ANNO 1942
Un lungo riepilogo velocissimo
dei 12 mesi - GENNAIO - DICEMBRE


* una "vittoria" in Africa durata un mattino
* e gli "importanti successi iniziali" in Russia furono un disastro

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IN ALCUNE ALTRE PAGINE CI SOFFERMEREMO
SU ALCUNI ALTRI IMPORTANTI EVENTI

AFRICA - 1 GENNAIO - In Africa gli italo-tedeschi, attestati nella zona di Agedabia, lanciano un contrattacco sul fianco destro, all’interno, per alleggerire la pressione dell’8a armata britannica.

2 GENNAIO - Il presidio di Bardia, assediato da metà dicembre è rimasto senza viveri e munizioni, si arrende ai britannici della 2a divisione sudafricana e della I brigata corazzata dell’8a armata.
A MALTA si rinnovano gli attacchi aerei dell’Asse contro le basi aeree e navali dell’isola.
In ITALIA aerei inglesi effettuano un’incursione su Napoli provocando gravi danni materiali.

RUSSIA - 5 GENNAIO - Nel settore settentrionale, proseguono con esito incerto i combattimenti lungo la linea del fiume Volchov, mentre alla assediata Leningrado, dove il freddo e la fame mietono migliaia di vittime al giorno, ci si prepara a un massiccio sgombero della popolazione civile attraverso il Lago Ladoga gelato. Settore centrale: a sud di Kaluga, i sovietici rioccupano Belov, a ovest del fiume Oka. Nel settore meridionale, l’Armata Rossa sbarca rinforzi sulle coste della Crimea presso Evpatoria e Sudak, nel tentativo di rompere l’assedio posto dai tedeschi e dai romeni alla fortezza di Sebastopoli. Ma i russi compiono scarsi progressi di fronte alla tenace resistenza tedesca.

6 GENNAIO - IN AMERICA  Roosevelt chiede al Congresso USA uno stanziamento straordinario che consenta agli Stati Uniti di produrre, entro il 1943, 125.000 aerei, 75.000 carri armati, 35.000 pezzi di artiglieria e naviglio per 8 milioni di tonnellate.

AFRICA - 7 GENNAIO - La 1a divisione corazzata britannica, recentemente giunta dall’Inghilterra a rimpiazzare la 7a divisione corazzata, prende posizione ad Antelat. Il porto di Derna è riaperto al traffico. Si completa lo schieramento delle truppe italo-tedesche lungo la linea El Agheila-Marada.
Il XIII corpo dell’8a armata britannica invia reparti in azione avanzata fino ad Agedabia e scopre che le forze dell’Asse hanno abbandonato quella posizione. 
Un convoglio italiano di rifornimenti giunge senza avere subito perdite nel porto di Bengasi, parzialmente riattato.
Intanto a Malta prosegue l’azione aerea delle forze dell’Asse. (TROPPO TARDI!!!)
11 GENNAIO - La 2a divisione sudafricana del XXX corpo dell’8a armata britannica attacca Sollum e la conquista in parte dopo 24 ore di combattimenti. Le forze dell’Asse si consolidano a EI Agheila.

14 GENNAIO - A Washington termina la conferenza dell’Arcadia tra americani e britannici. Le maggiori decisioni prese sono: l’istituzione di un comitato congiunto dei Capi di Stato Maggiore per coordinare io sforzo bellico anglo-americano; la precedenza assegnata, nel quadro generale delle operazioni, alla lotta contro la Germania; il riconoscimento dell’importanza strategica dell’occupazione dell’Africa settentrionale francese (operazione “Gymnast”). Il gen. Wavell assume formalmente il comando supremo in Asia.

RUSSIA - 15 GENNAIO - Fronte Sovietico - Settore meridionale. Un violento attacco è sferrato dai russi nel settore degli italiani.
Al comando dello Heeresgruppe Nord, von Kuchler sostituisce von Leeb. La sostituzione rientra nel grande avvicendamento voluto da Hitler, adirato per le decisioni autonome di arretramento in qualche settore prese dai suoi generali senza consultarlo o addirittura violando i suoi ordini. (VUOLE COMANDARE LUI !!!)


AFRICA - 17 GENNAIO - Dopo due mesi di resistenza, i presidi italo-tedeschi di Sollum e Halfaya, bombardati da terra, dal mare e dall’aria, e rimasti senz’acqua da tre giorni, si arrendono ai britannici.
Con la distruzione delle ultime resistenze nella Cirenaica, la prima fase della campagna britannica in Libia può considerarsi conclusa. Gli italo- tedeschi sono attestati sulla linea di El Agheila.
Il gen. Auchinleck il giorno 19, emana le direttive per l’8a armata britannica. L’obiettivo è ora Tripoli. Nel caso che l’offensiva in Libia debba essere interrotta, è stabilita la strategia difensiva da seguire.

RUSSIA - 18 GENNAIO - Nel settore meridionale, i russi sfondano le linee nemiche e compiono una profonda penetrazione nel settore di lzum, a ovest del Donec in Ucraina. Notevoli progressi sono compiuti anche nella zona di Kursk.
Il giorno prima è morto di colpo apoplettico il mar. von Reichenau, già comandante della 6a armata (il cui apporto era stato decisivo nella conquista di Kiev e di Charkov), che il 10 dicembre del 1941 aveva sostituito von Rundstedt nel comando dello Heeresgruppe Sud. Il suo posto è affidato al mar. von Bock, che già il 16 dicembre, stremato fisicamente e psichicamente, aveva chiesto di essere esonerato dal comando dello Heeresgruppe Centro.

IL 21 GENNAIO - AFRICA - Tedeschi e italiani al comando di Rommel, sferrano una controffensiva agli inglesi dalla linea El Agheila-Marada in direzione di Agedabia.
Rommel scrive sul suo Diario "Dopo aver vagliato accuratamente tutte le possibilità, ho deciso di rischiare. Io sono fermamente convinto che Dio ci protegge e ci vorrà concedere la Vittoria".

I continui attacchi aerei su Malta, neutralizzando (PER IL MOMENTO) questa base, hanno consentito ai convogli italiani di portare in Africa viveri, munizioni e carburante. Il 22 Le forze dell’Asse avanzano rapidamente verso est, occupando Agedabia. Il 23 travolgendo le difese del XIII corpo dell’8a armata britannica, le forze dell’Asse occupano Antelat e Saunnu. Il 24 breve pausa nell’offensiva di Rommel. Il XIII corpo britannico si prepara a contrattaccare. Nel caso che il nemico non possa essere contenuto, gli inglesi ripiegheranno sulla linea che va grosso modo da Derna a EI Mechili.
Il 25 Rommel riprende l'offensiva occupa Msus e muove verso Er Regima, a est di Bengasi. La 1a divisione corazzata inglese si ritira su Ei Mechili, lasciando un distaccamento a proteggere la ritirata della 4a divisione indiana da Bengasi e Barce. Il gen. Ritchie ordina tuttavia che si lanci un contrattacco nella zona di Msus.
Il 27 mentre il XIII corpo britannico si accinge a contrattaccare nella zona di Msus, gli italotedeschi riprendono vigorosamente l’offensiva puntando lungo due direttrici su Bengasi e El Mechili.
Il 28 gennaio la 4a divisione indiana, che presidia Bengasi è autorizzata a ritirarsi, in quanto non potrà avere l’appoggio corazzato che le era stato assicurato. La VII brigata, che è l’ultima a ritirarsi, si trova la strada sbarrata dalle forze dell’Asse, ma riesce a sganciarsi e a riunirsi all’8a armata. La 90a div. tedesca di fanteria leggera e il XX corpo d’armata italiano occupano En Regima, già oltre Bengasi, a est.
Il 29 gennaio gli italo-tedeschi occupano Bengasi alle prime luci dell’alba e mandano elementi avanzati all’inseguimento della 4a divisione indiana che si ritira su Derna. Il 31 conquistano Barce e proseguono verso Cirene.

L'Afrika Korps è le truppe italiane spinte dalla volontà di Rommel, si lanciano in una controffensiva violenta che sorprende gli alleati. Finalmente, contro il parere di generali tedeschi ed italiani, Rommel smonta con un rapporto (D.A.K/O.K/P.678/O.394 del 16 gennaio 1942) le apprensioni di Roma, di Berlino e di Tripoli e ha deciso "di testa sua".

Reparti corazzati rioccupano Agedabia, Saunnu, Antelat, costringendo gli inglesi a spezzare il loro schieramento e a ripiegare in fretta. Le truppe dell'Asse rioccupano il 29 gennaio Bengasi. Comincia la fase fortunata delle imprese di colui che la propaganda di Goebbels chiama "Wuestendaemon" (demonio del Deserto) secondo un soprannome dato a ROMMEL dagli inglesi in ritirata. 
(Quello di "Volpe" sembra che l'affibbiò Montgomery, ma solo per rendere più evidenti i suoi successi contro un fortissimo e abile avversario. Che da come risulta dal Diario di Rommel, quando Montgomery prese il comando, lui era già infermo, in procinto di partire per la Germania, MENTRE MONTGOMERY potè contare sui nuovi bombardieri americani, e dal 8 novembre sui rinforzi con lo sbarco americano in Marocco).

Il 1 febbraio il gen. Ritchie ordina al XIII corpo britannico, che rischia di rimanere accerchiato dagli italo-tedeschi, di ritirarsi sulla linea Gazala-Bir Acheim. La 4a divisione indiana, che dipende operativamente dal XIII corpo, ripiega su Derna. Conquistata Cirene, Rommel punta su Derna.
Il gen. Auchinleck ordina all’8a armata britannica di tenere a tutti i costi la piazzaforte di Tobruk, che potrà servire da base di rifornimento per future offensive.

RUSSIA - A FINE GENNAIO -  Hitler -consegna all'ambasciatore Italiano Alfieri- un messaggio da recapitare a Mussolini. Dopo avergli illustrato (a modo suo) i motivi dell'arresto delle operazioni sul fronte russo, gli chiede l'immediato invio di una intera armata italiana, in vista della ripresa dell'offensiva. Il generale Marras addetto militare italiano a Berlino a malapena contiene il proprio furore "è sacrosanto dovere del Duce di esigere che lo si informi in qual modo e a qual fine le truppe italiane dovrebbero venir impiegate. Ciò perché sino a questo momento i germanici nulla ancora ci hanno comunicato circa i loro nuovi piani di guerra: rifiutano anzi esplicitamente di farlo".

Ma il 23 gennaio il Conte Ciano informò l'ambasciatore che Mussolini aveva risposto ad Hitler accogliendo "con entusiasmo" la sua richiesta ed assicurandolo che le Divisioni erano già in via di approntamento.
(Inizieranno a partire il 26 luglio, costituendo l'A.R.M.I.R. altri 170.000 uomini che vanno ad aggiungersi al precedente Corpo di Spedizione (CSIR, 65.000 uomini). Raggiungeranno in tradotte l'Ucraina poi a piedi con marce lunghe anche 50 chilometri nella steppa, in una calda estate.
Il 21 agosto saranno impegnati dai russi un una battaglia difensiva  sul Don nell'ansa di Vernje Mamon, dove il Generale Messe è costretto a ritirarsi. Mentre il 24 nel villaggio di Isbuscenskji, il "Savoia Cavalleria" (a cavallo e con le sciabole) combatte l'ultima carica (contro i carri armati) forse della storia. 

7 FEBBRAIO - IN AFRICA presa Gazala, Rommel si ferma sulla linea dei fortini e dei campi minati che vanni da Derna (sulla costa) a Bir Acheim (nell’interno). L’avanzata italo-tedesca qui si arresta: entrambi i contendenti hanno imparato a non allungare troppo le loro linee logistiche.
Il 9 febbraio a
erei dell'Asse bombardano le installazioni navali-aeroportuali di Alessandria d’Egitto.
Il 17 febbraio il gen. Auchinleck riceve l’ordine di inviare due divisioni in Estremo Oriente. La 70a divisione britannica partirà, la 9a australiana resterà invece in Africa.

10 FEBBRAIO 1942 - Rapporto di Rommel al Comando Supremo italiano (D.A.J./O.K./ R.P. 78/O) Rapporto che Rommel riporta nel suo DIARIO - Sintesi:
a) Necessità di sfruttare il successo incalzando gli inglesi;
b) Dissensi con i Comandi italiani e frizione con la eccessiva prudenza del Generale Gambara
c) Necessità di coordinare le direttiva (e si sfoga: "quando il Fuhrer mi ordina di marciare io non discuto. Ma occorre mettersi d'accordo: Mussolini preme per l'avanzata e me lo fa dire da Cavallero: Gambara mi dice che il Comando Supremo italiano è per una prudente difesa e dice che Kesselring è d'accordo con lui. Von Rintelen è pessimista e poi vorrebbe vederci al Cairo. Gli italiani mutano opinioni secondo le fasi lunari e non hanno voglia. In realtà salvo le truppe d'assalto (coloniali, bersaglieri, aviatori). Io seguirò le mie aspirazioni ponderate");
d) Rifornimenti, scorte, automezzi, convogli: da potenziare; 
e) Attacco a Malta e occupazioni di Tunisi e Biserta: da non differire;
f) Aumento dell'aviazione in Libia e critiche alle tendenze di Kesselring;
g) Inderogabilità del Comando Unico ed Autonomo.


 Rommel chiede rinforzi a Hitler cercando di convincerlo dell’importanza del fronte africano nell’economia della guerra. Ma il Fùhrer è ora concentrato sul fronte russo e non intende disperdere le sue forze. 
Riunione a Catania il 12 marzo per il piano dell'" Attacco a Malta" Scambio di idee con Kesselring per l'azione:
Rapporto da Roma in data 18 marzo con i particolari del "Piano" per Malta;
Attacchi aerei di caccia e bombardieri diurni e notturni;
Smantellamento delle difese antiaeree;
Assedio dell'Isola via mare;
Attacchi sulle rotte, sui porti, sulle attrezzature portuali;
Sbarramento di mine da parte della Marina italiana attorno alle rocce di accesso a oriente e a occidente;
Concomitante martellamento delle basi nemiche di rifornimento a Malta: Gibilterra ed Alessandria;
Partecipazione delle due dozzine di sommergibili tedeschi del Mediterraneo;
Azione anfibia di sbarco; partecipazione tedesca con una divisione di paracadutisti, alianti, Junkers, carri armati leggeri e pesanti; carri anfibi, radiotecnici".
Il 24 una nota dolente: "Ieri ho avuto due utili scambi di idee con il Generale Barlosetti, successore di Gambara e attuale Capo del Comando Supremo italiano del Nord Africa. Si dice che Gambara sia stato sostituito perché si è lasciato sfuggire in un circolo di ufficiali, che egli intendeva restare in Africa fino a quando non avesse avuto l'occasione di condurre una divisione italiana contro di noi".


ITALIA - IL 13 MARZO - In Italia il razionamento alimentare ha un'impennata, ogni italiano può d'ora in avanti disporre di soli 150 grammi di pane a testa. La carne da 800 grammi al mese scende a 400 grammi. Grassi, farina, pasta, sapone, patate, zucchero solo con la tessera con razioni minime. Mentre la borsa nera inizia affari d'oro. La distribuzione sfugge al controllo di incapaci preposte strutture, perchè essa stessa é molto attiva nell'imboscare le derrate alimentari. Si moltiplicano gli accaparratori e gli speculatori in tutti i settori produttivi, ma soprattutto sui prodotti di prima necessità.

ITALIA - Mussolini informato degli intrallazzi, quando a giugno iniziarono le prime crisi su tutti i fronti dell'Asse, interviene con pene severe per gli speculatori, mettendo un tribunale speciale e perfino la pena di morte a chi insidiava la salute pubblica (alla farina del pane veniva aggiunto il gesso). Il giro di vite portò a denunciare 13.500 persone, 2500 vennero arrestate.

ITALIA - Nei blitz e nelle perquisizioni nei  retrobottega vennero ritrovati 2380 quintali di farina, nei magazzini 16.550 quintali di grano. Ma il controllo oltre che diventare blando, esso stesso diventò fonte di corruzione e di concussione tra controllati e controllori, e siamo appena al 1942.
Poi il malcostume dilagò e dai negozi presto vuoti, si trasferì nelle campagne. Dalle città ormai prive di tutto, il fenomeno borsa nera si estese nei piccoli paesi, dove invece c'era ogni ben di Dio.  Il contadino diventò il più riverito, il più lusingato, carezzato, adulato dal ragioniere, dall'ingegnere, da tutta quella classe media che aveva ancora soldi ma che in città non riusciva a trovare più nulla.
Erano finite le scorte, nessuno degli accaparratori era riuscito a preventivare una guerra così lunga. L'insofferenza  negli strati borghesi saliva in parallelo con il Paese sfiduciato e depresso sia per le grosse difficoltà nell'alimentazione, sia per i rovesci nelle operazioni di guerra quando a fine anno apparve negli ultimi giorni lo spettro di una disfatta totale.

Gli speculatori alzarono il tiro, non credevano più  nell'"Uomo della Providenza", ma credevano nella "provvidenza" della guerra, quella che incominciò a far scendere dal cielo la manna dei guadagni e degli arricchimenti facili. Fu il momento che non valendo più nulla il denaro, si cominciò a far il baratto con gli ori, con gli oggetti preziosi, poi con gli immobili, e per le belle e giovani donne le prestazioni in natura diventarono una prassi, portando la dignità a toccare il fondo e i miserabili soggetti a sguazzarci dentro.

