ANNO 1943

LA LIBERAZIONE DI MUSSOLINI


Verso mezzanotte del 9 settembre, comunicando l'elenco dei potenti personaggi -sovrano compreso- e l'intero stato maggiore che a Chieti si erano rifugiati e poi avevano preso la strada del Sud, al Furher la situazione gli apparve qual'era: perfino incredibile!  l'alleato non solo gli aveva voltato le spalle con l'armistizio,  ma aveva lasciato l'intero esercito allo sbando visto che erano tutti lì, tutti a Chieti, e da lì nel corso della notte improvvisamente fuggiti a Sud.


Piazza Grande (o di San Giustino - Oggi Vitt. Em.), a Chieti,
il Palazzo Mezzanotte è quello in due blocchi a sx in fondo
nel retro-ala dello stesso abitava l'autore di Storiologia
(vedi + avanti)

 

A quel punto, partì l'ordine di Hitler a Rahn, che aveva già abbandonato Roma in fretta e furia - convinto anche lui di un massiccio sbarco di americani - ordinandogli di non  lasciare l'Italia, ma di tornare velocemente nella capitale  per occuparla. Contemporaneamente sul litorale adriatico si sarebbe portato subito Rommel, che infatti il giorno stesso scendendo precipitosamente dal Brennero e dalla Val d'Adige le sue armate raggiunsero Chieti per metterci il quartier generale; nello stesso Palazzo Mezzanotte, che poche ore prima era stato il rifugio dei "fratelli codardi d'Italia").

Dunque qualcosa era andato non per il verso giusto in questa fuga, che molti storici sorvolano perché non sanno. Anche se chi scrive qui, ha cercato di prendere inutilmente contatti con loro.
Possibile che nessuno storico è andato a Chieti a informarsi cosa accadde quel giorno e quella notte del 9 settembre? La piazza prospiciente Palazzo Mezzanotte, tutto il giorno e poi tutta la notte fu piena di gente e di macchine.
E tutti sanno a Chieti - quelli ancora vivi come me - cosa accadde il mattino dopo. Scattò il rastrellamento di tutti gli uomini civili disponibili, oltre a disarmare e deportare tutti i militari che non si erano uniti immediatamente ai tedeschi.

Su una camionetta tedesca era salito il capo dei fascisti di Chieti (un certo Cascatella) che in piazza arringava la folla come un ossesso, minacciando la deportazione a tutti coloro che il 25 luglio avevano tradito Mussolini. ("Lo avete tradito adesso pagherete tutti"). Lui con i tedeschi a Chieti rimase il capo delatore della città. Molti rastrellamenti -conoscendo bene la città- con le sue squadracce li condusse di persona.
( e di persona poi pagò alla liberazione. Riuscirono a catturarlo in fondo alla Villa, lo ammazzarono come una bestia, lo misero sventrato su una barella e tra due ali di folla percorsero tutto il Corso Marruccino, con ai lati due ali di folla, come quando si fa la processione del Venerdì Santo. Tutti gli volevano sputare addosso, tutti si diedero da fare per aprirgli le porte dell'inferno).

Gli ufficiali tedeschi avevano assolto prima un compito, quello di copertura e di appoggio ai fuggiaschi (a che prezzo?). E avevano da alcuni giorni installato pure un efficiente  ponte radio, che non era piccolo, visto che diventò già la sera stessa del 9 il Centro Operativo Tedesco del Centro-Sud; per dieci mesi, baricentro della famosa Linea Gustav  che doveva contrastare (e contrastò)  l'avanzata della 8a armata di Montgomery nella Valle del Sangro.
Un Centro radio con frequenti presenze dello stesso organizzatore della difesa KESSELRING (comandante delle forze tedesche in Italia) e di Rommel (che arrivò subito dopo con la sua divisione corazzata, prima di assumere il comando del Nord).
Dal terrazzo di casa nostra (l'unico a disposizione a Palazzo Mezzanotte, si dominava l'intera valle del Pescara, cioè Chieti Scalo (che era in effetti l'aeroporto di Pescara - a circa cinque chilometri dal porto).


1 Palazzo Mezzanotte - 2 Terrazzo e Casa dell'autore di Storiologia
(in seguito prendendo di mira il Palazzo, ci colpirono l'intera casa - lo vedremo in febbraio'44)

   
L'autore l'8 settembre 1943. Quelle dietro sono le finestre del Palazzo Mezzanotte.
(oggi l' edificio che faceva corpo con Palazzo Mezzanotte non esiste più)


Questo terrazzo, oltre che essere l'unico, era il miglior punto di osservazione verso la Valle del Pescara (sull'Aeroporto) e verso il Gran Sasso.
Dietro quella finestra che si vede nella foto, c'era il Comando Tedesco. Poi divenuto il centro di coordinamento della lunga (10 mesi) resistenza del Sangro (linea Gustav) per fermare la VIII armata di Montgomery.
Che non fu arrestata dai tedeschi, ma molto più semplicemente Churchill personalmente il 31 dicembre, la notte di Capodanno, venne a prendersi Montgomery per fargli preparare lo sbarco in Normandia, e lasciò al generale Leese a fare melina fino a Maggio a Orsogna, a fronteggiare a vista (a nemmeno 1000 metri) i tedeschi per quasi sei mesi.


Fin dal 5 settembre (!!!) ci era stata requisita la parte ovest della casa, compreso il terrazzo che abbiamo appena visto in foto. (Il motivo fu poi chiaro, ma solo il 12, quando Mussolini fu -con un ritardo di tre giorni- liberato).

Ed ecco la ragione della presenza quasi in incognito in casa nostra degli ufficiali tedeschi, che coprirono e videro ogni cosa quella notte della fuga dei "grandi" dalle nostre finestre, ma non intervennero mai (!!!).
E quel giorno stesso (9 settembre) doveva essere "prelevato" (non liberato) Mussolini sul Gran Sasso a Campo Imperatore !!
(prelevato dal personale del Re e Badoglio? In segreto per consegnarlo agli americani? Forse fu cambiato il programma quando i tedeschi fecero questo scambio "Voi ci lasciate Mussolini, e noi vi lasciamo andare verso Ortona e poi Brindisi

Infatti questo "prelevamento", con grande agitazione non fu più fatto, i fuggiaschi improvvisamente se ne andarono tutti a sud. Qualcuno con le buone o le cattive a Palazzo Mezzanotte impedì il "prelevamento" di Mussolini al Gran Sasso.

