ANNO 1936 

L'AVVENTURA
L'IMPERO

CON LE LE RAPPRESAGLIE DI BADOGLIO
FATTE CON I GAS

POI - L 'APOTEOSI "ABBIAMO UN IMPERO"

5 Maggio - Piazza Venezia - Mussolini legge il Telegramma
"Oggi alle ore 16, sono entrato a Addis Abeba. F.to Badoglio".
Mussolini: "Annuncio al popolo italiano e al mondo, che la guerra
é finita. L'impero millenario riappare sui colli fatali di Roma"

L' ITALIA in questo 1936

conta 42.993.602 abitanti
Roma 1.155.772 - Milano 1.115.848
Napoli 865.913 - Genova 634.000
Torino 629.115 - Palermo 411.879
Firenze 322.535 - Bologna 269.687
Venezia 364.037 - Trieste 248.379
Catania 244.972 - Bari 196.747
Messina 192.051 - Verona 153.708
Padova 138.709 - Livorno 124.963
Brescia 123.332 - Reggio C. 119.804
Ferrara 119.265 - Taranto 117.722
Cagliari 106.649 - La Spezia 106.119

Tutte le altre città escluse non raggiungono i 100.000 abitanti e 5800 comuni sono sotto i 1000 abitanti (di cui 9.000 frazioni sotto i 500 abitanti)

PREZZI

Pane al kg lire 1,60. - Pasta 3 lire - Riso 2 lire. - Farina gialla per polenta 1 lira. - F. Bianca 2 lire. Patate 25/50 centesimi. - 25 Uova 1 lira (4 centesimi l'una) - Olio 6 lire - Vino comune 1,80 - Zucchero 6 lire - Fagioli secchi 3 lire, freschi 1 lira - Mele 1,50 lire. - Fichi secchi 2,5 lire. - Cavolfiore 1,80 lire - Cipolle 50 centesimi.- Cicoria 12 centesimi. Insalate varie 30 centesimi. - Caffe' 3,5 lire etto -
Un Paio di calze/donna di nylon 18 lire.
Quest'anno un bracciante agricolo guadagna circa 7 lire al giorno, circa 200 lire al mese. Operaio circa 300 lire. Un impiegato - operaio specializzato, oscilla tra le 350-420 lire al mese. 800 lire é lo stipendio di un impiegato d'alto livello laureato (SONO POCHISSIMI), 1000 lire un dirigente d'industria o un capufficio dirigente statale. 3000 un generale o un Professore Accademico d'Italia.
Le 1000 lire al mese erano dunque il sogno di ogni italiano.

(la guerra in Etiopia che si concluderà il 5 maggio
è invece costata l'astronomica cifra di 40 miliardi)
Gli italiani iniziano a conoscere nella cintura il "buco Mussolini"
(in un prossimo capitolo elencheremo le spese)
(che paghiamo ancora oggi - anno 2013)


19 GENNAIO - La guerra in Etiopia dopo la notizia all'inizio dell'anno con le denunce degli etiopi delle armi chimiche usate nella guerra da BADOGLIO, ha colto di sorpresa e ha sdegnato tutto il mondo. Ma non si accenna a diminuirne l'impiego. Dopo un altro massacro in questo 19 GENNAIO a Daran, Badoglio sospende per alcuni giorni le operazioni, poi ricomincia con un massiccio bombardamento con i gas iprite.
Uomini e grandi mandrie d'animali si abbattono al suolo. Per giorni e giorni gli aerei ritornarono sulla zona, i cadaveri in terra nemica erano ormai superiori a quelli scampati. Desolazione e morte d'ogni forma di vita umana, animale nel terreno, nei fiumi e nei laghi.

Il 24 GENNAIO, cinque giorni dopo, iniziarono ad aprirsi un varco nella zona, verso la conquista dell'Amba Alagi che fu presa con sette divisioni, 47.000 uomini, 170 aerei che bombardavano e 23.000 colpi d'artiglieria.

BADOGLIO dall'azione difensiva di dicembre, passa con questi mezzi "facili" all'offensiva, e inizia ora l'annientamento totale dell'Etiopia. Davanti a sé ha 400 chilometri non di strade ma piste, per giungere a Addis Abeba. Una marcia, fatta nel deserto che rimarrà leggendaria per gli italiani; senza colpo ferire, ma che mise a dura prova l'esercito italiano non preparato su questi terreni infidi, a quote costanti (la zona é un altopiano) di circa 2500 metri che non assomigliano in nulla ai nostri 2500 metri delle Alpi, ma sono deserti pietrificati dove  è quasi assente la vita vegetale e quella animale.



Il 4 APRILE, gli etiopi del Negus SALASSIÉ tentano un'azione disperata nei pressi del Lago ASHIANGHI, ma fu il giorno del massacro. Gli aerei arrivarono e rovesciarono quintali d'iprite diffondendola in una sottilissima pioggia che paralizzò l'intero esercito. I pochi scampati, arsi dal bruciore alla gola, si precipitarono nel lago, ma anche questo era avvelenato;  bevendo l'acqua  l'effetto si raddoppiava,  e ancora più velocemente morivano fra spasimi, uno sopra l'altro. Un'ecatombe.

Il Negus di fronte allo spaventoso massacro ha ordinato la ritirata dei superstiti; all'alba del 5, si rifugia con alcuni uomini in una caverna. Il suo impero millenario é in ginocchio, alla deriva, e sta passando di mano.

Gli italiani iniziano ora una grande triplice tenaglia che dovrebbe portarli a Harar. Una marcia fra i pericoli della guerriglia di altri ras etiopi che non si arrendono ma che hanno perso ormai il contatto con l'imperatore Selassié; non hanno il coordinamento e sono ancora più pericolosi, sembrano belve  inferocite per l'invasione del loro territorio
Nel lungo primo tratto di strada, su una zona dove in più punti si supera i 3000 metri d'altitudine, duemila soldati italiani cadono sotto il fuoco di infide imboscate. 

GRAZIANI che guida una delle tre armate potrebbe avanzare ancora, ma si ferma, temporeggia. Harar é ancora lontana, é a 190 chilometri, e perdere così tragicamente vite umane gli sembra eccessivo. Non se ne preoccupa invece BADOGLIO; la sua diventa una gara senza scrupoli contro il tempo per arrivare primo di ogni altro a Addis Abeba.
Obbliga gli uomini a marce forzate di 13 ore giornaliere pur di entrare -lui per primo come trionfatore- dentro nella capitale abissina.

Il 9 APRILE, la Società delle Nazioni accusa l'Italia di bombardamenti batteriologici su obiettivi non solo militari e di aver centrato persino bersagli con il simbolo della Croce Rossa Internazionale, ed invita al rispetto delle convenzioni di guerra.

Il 15 APRILE, le forze italiane in Africa contano ormai 250.000 uomini. Dall'Italia seguitano a partire ogni giorno contingenti (diventeranno in totale 400.000 uomini) per vincere ad ogni costo la guerra. E' una mobilitazione generale. Una sfida al mondo. Volontari e richiamati si imbarcano per la conquista dell'impero millenario etiopico che Mussolini ha già promesso "entro pochi giorni".

Il 25 APRILE infatti Mussolini telegrafa a GRAZIANI "conquistate Harar e lì troverete il bastone di maresciallo d'Italia. Se lo ritenete necessario, vi autorizzo all'impiego dei gas a titolo di rappresaglia, (e visto che ha creato scandalo in tutto il mondo, aggiunge....) esclusa l'iprite". ( meglio conosciuto come "gas mostarda", un vescicante d'estrema potenza. Già usati nella 1a G.M. dai tedeschi, nel 1919 dagli inglesi, nel 1922 dalla Spagna. Ma anche dagli americani nel 1943 - Vedi disastro di Bari > ).

Ma Graziani va cauto, mentre il suo collega non ha molti scrupoli e vince la "gara".

Il 5 MAGGIO, l'Imperatore Selassié vista l'impari lotta ha abbandonato la sera prima la capitale e si é imbarcato su un incrociatore inglese. (dove rimarrà 5 anni in esilio per poi ritornare nel 1941 a riprendersi il trono millenario). Badoglio alle ore 16 entra ad Addis Abeba, e si gode il trionfo (uno scaltro opportunismo che Graziani non gli perdonerà mai) e comunica subito a Mussolini " L'Italia ha finalmente il suo Impero. La guerra in Africa é finita".
MUSSOLINI nomina Badoglio viceré, Duca d'Addis Abeba, ma lui (col suo realistico pessimismo) sa che quella città scotta, vi rimane 11 giorni, poi fa il generoso, lascia tutto a GRAZIANI e parte per prendersi i bagni di folla a Roma, come gli antichi Imperatori, dove sfila in ogni occasione, in ogni cerimonia, impettito, statutario, sopra il suo inseparabile cavallo bianco.

