ANNO 1977

CRONOLOGIA DELL'ANNO ( 1a PARTE )

 



BREVE PANORAMICA dell'ANNO

In Gennaio (vedi)  a lanciare la proposta per una lotta agli sprechi dei consumi individuali, e quindi a proporre una politica di "austerità" non è il capo del governo ANDREOTTI, ma il leader dell'opposizione, ENRICO BERLINGUER. Chiede anche collaborazione agli intellettuali, ma in effetti sta appoggiando i sacrifici che il governo monocolore democristiano non ha il coraggio di chiedere agli italiani dopo gli scandali che per la prima volta stanno investendo il partito dopo trent'anni di governo. Infatti, .........

In MARZO (vedi) si svolge in Italia il primo  processo ai politici per corruzione. Alcuni potenti della classe dirigente sono "alla sbarra" nelle due sedi del Parlamento, davanti ai propri colleghi (e anche a quelli del proprio partito, dove l'aria che tira non è la migliore - ci sono rese di conti di vecchia data) che li devono giudicare per il rinvio a giudizio.

Ma la giustizia è una cosa la politica un'altra.
(naturalmente a secondo dei tempi)

Dirà LUIGI GUI (DC) mandato sotto processo (anche da qualche franco tiratore del suo partito):  ""Mi hanno giustiziato, ha prevalso  la volontà del PCI. I comunisti  sono stati assecondati per motivi opportunistici, di calcolo o di paura. E quando in un Paese si sovrappone la politica alla giustizia (nel 1998 si dirà l'incontrario. Ndr) si incominciano a compiere esecuzioni politiche, si sa come si comincia ma non si sa come si finisce. Quando un mondo vuole purificarsi  (da quando  mondo é mondo) si comincia sempre con il sacrifico di un innocente".

BRIGATE ROSSE. - In piena escalation il terrorismo. Una spirale che pur con l'uscita di scena di  Potere operaio e di Lotta continua (sciolta lo scorso anno) non conosce sosta. Sono assassinati giudici, magistrati, giornalisti, professori, poliziotti, e spesso anche degli innocenti.  Nel corso dell'anno si registrano 2128 attentati, 32 personaggi gambizzati, 11 assassinati.  
L'ampiezza di questo fenomeno che torna alla ribalta prepotentemente e le motivazioni   della ricostituzione o nuova costituzione di queste bande armate terroristiche  (che prenderanno il nome "del '77") sono sfuggite a tutte le spiegazioni sociologiche prima, durante e dopo.

Non deve destare meraviglia. Prima, perchè gli studiosi sono pochi e quasi tutti politicizzati; poi perchè questa disciplina è ancora giovane; ed infine,   paradossalmente proprio dalla prima Università di Sociologia (costituita a Trento nel '67/'68) é partito il nucleo originario delle Brigate Rosse. Dalle costole di questo gruppo quest'anno escono Prima Linea, le Unità comuniste combattenti e tanti altri gruppi improvvisati; alcuni addirittura chiamati poi gruppi dei "figli di famiglia" (La XXIII marzo di Barbone e Morandini). Componenti  questi che non avevano nulla a che vedere con  le frustrazioni del proletariato, tutti vani i tentativi di coinvolgerlo in una rivoluzione. Questi estremisti sono magari iscritti al PCI, ma non lottano certo per la "lotta di classe",  nè tanto meno hanno l'appoggio e le simpatie delle stesse masse proletarie. Sono tutti di estrazione borghese; molti sono figli di papà, ben vestiti, ben curati, ben foraggiati, ben alimentati e soprattutto spiccatamente di cultura edonistica - cioè non disdegnano i prodotti di quello Stato imperialista delle multinazionali che dicono di combattere citando parole e frasi colte molto ricercate della tradizione marxista.
Nè fanno la controrivoluzione gli altri gruppi estremistici di destra,  non meno borghesi dei primi  e che con l'identico antagonismo nella violenza, operano, sostenendo che il loro agire é una necessità per allontanare il  pericolo "rosso". Anche qui  la "lotta" che stanno conducendo non riceve certo la simpatia dei borghesi agnostici.