AFRICA - MARZO - Per tutto il mese gli inglesi effettuano diverse incursioni su Tripoli e Bengasi, mentre l'Asse fa altrettante incursioni su Tobruck e su Malta. Auchinleck ordina a Ritchie di impegnare al massimo l’aviazione dell’Asse, in modo da poter inviare all’isola un convoglio di rifornimenti in condizioni di maggior sicurezza. Nonostante gli attacchi un convoglio inglese arriva sull'isola.
Tuttavia all'inizio di aprile  la situazione è a favore dell'Asse. Gli italo-tedeschi sganceranno sull'isola e nelle acque circostanti più di 6700 t di bombe. La difesa dell’isola è affidata a pochi aerei Hurricane e Spitfire che tuttavia rendono la vita difficile ai cacciabombardieri nemici: in aprile riusciranno ad abbatterne ben 37. Ma su Malta la situazione per gli inglesi è critica. Dispongono di soli 4 incrociatori e di 15 cacciatorpediniere, contro 4 corazzate, 9 incrociatori, 55 siluranti e una settantina di sommergibili dell’Asse. La schiacciante superiorità dell'aviazione e della marina italo-tedesca fa ragionevolmente capire che ci sarà un tentativo di invasione dell’isola da parte di truppe dell’Asse, che secondo il piano discusso sono già in Sicilia pronte a salpare.

Con il cosiddetto piano “Operazione C. 3”. C’è un ammiraglio italiano, Vittorio Tur incaricato della sua esecuzione, c'è il tedesco Kurt Student, pronto a intervenire con i suoi paracadutisti. Ed è stato studiato fin nei minimi particolari, i soldati del corpo itaiano da sbarco dopo un meticoloso addestramento lungo le scogliere di Calafuria, a sud di Livorno, che presentano le stesse caratteristiche morfologiche di quelle di Malta, sono in Sicilia in attesa solo dell’ordine di partenza.
Il 20 aprile una boccata di ossigeno per gli inglesi. Dalla portaerei statunitense Wasp decollano, con destinazione Malta, 46 aerei da caccia del tipo Spitfire:  i difensori dell’isola ripongono in questi caccia tutte le loro speranze, ma ben presto sono delusi quando gli aerei dell'asse distruggono o danneggiano al suolo quasi tutti gli Spitfire appena giunti.
Sembra davvero che per Malta non ci sia più niente da fare; basta che lo vogliano e le truppe italo-tedesche potrebbero sbarcare sull’isola in ogni momento; il comando italiano preme affinché l’isola venga occupata, ma Hitler tentenna a dare il via all’operazione.

SETTORE PACIFICO - Fin dal 14 marzo, negli USA, il Comitato dei Capi di Stato Maggiore Riuniti decide di mantenere una posizione difensiva nel teatro del Pacifico e di procedere all’ammassamento di forze americane in Gran Bretagna in vista dell’apertura di un secondo fronte contro l’Asse in Europa.
Mentre il 17 marzo per ordine del presidente Roosevelt, MacArthur si trasferisce in volo da Mindanao a Darwin, in Australia, dove assumerà il comando supremo delle forze alleate nel Pacifico sud- occidentale. I limiti territoriali del suo comando devono però essere ancora definiti. Comunque, d’accordo con i governi alleati, gli Stati Uniti si assumono la responsabilità della difesa strategica dell’intero Oceano Pacifico.

30 MARZO - I Capi di Stato Maggiore Riuniti suddividono il teatro di operazioni del Pacifico in due zone: Zona dell’Oceano Pacifico, al comando dell’amm. C.W. Nimitz, e Zona del Pacifico sud-occidentale, al comando del gen. Douglas MacArthur. Quest’ultima comprende l’Australia, la Nuova Guinea, le Filippine, gli arcipelaghi delle Bismarck e delle Salomone e gran parte delle Indie Olandesi. Si profila un conflitto di competenze che si rifletterà in un dualismo strategico: i “grandi balzi” di Nimitz e la politica di conquista “di isola in isola” perseguita da MacArthur.
E' istituito a Washington il Consiglio per la guerra nel Pacifico: ne fanno parte rappresentanti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda Olanda e Cina.


MALTA - 1 APRILE - Gli inglesi nel Mediterraneo sono in una posizione piuttosto critica per Malta. Hanno contro 4 corazzate, 9 incrociatori, 55 siluranti e una settantina di sommergibili dell’Asse. La schiacciante superiorità della marina italo-tedesca fa ragionevolmente temere un tentativo di invasione dell’isola da parte di truppe dell’Asse.

INGHILTERRA - 2 APRILE - IL SECONDO FRONTE IN EUROPA - Al premier inglese Winston S.Churchill giunge una lettera del presidente americano F.D. Roosevelt in cui si preannuncia l’arrivo nella capitale britannica di Harry Lloyd Hopkins, eminenza grigia del presidente sul piano della politica estera, e del gen. George Marshall, capo di stato maggiore dell’esercito. “Essi vi sottoporranno” scrive Roosevelt “un piano che, spero, sarà accolto con entusiasmo dalla Russia...”

Si tratta, in sostanza, del progetto di aprire un secondo fronte in Europa, e precisamente in Francia, cioè nel punto più “caldo” e sensibile per i tedeschi. Il piano, che è stato elaborato da Dwight David Eisenhower, un tenente colonnello americano di 52 anni, fa sue le insistenti sollecitazioni dei sovietici che sperano in questo modo di alleggerire la pressione tedesca su Mosca.

PACIFICO - 10 APRILE - Dopo un attacco nipponico a sud di Ceylon e nel Golfo del Bengala, la Royal Navy abbandona l’Oceano indiano e si rifugia nel Golfo Persico. Churchill chiede agli americani di intraprendere qualche grossa azione nel Pacifico per distogliere dall’Oceano Indiano le forze nipponiche.
Data la grave situazione, e per prevenire gli allettamenti della propaganda giapponese, la Gran Bretagna promette l’indipendenza all’India alla fine della guerra. (lo farà !!)

EUROPA - 14 APRILE - A Londra, il governo e i capi di Stato Maggiore britannici accettano il piano “Bolero”, proposto dal gen. Marshall, per la preparazione di un secondo fronte contro la Germania.
Harry Hopkins e George Marshall, inviati a Londra dal presidente americano Roosevelt, ripartono dalla capitale inglese alla volta di Washington con in tasca l’ancora non ben definito piano “Bolero” per l’apertura di un secondo fronte in Europa.

MALTA - 22 APRILE - Brutte notizie per gli inglesi. I loro 46 aerei inviati per la difesa dell'isola di Malta, sono quasi interamente distrutti appena giunti. Sembra davvero che per Malta non ci sia più niente da fare. Le truppe italo-tedesche possono sbarcare sull’isola in ogni momento. Come giù accennato, esiste tra l’altro un piano per la conquista di Malta, il cosiddetto piano “Operazione C. 3”, c’è un ammiraglio italiano, Vittorio Tur, che è già incaricato della sua esecuzione, e un generale tedesco, Kurt Student, pronto a intervenire con i suoi paracadutisti (Student, già protagonista della conquista di Creta); il comando italiano preme affinché l’isola venga occupata, ma Hitler rifiuta di dare il via all’operazione.

AFRICA - IL 29 APRILE - A Salisburgo Mussolini si incontra con Hitler. Viene deciso di lanciare una grande offensiva congiunta in Africa al comando di ROMMEL. Obiettivo El Alamein, poi Alessandria, l'Egitto, e la congiunzione con le armate sul Caucaso.

Scrive Rommel nel suo DIARIO, "Per il nostro concorso il Comando Supremo della Wermacht ha disposto l'invio di 200 aerei Junkers 52, alianti, Panzer da sbarco,  la divisione di Paracadutisti oltre a panzer anfibi, motozattere e mezzi da sbarco. La Marina italiana ha fatto una buona preparazione per il naviglio da sbarco e i trasporti". Ma stranamente Rommel sbarra la pagina scrivendoci su "superato". (STA COMMETTENDO UN GROSSO ERRORE !!!)

E' infatti preoccupato che Kesserlring sottragga aerei, com'era sua intenzione, alle forze tedesche del Mediterraneo destinate ad appoggiare l'avanzata dell'A.Korps; in effetti Rommel (vedendo gli inglesi in crisi) aveva accennato a Berlino, al Comando Supremo che si soprassedesse "per qualche giorno" alle operazioni su Malta per dedicare tutte le forze aeree ai suoi piani in Africa.

Il Comando Supremo (o forse lo stesso Hitler) prese la palla al balzo, e forte di queste affermazioni, decide di ridurre le forze aeree tedesche del Mediterraneo, precisando che due gruppi da bombardamento, due da caccia ed un reggimento della Flak del II Corpo aereo tedesco verrebbero ritirati dalla Sicilia (dov'erano di base) e destinati alla necessità del Fronte Russo.

Rommel protesta a Berlino e scrive al Generale Keitel, anche perché apprende che il 21 aprile il Generale Kesserlring, comunicando al Comando Supremo italiano le decisioni del Comandi Supremo tedesco circa gli aerei, aveva di sua iniziativa già promesso che quelli persi in Russia sarebbero stati rimpiazzati con gli aerei (due gruppi da bombardamento e uno da caccia) sottratti da quelli destinati alla Libia.

Rommel è furioso: scrive al Comando Supremo della Wermacht accusando Kesserlring di sabotaggio, anche se non fa il suo nome. Egli dice che così, in pratica, si rinvia, impedendola, l'azione su Malta e nello stesso tempo si impedisce a lui di continuare l'offensiva. Insiste perché comunque, si preferisca almeno a rinunciare a Malta, e si metta l' A.Korps in condizione di avere benzina, nafta, benzina avio,  ed aerei per l'attacco.

Il contrasto fra il Comando  Supremo della Wermacht e l'Ammiragliato tedesco dipende da diverse concezioni e, in ultima analisi, dell'incomprensione del Fuhrer nei riguardi dei problemi marittimi e di strategia navale. Hitler, nel convegno di Berghof, fa comprendere al Generale Cavallero che, l'offensiva contro Stalingrado e Sebastopoli e la conseguente conquista del petrolio del Caucaso, avrebbe reso inutile Malta per gli inglesi. E che quindi era inutile insistervi impegnandovi aerei.

A mettersi contro Rommel non c'è solo Berlino ma anche Roma. Scrive il suo aiutante nelle pagine dei DIARIO di Rommel: " Il Generale ha polemizzato a lungo con gli italiani; che vogliono tarparci le ali; Bastico ha insistito per non oltrepassare la linea di Giarabub, con concezioni prudenzialmente difensive. Il Generale ha chiaramente fatto intendere che non intende ricevere consigli sui piani già predisposti. D'altronde, data la situazione di logoramento in atto nell'VIII armata inglese, è indispensabile sfruttare il successo e non dare tregua al nemico, impedendogli di potersi ricostituire. Il Generale intende mantenere il vantaggio attuale dell'iniziativa ed imporre al nemico il suo gioco. Con la presa di Tobruk, il nostro fianco e le nostre retrovie sono sgombre e non offrono più pericolo di disturbi ai nostri rifornimenti, anche perché il nemico non ha più in pungolo ed il mordente psicologico che gli venivano dal fatto di sapere la spina di Tobruk in sua mano. Fermarsi, come intende il Comando italiano, sulla linea mobile di Sollum-Halfaya Sidi Omar, rimanendo con le armi al piede sui confini dell'Egitto, significherebbe dare agli inglesi tutto il tempo di riorganizzarsi nonchè noi fermarsi definitivamente" (fu profetico! Ndr.)

e prosegue....
" Il Generale Rommel è irritato contro il Comando Supremo italiano ed i signori di Roma che discutono accademicamente, frammischiando polemiche e pettegolezzi e fatti personali. Il Generale Cavallero avrebbe oggi, come telegrafa il Generale von Rintelen per esempio, insistito per l'A. Korps venga fermato, mentre fino a ieri era proprio lui ad approvare entusiasticamente i piani di Rommel. Il sig. Generale Rommel ha chiaramente fatto intendere all'italiano (Bastico) che, se gli italiani non intendono marciare, facciano pure il loro comodo; egli per suo conto sarebbe andato avanti con l'A. Korps. Ed ha terminato con l'invitare l'italiano ad una colazione al Cairo. D'altronde, notizie giunteci attraverso relazioni di prigionieri ed intercettazioni, confermano la perplessità degli inglesi in Egitto, ed abbiamo ragione di ritenere che la loro orgogliosa sicurezza sia fortemente incrinata".
(in effetti gli inglesi fino a prossimo ottobre saranno sempre molto deboli)

21 MAGGIO - Hitler
decide che l’invasione di Malta (denominata ora “operazione Ercole”), progettata dai comandi dell’Asse, venga rimandata a dopo la conquista dell’Egitto, cui Rommel si sta apprestando a lanciare con i nuovi rinforzi, che sono poi solo le due le Divisioni italiane "Trieste" e "Ariete" che però Kesselring  avverte Rommel che sono ancora senza automezzi, e Rommel piuttosto che niente risponde di farle giungere in Libia comunque.

26 MAGGIO - Rommel nonostante messo in queste condizioni, lancia ugualmente la sua offensiva che termina il 21 giugno quando riesce a riconquistare agli inglesi Tobruk.  Poi si porterà a est inoltrandosi sulla litoranea che si snoda tra il mare e una larga fascia della costa, totalmente spoglia, quindi molto scoperta, tuttavia inizia egualmente ad attaccare gli inglesi comportandosi proprio da "volpe del deserto" prodigo com'è di sorprese spiacevoli.
Per tutte le operazioni dell'offensiva 
fino alla sua conclusione nel '43, vi rimandiamo al suo diario, al
DIARIO DI ROMMEL > > >
  
Churchill  considera la città egiziana una strategica testa di ponte, la chiave di tutta la guerra in Europa. Perdere Alessandria significa:
a) spalancare le porte ai tedeschi verso il Medio Oriente; 
b) permettere  il ricongiungimento con le armate di Hitler al di là del Caucaso;
c) perdere gli inglesi in M.O. i pozzi petroliferi;
d) gli stessi pozzi  permetterebbero ai tedeschi di rifornirsi;
e) Conclusione: con l'appoggio dei giapponesi a est, la Russia così accerchiata sarebbe spacciata.

Ma anche per Rommel la battaglia è quella decisiva, e lui lo sa benissimo, perdere vuol dire rimanere intrappolati, troppa la distanza di 600 chilometri per fare una ritirata, quando  fin da ora la sua armata é  già carente di rifornimenti; anche se il responsabile di questa situazione ora è proprio lui; non aveva mai considerato prioritario il progetto di salvaguardare prima il Mediterraneo attaccando e occupando Malta (già in progetto). Quando se ne rese conto era ormai troppo tardi. Ma l'errore non è soltanto suo; gli hanno privato il promesso appoggio aereo, proprio mentre quello inglese viene triplicato nell'arco di un paio di mesi.

ITALIA - IL 26 MAGGIO - Prima ancora che si concluda l'intera offensiva, Mussolini avverte alcune incrinature nelle stesse sue file dove già serpeggia un senso di sfiducia, e dà inizio a un'ampia epurazione degli iscritti al partito. Qualcuno infatti rema controcorrente (lo stesso Ciano e Grandi fanno un velleitario tentativo di sganciamento dall'Asse, che mettono in sospetto lo stesso Hitler. Ha infatti l'impressione che l'Italia voglia sbarazzarsi di Mussolini e mutar fronte ("Il Duce ha nella sua famiglia dei traditori"). Non sbaglia Hitler, ci sono in Italia  elementi che non sono solo dei disfattisti ma pensano già a una destituzione di Mussolini, con un generale che è già pronto a montare sul cavallo di comando (in effetti accadrà il 25 luglio del '43)
Se non accade in questi giorni, è solo perchè Rommel e i soldati italiani in Africa hanno fatto nuovamente riempire le pagine dei giornali con le loro gesta.
Il 30 maggio, aperto un varco nei campi minati che difendono le linee dell’8a armata britannica nel settore centrale, gli italo-tedeschi avanzano coi carri armati nonostante la violenta reazione dei britannici. Il grosso dei Panzer di Rommel, momentaneamente sulla difensiva finché non sia aperta una strada per i rifornimenti, arretra verso sud sotto la spinta dei carri del XXX corpo.

L’Afrikakorps però difetta di carburante.
Le forze dell’Asse, per consolidare le teste di ponte conquistate oltre i campi minati inglesi, attaccano senza successo le posizioni britanniche. Intensissima l’attività della RAF. Il gen. Ritchie decide un contrattacco per la sera del 31, ma in seguito alle richieste dei comandanti sul campo acconsente a un rinvio dell’operazione di 24 ore. La I brigata corazzata, appena giunta in Libia, viene suddivisa fra le altre unità per colmare i vuoti.
Il gen. tedesco Ludwig Crùwell, che comanda la fanteria italiana nel settore di Gazala, viene fatto prigioniero.

Rommel abbandona l’idea di avanzare verso nord e si pone sulla difensiva spostando tutti i suoi mezzi corazzati nel cosiddetto “Calderone”, una zona a sud di Sidi Muftah e a ovest di Bir el-Harmat, girando in questo modo le spalle ai campi minati inglesi: egli si attende da un momento all’altro l’attacco dell’8a armata inglese, che però, incredibilmente, non avviene.