Il tacito sostegno dato da Hitler all'Impresa Africana e alle industrie italiane (mentre l'altra Europa (solo in apparenza boicottava con le sanzioni (anche se erano fasulle) permettono quindi a Mussolini di andare a creare "L'IMPERO" che aveva promesso agli italiani.

Se spregiudicati, facendo il doppio gioco come abbiamo visto, sono stati Mussolini e Hitler (non dimentichiamo che Hitler ha inviato soldi e armi agli etiopici) Francia e Inghilterra non lo sono state di meno davanti all'opinione pubblica mondiale (ma anche in segreto fra di loro con ambigui patti con altri).
Si scandalizzavano a parole davanti ai giornalisti di tutto il mondo con proclami, interviste e considerazioni varie sull'orrore della guerra di Mussolini, mentre proprio la Francia di LAVAL lasciava le "mani libere" a Mussolini; altrettanto facevano gli inglesi con HOARE con il loro patto segreto con i tedeschi (che sapremo solo dopo molti anni). Cioè  chiudevano gli occhi sul Mediterraneo e nello stesso tempo rifornivano Hitler di quanto gli occorreva.
E Hitler da una parte riforniva Mussolini e dall'altra riforniva con soldi e materiale bellico Salassié.
Non dimentichiamo che nonostante il cambiamento avvenuto al ministero degli esteri inglese con l'ambiguo Hoare, la flotta delle 144 navi che era entrata nel Mediterraneo, fece una bella vacanza al caldo sole invernale ma primaverile di Malta e se ne ritornò poi a casa. Dissero in seguito "per evitare delle complicazioni alla pace europea".
Insomma l'invasione africana era avallata, e in pochi mesi fu quasi già dimenticata.

A ogni modo MUSSOLINI ricambia  subito questi favori. Nei confronti di Hitler diventa persino commossa la sua riconoscenza. (Ma lui non sa ancora nulla degli aiuti agli etiopi, glielo diranno in seguito i rapporti quando spunta fuori del materiale bellico tedesco requisito agli etiopi).

Quando Hitler con la sua politica inizierà (nel '41) la lotta contro il bolscevismo  e quindi l'invasione della Russia, Mussolini  prometterà a Hitler uomini e mezzi;  lo implorerà perfino di accettare un suo contingente per la "causa comune contro il bolscevismo" (leggeremo in seguito a tempo dovuto una di quelle lettere segrete).
Mussolini sa che Hitler sta ricevendo aiuti dagli inglesi (in funzione antibolscevica) ma nemmeno immagina lontanamente che nello stesso tempo (stiamo parlando in anticipo del 1939-40) Hitler ha firmato proprio con i russi un patto segreto (Patto Ribbentrop-Moltov) per coprirsi le spalle quando deciderà di attaccare la Francia e la stessa Inghilterra, e dopo di questa (nonostante il patto) improvvisamente la stessa Russia.
Un piano diabolico che gli fu rovinato proprio da Mussolini con la nuova drammatica avventura africana e poi greca del 1940.

Ritorniamo a questo 9 MAGGIO 1936
.

Il giorno 4 maggio 1936, l'Assemblea alla Camera dei Deputati, viveva in fremente attesa.
Mussolini informato dalle ultime notizie che giungevano dall'Africa, prese la parola per dire solo queste due frasi.:

"Ho ordinato l'adunata generale del Popolo Italiano.
"Al Popolo Italiano darò l'annuncio che voi attendete, e al Popolo Italiano, come il 2 ottobre, io parlerò".


Così la stampa del giorno dopo:

"Impartite le disposizioni, convocato tutto il Popolo Italiano, suscitato gli animi di tutta la nazione in una vivissima attesa, l'adunata di ieri 5 maggio, in tutte le piazze d'Italia, fu anche più numerosa e più solenne di quella che l'aveva preceduta. Tutti attendevano da migliaia di megafoni sparsi in ogni parte d'Italia, la parola del Duce.
A Roma, a Piazza Venezia e in tutte le vie adiacenti, si raccolse una vasta imponente marea umana.
Ed ecco affacciarsi al balcone di Palazzo il Duce:

(che pubblicò il discorso in caratteri romani maiuscolo)

CAMICIE NERE DELLA RIVOLUZIONE!
UOMINI E DONNE DI TUTTA ITALIA! ITALIANI E AMICI DELL'ITALIA AL DI LÀ DEI MONTI E AL DI LÀ DEI MARI:
ASCOLTATE !

IL MARESCIALLO BADOGLIO MI TELEGRAFA:
"OGGI, 5 MAGGIO, ALLE ORE 16, ALLA TESTA DELLE TRUPPE VITTORIOSE, SONO ENTRATO IN ADDIS ABEBA".

DURANTE I TRENTA SECOLI DELLA SUA STORIA, L'ITALIA HA VISSUTO MOLTE ORE MEMORABILI, MA QUESTA DI OGGI È CERTAMENTE UNA DELLE PIÙ SOLENNI.
ANNUNCIO AL POPOLO ITALIANO E AL MONDO CHE LA GUERRA È FINITA.
ANNUNCIO AL POPOLO ITALIANO E AL MONDO CHE LA PACE È RISTABILITA.

NON È SENZA EMOZIONE E SENZA FIEREZZA CHE, DOPO SETTE MESI DI ASPRE OSTILITÀ, PRONUNCIO QUESTA GRANDE PAROLA, MA È STRETTAMENTE NECESSARIO CHE IO AGGIUNGA CHE SI TRATTA DELLA NOSTRA PACE, DELLA PACE ROMANA, CHE SI ESPRIME IN QUESTA SEMPLICE, IRREVOCABILE, DEFINITIVA PROPOSIZIONE: L'ETIOPIA È ITALIANA! ITALIANA DI FATTO, PERCHÉ OCCUPATA DALLE NOSTRE ARMATE VITTORIOSE; ITALIANA DI DIRITTO, PERCHÉ COL GLADIO DI ROMA È LA CIVILTÀ CHE TRIONFA SULLA BARBARIE, LA GIUSTIZIA CHE TRIONFA SULL'ARBITRIO CRUDELE, LA REDENZIONE DEI MISERI CHE TRIONFA SULLA SCHIAVITÙ MILLENARIA.

CON LE POPOLAZIONI DELL'ETIOPIA, LA PACE È GIÀ UN FATTO COMPIUTO. LE MOLTEPLICI RAZZE DELL'EX-IMPERO DEL LEONE DI GIUDA HANNO DIMOSTRATO PER CHIARISSIMI SEGNI DI VOLER VIVERE E LAVORARE TRANQUILLAMENTE, ALL'OMBRA DEL TRICOLORE D'ITALIA.
I CAPI ED I RAS BATTUTI E FUGGIASCHI NON CONTANO PIU E NESSUNA FORZA AL
MONDO POTRÀ MAI PIÙ FARLI CONTARE.

NELL'ADUNATA DEL 2 OTTOBRE IO PROMISI SOLENNEMENTE CHE AVREI FATTO TUTTO IL POSSIBILE ONDE EVITARE CHE UN CONFLITTO AFRICANO SI DILATASSE IN UNA GUERRA EUROPEA. HO MANTENUTO TALE IMPEGNO, E PIÙ CHE MAI SONO CONVINTO CHE TURBARE LA PACE DELL'EUROPA SIGNIFICA FAR CROLLARE L'EUROPA.

MA DEBBO IMMEDIATAMENTE AGGIUNGERE CHE NOI SIAMO PRONTI A DIFENDERE LA NOSTRA FOLGORANTE VITTORIA CON LA STESSA INTREPIDA ED INESORABILE DECISIONE CON LA QUALE L'ABBIAMO CONQUISTATA.

NOI SENTIAMO COSÌ D'INTERPRETARE LA VOLONTÀ DEI COMBATTENTI D'AFRICA, DI QUELLI CHE SONO MORTI, CHE SONO GLORIOSAMENTE CADUTI NEI COMBATTIMENTI E LA CUI MEMORIA RIMARRÀ CUSTODITA PER GENERAZIONI E GENERAZIONI NEL CUORE DI TUTTO IL POPOLO ITALIANO E DELLE ALTRE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI SOLDATI, DI CAMICIE NERE, CHE IN SETTE MESI DI CAMPAGNA HANNO COMPIUTO PRODIGI TALI DA COSTRINGERE IL MONDO ALLA INCONDIZIONATA AMMIRAZIONE.
AD ESSI VA LA PROFONDA E DEVOTA RICONOSCENZA DELLA PATRIA, E TALE RICONOSCENZA VA ANCHE AI CENTOMILA OPERAI CHE DURANTE QUESTI MESI HANNO LAVORATO CON UN ACCANIMENTO SOVRUMANO.

QUESTA D'OGGI È UNA INCANCELLABILE DATA PER LA RIVOLUZIONE DELLE CAMICIE NERE, E IL POPOLO ITALIANO, CHE HA RESISTITO, CHE NON HA PIEGATO DINANZI ALL'ASSEDIO ED ALLA OSTILITÀ SOCIETARIA, MERITA, QUALE PROTAGONISTA, DI VIVERE QUESTA GRANDE GIORNATA.