Solo due giorni dopo ci fu invece il blitz della "liberazione" ma con i tedeschi!! Infatti liberarono Mussolini alle ore 14 del 12 Settembre. Erano passate appena 36 ore dal passaggio di Badoglio. 18 ore dal suicidio (!?) di Cavallero a Roma. E solo 24 ore dalla consegna di Roma ai tedeschi, fatta (ma guarda un po'!) dal genero del Re: Calvi di Bergolo (con incontri già in corso il giorno 9 !!!!).

Mussolini era stato mandato inspiegabilmente proprio il 3 settembre sul Gran Sasso a Campo Imperatore, e a sorvegliarlo" (?!?) in modo molto blando c'era l'ispettore di Polizia GUELI, un uomo scelto (guarda caso!!!) proprio da SENISE e da BADOGLIO.
Questo ispettore (Gueli) non ostacolerà affatto la liberazione di Mussolini, anzi dalle sue memorie (con tanta retorica) era pronto a farlo lui "piuttosto che consegnarlo agli americani" - com'era contemplato nell'armistizio-resa. E se lui dice questo sapeva allora che era nei patti la consegna di Mussolini agli americani.

Quindi la fuga a Chieti non era casuale, né era casuale Palazzo Mezzanotte. Visto che c'era il potente ed efficiente Centro Ascolto tedesco che coordinava le operazioni dello spettacolare "prelevamento" già predisposto da alcuni giorni, e che avrebbe dovuto -subito dopo- organizzare e coordinare la resistenza tedesca contro Montgomery, che occupando il Sangro divise poi in due la penisola per oltre dieci mesi.

L'autore che scrive non ha trovato nessuna traccia storica di questo fatto. In nessun libro! E' del tutto ignorato. Ha scritto ad alcuni storici, ma non hanno nemmeno risposto! All'anagrafe della Storia l'hanno battezzata "fuga a Pescara", e di Chieti dove accadde di tutto, non sanno nulla.

Le notizie che partirono da Palazzo Mezzanotte a Chieti, a "mezzanotte" del 9, dirette a Berlino, fecero invece cambiare tutti i piani dei tedeschi; l'invasione dal Brennero era stata anche prevista, ma non si aspettavano i tedeschi la fuga dell'intero Stato Maggiore a Sud, né lo sbandamento dell'intero esercito italiano (600 generali, e migliaia di ufficiali decine di migliaia di soldati) pur mettendo in conto un'eventuale sbarco nei pressi di Roma degli anglo-americani.  Del resto anche Rahn aveva abbandonato Roma per lo stesso motivo.

Ma la clamorosa notizia partita da Chieti, arrivò a Rastenburg (Q.G. di Hitler) e rimbalzò immediatamente a Firenze per ordinare a Rahn la "marcia indietro". A Palazzo Mezzanotte gli ordini arrivarono la notte stessa (3-5 del mattino del 10) ed erano quelli di occupare la città, anch'essa lasciata senza un comando badogliano, e rivolgere le armi a coloro che avrebbero disertato dalle file dell'esercito tedesco (come del resto nelle stesse ore accadde a Roma).

La logica per Hitler fu molto semplice: se tutto lo stato maggiore aveva abbandonato Roma, la capitale era senza un comando operativo. Cioè lasciata allo sbando (o premeditato alcune ore prima con KESSELRING per favorire i tedeschi? Per avere la strada sgombra per raggiungere Pescara? E poi.....(? )


SKORZENY che doveva "prelevare" Mussolini, su ordine di Hitler, lo doveva il giorno 9. Infatti si era levato in volo proprio l'8 settembre con un trimotore e aveva individuato (dice lui - vedi nota più avanti *) la zona della operazione sul Gran Sasso e l'albergo che ospitava il Duce.
Dice il falso perché non era un mistero; perfino i villeggianti fatti sgomberare dall'albergo lo sapevano; lo sapevano gli amici di mio zio che erano a contatto con Londra; tutta Chieti lo sapeva! ma ne era a conoscenza anche  KAPPLER a Roma, che lo aveva saputo dal Capo della polizia SENISE dopo che a sua volta aveva ricevuto un fono dal Gran Sasso da GUELI (questo era un uomo di Senise  ma nello stesso tempo lo erano -fino a quel momento - entrambi anche di Badoglio).
Non dimentichiamo che era stato Badoglio a reintegrare Senise esonerato da Mussolini.

Il "prelevamento" doveva scattare il giorno 9,  proprio mentre la carovana dei fuggiaschi era già giunta a Chieti. Ma il "Piano Mayer", così ben studiato,  saltò tutto in aria, perché il giorno 8, a Pratica di Mare per poco non morì (vi rimase ferito) lo stesso KESSELRING nel furioso bombardamento.
E subito dopo il bombardamento atterrò a Pratica proprio l'aereo pilotato dal comandante GERLACH con a bordo SKORZENY che doveva prendere da KESSELRING (o da Badoglio? il giorno 8 Badoglio era ancora a Roma!) gli ultimi ordini per "prelevare" (non ancora "liberare")  Mussolini, dopo aver compiuto nello stesso giorno 8 il sopraluogo sul Gran Sasso.
Solo dopo si ricorse agli alianti, e solo quando si temette che la liberazione sarebbe stata forse contrastata, e che qualcuno (Badoglio?) avrebbe prelevato e forse consegnato Mussolini agli americani.

Non dimentichiamo poi che GERLACH nella missione successiva (quella poi fatta con gli alianti) prese nell'andata a bordo il generale comandante del corpo metropolitano di Roma FERNANDO SOLETI, ed era anche lui un uomo fedele al Re e a Badoglio, come lo era GUELI (prima della fuga di Badoglio di poche ore dopo) e lo era SENISE (**); rispettivamente uno Ispettore dei carabinieri (piuttosto filotedesco) e l'altro capo della Polizia. Quest'ultimo, lo abbiamo più volte accennato, prima che abbandonasse Roma  proprio Badoglio lo mise agli arresti con una motivazione singolare "perché non aveva onorato gli Alleati col "dovuto" rispetto". (mesi prima era stato invece esonerato per la non collaborazione con i tedeschi!). Poi prima di fuggire lo liberò e lo diede in pasto ai tedeschi (ma che strano, Badoglio lascia in mano ai tedeschi Senise? pur sapendo che costui sa dove è prigioniero Mussolini?).
"Appena libero, non feci in tempo a prendere l'ascensore, che fui fermato da militari delle S.S. e da paracadutisti armati e messo in mano al capitano Priebke delle S.S.".
Così Senise finì deportato a Dachau. Non fece la fine di Cavallero e di  Muti perchè forse collaborò. Infatti il giorno 10 telefona a Gueli (rimasto senza ordini superiori - dopo la grande fuga) ricordandogli le severe disposizioni, ma il 12 ritelefona con tutto un altro tono, raccomandandogli prudenza.

