VENEZIA  IN CRONOLOGIA


20.000 - 193 d.C. 238-567 568-803
804-1172 1175-1284 1284- 1364
1364 - 1501 1501-2000 CRONO-BIOGRAFIA DEI DOGI

( pagine sempre in costruzione, in aggiornamento e miglioramento )

ANNO 238 d.C. - A nuovamente sconvolgere Aquileia, un'altra lotta di successione. Ad assediarla questa volta è Massimino il Tracio (proclamato nel 235 d.C. Imperatore in Germania dalle sue truppe, esasperate dall'indecisione di Alessandro Severo) Dichiarato nemico pubblico del Senato, decise di marciare su Roma. Il 10 maggio partendo dalla Pannonia, occupa con facilità Lubiana (Emona), passa le Alpi e si getta nella pianura aquileiese, iniziando l'assedio della città. Ma gli abitanti del territorio si erano intanto rifugiati ad Aquileia ed avevano pertanto aggiunto forze a quelle militari esistenti, componendo così un corpo di difesa spontaneo, che intendeva salvare la città a vantaggio di Roma. Coordinavano la difesa i consolari Crispino e Menefilo. Per ritardare l'avanzamento di Massimino, all'inizio della primavera  era stato abbattuto il grande ponte in pietra che superava l'Isonzo sulla via che scendeva dalla Valle del Vipacco (Fluvius Frigidus).  Per rappresaglia, da parte di Massimino, furono tagliate tutte le vigne del territorio attorno ad Aquileia, perchè gli abitanti si rifiutavano di accogliere e poi trattare con il "barbaro Massimino". L'attacco alla città risultò estremamente difficile più dalla parte degli assedianti che degli assediati. La situazione degli assalitori si fece ancor più difficile quando accrebbero la diffidenza e le ribellioni un pò dovunque; nella pianura padana s'ammassavano uomini a lui contrari ed anche a Ravenna: qui arrivò la notizia della sollevazione degli stessi soldati di Massimino, i quali , vista l'inutilità dei loro sforzi, uccisero lui e suo figlio Massimo.

 E' il primo episodio di una serie di lotte tra Imperatori di cui Aquileia sarà quasi sempre  testimone e partecipe fino alla caduta dell'Impero. 
E proprio per queste lotte, le presenze militari si intensificano in Aquileia, senza però che la città risenta molto della crisi romana che si va acuendo. Anche se la sua posizione di controllo come porta orientale d'Italia si fa sempre più rischiosa. Il nome di Aquileia compare sempre più spesso in occasione di guerre civili, di minacce barbariche e di invasioni vere e proprie.
Nei successivi anni ci sono infatti  infiltrazioni di Alemanni che devono essere ricacciati da Gallieno (260-268). Anche Claudio (268) deve accorrere sul Garda, e suo fratello Quintillo, incaricato di controllare i confini orientali, fu poi proclamato Imperatore ad Aquileia (270) ma contemporaneamente anche Aureliano  acclamato imperatore dalle sue truppe a Sirmio (270-275) deve accorrere più volte ad Aquileia.

ANNO 285 d.C. - Questa volta un imperatore invece di sconvolgerla o assediarla, gli toglie la qualifica di capitale. E' Diocleziano,  acclamato Imperatore associa al trono Massimiano e divide in due l'impero. Diocleziano fissa la sua residenza a Nicomedia, mentre Massimiano  la fissa a Mediolanum (Milano) e ne fa il centro della Diocesis Italica, togliendola ad Aquileia.

ANNO 293-297 d.C. - Diocleziano opere una serie di riforme con la cosiddetta tetrarchia.
(quanti passano a Piazza San Marco e non si rendono conto che a fianco della Basilica a sx, c'è il monumento dei tre tetrarchi abbracciati. Alto poco più di un metro, in marmo rossiccio; molti vi si appoggiano e non sanno che invece è un piccolo ma importantissimo monumento capolavoro; unico).
Aquileia non è più capitale, ma è sempre la città più ricca, più opulenta, e più organizzata. Quest'anno vi troviamo i due imperatori, le loro famiglie e la loro corte. Non escludiamo qualche soggiorno a Grado, che era già zona di villeggiatura dei ricchi aquileiesi. Ed è pure intuitivo che Grado partecipasse al benessere di Aquileia con la quale era collegata e per mezzo del Natisone e Natissa navigabile, e pare anche da una strada che distrusse poi il duca longobardo Lupo nel 662.
Ad Aquileia c'era  pure una zecca (una specie di "Banca Romana")  con ben tre officine per coniare monete.

ANNO 303-304 d. C. - Il soggiorno di Diocleziano e di Massimiano ad Aquileia in questo periodo  è legato all'ultima persecuzione contro i cristiani, che fu a lungo ricordata perche' diede dei martiri anche in Aquileia. La presenza degli Augusti segna l'ultimo atto di venerazione a Beleno, in antitesi al cristianesimo ed in omaggio al culto tradizionale.


ANNO 305-313 d.C. - Come nel resto d'Italia, stanno terminando le persecuzioni cristiane; ad Aquileia da una piccola e quasi clandestina comunità, nonostante le persecuzioni, si erano già contraddistinti  insigni  ecclesiastici (presenti nel Martirologio - I più noti sono Ilario e Taziano (morti sotto Domeriano, 284), Canzio, Canziano, Canzianilla (morti sotto Diocleziano e sepolti a San Canzian d'Isonzo, 303-304) e Proto, Ermacora e Fortunato, Crisogono). Ma è in questi anni che inizia una numerosa libera comunità cristiana. Con l'abdicazione di Diocleziano, inizia Costantino a imporsi nell'Impero,  con uno dei suoi primi editti (306) concedendo libertà di culto.
Il catalogo dei Vescovi della Chiesa d'Aquileia era iniziato con Ermacora, continua poi con quelli di Ilario, di due Crisogono, per giungere infine a Teodoro, Vescovo appunto tra il 308 e il 319. Questo fu il primo ufficiale Vescovo che sedette sulla cattedra di Aquileia dopo il rescritto di Costantino del 313, con cui si concedeva libertà al cristianesimo. E' lo stesso Vescovo che, assieme al Diacono Agatone firma gli atti del Concilio di Arles del 314 e che ha legato al suo nome i mosaici pavimentali delle due aule che egli volle ricostruire. In ambedue si trova infatti la stessa formulazione: THEODORE FELIX.

 i cristiani iniziano la costruzione di numerose chiese: il Battistero ottogonale, la Basilica della Beligna, la Basilica di Monastero, la Basilica di San Giovanni in Piazza, il Martirium di San Flavio; di questi edifici oggi non rimangono che le fondazioni e nei pavimenti superstiti ancora gli stupendi mosaici. Aquileia dopo l'editto edifica un vasto complesso di costruzioni.


