non consentirono ulteriori ripercussioni sugli inseguiti e l'azione terminò con una parziale rivincita da parte di Venezia, correva l'anno 1195.
Altra sciagura capitò nel 1198 con l'ascesa al soglio pontificio di Innocenzo III, ovvero la proclamazione della Quarta Crociata avvenuta dopo il convegno del febbraio 1201 tenuto a Venezia.
Dopo gli accordi sulle eventuali future spartizioni economiche, nel giugno del 1202 iniziò la concentrazione dei crociati che avrebbero dovuto prendere imbarco sulla flotta veneziana.
La spedizione, questa volta però, come pattuito, sarebbe dovuta avvenire dietro il pagamento delle "spese vive", quantificate in circa 85.000 marchi d'argento di Colonia.
Ma mentre gli uomini armati erano impazienti di partire, della somma stabilita non si vedeva nemmeno l'ombra.
Da giugno si arrivò ad ottobre prima che Venezia formulasse una nuova proposta: << la presa definitiva di Zara, riconsegnatasi agli ungheresi, con l'ausilio dei crociati e poi la liberazione della Terra Santa>>.
Questa nuova ipotesi scatenò le ire di Papa Innocenzo III il quale, vedendo piuttosto una contrapposizione di interessi economici e colonialisti, anzichè l' innalzamento della cristianità, lanciò la prima "Scomunica" a Venezia.
Ciononostante Enrico Dandolo riuscì nel suo intento. La flotta veneziana con a bordo il vecchio Doge ed il figlio, "Capitano da Mar" (ammiraglio) Vitale, partì alla volta di Zara che in breve tempo fu presa.
Nell' aprile del 1203 la flotta fece vela su Costantinopoli con a bordo un notevole potenziale bellico ed una nutrita schiera di Crociati.
Nel 1204 Costantinopoli cadde, in maniera impietosa e saccheggiata in maniera disumana.
il bottino fu spartito per tre quarti a Venezia ed un quarto ai crociati. 
I duecento "grandi feudi" creati a Creta, dopo lo smembramento dell' Impero, furono assegnati a "Nobil Homini" veneziani, mentre quelli minori furono assegnati a soldati che si erano distinti nelle armi o anche semplicemente a gente del popolo. Altre isole maggiori dell' Egeo furono tenute da nobili veneziani in vassallaggio al neo- eletto Imperatore Baldovino di Fiandra.
L' imperatore fu eletto da un consiglio di Dodici nobili di cui sei veneziani e sei crociati, avendo il Doge rifiutato la carica massima (fu nominato però : "Signore della quarta parte e mezzo dell' impero di Romania").
Nei territori controllati da Venezia entrarono a far parte: la Morea meridionale, Negroponte, Epiro, Arcanania, Durazzo, Jannina, Arta e Gallipoli, nonchè Creta: venduta dal crociato Bonifacio di Moferrato. 
La patria non vedeva l'ora di poter riabbracciare il "suo" Doge, ormai quasi centenario, per poterlo glorificare, ma Enrico Dandolo forse anche consapevole di non poter sopravvivere al viaggio preferì rimanere nei territori conquistati e difendere Adrianopoli (Edirne), conquistata dai bulgari che avevano ucciso l' Imperatore Baldovino.
Morì il 1° GIUGNO 1205, cavalcando di ritorno a Costantinopoli, dopo un'ennesima battaglia e fu sepolto nella basilica di Santa Sofia.

