1914 -1915

LA GRANDE GUERRA

Tragedia in Mare – Silurato il Lusitania
FU IL MOTIVO PER L'ENTRATA IN GUERRA DEGLI USA ???

1 - Premessa

Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale caratterizzata tra l’altro anche dall’utilizzo di nuove tipologie di armamenti tra cui l’uso in chiave offensiva del sommergibile ormai presente in numerosi esemplari in tutte le marine più moderne.

La Germania all’atto della sua entrata in guerra, per rispondere al blocco delle coste tedesche proclamato dall’Inghilterra il 10 marzo, tagliare le vie di comunicazione atlantiche e contrastare il dominio britannico dei mari, decise di ricorrere alle mine ed all’arma subacquea per danneggiare la marina militare e mercantile avversaria. Il Governo Imperiale, infatti, subito dopo l’inizio delle ostilità, sulla base delle pressioni esercitate da alcuni ufficiali, stabilì di impiegare i sommergibili oltre che per finalità difensive e di sorveglianza anche per agire offensivamente. Scopo: giungere al blocco del traffico delle Isole Britanniche ed alla potenziale sospensione dei rifornimenti bellici del nemico.

L'impresa però si presentò difficile. Oltre ad essere scarso il numero dei sommergibili, 27 pronti e 12 in costruzione, i battelli disponibili erano da considerare inadatti alla cattura ed all'inseguimento delle navi adibite al traffico commerciale secondo le modalità sancite dalle leggi internazionali contro il contrabbando di guerra e cioè: fermare il mercantile, visitarlo, trasferire a bordo un drappello armato, dirottare la nave in un porto proprio e metterla a disposizione del Tribunale delle Prede competente a giudicare la validità, o meno, della cattura. Solo in casi particolari la norma ammetteva la distruzione della nave ma in questa eventualità equipaggio e passeggeri dovevano essere salvati e presi a bordo della nave assalitrice.

Malgrado ciò, il 6 agosto 1914 prese avvio da parte germanica una prima fase operativa che si tradusse in una breve crociera nel Mare del Nord. Questa si concluse con la perdita del sommergibile U-15 affondato a cannonate dall’incrociatore britannico Birmingham. Subito dopo, in assenza di alternative, alcuni battelli presero il mare per disturbare l’invio di rinforzi di truppa sul continente e, nei primi giorni del settembre 1914, l’U-21 affondò l’esploratore britannico Pathfinder. La nave si inabissò in quattro minuti provocando la perdita di gran parte dell’equipaggio composto da 228 uomini.

Nel corso dello stesso mese di settembre tre incrociatori britannici, Hogue, Aboukir e Cressy seguirono la stessa sorte del Pathfinder ad opera del sommergibile U-9. I tre incrociatori, dopo aver distrutto a cannonate un peschereccio posamine, furono silurati ed affondati a rotazione. Colpito per primo l’Aboukir, nel momento in cui a velocità ridotta si trovò unitamente alle altre navi nei pressi del posamine per prestare assistenza ai naufraghi, subito dopo in una impressionante sequenza e senza che i comandanti si rendessero conto della presenza dell’U-9, altri siluri colpirono l’Hogue impegnato a portare aiuto ai marinai dell’Aboukir e poi il Cressy. In circa due ore andarono perdute 12.000 tonnellate di naviglio e 3.000 uomini facenti parte degli equipaggi.

L’esperienza, particolarmente negativa, indusse le autorità britanniche ad assumere la dolorosa decisione di vietare ai comandanti delle singole unità di soccorrere i naufraghi delle navi assalite da sommergibili.

Da parte tedesca, il risultato ottenuto consentì di superare le iniziali perplessità sulle possibilità offensive del sottomarino mentre le nazioni dell’Intesa, preoccupate, misero allo studio provvedimenti difensivi ed addestrativi per tamponare la minaccia e ridurre le perdite. La Germania decise quindi di potenziare l’arma subacquea migliorandola tecnologicamente e concentrando parte delle attività cantieristiche nella costruzione di sommergibili. Il 5 febbraio 1915 poi annunciò al mondo che avrebbe considerato zona di guerra le acque circostanti le Isole Britanniche e che a partire dal 14 dello stesso mese tutte le navi mercantili nemiche incontrate in quelle zone sarebbero state distrutte. La minaccia fece particolare scalpore sia in quanto destinata a colpire personale, quello mercantile, considerato all’epoca non combattente sia in quanto estesa anche al naviglio neutrale. Scusante pretestuosa del provvedimento assunto: utilizzo da parte di mercantili inglesi di bandiere diverse da quella britannica.