GERMANIA - 30 MAGGIO - Appena dopo mezzanotte inizia il devastante bombardamento di Colonia da parte degli inglesi. Circa 1000 bombardierti del Bomber Command della RAF, sganciano oltre 2000 t di bombe.: Sono ore terrificanti per gli abitanti della città, centinaia dei quali rimangono bloccati nelle cantine. Furiosi incendi devastano il centro cittadino, una nuvola di fumo acre e denso avvolge Colonia. I danni sono ingentissimi: 13.000 abitazioni distrutte, 6000 gravemente danneggiate, più di 45.000 senzatetto, 469 morti, più di 4500 i feriti. Gli inglesi perdono 39 bombardieri, la maggior parte abbattuti dai caccia notturni tedeschi.

Goering (alla guida della Luftwaffe) riferendo a Hitler l'incursione su Colonia, accenna ad "alcuni bombardieri", Hitler infuriato gli fa presente che erano 1000 i bombardieri, e che semmai gli alcuni erano i suoi caccia che sono rimasti a guardare.

AFRICA - Il non avvenuto attacco degli inglesi a Rommel, è dovuto al fatto che il gen. Neil Ritchie, che comanda l'8a armata inglese, è convinto che la manovra di Rommel si sia ormai arenata. “Ormai l’ho in pugno” scrive al gen. Auchinleck, comandante in capo delle forze armate britanniche nel Medio Oriente. “Lo schiaccerò nel suo calderone.”
Ma Rommel è tutt’altro che domato e il 31 maggio si getta infatti sulla CL brigata inglese della 50a divisione, attestata tra la pista Capuzzo e la pista EI Abd, a sud-ovest di Sidi Muftah. Nel pomeriggio, il XIII corpo britannico dà l’avvio a uno sterile tentativo di contrattacco, prontamente rintuzzato.
Il 1° giugno la CL brigata inglese è distrutta dalle forze corazzate di Rommel: vengono catturati 3000 prigionieri e 123 cannoni. L’Afrikakorps riesce cosi ad aprire un varco alle colonne dei rifornimenti. Ma e il gen. Ritchie non dispera, attende Rommel al varco.
Tuttavia il 2 giugno Rommel invia a Bir Acheim, difesa dalla I brigata dei Francesi Combattenti, la divisione Trieste e la 90a divisione leggera tedesca, confluita qualche giorno prima nel “Calderone”. Le due unità rilevano la divisione italiana Ariete impegnata invano contro la brigata francese dal 26 maggio.
Il 4 giugno, l’8a armata del gen. Neil Ritchie passa al contrattacco al cader della notte, per ridurre il saliente nel quale sono penetrate, nel settore centrale della linea, le forze dell’Asse. Nella notte sul 5, la 15a divisione corazzata tedesca si attesta a Bir el-Harmat e respinge gli attacchi dei britannici.

Il contrattacco britannico (denominato, in codice, “Aberdeen”) fallisce. Il saliente italo-tedesco non viene ridotto e gli inglesi perdono 2 brigate di fanteria e 4 reggimenti di artiglieria. E' mancato il coordinamento tra i reparti, ed è stato micidiale il fuoco di sbarramento opposto dalle forze corazzate tedesche.
Nel pomeriggio Rommel sferra un contrattacco lanciando i carri di riserva verso est. Al calar del sole tutte le unità inglesi che hanno tentato di penetrare nel “Calderone” sono volte in fuga. L’8a armata ha perduto 6000 uomini tra morti, feriti e dispersi. Dal canto suo Rommel annuncia di aver fatto 4000 prigionieri e di aver catturato 150 carri armati nemici.
Gli italo-tedeschi il 6 giugno si concentrano nella zona detta Knightsbridge, minacciando Tobruk.

ITALIA - 4 GIUGNO - Alcuni fuoriusciti all'estero notando la crisi delle armate tedesche in Russia, già pensano a un nuovo futuro assetto dello Stato. Si costituisce  nelle forze antifasciste congiunte, il Partito d'Azione dove troviamo UGO LA MALFA. Sono però due le correnti, una liberalsocialista, l'altra  di Giustizia e Libertà (che guideranno poi i Partigiani dopo l'8 settembre). Si elabora un programma per la costruzione di uno Stato postfascista, mirato a una economia mista e alla nazionalizzazione dei grandi monopoli industriali e finanziari. Fra i massimalisti NENNI, fra i riformisti SANDRO PERTINI (ne riparleremo il prossimo anno, dopo il 25 luglio)

AFRICA _ 14 GIUGNO - Il gen. Ritchie ordina la ritirata delle divisioni più avanzate, venute a trovarsi in situazione precaria dopo la perdita di EI Adem e di molti carri armati. Le due divisioni, l’una passando per il litorale, l’altra all’interno, ripiegano sul confine egiziano. Gli italo-tedeschi attaccano in direzione di Acroma ma, nonostante la superiorità in fatto di mezzi corazzati, compiono progressi irrilevanti.
Comunque dice il gen. Auchinleck “Tobruk deve essere tenuta e non si deve consentire al nemico di investirla.” Probabilmente il comando supremo del Cairo non conosce la reale situazione dell’8a armata.

Il gen. Auchinleck informa Churchill che il comandante dell’8à armata, gen. Ritchic, prospetta la possibilità che gli inglesi debbano ritirarsi sulla “vecchia frontiera”, cioè al confine con l’Egitto. Churchill si allarma: che ne sarà di Tobruk? E telegrafa ad Auchinleck: “Presumo che in ogni caso non si pensi minimamente di evacuare Tobruk”. La risposta del comandante in capo delle forze inglesi nel Medio Oriente è rassicurante: “Il gen. Ritchie si prepara a lasciare a Tobruk le forze da lui ritenute sufficienti a difenderla, anche nel caso che la piazzaforte dovesse venire temporaneamente isolata... con scorte adeguate di munizioni, carburante, viveri e acqua".
Intanto nel settore di Gazala le forze dell’Asse, superata la località di Acroma e la via Balbia, raggiungono la costa ad ovest del perimetro di Tobruk

15 GIUGNO - Rommel comunica che la battaglia contro l’8a armata inglese è vinta: manca solo la conquista di Tobruk. La XXIX brigata della 5a divisione indiana respinge tre attacchi delle fanterie italo-tedesche appoggiate da carri armati e da aerei nella zona di El Adem. Il magg. gen. Klopper, comandante la 2a div. sudafricana, è posto a capo della piazzaforte di Tobruk con l’incarico di difenderla a oltranza.
il giorno dopo, il 16, gli inglesi guarniscono la piazzaforte di Tobruk con 4 brigate di fanteria e contingenti di artiglieria e di mezzi corazzati. Il resto dell’8a armata britannica prosegue le operazioni contro le forze dell’Asse che premono con energia. Il presidio di Acroma contiene gli attacchi dei carri armati di Rommel. Una colonna corazzata italo-tedesca punta su Sidi Rezegh e finge una diversione verso EI Adem, la cui guarnigione si ritira nottetempo. Il giorno 17 gli italo-tedeschi, convergendo sulla costa iall’interno, si assicurano il controllo della strada per Bardia, isolando Tobruk. Il 18, Rommel ha completato la manovra di accerchiamento.

20 GIUGNO - Preceduto da un violento bombardamento aereo che inizia alle 5,30, l’attacco alla piazzaforte di Tobruk è affidato all’Afrikakorps e al XX corpo d’armata italiano. Alle ore 7 entrano in azione i carri armati, che penetrano per circa 2 km nel perimetro difensivo. Il XXI corpo d’armata italiano attacca invece in direzione sud-ovest.
I carri e le artiglierie della guarnigione britannica sono distrutti. Il gen. Klopper viene autorizzato a evacuare la piazzaforte, ma non è in grado di farlo perché gli italo-tedeschi riescono a isolarlo anche dal porto.
La 7a divisione corazzata del XXX corpo britannico tenta di aprire un varco alle truppe accerchiate, ma non riesce a intervenire tempestivamente. Alle ore 19, i carri della 21a Panzerdivision iniziano ad entrare a Tobruk.

21 GIUGNO - Ore 2: il comandante della piazza di Tobruk, gen. H.B. Klopper, promette al suo superiore, il gen. Ritchie, che resisterà “fino all’ultimo uomo e all’ultima cartuccia”.
Ore 6: il gen. Klopper chiede a Ritchie l’autorizzazione ad arrendersi.
Ore 8: Klopper invia una delegazione(con bandiera bianca) per chiedere a Rommel i termini della resa: in mano tedesca cadono con Klopper altri cinque generali e 30.000 uomini della 2a divisione sudafricana, della XXIX brigata indiana e di due battaglioni delle Guardie.
Il gen. Ritchie decide di ripiegare su Marsa Matruh, in Egitto, e ordina al XIII corpo di rallentare l’avanzata nemica mentre il XXX corpo provvederà a organizzare le difese di Marsa Matruh.
Verso sera Hitler in persona telegrafa a Rommel che gli invierà il bastone di maresciallo. “Sarebbe meglio se mi inviaste una divisione” risponde la “volpe del deserto”.

Con la conquista di Tobruk Rommel si impadronisce di 2000 t di benzina, 5000 t di vettovaglie, di abbondanti quantitativi di munizioni e quasi 2000 veicoli funzionanti, del porto e di un grande impianto per distillare l’acqua. La vittoria è costata a Rommel (dal 26 maggio) 3360 uomini dei quali ben 300 sono ufficiali (cioè il 70% del totale degli ufficiali dell’Afrikakorps);circa 3000 sono le perdite italiane.
Nell’occasione Mussolini scrive a Hitler sollecitando una decisione in rapporto alla progettata invasione di Malta:

“E' mio avviso, e certamente anche il vostro, che bisogna consolidare, e, al più presto, ampliare i risultati raggiunti. Al centro del nostro quadro strategico sta il problema di Malta, a proposito del quale abbiamo preso a suo tempo le note decisioni. Ora, per mantenere i risultati conseguiti in Marmarica e provvedere alle future esigenze, occorre poter eseguire con sufficiente sicurezza i necessari trasporti. L’occupazione di Malta, oltre a risolvere il problema dei traffici nel Mediterraneo, ci restituirebbe la piena disponibilità delle forze aeree”.
Con questo messaggio Mussolini sottopone all’alleato un problema che da lungo tempo il comando italiano sta studiando e preparando anche dal punto di vista operativo, cioè il progetto (operazione “C. 3”) che prevede lo sbarco a Malta.
Ne sono stati promotori il capo di Stato Maggiore italiano gen. Ugo Cavallero e il feldmaresciallo tedesco Albert Kesselring. I due alti ufficiali si sono resi conto dell’importanza che l’isola ricopre nell’ambito del conflitto nell’area del Mediterraneo anche per favorire la guerra di Rommel in Africa.
Il piano è stato studiato fin nei minimi particolari e ora i soldati del corpo da sbarco, dopo un meticoloso addestramento lungo le scogliere di Calafuria, a sud di Livorno, che presentano le stesse caratteristiche morfologiche di quelle di Malta, sono stati trasferiti in Sicilia in attesa dell’ordine di partenza (si trovano nell’isola da aprile). Ma Rommel vuole la precedenza: dapprima chiede (e ottiene) da Hitler di poter attaccare Tobruk (gli italiani si accontentano dell’impegno formale del comandante tedesco che una volta conquistata la piazzaforte africana Rommel si fermerà per dare la possibilità di realizzare lo sbarco) poi, una volta conquistata la città, dichiara (e lo fa sapere ad Hitler) che non intende fermarsi: "Io proseguo per Suez" dichiara "e spero che gli italiani mi seguano".

Per tagliare la testa al toro, Rommel si rivolge direttamente a Hitler, facendogli balenare davanti agli occhi una incredibile avanzata verso Suez e una (impossibile) occupazione dei pozzi petroliferi del Golfo Persico. Hitler, molto sensibile al fascino del suo prediletto Rommel e soprattutto entusiasmato dalla grandiosità del piano propostogli, finisce per sposare l’alternativa del comandante dell’Afrikakorps. Si tratta però, a questo punto, di calmare e persuadere l’alleato italiano che gli ha appena inviato il messaggio in cui chiede espressamente l’intervento a Malta.

Nel frattempo, l ’8a armata britannica ripiega ordinatamente su Marsa Matruh senza essere molestata dal nemico che sta riorganizzandosi. Avanguardie italo-tedesche raggiungono Bardia presso il confine egiziano. Il gen. Auchinleck fa visita al quartier generale dell’8a armata e conferisce col gen. Ritchie.

23 GIUGNO - Hitler scrive a Mussolini in relazione alla progettata invasione di Malta:
“Il destino, Duce, ci ha offerto un occasione che non si ripeterà due volte nello stesso teatro di guerra... L’8a armata inglese è stata praticamente distrutta, le installazioni del porto di Tobruk sono pressoché intatte. Se in questo momento i resti dell’8a armata non venissero inseguiti senza un attimo di tregua accadrebbe ciò che capitò agli inglesi quando si fermarono quasi alle porte di Tripoli per inviare rinforzi in Grecia. Questa volta l’Egitto può, a certe condizioni, essere strappato all’Inghilterra... Il mio consiglio è questo: ordinate il proseguimento delle operazioni fino al completo annientamento delle truppe britanniche... La dea della fortuna in battaglia passa accanto ai condottieri una sola volta: chi non l’afferra in quel momento non può più raggiungerla”.

La lettera di Hitler riempie di orgoglio Mussolini che decide nel senso voluto da Rommel e rinvia l’operazione “C. 3” ordinando anzi che tutti gli uomini e i mezzi del corpo da sbarco vengano resi disponibili per Rommel. Verso sera il Comando Supremo Italiano comunica al comandante italiano in Africa, gen. Bastico:
“Il Duce concorda di massima con il concetto di procedere nello sfruttamento a fondo del successo”.

L'occupazione di Malta viene accantonata !!!!!!

NEL FRATTEMPO IN RUSSIA

Nella “Direttiva n. 41”, Hitler ha tracciato i seguenti obiettivi per la campagna d’estate: liquidazione dei sovietici in Crimea, conquista di Voronez per minacciare sia il settore centrale del fronte sia Stalingrado; accerchiamento ed eliminazione delle forze sovietiche nell’ansa del Don attaccando da nord (Voronez) e da sud (Taganrog). Aperta la strada per Stalingrado, conquista o distruzione della città; conversione verso il Caucaso per la conquista delle regioni petrolifere di Majkop, Groznyi e Baku; raggiungimento della frontiera turca, cosa che potrebbe indurre la Turchia a schierarsi con l’Asse.E' previsto anche un nuovo tentativo di liquidare Leningrado.
L’evolversi della campagna, con i suoi elementi imprevisti (i sovietici bloccano i tedeschi a Voronez, mentre cedono rapidamente a Rostov), induce Hitler a mutamenti strategici di grande portata: a voler attuare contemporaneamente, per esempio, la presa di Stalingrado e la conquista del Caucaso. Si tratta, commenterà in seguito Cuikov, di un madornale errore, gravido di funeste conseguenze per la Wehrmacht.

AFRICA - 24 GIUGNO - Rommel avvia l’attacco all’Egitto, lanciando le sue colonne corazzate verso est e nord-est, e travolgendo le retroguardie britanniche nella zona di Sidi Barrani. Il X corpo, appena arrivato in Egitto dalla Siria, rileva il XIII corpo che è inviato a El Alamein per organizzarvi una nuova linea difensiva. 24 bombardieri B-17 americani destinati in Cina sono dirottati a Khartum.

25 GIUGNO - Nonostante il martellamento della RAF, le forze italo-tedesche avanzano in territorio egiziano verso Marsa Matruh. Il gen. Auchinleck assume personalmente il comando dell’8a armata sostituendo Ritchie; dopo un approfondito esame della situazione, decide di far proseguire la ritirata delle sue divisioni da Marsa Matruh a EI Alamein (155 km a est di Marsa Matruh - E' dunque Auchinleck ad avere la grande idea: Montgomery dovrà solo seguirla).

26 GIUGNO - Nella tarda serata le truppe di Rommel attaccano nel settore a sud di Marsa Matruh: partecipano all’azione la 90a divisione leggera tedesca, la 15à e 21à Panzerdivision e le divisioni italiane Littorio, Ariete e Trieste.

27 GIUGNO - Il X e il XIII corpo dell’8a armata britannica sono costretti a ritirarsi verso El Alamein in quanto le forze italo-tedesche si sono infiltrate fra loro e le hanno parzialmente circondate nella zona di Marsa Matruh. Alle ore 19, infatti, la 90a div. leggera tedesca ha raggiunto la costa all’altezza di Ras Hawala, 40 km a est di Marsa Matruh.

28 GIUGNO - Rommel travolge la XXIX brigata della 5a divisione indiana che sta coprendo la ritirata del X corpo nella zona di Fuka. Il X corpo si ritira su EI Alamein. Le avanguardie della 90a div. leggera tedesca raggiungono Fuka, ca. 70 km a est di Marsa Matruh.
Proseguendo la sua marcia verso est, la stessa 90a divisione raggiunge Sidi Abd el-Rahman, una trentina di km da El Alamein dove il gen. Auchinleck sta preparando la linea di difesa dell’8a armata. Il fronte da difendere presenta un’ampiezza di circa 50 km e le sole direttrici su cui il nemico può avanzare si trovano all’estremità settentrionale e meridionale del fronte stesso, cioè, rispettivamente, lungo la costa e attraverso la “Pista Barrel” che porta direttamente al Cairo.
Dall'Italia, Mussolini parte per la Cirenaica pilotando personalmente il suo aereo:
si dice porti con sé un cavallo bianco che il Duce vorrebbe montare in occasione del suo ingresso al Cairo che egli ritiene questione di giorni se non addirittura di ore ( Dichiara: “Entro 15 giorni vi installerò un Alto Commissario Italiano”).