XLII Doge - PIETRO ZIANI  ( 1205-1229)
Con Enrico Dandolo, Venezia non aveva solo affermato la sua grandezza militare ed economica ma anche politica, infatti le leggi promulgate ed il rispetto di esse consentirono alla Serenissima di consolidare ancora di più il suo status di città da cui trarre insegnamento.
Durante la "campagna" di Bisanzio, a Venezia rimase il figlio Ranieri Dandolo in qualità di reggente "pro tempore", il quale però in virtù delle leggi e nel rispetto di esse si fece immediatamente da parte quando, circa due mesi dopo arrivò la notizia della morte del padre.
Nonostante i veneziani rimasti a Costantinopoli avessero eletto a Doge Marino Zen, Il 15 agosto, i Quaranta Grandi Elettori elessero al soglio Pietro Ziani, figlio del defunto Doge Sebastiano (1172-1178).
Personaggio estremamente ricco ma virtuoso e sapiente, fu sposato la prima volta con una figlia di un "Procuratore di San Marco" : Mara Baseggio; la seconda, con Costanza figlia di Tancredi re di Sicilia.
Che fosse ricco non vi era dubbio, la sua famiglia vantava interi possedimenti, palazzi ed intere calli in città, come lungo la gronda lagunare e persino in Istria.
Che fosse saggio lo dimostrò il modo, mediante il quale riuscì a riorganizzare gli immensi territori derivati dal suo predecessore ovvero, facendo governare i possedimenti direttamente dalle nobiltà che vi si erano insediate e mantenendo con queste un rigoroso controllo di vassallaggio.
L'Epiro fu abbandonato perché impossibile da controllare, mentre occupò Corfù, Modone e Corone. Creta fu riconquistata tra il 1209 e 1210 perché, nonostante fosse stata regolarmente acquistata da Bonifacio di Monferrato, a Candia (odierna Heraklion) si era insediato il genovese Enrico Pescatore.
Dopo una cruenta battaglia (dove perse la vita Renier Dandolo), i veneziani entrarono trionfanti, il Pescatore fu cacciato ed al suo posto fu insediato Jacopo Tiepolo con il titolo di Duca di Candia.
Nel 1214 Pietro Ziani dovette nuovamente ricorrere alle armi... questa volta alle porte di casa: contro Padova e Treviso.
I pregressi rancori, mai sopiti, dei comuni limitrofi, che trovavano radici ancora in alcuni decreti dell'Imperatore Federico II di Svevia su concessioni, esenzioni, monopoli a favore di Venezia, trovarono sfogo con lo sconfinamento ed il saccheggio di Chioggia a causa di un futile motivo.
La causa fu determinata a Treviso quando, durante l'estate veniva indetto il gioco del "castello dell'amore", una sorta di piccola torre di legno nella quale erano convenute ragazze in cerca di marito e dall'alto della quale giovani padovani, trevigiani e veneziani lasciavano cadere fiori e frutta per conquistare la ragazza del cuore. Quell'anno la gioventù veneziana lasciò cadere ducati d'oro!
L'invidia e la gelosia scaturite, determinarono una zuffa enorme che sfociò poi in atti ben più concreti, come quelli più sopra descritti. 
Nonostante le continue belligeranze , tra il 1207 ed il 1220, a Venezia venne riorganizzata la magistratura ed il potere legislativo.
Il consiglio dei Quaranta fu rifondato e denominato << Quarantia>> il quale oltre ad avere giurisdizione nell'elezione del Doge doveva curare l'esame delle controversie in caso di delitti contro lo Stato e contro la persona, avvalendosi degli <<Avogadori di Comun>> (una sorta di ufficio istruttorio).
Furono inoltre instaurate: la magistratura del << Piovego>>(corruzione della desinenza latina publicorum) alla quale fu demandata la tutela del demanio, sia dal punto di vista patrimoniale, sia da quello della sua integrità e mantenimento e quella dell' <<Esaminador>> competente nelle controversie patrimoniali private e nell'usura.
Venne ricostituita la pace con i comuni veneti e rafforzata la diplomazia con comuni tradizionalmente orbitanti nella sfera pontificale, quali Bologna, Fano, Fano, Fermo e Castelfidardo, a scapito dell'irriducibile Ancona e sollevando le proteste di papa Gregorio IX.
Ma quello che più impensierì Pietro Ziani, durante il suo dogado, furono i veneziani di Costantinopoli, già in contrasto con la madre patria per la mancata elezione del loro prescelto, con l'andar degli anni avevano intrecciato rapporti sempre più stretti con l' Imperatore latino Pietro di Courtenay.
Inoltre vi era anche Teodoro Lascaris, Imperatore di Nicea che continuava a rivendicare diritti di successione sugli ex territori di Bisanzio.
Con quella situazione che si andava sempre più ingarbugliando, il Doge fu costretto a distaccare a Costantinopoli il Duca di Candia, Jacopo Tiepolo.
Pietro Ziani abdicò nel settembre 1228, lasciando ingenti somme di denaro a poveri, orfani, vedove, ospizi ed ospedali.
Si spense nel marzo 1229 e fu sepolto nel sepolcro del padre a San Giorgio.
La leggenda vuole che la sua abdicazione sia stata dovuta al mancato trasferimento del soglio dogale da Venezia a Costantinopoli. Atto fortemente voluto da Pietro, appoggiato da Jacopo Tiepolo e bocciato dalla Quarantia per un solo voto. 