A seguito degli ordini diramati dai comandi, numerosi sottomarini tedeschi si appostarono in prossimità dei porti e lungo le rotte mercantili dell’oceano Atlantico e del Mare del Nord mantenendosi, nei limiti dell’autonomia operativa dell’epoca, in agguato nelle zone assegnate. A bordo equipaggi motivati e bene addestrati in attesa di individuare, attaccare, distruggere o almeno danneggiare navi nemiche seguendo in ciò il concetto che se le nazioni neutrali, dando ascolto agli ammonimenti della Germania, si fossero astenute dall'attraversare la zona di guerra i Tedeschi non sarebbero “stati costretti a tradurre in atto le loro minacce affondandoli”. Quindi…..tutto lecito!

Il 9 marzo 1915 cominciarono gli affondamenti indiscriminati. Tre bastimenti furono silurati senza preavviso provocando numerose vittime. Seguirono altre azioni contro numerose navi che furono colate a picco dai sottomarini tedeschi. Malgrado l’irritazione sempre più manifesta delle nazioni neutrali, le missioni di guerra degli U-Boot proseguirono portando nel maggio al siluramento del transatlantico Lusitania.

La distruzione di questa nave fu considerata un delitto barbaro ed inutile e costrinse la Germania a subire pesanti critiche da parte dei governi, della stampa e dell’opinione pubblica mondiale.

2 – La Nave

 

Il Lusitania, con una stazza di circa 32.500 tonnellate, lungo 241 metri, fornito di vari ponti sovrapposti per accogliere circa 2.000 passeggeri nelle varie classi e capace di filare ad una velocità di crociera di circa 26 nodi l'ora, con un massimo di 28, fu considerato all’epoca un gioiello dell’ingegneria navale. Appartenente alla compagnia di navigazione britannica Cunard Line, con un equipaggio di oltre 600 uomini, fu adibito dagli armatori a prestare servizio postale e passeggeri tra Inghilterra e Stati Uniti.

Secondo gli accordi intervenuti nel 1903 tra l’Ammiragliato britannico e gli armatori, i piroscafi appartenenti alla linea di navigazione ed adibiti ai servizi convenzionati avrebbero potuto essere utilizzati in caso di guerra dalla Marina Militare come navi trasporto truppe. I piani costruttivi delle singole unità furono peraltro predisposti di comune accordo per consentire l’eventuale montaggio a bordo di artiglierie. A seguito delle intese raggiunte, la Cunard Line ottenne contributi finanziari da parte dell’Ammiragliato e l’erogazione di mutui vantaggiosi per costruire navi moderne tra cui il Lusitania ed il gemello Mauritania.

Nel 1907 il Lusitania effettuò il suo primo collegamento con gli Stati Uniti per poi assicurarsi un importante primato che rese famosa la nave, oltre che per il lusso degli allestimenti, anche per sicurezza e velocità. Riuscì infatti ad ottenere il nastro azzurro effettuando la traversata dell’Atlantico in 4 giorni 19 ore e 52 minuti ad una media di 24 nodi all’ora su un percorso di 2781 miglia.

Il 7 maggio 1915, a conclusione del viaggio di collegamento da New York a Liverpool, il transatlantico con oltre 1900 persone a bordo fu silurato ed affondato dal sommergibile tedesco U-20 nei pressi delle coste irlandesi.

3 - Gli Avvenimenti

Il Lusitania partì da New York il 1 maggio 1915 per raggiungere Liverpool gremito, fra equipaggio e passeggeri, da ben 1964 persone. Molti i cittadini americani in viaggio per raggiungere l’Europa tra cui personalità di prestigio come il miliardario Alfredo Vanderbilt.