RUSSIA - Il 28 GIUGNO - Nello stesso giorno sul versante russo. Grande offensiva dei tedeschi che avanzano verso il Caucaso, si portano sul Don, conquistano il 25 luglio Rostov, e puntano ora verso Stalingrado,  la "porta" d'entrata per Mosca.
I tedeschi stabiliscono varie teste di ponte oltre il Don. Nel settore centrale si sta aprendo un varco nelle linee sovietiche. Anche nel settore settentrionale i tedeschi hanno ripreso l’iniziativa rimasta per tanto tempo ai sovietici.

Ma non sanno gli uomini di Hitler, che proprio da Rostov e poi a Stalingrado (Leningrado) dove a settembre VON PAULUS  arriverà con la sua armata, i russi stanno preparando la "grande trappola". La difesa a oltranza della città per inchiodare con un  inverno (e questa volta più gelido del solito, toccherà i 52 gradi)  le armate tedesche, e nel frattempo fare terra bruciata attorno, bloccando ogni rifornimento (bruciando perfino i pozzi petroliferi di Maikop, nel Caucaso) per mettere in crisi tutto l'apparato logistico preparato accuratamente da Hitler.
Stalingrado resisterà per 900 giorni. Di 2.500.000 di abitanti, 800.000 moriranno di fame.

AFRICA - 29 GIUGNO - Nella grande offensiva italo-tedesca in Africa, ad El Alamein sono catturati 60.000 inglesi e un migliaio di carri armati. Abbiamo detto italo-tedesca ma in effetti gli italiani sono usati per i servizi o come carne da macello dai tedeschi. Il meglio dei rifornimenti vanno solo alle truppe di Rommel (i fusti di carburante li trasportava il padre di chi sta scrivendo queste note).
Dovrebbe essere l'offensiva definitiva, il preludio alla vittoria quando poi il Maresciallo tedesco in Cirenaica attaccherà negli ultimi 100 chilometri gli inglesi per entrare in Egitto. Già si prevede  la definitiva conquista di Alessandria. Mussolini a queste notizie già pregusta l'entrata trionfale in Egitto, vola in Africa e vi rimane in attesa venti giorni.
Pronto c'è già il cavallo bianco per fare lo storico discorso in stile napoleonico davanti alle Piramidi.

RUSSIA - Altrettanto ottimismo ha Hitler; lui invece del cavallo bianco ha fatto caricare su alcuni camion del marmo rosso per far scolpire e poi mettere sulla Piazza Rossa il suo monumento. Ha costituito una squadra di demolitori per spianare il Cremlino deviando il Volga. Mentre un'altra squadra si è incaricata di come organizzare feste, sfilate, ricevimenti e il "trionfo" in stile imperial-romano.

AFRICA - Purtroppo in Africa, Rommel "la volpe del deserto" é ormai appiedato, l'offensiva non può proseguire per mancanza di munizioni e di carburante. Solo ora scopre quanto era importante Malta. Nell'inseguire gli inglesi fino ad El Alamein la "volpe" si è allontanata di 600 chilometri dal centro rifornimenti, ed è caduto nella trappola tesa dagli inglesi, che  in questo gioco della "caccia alla volpe", nel loro paese sono molto più esperti.
Ma dobbiamo anche dire che Rommel non avrebbe mai immaginato che sia a Roma che a Berlino l'avrebbero lasciato solo.

Per tutto il mese di luglio sul fronte continuano degli scontri tra le truppe dell’Asse e quelle inglesi: ma piccole azioni che non modificano il quadro generale. Sia il gen. Auchinleck, sia Rommel, si dedicano soprattutto alla “ricostruzione” delle proprie forze.

Ma mentre Rommel viene quasi abbandonato al suo destino, Roosevelt e Churchill, tante volte sollecitati da Stalin ad aprire il secondo fronte, rinunciano a quello proposto da Marshall, in Europa (denominato "Piano Bolero" e decidono invece quello in Africa. Si tratta dell’operazione “Torch”. Vengono emanati i piani operativi dell’operazione; la data dello sbarco in Africa settentrionale è fissata all’8 novembre.

Ecco perchè il gen. Auchinleck decide di restare sulla difensiva fino all’arrivo di rinforzi. Dal 26 maggio, data d’inizio dell’offensiva italo-tedeschi, le truppe di Rommel hanno fatto i 60.000 prigionieri inglesi, sudafricani, indiani, francesi, australiani e neozelandesi, distruggendo oltre 2000 fra carri armati e automezzi.

Tutto questo ha allarmato e reso nervoso Churchill, che il 1° Agosto decide di recarsi al Cairo per esaminare di persona la situazione. Soprattutto dopo un telegramma inviatogli dal capo delle forze armate iniglesi nel Medio Oriente, gen. Auchinleck: “A causa della nostra mancanza di riserve e in seguito al consolidamento delle posizioni nemiche, dobbiamo concludere, seppure a malincuore, che nella situazione attuale non è possibile rinnovare i nostri tentativi di sfondamento del fronte nemico.E improbabile che la possibilità di riprendere l’offensiva si ripresenti prima della metà di settembre”.
Il 5 agosto, Churchill visita il fronte. Verso sera comunica a Clement Attlee, ministro dei Dominions: “Di chiunque possa essere la colpa della grave situazione esistente, non lo è certamente delle truppe e può essere ascritta solo in piccola parte al loro armamento ed equipaggiamento...”.

Il premier inglese è del parere insomma che occorra un drastico e immediato mutamento in seno all’Alto Comando della guerra nel Medio Oriente, avendo ormai perso ogni fiducia nel gen. Auchinleck (mentre invece la strategia adottata dal generale si rivelerà poi vincente, e sarà il suo successore a raccoglierne i frutti, fama e onori. E' insomma Auchinleck ad aver già messo in "trappola" Rommel).

Auchinleck viene sostituito dal generale Harold Rupert Alexander, e al comando dell'8a armata è destinato il generale W.H.E. Gott, già comandante del XIII corpo britannico; ma il 7 agosto, l’aereo che sta portando al Cairo il generale, viene intercettato e abbattuto da due Messerschmitt tedeschi: Gott muore con tutto l’equipaggio. A sostituirlo viene chiamato il gen. Bernard Law MONTGOMERY (che giungerà in Egitto il giorno 12 AGOSTO).

RIPRENDEREMO PIU' AVANTI QUESTI EVENTI A PARTIRE DAL 15 AGOSTO
Nello stesso giorno Churchill e Roosevelt concordano nella decisione di affidare al gen. Eisenhower il comando dell’operazione “Torch” (sbarco in Africa fissato per l’8 novembre.).

Ma già il 10 agosto, si è dato inizio all’operazione “Pedestal”, che mira a far giungere a Malta un grande convoglio di rifornimenti. La difesa dell'Isola, per farne un importante strategica base, viene considerata prioritaria. Gli inglesi con massicci interventi "puliranno" le acque del Mediterraneo e contemporaneamente per la prima volta, bombardieri medi americani il 17 agosto, attaccano le posizioni dell’Asse a El Alamein.

EUROPA - Il 12-15 AGOSTO si incontrano a Mosca, Stalin, Churchill, Averell Harriman in rappresentanza di Roosevelt e emissari del gen. De Gaulle per nuovamente discutere l’apertura del secondo fronte in Europa. Mentre è nella fase di avanzata progettazione quello programmato in Africa.
Gli inglesi, ne tentano uno a Dieppe in Francia ma senza successo.

IL FALLITO TENTATIVO DI UNO SBARCO ALLEATO A DIEPPE

FRANCIA - Un contingente di truppe alleate il giorno 19 AGOSTO, fa un tentativo di sbarco nella piccola cittadina di pescatori Dieppe, sulle coste francesi della Manica (dipartimento della Seine-Maritime): ne fanno parte 5000 canadesi, 1100 inglesi, una cinquantina di Rangers americani e alcuni uomini della Francia Libera di De Gaulle..
Ore 3: le unità che trasportano le truppe da sbarco giungono senza essere scoperte a circa 8 miglia al largo di Dieppe.
Ore 3,30: gli LSI (Landing Ship, Infantry), cioè le navi da trasporto e sbarco per fanteria, calano in mare i mezzi da sbarco. I guai iniziano quasi subito: la flottiglia dei mezzi da sbarco che trasporta il Reggimento Reale del Canada è finita lontano dalla rotta prefissata e non riesce quindi a trovarsi nel punto preciso della spiaggia al momento giusto. Alle 3,47 poi, la cannoniera che fa da battistrada al Commando n. 3 è finita in mezzo a un gruppo di pescherecci tedeschi armati. Si scatena un fuoco d’inferno durante il quale l’unità inglese ha la peggio: i 20 mezzi da sbarco che trasportano il Commando n. 3 si mettono in salvo disperdendosi.
I canadesi riescono a raggiungere i punti prestabiliti ma vengono subito inchiodati sull’angusta spiaggia ghiaiosa da un fuoco micidiale e preciso. Appena sbarcati dai mezzi speciali della marina inglese, 27 carri leggeri sono distrutti e gli assalitori fatti a pezzi.
Ore 9: visto il totale fallimento dell’azione, viene dato l’ordine di reimbarco immediato delle truppe: circa 3000 degli uomini impiegati, cioè una buona metà, restano a terra, uccisi o prigionieri; tutti i veicoli, l’equipaggiamento e un buon numero di armi vengono abbandonati sulla spiaggia. Hitler fa sapere che è felice "Hanno attraversato il mare per lasciarci un campionario completo delle loro nuove armi” .

LASCIAMO PER UN MOMENTO LA FRANCIA E L'AFRICA PERCHE'....

NEL FRATTEMPO IN RUSSIA, IN ITALIA...

E A STALINGRADO.....

A partire dal 19 LUGLIO i sovietici hanno concentrato la loro resistenza sul Don a protezione di Stalingrado. Mentre i tedeschi proseguono l’avanzata su Rostov, scontrandosi con una forte resistenza sovietica. Il 22 luglio, il Gruppo di armate A apre l’offensiva finale contro Rostov-na-Donu. Il giorno dopo sono ormai alle porte di Rostov. Il 24 annientando grosse forze sovietiche conquistano Rostov e Novocerkask. Intanto, si fa sempre più accanita la resistenza sovietica a ovest di Stalingrado. La minaccia tedesca si fa sempre più seria. Tuttavia i russi mantengono le varie teste di ponte a ovest del Don.

Il 27 luglio la 6a armata di von Paulus sferra una poderosa offensiva per eliminare la testa di ponte sovietica di Kalac, a ovest di Stalingrado.
Il 28 la situazione per i russi è ormai molto critica, quasi disperata..
Tutti si rendono conto che i tedeschi stanno per invadere non solo Stalingrado ma anche il Kuban e il Caucaso. Con la caduta di Rostov, i russi sono presi dal panico, si propaga il terrore. I reparti si sono sbandati, ufficiali di ogni grado e uomini di truppa sono fucilati per diserzione.

Tre giorni dopo, Stalin proclamerà: “Non più un passo indietro!”. Ci si ritirerà ancora, ma si sa che non vi è più molto spazio per farlo: se i tedeschi non saranno fermati a Stalingrado e alle pendici del Caucaso, la guerra sarà perduta. Dopo la caduta di Rostov, nell’Armata Rossa viene introdotta una disciplina di ferro: i disertori vengono passati per le armi sul posto. Perdono potere i commissari politici, lo riacquistano i militari professionisti; Stalin promette agli ufficiali nuovamente gli antichi galloni d'oro, ma anche per i cittadini istituisce decorazioni legati alle azioni patriottiche, riesumando gli Ordini dei "grandi antenati", degli Zar, quello di Kutzov (invasione Napoleonica), di Suvorov, di Aleksandr Nevskij, di Pietro il Grande.

Le armate tedesche determinate a raggiungere il Volga da ovest, costringono i russi a ripiegare.
Nel settore meridionale, il Gruppo di armate A (al quale è stata restituita la 1a armata corazzata) avanza a ventaglio a sud di Rostov, tagliando la ferrovia Novorossijsk-Stalingrado e occupando la città di Salsk; le avanguardie raggiungono il fiume Kuban. Nel settore del Gruppo di armate B, proseguono furiosi combattimenti nell’ansa del Don di fronte a Stalingrado, nel tentativo da parte tedesca di isolare i difensori. Nel settore centrale, i sovietici rinnovano i loro attacchi nella zona di Rzev.

Il 3 agosto il Gruppo di armate A tedesco avanza rapidamente nel Kuban, conquistando la città di Vorosilovsk (oggi Stavropol). Varcato il Don e stabilita una testa di ponte a Cimljanskaja, i tedeschi raggiungono Kotelnikovo, donde avanzeranno più lentamente fino al 18 agosto verso Stalingrado. I russi riescono tuttavia a tenere la regione a nord della grande ansa del Don e un certo numero di teste di ponte al di qua del fiume, come a Kleckaja, contrastando il passo al Gruppo di armate B. Nel settore centrale, i sovietici proseguono i loro attacchi nella zona di Riev.
Il Gruppo di armate A tedesco conquista una testa di ponte oltre il Kuban nella regione di Armavir-Nevinnomyssk, a breve distanza dalle pendici settentrionali del Caucaso e dai campi petroliferi di Majkop. Conquista anche la città di Kropotkin.
Tuttavia l’Armata Rossa prosegue coraggiosa anche se (sembra) inutile, la resistenza nella grande ansa del Don, e fa alcuni tentativi offensivi nel settore centrale.

IL 7-9 agosto la 6a armata tedesca di Von Paulus a seguito di una offensiva russa, viene a trovarsi in una situazione molto difficile, fino a diventare subito dopo critica, pur avanzando - come accennato sopra- verso Stalingrado.

Mentre il Gruppo di armate A conquista Majkop e Krasnodar, nel Caucaso. Ma alle pendici della catena, la resistenza sovietica si fa più vigorosa, favorita dal terreno.

Il 10 agosto si aggrava la minaccia tedesca su Stalingrado con l’eliminazione, da parte del Gruppo di armate B, della testa di ponte sovietica presso Kalac nell’ansa del Don.
Dissensi tra Hitler e Halder. Questi seguita a sostenere il carattere prioritario che deve avere la conquista di Mosca, mentre Hitler mira ai pozzi petroliferi del Caucaso temendo di restare senza carburante. L'errore è fatale, ed è quello di Hitler, un calcolo errato, irrazionale, tant’è vero che la Germania potrà combattere per altri due anni e mezzo senza i pozzi petroliferi del Caucaso.

Il 14 agosto, gran parte della 6a armata tedesca (von Paulus), con l’appoggio dell’armata corazzata del gen. Hoth, completa la conquista di tutta la regione compresa nell’ansa del Don (tranne piccole teste di ponte sovietiche a nord) e avanza su Stalingrado da sud, da ovest e da nord-ovest.

riprendiamo - più avanti - dal 19 agosto

NEL FRATTEMPO IN ITALIA

10 AGOSTO - Alcide DE GASPERI stabilisce un programma di un partito antifascista di ispirazione cristiana con l'obiettivo di prendere il posto occupato dalla dittatura fascista, visto che si avverte un crollo improvviso o a breve termine la fine del regime, e forse la destituzione dello stesso Mussolini. Va a formare quindi in ottobre a Milano (nasce nell'abitazione dei Falk) quella che sarà la futura Democrazia Cristiana. Uscirà poi dalla clandestinità il 25 Luglio del '43, affiggendo un milione di manifesti sui muri d'Italia con il suo programma,  invitando tutti i Cattolici a unirsi sotto questa bandiera: il simbolo dello scudo crociato.
Il 10 AGOSTO - Le stesse forze di sinistra si coagulano, pure loro in vista di un possibile crollo del fascismo. Sono quelle del partito comunista  clandestinamente sempre molto attive sul territorio nazionale, seguendo la "voce" dell'esule PALMIRO TOGLIATTI, irradiata da Radio Mosca che trasmette i suoi proclami in "Discorsi all'italiano". Mentre in Italia un gruppo di militanti iniziano la  lotta anti nazista-fascista, stampando i primi numeri clandestini de "L'Unita'"
La nota dolente, è che Togliatti da Mosca incita i russi contro non solo i tedeschi ma anche contro gli italiani che hanno invaso la Russia, chiamandoli tutti nazi-fascisti.

Il 5 SETTEMBRE altre forze antifasciste, questa volta liberali, sono riunite da IVANOE BONOMI. Costituiscono un "fronte unico della liberta'" aperto alle forze democratiche di ispirazione liberale, cristiana e socialista. Lanciano anche loro accorati appelli all'unione con un altro giornale clandestino: "Ricostruzione".

TORNIAMO SUL FRONTE AFRICANO

15 AGOSTO - Appena preso il comando, Montgomery avvia il rafforzamento e la riorganizzazione dell’8a armata britannica. Il costone di Alam Halfa, alle spalle della linea di El Alamein, Montgomery lo giudica di vitale importanza per la difesa di Alessandria. In verità è Alexander che raccomanda a Montgomery di tenere a ogni costo le posizioni di EI Alamein. Si attendono i rinforzi di uomini e mezzi, ma soprattutto gli aerei, e su tali prospettive viene messa in cantiere la nuova controffensiva.
Ed è quello che teme Rommel: non prendendo lui l'iniziativa ha favorito la ricostituzione e la riorganizzazione degli inglesi. Sa che è un'impresa difficile, quasi disperata.
Nel suo Diario, non ne fa mistero; scrive alla moglie convinto di avere poche ore di vita. “La decisione di attaccare oggi è la più grave della mia vita. O si riesce a raggiungere ora il canale di Suez oppure......”, Rommel termina con i puntini.