 (Ma come lo sapeva tutta Chieti che Mussolini era a Campo Imperatore, lo sapevano anche gli anglo-americani. Le radio clandestine funzionavano anche a Chieti, compresa quella degli amici di mio zio).

(*) Se questa presenza del Duce a Campo imperatore era a conoscenza di tutti, era anche ben conosciuta a Roma. La "liberazione" del Duce fatta da SKORZENY era solo un dettaglio, anche se sembrò -la sua- una grande impresa. SKORZENY  senza Priebke non avrebbe saputo cosa fare a Campo Imperatore. E anche i suoi voli di perlustrazione sono delle storielle.
Fin dal primo confino di Mussolini a Roma i tedeschi sapevano benissimo dov'era Mussolini.
(Ma lo sapevano anche gli anglo-americani. Perchè non dimentichiamo che in entrambi i due "traslochi"  prima da Ponza, poi dalla Maddalena, a prenderlo a bordo della propria nave c'era l'ammiraglio Maugeri. Che a quanto pare (venne fuori dopo, nel processo) era a contatto con il controspionaggio anglo-americano, pur essendo contemporaneamente "capo" del controspionaggio italiano al servizio dei tedeschi prima dell'8 settembre. Lui a dare gli ordini alla flotta a La Spezia, e sempre lui a tenere poi contatti con Bergamini; che trasgredendo gli ordini fu poi mandato a picco dai tedeschi (che guarda caso seppero dopo pochi minuti dove Bergamin stava dirigendosi.
Ma da chi? Da Maugeri?! che il giorno dopo diventa capo del controspionaggio anglo-americano. Gli diedero perfino la medaglia. Ma poi al processo lo misero in riposo, per aver rilasciato una intervista a un giornalista americano, piuttosto imbarazzante per gli Alleati). (il singolare processo fatto nel dopoguerra lo abbiamo rintracciato nelle annate della rivista Oggi, dell'anno 1950)

Gueli (di cui parleremo più avanti) lo troviamo a ricevere la custodia di Mussolini da Badoglio, lo troviamo a mantenere rapporti con Kappler a Roma, e lo ritroviamo poi .... (vedi più avanti)

Mussolini bisognava "prelevarlo", secondo i tedeschi (fino al giorno 9) con una missione alla partenza e all'arrivo della funivia (ma nella notte del 9-10, tutto il programma era già cambiato. La fuga a Brindisi da Chieti (fuga a Sud, forse dopo aver prelevato Mussolini per consegnarlo agli americani) non era stata prevista dai tedeschi, anzi per loro fu una sorpresa.

Priebke giunto da Roma vestito in borghese come un turista, con la sua Topolino 500, era arrivato come un qualsiasi turista alla base della funivia di Campo Imperatore, dove c'era un ingorgo di turisti estivi sloggiati dall'albergo-rifugio. L'osteria alla base era piena di gente, e tutti parlavano che su, al rifugio c'era Mussolini. Poi con uno stratagemma Priebke riuscì a salire fino all'albergo.
Parlando con i turisti a valle ma soprattutto con un gobbo valligiano a monte, quest'ultimo a Priebke gli fece notare dov'erano dislocate le sentinelle, piuttosto blande. Priebke si mise a fare una piantina del luogo, studiando bene il terreno per un eventuale atterraggio di un aereo. Rientrato a Roma lo "schema" dell'operazione per "prelevare" Mussolini fu consegnato a KAPPLER indi a SKORZENY che non pensava ancora all'impiego degli alianti.
Li impiegò invece quando i tedeschi seppero della fuga. (forse già temendo che il luogo era già stato individuato dagli americani (e la base della funivia forse presidiata poteva diventare inaccessibile), o che, agli stessi americani, il prigioniero poteva essere consegnato da emissari di Badoglio, inviati da Chieti).

Badoglio e il Re una volta in salvo il giorno 10 a Brindisi, il minimo che potevano (e dovevano) fare (era contemplato nell'armistizio) era quello di comunicare agli anglo-americani dov'era Mussolini. Bastava solo andarlo a prelevare, i carcerieri di Mussolini erano, lo abbiamo visto tutti suoi uomini.
Ma se a Roma prima c'era il contatto Kappler-Senise e Gueli, dopo la fuga (della notte del 9-10) questo contatto era venuto a mancare; e gli uomini a Campo Imperatore erano stati abbandonati al loro destino (lo scrive Gueli !!)

(Se il 9 gli Anglo-americani si impossessavano di Roma, Badoglio & C, "prelevavano" Mussolini glielo consegnavano, e mettevano il Quartier generale a Chieti e il Re a Crecchio. Ma con Roma caduta in mano tedesca, Mussolini era meglio lasciarlo al suo destino e fuggirsene a Sud. E così fecero. Ed è anche la tesi di Carboni - vedi sotto)

Torniamo alla fuga: I fuggiaschi a Palazzo Mezzanotte a Chieti, e i reali a Crecchio, accaduto l'imprevisto, fuggirono a notte fonda del giorno 9, e quindi l'operazione "prelevamento del Duce" con grande agitazione, ne fu sconvolta. A questo punto dai tedeschi fu ripresa l'operazione con un altro programma domenica 12 settembre; ma il programma non era più il "prelevamento" ma "liberazione". (anche se bisogna dire che più nessuno stava facendo la guardia a Mussolini. Anzi Gueli era contento di consegnarlo ai tedeschi).
Ricordiamo ancora una volta cosa scrisse il generale Carboni nelle sue Memorie: "Se la fuga a Brindisi non fosse riuscita, Badoglio avrebbe prelevato Mussolini da Campo Imperatore (era Badoglio e il re che lo avevano messo agli arresti, e Badoglio e il re potevano anche prelevarlo!) e giustificandosi con Hitler, avrebbe dato la colpa della disfatta e la mancata difesa (dagli anglo-americani) di Roma al tradimento del Generale Cavallero col suo piano eversivo (il memoriale) antitedesco".
Insomma Badoglio e il re volevano giocare i tedeschi.
Non dimentichiamo che appena arrivati a Chieti
"Alcuni ufficiali, appena scesi dalle macchine, prendevano contatto con la Questura per predisporre a Chieti gli alloggi occorrenti ad alcune personalità militari del Quartiere Generale delle Forze Armate". (Angelo Meloni, in Chieti città aperta, relazione storica, pubblicata a Pescara nel 1947; con autografo di S.S. Pio XII)- (ne abbiamo una copia).
Se avevano intenzione di fuggire a Brindisi, perchè allora predisporre alloggi a Chieti?