Nelle giornate precedenti la partenza circolarono notizie intese a sconsigliare il viaggio. Il 30 aprile sui giornali più diffusi degli Stati Uniti fu pubblicato, a spese dell’Ambasciata di Germania a Washington un avviso secondo il quale il Lusitania sarebbe stato affondato non appena giunto in acque britanniche.

Per quanto la campagna dei sommergibili si stesse svolgendo con intensità sempre più accentuata e un certo numero di mercantili britannici fossero già stati affondati dagli U-Boot, l’annuncio dell'ambasciatore germanico non produsse particolare effetto. Nessuno si preoccupò più di tanto seguendo il ragionamento che nessuna nazione civile, ancorché belligerante, avrebbe osato agire delittuosamente contro una nave di linea e che la Germania non avrebbe corso il rischio di provocare l’intervento in guerra degli Stati Uniti.

Detto ragionamento, ancorché teoricamente corretto, si rilevò successivamente ….....profondamente errato.

I passeggeri americani ed inglesi nella certezza dell’incolumità, mantennero le loro prenotazioni e, sfidando il destino la nave, lasciò gli ormeggi per raggiungere secondo programma la destinazione fissata.

Pur non viaggiando alla massima velocità di crociera per ridurre i consumi di carburante, il transatlantico si avvicinò rapidamente alle acque europee. Il 7 maggio raggiunte le coste irlandesi iniziò il tratto più pericoloso del viaggio. Il Lusitania infatti, per raggiungere Liverpool entrò in una zona di mare considerata a rischio data la presenza operativa di alcuni sommergibili tedeschi, tra cui l’U-20, impegnati nel blocco delle isole britanniche.

Giunto in prossimità della costa alle 11 del mattino, la nave incappò in un banco di nebbia ed iniziò le manovre di avvicinamento alla velocità ridotta di circa 18 nodi. Dalla sala radio giunse però al Comandante del Lusitania, Capitano Turner, un messaggio crittografato proveniente dall’Ammiragliato Inglese con il quale si rendeva nota la presenza nella zona di un sottomarino tedesco. Poche ore dopo un altro messaggio raggiunse il capitano segnalando nuovamente la presenza di un sommergibile. Questi, sulla base delle informazioni ricevute e della posizione del Lusitania, ritenne di essere sufficientemente lontano dalla zona di agguato dell’U-Boot. Passato l'Old Head of Kinsale si preparò a raggiungere rapidamente Liverpool senza prendere particolari precauzioni.

Quasi contemporaneamente il comandante del sommergibile tedesco U-20 Walther Schwieger, in agguato presso Kinsale nel Mare Celtico, avvistò una nave in navigazione alla velocità di circa 22 nodi fornita di quattro fumaioli e identificata, sulla base delle caratteristiche osservate, nel Lusitania o in alternativa nel Mauritania piroscafi indicati nell’annuario navale come mercantili armati. L’U-Boot modificò quindi la propria rotta per intercettare la nave ed attaccarla.

Alle 14 e 10 circa di venerdì 7 maggio 1915 un siluro partito da bordo dell’U-20 colpì senza preavviso il Lusitania. Si verificarono due grandi esplosioni ed il transatlantico sbandando fortemente a dritta proseguì con le macchine ancora in funzione la sua corsa. L’equipaggio, malgrado la confusione provocata dal terrore e dalla disperazione dei passeggeri presenti a bordo, lanciò l’S.O.S e fece il possibile per ammainare le scialuppe di salvataggio ma, nel corso della difficile operazione, parte di queste si capovolsero. Dopo circa 18 minuti il Lusitania sprofondò da prora.

La poppa del transatlantico emerse per qualche istante sopra il livello delle acque, quindi scomparve in un gorgo immenso nel quale, fra rottami e cadaveri, si dibatteva ancora qualche sventurato.

I superstiti furono 764, 462 passeggeri e 302 marinai, rimasti miracolosamente a bordo delle scialuppe rimaste a galla, mentre le vittime inermi ed innocenti del disastro furono 1200. Tra i 123 cittadini americani deceduti, anche Alfredo Vanderbilt affogato dopo aver cercato di trarre in salvo molti bambini presenti a bordo. Le operazioni di salvataggio e di recupero dei superstiti attraverso l’invio di navi da guerra e civili ebbero inizio non appena la richiesta di soccorso del Lusitania fu ricevuta dall’Ammiragliato. Nella giornata successiva un altro gruppo di unità navali fu inviato per il ritrovamento ed il successivo trasporto a terra delle salme dei deceduti. L’U-20 riuscì a rientrare alla sua base senza aver subito danni.