30 AGOSTO - Ore 23: Rommel sferra un attacco su tutto il fronte di El Alamein; è iniziata la battaglia di Alam Halfa, cosi chiamata dall’omonima “Cresta” a sud-est di El Alamein nei pressi della quale si svolge la battaglia principale. Il piano del feldmaresciallo tedesco prevede delle azioni diversive condotte dalla sinistra del suo schieramento (verso El Alamein), contro il XXX corpo nemico, sferrate dalla 164a divisione tedesca e dalle divisioni italiane Trento e Bologna: l’attacco principale è previsto nel settore meridionale delle linee tedesche, contro il XIII corpo britannico, ad opera della 90a divisione leggera, del corpo d’armata motorizzato italiano (con le divisioni Ariete e Littorio), le due divisioni corazzate dell’Afrikakorps (la 15a e la 21a), la divisione Folgore e il Gruppo Recce. Rommel intende aggirare da sud le posizioni britanniche, spostarsi ad est della Cresta di Alam Halfa e quindi accerchiare l’8a armata britannica.

L’offensiva di Rommel si è resa necessaria nel momento in cui si rende conto che il tempo avrebbe favorito la ricostituzione e la riorganizzazione delle truppe del gen. Alexander. E' in quest’occasione che il feldmaresciallo tedesco scrive: “La decisione di attaccare oggi è la più grave della mia vita. O si riesce a raggiungere ora il canale di Suez oppure...”.

Per tre giorni Rommel attacca, ma sono attacchi brevi, senza andare in assalti in profondità e cercando di risparmiare carburante; ma oltre il carburante è carente anche di viveri e di munizioni. Inoltre gli attacchi si arrestano sui campi minati che i britannici in un mese hanno disseminato i dintorni di El Alamein.
Ciononostante Rommel ha impegnato duramente con attacchi o respingendo i contrattacchi inglesi, che tuttavia fanno lenti progressi in direzione sud ma a prezzo di gravi sacrifici umani e materiali e che costringono Montgomery a sospendere le azioni.
Il nuovo arrivato che è più freddo e calcolatore del precedente, non vuole sprecare nemmeno più un uomo in una inutile battaglia; ha del resto un buon appoggio degli aerei (tre volte superiore a quello dell'Asse) e sa anche che presto ci sarà lo sbarco in Nord Africa, di uomini e mezzi.
Il 2 settembre anche Rommel è costretto a dare l'alt. Ha già capito che la conquista dell'Egitto è già fallita, e come uomo è moralmente distrutto.

Il 4 SETTEMBRE - Rommel annota sul Diario -"Ho trascorso giornate dure. L'offensiva ha dovuto essere sospesa per difficoltà nei rifornimenti e per gli attacchi aerei del nemico. La nostra vittoria era quasi sicura. Io mi sento d'altro canto esaurito".
E annota il rapporto inviato al Comando Supremo della Wermacht "Le maggiori difficoltà sono sempre queste segnalate: a) carenza di benzina e munizioni; b) assenza di difesa aerea; c) artiglierie deficitarie."
Già carenti di ogni cosa, gli inglesi che lo sanno, attaccano con gli aerei i pochi autocarri che trasportano i rifornimenti alle forze dell’Asse, che è a corto di viveri, di munizioni e soprattutto di carburante. E' proprio per questo motivo Rommel non può lanciare una nuova offensiva.
Ma anche Montgomery, il giorno 7 sospende gli attacchi nella zona El Alamein-Alam Halfa lasciando agli italo-tedeschi una fascia profonda circa 8 km sul fianco meridionale dell’8a armata. Gli aerei della Raf, invece martellano con le loro bombe Tobruk per spianare la strada all'attacco.
Il 14 dagli inglesi viene tentata questa incursione, dal deserto e dal mare (appoggiati da 6 tra incrociatori e cacciatorpediniere) per distruggere i depositi e le installazioni portuali dell’Asse. Analoga azione si tenta contro Bengasi, con una colonna motorizzata partita dall’oasi di Cufra, distante oltre 800 km. Entrambi i tentativi falliscono, con notevole perdite per gli attaccanti costretti a riprendere il mare. Tuttavia compiono alcune incursioni diversive.

6 OTTOBRE - Montgomery emana le prime direttive per l’offensiva che l’8a armata si appresta a sferrare a EI Alamein verso la fine di ottobre, mentre Rommel sarà assente, per una breve licenza di malattia (esaurimento). Di passaggio in Italia Rommel ha avuto un colloquio con Mussolini e lo ha convinto di inviare urgenti rifornimenti.
Viene decisa la partenza dall'Italia di un convoglio di cinque navi dirette in Libia a Tobruk. (la Proserpina, la Tripolina, la Ostia, la Zara e la Brioni).  Kesserlring felice comunicò a Stumme con un cifrato Enigma la bella notizia. Il messaggio fu intercettato a Londra da "Ultra", arrivò sul tavolo di Churchill che non ebbe dubbi cosa fare, a costo di far scoprire "Ultra". 
Il convoglio italiano  andò incontro al fatale appuntamento; non una nave si salvò dall'attacco aereo; il 27 mattina erano già tutte in fondo al mare.  Gli inglesi giocarono anche d'astuzia, e per non far scoprire l'esistenza di "Ultra" (i tedeschi avrebbero potuto cambiare il complicato sistema cifrato di Enigma) inviarono a destra e a manca in modo che arrivasse al controspionaggio tedesco, un messaggio che ringraziava le radio clandestine degli "agenti" in Italia, promettendo loro laute ricompense per l'opera svolta.
Il giorno 22 ottobre, era già salpato dall'Inghilterra il primo convoglio destinato all’operazione “Torch” in Africa. Londra ha deciso di sferrare la grande offensiva, e Montgomery ha stabilito di attaccare il 23 ottobre in una notte di luna piena, con una finta azione a sud e un attacco in forze a nord. 

Churchill due giorni prima ha telegrafato al gen. Alexander, comandante in capo delle forze armate inglesi nel Medio Oriente: “Tutte le nostre speranze sono riposte, in questo momento, sulla battaglia che voi e Montgomery vi apprestate a scatenare. Può darsi che essa sia la chiave del futuro...”.
Montgomery, il 22, alla vigilia dell’attacco, ha rivolto una specie di proclama alle truppe: “Quando assunsi il comando dell’8a armata affermai che il nostro compito sarebbe stato quello di annientare Rommel e che questo sarebbe successo non appena saremmo stati pronti. Ebbene, ora siamo pronti. La battaglia che sta per iniziare è una battaglia decisiva e come tale entrerà nella storia... Abbiamo armi e materiale di prim’ordine, carri armati potenti... e ci appoggia la migliore aviazione del mondo...”.
Nei giorni precedenti Montgomery nel preparare l'attacco, aveva mascherato e mimetizzato uomini e mezzi, addirittura  avvalendosi di uno sceneggiatore cinematografico - Barkas- e di un illusionista - Maskelyne, che con gli effetti ottici, disponendole in un certo modo, fa moltiplicare le forze in campo.
Tuttavia è presente un fortissimo concentramento a nord: 86 battaglioni di fanteria con 195.000 uomini (l'Asse ne ha poco più di 100.000) alcune migliaia di automezzi, più di 1000 cannoni (l'Asse, la metà), migliaia di tonnellate di rifornimenti, 1400 carri armati (l'Asse, circa 700), 530 aerei (l'Asse circa 350) e ha da qualche tempo predisposto un altro contingente di molto inferiore (circa 45.000 uomini)  ma molto disordinatamente a sud, che ha tratto in inganno Rommel prima di partire per la breve licenza; più che convinto che gli inglesi con le forze che disponevano a sud non potevano non prima di novembre scatenare un offensiva.

L’attacco puntualmente viene sferrato alle ore 21,30 del 23 ottobre, e sorprende nettamente le forze dell’Asse e il generale Georg Stumme. Al fuoco delle solite  artiglierie inglesi che ogni giorno iniziavano a sparare, le forze dell’Asse avevano l’ordine di non rispondere per risparmiare munizioni. Quindi nella prima mezz'ora dell'attacco non ci fu nemmeno una minima reazione.
Il piano inglese prevedeva l’attacco decisivo nel settore nord da parte della fanteria del XXX corpo inglese e delle divisioni corazzate del X corpo; al XIII erano affidate le azioni diversive.
Alle ore 22: I tre corpi inglesi lanciano il loro attacco in forze;  l'offensiva provoca scompiglio nelle forze dell’Asse che tuttavia ripresasi dalla sorpresa, reagiscono prontamente.
Se per l'Asse la situazione divenne critica, non è che gli inglesi riuscirono nei campi minati a passeggiare.
Due divisioni corazzate tentarono di aprirsi un corridoio, ma una rimase intrappolata. Montgomery il mattino seguente sarà costretto a spostare verso nord il cardine dell’offensiva, affidandola alla 9a divisione australiana con la copertura della 1a divisione corazzata che ha violenti scontri attorno alla Cresta Kidney con perdite molto pesanti nella 15a divisione corazzata tedesca, ridotta in breve tempo  a 39 carri dei 119 che ne aveva all'inizio.
 
Il compito degli italiani era difendere le posizioni mentre gli eventuali attacchi erano affidati ai mezzi corazzati tedeschi che però unico l’handicap era quello di essere distribuiti un po’ lungo tutto il fronte perdendo così la forza d'urto di un eventuale contrattacco.
Ma Stumme  -poverino appena arrivato da due giorni- probabilmente fu disperato. Muore (secondo alcune fonti) di apoplessia; con un un colpo di rivoltella alla tempia, secondo altri; altre versioni sono: che cadde dal predellino dell'auto senza che il suo autista se ne accorgesse, fu così dato per disperso, poi ritrovato molte ore più tardi morto.
Tuttavia italiani e tedeschi si sono difesi molto bene, e Montgomery prima deve rallentare l'offensiva poi è costretto a sospenderla del tutto. Convoca i suoi generali e li sprona a riprendere l’avanzata con la determinazione delle prime ore. A Londra intanto si attendono notizie decisive che non arrivano: Churchill è furibondo, minaccia addirittura di far “saltare” Montgomery; e sembra che esclami: “E' mai possibile che non si riesca a trovare un generale che sia capace di vincere una battaglia?”.

Intanto il giorno 27, messo al corrente dell'attacco (oltre la morte del suo sostituto), è rientrato precipitosamente Rommel che resosi conto della gravità della situazione adotta le sue contromisure. Ma con quello che ha a disposizione è piuttosto pessimista. Nel Diario affida le sue preoccupazioni: "L'aggressività e la superiorità in mezzi del nemico ci pongono in condizione di dover subire ogni iniziativa...Carburante e Munizioni scarseggiano paurosamente... Io sono decisamente pessimista....Dispero di poter fronteggiare oltre il nemico e di bloccare la sua avanzata verso Tripoli.... Non ritengo che possiamo resistere per oltre 24 ore...Le truppe dell'A. Korps si battono oltre ogni umana resistenza...".

Tuttavia Il giorno dopo, il 28, Rommel lancia una serie di contrattacchi contro le linee britanniche (in particolare contro la 1a divisione corazzata) con l’unico risultato di veder ulteriormente assottigliarsi il numero dei suoi mezzi corazzati: alla fine della giornata infatti risulteranno distrutti o catturati dal nemico 61 carri armati della 15a divisione corazzata tedesca e 56 della divisione corazzata italiana Littorio. Durissimi sono gli scontri a Tell el-Aqqaqir. Ma sa anche Rommel che è un'impresa disperata resistere. Fino al punto di scrivere una lettera di addio alla moglie e al figlio (vedi Diario).

29 OTTOBRE - Formazioni della RAF bombardano a lungo le truppe corazzate italo-tedesche che stanno cercando di riorganizzarsi in vista di un nuovo contrattacco.
Verso sera Rommel può contare su 148 carri armati tedeschi e 187 italiani, una vera miseria se si considerano gli 800 mezzi corazzati di cui dispongono gli inglesi. La “volpe del deserto” usa abilmente tutte le sue arti di tattico e di stratega, ma si rende perfettamente conto che la battaglia è perduta. Continuano gli attacchi, sul fronte nord, della 9a divisione australiana che verso sera si trova in prossimità della strada costiera, dopo essere penetrata a cuneo nello schieramento nemico. Rommel accorre nel settore con la 90a divisione leggera e con la 21a divisione corazzata tedesche: il settore lasciato sguarnito da quest’ultima unità viene affidato alla divisione italiana Trieste, fino a quel momento in riserva.
Gli italo-tedeschi cercano di disporsi per un nuovo attacco contro le posizioni britanniche, ma ne sono impediti dall’incessante martellamento aereo della RAF. Nella notte sul 29, gli inglesi attaccano in direzione del mare, per eliminare il saliente che le forze dell’Asse mantengono sulla costa e per tagliare la strada e la ferrovia litoranee. Giungono fin quasi alla strada, ma la loro avanzata è bloccata valoramente dai difensori del caposaldo Thompson.

1 NOVEMBRE - Rommel annota sul Diario: "Di notte mi agito insonne e spremo il mio cervello per trovare una via d'uscita dalla catastrofe. Abbiamo dinnanzi a noi giorni duri. Forse più gravi della nostra vita. Invidio i morti che hanno già chiuso il loro destino".

2 NOVEMBRE - Alle ore 1 di notte, il XXX corpo dell’8a armata britannica si lancia all’attacco per attuare l’operazione “Supercharge”, l’offensiva di sfondamento. Coperta da un imponente sbarramento di artiglieria, la 2a divisione neozelandese apre un nuovo corridoio nei campi minati nemici, liberando la strada alla IX brigata corazzata.
Ma all’alba le batterie anticarro italo- tedesche fanno strage dei carri della brigata inglese, distruggendone il 75%, anche se non riescono a respingerla oltre i campi minati. Il X corpo manda al soccorso i suoi carri, mentre la 1a divisione corazzata inglese viene impegnata in furiosi scontri presso Teli el-Aqqaqir, a ovest della Cresta Kidney. Verso sera, Rommel dispone in prima linea di soli 32 carri pienamente efficienti.
3 NOVEMBRE - Ma anche gli inglesi, nonostante la superiorità il giorno dopo sono in difficoltà. Del resto proprio dal gen. Alexander, parte un telex per Churchill in questi termini: “Il nemico si batte con la forza della disperazione, ma noi lo stiamo assalendo duramente e senza tregua infliggendogli, senza pietà, colpi gravissimi. Crediamo che cederà presto...”.

4 NOVEMBRE - Quello che invia Alexander al suo capo è ottimistico, mentre quello che riceve Rommel dal suo è di ben altro tenore, è funereo: Alle 10,30 riceve un telegramma di Hitler “...Nella situazione nella quale vi trovate non ci può essere altro pensiero che quello di resistere, di non cedere di un passo e di impegnare nella battaglia ogni uomo e ogni arma ancora utilizzabili... Nonostante la sua superiorità, anche il nemico sarà allo stremo delle forze. Non sarebbe la prima volta nella storia che la volontà più forte trionfa sui battaglioni nemici più forti. Alle sue truppe lei non può indicare nessun’altra via se non quella che porta alla vittoria o alla morte”.

5 NOVEMBRE - E purtroppo la giornata seguente è proprio triste e lugubre.
Gli inglesi sferrano il loro micidiale attacco. Inutile, disperata difesa delle truppe italiane: la divisione corazzata Ariete, la Littorio e la divisione motorizzata Trieste sono annientate o circondate; 30.000 uomini fatti prigionieri (20.000 italiani, 10.000 tedeschi). E non potevano fare altrimenti, perchè erano tutti appiedati, senza nessun mezzo per ripiegare, solo i tedeschi ne avevano a disposizione, gli italiani quasi nessuno. 
Di fronte a questo disastro Rommel  a dispetto degli ordini di Hitler dà  l’ordine di ripiegare. Ne salva così circa 70.000, compreso il padre di chi sta scrivendo, che non era tedesco, ma italiano. A "consegnarlo" agli inglesi con una discutibile resa, ci penserà poi il genarle Messe, a Mareth (Lui invece volerà a Londra, gradito ospite), mentre per Giuseppe Gonzato prigionia in Rhodesia fino al marzo del 1946 !

6 NOVEMBRE - A sacrificarsi e per consentire lo sganciamento delle altre divisioni, resta la FOLGORE.
I "resti della divisione Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle possibilità umane" (la citazione è della BBC inglese, dell'11 novembre a battaglia conclusa)
.
Di 5000 uomini con i quali è partita da Tarquinia, sua base in patria, alle ore 14,35, del 6 novembre, della Folgore restano “ufficiali 32, truppa 262”.
Così si concluse la battaglia di El Alamein, che provocò la morte di tredicimilacinquecento inglesi, di diciassettemila italiani e di novemila tedeschi. Fu una delle battaglie più decisive della seconda guerra mondiale, perché mise fine alla minaccia italo-tedesca sul Canale di Suez, consentì il dominio assoluto del Mediterraneo agli inglesi, cancellò dallo scacchiere un intero fronte e, in prospettiva, aprì la strada al secondo fronte, ossia allo sbarco in Sicilia destinato a riportare gli alleati in Europa.

L'attendente di Rommel (che ha il compito di aggiungere qualcosa sul Diario di Rommel, quando il maresciallo è impegnatisimo) annota: "Il signor Maresciallo è triste. Molti nostri camerati sono eroicamente caduti insieme agli italiani. Le truppe della "Folgore" sono alla pari con i nostri migliori soldati. Abbiamo da cinque giorni sollecitato al Comando Supremo italiano l'invio di automezzi per sottrarre le truppe appiedate italiane alla dura sorte di essere annientate o di cadere prigioniere. Forse questa sarà la nostra sorte di noi tutti dell'ACIT. E' preferibile cadere sul campo....Ormai la rotta si è iniziata...Confidiamo solo in Dio....Andiamo verso Marsa Matruh".