ANNO
313 d.C. - Sconfitto Massenzio a Saxa Rubra a Roma, Costantino e Licinio si incontrano a Milano, si spartiscono le rispettive aree di potere: al primo l'Oriente, al secondo l'Occidente e promulgano il famoso "Editto di Milano" che abolisce ogni discriminazione religiosa.  Ma di fatto dominante è quella cristiana. Ad Aquileia viene eretto il primo luogo ufficiale di culto cristiano: le aule teodoriane dal nome del Vescovo Teodoro. Che dovrebbero essere il nucleo originario della basilica che farà poi su di esse costruire il Vescovo Poppone. Contemporaneamente si  costruiscono altre chiese: il Battistero ottogonale, la Basilica della Beligna, la Basilica di Monastero, la Basilica di San Giovanni, il Martirium di San Flavio: di questi edifici alcuni non rimangono che le fondazioni.
L'imperatore ad Aquileia possedeva un suntuoso palazzo -Si ricorda il panegirico in occasione del suo matrimonio con Fausta, figlia di Massimiano (307), in cui un dipinto absidale mostra la giovinetta nell'atto di offrire un elmo d'oro al fidanzato. Altri fatti sono legati alla dinastia Flavia avvenuti ad Aquileia o nei suoi dintorni: alcuni tragici, come la morte di Costantino Magno che registriamo più avanti, nel 339. 
Ma in questo 313 si registra uno degli ultimi soggiorni dell'Imperatore Costantino, prima di due grossi eventi, e prima del trasferimento della capitale a Costantinopoli (consacrata nel 330). 

ANNO 318 d.C. - Il primo evento e l'inizio della controversia ariana del prete alessandrino Ario che inizia quest'anno, e il secondo evento è quello dell'anno 325 con il Concilio di Nicea, che scomunica gli Ariani. Una questione che fu oggetto di una lunga disputa durata fino al 381, e quando ormai l'Arianesimo si era diffuso (per mezzo di uno zelante prete goto, Ulfila) fra le popolazioni barbare: germani, marcomanni, borgundi, svevi, vandali e anche..Longobardi (vedi qui intera storia) , che sono in questi anni ancora a nord oltre il Danubio, poi nel 487 scesero nel Feld (a est di Vienna), poi nelle terre dei Rugi,  Eruli, Gepidi,  infine quando nel 560 divenne re Alboino, i longobardi da lui guidati nel 568 invasero l'Italia (vedi più avanti).
L'abbiamo anticipata la cronaca di questa invasione, perchè, la questione ariana con i longobardi che professavano questa fede, creò ad Aquileia un grosso problema (ma anche in Italia). 

ANNO 329- 340 d.C. - Dopo la morte di Costantino a Nicomedia avvenuta l'anno prima, questo è l'anno che Aquileia per la disputa dell'impero assiste alla lotta fratricida  dei tre figli di Costantino. I tre fratelli per un precario accordo fatto in precedenza si contendono l'Impero. Costantino Magno proprio ad Aquileia dopo aver tentato un assedio, viene ucciso dal fratello Costantino II, che  fa scempio del suo cadavere.  Rimangono solo i due fratelli che si dividono l'impero  a Costantino II  l'Oriente e a Costanzo l'Occidente.

ANNO 342 d.C. - Al Vescovo Teodoro (308-319 c.a) successero Agapito e Benedetto, con i quali si giunge al 342. In questo periodo, ad Aquileia, oltre ai contraccolpi delle vicende politiche e militari seguite alla morte di Costantino, si intrecciarono le accese polemiche, provocate dall'eresia ariana, condannata nel 325 dal Concilio di Nicea. Il Vescovo di Aquileia, Fortunaziano (342-369), fu eletto in coincidenza con gravi tumulti scoppiati proprio negli edifici di culto aquileiesi e durante il Concilio di Sardi, (oggi Sofia) del 343, dove egli sottoscrisse gli atti contro gli ariani. Nel 345 Fortunaziano ospitò ad Aquileia Atanasio di Alessandria, che predicava l'ortodossia e lottava contro l'arianesimo. In questo periodo fu costruita una nuova grandiosa basilica. Ma Fortunaziano non fu sempre coerente con se stesso: nel 358, assieme ad altri Vescovi, sottoscrisse il credo ariano di Sirmio.
Valeriano (369-387/388) succeduto a Fortunaziano, fece uscire la chiesa di Aquileia da questa posizione ambigua: mentre Milano è ancora ariana, Aquileia acquista un ruolo importante tra le chiese dell'Italia settentrionale, non solo, ma anche in quelle adriatico-danubiane, del Norico e della Pannonia. Nel Concilio convocato da Papa Damaso a Roma (369-371), Valeriano appare come il capo degli ortodossi contro gli ariani, facendo in modo che Aquileia divenga un nodo primario, sia gerarchico che politico.

ANNO 361 d.C. - Costanzo nel 353 rimane unico imperatore, ma poi muore nel 361, ed  ecco un'altra disputa e un altro assedio di Aquileia per la contesa del trono imperiale fra Costanzo II (che resta ucciso, e Giuliano l'Apostata nuovo imperatore ma dura poco, nel 361 muore anche lui in una campagna militare.  Nel 367 è imperatore Valentiniano I che associa Graziano. Nel 375 morto Valentiniano unico imperatore d'occidente è il Piccolo Graziano di cinque anni. Nel 379 rispunta un giovane che da anni aveva lasciato l'esercito per lo sdegno verso Graziano  che aveva mandato a morte suo padre con tanta leggerezza: è Teodosio, che Graziano  l'anno dopo (dimenticando i torti fatti in gioventù) associa al trono.