Alle attività di soccorso seguì un’inchiesta per accertare la dinamica dell’affondamento nonché eventuali responsabilità del capitano Turner, sopravvissuto e salvato dopo avere passato più di tre ore in acqua. Secondo la successiva versione dell’ammiragliato britannico, il Lusitania sarebbe stato colpito a 14 miglia al largo della costa irlandese da due siluri. Molti testimoni confermarono la duplicità delle esplosioni ma dalla lettura del diario di bordo dell’U-20, considerato attendibile e non contraffatto, emerse che il siluro lanciato fu uno solo. Secondo alcune ipotesi la seconda deflagrazione che provocò come diretta conseguenza il rapido inabissamento del piroscafo fu dovuta alla scoppio successivo e quasi contemporaneo di circa 5.000 proiettili di artiglieria immagazzinati di contrabbando nelle stive della nave.

L’annuncio della perdita del Lusitania giunto sia a Londra sia a New York, produsse orrore, cordoglio ed indignazione impegnando con le notizie del disastro le prime pagine dei giornali. Accuse durissime furono lanciate dall’opinione pubblica contro la Germania per il fatto di aver affondato senza alcun preavviso una nave civile totalmente indifesa e per essere conseguentemente responsabile di una condotta bellica barbara e senza scrupoli umanitari.

La Germania, malgrado le critiche ed il biasimo internazionale, celebrò invece l'avvenimento come una grande vittoria “La notizia - scrisse la Kolnische Zeitung - sarà appresa dal popolo tedesco con unanime soddisfazione, giacché dimostra all’Inghilterra ed al mondo intiero che la Germania è decisa a fare la guerra sottomarina sul serio”. La Kolnische Volkszeitung – giornale cattolico e nazionalista molto diffuso commentò il fatto scrivendo: “Con orgogliosa gioia ammiriamo questa gesta della nostra Marina e non sarà l’ultima”. Furono aperte sottoscrizioni per premiare “l’eroico equipaggio” e coniata una medaglia commemorativa per ricordare ai posteri l’affondamento del transatlantico(*).

 

La medaglia di pessimo gusto e di medio formato - cm. 5,5 di diametro - evidenzia al diritto in alto a sinistra la leggenda “Geschaft uber alles” (Gli affari sopra ogni cosa), e nel campo la raffigurazione stilizzata della morte che, seduta in un botteghino della Cunard Line, vende biglietti del Lusitania ad una numerosa folla di clienti uno dei quali scorre il giornale. Sopra, sotto e lateralmente a destra dello scheletro situato nella finestrella del botteghino rispettivamente le scritte: “Cunard Line” –“Fahrkarten Auskabe”; “Cunard”.

Al rovescio, sotto la scritta posta in alto “Keine Bann Ware! ” (no al contrabbando) il Lusitania che si inabissa carico di cannoni e di aeroplani. In basso la scritta: “Der Grossdampfer = Lusitania = Durch Ein Deutsches – Tav U-Boot Versdenkt – May 1915“

Nell’agosto successivo fu affondato dall’U-27 il transatlantico della White Star, Arabic provocando altre vittime. Malgrado la propaganda interna ed i risultati ottenuti dai loro sommergibili i Tedeschi si resero ben presto conto di aver perduto qualsivoglia forma di popolarità e di possibile condivisione della loro condotta bellica sia presso le nazioni neutrali sia presso l’opinione pubblica mondiale.

Partì quindi una campagna informativa presso il grosso pubblico nel tentativo di giustificare gli affondamenti affermando che i transatlantici Lusitania ed Arabic fossero in realtà contrabbandieri di guerra nascondendo nelle loro stive munizionamento militare. Come già accennato in precedenza, a sostegno della tesi fu fatta circolare la notizia che il Lusitania, colpito da un solo siluro non sarebbe colato a picco senza la successiva detonazione del carico costituito da esplosivi.

