ANNO 1866

LA GUERRA CONTRO L'AUSTRIA - PROLOGO
1866 Atto primo

L'ALLEANZA ITALO-PRUSSIANA - IL TRATTATO ITALO-PRUSSIANO
LA GUERRA CONTRO L'AUSTRIA - IL PATTO SEGRETO DI NAPOLEONE E AUSTRIA
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L'ALLENZA TRA L'ITALIA E LA PRUSSIA

Il ministero costituito l'ultimo giorno dell'anno 1865 (di La Marmora, al suo III ministero) era destinato a preparare l'alleanza offensiva e difensiva con la Prussia che doveva servire di base alla guerra dell'Italia contro l'Austria per la liberazione della Venezia.

Ad un'alleanza con la Prussia aveva pensato fin dal 1858 Cavour, il quale intuiva che, prima o dopo, quel regno si sarebbe mosso contro l'Austria per l'egemonia in Germania. Con lo scopo apparente di complimentare il re Guglielmo, salito al trono di Prussia, ma con quello reale di promuovere un'alleanza con questa potenza, aveva lo statista piemontese mandato a Berlino nel gennaio del 1861 il generale Alfonso La Marmora, la cui missione, se non aveva raggiunto lo scopo, era però riuscita ad attenuare l'ostilità prussiana verso l'Italia. Non sappiamo che cosa avesse in mente il "diabolico" Cavour, lui morì pochi mesi dopo. Sappiamo solo che tempo addietro, scrivendo a La Marmora, Cavour gli disse di "prepararsi che un giorno avrebbe passeggiato per Vienna" (!!!).

Cresciuti gli attriti austro-prussiani, nel dicembre del 1862, BISMARCK aveva fatto chiedere al gabinetto di Torino quale sarebbe stato il contegno dell'Italia in una guerra tra la Prussia e l'Austria e aveva avuto risposta dal PASOLINI, allora ministro degli Esteri, che l'Italia sarebbe stata a fianco dei nemici dell'Austria.
Bismark non aveva fatto altro che tastare il terreno nell'eventualità di una guerra; ma la guerra non era scoppiata. Il 14 agosto, a Gastein, tra la Prussica e l'Austria era stata conclusa una convenzione in virtù della quale la Prussia diventava padrona del Luxenburg mediante il pagamento di due milioni e mezzo di scudi danesi, mentre gli altri due ducati erano amministrati dalle due potenze condomine, lo Schleswig dalla Prussia e l'Holstein dall'Austria. Il Bismasck era stato costretto a firmare la convenzione dall'ostilità di Guglielmo I e della corte di Berlino ad una guerra con l'Austria.
Nonostante questa convenzione gli attriti austro-prussiani non erano cessati anzi erano semmai cresciuti a causa dei due ducati che l'Austria voleva affidare al duca di AUGUSTENBURG mentre la Prussia li voleva per sé.

Nel giugno del 1865 il dissidio tra le due potenze si era così accresciuto che sembrava inevitabile e prossima una guerra. Nel luglio di quell'anno per ben due volte l'USEDOM, ambasciatore prussiano fece i suoi primi passi, e chiese al LA MARMORA quello che nel 1862 era stato chiesto al Pasolini: "quale sarebbe stato l'atteggiamento dell'Italia in un'eventuale guerra tra la Prussia e l'Austria".

Qui facciamo un passo indietro. Nella questione della "Convenzione di settembre", il Re non è che si era troppo irrigidito nel lamentarsi. E mentre La Marmora doveva barcamenarsi a tenere quieta la piazza e a fare ulteriori passi a Parigi, lui per altre vie, trattava con il NIGRA nella capitale francese, che per spaventarlo gli doveva riferire a Napoleone cose inquietanti; sulle agitazioni dei repubblicani, e che in Piemonte questi andavano maliziosamente sussurrando che l'Imperatore con quel trattato aveva tradito, e che nello stesso trattato c'era l'accordo segreto di cedere Roma in cambio del Piemonte; ecco perché l'Imperatore francese, stava convincendo il Re di trasferire la Capitale a Firenze, e una volta consegnato il Piemonte, traferirla a Roma.