ANNO 381 d.C. - Consacrato come vescovo di Milano (che è ormai la capitale, e sede imperiale di Graziano), s. Ambrogio, convoca un concilio antiariano  ad Aquileia. Anche perché, con l'ascesa di Teodosio a imperatore, questi ha emanato l'anno prima l'"editto di Tessalonica", firmato anche da Graziano; viene dichiarata religione ufficiale dell'Impero il cristianesimo; proibiti tutti i culti pagani; dichiarati eretici gli ariani.

Anche se ad Aquileia già nel 375  l'arianesimo era stato sradicato, e Gerolamo aveva riconosciuto ai clerici aquileienses i meriti per il loro zelante esercizio della fede,  proprio in occasione di questo Concilio,  furono inviate agli Imperatori quattro lettere sinodali. Una di queste conteneva l'indicazione della fedeltà e del rispetto verso la Chiesa d'Alessandria. La presenza determinante di Ambrogio al Concilio sancisce anche l'affermarsi di Milano come metropoli dell'Italia settentrionale anche in campo ecclesiastico. Proprio in quell'anno infatti, l'Imperatore d'Occidente sceglie Milano, anzichè Treviri, come sua sede. Ed è qui che inizia la vera decadenza di Aquileia, perchè viene lasciata in disparte nel riordino delle città imperiali, perchè troppo esposta geograficamente ad est e poco difendibile.

S.Ambrogio in questa circostanza già camminò su uno dei più vasti mosaici dell'occidente dove poi su di esso fu eretta l'attuale basilica. E' il cosiddetto "mosaico di Teodoro": oltre 700 metri quadrati (37x20). Fu intravisto nel 1896, scoperto per caso nel 1909. Una incredibile distesa musiva con elementi decorativi che sembra una "fototeca" di paesaggi, di ritratti pieni di realismo, di attività umane, di vitalità popolaresca (non manca la pesca)  e alcune anche a carattere religioso. Forse dopo un incendio (degli Unni?) della precedente basilica, su questo pavimento che non presenta che guasti minimi, fu poi eretta l'attuale basilica che misura m.65x29,20 con due colonnati laterali.

ANNO 388 a.C. - Altro spettacolo sanguinario per la disputa del trono imperiale fra Teodosio e Magno Massimo: Rifugiatosi ad Aquileia, viene consegnato dai suoi stessi soldati a Teodosio, che lo mette a morte e fa trascinare il suo cadavere per le strade di Aquileia. Teodosio darà poi il via alla ricostruzione delle mura della città. La Battaglia del "Pio" Teodosio contro Massimo sul fiume Frigidus (Vipacco) segnò la vittoria sul paganesimo. Da Aquileia lo stesso Teodosio emana l'editto contro i sacrifici pagani e contro l'accesso ai templi (391).

ANNO 391 a.C. -
Sul finire del secolo, era intuibile che l'integrità territoriale dell'Impero era a forte rischio, da quando cioè la pressione degli usurpatori o dei barbari si era fatta più  minacciosa. La calamità si vollero attribuirle a una punizione divina per la dilagante flessione morale. Ne parla Gerolamo nel 396. Ma già nel 378, poi nel 385 e 388 Ambrogio da Milano aveva pure lui segnalato l'insufficienza del vallo alpino ma aveva anche lui dato un significato religioso alle contese fra Valentiniano II, Massimo e Teodosio. Queste supposte motivazioni religiose  esasperò la tensione fra i contendenti,  fra gli ortodossi e gli ariani. Lo scontro assunse un significato di battaglia fra ortodossia e arianesimo, cristianesimo e paganesimo. La corrente ariana si sentiva più vicina e culturalmente più protetta di quella ortodossa dei ceti dominanti. 

ANNO 394 a.C. - In tutto l'impero si sta spegnendo la "luce". Teodosio ha abolito l'anno precedente le Olimpiadi, fa chiudere tutti i santuari e le basiliche pagane, viene abolita la musica, l'arte, la scultura, l'accademia, le scuole, le feste "pagane" campestri del "pago" ("villaggio") di ogni tipo;  si vive di rassegnazione, e "seduti" o sfiancati dalla fatica, passano le giornate grigie aspettando la provvidenza che per la maggior parte non arriverà mai, fino alla morte.

Anche nelle Venezie e nelle città municipio scende il grigio vivere e quindi tanta incapacità di agire. Proprio ora che stanno iniziando e si succederanno numerose  le invasioni barbariche e si avrebbe bisogno di efficienza e audacia.
Spentasi l'intraprendenza, riorganizzate le province in un altro modo, i municipi delle città si spengono anche loro. Si isolano. E così i rapporti fra le genti, le sinergie scompaiono. La coscienza nazionale pure. Ogni città pensa per sé,  e così isolate saranno poi tutte impotenti a contenere le orde barbariche.
Anche Aquileia, non ha più influenza sui municipi di Trieste, Cividale e sulla prospera Concordia Sagittaria. 
Anche se possiede una forte comunità cristiana e un autorevole vescovo, sede del Patriarca, che conserva la giurisdizione su tutta l'Italia settentrionale.
Ma è sui confini che l'autorità imperiale e l'esercito è carente. Nonostante si siano opposti gli imperatori  Valentiniano, Valente, Graziano, ed infine  Teodosio, proprio quest'ultimo partendo da Costantinopoli ed arrivando ad  Aquileia nel 394 "va incontro" alla morte il 5 settembre a Aemona.  Perde, poi prega, poi vince, poi nella grande pianura sabbiosa del Frigido (od. Vipacco) si alza la "bora" gelida, che vince lei, e lui si prende una polmonite. 
La storia di questa battaglia la raccontiamo nel corrispondente anno in Cronologia Anno per Anno)

Molti barbari si è stati costretti a farli diventare alleati di Roma; addirittura generali. E ora perfino tutori di giovani imperatori. Teodosio ammalatosi gravemente a Frigido, muore a Milano  il 17 gennaio 395; lascia  l'impero d'Occidente a un ragazzino di undici anni, Onorio, sotto la tutela di un Vandalo, Stilicone, e l'impero d'Oriente al diciottenne Arcadio sotto la tutela di Rufino. Non siamo ancora alla caduta dell'Impero Romano, ma questo è il giorno che ha cambiato la storia di Roma, e dell'Impero.
D'ora in avanti a comandare le legioni romane sono i barbari di ogni razza, Alani, Ostrogoti, Svevi, Vandali, Visigoti. E gli imperatori (e questo sconcertava i barbari) sono solo dei pupazzi (dopo Onorio, Valentiniano III di 4 anni) a fare i capricci a Ravenna, che fra breve (402) diventa la nuova capitale, e Roma un villaggio di anime spente, tanti fantasmi in mezzo a grandiosi ricchi palazzi, ville, terme, teatri, circhi vuoti.