CAMICIE NERE DELLA RIVOLUZIONE!
UOMINI E DONNE DI TUTTA ITALIA!

UNA TAPPA DEL NOSTRO CAMMINO È RAGGIUNTA, CONTINUIAMO A MARCIARE NELLA PACE, PER I COMPITI CHE CI ASPETTANO DOMANI E CHE FRONTEGGEREMO CON IL NOSTRO CORAGGIO, CON LA NOSTRA FEDE, CON LA NOSTRA VOLONTÀ.

VIVA L'ITALIA!

a

 

La cronaca della famosa serata

"Il Corriere della Sera sopra: "Alle 19.45 un urlo si leva dalla folla quando l'ampia vetrata del balcone centrale si è aperta. Il grido "Duce, Duce, Duce!" è lanciato da 400.000 persone con una sola anima. Ad esso fa eco lo stesso grido che giunge da tutte le vie adiacenti dove arrivano gli immensi tentacoli della massa che occupa la piazza. Il grido formidabile con cui la massa pigiata in piazza Venezia ha accolto l'apparire del Duce, ha trovato una eco in ogni piazza d'Italia, è stato ripetuto da altre migliaia e milioni di persone. Ovunque lo stesso ardore di fede, lo stesso sentimento di giubilo e di orgoglio, la stessa testimonianza di amore e di riconoscenza per il, Duce.
Mussolini appare nel rettangolo dei balcone..... Un clamore immenso si alza dalla moltitudine. E' un'acclamazione gigantesca, impetuosa : « Duce, Duce !» grida la folla levando in alto le braccia. Il Duce deve ripetutamente far cenno alla folla di tacere.
Nel grande silenzio il Duce parla. La sua voce giunge limpida e possente. Tutti ascoltano in un religioso raccoglimento, sforzandosi di cogliere una per una tutte le parole che egli pronunzia, cercando di dominare l'emozione che vorrebbe prorompere a ogni frase con grida e applausi.
Le ultime parole del discorso fanno scattare la moltitudine in una dimostrazione indescrivibile. E al grido di , "Viva l'Italia" che il Duce ha lanciato con voce tonante fa eco la moltitudine, la quale subito dopo eleva altissime acclamazioni al Capo del Governo"

"IL GIUBILO IN ITALIA - Tutti gli Italiani di ogni città e di ogni paese, di ogni classe e di ogni condizione sociale, hanno ascoltato con appassionato, intenso fervore, la parola del Duce che la radio ha diffusa in ogni angolo del mondo, e con essi l'hanno ascoltata i nostri connazionali che vivono oltre monte e oltre oceano e immense folle straniere.
La partecipazione delle popolazioni alla grande adunata è stata totalitaria, entusiastica. L'ammassamento nei luoghi destinati per la concentrazione si è svolto rapidissimamente ed è stato caratterizzato da incessanti dimostrazioni al Re, al Duce, all'Esercito. Manifestazione culminata quando da Palazzo Venezia il Duce ha parlato al popolo italiano e al mondo.
Durante la sera in ogni Comune gli edifici pubblici e i principali palazzi cittadini sono stati festosamente illuminati e le strade sono state percorse da cortei di popolo e di Camicie nere sfilanti tra i bagliori fantastici delle flaccolate e tra l'impetuoso irrompere delle acclamazioni. Musiche militari e dopolavoristiche hanno infine svolto nelle principali piazze concerti eseguendo gli inni della Rivoluzione, dando luogo a nuove entusiastiche manifestazioni di popolo.
Il febbrile entusiasmo della popolazione di Torino, Genova, Trento, Trieste, Venezia , Bologna, Firenze, Milano, è sfociato in imponentissime, travolgenti manifestazione non appena l'urlo delle sirene, i colpi di cannone, le campane suonate a stormo hanno dato l'annuncio".


Il giorno 7 maggio il RE, Vittorio Emanule III, conferiva a Mussolini la Gran Croce dell'ordine militare di Savoia, come riconoscimento per la conduzione dell'impresa etiopica.

Il 9 maggio l'apoteosi. Così i giornali, poi i libri, raccontarono la giornata:

"Il 9 maggio 1936-XIV il Duce ha proclamato l' Impero. La proclamazione avvenne Il 9 maggio 1936-XIV il Duce proclamò l'Impero. La proclamazione avvenne in Piazza Venezia, alle ore 21.45. Il Popolo Italiano si adunò, come il 2 ottobre 1935-XIII e il 5 maggio 1936-XIV, in tutte le Piazze d'Italia e, attraverso la radio ascoltò - con un indescrivibile fremito d'entusiasmo - le parole del Duce. Piazza Venezia, con la grande massa di armati e di fascisti che occupava tutta la vasta spianata e le vie adiacenti, presentava uno spettacolo d'imponenza guerriera, che non ha precedenti nella Storia. L'attesa era ardente, intensa, ma, nel tempo stesso, solenne. La Piazza era gremita fino dalle prime ore della sera. Alle 21, il Duce radunò, in una seduta straordinaria, il Gran Consiglio del Fascismo. Alle 21.15' il Duce radunò il Consiglio dei Ministri, che ebbe termine alle 21.25'.
Alle 21.30' precise le vetrate del balcone di Piazza Venezia si apersero e il Duce apparve, collocandosi fra la Bandiera nazionale e il Labaro del Partito. Un urlo unanime, quasi uno scatto collettivo della folla, accolse la sua apparizione. Egli pronunciò queste storiche parole":


(l'articolo anche questo apparve sui giornali in maiuscolo, e per desiderio di Mussolini, e per disposizione del P.N.F, le storiche parole del Duce, vennero scolpite, in targhe marmoree, nelle sedi di tutti i Fasci d'Italia).



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Vittorio Emanuele III, assume il titolo di Imperatore d'Etiopia. Il generale Badoglio è nominato Vicerè d'Etiopia e governatore generale dell'Africa Orientale (ma poi il 21 maggio cederà il comando e il titolo di Vicere al generale Graziani).

Leggiamo le entusiastiche cronache dai giornali quotidiani e - per i posteri - dai libri:

"Durante tutto il breve discorso, le acclamazioni della folla si sono succedute, con la potenza d'un coro ideale con cui la Nazione commentava l'avvento dell'Impero. Fino dalle prime parole del Duce la folla ha avuto la sensazione precisa della grande realtà storica in atto. Una acclamazione immensa ha salutato l'annunzio dell'Impero e si è ripetuta ad ogni frase dedicata dal Duce a definire, con una sintesi potente e scultorea, il concetto romano, italiano e fascista d'Impero.
La legge che apre il nuovo periodo della nostra storia è stata ascoltata con religiosa attenzione.
Mentre il Duce parlava sembrava di sentire battere il gran cuore del popolo; ma, quando Egli ha invitato a levare in alto le insegne, i ferri e i cuori, per la riapparizione dell'Impero sui colli fatali, con un nuovo balzo dalla moltitudine eruppe il grido della gloria e della fede per rinnovarsi nel giuramento sacro che conclude la mirabile orazione.
Reso il saluto al Re, l'adunata ha rivolto al Duce una manifestazione di devozione che ha acquistato l'aspetto di un'apoteosi. Un turbinio di bandiere, di cappelli, di fazzoletti, un martellare di invocazioni « Duce! Duce! », uno scrosciare di applausi, hanno riassunto con una grandiosità senza pari i sentimenti, le aspirazioni, le passioni suscitate in questo intenso periodo della nostra storia. La manifestazione, che ha dato il battesimo popolare all'Impero d'Italia, si è protratta a lungo e quattro, cinque, sei volte il Duce ha dovuto affacciarsi al balcone per ricevere l'appassionato saluto del popolo a cui, infine, il Vicesegretario del Partito ha letto il seguente indirizzo votato per acclamazione dal Gran Consiglio, su proposta di di S. E. De Bene:

« Il Gran Consiglio esprime la gratitudine della Patria a Duce, fondatore dell'Impero. »

"L'indirizzo solleva nuove ondate di entusiasmo. Migliaia di voci ripetevano e scandivano la frase: « Duce, fondatore dell'Impero! ». Il clamore immenso della folla si propagava rapidamente per tutto il centro dell'Urbe. Poi la folla si è recata davanti al Quirinale ove ha improvvisato una nuova ardente dimostrazione a S. M. il Re e Imperatore. L'Augusto Sovrano si presentò al balcone della Reggia; al suo fianco era il Principe Ereditario. Dalla Piazza si levò un'acclamazione trionfale".
Quindi l'entusiasmo invase tutta l'Urbe, mentre a Piazza Venezia si rinnovavano le dimostrazioni: verso la mezzanotte il Duce, chiamato insistentemente dalla folla, si affacciò nuovamente, altre quattro volte, al balcone.
Nella stessa sera furono sottoposti alla firma del Sovrano i seguenti due Decreti:


decreto 1


decreto 2

( da Scritti e discorsi dell'Impero di Benito Mussolini - Hoepli . 1936 )
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Il primo importante discorso, Mussolini all'indomani della fondazione dell'Impero lo tenne a Milano, durante le cinque giornate milanesi del 30-31 ottobre, 1-2-3 novembre.
In esso determina con precisione la situazione pilitica mondiale e riconferma la volontà di pace, già proclamata nel Discorso di Bologna del 22 ottobre, ("dell'ulivo") ma vi pone precise condizioni, mentre la politica europe presenta nuove incognite, non prive di pericoli di guerra.
I due discorsi costituiscono pertanto un monito severo.

