ANNO 1976

CULTURA - COSTUME

* RADUNO PARCO LAMBRO
* IL 77 IN INCUBAZIONE

Alla FESTA di  PARCO LAMBRO
" contestazione " qualcosa cambia
Siamo alla vigilia del '77 (prima del raduno di  Bologna '77)

così scriverà MARISA RUSCONI -
in Introduzione al Libro fotografico LA FESTA DEL PARCO LAMBRO

..... "Oggi sappiamo che Parco Lambro non fu, o non soltanto, l'"apocalisse del pop", come i piú fantasiosi la definirono, o l'"apoteosi della provocazione". E, contrariamente a quanto affermarono alla fine dei quattro giorni gli stessi organizzatori, stanchi, incazzati, confusi, non fu neppure l'ultima festa del movimento. Piuttosto, proprio lí, dallo sfacelo del mito di un certo modo di stare insieme - pace, amore e misticismo collettivo, musica come droga e droga come musica ecc. - nacque la necessitá di trovare altre strade, altri modi. E vennero, infatti, altre feste. Alcune quasi clandestine per pochi iniziati come quella di Guello (giugno '77); altre di grande massa, come quella di Bologna (settembre '77), che certo qualche militante ortodosso, anche se della sinistra "nuova", considererá eresia chiamarla festa, ma che é stata, invece, senza alcun dubbio, una delle piú grandi sagre del movimento. Un festival senza orchestre e divi pop-rock, senza danze collettive e girotondi di corpi nudi sotto la pioggia, ma con lunghi e anche gioiosi cortei, canti e slogans. E , soprattutto con un'intera cittá per palcoscenico, anziché un recinto grande molti chilometri ma pur sempre ghetto dell'emarginazione e dell'autoemarginazione, un parco spelacchiato, e ricoperto di rifiuti, ai margini della metropoli. É chiaro dunque, che nel fallimento del Parco Lambro '76, se cosí vogliamo chiamarlo drammatizzando un po' i termini, c'era giá l'embrione di un nuovo movimento, o meglio, della trasformazione del movimento e della sua separazione in diversi filoni, spesso contradditori, come vedremo tra poco. Ma allora né i protagonisti né gli osservatori potevano essere in grado di cogliere questa realtá "in fieri". Ne registrarono solo il punto di arrivo".


......." Certo, ancor piú dopo Parco Lambro '76, fu chiaro anche per gli ex figli dei fiori trapiantati in Italia, che la rivoluzione non era dietro l'angolo. "Questa festa ha segnato la fine del '68", fu il "refrain" che si sentí ripetere fino alla nausea nei giorni successivi al festival. Dalla stampa borghese, dalla stampa della sinistra giá non piú extraparlamentare e da quella ancora extraparlamentare; ma anche dagli stessi organizzatori. Seppelliamo il mito dell'immaginazione al potere; basta con la presunzione di trasformare il "personale in politico", quando manca una precisa ideologia di fondo. Questo, in sintesi, il loro pensiero.
E bisogna dare loro atto di aver saputo subito individuare i punti fondamentali di un'autocritica senza compiacimenti. Andrea Valcarenghi, "papá" indiscusso dell'underground italiano, fondatore e direttore di "Re Nudo" e organizzatore di tutti i precedenti festival del proletariato, fu ancora piú preciso. Raccontando, poco piú tardi, in "Non contate su di noi" (Arcana Editrice), come lui e i compagni avevano vissuto la fase preparatoria di Parco Lambro '76, scrisse: "Con l'avvicinarsi dell'estate, quasi automaticamente ci troviamo con il cartello dei gruppi, piú i circoli proletari, gli autonomi e gli anarchici a preparare la VIa festa del proletariato giovanile (.....). Decine di giovani proletari arriveranno da tutta Italia. Nessuno ipotizzó quello che sarebbe successo, nessuno accennó alla possibilitá che la proiezione collettiva dei fantasmi della disperazione avrebbe materializzato mostri da combattere. Nessuno previde che per tanti di noi ancora é necessario darsi un nemico esterno per potere sentirsi uniti contro qualcosa o qualcuno".

Anche se "col senno di poi", Andrea ha colto nel segno: il discorso della disperazione che genera violenza fino al punto di partorire "nemici esterni", é indispensabile per capire l'esplosione di comportamenti violenti, che caratterizzó, non solo Parco Lambro '76, ma molte delle grandi manifestazioni giovanili a partire da allora.