XLIII - IACOPO TIEPOLO - (1229-1249)
Dopo l'abdicazione di Pietro Ziani parve quasi scontata l'elezione di Jacopo Tiepolo, già Duca di Candia e Podestà di Costantinopoli, anche se questa non fu scevra da colpi di scena dato che la Quarantia si divise equamente tra Tiepolo e Marino Dandolo e tanto da far asserire che il soglio fu estratto a sorte tra i due (ndr: più che a questa diceria, è più probabile che invece sia intervenuto il "Consiglio Dogale" per dirimere la questione del "giuramento sulla promissione ducale", ovvero il giuramento che bandiva qualsiasi forma di nepotismo in quanto: Marino Dandolo già di famiglia dogale e Jacopo Tiepolo imparentato con Pietro Ziani del quale divenne anche cognato postumo -1242- per aver sposato Valdrada, sorella di Costanza ed entrambe figlie di Tancredi di Sicilia).

Ormai l' organizzazione del potere legislativo si era data una struttura praticamente definitiva e se anche nel corso dei secoli varierà nelle consistenze e nei rapporti, l'impronta rimarrà quella fino alla fine:
Doge - Consiglio Ducale - (un consigliere per ogni sestriere)
Quarantia + Senato (il senato era anche detto consiglio dei "pregadi" o Consilium Rogatorium formato da 60 consiglieri )
Maggior Consiglio - (formato dai notabili veneziani e rappresentanti delle "scole" delle arti e dei mestieri)
Assemblea Popolare - (alla quale partecipava tutto il popolo che volesse partecipare riunito in piazza o su barche difronte al palazzo ducale)

