ANNO 1950

DON STURZO

UN "SINISTRO" PRETE MOLTO SFERZANTE

ma quante profezie !!!!


Più che semplici interventi sono delle "profezie" di ciò che - con ormai il "rompiscatole" sceso nella tomba - accadrà dopo, con le allegre "Partecipazioni Statali", e gli allegri "aiuti" con i soldi pubblici anche alle grandi industrie private. Un assistenzialismo che dalla fine degli anni Sessanta in poi andrà a creare lo spaventoso "buco nero" del debito pubblico; che non riusciranno a pagare i figli e neppure i nipoti di quella irresponsabile generazione.
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"Statalismo" del 19 gennaio 1947 (da "Il Popolo")


"Dopo ventidue anni di assenza, nel mio laborioso adattamento mentale alle condizioni presenti della nostra Italia, non posso sopportare l'aria greve e soffocante dello statalismo.
Una triste eredità che ci viene, è vero, dal periodo dell'unificazione, ma che è stata intensificata nel periodo fascista e che ora incombe su tutti come una necessità fatale.
Quel che più disturba chi è vissuto per sì lungo tempo in Paesi liberi, dove non è mai esistita la concezione di uno Stato (con la S maiuscola, ente anonimo sempre presente e sempre opprimente), è la constatazione che gli italiani si sono talmente adagiati all'idea di uno Stato-tutto, e che nessuno ha più ritegno di invocare provvedimenti e interventi statali per la più insignificante iniziativa".

"Quando ho sentito che per nominare un direttore musicale alla Fenice di Venezia si doveva interessare il sottosegretario di Stato alla presidenza, e che per aumentare il capitale a un ente cinematografico in crisi ci volevano gli aiuti del Tesoro, e che ci siano persino sale cinematografiche di Stato, mi sono domandato se gli italiani non abbiano perduto la testa e se lo statalismo non sia diventato una mania.
Mi è stato risposto che si tratta di residui dell'epoca fascista che dovrebbero essere liquidati al più presto. Ma di liquidazione sul serio se ne vede poca. Da per tutto ci sono commissari governativi-antifascisti (ma spesso ex fascisti) al posto dei fascisti - ma sempre commissari - arbitri di enti statali parastatali, soprastatali... tutti con tanto di marchio di fabbrica: lo Stato".


"Costoro ci stanno bene e non se ne vanno; le amministrazioni autonome di tali enti non vengono nominate (anche l'accademia di Santa Cecilia dopo più di tre anni dalla caduta del fascismo ha ancora il suo commissario); i ministri sono oppressi da affari personali (sì da aver poco tempo per quelli pubblici), perché tutto il mondo vuole un piccolo o grande commissariato, un posto nei gabinetti o nei sottoscala, ma un posto in qualcuno dei tanti uffici dipendenti dallo Stato, perché tutto il mondo italiano vuole dipendere dallo Stato".

"La colpa del fascismo è grande, ma la colpa dell'antifascismo non è meno grande. Socialisti e comunisti, essendo già dall'aprile 1944 al potere, si sentono (e perché no?) padroni dello Stato, e quindi il centralismo statale con loro e per loro fa passi da gigante.
Ci voleva il ministero della post-bellica per fare pendant a quello della cultura popolare del fascismo. I milioni volano come l'acqua; non ci sono più controlli regolari, il ministro è arbitro assoluto. Si dice che l'on. Sereni favorisca le iniziative a tipo comunista; sarebbe sciocco se non le favorisse; così farebbe un ministro socialista, repubblicano o democristiano; con la piccola differenza che il primo si sente padrone, perché ha la piazza dietro le spalle, gli altri sarebbero un po' più timidi, perché avrebbero la piazza davanti agli occhi.
Ora sappiamo che il ministro della post-bellica va studiando un progetto monstre per trasformare un servizio occasionale che dovrebbe finire presto, in un ministero permanente, che abbia sotto di sé sanità, assistenza sociale, assicurazioni e chi più ne ha più ne metta, sì da statizzare completamente i servizi assistenziali".