......" Gli organizzatori arrivano alla festa giá divisi tra loro, con grosse contraddizioni, che non toccano tanto i problemi tecnici-organizzativi quanto proprio i contenuti politici-ideologici (in questo caso sarebbe piú esatto dire i "bisogni"). E non potrebbe essere diversamente: dietro i "leaders" dei circoli proletari (uso il termine leaders per comoditá, ma so che i diretti interessati lo rifiutano), ci sta una massa abbastanza consistente di giovani e giovanissimi, anche se con tutta la fluiditá che nasce dallo sbandamento, dall'emarginazione; i circoli hanno il ruolo di aggregazione dei nuovi soggetti politici venuti fuori dalle sacche del proletariato, dal profondo Sud trapiantato nei quartieri-dormitorio delle metropoli industriali.
Questi soggetti politici emergenti, che sono tali anche se non hanno - non possono avere - una cultura e una ideologia politica limpida, rappresentano il prodotto della crisi economica, della disoccupazione e sottoccupazione galoppante, dello sfacelo delle istituzioni, dello scollamento sempre piú drammatico fra civiltá contadina e civiltá industriale, tra Nord e Sud.
Che cosa possono avere in comune col '68 e con i suoi protagonisti? La loro comparsa sullo scenario sociale italiano non avviene certo a Parco Lambro '76; giá da alcuni mesi, soprattutto a Milano, perfino i benpensanti che preferiscono il gioco dello struzzo, non hanno potuto fare a meno di accorgersi, con paura, della loro nuova realtá. Tuttavia, é vero che Parco Lambro, offrendo l'occasione di trovarsi tutti insieme, elargendo la speranza-illusione di una "cittá del sole", ha reso inevitabile il loro passaggio dal ruolo di comparse, o al massimo comprimari, a quello di protagonisti. Ma la rappresentazione non poteva essere che a senso unico: quella, terribile e frustrante per tutti, della loro incazzatura, della loro solitudine, della loro ribellione impotente. Logico, a questo punto, che, con un gioco degli scambi anch'esso molto teatrale, il ruolo di semplici comparse spettasse, invece, ai primi attori dei festival precedenti, fra l'altro soggetti politici molto piú omogenei: i ragazzi "alternativi" che si riconoscevano nella linea libertaria e pacifista di "Re Nudo", con larghe aperture, almeno fino ad una certa fase, verso Marco Pannella, i suoi digiuni e i suoi spinelli; poi, piú verso "Lotta Continua"; con molti vacillamenti nella line marxista, ma con massimi spalancamenti nei confronti di Wilhelm, Reich, Laing, Cooper. E, naturalmente, con travolgenti amori, poco contrastati, per le filosofie orientali".

....." Le universitá di Roma e Bologna sono oggi il crogiolo di una realtá molto esplosiva rispetto alla "Statale" milanese (centro, invece, del movimento del '68). Ma é importante anche la presenza - per quanto riguarda il capoluogo emiliano - da una parte, di un gruppo di nuovi intellettuali ("nuovi", anche se non piú giovani) che fanno capo alla rivista "Il cerchio di gesso"; dall'altra, dei "creativi" di "A/traverso" e di "Radio Alice". Il movimento bolognese, anche con lo strumento di queste voci, ha rappresentato la calamita del contatto con i "nouveaux philosophes" francesi; la scintilla del conflitto aperto col PCI e la giunta rossa e, infine, il punto di partenza per la grande manifestazione-spettacolo del settembre '77, a Bologna, appunto.

...."Tutto, o quasi, e giá stato detto di questo "cinemascope" del movimento. Qui ci interessa soprattutto mettere in luce i punti di confronto-scontro con l'altra grande festa di 15 mesi prima, quella di Parco Lambro, appunto. Capire, ad esempio, perché, pur essendo i suoi protagonisti altrettanto e anche piú eterogenei di allora, riuscirono a trovare dei motivi di contatto e di aggregazione molto forti (a Bologna c'erano gli studenti del movimento, ma in un arco assai vasto, da quelli della nuova sinistra, peró moderati, fino agli autonomi; e poi gli indiani metropolitani, le femministe, gli omosessuali, gli emarginati, ormai ribattezzati "non garantiti". La ragione essenziale, mi pare, é questa: mentre a Parco Lambro fu necessario, come abbiamo visto, inventarsi un "nemico esterno", su cui neppure tutti si trovarono d'accordo, a Bologna, invece, ci fu compattezza totale nel manifestare contro la repressione, scatenata negli ultimi mesi da Cossiga e dai suoi "servi". Una repressione forse piú feroce di quella del '68, perché ha portato alla criminalizzazione indiscriminata del movimento; una repressione capillare e subdola che ha fatto temere, nei momenti piú drammatici, qualcosa di peggio della instaurazione di uno stato di polizia, addirittura una specie di edizione italiana del famigerato "berufsverbot" germanico. Naturalmente il nemico "non da inventare" era anche il PCI, che, dopo la prima fase di trionfalismo post-elettorale, aveva profondamente deluso le aspettative dei giovani. Tutti uniti, dunque, questa volta: perfino gli autonomi di Oreste Scalzone non sono stati emarginati, poiché aveva provveduto lui stesso ad emarginare le frange piú violente".