Per entrare in questo clima di entusiasmi è opportuno riportare entrambi di due discorsi:

Discorso a Bologna
"della mia terra"
"Sono passati dieci anni dal nostro ultimo incontro (la folla grida: « Troppi, troppi anni! »). In questo momento i nostri cuori battono un poco più forte ed i nostri occhi" si scrutano. C'è forse qualche cosa di cambiato fra noi? (la folla risponde con un urlo formidabile: « No l »). No, non c'è nulla di cambiato
Io ritrovo qui in questa piazza la stessa ardente fede, lo stesso vibrante entusiasmo, lo stesso spirito della X Legio, quella che fu prediletta da Giulio Cesare il fondatore del primo Impero di Roma. (Acclamazioni).
Sono passati dieci anni, ma noi possiamo guardare indietro con tranquilla coscienza e con legittimo orgoglio. Abbiamo lavorato, abbiamo risolto dei grandiosi problemi, siamo andati verso il popolo. Se io ritraccio questo periodo di tempo, lo suddivido in tre periodi: il primo che va dal '26 al '29 e che si può chiamare il periodo della Conciliazione: grandioso evento quello del~ l'11 febbraio 1929 che suggellava la pace tra Chiesa e
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Stato. Era un problema elle pesava da sessant'anni sulla coscienza della Nazione. Il Fascismo lo ha risolto.
Tutti quelli che lanciavano dei presagi oscuri sull'avvenire sono rimasti mortificati e umiliati.
È di una importanza eccezionale nella vita di un popolo che Stato e Chiesa siano riconciliati nella coscienza dell'individuo e nella coscienza collettiva dell'intera Nazione.
Dal '29 al '34 è il periodo di costruzione dello Stato corporativo. Per noi fascisti il popolo non è una astrazione della politica ma è una realtà viva e concreta. Io soffro dei dolori del popolo. Il nostro amore per il popolo, amore armato e severo, è tutto vibrante di una profonda e consapevole umanità. Durante questo periodo la Libia intera viene conquistata e pacificata e il tricolore è issato su Cufra, a mille chilometri dal mare.
Anni XII, XIII e XIV dell'Era fascista: il periodo dell'Impero.
Un popolo senza spazio non può vivere; un popolo portatore di una antica e magnifica civiltà come il Popolo Italiano, ha dei diritti sulla faccia della terra.
Quattordici anni di preparazione spirituale dovevano essere fecondi di risultati. Il popolo combattente è stato all'altezza dell'ora storica, che gli era dato di vivere. Abbiamo conquistato un Impero in sette mesi, con cinque battaglie.
Lo abbiamo conquistato non solo rovesciando le
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forze nemiche e i traditori della civiltà europea che le avevano inquadrate ed armate, lo abbiamo conquistato contro un'intera coalizione che aveva stabilito il suo quartiere generale sulle rive dei Lago Lemano dove una congrega di fanatici laici pretenderebbe di uccidere lo spirito attraverso la lettera e di soffocare, attraverso le interpretazioni cavillose di mille paragrafi, l'impulso potente e prepotente della vita dei popoli!
In sette mesi abbiamo conquistato l'Impero, ma ne occorreranno molti di meno per occuparlo e pacificarlo interamente.
Mentre io vi parlo, le nostre colonne stanno marciando a grandi tappe nella regione fertilissima dei Grandi Laghi, nel cuore dell'Africa Equatoriale.
Un'altra colonna marcia verso l'occidente alla ricerca del fantomatico governo di Gore.
Pacificati i territori, che sono sei volte il territorio della Madre Patria, laggiù dopo la gloria vi sarà lavoro e posto per tutti !
Mentre gli orizzonti europei incupiscono sotto le
brume dell'incertezza e del disordine, l'Italia offre al mondo uno spettacolo mirabile di compostezza, di disciplina, di civica e romana virtù.
Ebbene ! I popoli che non ci conoscono o che ci co
noscono sotto la specie puramente letteraria, oggi sono sbalorditi dinanzi alla nostra realtà economica, politica e militare.
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Da questa Bologna, che è stata nei secoli un faro per l'intelligenza umana, da questa Bologna che ha dato il più grande sacrificio per la Causa della Rivoluzione, io desidero lanciare un messaggio che deve andare oltre i monti e oltre i mari.
• un messaggio di pace, pace nel lavoro e lavoro nella pace.
• dal 1929 che milioni, milioni e milioni di uomini, di donne e di fanciulli soffrono le conseguenze di una crisi che ormai non si può non ammettere che sia dovuta al sistema.
• dunque un grande ramo d'ulivo che io innalzo alla fine dell'Anno XIV e agli inizi dell'Anno XV.
Attenzione ! Questo ulivo spunta da una immensa foresta: è la foresta di otto milioni di baionette, bene affilate e impugnate da giovani intrepidi cuori!
Camicie Nere della X Legio!

La vostra accoglienza ha toccato il mio cuore, ed io ho afferrato il vostro stato d'animo: è lo stato d'animo del primo anno dell'Impero. Tutta la Nazione oggi e su un piano diverso e più elevato: il piano dell'Impero.
Gravissime responsabilità, formidabili problemi si pongono dinanzi al nostro spirito, ma noi li affronteremo e vinceremo.


Camicie Nere! È lo spirito che doma e piega la materia, è lo spirito che sta dietro le baionette ed i cannoni, è lo spirito che crea la santità e l'eroismo, che ai popoli che le meritano, come il nostro, dà la vittoria e la gloria"

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Milano, Piazza Duomo,
domenica 1° novembre 1936, ore 15.55-16.25
in attesa del Duce
250.000 persone hanno l'impressione che Mussolini si accinge a pronunciare un importante discorso che avrà vastissme ripercussioni in tutta Europa.

(Nota: ricordiamo che il 24 ottobre (sei giorni prima) è nato l'asse Roma-Berlino. Germania e Italia con i rispettivi ministri degli esteri von Neurath e Galeazzo Ciano hanno firmato a Berlino un protocollo che impegna i due paesi a collaborare nella lotta al bolscevismo, a sostenere le forze antigovernative nella guerra civile in Spagna, a risolvere le tensioni dell'area balcanica-danubiana e, in particolare, la questione austriaca.
Al quale fece seguito, poco dopo la partecipazione nipponica, l'Asse Roma-Berlino-Tokio, caratterizzato anche questo dal comune impegno anticomunista e dal comune disegno di modificare a proprio vantaggio gli equilibri imperialistici preesistenti.

Dopo il riconoscimento dell'Austria, anche la Germania di Hitler riconosce l'annessione italiana dell'Etiopia.

Pochi giorni dopo il discorso di Milano la Gran Bretagna conclude un accordo commerciale con l'Italia che sancisce il ristabilimento di relazioni regolari dopo le tensioni originate dall'impresa etiopica. In gennaio altro patto distensivo dove i due Paesi stipulano il gentlemen's agreement, impegnandosi al mantenimento dello status quo nel Mediterraneo e riconoscono i reciproci interessi e diritti nella regione; oltre a questo - avendo già inviato alcuni corpi di volontari in Spagna - l'Italia s'impegna a mantenere l'integrità territoriale della Spagna.

Nel frattempo in Spagna che dal 17 luglio infuria la guerra civile, Francisco Franco proclamato dai ribelli il 28 settembre, capo dello Stato con pieni poteri, guida la rivolta contro il governo repubblicano e viene riconosciuto da Italia e Germania come capo dell'unico governo legittimo spagnolo. Lo stesso Franco si è rivolto all'Italia e alla Germania perchè gli forniscono armi e il supporto aereo necessario alla sua lotta.
L'Italia inizia a impegnarsi sempre di più nell'appoggio a Franco, fornendo un corpo di spedizione italiano volontario (sic!) con a capo il generale Mario Roatta, che nel gennaio 1937 conterà all'inizio 35.000 in seguito 60.000 uomini, 800 aerei, 8000 automezzi, 90 navi.
L'aiuto in Spagna non fu solo dovuto all'infatuazione collettiva degli italiani (ancora sotto l'entusiasmo della conquista dell'Impero), o alla passione di alcuni gruppi di fascisti, ma fu appoggiata da buona parte dell'intelligenzija nazionale, dagli industriali e da molti esponenti del mondo cattolico per tutto il periodo fra il 1936 e il 1939. Mussolini "nemico del bolscevismo" fu anche elogiato, e a guerra finita ringraziato perfino dal Papa. Tutto il mondo occidentale

(Sarà un brutto colpo per Mussolini quando Hitler con i Russi nel '39 concluderà il patto Molotov-Ribbentrop - In Italia credevano a uno scherzo. - Non erano passati nemmeno cento giorni dal Patto d'Acciaio, e ora Mussolini si era ritrovato ad essere a fianco dei tedeschi alleati con i bolscevichi. L'amara costatazione fu
"ma come, ho lottato tutto la vita contro i bolscevichi, e guarda ora cosa mi capita con quello lì".
Ma sappiamo che anche Chamberlain prima di questo anomalo patto aveva dovuto rivedere le proprie posizioni: l'inglese aveva garantito la sicurezza  della Polonia da un attacco tedesco, e soffocando il proprio anti-bolscevismo, lui e la Francia avevano da tempo inziato ad aprire con i sovietici trattative per concludere un patto di mutua assistenza).