"Altra statizzazione che si medita è quella dell'assistenza emigratoriale; altri controlli che si preparano sono diretti ad asservire le cooperative; fascismo, fascismo puro; statalismo soffocante, rosso invece che nero; ma statalismo. Tutto ciò non disturba i sonni dell'italiano medio, che sarebbe felice se lo Stato potesse togliergli le preoccupazioni della vita. Il fascismo passò allo Stato i segretari comunali; chi ha il coraggio oggi di farli rientrare nei ranghi propri? Lo Stato si prese tutti i maestri elementari, creando un accentramento invero simile e un grattacapo al ministero dell'istruzione, senza precedenti. Oggi nessun deputato azzarderebbe la proposta di far ritornare i maestri ai Comuni. Perderebbe la medaglietta; avrebbe le ire anche dei maestri cattolici che per non sembrare da meno dei loro colleghi, vogliono mantenere le "conquiste della classe".

"L'essere statale è una conquista di classe, perché lo Stato paga e i Comuni non pagavano; lo Stato classifica, sposta, decide ex cathedra; il Comune no, non poteva, perché viveva e vive la vita grama dei poveri, sottoposto anch'esso a una insopportabile ingerenza statale, che ne impedisce lo sviluppo e l'attività. E dire che siamo nel Paese delle "cento città", della vita municipale piena di grandezze e di ricordi, i cui monumenti "comunali" hanno l'impronta del genio, mentre quelli dello Stato burocratizzato hanno l'impronta della mediocrità e della insipienza".

"Per sopportare l'elefantiasi dell'accentramento, lo Stato ha preso in mano tutte le risorse del Paese; lo Stato ha gonfiato il suo Tesoro (oh! carta stampata che corrode il valore della nostra liretta, quando cesserai di inondare il Paese?); lo Stato getta milioni e miliardi dalla finestra per quella demagogia che è penetrata nelle ossa dei politicanti italiani. Così nulla si salva; né lo Stato, né gli enti statali e parastatali, moltiplicati all'infinito, né i Comuni, né i cittadini.
E peggio di tutti stanno coloro che hanno "la fortuna" di essere impiegati dello Stato, di grado 2° o 7°, titolari o avventizi, generali o spazzini, insegnanti universitari o elementari, perché la loro lira è stabilizzata e i posti no. Infatti è così: nel vortice dell'accentramento e della statizzazione si perde il senso della realtà e del relativo per una specie di assorbimento nella potenza magica della politica e della economia unificate".


"In questa atmosfera di statalismo greve e sconcertante, nasce la Regione italiana. I dolori del parto sono assai lunghi e spasmodici. Si spera che non venga fuori un mostriciattolo; se verrà fuori una creatura vitale, si ha ragione di temere che lo statalismo sia lì pronto per ingoiarlo.
Agli amici democratici cristiani e agli altri che si battono nella commissione della costituente per la Regione andrà la gratitudine degli italiani pensosi delle sorti del nostro Paese.
Per essi riporto dall'appello al Paese, lanciato ventotto anni fa dai popolari nel costituire il loro partito, il periodo seguente: «A uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti delle sue attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali - la famiglia, le classi, i Comuni - che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private».

 

VEDI ANCHE

GLI ALTRI SCRITTI

"Maggioranza e opposizione" del 7 aprile 1951 (da "Il Mondo")
"Liberismo" del 6 ottobre 1951 (da "La Via")
"Sinistrismo economico" del 27 marzo 1955 (da "Il Giornale d'Italia")
"Mezzogiorno e industrializzazione" del 19 dicembre 1954 (da "Il Popolo")
"Libertà e autolimitazione" del 9 agosto 1955 ( da "Il giornale d'Italia")
"Fiscalismo, statalismo, pauperismo" 9 aprile 1959
("Il Giornale d'Italia")

E ANCHE LA BIOGRAFIA

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