Ma esiste un altro motivo importante nel successo di Bologna rispetto a Parco Lambro: "l'ultima festa del proletariato giovanile" non era riuscita a distruggere la separazione schizofrenica "io-faccio-qualcosa-e-tu-stai-a-guardare"; a Bologna, invece, gli adoratori della formula magica "eliminare il palco" sono stati finalmente soddisfatti. Il palcoscenico si é dissolto. Palcoscenico é diventata la strada. "Siamo stati tutti quanti attori, tutti quanti poeti, cantanti, ballerini, giocolieri". E questo ha permesso anche l'esplodere della massima creativitá, anche nei cortei piú duri, anche negli slogans piú violenti: il nuovo modo tutto creativo e ironico - e autoironico - di fare politica/non politica degli "indiani" ha contagiato un po' tutti. E questo (che era mancato completamente a Parco Lambro) resterá come uno dei tratti essenziali nell'identikit del "movimento" del '77, anche dopo Bologna".....  (MARISA RUSCONI - Introduzione al Libro fotografico LA FESTA DEL PARCO LAMBRO - Mastrogiacomo Editore Images PADOVA marzo 1978)

IL 77 IN INCUBAZIONE
Uno strano movimento di strani studenti

....."" Il ministro della Pubblica Istruzione Malfatti il 3 dicembre '76 emana una circolare che vieta agli studenti di fare piú esami nella stessa materia, smantellando di fatto la liberalizzazione dei piani di studio in vigore dal '68. Questa iniziativa viene immediatamente intesa dagli studenti universitari come la prima mossa in vista di altri e ben piú gravi provvedimenti di controriforma. Il senato accademico di Palermo decide di applicare immediatamente la circolare provocando la reazione degli studenti che danno il via all'occupazione dell'ateneo.

.... "Nelle settimane successive le contestazioni studentesche coinvolgono gli insegnanti precari colpiti anch'essi dall'iniziativa del ministero della Pubblica Istruzione. In breve tempo le agitazioni si diffondono a Torino, Pisa, Napoli e Roma. Il 1 febbraio '77 i fascisti fanno un'incursione nella cittá universitaria romana. Respinti dagli studenti, si coprono la fuga sparando. Resta ferito gravemente da un proiettile, che lo raggiunge alla nuca, Guido Bellachioma, uno studente di Lettere. La risposta é immediata: la facoltá di Lettere viene occupata. Si susseguono frenetiche iniziative assembleari per una mobilitazione di risposta antifascista. Le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil con l'adesione di Fgci, Fgsi, Pdup e Ao, indicono una manifestazione all'universitá per protestare contro l'aggressione fascista.

..... "Mentre il ministro Malfatti, preoccupato dal precipitare degli avvenimenti, ritira prudentemente la sua circolare, il 2 febbraio un agguerrito corteo di alcune migliaia di studenti esce dall'universitá. L'obiettivo dichiarato é la sede missina di via Sommacampagna che in pochi minuti viene data alle fiamme. Il corteo riprende il suo percorso ma a piazza Indipendenza squadre speciali della polizia in borghese ingaggiano una furiosa sparatoria con un gruppo di manifestanti armati. Restano a terra feriti gravemente un poliziotto (Domenico Arboletti) e due studenti (Paolo Tommasini e Leonardo Fortuna).

..... "La polemica sulle responsabilitá della sparatoria evidenzia le differenziazioni interne alla sinistra. Il Pci attraverso il suo giornale accusa i cosiddetti autonomi, di essere sullo stesso piano dei fascisti. I partiti dell'arco costituzionale chiedono alla magistratura un energico intervento per la chiusura dei covi che alimentano la provocazione violenta di qualunque colore essa sia. Nell'assemblea all'Universitá del giorno successivo indetta da Pci, Psi, Pdup, Ao si accentua la scollatura tra il movimento e le forze politiche ufficiali. La gestione tutta partitica di queste assemblee comincia a risultare intollerabile a un movimento che si sviluppa dal basso e inizia a rivendicare la propria autonomia.

..... "Intanto a Milano viene occupata l'Universitá Statale e a Torino una manifestazione di 5000 studenti attraversa il centro della cittá. 15.000 persone in piazza anche a Napoli: sono studenti, disoccupati organizzati, diplomati e laureate senza lavoro, docenti precari e non. A Bari viene occupata la facoltá di Lettere e filosofia.