Spiegazioni e motivazioni non le hanno trovate i politici, i giornalisti e gli intellettuali contemporanei che scrivevano in questi anni, nè sono stati capaci di spiegarcelo quelli che sono venuti dopo.
Dopo vent'anni abbiamo letto tutto e il contrario di tutto. Tante analisi di autorevoli personaggi ma anche tanta confusione  e contraddizioni. E poi tante negazioni, smentite, apostasie o antitesi di quanto avevano scritto in questi tempi, teorizzando nuove e vecchie teorie in contrapposizione.
Silvio Lanaro, in Storia dell'Italia repubblicana, scrive qualcosa di più preciso ma anche lui scrive "forse":  "Più plausibile, forse, è un abbozzo d'interpretazione in chiave antropologica, che anzichè partire dalla storia delle organizzazioni prenda le mosse dalle caratteristiche dei movimenti, i quali  in genere le precedono (oltre ad alimentarle e rifornirle continuamente di forze fresche) e sono l'epifenomeno di una "violenza sociale" tipica del capitalismo maturo e dei processi di modernizzazione particolarmente veloci".

Una cosa é certa: tanta confusione ideologica  nei militanti dei vari gruppi (erano in fin dei conti giovani, né sapevano nulla di metodi rivoluzionari né tantomeno di lotte proletarie degli anni Venti o anni Cinquanta - lo abbiamo già detto, avevano seppellito il passato e rifiutato ogni radice ) ma anche tanta confusione in coloro (non più giovani che il passato lo conoscevano bene) che dovevano invece individuare, capire e prendere le distanze da quelli che si rivelarono poi essere subito i loro carnefici, e che dopo si rivelarono alcuni dei "disertori" , e altri ancora con il "pentitismo" (che quest'anno già inizia a frantumare i gruppi) degli opportunisti senza nessuna "etica rivoluzionaria" nei confronti sia della massa - così tradita da certe ideologie portate avanti solo con l'estremismo dialettico che per un breve periodo ci credettero e simpatizzarono - e sia nei confronti dei vecchi amici di lotta. Infatti, non esitarono - questi idealisti da strapazzo- per ottenere benefici o immunità nell'indicarli con l'indice uno dopo l'altro, per rifarsi una verginità morale. "Del resto non sono io ad aver cominciato la lotta armata, nè le BR le ho fondate io, io ho solo semplicemente condiviso quello che mi pareva giusto e morale fare in quel momento" dirà un dissociato a un processo per (con il "premio") ritornarsene tranquillamente a casa. (come l'8 settembre '43, "mica l'ho voluta e iniziata io la guerra")

LA MALFA il 6 novembre, chiede l'ingresso del PCI nel governo, mentre MORO anche se è ormai un ininfluente presidente della DC, continua gli incontri con BERLINGUER. Dall'America intanto si invita a "dimostrare fermezza e resistere alle tentazioni". Note di inviti, che si aggiungono alle aspre critiche dentro i parlamentari della DC, ma soprattutto negli ambienti cattolici più conservatori, che non perdonano a Moro questi passi verso gli odiati nemici "rossi". Lo si accusa di fare dei grossi e gravi danni alla Democrazia Cristiana e soprattutto alla Chiesa. "I fedeli che pensano di essere con lui sulla rotta di Cristo, poi di fatto si trovano sulla rotta di Marx" affermava il potente Cardinale Siri, quello che quando fu rapito Moro disse "Ha avuto quel che si meritava".

Inoltre non dimentichiamo che già il 17 luglio dello scorso anno, SCHMIDT aveva già anticipato in un vertice negli Stati Uniti, con Francia, Germania e Inghilterra, la sua ostilità a Moro. Il Cancelliere tedesco ha concordato con i rappresentanti dei quattro Paesi di non concedere più aiuti e prestiti all'Italia (teniamo a mente questo particolare, per il caso Kappler) nel caso si formi un governo appoggiato dai comunisti. (Da non impressionarsi però più di tanto; era pura propaganda americana.  Proprio Mitterand tranquillamente farà entrare quattro comunisti al governo e manderà a dire agli USA "la politica della Francia appartiene alla Francia e resta della Francia". Ma di Mitterand noi in Italia non ne avevamo, ma di debiti sì; e basta parlare di soldi e di aiuti dall'estero e molti si calano le braghe.

Pochi giorni dopo, in pieno agosto (il 15, mentre tutti sono al mare)  scoppia lo scandalo della fuga di KAPPLER. La storiella di "Ridolini" iniziò così, divertendo gli italiani sotto gli ombrelloni.
(vi rimandiamo al mese di agosto per i particolari).