Appoggio indiretto anche delle grandi democrazie europee (Gran Bretagna e Francia in testa) che mantennnero sempre una posizione ambigua e di sostanziale neutralità che finì per il favorire gli uomini di Franco e il pericoloso gioco di Mussolini e Hitler.
Non preoccupandosi ciò che già annunciava Carlo Rosselli "Attenzione. Oggi a Madrid domani a Roma".
(vedi
"GUERRA IN SPAGNA" )

Torniamo al discorso di Milano:

"Camicie Nere di Milano!

Col discorso che io sto per pronunciare dinanzi a voi e per il quale vi chiedo, e voi mi darete, alcune decine di minuti della vostra attenzione, io intendo di fissare la posizione dell'Italia fascista per quanto riguarda le sue relazioni con gli altri popoli d'Europa in questo momento così torbido ed inquietante.
L'alto livello della vostra educazione politica mi permette di esporre a voi quei problemi che altrove sono dibattuti nei cosiddetti parlamenti e alla fine dei banchetti cosiddetti democratici.

Sarò estremamente sintetico, ma aggiungo che ognuna delle mie parole è meditata. Se si vuole chiarificare l'atmosfera europea, bisogna in primo luogo fare tabula rasa di tutte le illusioni, di tutti i luoghi comuni. di tutte le menzogne convenzionali che costituiscono ancora i relitti del grande naufragio delle ideologie wilsoniane.

Una di queste illusioni è a terra: è l'illusione del disarmo. Nessuno vuole disarmare per primo, e disarmare tutti insieme è impossibile ed assurdo.
Eppure, quando si riunì a Ginevra la Conferenza del disarmo, la regia funzionò in pieno. Questa regia consiste nel gonfiare le vesciche sino a farne diventare delle montagne. Su queste montagne si concentra per alcuni giorni tutto il fuoco dei proiettori della pubblicità mondiale, poi, ad un certo momento, da queste montagne esce un minuscolo topo che va a finire nei labirinti di una procedura che, in fatto di trovate fertili, non ha precedenti nella storia.
Per noi fascisti, abituati ad esaminare con occhio freddo la realtà della vita e della storia, altra illusione, che noi respingiamo, è quella che passa sotto il nome di « sicurezza collettiva ».

La sicurezza collettiva non è mai esistita, non esiste, non esisterà mai. Un popolo virile realizza nei suoi confini la sua sicurezza collettiva e rifiuta di affidare il suo destino alle mani incerte dei terzi.
Altro luogo comune che bisogna respingere è la pace indivisibile. La pace indivisibile non potrebbe avere che questo significato: la guerra indivisibile, ma i popoli si rifiutano, e giustamente, di battersi per interessi che non li riguardano.
La stessa Società delle Nazioni si basa sopra un assurdo che consiste nel criterio dell'assoluta parità giuridica fra tutti gli Stati, mentre gli Stati si differenziano almeno dal punto di vista della loro storica responsabilità.
Per la Società delle Nazioni il dilemma si pone in termini chiarissimi: o rinnovarsi, o perire.

Poiché - è estremamente difficile che essa possa rinnovarsi, per nostro conto può anche tranquillamente perire. Comunque, noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo che la Società delle Nazioni ha organizzato con metodi di una diligenza diabolica l'iniquo assedio contro il Popolo Italiano, ha tentato di affamare questo Popolo nella sua concreta vivente realtà degli uomini, delle donne, dei fanciulli, ha cercato di spezzare il nostro sforzo militare, l'opera di civiltà che si compiva a circa quattromila chilometri di distanza dalla Madre Patria.

Non c'è riuscita: non c'è riuscita non già perché non lo volesse: ma perché ha trovato di fronte l'unità compatta del Popolo Italiano, capace di tutti i sacrifici e anche di battersi contro cinquantadue Stati coalizzati.
Del resto per fare una politica di pace non è necessario di passare per gli ambulacri della Società delle Nazioni.

Qui, o camerati, io faccio quello che nella navigazione si chiama il punto. Dopo diciassette anni di polemiche, di attriti, di malintesi, di problemi rimasti in sospeso, nel gennaio 1935 si realizzavano degli accordi con la Francia. Questi accordi potevano e dovevano aprire una nuova epoca di relazioni veramente amichevoli tra i due Paesi.
Ma vennero le sanzioni. Naturalmente l'amicizia subì un primo congelamento. Eravamo alle soglie dell'inverno. Passò l'inverno e giunse la primavera e con la primavera le nostre trionfali Vittorie. Le sanzioni continuavano ad essere applicate con un rigore veramente meticoloso. Da almeno due mesi eravamo ad Addis Abeba e ancora duravano le sanzioni. Caso classico della lettera che uccide lo spirito, del formalismo che strangola la vivente concreta realtà della vita.

La Francia ancora oggi tiene il dito puntato sugli ingialliti registri di Ginevra e dice: l'Impero del morto ex Leone di Giuda è ancora vivo. Ma al di là dei mastri ginevrini, che cosa dice la realtà della nostra Vittoria? Che l'Impero del Negus è stramorto.
È di tutta evidenza che sino a quando il Governo francese terrà, nei nostri confronti, un atteggiamento di attesa riservata, noi non potremo fare che altrettanto.

Uno dei Paesi confinanti con l'Italia e con il quale le nostre relazioni furono, sono e saranno sempre estremamente amichevoli, è la Svizzera. Paese piccolo, ma di una importanza grandissima e per la sua composizione etnica e per la posizione geografica che occupa nel quadrivio d'Europa.

Con gli accordi dell'11 luglio un'epoca nuova si è aperta nella storia dell'Austria moderna. Gli accordi dell'11 luglio, ne prendano nota tutti i commentatori frettolosi e male informati, erano da me conosciuti ed approvati sin dal 5 giugno, ed è mia convinzione che tali accordi hanno irrobustito la compagine statale di questo Stato e ne hanno anche maggiormente garantita l'indipendenza.
Sinché non sarà resa giustizia all'Ungheria non vi potrà essere sistemazione definitiva degli interessi nel bacino danubiano. L'Ungheria è veramente la grande mutilata: quattro milioni di magiari vivono oltre i suoi confini attuali. Per volere seguire i dettami di una giustizia troppo astratta, si è caduti in un'altra ingiustizia forse maggiore.
I sentimenti del Popolo Italiano verso il Popolo magiaro sono improntati ad uno schietto riconoscimento, che del resto è reciproco, delle sue qualità militari, del suo coraggio, del suo spirito di sacrificio. Ci sarà forse prossimamente una occasione solenne nella quale questi sentimenti del Popolo Italiano troveranno pubblica e clamorosa manifestazione.

Quarto Paese confinante con l'Italia: la Jugoslavia. In questi ultimi tempi l'atmosfera tra i due Paesi è grandemente migliorata.
Voi ricorderete che due anni or sono, in questa stessa piazza, io feci un chiaro accenno alla possibilità di stabilire rapporti di cordiale amicizia fra i due Paesi. Riprendo oggi questo motivo e dichiaro che oggi ormai esistono le condizioni necessarie e sufficienti di ordine morale, politico ed economico per mettere su nuove basi di una concreta amicizia i rapporti fra questi due Paesi.

Oltre a questi che sono i quattro Paesi confinanti con l'Italia, un grande Paese ha in questi ultimi tempi raccolto vaste simpatie nelle masse del Popolo Italiano: parlo della Germania.
Gli incontri di Berlino hanno avute come risultato una intesa fra i due Paesi su determinati problemi, alcuni dei quali particolarmente scottanti in questi giorni. Ma queste intese, che sono state consacrate in appositi verbali debitamente firmati, questa verticale BerlinoRoma, non è un diaframma, è piuttosto un asse attorno al quale possono collaborare tutti gli Stati europei animati da volontà di collaborazione e di pace.
La Germania, quantunque circuita e sollecitata, non ha aderito alle sanzioni. Con l'accordo dell'11 luglio è scomparso un elemento di dissensione fra Berlino e Roma e vi ricordo che, ancora prima dell'incontro di Berlino, la Germania aveva praticamente riconosciuto l'Impero di Roma.