..... "A Roma il 5 febbraio la polizia stringe d'assedio l'Universitá, vietando il corteo che il movimento aveva indetto per rompere l'isolamento che gli organi di informazione e i partiti tentano di creare intorno agli studenti definiti "estremisti e violenti". L'Unitá scrive che l'ateneo é occupato da "poche decine di provocatori autonomi". Nell'assemblea all'interno dell'universitá 5.000 studenti decidono di non accettare lo scontro voluto dal governo e propongono di estendere le occupazioni a tutti gli atenei d'Italia e di allargare la lotta con momenti di controinformazione nei quartieri, nelle fabbriche e nelle scuole medie superiori.

..... "Il giorno successive l'universitá diventa il punto di riferimento di tutto il proletariato giovanile. Una festa gigantesca si protrae per tutta la giornata, il grande spazio dell'universitá "liberata" si riempie di studenti medi, di giovani dei quartieri periferici, di donne. La festa é spontanea, nessuno si é preoccupato di organizzarla, c'é chi fa teatro di strada, chi balla, chi canta, chi suona, chi gioca. Il sindacato ufficialmente condanna l'occupazione non riconoscendo al movimento "la capacitá di condurre autonomamente una lotta contro i problemi irrisolti dell'universitá".

..... "Le occupazioni si estendono agli atenei di Bologna, Genova, Cagliari. A Roma, il 9 febbraio 30.000 persone scendono in piazza. In prima fila campeggia uno striscione enorme con la scritta "Paolo e Daddo liberi, fuori tutti i compagni arrestati". A piazza Navona il corteo si scioglie senza incidenti. Nel corteo c'é un'enorme passione politica, ma soprattutto molta ironia, le donne autogestiscono il loro spezzone, sono presenti gli indiani metropolitani protagonisti delle iniziative creative all'interno del movimento.

..... "Il 10 febbraio il cartello dei "Comitati unitari" che raccolgono la Fgci, la Fgsi, i giovani repubblicani, la gioventú aclista, il Pdup, Ao e i sindacati riesce anch'esso a portare in piazza studenti medi con una logica di rivincita sul movimento universitario "estremista". Ma il gioco non riesce perfettamente poiché durante il corteo moltissimi sono gli slogan contro il governo delle astensioni e della pace sociale praticamente identici a quelli urlati il giorno precedente.

..... "Nel pomeriggio dello stesso giorno nella facoltá di Lettere si tiene un "processo" ai redattori di "Paese Sera", del "Corriere della Sera" e dell'"Unitá", accusati di calunniare sui loro giornali le lotte degli studenti. Il piú bersagliato é Duccio Trombadori (Pci) che alla domanda "Quali sono i covi che volete vengano chiusi?" risponde: "Oltre ai covi fascisti quel centri che si mettono sul terreno della provocazione e che vengono utilizzati da forze estranee al movimento operaio". Alla fine Trombadori verrá espulso dall'universitá.

..... "Lo stesso giorno un grande corteo percorre Bologna dove il Pci locale insiste nel denigrare il movimento con i soliti epiteti di "provocatori". Vengono occupate altre facoltá a Messina, Pescara e Modena. La federazione romana del Pci dichiara di ritenere "una necessitá politica e democratica la ripresa delle attivitá didattiche e scientifiche" nell'universitá ormai occupata da undici giorni. Questa dichiarazione spiana la strada alle posizioni di quelle forze che premono per l'intervento della polizia.

..... "Il 13 febbraio l'assemblea degli occupanti discute sugli sbocchi politici. La linea di tendenza é di continuarla finché non si ottengano dei risultati concreti: il ritiro definitivo del progetto Malfatti, la liberazione dei compagni arrestati, la garanzia di spazi autogestiti nell'universitá, la sua apertura serale e festiva. Soprattutto peró si parla di disoccupazione e delle iniziative da prendere nei quartieri contro 1'emarginazione e sui bisogni materiali come il reddito e la casa. Due giorni dopo militanti del Pci forzano i picchetti ai cancelli dell'universitá occupata e si presentano con un volantino che chiede "il ripristino della vita democratica all'interno dell'ateneo", e indice un comizio con Luciano Lama, segretario della Cgil.

..... "Nell'assemblea del giorno dopo gli occupanti discutono la linea da tenere per il comizio di Lama da tutti giudicato come una provocazione e un tentativo di controllo imposto dall'esterno sul movimento; un'iniziativa che punta esplicitamente alla "normalizzazione nell'universitá". Si propone pertanto che il comizio diventi un'assemblea nella quale possano intervenire alcuni rappresentanti del movimento degli studenti. (Primo Moroni/Nanni Balestrini - L'ORDA D'ORO - SugarCo 1988 )

 

FINE

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