La versione tedesca fu considerata infondata in quanto il siluramento dell’Arabic era avvenuto mentre questi si trovava in viaggio verso l’America facendo ritenere poco verosimile che nel 1915 gli Inglesi inviassero materiale bellico di contrabbando agli Stati Uniti. Riguardo al Lusitania l'inchiesta svolta dalla Corte Federale del Distretto di New York portò ad escludere l'esistenza di esplosivi di contrabbando a bordo del transatlantico. Il giudice Julius Meyer sentite le testimonianze affermò nel suo verdetto: “La testimonianza prestata ha distrutto senza dubbio di sorta e per sempre tutti i falsi pretesti messi avanti per giustificare questo inesprimibile codardo attacco contro un piroscafo da passeggeri disarmato”(*).

Indipendentemente dai risultati delle inchieste, dato il coinvolgimento di entrambi i paesi estensori delle conclusioni che ne derivarono, sulla realtà oggettiva dell’accaduto continuarono a permanere dubbi. Si accesero polemiche mentre furono formulate accuse contro l’Ammiragliato britannico giudicato responsabile del mancato invio di navi di scorta al Lusitania almeno nel tratto di mare considerato zona di guerra e nel quale si trovavano, come peraltro noto all’Ammiragliato stesso, U-Boot in attività.

Poche settimane dopo l’affondamento del Lusitania, lo schieramento delle nazioni ostili agli Imperi Centrali si rafforzò con l’entrata in guerra dell’Italia che intervenne, in osservanza agli accordi intervenuti nel Patto di Londra, il 24 maggio 1915 affiancando il proprio esercito e la propria marina agli eserciti dell’Intesa.
Gli Stati Uniti malgrado la perdita di numerosi cittadini americani causata dal siluramento del Lusitania continuarono a mantenersi neutrali. Si limitarono quindi a protestare ammonendo più volte la Germania a non porre in essere comportamenti lesivi dei diritti delle nazioni non belligeranti.

La posizione di Wilson riguardo alla guerra mutò decisamente nel gennaio del 1917. A seguito della dichiarazione germanica secondo la quale a partire dal 1° febbraio 1917 la guerra sottomarina sarebbe stata intensificata e sviluppata in maniera indiscriminata contro i bastimenti di qualsiasi nazionalità in arrivo o in partenza dalla Gran Bretagna, il presidente americano decise di sospendere le relazioni diplomatiche con la Germania. Il 6 aprile dello stesso anno 1917 gli Stati Uniti entrarono in guerra togliendo agli Imperi Centrali ed ai loro alleati ogni speranza di vittoria.

Nel corso del 1915 comunque si verificarono molti altri affondamenti tra cui quella del piroscafo di linea Persia diretto da Londra a Bombay, avvenuto il 30 dicembre. Esso sprofondò, in cinque minuti, unitamente a 335 delle 501 persone presenti a bordo. Il complesso del naviglio perduto dagli alleati e dalle nazioni neutrali, nel periodo compreso tra il febbraio ed il dicembre, salì quindi a ben 643.000 tonnellate di stazza. Negli anni di guerra successivi il tonnellaggio distrutto nel 1915 fu superato di gran lunga raggiungendo, anche in singoli mesi, valori catastrofici.

La tragedia del Lusitania e dei suoi passeggeri non è stata però dimenticata ed ancora oggi qualche studioso indaga per fugare ogni dubbio sulla dinamica e sulle cause dell’affondamento. Poiché il relitto è posato sul fondo del Mare Celtico a 93 metri di profondità in tempi relativamente recenti sono stati effettuati sopraluoghi sul relitto. I rilievi destinati ad ottenere prove utili ad un sicuro accertamento della verità, non hanno però avuto l’esito sperato.


Michele Squillaci
michelesquillaci@alice.it.