Jacopo, proveniente ad una delle famiglie apostoliche di origini riminesi, anch'egli dotato di notevoli fortune, una volta eletto, ereditò però anche tutta la situazione lasciata dal suo predecessore con in più le mire degli Ezzelino da Romano (Signoria di Vicenza) i quali, appoggiati dall' Imperatore Federico II si erano impossessati di Padova, Verona e stavano volgendo su Treviso, tentando di scardinare il guelfo settentrione e quindi la rinnovata "lega lommbarda" a favore dell' alleanza ghibellina.
Nonché le mire di Ancona che, anch' essa alleatasi con l'Imperatore d' Occidente e Bela IV re di Ungheria stava tentando l'assedio ed il blocco navale di Costantinopoli e quelle degli Arconti di Creta che stavano tentando di sottrarsi al controllo veneziano.
La reazione di Venezia non si fece certo attendere, ma prima di muovere la flotta verso il vicino oriente, Jacopo volle assicurarsi una certa stabilità nell'entroterra della penisola italica e tentò una prima mossa diplomatica con l' invitò del 1230 a Federico II per una visita alla città.
L' Imperatore fu accolto con tutti gli onori e ricevuto dal Doge stesso a San Nicolò (allora considerata la "porta principale" della Serenissima). Federico II sorpreso da tanta ospitalità e bellezza confermò tutti i privilegi già posti in essere tra l' impero e Venezia, aggirando così le velleità degli Ezzelino, almeno temporaneamente.
Così si ebbe modo di organizzare la riconquista delle fortezze di Creta che ritornò sotto il controllo tra il 1233 e 1234, di predisporre la flotta capitanata dai figli del Doge che liberò prima Pola poi Zara ed infine dopo un inseguimento di "corsa" raggiunse ed incendiò la flotta anconetana.
Quest'ultima serie di vittorie consentì a Jacopo Tiepolo di concludere un trattato di non belligeranza con l' Ungheria.
Tornata in patria l' armata veneziana rivolse le proprie attenzioni ai capisaldi filo ghibellini e dopo averli smantellati ad uno ad uno, curò di insediarvi in ognuno di questi un proprio podestà, nominato dal Gran Consiglio.
Ultimo tocco diplomatico fu l'accordo di vassallaggio con Ferrara alla quale fu chiesto l'esclusiva sugli scambi commerciali provenienti da mare, in cambio di monopoli e privilegi verso l'entroterra.
Con la morte di Papa Gregorio IX, l'elezione di Innocenzo IV portò al Concilio di Lione (1245), al quale furono invitati gli ambasciatori di Venezia ma non quelli imperiali e dal quale scaturì (considerate le mire imperiali) , la scomunica per l' Imperatore e la "bolla" di disobbedienza per i suoi sudditi nei suoi confronti.
Sistemate le situazioni estere Jacopo mise mano al riordino delle leggi e regolamenti ed oltre a restringere sempre di più la "Promissione Ducale", fino ad interdire alla "Dogaressa" l'accettazione di qualsiasi dono che non fossero fiori e profumi, per la prima volta nella storia dell'umanità furono codificate e compendiate tutte le norme di diritto marittimo poste in essere e definite Capitulare Navium.
Jacopo Tiepolo abdicò nel maggio del 1249 per ritirarsi nella sua casa di Sant' Agostino (ndr: oggi Ca' Farsetti sede del consiglio regionale veneto) e dove si spense nel luglio dello stesso anno.
Il suo corpo fu deposto in un'arca nella chiesa di SS. Giovanni e Paolo, appositamente eretta dai domenicani in un'area comunale, dopo l'approvazione dell'Assemblea Popolare.
(ndr: SS. Giovanni e Paolo diventerà il "panteon" di Venezia). 


XLIV - MARINO MOROSINI (1249-1253)
La modalità dell'elezione del predecessore aveva in qualche modo fatto maturare la convinzione, all'interno del Maggior Consiglio, che non si sarebbe potuto perseguire la strada della Quarantia con un numero pari di elettori, ora non è dato sapere se questa fu la vera ragione per la quale Jacopo Tiepolo rinunciò al Dogado, sta di fatto che Marino Morosini fu eletto da una Quarantia di quarantuno elettori.
Del breve dogado di Marino Morosini, già Duca di Candia e Procuratore di San Marco, non furono riportate molte notizie, d'altro canto con la morte di Federico II, anche gli Ezzelino da Romano cessarono le scorribande ed i territori d'oltre mare erano stati precedentemente consolidati.
Le maggiori azioni furono di carattere prettamente diplomatico e commerciale, come gli accordi con Zara alla quale venivano riconosciuti gli stessi privilegi della "madre patria".
Altri accordi commerciali e di non belligeranza vennero sanciti con Ragusa, Tunisi e Genova.
Anche la chiamata alla sesta crociata, da parte di Luigi IX detto il Santo, fu ignorata, nonostante fosse stata invocata da Innocenzo IV fin dal Concilio di Lione; del resto i commerci con l' Egitto erano più che floridi e non vi era nessun motivo di dichiarare guerra al Sultano.
E, considerato che i rapporti con il Pontefice si stavano deteriorando, pur di mantenere lo stato di relativa calma, Venezia concesse l'insediamento di un Tribunale d' Inquisizione a condizione però che gli inquisitori fossero nominati dallo stesso Doge e dal suo Consiglio Ducale e che non avessero poteri di polizia o di magistratura ( ndr: come dire - se volete un tribunale ve lo concediamo ma in casa nostra comandiamo comunque, sempre e solo noi!). 
Marino Morosini morì il 1° gennaio 1253 e fu sepolto nel sagrato coperto della Basilica di San Marco.

PROSEGUI  1253 - 1797 > > 


HOME PAGE STORIOLOGIA