ANNO 401 d.C. - Generali barbari-romani contro re barbari-barbari, che ne approfittano (e qualche volta si mettono anche d'accordo) per invadere l'Italia e fare una, due, tre cento scorrerie. E perfino assediare due volte Roma in due anni (408-410). Le porte d'entrate sono sempre quelle; delle Venezie. Dal Norico con i suoi visigoti entra quest'anno Alarico (prima invasione, un'altra nel 408). Nulla può l'altro "barbaro" (Stilicone) per fronteggiare il pericolo. Alarico prima assedia una volta Aquileia poi va ad assediare Milano. Onorio è costretto a fuggire ad Aquileia, poi nuovamente assediato  è costretto a fuggire a Ravenna, facilmente difendibile con le sue infide lagune da una parte e il mare dall'altra.
Ad Aquileia con queste prime scorribande di barbari visigoti, durante l'episcopato di Agostino (407-408) viene costruito a Grado un rifugio per i Vescovi. Questo che è un semplice luogo di villeggiatura, assumerà in seguito una grande importanza nei contrasti mai sopiti tra arianesimo e cattolicesimo, e che con l'arrivo dei Longobardi si inasprirono nella sfera sia religiosa che politica (ma anche tra ellenismo e romanesimo).

Questo "rifugio" a Grado sembra sia stato il primo esodo di alcuni preti; ma non solo a Grado, ma forse anche in una delle isolette della laguna, dove poi sorgerà Venezia. Una leggenda fissa al 25 marzo del 421 la fondazione di una chiesa dedicata a san Giacomo, o Jacopo, e l'isoletta era Rialto.
Una data più certa è invece quella del 568, quando a fuggire furono in molti, non solo ecclesiastici, ma la popolazione di Aquileia, e soprattutto di Altino, con l'invasione-distruzione longobarda (la troveremo più avanti).
E se di Aquileia, Grado era la figlia, di Venezia Grado ne diventa la madre. Entrambe sono sorte in età romana, ed entrambe andranno a far sorgere (con Altino) Venezia.

Fu dunque Agostino a far costruire il castrum di Grado, dove il Vescovo talora si recava; e Grado sostituì (temporaneamente) a tutti gli effetti Aquileia, e divenne oltremodo importante quando il Vescovo portò in questo rifugio buona parte dei cittadini aquileiesi, assumendo su di sè tutta la responsabilità e l'autorità.
Inoltre lo spostamento della sede imperiale da Milano a Ravenna, già avvenuta alcuni anni prima, accrebbe l'importanza di tutto l'alto Adriatico, perchè qui l'Imperatore andava spesso per garantirsi contatti più sicuri con l'Oriente, cosicchè Aquileia accolse, ma più solo saltuariamente, la Corte imperiale. L'ultimo Imperatore a soggiornarvi fu Valentiniano III, nel 425.
Ad Agostino seguirono vari Vescovi: Ianuario o Gennaro (+ nel 447), Niceta, che cercò di ricostruire dopo i gravi danni prodotti dal passaggio di Attila, Marcelliano (+504) che si adoperò a ripristinare gli edifici di culto estremamente danneggiati. Opere di ricostruzione e di abbellimenti furono fatte eseguire da Giustiniano nel 552 dopo che Narsete tolse Aquileia e Grado ai Goti.

Ma non è che Aquileia - quelli che erano rimasti- rimasero a guardare Grado.  (anticipiamo quindi gli eventi). Gli Aquileiesi erano convinti di appartenere ad una chiesa importante, di essere depositari di una tradizione di fedelta', ancorata nell'ortodossia. Nel 557, in occasione di un Concilio provinciale, opponendosi ai deliberati del II Concilio ecumenico di Costantinopoli (553), Aquileia, vantò i suoi precedenti e l'origine apostolica della propria chiesa.  Potè così ottenere l'assunzione del titolo patriarcale, che infatti i Vescovi di Aquileia cominciarono ad assumere. Il termine Patriarca aveva una sua importanza in epoca giustinianea le grandi sedi riconosciute non avevano un semplice "Vescovo", ma  un "Patriarca" e si trovavano solo a Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Roma, Costantinopoli. Patriarca vuol dire in greco "Primo Padre", nome che nella traduzione biblica venne attribuito solo ai grandi personaggi della Genesi.
Ma  poi nel 568 - dopo l'invasione dei Longobardi  Grado ritornò ad offrire un'altra volta sicuro rifugio al Vescovo-Patriarca  Paolino (557-569), che vi trasportò il tesoro della chiesa di Aquileia.
Nel 579, a Grado, Elia convocò un Concilio provinciale, in cui venne confermata la fedeltà di tutti i Vescovi. al Patriarca (però) di Aquileia. Una unità spirituale ed ecclesiastica che uniti nella disgrazia, sopravviveva e superava la divisione politica.
D'intesa col Papa, le pressioni dell'Esarca, residente a Ravenna, fecero crollare le resistenze dei gradesi che ormai credevano fissa a Grado la sede del Patriarca. Alla morte di Severo (588-606), successore di Elia, il Patriarcato si divise: un Patriarca, Candidiano (606-612), appoggiato dai Bizantini, rimase a Grado; Giovanni (dal 606 in poi), ancora scismatico, ritornò ad Aquileia dandole il ruolo di sede principale, con giurisdizione sui vescovadi rimasti nell'ambito longobardo. Nel 628, alla morte di un successore di Candidiano, il Patriarca gradese Fortunato fuggì, con una parte del tesoro e ritornò nelle terre aquileiesi, rifugiandosi nel Castello di Cormons. Tanto il Papa Onorio quanto l'Imperatore Eraclio ridettero immediatamente prestigio alla fedele sede di Grado, mandandovi un nuovo Patriarca Primigenio e un nuovo tesoro, dando così anche a Grado il diritto di fregiarsi del titolo patriarcale.