Nessuna meraviglia se noi oggi innalziamo la bandiera dell'anti-bolscevismo. Ma questa è la nostra vecchia bandiera ! Ma noi siamo nati sotto questo segno, ma noi abbiamo combattuto contro questo nemico, lo abbiamo vinto, attraverso i nostri sacrifici ed il nostro sangue. Poiché quello che si chiama bolscevismo o comunismo non è oggi, ascoltatemi bene, non è oggi che un supercapitalismo di Stato portato alla sua più feroce espressione: non è quindi una negazione del sistema, ma una prosecuzione ed una sublimazione di questo sistema.
E sarebbe ora di finirla con il mettere in antitesi il Fascismo e la democrazia. Veramente si può dire che questa nostra grande Italia è anche la grande sconosciuta. Se molti di questi ministri, deputati e generi affini che parlano per « sentito dire > si decidessero una buona volta a varcare la frontiera d'Italia, si convincerebbero che se c'è un Paese dove la vera democrazia è stata realizzata, questo Paese è l'Italia fascista.

Poiché noi - o reazionari di tutti i Paesi, veri ed autentici reazionari di tutti i Paesi - noi non siamo gli imbalsamatori di un passato, siamo gli anticipatori di un avvenire.
Noi non portiamo alle estreme conseguenze la civiltà capitalista sopra tutto nel suo aspetto meccanico e quasi antiumano; noi creiamo una nuova sintesi e, attraverso il Fascismo, apriamo il varco alla umana vera civiltà del lavoro.
Mi sono occupato sin qui del continente. Bisogna che gli Italiani a poco a poco si facciano una mentalità insulare, perché è l'unico modo per porre al giusto piano i problemi della difesa navale della Nazione.
L'Italia è un'isola che si immerge nel Mediterraneo. Questo mare (io qui mi rivolgo anche agli Inglesi che forse in questo momento sono alla radio), questo mare per la Gran Bretagna è una strada, una delle tante strade, piuttosto una scorciatoia con la quale l'Impero britannico raggiunge più rapidamente i suoi territori periferici.
Sia detto tra parentesi che quando un italiano, il Negrelli, progettò il taglio dell'istmo di Suez, soprattutto in Inghilterra fu considerato un mentecatto.
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Se per gli altri il Mediterraneo è una strada, per noi Italiani è la vita. Noi abbiamo detto mille volte, e ripeto dinanzi a questa magnifica moltitudine, che noi non intendiamo di minacciare questa strada. Non ci proponiamo di interromperla, ma esigiamo d'altra parte che anche i nostri diritti ed interessi vitali siano rispettati.
Non ci sono alternative: bisogna che i cervelli ragionanti dell'Impero britannico realizzino che il fatto è compiuto ed irrevocabile. Più presto sarà e tanto meglio sarà.
Non è pensabile un urto bilaterale e meno ancora è pensabile un urto che da bilaterale diventerebbe immediatamente europeo. Non c'è quindi che una soluzione: l'intesa schietta, rapida, completa sulla base del riconoscimento dei reciproci interessi.

Ma se così non fosse, se veramente, cosa che io escludo sin da oggi, si meditasse, veramente, di soffocare la vita del Popolo Italiano in quel mare che fu il mare di Roma, ebbene si sappia che il Popolo Italiano balzerebbe come un solo uomo in piedi pronto al combattimento con una decisione che avrebbe rari precedenti nella storia.

Camerati milanesi, veniamo a noi.
Le direttrici di marcia per l'anno XV sono le seguenti: pace con tutti, con i vicini e con i lontani, pace armata. Quindi il nostro programma di armamenti del cielo, del mare e della terra sarà regolarmente sviluppato.
Acceleramento di tutte le energie produttrici della Nazione, nel campo agricolo e nel campo industriale.
Avviamento del sistema corporativo alla sua definitiva realizzazione.
Ma vi è una consegna che io affido a voi, o milanesi di questa ardentissima e fascistissima Milano che ha rivelato in questi giorni la sua grande anima, che affido a voi, o milanesi, di questa Milano generosa, operosa, infaticabile. Questa consegna io sono sicuro che diventa per voi, nell'ora stessa in cui la pronuncio, un imperioso dovere: dovete mettervi, come vi metterete, all'avanguardia per la valorizzazione dell'Impero, onde farne, nel più breve termine di tempo possibile, un elemento di benessere, di potenza, di gloria per la Patria".


Discorso riportato dal Popolo d'Italia che così commenta:

"Quasi ogni periodo del Discorso è punteggiato dalle risposte del Popolo, che esprime il suo consenso con grida, con affermazioni, con promesse ardenti. Come sempre, nei Discorsi a carattere storico definitivo, la parola del Duce è un colloquio vivacissimo con la folla. E questa volta il colloquio ha il valore d'un'affermazione di potenza e d'un impegno altissimo. Le ultime parole sono seguite da una manifestazione travolgente che non sembra voler mai finire - e che lascia la sua vibrazione anche nei giorni seguenti. Tutti sentono che, nel Discorso di Milano e nell'entusiasmo che lo accompagna, è l'apoteosi dell'Impero, è l'affermazione della sua forza propulsiva nel mondo, ora e sempre, nel presente e nell'avvenire".

 

 

 

Per Mussolini il 5 maggio 1936 è dunque il giorno dell'apoteosi, dal balcone di Piazza Venezia, ha annunciato due cose: la Vittoria e la "rinascita dell' Impero sui colli fatali di Roma".
Il Re diventa per merito suo, Imperatore; é il primo Savoia a diventarlo e gli é riconoscente e lo fa platealmente "Duce, molti, generali e ammiragli, discutono su di lei, ma lei vada avanti: ci sono io alle sue spalle...Avanti, le dico". (Poi - in un certo 8 settembre- fu il primo ad andare indietro!! A scappare da Roma!!!).

 



Inutile dire che la improvvisa, facile e fortunata conclusione della guerra in Etiopia portò il fascismo al suo apogeo. La popolazione non é solo entusiasta e felice, é perfino frastornata dalle relazioni che giungono da oltremare, e poi con il ritorno dei primi reduci carichi di medaglia; la propaganda arriva al suo culmine, battendo tutte le grancasse disponibili nel grande "circo" dell'informazione.

Gli intellettuali iniziano a rispolverare l'antico periodo dell'Impero Romano e teorizzano i nuovi eventi come un nuova "età dell'oro" e che Roma l'Eterna sta nuovamente rivivendo, portando come allora la civiltà in lontani territori del mondo primitivo.
Nelle chiese i Te Deum di ringraziamento si sprecano.
I reduci della vittoria, sono accolti al ritorno come grandi conquistatori. Si organizzano e sono invitati e raccontano nelle varie adunate, scuole, convegni, in ogni angolo del Paese le loro gesta enfatizzando, esagerando, gonfiando cosa hanno fatto e cosa hanno visto. I giornali, le riviste sono piene di "favole": "... avevo davanti a me, su Harar, prati vastissimi, immensi, migliaia di ettari, verdi, fertile, dove pascolavano centomila, forse duecentomila capi di bestiame allo stato brado. Dio ha cominciato a premiare Mussolini e noi con lui".

La conquista che consisteva in un territorio quattro volte più grande dell'Italia, fece balenare miraggi di ricchezze a tutti, ricchi e poveri, diseredati e industriali. E fu un brutto colpo per gli antifascisti. Si sciolsero come neve al sole. Molti fuoriusciti scrissero al Duce "Ieri ero un tuo avversario, oggi pentito offro a te i miei servigi".

Quello del rivoluzionario socialista ARTURO LABRIOLA fu clamoroso: si era impegnato tutta una vita in una propaganda antifascista in mezzo mondo, era stato perseguitato, picchiato, esonerato all'Università, poi alla fine era fuggito all'estero; ora chiedeva scusa a Mussolini.
Venne il turno di SEM BENELLI altro intransigente sul fascismo. Poi fu la volta di LUIGI ALBERTINI che era stato buttato fuori dal Corriere della Sera; lo seguì il filosofo BENEDETTO CROCE che era così "antifascista" che aveva contribuito alla guerra persino con l'oro della sua medaglietta; e clamorosamente anche VITTORIO EMANUELE ORLANDO, anche lui telefonò da Parigi "Sono a sua disposizione!".
Per non sottacere il gesto che abbiamo ricordato di GUGLIELMO MARCONI che se era offerto volontario per combattere in Africa.