Quello che voleva ottenere Vittorio Emanuele (spaventandolo) era un appoggio alla guerra all'Austria per la questione Veneto. Ma dovette subito rinunciare all'idea, perché Napoleone non aveva proprio nessuna intenzione di dare quest'appoggio militare contro l'Austria, né prese in considerazione quelle voci.
Restava al Re il vecchio progetto sui Balcani; ma La Marmora non aveva nessuna fiducia negli intrighi balcanici o danubiani, anzi criticò aspramente il generale TURR, di aver speso somme enormi per la causa ungherese fin dai tempi di Cavour, e che lui non avrebbe più fatto nulla, tagliava le spese. Il Turr offeso diede le irrevocabili dimissioni e si tolse perfino l'uniforme e per non che andasse a casa, lo soccorse il Re nominandolo aiutante di campo onorario con il diritto di portare l'uniforme.
Ma anche al Re un'avventura in Ungheria come l'Aspromonte non se la poteva permettere. Un'altra Aspromonte in Italia, voleva dire rischiare la corona; o davanti alle altre monarchie o, se falliva, a causa di una rivoluzione.

Ma la questione Veneto tornò nei suoi pensieri e passò in primo piano quando i Prussiani, iniziarono nuovi approcci a Firenze. Cioè "quale atteggiamento l'Italia avrebbe assunto di fronte ad un conflitto austro-prussiano".
La Marmora era un po' diffidente, la prudenza non era mai abbastanza, e si chiese se i prussiani agivano così, solo per intimorire l'Austria.

Che poteva forse essere una manovra, fu avvalorata anche dal fatto che gli Austriaci sentendo la "bufera" vicina, in dicembre sempre del 1865, fecero sondaggi per un accomodamento sul Veneto, ma furono molto vaghi.
L'Austria aspettandosi da qualche tempo un "temporale", uno dalla Prussia e uno dall'Italia, avendo le sue finanze in stato disperato e una situazione politica confusionaria, forse voleva fare già a dicembre qualche sacrificio con il Veneto, e si riprometteva di fare altri sondaggi in seguito. Questi furono accelerati quando in febbraio a Bucarest ci fu una sollevazione. Ma era troppo tardi!
Il 28 febbraio del 1865 essendosi inaspriti ancor più i rapporti tra la Prussia e l'Austria, la prima riunì a Berlino un consiglio, nel quale fu virtualmente decisa la guerra all'Austria e si riconobbe la necessità di avere alleata l'Italia. Pochi giorni dopo, Bismarck chiese al La Marmora d'inviare a Berlino un ufficiale di fiducia per trattare la questione militare, riservandosi di mandare più tardi a Firenze un generale prussiano per stringere gli accordi definitivi.

La Marmora diffidava del governo prussiano e preferiva ottenere pacificamente la cessione del Veneto dall'Austria con la quale qualche approccio come abbiamo detto c'era già stato, anche se vago.
Tuttavia, ripresa bene in esame la proposta prussiana, ritenendola veritiera, La Marmora e il Re inviarono il generale GOVONE a Berlino per iniziare le trattative con la Prussia. Nello stesso tempo -per prudenza e prima di impegnarsi- incaricavano NIGRA a Parigi di chiedere a Napoleone III un parere.