Bibliografia:

Ufficio storico della Marina Militare – I Sommergibili Italiani – Roma, 1963
E. Bravetta – La Grande Guerra sul Mare – A. Mondadori, Milano 1925 (*)
Navi e Marinai – Uomini ed avventure dell’Italia sul mare – C.G.E. – Milano
Collezionismo Italiano - C.G.E. – Milano 1979
R. Mandel – Storia Illustrata della Grande Guerra ( 1914-18) – A.Gorlini Editore, Milano 1934
Cronache, manifesti, e documenti vari.
Foto delle medaglie: da originali d’epoca – Collezione privata
Microsoft® Encarta® 2006
Siti internet sul Lusitania. www.lusitania.net; www.minerva.unito.it; w.pbs.org/lostliners/lusitania.html; en.wikipedia.org; www.geocities.com/titanicandco/lusitania.html ecc.
Immagini da internet: flatrock.org.nz - lusitania_7_may_1915.jpg, library.thinkquest.org - Lusitan.jpg

_________________________________________________________

Gli Usa entrarono in guerra dopo tre anni dall'inizio della Prima Guerra Mondiale.
Circa la stessa attesa avvenne nella Seconda Guerra Mondiale.
In occasione di quest'ultima, poche settimane prima di Pearl Harbor (che motivò l'intervento degli Usa)
un giornalista italiano spiegò i singolari motivi perchè gli USA erano entrati in ritardo nella prima
e spiegò i motivi perchè sarebbero entrati non certo a breve termine anche nella seconda.
L'articolo.....

Ma siamo sicuri
che gli USA non erano già intervenuti prima?

E' abbastanza singolare questa analisi fatta pochi mesi prima in Italia pubblicata su "Il Gazzettino del Popolo" (e poi su un inserto a parte il 7 aprile 1941 - che possediamo in originale). Con un titolo abbastanza curioso:


"Gli Stati Uniti contro l'Inghilterra", firmato da Ezio M. Gray.
"Quando tra due gruppi di Potenze in conflitto una terza Potenza fornisce, a uno solo di questi gruppi, navi da guerra, aeroplani, munizioni e materie prime, mi sembra ozioso e ingenuo domandarsi ogni giorno se quella Potenza intende o meno intervenire nel conflitto. E' più semplice prendere atto che essa è già intervenuta ed è più utile esaminare le ragioni del suo intervento e i possibili risultati.
Fino a qualche mese fa Roosevelt giustificava la sua politica interventista con due argomenti: la difesa del Continente americano da una preordinata aggressione delle Potenze dell'Asse e la difesa della causa democratica.
Nel messaggio del 6 gennaio Roosevelt, sensibile una volta tanto al ridicolo, ha abbandonato la tesi delle necessità di proteggersi da una aggressione d'oltre oceano. Prendiamo atto, anche se i vari Cordell Hull osano insistere.
Resta dunque unica ragione dell'interventismo rooseveltiano, l'asserita necessità di difesa della democrazia pericolante.

Senonchè su questo terreno Roosevelt ha commesso una grave imprudenza polemica. Volendo coonestare la propria ingiustificabile aggressione egli ha creduto di poterla innestare su una tradizione di antagonismo storico tra Democrazie e Stati totalitari dichiarando che già venti anni fa gli Stati Uniti erano entrati in guerra per difendere l'ideale democratico. Sarò bene precisare come e quando la democrazia stellata sentì venti anni fa l'incoercibile imperativo dell'ideale democratico. La guerra scoppia il 2 agosto 1914; l'America interviene il 2 aprile 1917; debbono dunque passare tre lunghi anni prima che gli Stati Uniti si accorgano che il Belgio democratico è sommerso, che la Francia democratica è svenata e che l'Inghilterra democratica è agli estremi. Tre anni dunque, di insensibilità politica, ma tre anni di lucrosissime forniture all'Intesa. Insensibilità che non era stata scossa nemmeno dall'affondamento del Luisitania nella quale - 7 maggio 1915 - centoquattordici sudditi americani avevano trovato la morte. Solo quando la guerra sottomarina imperversa falciando anche la marina mercantile americana (impedendo i lucrosi affari a nemici e amici), solo allora Wilson alza la voce e nel gennaio 1917 dichiara al Senato che la guerra mette in costante pericolo i diritti (quelli di vendere) degli Stati neutrali. Egli però non indice la crociata per il trionfo della Democrazia, ma insinua la proposta di una pace bianca, senza vincitori e senza vinti. Lo muove l'interesse, non la commozione di calpestati ideali. Poi continuando gli affondamenti di naviglio americano, il 2 aprile 1917 l'America finalmente vota la guerra e soltanto allora sciamano per il mondo i messaggi democratici contro l'imperialismo austro-tedesco. Su ciò che accadde dopo, sullo sfacciato trionfo patrocinato da Wilson dei più cinici e ingordi imperialismi, sulle rivelazione americana circa gli inauditi lucri (nella guerra e poi nel dopoguerra) realizzati dagli Stati Uniti nelle forniture all'Intesa, sul tramonto della democratica sterlina a vantaggio del dollaro sarebbe ozioso il ricordo e fare della ingenua ironia.