Gli storici se veramente sono onesti, se devono usare l'obiettività, hanno un bell'imbarazzo a descriverci il regime come una dittatura in questi metà anni Trenta. Possiamo anche raccontare che il regime si basava sulla massa ignorante, che esercitava sulla stessa una dittatura con la propaganda becera, grossolana, piena di retorica e molte volte grottesca (vedi Starace)
Possiamo persino comprendere e giustificare alle forze produttive il massiccio consenso per il proprio tornaconto, ma era anche era necessario ed era vitale entrare in quel "sistema" salvo perdere appalti, sovvenzioni, e quella pubblicità che si dava ai produttori consenzienti; così pure il consenso veniva dai funzionari dentro le strutture sia pubbliche che private per non rischiare di finire a fare il mestiere di portinaio.
Nel discorso inaugurale dell'Anno Giudiziario, pure lui, il Procuratore Generale enfatizzava questo consenso e chi aveva fatto il suo dovere partecipando alla spedizione militare.

Ignoranza? E come rispondere quando troviamo il meglio degli intellettuali, dei giornalisti e degli artisti dell'Italia contemporanea, che lodavano e celebrarono Mussolini come un vero imperatore romano, e si entusiasmavano alla sua "epopea" senza avere nemmeno tanto bisogno di essere spinti a farlo?

Un bell'imbarazzo destinato a rimanere tale per ancora molto tempo. Inutile affermare come Montanelli (che in Africa c'era, e aveva visto come aveva visto il padre dell'Autore che scrive, quello che accadeva e con quali mezzi si era conquistata l'Etiopia. Poi dirà Montanelli che lui "non ha visto niente", e che quindi non avendole viste certe cose non sono mai avvenute. Lui però sul posto non c'era, si era già imboscato (si era arruolato perché così aveva fatto "tutta la gioventù che aveva in corpo qualcosa"
) la sua guerra durò solo dall'ottobre (inizio ufficiale delle ostilità) al dicembre del 1935.

Per amichevole richiesta del padre Sestilio al direttore Leonardo Gana, ottiene la tessera da giornalista, che al momento non aveva, e che rende possibile la pubblicazione su "Civiltà fascista" di un suo pregevole pezzo sull'inferiorità razziale "dei negri" (VEDI e LEGGI l'originale > > ), e del provvedimento con il quale "Montanelli a fine dicembra, viene trasferito dal XX Battaglione Eritreo al Drappello Servizi Presidiari e assegnato a prestare servizio all'Ufficio Stampa e Propaganda". Vi rimarrà fino all'agosto del '36. Di guerra ne vide poco ( per quello che scriveva: " Nessuno di noi si augura che la guerra finisca, abbiamo un solo desiderio: continuare! "

Il padre di chi scrive, invece c'era, si è fatta tutta la guerra d'Africa; e a Gondar e al Lago Tana ci è arrivato con il suo camion con la Colonna Celere di Starace, il 1° aprile del 1936.
Il 12 marzo 1936 Starace aveva assunto il Comando della Colonna Celere A.O. Composta dalla colonna XVIII, XX e XXV battaglioni del 3° Reggimento Bersaglieri, l’ LXXXII battaglione CC.NN. “Mussolini”, un battaglione Motoblindo-mitragliatrici, un gruppo di Artiglieria da 77/28, aliquote del Genio, della Sanità e della Sussistenza.

E l'appello della Società delle Nazioni, lanciato il 9 aprile, contro l'Italia di rispettare le convenzioni di guerra, per aver fatto ricorso all'uso dei gas asfissianti e aver centrato bersagli coperti dal simbolo della Croce rossa? "una menzogna !" scrive Montanelli in una intervista dettata a Tiziana Abate (titolo: "Soltanto un giornalista"). Salvo poi confermarlo in altre sue pagine in "l'Italia Littoria" , pag. 295. "I gas furono usati dagli italiani così come gli abissini usavano le pallottole dum-dum" (ma cos è un dare e avere?).

In un volume ufficiale italiano, Lessona accenna che sul fronte somalo furono lanciate da 5 aerei "kg 1.700 di bombe a gas" (vedi sotto conferma Gen. Bernasconi). Un certo pilota Minniti, che lanciava le bombe sul campo nemico, ebbe un avaria, e fu catturato dagli abissini, quindi ucciso, mutilato e la sua testa, in un macabro trionfo, fu portata in giro per la regione.

Segnaliamo (e daremo un dispiacere ai lettori di Montanelli, che lui non è dunque un testimone attendibile) che RODOLFO GRAZIANI nel suo "Fronte Sud", pag. 220, a seguito della decapitazione del tenente Minniti, scrive: "Fu immediatamente effettuata una rappresaglia a gas che sparse il terrore, dopo averla preannunciata con il seguente messaggio "Avete decapitato gli aviatori atterrati, avrete in cambio quello che avete meritato".

Confermato poi dal rapporto del 12 gennaio a firma del generale Bernasconi (Comando delle forze armate della Somalia - Fronte Sud, Addis Abeba) riferisce "Alle ore 6 est iniziata partenza aerei bombardamento. Partecipano 24 apparecchi dei quali sei caricati gas. Lanciato chilogrammi 1700 gas e 7000 bombe calibro vario. Gas lanciato al guado Bandu e riva destra Canale Doria sino a Uadi Baccasu".

Mio padre, che ripeto era il camionista, mi raccontò che anche Badoglio, alla battaglia del Passo Uarieu, solo col lancio di Iprite riuscirono a resistere e a farsi largo.
Dunque i gas c'erano! e senza giustificare né gli uni né gli altri, possiamo dire che la "cultura" degli abissini era - da sempre abituati- a sfigurare i cadaveri a mozzare le teste a portarli in giro come trofei; mentre la "cultura" italiana era più "civile", quella di far uso di gas tossici, e dove cadevano cadevano.
(E quando catturarono Mussolini, i "civili" fecero qualcosa di molto simile agli abissini; ma con la differenza che Piazzale Loreto non era in Africa!)


Fu anche costituito un "Plotone Chimico", CC. NN. della 4a Divisione
Ecco il camion e gli addetti....(con le maschere)

e questo il contentire sul camion guidato da mio padre
.

E' inutile dire che nei racconti dei cronisti (in epoche diverse e in diverse versioni) o che erano tutti plagiati, o che per opportunismo non si voleva né vedere, né sentire, né scrivere cosa accadeva. Ma il plagio o l'opportunismo potrebbero essere giustificati alibi (come discolpa o buona fede) per un ignorante, per un illetterato, un "Abissino", non certo per chi ha educato il proprio pensiero alla libertà, alla critica (e chi meglio di un intellettuale) e, normalmente, percorre ben altre strade e non quelle dello struzzo; del "non vedo, non sento, non parlo"; oppure "io non li ho visti, quindi non c'erano!".

Quanto al "razzismo" e alla "supremazia della nostra razza", Montanelli, scrisse un eloquente articolo. lo abbiamo già riportato nel 1935, ma ci sta bene anche qui:
Su Civiltà Fascista sempre Montanelli fra l'altro scriveva " Razzismo, questo è un catechismo che, se non lo sappiamo, bisogna affrettarsi a impararlo e ad adottarlo. Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può. Non si deve. Almeno finchè non si sia data loro una civiltà..... non cediamo a sentimentalismi...niente indulgenze, niente amorazzi. Si pensi che qui debbon venire famiglie, famiglie e famiglie nostre. Il bianco comandi. Ogni languore che possa intiepidirci di dentro non deve trapelare al di fuori".
(Indro Montanelli. dicembre 1935. Da "Civiltà fascista" N.1, gennaio 1936 - che abbiamo in originale
VEDI e LEGGI l'originale > >


Ma Mussolini aveva questo potere di plagiare tutti? Un bell'imbarazzo per gli studiosi. Ma studiosi di cosa? I documenti ora saltano fuori; i nomi anche e le verità pure, e non ci sono più soggettive interpretazioni, opinioni, ma solo fatti! Quello che scrivevano è nero su bianco. Molti hanno occultato, ma la carta stampata è rimasta e le fotografie pure.
Amara conclusione: il regime non poggiava su una massa di ignoranti come molti vorrebbero far credere oggi. Aveva il consenso di autorevoli "maestri" intellettuali. Ed erano loro a trascinare la massa, e per farlo ricevevano stipendi, medaglie, carriera e privilegi. Insomma ci campavano!

l'ubriacatura, il delirio di potenza, il consenso.

Sul silenzio degli altri Stati, in primo piano Francia, Inghilterra e USA, salvo i bagni di retorica nazionalista e i tanti atteggiamenti pieni di sdegno, ma poi seguiti da nessuna iniziativa, questi silenzi saranno incomprensibili per gli storici degli altri Paesi, e imbarazzanti per gli storici degli stessi tre Paesi nel raccontare come andarono le cose.