Ma MORO non è il solo a ricevere dal suo partito dure critiche. Una netta disapprovazione arriva  a BERLINGUER dalla dirigenza sovietica, dopo il suo discorso nell'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre; discorso dove il segretario del PCI italiano ha ripetuto con più convinzione i contenuti già tracciati ed espressi nel "compromesso".
Disapprovazione anche da CRAXI che sollecita il segretario del PCI ad essere più "liberale". Mentre  forti critiche vengono da certi gruppi di comunisti molto insofferenti alle sue aperture. Gli si rimprovera oltre al revisionismo, l'appoggio palese che lui vorrebbe dare ad un governo tutto democristiano  alla cui guida c'è addirittura il capocorrente del gruppo più a destra della DC: ANDREOTTI.
Berlinguer è criticato anche dagli intellettuali francesi (fra cui Jean Paul Sartre e Michel Foucault) a cui si unisce Leonardo Sciascia con un intervento sulla Stampa); esprimono molte preoccupazioni e accusano il PCI d'essere la "nuova polizia (accuse simili apparvero poi in un comunicato delle BR al rapimento di Moro; più precisamente nel comunicato n. 3). Vedi poi nel '78 pagina COMUNICATI BR

21 GENNAIO - Nei due rami del Parlamento, la tanto discussa Legge sull'aborto, che sta lacerando  il Paese (ma lo afferma una minoranza)   é approvata alla Camera con 310 SI - 296 NO; mentre al Senato 156 sono favorevoli e 154 contrari. Ma la questione non viene per nulla risolta.

Il 4 MAGGIO si vorrebbe a Torino iniziare il processo agli uomini delle Brigate Rosse catturati e richiusi nelle carceri, ma nessuno é disposto a fare sia la difesa sia il giudice popolare. Hanno tutti paura per le minacce; che non sono per nulla vaghe, infatti, viene ucciso dalle BR il Presidente dell'ordine degli Avvocati che avrebbe dovuto designare i difensori d'ufficio dei 50 brigatisti. Si è ricorso poi al sorteggio, ma anche qui la defezione fu enorme. Si diedero malati, colpiti (scrissero i medici fiscali) da una defatigante "profonda depressione psichica".
I giornalisti sono sotto il mirino dei brigatisti per quello che scrivono o fanno vedere in Tv. Non accettano il dileggio, la morale e le paternali. Vogliono leggere sui giornali che sono eroi. Guai a sgarrare, un mattino una P38 potrebbe attendere la vittima sull'uscio di casa, come accadrà quest'anno a molti di loro: 11.

Prima iniziarono le minacce poi cominciò la vera e propria "mattanza". Il primo a cadere ucciso sotto i colpi è il vicedirettore della Stampa, CARLO CASALEGNO, un ex partigiano. E' un "salto di qualità", con lui hanno cominciato a mirare non alle gambe ma alla testa.
Il 3 GIUGNO (vedi)  era già stato gambizzato INDRO MONTANELLI. Stessa sorte al vicedirettore VITTORIO BRUNO del Secolo XIX . Preso di mira pure il direttore del Tg1 EMILIO ROSSI e perfino NINO FERRERO dell'Unità organo del PCI. Più avanti uccideranno al Corriere il giornalista Tobagi,  e GIORGIO BOCCA scappa in montagna dopo aver ricevuto il messaggio "e adesso tocca a te". Fuga inutile;  scampa perchè non è arrivato il suo turno,  ma sarà sconvolto quando scoprirà che i due brigatisti della "colonna" rivoluzionaria che hanno ucciso Tobagi, sono i due figli di due suoi colleghi giornalisti,  quindi amici di suo figlio, e uno di loro così amico che lo ospitava addirittura perfino in montagna, a La Salle,  proprio dove si era rifugiato per salvare la pelle.

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(in anticipo di anni: LA QUESTIONE MORALE")

14 GENNAIO - Se ad alcuni sembrò un grosso errore quello dell'autunno del '73 nel momento in cui BERLINGUER adottò il compromesso storico quale politica del proprio partito (con molti dissenzienti all'interno), l'intervento al Teatro Eliseo di Roma in questo 14 gennaio tolse ogni dubbio.
Il leader del maggior partito dell'opposizione proponendo nel suo discorso al Paese una politica di "austerity" e invitando ad appoggiare la lotta agli sprechi e a porre un freno al consumismo individuale esasperato,  sorprese un po' tutti.   Alcuni pensarono al plagio, altri che era sotto ipnosi DC, e se da una parte ha sconcertato tutti i comunisti italiani e non ha incontrato il favore della classe operaia, dei lavoratori e di molti militanti del partito, dall'altra fa diventare ancora più arroganti i suoi nemici-alleati, che ora si possono permettere il lusso di avere l'interlocutore delle masse a loro disposizione, a completo servizio per far mandare giù i peggiori rospi a una  buona metà dell'elettorato italiano della sinistra.