Che abbiamo avuto via libera dai tedeschi non vi è nessun dubbio. Per la fuga da Roma i fuggiaschi dovettero lungo il percorso superare almeno 30 posti di blocco tedeschi. (erano allora forniti di lasciapassare?)
L'intera arteria fin dalle ore 18 della sera precedente (dopo l'annuncio di Algeri) era stata massicciamente presidiata dai tedeschi; e sulla stessa direttrice, ad Avezzano c'era già in funzione da agosto il quartier generale di KESSELRING. Non era una strada qualunque, ma la più strategica di tutto il centro Italia, come dimostreranno i fatti dei successivi dieci mesi.
E Chieti per la sua posizione quasi aerea, dominante, era stata già scelta dai tedeschi per insediarvi il comando che avrebbe dovuto vigilare, dominando da una parte a nord la valle del Pescara e dall'altra parte a sud le valli verso il Sangro.
E dova vanno i fuggiaschi? a Chieti. Dell'imbarco a Pescara nessuno ancora se lo sognava. Nulla era stata predisposto. La non liberazione di Roma fece cambiare i piani ai fuggischi, fece voltare la loro schiena ai tedeschi, e abbandonare al suo destino Mussolini.

Della prigionia di Mussolini a Campo Imperatore ne parleremo più avanti.

RITORNIAMO SULLA RESA DI ROMA


Le cose a Roma andarono abbastanza bene per i germanici. Il pomeriggio del giorno 10 settembre, il genero del Re, Calvi di Bergolo, consegnava Roma ai tedeschi. La tanto celebrata battaglia nelle strade di Roma non fu poi così tanto epica, com'è spesso narrata, ma durò solo poche ore, e solo in alcuni quartieri. Alla sera i ritrovi e i cinema erano aperti e affollati, come se nulla fosse accaduto. )vedi i giornali).
Il Comitato Nazionale dei Partiti Antifascisti, alla sera del 9, alle ore 18, a piazza Colonna, con un manifestino aveva invitato i cittadini romani a intervenire "per inneggiare al nostro glorioso esercito che si batte contro i tedeschi". Si presentarono solo gli organizzatori. I romani rimasero a casa.
Quanto all'esercito non solo non si battè, ma su invito del genero del Re, si unì ai tedeschi.

Il giorno dopo commentando, l'agenzia Stefani, pubblicò un comunicato che mise particolarmente in vista l'atteggiamento del popolo che "....scettico, freddo, scanzonato ed incredulo più di quanto non si voglia generalmente ammetere e non si sappia, sembra oggi più che mai, esser rimasto e voler rimanere spiritualmente in margine agli avvenimenti, che pur strappano le carni alla sua Patria, con una mentalità ed un atteggiamento non soltanto di diffidenza, di sfiducia, di ostilità generale, ma perfino con un assenteismo, quasi disinteresse alla fase attuale della sua storia".

Del resto cacciare i tedeschi e difendere Roma, mancando ogni soccorso, persino aereo degli alleati, era tecnicamente impossibile; volerla fare senza che intorno a Roma ci fosse un largo campo trincerato o un valido sistema di fortificazioni armate di tutto punto, era un piano folle oltre che ridicolo. Inoltre mancavano i generali.

Badoglio e Roatta prima della fuga, e Carboni rimasto solo e senza i rinforzi promessi da Roatta, che abbiano reso più difficile la situazione per la difesa di Roma non ci sono dubbi. Ma che ci sia stata un sollevazione di tutta la città a battersi fino all'ultimo sangue col fermo proposito di cacciare e resistere ai tedeschi, non è neppure vero. Attivi furono soprattuto alcuni elementi dei gruppi di sinistra, con alcuni reparti di soldati che però non avevano ordini precisi dai loro comandanti (i pochi rimasti, fedeli alle consegne, e quindi in maggior parte filo-fascisti) che a loro volta erano indecisi cosa fare...


(in particolare a Porta san Paolo)......mentre la maggior parte del popolo romano rimase nelle case, fra l'apatia e l'indifferenza.
In questa difesa, che in sostanza era una cacciata dei pochi tedeschi che i "fuggiaschi" avevano lasciato a Roma, i nibelungi si difesero con violenza forse anche atroce, causando molti lutti. Ma siamo obiettivi: i tedeschi, "barbari" o no, avevano le loro buone ragione di reagire; anche un popolo mite, sentendosi addosso repentinamente come nemico il suo alleato, avrebbe reagito con violenza animalesca; Badoglio li aveva cacciati in una tremenda trappola.
La politica aveva reso nemici quelli che fino a poche ore prima nelle caserme erano camerati e kameraten. Inoltre l'armistizio -così ambiguo- non parlava di "dare la caccia" ai tedeschi, ma parlava di sospensione delle ostilità con gli anglo-americani, e se vogliamo interpretarlo giuridicamente, neppure aboliva nei confronti dei tedeschi il rapporto di alleanza (lo abbiamo già detto, non c'era il minimo accenno di una dichiarazione di guerra alla Germania); né aboliva nei confronti degli anglo-americani il rapporto di nemico a nemico. I giornali riportavano anche il giorno dopo l'annuncio
dell'armistizio i bollettini di guerra indicando con soddisfazione che in Sicilia "gli aerei, le navi dei nemici e i nemici stessi, erano stati abbattuti, affondati, respinti in mare".

Alcuni comandanti di ben 8 divisioni che erano nella capitale ("Sassari", "Granatieri" (il comandante Solina era un fascista; eppure con accanimento combattè a Roma e ad Ardea contro i tedeschi, ma fu fra i primi che poi passarono nelle file dell'Esercito repubblichino), "Piave" (idem, in 400 passarono nell'altra barricata), "Ariete", "Centauro" (la ex Milizia, era passata in blocco all'esercito badogliano, ma senza i carri armati, affidati pochi giorni prima ai tedeschi), "Piacenza", due divisioni costiere, oltre i reparti dei carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia e della P.A.I. (polizia Africa Italiana).
Erano circa 60.000 uomini, più o meno armati, più o meno bene comandati dagli ufficiali inferiori, e si erano -nonostante tutto- dati da fare sparando qualche colpo contro le uniche due divisioni tedesche (PanzerGranadieren al nord -circa 24.000 uomini; alcuni reparti nei dintorni dei Castelli Romani -circa 12.000 uomini; e, giunti da poco dalla Francia accasermati ad Ostia, circa 14 mila paracadutisti).

Ma nonostante atti di valore della improvvisata resistenza e perfino attacchi, ad ogni istante gli improvvisati comandanti si domandavano, che cosa si dovesse poi fare, e dove dirigersi, e soprattutto da chi prendere ordini.
Calvi di Bergolo, "sparito" Carboni dalla circolazione, assunse il comando di questa strana armata; ma prima di allora Calvi non aveva mai avuto grandi responsabilità decisionali come generale di divisione, era un personaggio in vista ma solo perchè era il genero del Re. Inoltre in quello stesso giorno
9 lui stava già patteggiando con i tedeschi la resa (o la consegna?) di Roma.