ANNO 425 d.C. - Ad Aquileia altra disputa cruenta. Fra Valentiniano III e l'usurpatore Giovanni; sconfitto e catturato,  nel Circo di Aquileia  si diede "spettacolo" linciandolo.

ANNO
400-451. d.C. - Sia per i traffici con le regioni oltralpe (la strada Claudia Augusta da Aquileia conduceva fino ad Augusta nel cuore dell'Europa) e sia per le continue guerre dei romani a nord con i Germani nelle zone dell'Alto Danubio, oltre che a est nel Medio Danubio (Pannonia, Illiria, Dacia, Tracia) il Veneto ha conosciuto nel corso di questi quattro secoli un fortissimo sviluppo, distribuendo benessere in molte città (Terme, Teatri, Templi, Arene, Basiliche, Ponti, Acquedotti, e grandi Ville (Este, Serraglio, Albrizzi, Sirmione) abbondano come in nessun altro luogo dell'Italia Settentrionale). Ma emergerà poi fra tutte Venezia; per la vocazione marittima degli abitanti della costa e per la loro singolare e costante emancipazione, che ha inizio già in questi anni. Prima ancora della caduta dell'Impero Romano, con una politica accorta Venezia riuscirà questa emancipazione a conservarla e ad accrescerla  con l'impero Bizantino, poi con il papato, infine primo Stato in Europa fece a meno di una millantata protezione "ecclesiastica" e quindi papale nel 1509 (interdetto del 27 aprile), non volendo i religiosi sottostare alle leggi dogali locali, che i veneziani invece volevano far rispettare a tutti, preti compresi. La spiritualità andava anche bene, ma il potere temporale a uno di Roma, fosse anche il Papa, questo non non solo non era gradito ai veneti ma decisamente respinto. "A "casa nostra" non si comanda e chi sgarra prete o non prete va punito come tutti gli altri". Non li fermò neppure la minaccia della scomunica, e con la sua resistenza popolare riuscirono a salvare l'indipendenza, anche se purtroppo dovette rinunciare a ogni volontà espansionistica e ripiegare su una politica di raccoglimento, e in un momento molto critico (le conquiste nel Nuovo Mondo e le nuove rotte per l'oriente. Rotte che erano state la fonte delle sue ricchezze per cinque secoli.

A sconvolgere tutta la regione in questi anni e a portare la frattura fra la costa e la terraferma è dunque una nuova calata di Barbari. Ed è il periodo in cui l'intera area delle Venezie si differenzia sempre di più. La fascia costiera con moltissimi interessi economici e culturali é legata a Bisanzio (ed è eminentemente marittima questa fascia costiera-  Aquileia  è un bastione a nord, e Chioggia lo è a sud ); mentre l'altra quella interna piccoli e grandi centri a vocazione contadina più arrendevole (e ovviamente anche meno unita nelle attività) andrà incontro a vari destini nel corso di molti secoli, fino alla discesa di Napoleone nel 1797). Troviamo così città e zone della regione "terricola" disputate dai longobardi, dai barbari, dai franchi, dai principi della Chiesa, dalle signorie feudali, fino agli imperialisti austro-prussiani. Ma Venezia rimane indenne; inoltre é del tutto estranea a quelle forme di organizzazione feudale a partire da quella longobarda, poi carolongia, o a quella dei Comuni e delle Signorie, fino alla sua caduta, quando nonostante avesse dichiarata la sua neutralità dovette soccombere all'ultimatum di Napoleone nel 1797; poi all'assedio degli austriaci nel 1849; e alla beffa (tragedia) di Campoformio (vedi anno per anno in Cronologia, a partire dal 1848. Nulla a confronto della "truffa" plebiscitaria del 1866 (vedi corrispettivi anni in Cronologia Anno per Anno).

 
ANNO 452 d.C. - Altra invasione. - Questa volta sono gli Unni di Attila discesi in Italia. Distruggono anche loro Aquileia (che resiste all'assedio tre mesi), poi Altino, Concordia Sagittaria e proseguono nelle città padane, raggiungendo Milano. Sulle distruzioni di Attila ci sono molte leggende, e nonostante la nomina di "flagello di Dio" di queste distruzioni se ne contano solo alcune e solo nel Veneto orientale, ma per una ragione militare ben precisa. Il famoso incontro e gesto di Papa Leone doveva solo creare la leggenda del miracolo, e per renderlo ancora più portentoso si calcò la mano sulla ferocia del condottiero Barbaro, mentre in Germania era ed é considerato un eroe (Etzel nella saga dei Nibelungi). Ma anche Prisco, che vivendoci accanto, di Attila, ci ha lasciato una sua biografia più realistica: lo descrive rozzo ma un uomo di grande intelligenza e di grande umanità. (vedi i singoli anni dal 452 e seguenti). Si calcò anche la mano sui danni agricoli di questi barbari, per una singolare forma di alimentazione, e la si volle far diventare miracolosa la sua ritirata.
Attila, non voleva -superstizioso com'era (cito Prisco)-  andare a Roma per poi  morire come Alarico che lo aveva preceduto e che i cristiani attribuirono a una punizione di Dio; i suoi soldati premevano per tornarsene a casa, e per convincerlo tornava a loro comodo alimentare la maledizione divina. Forse primo motivo, per non perdere il bottino che avevano già messo insieme a Milano e che si portavano sempre appresso. 
Secondo motivo: con un appoggio dei Goti della Gallia, Attila  se scendeva verso Roma, Ezio lo intrappolava; i segretari lo informarono che l'Italia era una stretta penisola e che non c'era sbocco per una eventuale fuga in caso di ritirata, salvo possedere una flotta navale che Attila però non aveva. 
Terzo motivo: proprio perche' poteva rimanere intrappolato nel sud, correva il rischio di essere pure attaccato da MARCIANO da Costantinopoli (che invece le navi lui le possedeva eccome) ed era già intenzionato ad aiutare Valentiniano III. 
Infine il quarto motivo: ed è quello che si ritiene piu' importante e determinante nella scelta di ritirarsi; l' Italia di quest' anno si trovava in una carestia micidiale, in più era scoppiata una tremenda peste, che dalla descrizione della sintomatologia doveva essere la bubbonica. L'una e l'altra avevano l'epicentro proprio nella Pianura Padana (del resto era sulla direttrice Aquileia-Milano che c'era la maggior parte degli abitanti)  dove si narra che i soldati non trovando nulla nelle citta' (ridotte alla fame - facevano il pane anche con i semi dell'uva e delle ghiande macinate) e mangiavano i vari tipi di erba. Loro erano popoli della steppa e le radici e le erbe le conoscevano molto bene ed alcune le mangiavano -racconta un sorpreso cronista dell'epoca- "le mangiavano come le vacche ai bordi delle strade". La famosa nomina "dove passava non cresceva piu' l'erba"" era molto verosimile ma non esatta.  Proprio perche' consumatori di radici e di germogli, sradicavano gli stessi dalla terra per nutrirsene, e naturalmente su quella non cresceva piu' nulla.