ANDREOTTI con il suo governo non sfiduciato da Berlinguer, meglio di Moro - benchè sua l'idea iniziale di questo strano connubio ("comunisti sì, ma sempre fuori dal governo")   sfoggiando  molto qualunquismo con quell'ironia che l'ha reso famoso, si potrà permettere di rimanere -fra una crisi e l'altra- sulla  poltrona per tre anni tenendo fuori dalla porta il maggior rappresentante della classe operaia. E pur molto abile e acuto nella politica estera (non meno di Fanfani) Andreotti è e rimarrà nei successivi anni sempre del tutto inadatto a qualsiasi forte azione di governo senza prima aver concordato con atteggiamenti prelateschi alcuni  provvedimenti molto spesso impopolari, con i comunisti prima, e con i socialisti dopo. "Accordi spesso poi violati" (lo scrive Berlinguer).
Un sistema quello di Andreotti basato sull’immobilità e sull’eternità del potere e su un molto italico, ma poco edificante "tirare a campare" che è una sua citazione, come lo è quell'altra più giustificante "io non sarò un granchè, ma in giro non vedo dei giganti"".

Non potrebbe fare diversamente. La Casa Bianca  costantemente in allarme con i progetti di Moro, continua ad affermare che l'ingresso dei comunisti al governo avrebbe intaccato le relazioni tra Washington e Roma, e ANDREOTTI non ha la stessa forza e la stessa dignità nazionalista di MITTERAND che dopo aver affermato che non avrebbe mai escluso dal governo la classe operaia del paese e un partito come il PCF, l'ha detto e l'ha anche fatto facendo entrare quattro comunisti nel gabinetto di Mautoy; e di fronte allo stesso veto americano ha risposto "La politica della Francia   appartiene alla Francia e resterà alla Francia!" Altra classe!

Andreotti fa invece nell'ombra dei corridoi i suoi giochi, le sue intese, i suoi patti, i più incredibili accordi, diventa  forte solo lì dentro; il segretario dei comunisti lo utilizza e poi lo scarica, come dirà Berlinguer nella stessa intervista che leggeremo sotto "poi ci fu un'inversione di tendenza e gli accordi con noi non furono più rispettati ma furono violati.  Credevamo che la Dc potesse davvero rinnovarsi e modificarsi, cambiare  metodi e politica, decidersi a porsi all'altezza dei problemi veri del paese. Non ho difficoltà a dire che abbiamo sbagliato".

BERLINGUER cade tuttavia nella trappola, è un igenuo. Al suo partito non verrà dato un solo sottosegretario, né ora né mai. Eppure a Roma in questo 14 gennaio, lui chiede agli italiani sacrifici, invita all' "austerita", parla di "nuovi modi di governare", cita "nuovi modelli di sviluppo", come se lui veramente contasse qualcosa nella "stanza dei bottoni", mentre  tutti quelli che ascoltano sono ben coscienti che tutte queste cose non le potrà certo fare con Andreotti, né tantomeno con la DC se lui - il capo di un partito di alcuni milioni di elettori che hanno mandato dei deputati alla Camera - continuerà a far uscire nei corridoi i suoi parlamentari per far passare i paradossali governi, detti della "non sfiducia".

Si ricrederà, e riconoscerà di aver sbagliato solo quando passati i  tre anni,  con una piega amara sulla bocca e nella voce, con un velo di rimpianto, rilascerà un intervista a Eugenio Scalfari il 28 luglio del 1981. Che vale la pena di anticipare per capire l'ambiente economico-politico che sta nascendo ora e sta cristallizzandosi non solo dentro la Dc ma anche radicalizzandosi dentro un altro partito, il PSI che CRAXI sta già pensando di far crescere molto in fretta passando all'alleanza con la destra democristiana - quella del "preambolo" - per accrescere il potere del suo partito nella spartizione e nella lottizzazione dello Stato.