Gli italiani in questa strana lotta, non seguono una strategia coerente, le loro forze si sono frazionate, una parte consistente è in trasferimento ad est della città, mentre il centro della battaglia si trova tra l'Ardeatina e l' Ostiense. E' evidente che agli italiani manca una efficace azione di comando sostenuta da un sistema di collegamento affidabile. I comandanti di divisione, ma anche quelli minori, di battaglione, di compagnia, debbono agire d'iniziativa perchè privi di informazioni sull'andamento complessivo della battaglia, mentre i tedeschi si muovono in modo coordinato, a contatto tra loro attraverso gli apparecchi di comunicazione portatili e soprattutto hanno un quartier generale operativo.

Risultato: trascorse poche ore, la maggior parte di questi soldati italiani non si difesero, non andarono all'attacco, e si lasciarono subito disarmare; anzi due battaglioni della ex Milizia passarono subito ai tedeschi. E se alcuni -spinti dalla loro coscienza sabotavano la guerra detta "fascista-nazista", altri allo stesso modo sabotavano la guerra detta "antifascista-nazista". Prove di ardimento le diedero comunque entrambi, ognuno credendo di agire bene per l'amor di Patria (leggeremo più avanti il singolare secondo comunicato di Calvi di Bergolo, e dove abitava l'amor di Patria).

Cosicchè, in breve, a Roma regnò la confusione. Carboni era sparito (disse poi che era andato in cerca di Roatta, il Capo di Stato Maggiore, che in quel momento era già a Chieti. Ma altre versioni affermano che anche lui si era messo sulla strada per raggiungere i fuggiaschi (portando con sé la cassa del SIM). E che fu fermato dai tedeschi a Tivoli e quindi costretto a rientrare a Roma).
Quelli che dovevano provvedere alle necessità militari erano latitanti. Chi doveva comandare la piazza era a colloquio con i tedeschi. I capi degli antifascisti che forse avrebbero potuto organizzare una difesa tenevano invece comizi. Mentre i soldati erano allo sbando; e quelli rimasti, alcuni accusavano gli altri di "tradimento", e questi di rimando li accusavano di "vigliaccheria".
Alla fine, alcuni ricevettero l'ordine di ritirarsi a Tivoli ma si sbandarono più della metà; altri senza ordini abbandonarono i reparti per andarsene da tutte le parti. Altri ancora si unirono ai tedeschi per poi sparare sugli italiani chiamandoli "traditori della Patria", e altri disertando dalla file, creando delle bande di guerriglieri si misero a sparare pure loro sugli italiani chiamandoli pure loro "traditori della Patria". Era il primo atto, di una lunga serie. Ma chi era il capo dei "salvatori della Patria" e da che parte stava? Nessuno lo sapeva (ci pensò poi Calvi di Bergolo, a chiarire il dilemma (!! - vedi il suo comunicato più avanti).

Solo ventiquattrore prima, tutti, tedeschi, italiani, civili nelle caserme avevano brindato fino a notte inoltrata la fine della guerra, l'avvento della pace, il ritorno a casa. Che fregatura si presero!!!

Ad un certo punto Calvi di Bergolo decise di sciogliere l'armata che era ai suoi ordini e di iniziare con Carboni (nel frattempo tornato a Roma) serie trattative con i tedeschi. Che dettarono le condizioni e chiesero la firma della resa di Roma, che però i due non vollero assumersi la responsabilità, firmò "allegramente" un loro sottoposto, il tenente colonnello LEANDRO GIACCONE, che davanti a KESSELRING asserì "tanto, giuridicamente la mia firma essendo io di grado inferiore non ha nessun valore".

Significa che oltre commettere una disonestà, si opponeva una firma illegittima a un documento così importante, che toglieva ogni diritto di protestare, quando i tedeschi violeranno in seguito l'accordo resa-carta-straccia.
Il documento era non solo umiliante, ma vergognoso. Forse per questo che Calvi e Carboni non lo firmarono, tuttavia non firmandolo lo avallarono, anche se scaricarono le responsabiltà a Giaccone.
(Ricordiamo che Giaccone era il comandante della "Centauro", i cui reparti non si erano dati alla fuga, anche perché, la Centauro era la ex Milizia Fascista).

Il testo firmato da GIACCONE e accettato passivamente dai due suoi superiori, non venne allora pubblicato ed è generalmente ignoto. Apparve solo in un opuscolo oggi introvabile; ma fu fortunatamente inserito da Musco, in Agguato a Roma, pag. 22. Ripreso poi da Attilio Tamaro, in Due anni di storia, 1943-1945, pubblicato nel 1948 (opera che abbiamo in originale).

E' un documento disonorevole e umiliante (molto di più dello stesso armistizio di Cassibile) perchè invitava truppa e ufficiali italiani a passare sotto le bandiere tedesche, giurando fedeltà a Hitler, e a sentirsene onorati.

Seguì poi il primo proclama di Calvi di Bergolo il giorno 10.
(notare che l'articolo inizia con "le trattativa iniziate ieri", cioè il 9, il giorno della "fuga" !!!!!!!).


Notare la situazione alle ore 10: "...la vita si svolge col ritmo consueto e normale"....

Poi il giorno 11, l'ordinanza di KESSELRING ; che affermava che non solo Roma, ma tutto il territorio italiano era dichiarato territorio di guerra, soggetta alle leggi di guerra della Germania. L'Italia è dichiarata una grande retrovia del fronte dove tutto va considerato al servizio della Wehrmacht.
Inoltre proibiva gli scioperi, le manifestazioni, ammoniva i sabotatori ecc.

Roma 11 settembre 1943

Il Comandante in Capo tedesco del sud, Mar.llo KESSELRING
ha emanato la seguente

ORDINANZA:

1) Il territorio dell'Italia a me sottoposto è dichiarato territorio di guerra. In esso sono valide le leggi tedesche di guerra.
2) Tutti i delitti commessi contro le Forze Armate tedesche saranno giudicati secondo il diritto tedesco di guerra.
3) Ogni sciopero è proibito e sarà giudicato dal tribunale di guerra.
4) Gli organizzatori di scioperi, i sabotatori ed i francotiratori saranno giudicati e fucilati per giudizio sommario.
5) Sono deciso a mantenere la calma e la disciplina e a sostenere le autorità italiane competenti con tutti i mezzi per assicurare alla popolazione il nutrimento.
6) Gli operai italiani i quali si mettono volontariamente a disposizione dei servizi tedeschi saranno trattati secondo i principii tedeschi e pagati secondo le tariffe tedesche.
7) 1 Ministeri amministrativi e le autorità giudiziarie continuano a lavorare.
8) Saranno subito rimessi in funzione il servizio ferroviario, le comunicazioni e le poste.
9) E' proibita fino a nuovo ordine la corrispondenza privata. Le conversazioni telefoniche, che dovranno essere limitate al minimo, saranno severamente sorvegliate.
10) Le autorità e le organizzazioni italiane civili sono verso di me responsabili per il funzionamento dell'ordine pubblico. Esse compiranno il loro dovere solamente se impediranno ogni atto di sabotaggio e di resistenza passiva contro le misure tedesche e se collaboreranno in modo esemplare con gli uffici tedeschi.