Ancora dal Diario scritto dall'aiutante  in data 9 novembre:
"Notte tragica, il nemico è sbarcato in Marocco e sta entrando in Algeria.
L' A.Korps non vedrà più l'Europa".


8-9 NOVEMBRE - LO SBARCO IN MAROCCO
Nella notte, il Corpo di Spedizione Alleato partito dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti si presenta davanti ai porti di Algeri, Orano e Casablanca: l’operazione “Torch”, decisa il 25 luglio, è entrata nella sua fase esecutiva.
Sono 500 navi da guerra e 350 trasporti suddivisi in tre raggruppamenti: Task Force navale occidentale (contramm. Hewitt, USA) che sbarca truppe (gen. Patton, USA) a Casablanca in Marocco; Task Force navale centrale (commodoro Troubridge della Royal Navy) che sbarca le sue truppe (comandate dal generale americano Fredendall) a Orano in Algeria; Task Force navale orientale (contramm. Burrough della Royal Navy) che sbarca le sue truppe (comandate dal generale americano Ryder) ad Algeri. Il comando generale delle forze navali è affidato all’ammiraglio inglese Cunningham, il comando supremo dell’operazione è detenuto dal gen. Dwight D. Eisenhower. L’accordo per l’operazione era stato raggiunto da Churchill e Roosevelt il 25 luglio.

Lo sbarco presso Algeri avviene alle ore 1; vi prendono parte 2 reggimenti USA, 2 brigate britanniche, 2 battaglioni di Commandos britannici, più 1 reggimento USA che alle 5,30 penetra nel porto di Algeri.
Il gruppo centrale sbarca alle 1,30, nei pressi di Orano, 1 divisione, 1 battaglione corazzato, 1 battaglione di Rangers, e poi un battaglione di paracadutisti. Tutto il contingente è americano. 
Il gruppo occidentale sbarca alle ore 5, presso Casablanca, truppe USA comprendenti 1 divisione e 2 reggimenti di fanteria, 3 battaglioni corazzati e unità speciali.

 L'ammiraglio francese Darlan (dissociandosi da Petain - o in accordo segreto) ha firmato un armistizio con gli anglo-americani e concede il passaggio in Algeria. La flotta francese ancorata a Tolone per non cadere in mano tedesca si autoaffonda.
Il "voltafaccia" della Francia-nazista, non era che il preludio del "voltafaccia" dell'Italia pochi mesi dopo.
Gli anglo-americani non trovando così nessuna resistenza sulla costa africana francese, cercheranno di raggiungere la Tunisia, dove qui a Mareth si concluderà il 12 maggio 1943  l'"Avventura Africana" dell'Italia. Con la resa di Messe e i suoi 120.000 soldati.

Il 13 NOVEMBRE - Montgomery riconquista Tobruck e si prepara a mettere in difficoltà il generale tedesco in ritirata prima in Libia poi in Tunisia. Mancano automezzi, munizioni ma soprattutto il carburante per muoversi. Anche alcuni reparti italiani entrano in Libia. Gli italo-tedeschi occupano la linea del Mareth, serie di fortificazioni pomposamente chiamate “la Maginot africana", costruite dai francesi a protezione della frontiera orientale della loro colonia. In pochi giorni la Tunisia sarà occupata dalle forze dell’Asse.

14 NOVEMBRE - Rommel scrivendo alla moglie gli fa questa inquietante ( E PROFETICA ) rivelazione: "Da Roma ci sono giunte preoccupanti notizie sulla situazione italiana. Al Comando Supremo italiano l'atmosfera è oscillante, grigia e gravida di elettricità. Le ostilità contro di noi aumentano.  Si teme, negli ambiente  della Corte vi siano correnti che premono sul Re d'Italia perchè prenda in mano la situazione interna italiana e limiti l'autorità del Primo Ministro (Mussolini). Voci darebbero sicuro al nostro servizio informazioni che la Principessa ereditaria, MARIA JOSE', abbia avuto, tramite una sua amica francese, dei contatti con diplomatici americani ed inglesi in Svizzera per una pace separata. Sarebbe mostruoso!" ...."Il Maresciallo Cavallero capo del Comando Supremo italiano sarebbe stato silurato "per ordine del Re d'Italia" . "Non mi mandano rinforzi. Ma come potremo vincere questa guerra se perdiamo qui in Africa? " (Vedi in DIARIO DI ROMMEL).
E prosegue nello stesso giorno: "Da quando il nemico ha conquistato Tobruk non sono più riuscito a scrivere. Abbiamo pochissimo respiro, perché il nemico ci incalza sempre con la sua superiorità". Ho inviato un cifrato a Roma in data 12 novembre:
"L'investimento della linea Marsa Brega-el Agheila-Marada è in atto. E necessario di nuovo ritirarsi. Ieri sono corso in giro per tutto il giorno senza programma con la terribile sensazione di non poter salvare nulla. Io sono riuscito a fare l'impossibile, per cui questa amara fine è insopportabile".

Allo sbarco degli anglo-americani ad Algeri, Hitler volendo dare una dimostrazione di forza, dispose (FINALMENTE!) l'invio di un forte contingente di truppe e di mezzi per impadronirsi della Tunisia. Ed infatti Eisenhower che era a capo della "operazione Torch", fu battuto sul tempo, e non riuscì a contrastare l'occupazione del territorio tunisimo da parte di Rommel, che ricevette questi rinforzi proprio mentre si stava ritirando dalla Libia.
Ma era ormai troppo tardi e l'occupazione italo-tedesca della Tunisia influì ben poco sulle successive sorti generali del conflitto.
William Shirer nella Storia del Terzo Reich scriverà: " Se il Fuhrer avesse mandato qualche mese prima soltanto un quinto di quelle truppe e di quei carri armati a Rommel, probabilmente la "volpe del deserto" in quel momento si sarebbe trovata al di là del Nilo, lo sbarco angloamericano nell'Africa del Nord non avrebbe avuto luogo e il Mediterraneo sarebbe stato irrimediabilmente perduto per gli alleati, e così sarebbe stato salvaguardato il punto vulnerabile del corpo dell'Asse"

I restanti giorni di novembre vedono i due schieramenti impegnati in varie operazioni. In Tunisia, il giorno 28, la 1a armata britannica riceve l’ordine di avanzare su Tunisi.
Tuttavia, nonostante le note carenze, Rommel in diverse circostanze ha messo in crisi più volte i suoi nemici. Come il 6 dicembre nella battaglia di Tebourba, cui hanno preso parte anche reparti di bersaglieri italiani. Uno scontro pesante per i britannici, che hanno perso 72 carri armati e hanno avuto 1100 prigionieri.
Ma al 9 dicembre, Eisenhower ha già fissato la data d’inizio dell’offensiva generale. Montgomery inizia il giorno 11.
Ma subisce duri scontri dalle retroguardie italo-tedesche contro la 2a divisione neozelandese a Nofilia, a metà strada fra EI Agheila e Sirte. Dopo questo episodio, Montgomery ordina di sospendere l’inseguimento del nemico, per non esporsi a eventuali sorprese da parte della "volpe del deserto" mentre le sue linee di rifornimento si sono anche per lui grandemente allungate.

19 DICEMBRE 1942 - Dal DIARIO di Rommel - "Attendiamo ogni giorno un attacco nemico da occidente. Con questo sarà sigillata la nostra fine!"

22 DICEMBRE 1942 -  Dal DIARIO di Rommel (aiutante.)- "Ricevuto cifrato da Roma: Von Arnim dovrebbe sostituire il Maresciallo Rommel la cui salute lascia a desiderare".

 

NEL FRATTEMPO IN RUSSIA


Ripartiamo dal 19 agosto, quando su fronte russo si ha un capovolgimento della situazione. I tedeschi non hanno più iniziative, e quando le hanno, interferisce di persona Hitler, ed ogni cosa che decide impulsivamente o che diventa irrealizzabile -come vedremo- causa enormi danni

Mentre le divisioni tedesche avanzano a raggiera nell’ansa del Don, un contrattacco russo apre un varco tra l’armata italiana e la 6a armata tedesca.
Nel settore settentrionale, da questa data fino alla fine di settembre i sovietici del Fronte di Leningrado e del Volchov tentano con una serie di attacchi di tagliare il corridoio fra Tosno, a sud di Leningrado, e il Lago Ladoga, al fine di liberare Leningrado; ma sono ben contenuti dalla 18a armata tedesca.

Ma ormai è scattata la controffensiva sovietica con un piano diabolico.  I russi hanno permesso di far avanzare il nemico e hanno attirato dentro nella trappola di Stalingrado le armate tedesche, che sono invece convinte di avere stretto in assedio la città, e che da un momento all'altro possono occuparla.  Ignorano che la mossa dei generali russi era finalizzata a portare proprio le armate tedesche dentro nella sacca della città  per poi accerchiarla. L'"Aquila" tedesca è così andata a cacciarsi nella tana dell' "Orso" sovietico .

(DELL'INTERVENTO DELL'8a ARMATA ITALIANA CE NE 
OCCUPEREMO IN ALTRE PAGINE DEDICATE)

18 AGOSTO - L’avanzata tedesca a sud-est di Stalingrado viene rallentata dai fiumi Aksai e Myskova.
Il 21 agosto la resistenza russa a Stalingrado si fa accanita. Tuttavia tre giorni dopo, il 24 il Gruppo di armate B tedesco sfonda a nord di Stalinigrado in direzione del Volga, conquistando tra Rynok e Erzovka un saliente largo 8 km. 600 bombardieri della Luftwaffe attaccano la grande città industriale, provocando 40.000 morti. Ma i sovietici non perdono la testa, e il saliente viene “stabilizzato”. Per evitare l’accerchiamento, il grosso delle truppe sovietiche ripiega sulla città.
Il 24 AGOSTO nell’ansa del Don, a Izbusenskij, il “Savoia Cavalleria” comandato dal col. Bettoni, attacca con 600 cavalleggeri 2000 russi armati di mortai e mitragliatrici per consentire a italiani e tedeschi di chiudere la breccia aperta dai sovietici tra la 6a armata tedesca e l’armata italiana. Gli italiani, con l’ultima carica di cavalleria della storia, sgominano il nemico. Sciabole e bombe a mano contro mortai e mitragliatrici: il prezzo della vittoria, di importanza locale, è altissimo. Anacronistica (anche se gloriosa).


La bandiera con la svastica sventola pure sulla cima dell’Elbrus, vetta di oltre 5600 m, la più alta vetta della catena del Caucaso di oltre 5600 metri. Ma di nessuna importanza strategica. Alcuni alpini tedeschi volevano solo stupire.
Il 28 agosto, il Gruppo di armate A tedesco inizia l’attacco a Novorossijsk sul Mar Nero, il 1° settembre conquistano il porto di Anapa.
Nello stesso giorno -1° settembre - la 6a armata tedesca seguita a premere su Stalingrado, di cui ha raggiunto i sobborghi, minacciando di isolare la 62a armata sovietica.
Il 3 settembre i tedeschi sfondano sul Volga a sud di Stalingrado e penetrano nei sobborghi occidentali della città. Seguitano ad avanzare anche su Novorossijsk e Groznyi. Ovunque la resistenza dei sovietici è tenacissima.
Il 12 settembre mentre la 6a armata tedesca preme ormai da sud e da nord alla periferia di Stalingrado, il comando sovietico affida al gen. Cujkov il comando della 62a armata, nerbo della difesa della città.
Il giorno dopo, 13 settembre, i tedeschi penetrano in Stalingrado; fino al 18 novembre, riusciranno a conquistare quasi tutta la città, riducendo i sovietici al possesso di tre piccole teste di ponte al di qua del Volga. Ma il grosso delle artiglierie sovietiche è schierato dall’altra parte del fiume ed è quasi invulnerabile da parte dell’aviazione tedesca.

Tuttavia il 14 settembre, nonostante la disperata difesa sovietica, le fanterie di von Paulus penetrano nel centro di Stalingrado e raggiungono la sponda del Volga. A questo punto ha veramente inizio la parte epica della battaglia di Stalingrado. I russi si trinceano in alcuni quartieri e nelle fabbriche, lottano casa per casa, e resistono.
Il 20 settembre furiosi combattimenti a Stalingrado. Il Gruppo di armate A conquista la città di Terek, sulla riva meridionale del fiume omonimo, al centro del Caucaso.
Stalin rinnova a Eden e a Wendell Wilkie la richiesta pressante dell’apertura di un secondo fronte. Nel frattempo gli Stati Uniti assumono il controllo degli aiuti da inviare all’URSS attraverso l’Iran.
Il 6 ottobre verrà sottoscritto a Washington il protocollo riguardante gli aiuti americani all’URSS. Da questa data al luglio 1943 è previsto l’invio in Russia di 4.400.000 t di rifornimenti, tre quarti di essi per via mare, un quarto attraverso la Persia.

Il 24 settembre Il gen. Franz Halder, in pieno disaccordo con Hitler circa la conduzione della guerra in Russia, è estromesso dalla carica di capo di Stato Maggiore della Wehrmacht. Al suo posto è chiamato il gen. Kurt Zeitzler, la cui responsabilità è tuttavia limitata al fronte orientale.
Ma la situazione il 1° ottobre è critica, la spinta tedesca si va esaurendo, quella russa è invece in crescendo. Proseguono durissimi i combattimenti entro Stalingrado, dove la 6a armata di von Paulus deve difendere duramente ogni metro che ha conquistato. E ancora più dura e sanguinosa è la difesa russa di Stalingrado, organizzata quasi unicamente dai suoi cittadini, perche quasi nutili gli sforzi sovietici per portare soccorso alla città, costantemente battuta dal fuoco delle artiglierie e dalle incursioni aeree.


Il Gruppo di armate A, incaricato della conquista del Caucaso e dei suoi ricchi giacimenti petroliferi, segna il passo di fronte all’accresciuta resistenza sovietica. I tedeschi non riescono a conquistare Groznyi. Si combatte aspramente nella zona fra Novorossijsk e Tuapse, sul Mar Nero. Le gravi perdite umane e materiali, la scarsità di rifornimenti, soprattutto di carburante, e la natura del terreno incominciano a farsi sentire negativamente sulle armate del Reich.

1° NOVEMBRE - Il sogno tedesco di conquistare la Russia, incomincia a svanire di fronte all’incrollabile resistenza nemica. Stalingrado sta diventando inespugnabile, inoltre von Paulus, continuamente attaccato da piccole ma micidiali formazioni, inizia a trovarsi in grosse difficoltà.
Ma anche nel Caucaso, l’Armata Rossa è riuscita a frustrare tutti i tentativi del Gruppo di armate A di impadronirsi di Groznyi, anche se i tedeschi riescono a conquistare Alagir, al centro del Caucaso, importante nodo stradale a sud-est di Nalcik.
In tutti i settori, le armate russe, ora affidate a capaci comandanti (sono stati ridimensionati i commissari politici), non vanno più allo sbaraglio, ma preferiscono prima sceglieri i vari punti deboli. E uno di questi punti, che è divenuto sempre più debole è quello tedesco a Stalingrado come pure quello nel Caucaso.

19 NOVEMBRE - Prende il via la grande controffensiva sovietica nel settore di Stalingrado, che porterà i tedeschi a un immane disastro.
I sovietici sono suddivisi nei gruppi “Don”, che attacca da nord, e “Volga”, che attacca da sud-est.
Dopo una micidiale preparazione di razzi multipli e di artiglieria, alle 8,50 la controffensiva ha inizio. Sei corpi d’armata del Fronte del Don muovono all’assalto della testa di ponte di Kleckaja, 120 km a nord-ovest di Stalingrado. Più a nord, da Serafimovic sul Don, circa 150 km a nord-ovest di Stalingrado, attaccano le armate del Fronte sud-occidentale.
E' l’inizio di una grande manovra a tenaglia con le armate poste a sud. Queste (tre armate, la 64a, la 57a e la 51a con vari corpi corazzati e meccanizzati.) prendono le mosse da Beketovka e Plodovitoje, a sud della città.
Il comandante dello Heeresgruppe B, von Weichs, da cui dipendono la 6a armata, la 4a Panzerarmee tenta dei contrattacchi. Ma l'iniziativa resta in mano ai russi, von Weichs ottiene solo un modesto rallentamento, ma sia lui che von Paulus danno segni di cedimento di fronte all'irruenza degli assalti russi.

21 NOVEMBRE - Da sud, i sovietici avanzano verso il Don; la 64a armata, con manovra avvolgente, minaccia di isolare l'armata di von Paulus a Stalingrado, che vorrebbe (e lo potrebbe ancora) sfuggire a un temuto accerchiamento. Ma Hitler respinge la proposta di ripiegamento sul Don. L'ordine è tassativo "difesa ad oltranza", fino all'ultimo uomo. Farsi insomma massacrare, senza ottenere comunque alla fine nulla.

22 NOVEMBRE - La tenaglia sovietica si chiude a Kalac, sul Don a ovest di Stalingrado, prendendo in una morsa la 6a armata tedesca e parte della 4a armata corazzata, oltre a contingenti minori: si tratta di 284.000 uomini scelti, 100 carri armati, 1800 cannoni e oltre 10.000 automezzi.