Insomma queste cause e concause fecero ritornare Attila sui suoi passi verso la sua amata Ungheria (dove morì l'anno dopo). Mentre la missione di Papa Leone fece aumentare non solo il suo prestigio personale ma si mise in evidenza nelle genti l' autorità papale, e che fu presto adattata alla circostanza come un evento soprannaturale voluto dal Dio dei cristiani e dal suo rappresentante in terra il PAPA.

 Le città veramente distrutte erano due o tre ma dopo pochi anni (morto Attila le cronache successive riportavano che erano 10, dopo alcuni anni erano 40, in pieno medioevo le città erano diventate 100, e fino ai nostri giorni si insegna che ATTILA aveva distrutto l'Italia intera, anche dove non era mai passato. 
Dove veramente Attila rase al suolo le citta' fu ad AQUILEIA, ALTINO e CONCORDIA. La prima -lo abbiamo visto- era una grande citta' fondata ancora nel 180 a.C. dai romani, che ne fecero una roccaforte; e qui  solitamente vi concentravano tutte le truppe che dovevano guerreggiare sul Danubio superiore; quelle verso Carnuntum e Vindobona (Vienna) e quindi poi verso la Germania; quelle che andavano verso la Pannonia (Ungheria); quelle verso l'Illiria (Jugoslavia), quelle che scendevano poi verso la Macedonia, la Grecia, la Tracia, e nella odierna Turchia. Era talmente grande la guarnigione che da qui partivano come abbiamo visto in più di una occasione anche quelli che andavano in Gallia (Francia). Insomma Aquileia era una metropoli vera e propria, e negli accampamenti si parlava con tutto quel via vai di legioni ben 10 lingue; c'erano Galli, Germani, Alamanni, Slavi, Unni, Goti, Visigoti. Ostrogoti, Greci, Alani, e naturalmente Bizantini e Romani. Qui proprio per l'alto numero di abitanti, vi risiedeva anche un Metropolita (poi Patriarca) della chiesa cristiana, con una sua diocesi.

Essendo Aquileia così strategicamente importante, le sue difese erano adeguate;  era circondata da massicce mura e da un sofisticato tipo di difesa; era quindi per eccellenza la città meglio fortificata di tutta Europa, inespugnabile. Infatti in 632 anni non ci riuscì nessuno, tanto che era stata etichettata " la fortezza vergine". Ci riuscì solo Attila, ma ricordiamoci che Attila l'affronto' con, chi afferma con 70.000 uomini, chi dice 700.000 (!?). Una cosa é certa quel giorno d'estate la difesa non era proporzionata all'offesa, pur nelle condizioni che Attila possedesse solo 70.000 uomini. Era forse sguarnita, perche' lo stesso Ezio considerava (e gli costò più tardi caro) ormai perso il nord; e lo stesso imperatore Valentiniano III, con tutta la sua corte non fece di meglio che fuggire, come di solito fanno sempre i re e imperatori quando c'e' qualche cosa seria da fare. 
Questa antica fama di inespugnabilità e la resistenza opposta per tre mesi fecero sì che gli uomini di Attila una volta espugnata, era scontato (e giustificato ) che la radessero al suolo, e quale loro maggiore soddisfazione cancellare per sempre quella che si diceva da 632 anni essere la citta' più forte dell' impero, la città simbolo dell'invincibilita' di Roma. Gli uomini di Attila non gli risparmiarono neppure un muro. 

E se Aquileia era la fortezza, ALTINO era l'Hinterland della potente città militare. Era ad Altino che si concentravano i funzionari delle attivita' logistiche, era lì nodo commerciale delle strade Postumia, Popilia, Annia (che congiungeva Padova con Concordia e Aquileia. E da Altino partiva la lunga strada Claudia Augusta che saliva a Feltre, Castel Tesino, Trento, Bolzano, Passo Resia e su fino al Lago di Costanza e nella citta' di Augusta, e di qui alla Mosella e al Reno, o a ovest verso la Senna. Ad Altino c'erano le attivita' economiche, i negozi, i magazzini, gli approvvigionamenti, le famiglie dei pendolari delle armate. Una citta' satellite dipendente ma tuttavia un autonomo fiorente municipio, che contava nei tempi migliori anche 100.000 abitanti, nei suo setti opulenti quartieri (che accenneremo fra poco).
(Se passate da Altino, visitate sulla piazza della chiesa l'interessante Museo Archeologico, che raccoglie elementi architettonici di oltre 2000 anni, oltre i reperti dell'antica paleoveneta Altinum).