Il generale GIUSEPPE GOVONE, era giunto a Berlino il 14 marzo e subito si era messo in contatto con Bismarck. Dei negoziati difficili tra il generale italiano e lo statista tedesco, ne fa un quadro esatto BENEDETTI, ambasciatore francese a Berlino, in un rapporto del 27 marzo al suo governo:

"L' inviato italiano ha proposto un trattato impegnativo sulla guerra a data sicura e in un certo senso immediata; Bismarck gli ha risposto che non sapeva ancora se la Prussia poteva fare la guerra all'Austria, e meno ancora in quale momento poteva esser dichiarata, che poteva, quindi contrarre solamente impegni eventuali. I due plenipotenziari si sono tenuti rispettivamente su questo terreno. In realtà, diffidavano e diffidano ancora l'uno dell'altro.
"A Firenze" si teme che, venuta in possesso di un atto che metterebbe in un certo modo tutte le forze d'Italia a sua disposizione, la Prussia faccia conoscere le disposizioni a Vienna e spinga con tale intimidazione il governo austriaco a farle pacificamente le concessioni che ambisce.
"Mentre a Berlino si teme che l'Italia, una volta ingaggiate le trattative sulle basi che essa desidera, informi indirettamente delle trattative stesse l'Austria, prima di concludere con una firma, e tenti così di ottenere la cessione della Venezia mediante un compenso pecuniario. Mi sembra evidente che tali preoccupazioni hanno portato i negoziatori a tenersi in guardia così bene che, durante i primi giorni, non sono riusciti ad intendersi su nessun punto. Govone per tutto ciò era stato indotto a mantenersi in una certa riserva, non consona alla naturale impazienza di Bismarck; tanto che questi ha modificato il suo linguaggio, e ha proposto di concludere un trattato stipulando in sostanza che l'Italia s'impegnava a partecipare alla guerra, se questa scoppiava tra la Prussia e l'Austria nello spazio di tre mesi.
Questo termine, relativamente corto, è parso al negoziatore italiano tale da conciliarsi con le sue istruzioni e da permettergli di assecondare la proposta di Bismark. Quindi dopo aver informato telegraficamente il suo governo, ha domandato al presidente del Consiglio di stendere il progetto della convenzione e di rimettergliene copia, per comunicare il testo al proprio governo, prima di andar oltre".

Il 27 marzo il Bismarck finalmente stese un progetto di trattato e lo presentò al conte BARRAL, ambasciatore italiano a Berlino, affinché lo trasmettesse al suo governo. I1 progetto fu telegrafato a La Marmora, il quale il giorno dopo rispose di averlo trovato in generale buono, ma di ritener necessario che nel territorio che l'Austria avrebbe dovuto cedere doveva essere compreso anche il Trentino. Aggiunse che, nell'assenza del re, non poteva dare una risposta definitiva prima di due o tre giorni.
Scopo del La Marmora era di guadagnar tempo per informarsi delle disposizioni di Napoleone III, presso il quale fu mandato il conte ARESE. L'imperatore si mostrò favorevole al trattato, consigliando, come amico, di firmarlo ma non assumendo alcun impegno. L' obiettivo cui mirava era - come scriveva il Nigra il 31 marzo - di "ottenere la rettificazione della frontiera del Reno, senza tirar di spada. Ma se è necessario, la tirerà quando la guerra sarà impegnata. Se l'Austria aggredisse per la prima il regno d'Italia, vi si opporrebbe".

Il 1° aprile furono spediti i pieni poteri al conte di BARRAL e al generale GOVONE e l'8 fu firmato a Berlino il seguente trattato:

"Le LL. MM. il Re d' Italia e il Re di Prussia, animate dallo stesso desiderio di rafforzare le guarentigie della pace generale tenendo conto dei bisogni e delle aspirazioni, legittime delle loro nazioni, hanno, per fissare gli articoli con un trattato d'alleanza offensiva e difensiva, nominati come plenipotenziari muniti delle loro istruzioni, il conte G. C. DI BARRAL.... il generale G. GOVONE.... e il conte di BISMARCK ...., i quali, dopo di essersi scambiati i rispettivi pieni poteri si sono accordati sugli articoli seguenti:
1°) Vi sarà amicizia ed alleanza tra le loro Maestà il Re di Prussia e il Re d' Italia.
2°) Se i negoziati, che S. M. il Re di Prussia inizierà cogli altri Governi Tedeschi per una riforma della costituzione federale conforme ai bisogni della nazione, andranno a monte, e S. M. dovrà quindi prendere le armi per far trionfare le sue proposte, S. M. Italiana, dopo l'iniziativa della Prussia, dichiarerà, appena ne sarà avvertita, la guerra all'Austria, in virtù del presente trattato.
3°) A partire da questo momento la guerra sarà condotta dalle Loro Maestà con tutte le forze che la Provvidenza ha posto a loro disposizione; e la Prussia e l'Italia non concluderanno né pace né armistizio senza mutuo consenso. (importante questo passo - Ndr)
4°) Il consenso non potrà rifiutarsi quando l'Austria avrà acconsentito a cedere all'Italia il Regno Lombardo-Veneto, e alla Prussia i territori equivalenti per popolazione al detto Reame.
5°) Questo trattato spirerà tre mesi dopo la sua firma, se, in questi tre mesi, il caso previsto nell'articolo 2° non si sarà verificato, cioè se la Prussia non avrà dichiarato la guerra all'Austria.
6°) Se il naviglio austriaco, che si sta armando, abbandonerà l'Adriatico avanti della dichiarazione di guerra, S. M. Italiana invierà nel Baltico un numero sufficienti di vascelli, i quali vi stazioneranno per trovarsi pronti a congiungersi con la flotta di S. M. Prussiana, appena saranno scoppiate le ostilità".

Il trattato era firmato, ma nulla faceva supporre vicina la guerra, anzi i due sovrani tedeschi si adoperavano per venire ad accordi e finivano con l'accettare un disarmo reciproco che doveva essere iniziato il 25 e il 26 aprile.
L'Austria, intanto, andava concentrando truppe nel Veneto e questo preoccupava La Marmora perché Bismarck, dopo la ratifica del trattato, aveva dichiarato di non essere la Prussia obbligata a difendere l'Italia se questa fosse stata assalita prima dall'Austria. Mentre l'Austria minimizzò affermando che "non aveva nessuna intenzione di fare la guerra in Italia, ma non poteva rimanere nemmeno passiva, quando alle sue frontiere c'erano troppi movimenti sospetti".


A sollevare La Marmora da queste preoccupazioni gli giunse notizia da Parigi che l'Austria aveva fatto a Napoleone III una proposta formale di cedergli la Venezia, per ricederla poi all'Italia purché l'Imperatore lasciasse l'Austria libera di rivalersi contro la Prussia nella Slesia. Interpellato se avrebbe perciò rotto gli impegni con la Prussia, LA MARMORA, rispose essere ora "una questione d'onore e di lealtà il non abbandonare" la nazione alleata; aggiunse però che, scadendo il trattato l'8 luglio, si poteva, radunando quel congresso che l'Inghilterra ventilava di proporre, tirare le cose in lungo e dare tempo all'Italia di trovarsi legalmente sciolta dagli impegni (i tre mesi del punto 5 del trattato).

Il congresso fu proposto dallo stesso Napoleone III. Vi aderirono subito l'Inghilterra e la Russia, quella chiedendo un disarmo simultaneo, questa proponendo un disarmo immediato. La Francia proponeva che il congresso fosse preceduto da uno scambio di pareri sulle questioni della Venezia, dei Ducati dell'Elba e della riforma della Confederazione germanica. Il 24 maggio Francia, Inghilterra e Russia si misero d'accordo sui termini dell'invito, che agli ultimi del mese di maggio fu diretto alle potenze.