Maresciallo KESSELRING

Roma 11 settembre 1943

(il manifesto originale).


CONTEMPORANEAMENTE VENIVA DIFFUSO IL SECONDO COMUNICATO DI
CALVI DI BERGOLO
(il genero del Re, che affermava di "non far vacillare l'amor patrio"


Roma 11 settembre 1943
S.E. il Gen. Conte Calvi di Bergolo
rivolge alla cittadinanza romana il seguente messaggio:


«Romani, quale comandante responsabile della città aperta di Roma vi confermo il proclama che senza dubbio avrete letto e che ho già indirizzato alla cittadinanza.
Vi esorto a rimanere calmi e fiduciosi.
L'ora che attraversiamo è indubbiamente dolorosa e grave per tutti, ma potrebbe diventare infinitamente più grave e più dolorosa ancora, qualora il senso di responsabilità e l'amor patrio dovessero vacillare.
Le autorità responsabili stanno provvedendo con il massimo dell'energia per il ritorno della normalità in ogni aspetto della vita cittadina. Ho affrontato il problema alimentare. Tutti i servizi riprenderanno al più presto a funzionare regolarmente. Ognuno deve rimanere al suo posto ed assolvere il suo compito senza inquietudini, preoccupazioni od ansie, che non avrebbero giustificazioni.

Roma, 11 settembre 1943 - gen. Calvi di Bergolo

Calvi di Bergolo avverte con un altro breve comunicato, che chi verrà trovato con un arma (compresi i fucili da caccia) a partire dalla mezzanotte del 15 settembre sarà immediatamente fucilato (stiamo parlando di italiani contro italiani - e non di tedeschi contro italiani!)

Ci saranno incessanti e capillari rastrellamenti di militari italiani da deportare. Vengono istituiti campi di raccolta sorvegliati dalle SS nei dintorni di Roma, il principale a Pratica di Mare, in attesa dei carri bestiame ferroviari con i quali avviare, piombati, i prigionieri ai lager, gli ufficiali principalmente in Polonia, i soldati in Germania.
Le SS il 20 settembre si impadroniscono della intera riserva aurea italiana custodita nella Banca d'Italia in via Nazionale: 118 tonnellate di oro (Badoglio prima di fuggire da Roma, avrebbe tutto il tempo (dal 3 al 9) per mettere in salvo l'oro della Banca D'Italia, ma non lo fa. Ed è anche questo molto strano. In compenso però mette al sicuro (due giorni prima) i suoi averi e i suoi denari in Svizzera).
Il 26 settembre Kappler ordina alla Comunità israelitica di consegnare 50 chili d' oro entro 48 ore, altrimenti tutti gli ebrei romani saranno deportati . Ricevuto l' oro, Kappler si reca nei locali della Comunità, si impadronisce dei registri ove sono riportati nomi ed indirizzi degli ebrei romani.
Moltissimi ebrei sono arrestati, prima obbligati a lavorare sugli argini del Tevere, poi saranno deportati in germania e pochissimi faranno ritorno.


E il CLN (in formazione) nel frattempo cosa aveva fatto? Già nella stessa mattina del 9, i partiti del "comitato nazionale delle correnti antifasciste" si riuniscono per costituisi in C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale). Lo compongono: Mauro Scoccimarro, Giorgio Amendola e Giovanni Roveda per il Partito Comunista; Alcide De Gasperi, Giovanni Gronchi e Giuseppe Spataro per la Democrazia Cristiana; Pietro Nenni, Giuseppe Romita e Sandro Pertini per il Partito Socialista di Unità Proletaria, Riccardo Bauer, Ugo la Malfa e Sergio Fenoaltea per il Partito d' Azione; Manlio Brosio, Alessandro Casati e Leone Cattani per il Partito Liberale; Bartolomeo Ruini e Giovanni Persico per il Partito Democratico del Lavoro (alla riunione mancano Manlio Brosio, rappresentato da Antonio Calvi e Sandro Pertini da Mario Zagari).
Altri gruppi e movimenti si formeranno al di fuori del CLN: il Fronte Militare Clandestino, emanazione diretta del governo Badoglio insediato a Brindisi; il Movimento Comunista d' Italia che formerà con altri -socialisti, comunisti cattolici (cattolici comunisti e cristiano sociali), anarchici, repubblicani e apolitici- il raggruppamento armato Bandiera Rossa (dal nome del giornale del M.C.d'I.); altre formazioni minori che, in unione con Bandiera Rossa, riterranno irrinunciabile la pregiudiziale repubblicana, accantonata invece dalla maggioranza del CLN (tranne che dagli azionisti che manterranno la riserva sino alla liberazione di Roma e alla nomina del governo Bonomi).
Quanto alla situazione di emergenza che si era venuta a creare volevano adottare tutti i provvedimenti atti a organizzare e prolungare la resistenza di Roma; volevano armare il popolo con le armi che c'erano negli arsenali (e c'erano!), incitarlo a insorgere.
Prima scoprirono che il governo e il sovrano avevano capitolato e si erano dati alla fuga. Poi chiesero e offrirono la collaborazione a Carboni unico interlocutore (tornato a Roma dopo il tentativo di fuga). Ma Carboni con Calvi ormai era sulla strada della firma, e il Comitato non ebbe alcuna carta in mano per modificare la più che deteriorata situazione. Qualche arma la ottennero (ipocritamente) da Carboni, ma furono distribuite a chi le voleva, cioè se ne impossessarono ragazzetti, teppisti e criminali, ma anche chi voleva combattere seriamente, ma dopo, questi ultimi, di lì a qualche ora furono messi poi al bando dai comunicati che abbiamo appena letto, di Calvi di Bergolo e da KESSELRING . Molte armi, soprattutto quelle pesanti, furono abbandonate per le strade.