Poi c'era non molto lontano Concordia Sagittaria che era fin dai tempi di Marc'Antonio la residenza e il luogo di villeggiatura dei nobili romani, dei funzionari di grado superiore, dei generali, insomma della gente bene, il paese dei ricchi. "Attila vi passò sopra con il tallone, le schiacciò definitivamente dalla cartina topografica romana" (si racconta, ma la successiva cronaca ecclesiastica calcò forse un po' la mano. Allora non c'era la Tv, per quanto sia poco credibile oggi anche questa! ).
Già in questa invasione di Attila, la popolazione di Aquileia si era rifugiata a Grado, territorio meglio protetto dai bizantini, ma anche già rifugio del vescovo nel 407-408.
Passata questa "bufera" ritornarono in città e la vita riprese;  ma per poco, nel 456 ci fu l'invasione dei Vandali di Genserico, poi nel 476 quella di Odoacre che deposto l'ultimo imperatore d'occidente Romolo Augustolo inviò le insegne imperiali a Costantinopoli. 
Con questa data si considera finito l'impero romano; preludio ad altri flagelli che investiranno per primo proprio le Venezie.

L'Italia diventa definitivamente tutta bizantina dopo lo scontro fra ODOACRE e TEODORICO che avviene nel marzo dell'.....

ANNO 489, proprio ad Aquileia dove si barrica Odoacre, mentre Teodorico prima si prepara sulla riva sinistra dell'Isonzo poi l'assedia.
 Odoacre riesce a fuggire a Ravenna ma dopo tre anni di assedio anche in questa città capitola e lui scende a patti, ma poi  a tradimento viene ucciso nel corso di una cena.
Inizia il lungo periodo di dominazione degli Ostrogoti, con re Teodorico, anche se a pieno servizio di Costantinopoli.
Una dominazione quella di Teodorico ambigua. Pur rispettando il clero romano e agli ordini dell'Imperatore d'Oriente, fa una politica tutta sua, stringendo alleanze con i vari barbari, tramite accordi, matrimoni, false amicizie; e agisce con  insofferenze agli ordini di Costantinopoli (piuttosto restia a concedere al "barbaro" quel potere che Teodorico invece aspirava)

Fin qui il fatto politico, poi la questione Chiesa. Te
odorico era goto, quindi  ariano (ma in certe occasioni si professava ateo,  tuttavia fu sempre tollerante. Fra i molti consiglieri buoni ascoltò anche quelli cattivi; ed alcuni di questi lo spronarono -pur sapendo che era di fede ariana- ad intervenire in questioni religiose fra cristiani e ariani. Un compito difficile perchè Teodorico non afferrava la sostanza del problema non avendo mai approfondito la questione religiosa.
Alcuni storici affermano che il dissidio religioso e le ostilità verso il cristianesimo vennero solo in tarda età a causa della sua senilità, e che prima Teodorico non si era mai intromesso nelle discussioni religiose. Invece sappiamo che già nel 495 volle erigere a Ravenna il Battistero degli ariani. E anche l'intromissione nei sinodi romani  di due suoi  funzionari goti perchè venissero applicate le sue direttive (di stampo ariano) fu un vero e proprio atto di autorità nei confronti del clero cristiano (alle volte passivo e alle volte ambiguo).
Nell'ANNO 500  per la questione dell'elezione a papa di Simmaco o di Lorenzo (di due fazioni rivali) scese lo stesso Teodorico a Roma per confermare il primo. Ma appena Teodorico lasciò Roma scoppiarono discordie, sommosse di piazza e infamanti accuse verso Simmaco: di essere un ladro delle proprietà della Chiesa, un corruttore, che non celebrava la Pasqua con le date giuste e accuse di molti altri delitti. Teodorico (dopo un processo affidato a una commissione e a cinque roventi sinodi) riconfermò l'incarico. Non sappiamo di "cos'altro" si parlò nei 4 concili che si tennero a Roma nel 499, 501, 502, 504 per dirimere i contrasti su l'elezione del pontefice (dopo il "caso Simmaco"). Ma sappiamo che si stabilì l'esclusione dei laici dall'elezione papale e l'inalienabilità dei beni della Chiesa. E se questi erano gli argomenti, una ragione seria ci doveva pur essere.  Obiettivo era convertire Teodorico, ma nello stesso tempo prendersi il potere temporale. 
Teodorico evitò di esprimere un suo punto di vista personale sulle questioni di carattere etico-religiose, ma però mise due goti GUDILA e BEDCULPHAS ad accertarsi nei sinodi ecclesiastici cristiani se rispettavano le sue direttive.
 Il pasticcio più grosso con questi atteggiamenti, forse perché deluso, e con Bisanzio ostinata a non concedergli i poteri che Teodorico aspirava, lui lo combina nell....
ANNO 524 (due anni prima di morire) quando  dopo i severi provvedimenti di Giustino contro gli ariani, prima Teodorico si scaglia contro i cristiani, poi nel 525 fa giustiziare i loro difensori, infine nel 526 fa imprigionare papa Giovanni I, che pochi giorni dopo muore. Teodorico fa eleggere un suo favorito, un sannita. Ma poche settimane dopo muore anche Teodorico. Tutta la dominazione ostrogota va allo sfascio (una dominazione di anni e anni dai bizantini delegata al "barbaro" ma in verità mai formalizzata con i pieni poteri da Costantinopoli). 
 
Quello che accadde poi  in Italia nei successivi anni, fino al 568, con l'arrivo del goto Vitige contrastato da Belisario, poi Totila contrastato da  Narsete, nell'....
ANNO 552 il generale di Giustiniano, è a Venezia, per chiedere soccorsi di navi ai veneti, per cacciare i Goti dall'Italia. Ne abbiamo fatto la cronaca nei rispettivi anni. E sono anni terribili; con la popolazione nella disperazione, in mezzo a guerre, carestie, epidemie. Oltre che crollare  la dominazione ostrogota (con le loro lotte intestine) si sfascia anche l'Italia. Si svuotano le città, e la maggior parte della popolazione si rifugia nelle campagne, nelle valli, sulle colline impervie, e nelle isole.
Se i "barbari" fecero razzie percorrendo tutta l'Italia, i bizantini che la dovevano liberare, fecero rimpiangere gli stessi barbari. Totila era un barbaro, ma (a parte il fascino che esercitava sulla gente) ragionava meglio degli statisti di Costantinopoli, che solo perché era un barbaro lo disprezzavano e da lui non accettavano nessun colloquio né tanto meno proposte.
L'ultimo "regalo" ai goti lo fece  alla fine lo stesso Narsete, quando per sbarazzarsi dei barbari, chiamò per farsi aiutare altri barbari, che così scoprirono com'era l'Italia, le sue città, le sue pianure, le sue campagne, il clima, e quel benessere che nonostante tutto era pur sempre cento volte superiore a quello di un popolo nomade, che viveva nei pressi dei confini veneti alla giornata e solo di razzie. Se Roma subì qualche sacco, le città delle Venezie ne subirono cento; quasi tutte le porte per entrare nell'impero erano nelle Venezie e con delle belle strade, comode, molto utili al tipico "mordi e fuggi" dei barbari.