Ma quando tutti gli altri Stati avevano aderito, l'Austria il 1° giugno, mandò la sua adesione così condizionata che poteva considerarsi come un rifiuto. Infatti, dichiarò che sarebbe intervenuta avesse prima ricevuta l'assicurazione che si sarebbe esclusa "dalle deliberazioni ogni combinazione, tendente a dare a qualsiasi degli Stati invitati un ingrandimento territoriale o un accrescimento di potenza" ed espresse il desiderio che al congresso fosse invitato il Papa, il quale aveva il "diritto incontestabile di fare intendere la sua voce in una riunione che doveva occuparsi degli affari d'Italia".

Queste dichiarazioni dell'Austria mandarono a monte il congresso. Il conflitto armato sembrava ormai era inevitabile.
VITTORIO EMANUELE aspettava con impazienza la guerra. L'esercito italiano era cresciuto di forza sì da dare l'assoluta certezza di poter affrontare il nemico, tanto più che il nemico sarebbe stato costretto a combattere contemporaneamente due nemici.
MA ERA COSI' SICURO?

C'è una lettera dell'OLDOFREDI (un patriota lombardo) inviata al CASTELLI il 6 giugno, e mostra come qualcuno era dubbioso su quanto poteva avvenire. Ed è perfino impietosa l'accusa
"Il LA MARMORA ed il RE sono ubriachi di sicurezza, di entusiasmo e di testardaggine. Si è cercato di far loro comprendere che non si gioca il Paese ai dadi: ma essi rispondono come se il consiglio venisse loro da cretini". (Lettera riportata in "Vittorio Emanuele II", di Cagnasco (vedi in calce) pag.295-296)

Ed infatti, i due avevano giocato proprio ai dadi!

NAPOLEONE III che aveva già fatto negoziati per ottenere compensi dalla Prussia, non volendo da una parte un eccessivo ingrandimento di questa potenza e dall'altra che l'Austria con la vittoria - ritenuta sicura - spostasse l'equilibrio europeo uscendo troppo accresciuta dalla guerra,
"SEGRETAMENTE" stipulò il 11 GIUGNO con l'Austria un "trattato" con il quale:


"La Francia s'impegna a rimanere neutrale e farà di tutto per indurre l'Italia a prendere il medesimo atteggiamento; l'Austria si obbliga, se vittoriosa in Germania di cedere la Venezia al governo francese, e se vittoriosa in Italia s'impegna a non mutare lo "statu quo ante" a meno di un'intesa con la Francia, la quale riconoscerebbe gli ingrandimenti territoriali dell'Austria in Germania purché non siano tali da turbare l'equilibrio dell'Europa stabilendo un'egemonia austriaca su tutta la Germania".
Riconoscimento del potere temporale del Papa e l'inviolabilità del territorio pontificio; il riconoscimento e l'inviolabilità del nuovo confine italo-austriaco; un risarcimento per le fortezze austriache; restrizioni al porto di Venezia affinché non diventi una minaccia alle coste austriache. L'Italia inoltre dovrà assumersi il carico di una parte del debito pubblico austriaco; in caso di rimaneggiamenti territoriali l'Austria potrà chiedere per i principi spodestati della sua casa compensi fuori d'Italia.
Se in Italia si produrranno movimenti spontanei diretti a distruggere l'unità nazionale, il governo francese non interverrà in alcun modo e lascerà ampia libertà alle popolazioni".

Di tutto questo il Re d'Italia non sapeva ancora nulla. Era solo impaziente di partire per la guerra, che scoppiò cinque giorni dopo che l'Austria e la Francia avevano stipulato questo trattato segreto.
(che poi rispunterà fuori a guerra finita - tutto era stato già deciso)

Il 17 giugno la Prussia inizia la sua campagna di guerra
il 20 giugno l'Italia annuncia la guerra all'Austria
Inizia in conflitto

Anno 1866 - Atto Secondo > > >

Fonti, citazioni, e testi
PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - Nerbini
L.A. MURATORI - Annali d'Italia

STORIA MONDIALE CAMBRIDGE - (i 33 vol.) Garzanti 
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STORIA UNIVERSALE (i 20 vol.) Vallardi
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi
 
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