23 NOVEMBRE - 5 divisioni romene della 3a armata, circondate da reparti della 5a armata carri e dalla 21a armata sovietiche a sud di Serafimovic, si arrendono. I tedeschi intrappolati a Stalingrado sono attaccati alle spalle dalla 65a e dalla 64a armata sovietiche. Il comandante del Gruppo di armate B, von Weichs, sprona von Paulus, comandante la 6a armata, a rompere l’accerchiamento prima che i sovietici possano ammassare altre forze attorno alla città assediata.

Ma Hitler ha ormai assunto personalmente il comando dell’armata e, quando il feldmaresciallo Gòring gli assicura che la Luftwaffe sarà in grado di rifornire Stalingrado di viveri, munizioni e materiale per 700 tonnellate al giorno (non riuscirà nemmeno a fornirne 100) ordina a von Paulus di resistere sul posto in attesa che il Gruppo di armate B possa riprendere l’offensiva per liberarlo.
Gli ordina di conseguenza di organizzare la “Fortezza Stalingrado” e di non cedere un metro di terreno.
Frattanto, l'11 armata di von Manstein viene spostata dal fronte di Leningrado, ribattezzata Gruppo di armate del Don e incaricata di liberare Stalingrado e ristabilire il fronte originario. Von Manstein organizza le sue forze in due gruppi operativi: il Gruppo Hoth, a sud del Don, e il Gruppo Hollidt a nord.
A questo punto anche i sovietici si trovano di fronte a un problema strategico: se concentrare le forze dei loro fronti meridionali nella liquidazione della sacca di StaIingrado, oppure isolare questa e lanciarle in massa per tagliare la strada della ritirata alle forze tedesche del Caucaso.

Prevale la prima tesi (immediata liquidazione di Stalingrado) nella convinzione che eliminare la 6a armata di von Paulus sarà un problema di pochi giorni: l’anello interno attorno alla città è stato saldato, ed è per buona parte guarnito anche un “anello esterno”, lungo 450 km, le cui forze dovranno impedire un prevedibile tentativo di liberazione degli assediati. Questa scelta strategica (che in definitiva consentirà ai tedeschi di ritirare le loro forze dal Caucaso) si basa su un quasi incredibile errore di valutazione delle forze tedesche chiuse nella sacca.

28 NOVEMBRE - Von Manstein, all’insaputa e contro il parere di Hitler, studia l’operazione “Tempesta d’inverno” diretta a rompere l’accerchiamento della 6a armata di von Paulus. Ma il giorno dopo, è lo stesso von Manstein a correre il rischio di essere accerchiato e intrappolato nella sacca.
Fu legittimamente chiamata operazione "Tempesta d'inverno" perchè proprio allora l'inverno russo si abbattè con tutto il suo rigore sul grande scenario di guerra, facendo scendere le temperature a molti gradi sotto lo zero (a 52) mentre le "tempeste", ammucchiando montagne di neve farinosa facevano sprofondare ogni cosa, fermando uomini e mezzi.
A tutta prima l'offensiva ebbe quasi successo affiancata dalla 6a armata corazzata, al comando del generale Hoth  che il 21 dicembre era giunta a circa trenta miglia dalla zona periferica meridionale della città.
Le truppe assediate quella notte poterono scorgere in lontananza i segnali luminosi dei loro potenziali salvatori. Secondo successive testimonianze dei generali tedeschi, in quel momento la 6a armata di von Paulus voleva tentare una sortita -per poi arretrare- dalla brutta posizione in cui si era cacciata e raggiungere le linee piuttosto vicine della quarta armata corazzata; una mossa che quasi certamente sarebbe riuscita. Ma ciò non avvenne perchè Hitler ordinò di mantenere fino all'ultimo le posizioni sul Volga.

16 DICEMBRE - L’Armata Rossa mantiene ovunque l’iniziativa, nel settore di Stalingrado e nella grande ansa del Don, così come nel Caucaso. La 4a armata di von Manstein è sotto forte pressione a est di Stalingrado, tuttavia anche se lentamente si avvicina a Stalingrado. Ma contemporaneamente.....
i sovietici lanciano una violenta offensiva sul medio Don, travolgendo l’8a armata italiana (La ritirata italiana, equipaggiata in modo del tutto inadeguato contro i rigori dell’inverno russo, si trasforma in una rotta).

Manstein è costretto a distogliere parte delle divisioni corazzate già impegnate nell’operazione “Tempesta d’inverno” per tappare la falla e ristabilire la linea del fronte.
Con riluttanza, Hitler avalla le decisioni di von Manstein per liberare la 6a armata di von Paulus da Stalingrado. Ma è troppo tardi. Hoth pur vicino tenta inutilmente più volte, fino al....

21 DICEMBRE - ....di superare la grande linea fortificata dai russi. Nei pressi del fiume Miskova, Hoth compie un inutile sacrificio; mentre la 6a armata di von Paulus con parte della 4a armata corazzata, circondata a Stalingrado, è costretta a sostenere l’urto di ben sette armate sovietiche.
Manstein rischia anche lui di essere tagliato fuori dal resto dell’esercito tedesco e forse anche travolto. Per non fare la stessa fine, von Kleist in difficoltà anche lui, attaccato a sud-est di Nalcik da 6 armate russe ben organizzate, incomincia a ritirare le sue punte più avanzate nel Caucaso.
I sovietici, sul fronte del Don, guadagnano terreno e potrebbero da un momento all’altro intrappolare davanti a Stalingrado, oltre alla 6a armata di von Paulus, l’intero Gruppo di armate di von Manstein.
Von Paulus ha un unica possibilità: operare la sortita dalla “fortezza”, ma non ha carburante sufficiente per percorrere quei tragitto, pur così breve. E lo stesso von Manstein, ormai anche lui in posizione critica, non potendo garantire la riuscita della sortita, lo consiglia a desistere.

29 DICEMBRE - Si verifica ciò che si temeva. I sovietici riconquistano Kotelnikovo, a sud-ovest di Stalingrado; la 6a armata di von Paulus e parte della 4a corazzata, sono ormai circondate a Stalingrado. Con la fine dell'anno, i tedeschi iniziano a vedere anche la fine dei loro sogni.

Il 15 gennaio seguente (del '43) la disfatta di sei armate diventerà drammatica e tragica non solo per i tedeschi, ma per i 235.000 italiani a nord di Stalingrado.

Rinchiusi nella trappola russa, gli italiani  non ebbero più scampo. Sono costretti a ripiegare e a dare inizio a una delle più drammatiche ritirate della storia sulle steppe russe in pieno inverno, a piedi per 280 chilometri quelli che finiranno prigionieri, mentre i reparti che riusciranno a salvarsi marceranno per 700 km; sulla neve, nel gelo polare, senza indumenti idonei, senza mezzi, senza viveri.

84.830 uomini moriranno, alla media di 2000 vittime al giorno, 300 caduti all'ora, 6 vittime al minuto. Muoiono a grappoli, dallo sfinimento, dal freddo e dalla fame. A uno a uno, sgranandosi lungo il tragico percorso, pochi riusciranno a sopravvivere e a mettersi in salvo, un terzo non rivedranno più né l'Italia né le proprie famiglie.


Uno a uno cadranno, diventando fagotti sulla neve, ma solo per un momento, poi diventano solo un puntino nero nella sconfinata pianura, poi più nemmeno quello, la morte bianca coprirà ogni cosa, come se non fossero mai esistiti. 84.830 Uomini!

Erano partiti con la canzone "Abbiam cambiato un giorno in bombe il manganello perciò faremo a pezzi la falce e il martello" "Aspetta mia biondina, vado, vinco e torno". A pezzi era ora l'intero esercito italiano, disfatto e annientato in un modo che neppure  un Dostoevskij  avrebbe potuto mai immaginare nei Demoni.
Quando cade sfinito anche il migliore amico, che ha ancora un alito di vita, si è sconvolti, lo si aiuta, lo si trascina ancora per qualche chilometro. Poi basta, lo si lascia al suo destino.
Per chi invece esala subito l'ultimo respiro, è quasi una gara a spogliarlo del pastrano o, se ha delle scarpe in migliore condizione di quelle che si hanno addosso, a sfilargliele. Del resto dopo essere uscito da quell'inferno per entrare (nonostante tutto) nel paradiso degli  eroi, a lui povero cristo non gli  servono di certo le scarpe.
Molti ritorneranno in patria con il pastrano rumeno, gli scarponi tedeschi, il colbacco russo, e altri cenci addosso di varie nazionalità.

Il 2 DICEMBRE - Mussolini torna a farsi sentire dopo quasi due anni di silenzio. Lo fa pronunciandosi con un duro attacco agli americani e inglesi,  tracciando un bilancio di 18 mesi di guerra.
E' ricordato come lo "Storico Rapporto". Oltre ai costi sostenuti nelle varie operazioni (che in realtà erano del  doppio), parla delle vittime in guerra, che quantifica in 40.000 morti, 232.000 prigionieri, 37.000 dispersi, mentre i bombardamenti degli anglo-americani subiti dalle città italiane accenna a una decina di migliaia di abitazioni colpite e di 2000 vittime civili. Cifre molto inferiori alla realtà; infatti nel momento stesso che sta parlando salgono a 132.912 le vittime, i prigionieri a 500.000, i dispersi circa 100.000 e le vittime civili sono già oltre 10.000
Un discorso che ebbe un eco non favorevole, non servì a risollevare il morale degli italiani, cadde addirittura nell'indifferenza e suscitò anche irritazione.
Ma il peggio deve ancora venire.

AFRICA - Il 18 DICEMBRE la situazione militare, con i nuovi sviluppi in l'Africa e l'offensiva in pieno svolgimento in Russia, più il nuovo critico stato psicologico che va diffondendosi dopo questi rovesci che non sono ancora definitivi ma comunque gravissimi, fanno incontrare Hitler e i vertici Italiani al quartiere generale in Prussia. Mussolini si dà ammalato (ma lo è veramente con un attacco d'ulcera) e quindi non partecipa. A sostituirlo é CIANO che porta a Hitler alcune proposte italiane, fra cui una.
Non sappiamo se suggerita da un Mussolini, ormai convinto di non poter far cessare da solo la guerra nè di poterla continuare a quelle condizioni, oppure - ma é messa in dubbio (ma con la lettera di marzo che leggeremo più avanti, scompare il dubbio) - questa era una iniziativa autonoma proposta di Ciano.

Ciano accenna ai tedeschi  un possibile armistizio con i russi, proposta che Hitler rifiuta quasi indignato, e i commenti ai presenti sul genero del Duce sono  piuttosto sprezzanti. "bella famiglia ha il Duce, ha dei traditori in casa".
Ma Hitler fa l'ipocrita, e a quanto pare Mussolini stesso. Qualcosa nell'aria c'è!

Infatti questi passi di una eventuale intesa Russia-Germania  fanno perdere il sonno agli americani, che ora hanno la macchina bellica già tutta impegnata, già in moto, e con gli interi Stati Uniti mobilitati ad approntare "l'arsenale della democrazia".
(vedi le relazioni originali dei tre generali, capi militari USA > > >

Il colonnello CARTER CLARKE, allora comandante in capo all'U.S. Army Special Brench, una divisione del Military Intelligence del Dipartimento della Difesa, gli sono giunte anche a lui alcune voci in base alle quali l'URSS sarebbe stata interessata a un armistizio con il Terzo Reich (o l'incontrario).
L'eventualità di un accordo russo-tedesco, che dopotutto aveva un precedente nel patto Ribbentrop-Molotov di pochi anni prima, veniva considerato credibile dagli analisti del pentagono americano. Temuto più di ogni altra cosa, perchè  avrebbe avuto conseguenze disastrose per il fronte alleato. 
Non per nulla fin dal febbraio 1943 nacque il "RUSSIA PLOBLEM" nell'Army Security Intelligence Service.

Se Stalin avesse accettato questo patto, Hitler avrebbe potuto concentrare tutte le sue truppe in occidente, e il grande sbarco in Normandia (già molto critico e incerto quando si svolse) non sarebbe mai avvenuto. Teoricamente Hitler (pur perdendo in Russia) avrebbe ancora potuto vincere la guerra, o in alternativa fare un armistizio con Londra e Mosca per restare padrone dell'Europa occidentale lasciando in pace l'Isola britannica e l'Est.

Arrivati a questo punto (pur andando -ma solo per alcuni- controcorrente) l'occidente devono essere debitori a Stalin se l'Europa nel suo periodo più buio (ed era buio!) dal  marzo del 1943 in avanti imbocca un'altra strada, quella di impegnarsi fino allo strazio, mobilitando 10 milioni di uomini, per  distruggere le armate tedesche in Russia e poi incalzarle fino a Berlino.
Ma anche in questo caso, scegliendo di continuare ad oltranza la guerra contro Hitler,  la contropartita Stalin  la ottenne; e con una posta in gioco molto maggiore; quella di non dividersi solo la torta Europa con la Germania, ma con gli Stati Uniti  dividersi il mondo in due, dando più nessun peso alla Gran Bretagna. (e così sarà).

Una lucida visione, forse arrogante, ma poi quando venne anche per Churchill il 25 luglio 1945 (sconfitto e mandato casa a 8 giorni dalla fine della guerra, e con lui ridimensionata la G.B.) Stalin aveva visto molto lontano. Del resto fra Roosevelt e Stalin quando si incontrarono, fra i due nacque subito un feeling, mentre Churchill era già stato messo da parte fin dallo sbarco in Marocco. 

Ma anticipiamo cosa scrisse al Fuhrer lo stesso Mussolini il prossimo 26 marzo 1943. Prima ancora di incontrarsi il 7 aprile con Hitler a Klesheim dicendogli le stesse cose, che aveva proposto Ciano (su suggerimento del Suocero?).
Un Mussolini piuttosto realista, con una visione chiara del presente e del futuro; soprattutto quando gli scrive che "non esiste più alcuna possibile iniziativa";   ma ormai è inascoltato.
Ma inascoltato era anche in Italia.
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"... Fuhrer, prima del nostro incontro, é necessario approfondire l'argomento che io considero in questo momento come il decisivo: la Russia. Quando il 1° giugno del 1941 noi ci incontrammo al Brennero io vi dissi che colla Russia bisognava scegliere o l'alleanza o la guerra. Voi sceglieste la guerra.... In quasi due anni di guerra, attraverso gravi sacrifici ed eroismi mai visti, Voi siete riuscito ad indebolire la Russia in modo tale che essa non può costituire, almeno per molto tempo, una minaccia consistente.
Per questo io Vi dico che il capitolo Russia può essere chiuso. Con una pace, se possibile, ed io la ritengo possibile, o con una sistemazione difensiva, un imponente vallo orientale - che i russi non riusciranno mai a varcare. Il punto di vista da cui parto per arrivare a questa conclusione è che la Russia non può essere annientata, poiché fu ed è difesa da uno spazio così grande da non poter mai essere conquistato e tenuto. Le avanzate estive e le ritirate invernale non possono ripetersi (cancellato - "durare a lungo") senza condurre ad un esaurimento - sia pure reciproco- ma a tutto esclusivo vantaggio degli anglo-americani. Aggiungo che i rapporti fra Stalin e gli alleati sono veramente cattivi e il momento politico ci è piuttosto favorevole. L'annientamento della Russia non può avvenire, a mio avviso nemmeno attraverso un intervento, assai improbabile, del Giappone, date le enorme distanze.
Bisogna quindi in un modo o nell'altro liquidare il capitolo russo.
Sottratto all'Inghilterra l'ultimo esercito continentale - il più potente - sul quale contava l'Asse - con tutti i suoi mezzi- farebbe fronte ad Ovest e riprenderebbe l'iniziativa strategica che dall'autunno in poi, per terra e per aria è passata nelle mani del nemico.....

(Ndr. - Poi passa ad elencargli  cosa bisognerebbe fare per contrastare lo sbarco  anglo-americano in Nord-Africa e nel Mediterraneo, e conclude: "....Ora l'Italia ha resistito e resiste alla pressione di due colossi, ma io credo, che siate il primo a renderVi conto, che una posizione di difensiva, senza più alcuna possibile iniziativa, é condannata presto o tardi all'esaurimento. Vi prego, Fuhrer, di considerare quanto Vi ho esposto e di credere alla mia immutabile cameratesca amicizia.
-  Mussolini. 26-3-1943-XXI"
(Mussolini-Hitler, Lettere e Documenti,  doc. n.59 - King Features Syndacate - New York, 1946)
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Da notare che anche FARINACCI  (dopo Ciano il 18 dicembre) si incontra con un Hitler piuttosto infastidito nell'ascoltarlo. Il gerarca fascista non fa una buona impressione; invece che proposte serie fa solo  severe critiche a Mussolini.  E pensare che in una lettera del 19 novembre, dunque pochi giorni prima, proprio lui scriveva al Duce avvertendolo  "Vi sono dei traditori che vorrebbero volentieri la sconfitta delle nostri armi per colpire il fascismo, e costoro non hanno più  limite, denigrano tutto, inventando ogni genere di menzogne, ingenerando un avvilimento, provocando e incoraggiando le proteste. Parlano male di te. E il più grave è che manca la reazione. Il Partito è completamente assente".

Farinacci parla ancora di ideologie, di fascismo, di "mussolinismo",  in questo critico fine 1942, quando invece serviva non la demagogia politica ma degli schemi inflessibili di strategia geopolitica, mettendo da parte ogni ideologia. (vedi Churchill e Roosevelt che si alleano a Stalin!).