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Tuttavia, autonomamente, il giorno 9, si diedero da fare, e alcuni audaci manipoli il mattino del 10 settembre sparavano ancora negli angoli delle strade in vari quartieri, e altri sparavano sui tedeschi dai tetti. Molti giovani si sacrificarono con passione, lasciando sul campo le loro giovani vite e con loro tanti cittadini coinvolti. Nel pomeriggio residui focolai, incalzati dai tedeschi si ritirarono verso l'Aventino. Alcuni di loro con tanta retorica e fuori dalla realtà, evocavano le gesta di Garibaldi, Mameli, Fratelli Bandiera, la Repubblica Romana di Mazzini nel 1849.

Paradossale è, che anche i loro compagni fascisti si rifacevano agli stessi eventi e agli stessi personaggi.
Questo è il manifesto durante la difesa di Roma

E poco dopo, altrettanto incitava a fare la nuova Repubblica Sociale Italiana
e sempre citando Garibaldi


Altri ancora gridavano di voler imitare Stalingrado e Mosca, difendere Roma con la "guerra di popolo" (ma quelli però avevano almeno ricevuto armi, cannoni e ottimi generali).
La bandiera bianca issata a mezzogiorno da un reparto italiano a Porta San Paolo è tolta quasi subito da altri soldati italiani che invece vogliono combattere e cacciare i tedeschi. Scontri al Testaccio, a San Saba, alla Passeggiata Archeologica, a Porta San Giovanni, a via Sannio, a Largo Brindisi, a Santa Maria Maggiore, in via Cavour, in via Nazionale, in via Gioberti. Combattimenti proseguono accaniti anche dopo la resa, firmata nel pomeriggio, alle ore 16.
Nello stesso pomeriggio uscì un giornale redatto da comunisti e socialisti "Il lavoro italiano" (vedi più avanti) affermando che tutto il popolo italiano era in armi contro i tedeschi.
Ma non era vero. Alla sera del 10, a Roma, era tutto finito; il popolo mantenne la sua imperturbabile calma; nel caos gli italiani si erano egregiamente governati da soli; non era mancato il pane, e la sera i caffè, i ristoranti i bar, rimasero aperti fino a tardi, e così i cinema e i teatri.
Il mattino dopo, i giornali anche se fatti male e in ritardo uscirono, ma con in prima pagina il proclama di Calvi di Bergolo e poi quello di Kesselring che abbiamo visto sopra.

Il genero del Re aveva già trattato il giorno 9, e aveva già consegnato la città di Roma a KESSELRING il giorno 10, alle ore 16. Inoltre da notare che alle ore 10, dello stesso giorno 10 l'agenzia Stefani (non più fascista ma da due mesi agli ordini di Badoglio) riferiva "la città di Roma è completamente tranquilla. La vita si svolge con il ritmo consueto e normale".

Il popolo, che non era nemmeno una folla, oltre che essere tranquillo e indifferente, scese in strada a vedere come in un film i combattimenti. C'era gente che moriva o veniva ferita, e capannelli di persone si formavano attorno a questi audaci ma poveri disgraziati. Ben vestiti, indifferenti, qualcuno fra un ferito e un morto, come se si trattasse di una banale esercitazione, guardando da un'altra parte, si fumava tranquillo pure la sigaretta.


I caduti per la difesa di Roma furono complessivamente 703, uccisi durante i combattimenti (di cui circa 70 civili e 51 donne) e 1800 feriti.
Perdite germaniche: 109 morti, 500 feriti.


Molto diverso era invece il tono del giornale...


Anche questo foglio incitava il popolo italiano in armi contro i tedeschi e il ritorno di Garibaldi.
Ma quando uscì, i tedeschi erano già padroni della situazione. Come abbiamo visto sopra, alle ore 16 del giorno 10, Calvi aveva già consegnato Roma ai tedeschi, e affermava che era "patriottico" unirsi ai tedeschi e giurare fedeltà a Hitler.
A sua difesa, c'è da dire che poi Carlo Calvi di Bergolo, invitato pure lui a giurare fedeltà alla nuova Repubblica Sociale fondata da Mussolini, rifiutò. Finì arrestato e avviato al Nord per essere deportato in Germania con altri ufficiali che avevano seguito il suo esempio.

La sera stessa del 10 settembre, in base agli accordi, Roma è riconosciuta "città aperta" da entrambe le parti. Città aperta, per risparmiarne il patrimonio monumentale e artistico e rispettarne la funzione storica e sacra di centro della Cristianità. In quanto tale, secondo i patti, rigorosamente priva di apprestamenti e contingenti militari.

L'11 mattina sui muri poi comparvero i manifesti di KESSELRING con le severe ordinanze dei tedeschi.
In due lingue !!



Iniziava così il Primo Atto della dominazione tedesca in Italia.


Il mattino dopo, il 12, il Messaggero scriveva: "Oggi Roma si sveglia da un torbido sogno".

Il giorno seguente i giornali italiani furono costretti a pubblicare le pesanti esternazioni di Hitler contro l'Italia; roventi parole sul "tradimento" del governo italiano
.

Ma lo stesso 11 settembre, dal suo rifugio a Brindisi, finalmente Badoglio lancia un messaggio agli italiani dicendo che "sono i germanici i veri nemici del Popolo italiano, come in passato" e restando sempre nell'ambiguità concluderà dicendo: "Voi italiani trarrete da ciò le debite conseguenze e regolerete su di esse il vostro pensiero e la vostra azione".

Il 19 SETTEMBRE, Kesselring invita gli italiani ad approffittare delle "favorevoli" condizioni di lavoro in Germania. Il 21 SETTEMBRE è pubblicato il bando di precettazione al lavoro obbligatorio che prevede la chiamata di 16.400 romani. Gli appartenenti a cinque classi, dal 1921 al 1925, dovranno presentarsi entro il 25 settembre per essere avviati in Germania o impiegati in opere di apprestamento militare.
Se ne presenteranno 455. Alcuni si daranno alla macchia, altri si nasconderanno dentro la capitale, guardandosi più dagli amici (che si credevano tali) che dai nemici. Infatti le delazioni non mancheranno per motivi abbietti: per antichi odii o anche per soldi.
L' ufficio culturale dell' ambasciata tedesca, in via Tasso, diventa sede della Gestapo e delle SS al comando di Kappler, luogo di reclusione e di tortura dei detenuti politici, con le stanze adibite a cella, con le porte a spioncino (e dopo qualche giorno saranno murate anche le finestre).