In Italia invece i silenzi di molti intellettuali, affiancati da altrettanti molti autorevoli personaggi della cultura, esaltano le gesta, mettendo la testa sotto la sabbia. Proprio loro che sono i  più informati, i più acuti d'intelligenza, i "maestri" e i "professori" del tempo, non sono capaci di prevedere e di vedere la situazione. Furono più dannosi questi ultimi molto di più di coloro che fornivano i mezzi, la complicità e le connivenze nel modo come abbiamo avanti accennato. Se il doppio gioco é comprensibile tra le nazioni, di diversa cultura, lingua, tradizioni e con i soliti atavici conti da regolare, non è per nulla comprensibile il doppio gioco che sta nascendo invece nel Paese Italia.

Va bene "l'ubriacatura virile e guerriera degli adolescenti" (ma questo lo diranno solo dopo - paradossalmente i "padri", e sono proprio loro che hanno educato i loro figli), ma c'era anche l'ubriacatura di chi aveva l'autorità intellettuale, la guida morale e spirituale. C'era Marconi, Gentile, Prampolini, Soffici, Papini, Ungaretti, Pirandello, Mascagni, D'Annunzio, Prezzolini, Sironi, Malaparte, Vittorini e mille altri, e in prima fila, il Re e il Papa. Se tutti costoro plaudivano e avevano in mano le Leggi e l'Etica, che cosa potevano fare gli altri miserabili ignoranti che erano costretti a ubbidire?

Sono quelle dei grandi personaggi,  tutte voci che giungono nelle orecchie dei giovani e che contribuiscono a formare il carattere virile e guerriero, e i ragazzi così frastornati, da Chiesa, Corte e Intelligenze, "marciano". Solo dopo si ritroveranno abbandonati nel '43-'45 in Russia sul Don, in Africa, in Grecia, a Cefalonia, in Germania, e non migliore sorte toccò a coloro che in Patria credettero di fare il loro dovere fino in fondo,  come gli avevano insegnato i "maestri",  gli "adulti", che subito l'8 settembre fecero il voltafaccia e bollarono i "loro allievi" (i  loro stessi "figli") "infami fascisti" e gli diedero la caccia; e questi a  braccare loro. Senza voler fare apologia al fascismo, avevano quasi ragione più questi ultimi, perchè questo gli avevano insegnato i loro "padri", le migliori istituzioni e i migliori intellettuali; e quello che gli avevano insegnato loro lo fecero". Per venti anni il nemico era uno solo, gli "stramaledetti inglesi"; come potevano cambiare improvvisamente "programma", girando la monopola?

Questi cattivi "maestri", questi "intellettuali" si giustificarono e dissero poi di essere stati costretti, al silenzio. Eppure proprio Vittorini aveva scritto "Che cos'è l'intellettualismo? Pensare solo con la propria mente!!"

Anche dallo sparuto gruppo di antifascisti riparati all'estero non è che giunsero migliori progetti e indicazioni costruttive; da Parigi comunisti e socialisti il 6 aprile erano stati chiari, auspicavano che l'avventura bellica africana finisse in una "disfatta" (e non meno iattura l'augurarono all'"avventura"  del '40).
Cioè sperare che una parte dei propri figli del proprio Paese soccombessero, cioè augurare una disfatta e senza far nulla per impedirlo ma facendo solo chiacchiere; e questo non accade nemmeno dentro i territori dove abitano e vivono gli sciacalli, altro che coscienza dell'unità d'Italia, si ripiombava al medioevo, alle lotte dei Comuni, e ancora molto più indietro, e di molto, quando non era ancora presente una forma di autocoscienza.

Siamo nel 1936, di questi "soggetti", a parte alcuni esempi fulgidi e coerenti, ma in ogni caso estranei da anni alla realtà del Paese, l'Italia inizia allevarseli come serpi nel proprio seno, fino al 1943; poi arrivati al momento fatidico, quello che aspettavano da anni, restano tutti paralizzati, nessuno ha un progetto d'azione, nessuno prende un'iniziativa; a Roma il 10 settembre del '43 con due eserciti di stranieri in casa a fronteggiarsi e con i capi di quello italiano in fuga, invece di coagularsi, padri e figli unirsi e organizzarsi, si scappa, chi a casa, chi nelle montagne, e chi (sovrani e alte gerarchie militari) a Brindisi, dimenticandosi che fuori dai confini c'erano oltre due milioni di italiani, da quel momento scaraventati dentro una micidiale trappola senza scampo.

Unica iniziativa che alcuni riuscirono a prendere fu quella di regolare i conti personali, nel proprio rione, nel proprio villaggio, nella propria città, per i vari torti subiti nel ventennio; spesso anche alla cieca, scatenando umane reazioni. Pochi, pochissimi furono quelli che contribuirono veramente ad eliminare il nemico (a questo ci pensarono gli anglo-americani, dopo aver imposto il diktac della resa senza condizioni); molti erano impegnati ad eliminare i propri sgraditi concittadini e alla cieca anche i più giovani…quelli che loro (i padri) avevano allevato e che venivano bollavano di essere "dei fanatici".

Di tedeschi, secondo fonti germaniche, ne furono uccisi un migliaio, di fascisti (italiani) gli italiani ne uccisero invece 40-50 mila. Anche dopo due mesi che era finita la guerra. Come la strage nelle carceri di Schio.

"Da fonti alleate:  "Londra 7 aprile 1945 - Secondo un rapporto sull'attività dei patrioti italiani nell'Italia settentrionale diramato oggi dal ministero britannico delle informazioni, i membri attivi delle formazioni partigiane assommano a più di 200.000. Il rapporto riferisce che le perdite nemiche in seguito alle operazioni dei patrioti ammontavano al dicembre scorso a 2.418 uccisi e 1580 prigionieri. (Comunic. Ansa del 7 aprile 1945, ore 16.30)

Molti, opportunisticamente, retrodatarono la militanza nell'antifascismo, fecero trasformismo e ingrossarono le file di quei pochi che invece avevano un passato coerente ed esemplare, quei pochi che avevano subìto il carcere nell'esprimere la loro opposizione, ma che non seppero resistere di accettare nelle loro file anche soggetti che non avevano nessuna dignità, né come "esseri umani" e tanto meno possedevano la dignità della propria Patria.

Giorgio Amendola onestamente scriverà "Tornammo nel '43 e prendemmo contatto con una realtà scarsamente conosciuta…..alcuni tornarono con degli schemi che non avevano subìto alcune variazioni…a Roma nel '43 il partito non aveva una linea per una lotta armata…non l'aveva ancora neppure elaborata".
Molti pensarono che era l'occasione buona per fare la rivoluzione bolscevica, dimenticandosi che l'Italia aveva firmato una "resa senza condidizioni", e ignorando che a Yalta i giochi erano ormai stati fatti. Cioè la Russia non avrebbe mosso un dito (come fece in Grecia).

Ma ritorniamo al 1936, alle esaltazioni, al cuore gonfio per gli eroismi raccontati dai cinegiornali, dalla radio e dalla stampa, torniamo alla data della conquista dell'impero, con l'orgoglio alle stelle. "Per lungo tempo offesi ed umiliati, gli emigranti italiani all'estero, guardarono al fascismo con ammirazione e gratitudine. Per la prima volta sembrava alla maggioranza di loro che l'Italia fosse temuta e rispettata" non scrive uno di parte, ma sempre GIORGIO AMENDOLA, in Storia del PCI, pag. 252. - "Ora sono più quelli che rientrano in Italia che quelli che ne escono" scriveva LUSSU su Giustizia e Libertà.

Sembrava in questo 1936 che non ci fossero avvenimenti "annunziatori" di prossimi sconvolgimenti. Eppure fin d'ora l'euforia calerà, e lascerà il posto ai primi dubbi, al risveglio di una realtà. Abbiamo conquistato ma non abbiamo convinto; non siamo perdenti ma nemmeno vincitori. Abbiamo oltremare le Colonie ma già nel prossimo anno 1937 ci stiamo avviando velocemente ad un bivio, quello del 1940, dove ci saranno due sole strade da percorrere e sono entrambe senza autonomia o altra scelta: o imboccare la strada della colonizzazione tedesca o quella anglo-americana, e in entrambe le strade, sul lasciapassare  c'è scritto: "Senza condizioni".

Voler diventare l'Italia autonoma in entrambi i casi era molto difficile,  nessuna ridefinizione della collettività nazionale intorno al principio di responsabilità individuale e collettiva sulle scelte e su quello che poteva accadere in un caso o nell'altro.
Anche perchè c'erano forti atavici contrasti regionali e ancora tanti  limiti mentali 
per questa desiderata autonomia nazionale; e che sono ancora oggi alla fine del secondo millennio non ancora superati.
Basti ricordare che dopo la guerra, al referendum, l'Italia si divise in due. A una metà, la Repubblica non era gradita, insisteva su una monarchia, proprio quella che era così compromessa e così colpevole da meritarsi una corte marziale.

DOPO L'AVVENTURA BISOGNAVA ANCHE PAGARE I DEBITI
MA I CONTI ERANO IN ROSSO - COSI' IN ROSSO....
....CHE ANCORA OGGI (2013) LI STIAMO PAGANDO


vedi spese e materiali della guerra in abissinia > > >

 

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