Se dunque Roosevelt vuole ora giustificare il proprio interventismo come un atto tradizionale della politica americana egli non deve richiamarsi all'idealismo nebuloso e demenziale del professor Wilson, ma alla brutale realtà dell'affarismo americano in quella famosa Grande Guerra.
Noi non neghiamo il fatto che i Regimi fascista e nazista provichino in lui un autentico furore.... Ma è anche più vero - ECCO IL PUNTO - che per il signor Roosevelt e per la pluotocrazia che lo manovra il vero scopo dell'intervento attuale futuro è ben diverso da quello che esso ostenta: il vero scopo è rappresentato dalla distruzione della potenza inglese. Paradossale? Assurdo? No! Domina segretamente in Roosevelt un pensiero. Ed è questo:
Quando per assurdo l'inghilterra dovesse uscire dal conflitto, non diciamo vittoriosa, ma anche soltanto in condizioni di potersi rifare, proprio in questa Inghilterra anche più aspramente catapultata verso una ripresa egemonica di rappresaglia, gli Stati Uniti troverebbero l'avversario fatale pericoloso e vicino per il loro avvenire. Perciò se agli effetti della propaganda nel Paese e del dovuto ossequio alla banda plutocratica imperante, Roosevelt assume le Potenze dell'Asse come falso scopo ideale della sua combattività, in realtà il suo sforzo interventista mira ad alimentare la resistenza britannica col più usuraio contagocce, non affinchè l'Inghilterra possa vincere ma al contrario affinchè il prolungamento della guerra porti l'Inghilterra stessa a dissanguarsi irreparabilmente. Il gioco è in pieno sviluppo cinico e matematico. Attraverso le rinnovate e progressive cessioni di possedimenti imperiali, attraverso l'ammainamento della bamdiera inglese tra Atlantico e il Pacifico, attraverso il fantastico indebitamento per forniture e per crediti, l'Inghilterra sta per essere totalmente eliminata dalla posizione di tradizionale rivale degli Stati Uniti.
Il giorno poi in cui l'Inghilterra sarà caduta, le sue spoglie oceaniche saranno state assorbite dall'impero americano, e la classe dirigente inglese sarà stata accolta in funzione di parente povero e di nobile decaduto nella comunità anglosassone, quel giorno il signor Roosevelt, freddo e cinico realista dietro il paravento dell'ideale, non tarderà a riconoscere che la nuova Europa unitaria potente solvibile, autarticamente rafforzata dal riorganizzato Continente africano, è ancora il miglior complesso di forze con cui convenga convivere, discutere e possibilmente riprendere gli affari.
In sostanza, se in Europa e in Africa si svolge un duello mortale tra la giovane Europa e la vecchia inghilterra antieuropea, sugli oceani che bagnano le terre della bandiera stellata un duello dissimulato ma ugualmente mortale è ingaggiato dalla spietata volontà degli Stati Uniti contro la imbarazzante sopravvivenza transoceanica dell'Inghilterra.

Una prova? In questi ultimi mesi, approfittando della paralisi inglese nel campo degli scambi internazionali, gli Stati Uniti intensificano l'antica lotta intesa ad espellere metodicamente l'Inghilterra dai mercati sud-americani. Stanno infatti fallendo tutte le missioni economiche inglesi nel Paraguay, nel Cile, come recentemente è già fallita quella in Uraguay e in Argentina. Su questi mercati l'America intende smaltire 1390 milioni di dollari di prodotti non smaltiti perchè mancanti le ordinazioni europee. Un miliardo e mezzo di dollari in pericolo?! La solidarietà anglosassone, la solidarietà democratica sono pregate di ripassare domani.