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Ritorniamo al giorno 9 settembre su un altro versante: sul Gran Sasso


Mussolini e i suo custodi al Rifugio di Campo Imperatore, il giorno dopo, il 10 mattina, seppero della fuga dei reali e del governo fuggito a Brindisi e appresero alla sera dalla radio che fra le clausole dell'armistizio era compresa la consegna del Duce agli inglesi (* vedi in fondo).
Ma per due giorni a Campo Imperatore a Gueli non arrivò nessun ordine. A chi dunque dovevano ora ubbidire i custodi (Gueli e C.) visto che tutti erano uccel di bosco? Con Senise a Roma ormai incastrato da Badoglio e messo in mano ai tedeschi.

Mussolini alle ore 3 di domenica 12 mattina, perse forse ogni speranza, terrorizzato di essere consegnato agli inglesi (molte cose sarebbero cambiate!!!)  cadde nella disperazione. Prima (che strana richiesta) chiese una pistola al tenente Faiola, poi al suo rifiuto Mussolini si svenò, lievemente, con una lametta di rasoio. Forse non proprio con l'intenzione di morire ma di avere da parte dei carcerieri compassione o un po' di solidarietà. In fin dei conti era Mussolini e un po' di carisma lo aveva ancora.
Faiola, proprio costui che era "un arnese di Badoglio", il 12 mattina cambia anche lui atteggiamento "vi giuro sulla testa dei miei figli che non vi consegnerò mai agli inglesi". Ma se dice queste cose, vuol dire che qualcosa sa (e che semmai - è sottinteso- lui lo avrebbe consegnato solo ai tedeschi).

 Questo il racconto del maresciallo Osvaldo Antichi: "...entrando nella stanza del Duce, lo trovai seduto sulla sponda del letto con le braccia abbandonate e gli occhi sbarrati. Dai polsi, gli scendeva un rigagnolo di sangue. Sul comodino  una lametta da barba. Con dello spago gli legai strettissimi gli avambracci per bloccare l'emorragia. Faiola corse con la cassetta di pronto soccorso poi con una garza gli medicammo le ferite".(Arrigo Petacco e Sergio Zavoli, Dal Gran Consiglio al Gran Sasso, Rizzoli, Milano, 1973).
(
In molte foto che seguirono alla liberazione del Duce, si vede benissimo il suo polso fasciato)
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9-10 SETTEMBRE - Tutte le forze delle varie correnti antifasciste, finora vissute in clandestinità, escono allo scoperto; danno vita al Comitato di Liberazione Nazionale cercando di coordinare gli sbandati in funzione di una (vaga, perchè nessuno si aspettava dall'esercito un così colossale sbandamento e una così grande fuga di alti ufficiali) lotta anti-tedesca di resistenza. Nascono i vari reparti, con varie connotazioni politiche, che andranno ad assumere entro breve tempo carattere militare, inizialmente inquadrati, coordinati e con un sostegno militare e finanziario dei nuovi alleati; in un secondo tempo poi questi ne smorzarono l'entusiasmo, l'autonomia, e cessarono in molti casi anche gli aiuti; in una terza fase del conflitto si scontrarono perfino, ritenendoli dannosi e di intralcio alle loro operazioni.

Ma c'era un motivo: la migliore organizzazione partigiana era comunista, e questo non era stato previsto all'inizio (e nemmeno era stato previsto dagli anglo-americani un colossale sbandamento e la fuga di tutto l'esercito italiano). Si temeva insomma un golpe della sinistra. Gli Alleati chiesero, prima con CLARK (inascoltato) poi con ALEXANDER, perfino il disarmo dei partigiani, ma i capi della Resistenza si opporranno e soprattutto in Alta Italia organizzeranno un loro governo (al di fuori di ogni validità giuridica, in base alla Convenzione ma anche in base al diktat degli Alleati) fino all'arrivo degli anglo-americani. Poi il 7 giugno '45 smobiliteranno (Ma la paura agli alleati l'avevano messa addosso eccome! E Churchill, nell'eventualità, avrebbe agito come in Grecia, senza che Stalin avesse mosse un dito. Nelle sue memorie, Churchill scrive "perchè avrebbe dovuto muoverlo? I patti della spartizione li avevamo già fatti". E l'italia pure questa ricadeva sull'influenza occidentale.

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(*) LA CONSEGNA DI MUSSOLINI AGLI INGLESI



Il Corriere della Sera, del "Pomeriggio" 16-17 settembre, pubblicò questa corrispondenza dall'estero.


Berlino 16 settembre. - I primi particolari sulle intenzioni che gli alleati avevano in animo verso Mussolini prigioniero si apprendono dalla Berliner Borse Zettung di giovedì mattina per tramine del corrispondente da Lisbona: "La liberazione di Mussolini è avvenuta tre, quattro ore prima che il Duce dovesse venir consegnato agli Stati Uniti. Da fonte degna di fede ho appreso i seguenti particolari sul progetto di consegna di Mussolini agli alleati, consegna che faceva parte essenziale delle clausole d'armistizio sottoscritto da Badoglio. Pochi giorni dopo il 25 luglio allorché Re Vittorio Emanuele e Badoglio avevano imprigionato Mussolini, opparve a Lisbona, a bordo di un aereo postale, il generale Castiglione e si mise in contatto con l'Ambasciata inglese e la Legazione degli Stati Uniti. La conversazione decisiva fra l'italiano e gli inglesi e americani ebbe luogo in un albergo a Manfra a circa 30 chilometri da Lisbona.

Alcuni giorni più tardi Castiglione ricevette l'invito di consegnare Mussolini agli Stati Uniti entro un termine stabilito da Roosevelt. La consegna, secondo il piano elaborato personalmente da Roosevelt doveva costituire un grosso colpo di scena politico simboleggiante la vittoria degli Stati Uniti sul fascismo e in pari tempo un trionfo capitale nella propaganda elettorale di Roosevelt. Una missione militare degli Stati Uniti avrebbe preso sotto la sua protezione Mussolini alla presenza di operatori cinematografici, fotografi, radiocorrispondenti e giornalisti. Mussolini doveva essere trasportato in aereo, dopo una sosta in Sicilia e a Gibilterra, direttamente a Nuova York e di là a Washington.

Roosevelt intendeva accogliere come prigioniero Mussolini alla Casa Bianca e alla presenza di Churchill in questa occasione avrebbe tenuto un radiodiscorso. L'arrivo a Nuova York era previsto per il 16 settembre. L'organizzazione di questo progetto richiese più tempo del previsto. Stimando erroneamente il valore delle contromisure tedesche di fronte alla capitolazione di Badoglio, non si diede alcuna importanza decisiva al fattore tempo".


Sì, furono preceduti dai tedeschi. Ma Badoglio e il Re cosa erano andati a fare a Chieti? Volevano anticipare i tedeschi !!! - Fallito il progetto, lasciarono Mussolini ai tedeschi e per non avere la gola tagliata fuggirono a Brindisi.

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