ANNO 557 - Narsete inviato in Italia a combattere i goti, dopo averli vinti (come era accaduto anche a Belisario) non solo non fu ripagato dei servigi resi (riconsegnando nuovamente tutta l'Italia ai bizantini) ma fu nel 565 richiamato a Costantinopoli, dall'ingrato Giustiniano, che lo accusò  di cospirazione, di voler diventare lui re d'Italia con l'appoggio dei goti vinti.  Narsete ci rimase male quando fu condannato e esiliato a Napoli. Poi l'anno stesso morì Giustiniano. Il nuovo imperatore lo riabilitò, ma forse il danno ("regalo" ai goti, forse per vendetta) Narsete lo aveva già fatto.


Facciamo un passo indietro. Il generale bizantino in Italia contro Totila, si era fatto aiutare da tanti gruppi di "barbari" e fra questi i Longobardi che fornirono  2500 terribili "guerrieri" (questo era  il vero nome dei Longobardi - Win-nili = forti guerrieri) con altri 3000 uomini armati al seguito non meno guerrieri dei primi.
A comandarli un giovane guerriero, erede a un trono:  ALBOINO figlio del re dei Longobardi Audoino, morto poi tre anni dopo, nel 560.
I longobardi di Alboino furono di grande aiuto a Narsete, soprattutto per la loro ferocia; ma poi alla fine della guerra il generale bizantino dovette prendere le distanze perché la loro aggressività non era rivolta solo ai nemici, ma anche agli altri alleati e agli stessi bizantini quando c'erano le contese sui bottini. Essendo audaci, erano sempre loro i protagonisti della vittoria finale, quindi pretendevano di più degli altri.
 Narsete dopo la battaglia conclusiva, non vide l'ora di rimandarli a casa, erano troppo indisciplinati e piuttosto pericolosi prenderli a servizio quando poi Narsete si insediò con il suo esercito  a Ravenna nel 557, dove si diede da fare per appianare le divergenze fra vinti e vincitori. E quasi vi era riuscito (il primo esarca fu proprio Narsete) fino al punto che gli stessi goti lo avrebbero voluto re d'Italia. Cosa che allarmò Costantinopoli informata da quella fronda bizantina che si era formata nella stessa Ravenna.
Infatti qui gli giunse l'infamante accusa di tradimento, di cospirazione contro l'Impero nel 565. Mentre Alboino nel frattempo era diventato Re dei longobardi. 

Alcuni storici antichi e moderni avanzano questa tesi: che NARSETE dopo tutto quello che aveva fatto per il suo imperatore, per essere stato poi così ingiustamente accusato, ispirò, diede appoggio, e forse favorì l'invasione dei longobardi. Che se andiamo a vedere nei dettagli fu bene organizzata sul piano logistico; sembra impossibile che non ci fosse lo zampino di un grande stratega e di un grande logistico; e in quel periodo, morto Totila, c'era in giro solo Narsete con queste qualità.

Sappiamo che ad Aquileia e a Ravenna, Narsete aveva conosciuto proprio questo ALBOINO, allora ancora giovane erede al trono dei Longobardi. Possiamo pensare che qualche suggerimento deve averglielo dato. Chi meglio di NARSETE conosceva l'Italia? E certissimamente Alboino era a digiuno della topografia della penisola. 
C'è di certo, che nonostante la saldissima organizzazione difensiva ai confini, Arduino e il suo popolo varcarono il limes friulano con i suoi numerosi massicci castelli con quasi nessuna reazione dei romani. E questo è molto strano. Ma è anche molto strano che Alboino si muova in Italia come un abile stratega e con una efficiente logistica.
Le carte del territorio dell'impero erano sempre gelosamente custodite dai grandi generali, e l' unico in Italia ad averle in quel periodo era solo NARSETE, non certamente Alboino. Queste carte cadevano nel bottino dei vincitori solo quando uccidevano i generali, ma sappiamo che NARSETE non era stato né ucciso, né fatto prigioniero. 
Eppure Alboino quando entra in Italia ha una perfetta conoscenza del territorio e si muove così rapidamente  che doveva per forza avere delle mappe. In quelle carte sappiamo c'erano distintamente segnalate le strade, i paesi, le città, il numero degli abitanti, le fortificazioni, il numero dei soldati che avevano in mano i presidi; insomma c'era ogni indicazione per non andare al buio. Una vera e propria mappa che gli permise -mentre avanzava- di mantenere collegamenti con le altre strade che si intersecavano con quelle dei vari territori italiani, che Alboino mentre va avanti, conquista, occupa, vi disloca reparti, vi insedia i suoi carri e le masserizie, le sue donne, i suoi armenti, e i capi fare (i futuri duchi).
Alboino  conquista la penisola a macchia di leopardo, lasciando alcune settori  del territorio  in mano bizantina, anche perché sono difficili da assediare, soprattutto quelli sulla costa del Mare Adriatico o Tirreno facilmente difendibili da parte della flotta bizantina. Come le Venezie e l'Istria, cioè l'Esarcato (comprendente pure l'Emilia a sud di Modena, con Ravenna capitale).

fine  567- prosegui dal 568 al 803

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804-1172 1175-1284 1284- 1364
1364 - 1501 1501-2000 CRONO-BIOGRAFIA DEI DOGI

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