"Noi sosterremo l'Inghilterra con tutte le nostre forze" dice Roosevelt. Dichiarazione esattissima: basta pensare come la corda sostiene l'impiccato".

Per come andrà a finire l'Inghilterra a fine guerra, noi oggi lo sappiamo già: "Ridimensionata!" per non dire "Spacciata". In America i "maligni" (rifacendosi all'arrogante passato dei loro cugini) hanno iniziato dal 1945 a considerarla l'Inghilterra una loro "colonia" in Europa). E' quasi vero: dal dopoguerra saranno gli Inglesi a fornire appoggi alle varie guerre degli Stati Uniti, ingaggiate anche queste in ogni parte del mondo per difendere (seguiteranno a dire, spesso facendo anche carte false) l'ideale democratico in altri Paesi.
IL 29 DICEMBRE 1945 - a Londra, l'autorevole settimanale Observer, terminata la Conferenza a Mosca dei TRE GRANDI, definì quella pace con questo titolo: "Un compromesso tra gli Stati Uniti e la Russia.   La Gran Bretagna è stata esclusa,  e i Tre Grandi, stanno per diventare due".
(con Churchill già mandato in pensione una settimana prima della - risolutiva per la fine della seconda Guerra Mondiale - bomba atomica in Giappone).

Page, ambasciatore degli Stati Uniti a Londra dopo la Grande Guerra, era stato preveggente, aveva già visto molto lontano, quando chiedeva "Che cosa ne faremo di questa vecchia Inghilterra quando saremo noi a dirigere tutta la razza anglosassone?".

L'inghilterra non ha mai voluto confessare alla Storia che la sua dominante posizione europea era nata da un equivoco e si era consolidata (da Elizabetta e Drake in poi) con l'arbitrio. E la Storia è spietata verso chi ha cercato di illuderla e di tradirla.
Più che uno Stato Europeo, l'Inghilterra (che non ha mai collaborato al nuovo ordine europeo) è stata oggi relegata a essere nel vecchio continente una modesta succursale degli Stati Uniti. Il suo secolare predominio economico-industriale sull'Europa: avvilito. La sua presunzione messianica (dovuta al suo gigantismo coloniale (e quindi alla facile e gratuita opulenza): finita nel cono d'ombra statunitense. Sta ancora in piedi solo perchè esiste sull'isola il feudalesimo bancario; in grado purtroppo di gestire il Club dell'Euro anche senza aver pagare l'Inghilterra la sua quota di socio.
Infatti a quanto pare in Gran Bretagna gli 11 Paesi che il 1° maggio 1998 hanno raggiunto la sofferta intesa di una moneta unica adottando l'Euro, sono "Stranieri". Lo ha detto chiaro e tondo La Mont "Dannoso adeguarci a culture straniere. Dio salvi la sterlina!".

L'assurdo per gli americani é che il padrino del battesimo dell' Euro é un Paese che non fa parte degli 11: ed é ancora più assurdo che saranno proprio gli inglesi a Londra che concentreranno le attività di negoziazione dei titoli e dei relativi derivati della moneta "straniera".
Galbraith ha perfino sulla stampa americana ironizzato: "L'intesa è solo una prova della vanità della vecchia Europa, convinta di poter ridiventare il centro del mondo"
.
Paul Samuelson il decano Nobel di Economia e professore al MIT, ha invece così commentato: "Non é ancora chiaro che cosa succederà a questi undici Paesi che resteranno diversi, per lungo tempo, pur avendo la stessa moneta".

-----------------------------------------

Fonti, citazioni, testi, bibliografia
Prof. PAOLO GIUDICI - Storia d'Italia - (i 5 vol.) Nerbini 1930
TREVES - La guerra d'Italia nel 1915-1918 - Treves. Milano 1932
A. TOSTI - La guerra Italo-Austriaca, sommario storico, Alpes 1925
STORIA D'ITALIA Cronologica 1815-1990 -De Agostini

CRONOLOGIA UNIVERSALE - Utet 
STORIA D'ITALIA, (i 14 vol.) Einaudi

+ ALTRI VARI DELLA BIBLIOTECA DELL'AUTORE  

PROSEGUI CON I VARI PERIODI