Stalin in Russia già dopo le prime settimane dell'invasione tedesca, implorava non più i "compagni", ma i "fratelli" di resistere  con le armi, i bastoni, i picconi, e ogni altra cosa a portata di mano per difendersi. Non si faceva più una questione di regime, di ideologia marxista o leninista, di Stalinismo o comunismo o altro. Ma era una questione di Patria, una Patria in pericolo, ecco tutto, che bisognava difendere tutti insieme come "fratelli" perchè tutti legati da i Urss, anzi rievocò indicandoli come modelli le grandi gesta dei condottieri zaristi, quelli che avevano abbattuto proprio i bolscevichi.
E questo lo aveva capito Stalin e prima ancora anche la popolazione,
Ivan Krylov del politburò russo, nel suo libro La mia carriera allo Stato Maggiore, Rizzoli ed,. narra che durante una visita nelle trincee, un ucraino in attesa dei tedeschi  accolse il suo incitamento fuori luogo: "Io difenderò la mia Patria anche se è governata da Stalin, che detesto quanto te".

All'Est ha vinto il popolo russo, non il regime comunista, come d'altronde l'eroismo di tedeschi e italiani, su tutti i campi di battaglia, non ha avuto niente a che vedere, salvo rare eccezioni, con  le dittature  di Hitler e di Mussolini.
Gli italiani stessi con Mussolini (se avesse avuto accanto qualcuno ad aiutarlo in questa ora buia) o senza Mussolini (se si faceva avanti qualcuno con le idee chiare, o almeno pari a quelle della lettera sopra) avrebbero tenuto il medesimo atteggiamento dei russi, quello di lottare, anche con i pochi mezzi a disposizione.

Questa valutazione non è di fonte fascista, ma dell'americano Alexander nel 1944: "gli italiani sono dei veri soldati, quello che manca loro sono i comandanti". Altrettanta e simile valutazione è quella che faceva Rommel nel suo Diario.

Farinacci non fece buona impressione a Hitler, eppure  Farinacci con quella lettera a Mussolini,  criticava e nello stesso tempo fotografava proprio il clima che c'era in Italia in questo fine anno 1942.
Ed é l' Italia che  De Felice così riassume "Anche se non è facile, lo storico deve infatti avere l'onestà e il coraggio di riconoscere che alla radice di quell'animus e del suo sostanziale perdurare erano in buona misura la debolezza etico-politica degli stessi italiani e quindi la loro preparazione morale ad affrontare il cimento della guerra almeno con la fiducia nelle proprie capacità, in quanto comunità, ad avervi una parte non meno dignitosa di quelle di altre comunità nazionali".

Facile analisi. Ma chi doveva provvedere a questa preparazione morale, chi a dargli fiducia, dove specchiarsi in quanto a dignità ? da quelli che fra pochi mesi scapperanno a gambe levate invece di sedersi a un tavolo e analizzare la situazione con lo stesso realismo che Mussolini ha messo nella sua lettera a Hitler?
O affidarsi a chi fa discorsi rimettendosi solo alla "provvidenza di Dio"?


il  "GRAVE" DISCORSO  DI NATALE DI PIO XII

Il 24 DICEMBRE, alla vigilia di Natale, PIO XII nel suo discorso natalizio invoca la pace, ma assume anche lui delle posizioni che sono in contrasto con la linea della popolazione italiana, tanto da essere incolpato non solo dai fascisti di disfattismo, ma anche dalle altre forze politiche e militari (e dai comuni cittadini cattolici o no) visto che 2 milioni di italiani sono al fronte. Non si poteva accusare e nello stesso tempo non far nulla, mentre proprio nello stesso giorno 235.000 uomini si trascinavano -e con poche speranze di tornare in patria - nella tragica ritirata di Russia. E inoltre Pio XII sapeva ben altre tragedie. 

Alcune frasi di PAPA PACELLI, viste in una certa prospettiva indicavano che in Italia "non vi era più posto per il fascismo", ma non proponeva altro (anche se non c'erano tante altre alternative!).  Diceva solo chi erano i colpevoli ma senza nominarli, invocava l'astratta pace celeste, poi si ritirava nelle sue stanze, mentre i soldati italiani in Russia  nello stesso giorno soccombevano in una drammatica ritirata nella steppa; e per metà di loro non ci fu  scampo.

Per salvarsi avrebbero potuto fare una sola cosa, se questa del papa era veramente l'opinione corrente in Italia (e lo era, vedi poi il 25 luglio, con nessun incidente, con nessuna guerra civile, l'ideologia stava lasciando il posto al patriottismo): bisognava accantonare subito il fascismo rifiutare il nazismo e riscoprire altri sentimenti; o arrendersi subito, o dichiararsi neutrali, oppure rimboccarsi le maniche.  
Ma il Papa ebbe "paura" (come vedremo più avanti).

"Ancora Farinacci, saputo degli incontri di Novembre con TAYLOR che era stato mandato in Vaticano da ROOSEVELT per cercare una intesa generale con Berlino e Roma (eventualmente anche con Mussolini in persona) accusava il Vaticano di aver contribuito alla decisione inglese di bombardare le maggiori città italiane per sfiancarne il morale (e siamo appena all'inizio). Farinacci riferiva e accusava che il cardinale MAGLIONE avrebbe detto nel massimo segreto a GUARIGLIA, che quando Taylor aveva fatto al pontefice un accenno alla possibilità di staccare l'Italia dalla Germania aveva trovato nel pontefice una glaciale accoglienza, tanto da far cadere (Pacelli l'ex Nunzio Apostolico a Berlino) il discorso. Preferì non muoversi, tanto più che non approvava la resa (ricordiamoci che  all'Italia fu imposta, e senza condizioni. Ndr) . BASTICO  inoltre aveva fatto un sondaggio a proposito di un possibile colpo di stato che assicurasse l'ordine e la pace in Italia, e permettesse lo sganciamento dalla Germania. Pio XII invece si tenne tanto alto, sorvolando la questione, e non diede nessuna risposta. Parlò solo di rivitalizzare e potenziare l'associazionismo cattolico". (De Felice - Storia del Fascismo - Crisi e agonia del fascismo . pag 790)

Il discorso del papa parve perfino privo di realismo a un cattolico fascista come Papini: "Il papa somiglia a uno che dinanzi a una metropoli in fiamme faccia saggi discorsi per dimostrare che ai bambini non vanno affidate le scatole dei fiammiferi"

Ma nel discorso c'era ben altro. Ecco le paure! C'era una grave inquietudine e tra le righe nascondeva un'altra grande tragedia umana. C'era una criptica denuncia dei crimini che si stavano commettendo. Pio XII non accenna chi li sta facendo, dove, e contro chi. Ma i tedeschi capiscono perfettamente e sappiamo che fecero grosse pressioni in Vaticano "Attenzione se vi schierate contro i tedeschi, e condannate quelle che dite essere nostre atrocità e ci mettete i cattolici contro, vi avvisiamo che per i cattolici di tutta Europa  scatterà una dura repressione. Quindi state calmi e non violate la neutralità con i proclami". Insomma la critica del Papa e della Chiesa ai nazisti potevano mettere a repentaglio la posizione di milioni di cattolici, non solo tedeschi".

La inquietante frase del discorso di Pio XII, la riportiamo per dovere di cronaca letteralmente, ed è significativa "Questo voto di pace in un ordine nuovo, l'umanità lo deve alle centinaia di migliaia di persone le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe (!!!!????) , sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento".
Ma non aggiunge altro! Sono i famosi "silenzi" tra una virgola e l'altra.

I riferimenti precisi per chi fu attento a queste parole, invece c'erano. E dai tedeschi furono ben individuati. Loro perchè sapevano, ma anche Pio XII sapeva.  Il segretario di Stato MONTINI (il futuro Paolo VI) il 18 settembre informava il papa della tragedia e scriveva che i massacri "degli ebrei hanno raggiunto proporzioni e forme esecrande e spaventose. Incredibili eccidi sono operati ogni giorno; pare che per metà ottobre si vogliano vuotare interi ghetti di centinaia di migliaia di infelici languenti".

Ed anche Montini - a causa di Radio Vaticana che dirigeva, indubbiamente non gradita a Berlino perchè accennava a certe "cose" - ricevette delle minacce di rappresaglia da Von Ribbentrop tramite l'ambasciatore tedesco. "Attenzione se l'atteggiamento negativo continua, la stampa tedesca porterà un attacco alla Chiesa e alla Santa Sede". (Giovanni Miccoli, Dilemmi e silenzi di Pio XII, vaticano, Seconda guerra mondiale e Shoah, ed. Rizzoli, 2000).

Pio XII aveva più volte preso in considerazione l'eventualità di dichiarazioni pubbliche, e certamente non fu con leggerezza che decise di optare per un'azione silenziosa. In varie lettere ai vescovi tedeschi confidò le sue esitazioni e i suoi dubbi.
Così il 20 febbraio 1941: "Là dove il Papa vorrebbe gridare forte, è purtroppo un silenzio di attesa che talora gli viene imposto; là dove vorrebbe agire gli è imposta un'attesa paziente..."
e così il 3 marzo 1944:
"...è dolorosamente difficile decidere se si impongano una riservatezza ed un silenzio prudente, oppure una parola decisa ed un'azione energica".

Non poche voci autorevoli si espressero nella stessa linea del Pontefice. Robert M.W. Kempner, ex delegato degli Stati Uniti al Consiglio del Tribunale dei crimini di guerra di Norimberga ha scritto:
"Ogni tentativo di propaganda della Chiesa cattolica contro il Reich di Hitler non si sarebbe rivelato che un suicidio provocato, come ha dichiarato Rosenberg (ideologo del nazismo) ma avrebbe accelerato l'esecuzione di un numero ancor più alto di ebrei e di sacerdoti".
Pertanto il riserbo di Pio XII fu tutto il contrario di una forma di indifferenza nei riguardi delle vittime.
Mentre il Pontefice mostrava in pubblico un apparente silenzio, la sua Segreteria di Stato sollecitava nunzi e delegati apostolici in Slovacchia, Romania, Ungheria, prescrivendo loro di intervenire presso i rispettivi governi e presso gli episcopati allo scopo di suscitare un'azione di soccorso, la cui efficacia fu riconosciuta all'epoca, dai ripetuti ringraziamenti delle organizzazioni ebraiche e che uno storico israelita, Pinchas Lapide, non esitò a tradurre in cifre: 850.000 persone salvate.

La Santa Sede abituata com'era alle delusioni, ai rifiuti, ai fallimenti non coltivò alcuna illusione sulla portata della propria influenza, anche se altri, mossi da buone intenzioni, o , al contrario, da intenzioni ostili le accreditavano un potere illimitato.

Quando nel maggio 1952 in un discorso alle infermiere, rievocò quegli anni tragici, Pio XII si poneva il quesito: cosa avremmo dovuto fare che non abbiamo fatto? In altre parole Papa Pacelli si dichiarava consapevole di aver compiuto tutto ciò che aveva creduto di poter fare. Relativamente ai risultati, affermare che egli stesso, o un altro al suo posto, avrebbe potuto fare molto di più, significa uscire dal seminato della storia per avventurarsi
nella palude delle supposizioni e del sogno.

La principessa Enza Pignatelli Aragona per la sua posizione aveva facile accesso al Vaticano. Quando all'alba del 16 ottobre 1943 iniziò a Roma il rastrellamento degli ebrei un'amica l'avvisò telefonicamente: intere famiglie venivano prelevate nel sonno dalle loro case, caricate su autocarri militari: donne vecchi e bambini senza distinzioni di sesso età e salute. Telefonò all'ambasciata tedesca e - ironia della sorte- chiese al diplomatico suo amico, Gustave Wollenweber, di portarla con l'auto in Vaticano.
L'intenzione era di informare il Papa in persona e proporgli una protesta formale contro Hitler. Il maestro di camera pontificio al vedersela arrivare a quell'ora di mattino, senza preavviso e senza dare spiegazione rimase sgomento. Tanto più che pretendeva di parlare a " quattrocchi" e subito al Santo Padre. E questi subito la ricevette. Il papa non sapeva capacitarsi del fatto che i tedeschi gli avessero promesso che non avrebbero toccato più gli ebrei...e invece, ora...Solo due settimane prima i capi ebrei avevano dato alle SS di Kappler 50 kg di oro. Chiese subito la convocazione dell'ambasciatore tedesco.

E' stato detto che Pio XII non ha mai protestato con i tedeschi contro la deportazione del 16 ottobre. Ma la documentazione prova che c'era una protesta personale e ufficiale, attraverso il card. Maglione. Consegnò la protesta su ordine di Pio XII all'ambasciatore tedesco, Ernst Von Weizsacher quella stessa mattina. E la si può trovare pubblicata nel libro ufficiale del Vaticano Actes per quella data del 16 ottobre 1943!
Pertanto protesta ci fu...l'ambiguità su cui giocano gli speculatori (coscienti o superficiali) è che essa non fu inoltrata a Berlino per il ricatto manifesto di fronte al quale fu messo il cardinale segretario di Pio XII (Maglione): "Vuole veramente il Papa che Berlino sia informato della sua indignazione? Io penso alle conseguenze che provocherebbe un passo della Santa Sede". Con riluttanza il cardinal Maglione non insistette per l'inoltro della protesta vista la minaccia di altri guai che si sarebbero potuti abbattere sugli ebrei.
Weizsacker invece usò l'autorizzazione di Maglione non per tacere la protesta ma per riferirla in modo che a Berlino si credesse che il Papa non aveva protestato. "Il Papa, scrisse l'ambasciatore tedesco al suo governo, benché importunato da più parti non si è lasciato spingere ad alcuna dichiarazione dimostrativa contro la deportazione degli ebrei di Roma." Da questo dispaccio del 28 ottobre 1943 nacque la storia del "silenzio" di Pio XII.

TERMINA L'ANNO
In questo dicembre termina un anno con tante oscillazioni nel morale degli italiani, fra il cupo e il sereno, e dal sereno nuovamente al cupo; nel primo semestre l'Italia é una nazione entusiasta per le vittorie dell'Asse, poi alle prime nubi grigie, appena iniziano le grosse difficoltà, diventa stanca della guerra;  e non sa ancora nulla il popolo italiano delle due immani tragedie che proprio in questo Natale '42  si stanno compiendo: una in Africa e una in Russia. 

L'Italia è ormai una nazione senza nessun futuro, con gli italiani che, riversando le responsabilità su una sola persona come capo espiatorio, stanno perdendo di vista il problema globale oggettivo (e questo lo sapevano benissimo gli alti papaveri della guerra, non solo Mussolini) cioè le povere forze in campo che ora sono schierate e che non lasciano più nessun dubbio sull'esito della guerra.

Sia i mezzi, che gli uomini impiegati, messi in comparazione sono abissali. L'America sta appena iniziando a inviare rinforzi giganteschi. Ha tante risorse, non teme di sicuro una guerra in casa, e sa che l'Europa occidentale anche con eventuali vinti e vincitori andrà comunque verso il collasso, non sarà più quella di prima.

Gli italiani di alta schiatta, e quelli con chili di patacche sul petto che dovrebbero e potrebbero ancora decidere, non sono capaci di trovare alternative, nè rimedi urgenti, restano nell'indifferenza o nell'ambiguità (solo dopo, a guerra persa faranno impietose critiche, come se essi non contassero nulla).
Nei quadri inferiori invece, più  nessuno, anche i più fanatici, non hanno più certezze.  Nel disorientamento non c'è nessun punto di riferimento, nemmeno -come abbiamo letto- in quello della Chiesa, che si barcamena. 
Nessuna voce autorevole si fa sentire. I capi militari guidano gli eserciti addirittura già pensando a come riproporsi finito il regime.
Badoglio è uno di questi, messo da parte dalla guerra in Grecia, é già in prima fila; poi tanti altri che ritroveremo, o con Badoglio stesso o a comandare le unità partigiane. Ma come potevano  guidare delle armate al successo se già avevano queste tendenze contrarie? Già tutti potenziali voltagabbana.

Lultimo di una dinastia poi, quella sabauda, che ha sempre dimostrato sottomissione al "caporale" pensa anche lui come salvarsi e rimanere con ostinazione sul piedistallo nella annunciata disfatta.
Perfino alcuni gerarchi  che da anni erano personaggi ambigui, hanno ora l'impudenza di alzare la testa. Il 25 luglio, e il 9 settembre, si presenteranno al Re e ai generali per "collaborare".
(Quando Re e tutti i generali, fuggirono a Chieti il 9 settembre (chi sta scrivendo era lì, a Palazzo Mezzanotte; e vi rimasero 18 ore) c'era la fila dei gerarchi, e in piazza 10.000 fascisti di "dichiarata fede", anche se il fascismo era stato sciolto più di un mese prima.

Ed infine nell'indifferenza - in questo fine 1942 - c'è una buona parte degli italiani, divenuti apatici, che stanno vivendo questi ultimi giorni  in una fatalistica attesa, con un vero e proprio estraneamento per le vicende della guerra.
Sperano, alla fine di beneficiare dell'indulgenza dei nemici inglesi e americani malgrado questi cominceranno proprio dalla fine di quest'anno a distruggere non solo le città (una condotta che non era una necessità strategica) ma come solo unico e principale obiettivo, quello di distruggere il morale degli italiani; piegarli, umiliarli. -  "Prima facciamoli cuocere nel loro brodo..." disse Churchill, appena conclusa la campagna d'Africa il prossimo anno, pensando a un modesto sbarco in Italia. "...poi attaccheremo il ventre molle per colpire il vero nemico sul muso".
Nel frattempo "bombardate, bombardate, bombaradate".

Approfondimenti dei singoli episodi
nelle pagine indicate nell'indice

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