"LA QUESTIONE MORALE" 
(Berlinguer nella famosa intervista a Scalfari)

BERLINGUER: "I partiti non fanno più politica! La si faceva nel '45, nel '48 e sin verso la fine degli anni Sessanta. Grandi dibattiti, scontri di idee ma illuminate da prospettive chiare, anche se diverse, e dal proposito di assicurare il bene comune. Che passione c'era allora, quanto entusiasmo, quante rabbie sacrosante! Soprattutto c'era lo sforzo di capire la realtà del Paese e di interpretarla. Oggi non è più così: i partiti hanno degenerato....I fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchina di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società, della gente; idee, ideali, programmi pochi o vaghi; sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contradditori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun apporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si é ormai conformata su questo modello, non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica è fatta di nomi e di luoghi. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal Governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la RaiTv, alcuni grandi giornali. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se é utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi."

SCALFARI: "Da far accapponare la pelle questa realtà; anche se é un quadro  in gran parte realistico. Ma come mai gli italiani sopportano e preferiscono questo stato di cose degradato all'ipotesi di vedere il PCI insediato al governo? Perchè non siete voi alla guida del paese?". 

BERLINGUER:  "Molti italiani si accorgono benissimo del mercinomio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro é sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (ottenuti attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più.  Una prova? Confronti il voto dei referendum e quello delle elezioni politiche e amministrative. Nel primo non comporta favori, non coinvolge i rapporti clientelari, non mette in gioco interessi privati. E' un voto libero  e fornisce l'immagine di un paese liberissimo e moderno. Nel secondo il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane. Guardi in Sicilia al referendum per l'aborto quasi il 70% ha votato a favore, eppure poche settimane dopo il 42 % ha votato DC".
"Sta di fatto che noi, per i nostri errori, nel '77 vedemmo indebolirsi il nostro rapporto con le masse nel corso dell'esperienza delle larghe maggioranze di solidarietà. Nel '79 rischiammo persino una sconfitta che poteva metterci in ginocchio. Durante i governi di unità nazionale noi avevamo perso il rapporto diretto e continuo con le masse. Ce ne siamo resi conto. Posso assicurare che un'esperienza del genere noi non la ripeteremo mai più".

Purtroppo disse queste cose solo nel 1981.

ECONOMIA e SOCIETA' - Sul fronte delle attività legislative, inizia così un triennio miserevole. La comprensione per quella "solidarietà nazionale", quell''utopistica idea berlingueriana non trova nessun riscontro nella nazione, anzi fa emergere fra i cittadini l'individualismo più sfrenato. Provvedimenti, leggi, misure, sono (con tanta demagogia) tutte orientate  all'austerità,  tutte partorite sempre con difficili trattative tra le parti (reciprocamente diffidenti - spesso violando accordi), fra l'altro condotte queste trattative  solo in particolari momenti di emergenza, e spesso sempre in ritardo rispetto alle intuitive scelte che invece la collettività ha già fatto.

Del resto con l'inflazione che sta correndo al 20 percento annuo, più nessuno crede a qualsiasi tipo di  provvedimento o a qualche  riforma improvvisata che possa sanare la situazione a breve termine. E neppure si vedono in giro uomini capaci di invertire certe tendenze. Il contenimento della spesa pubblica è ormai sfuggita di mano ai politici e alle istituzioni. Gli interessi iniziano a gravare sul bilancio e a portarsi via tutte quelle entrate racimolate in fretta e furia con altre tasse e altri aumenti o risparmiate con i provvedimenti d'austerità;  come la disincentivazione della scala mobile, il blocco delle liquidazioni, le riduzioni delle festività pagate ecc. (concordate con Berlinguer e con il sindacato di sinistra)

Inoltre le Regioni quest'anno raddoppieranno la loro dotazione finanziaria sottraendola agli investimenti produttivi.  Inizia  insomma tra i cittadini di ogni categoria, la legge della jungla, e  sta cominciando "una guerra" in cui ognuno ha preso i suoi personali provvedimenti  per combatterla. Scavando le proprie trincee: chi acquistando case e beni rifugio e chi  aprendo un'attività improvvisandosi venditore, artigiano, commerciante. Il lavoro "nero" e la vendita "in nero" attecchisce e allarga il suo regno con la complicità degli imprenditori.. Perfino dentro alcune aziende pubbliche: via gli anodini e i timorosi impiegati, e spazio a quelli che hanno la disinvoltura nell'operare, e  la spregiudicatezza nell'agire. (Chi scrive dopo dieci anni in una grande multinazionale, diventa manager di un'azienda pubblica cui occorre "questa spregiudicatezza", anche se i veri dirigenti non si espongono mai, stanno nell'ombra).
Il tutto però nell'anarchia assoluta, e spesso senza  osservare leggi, concessioni, autorizzazioni, norme, e infischiandosi dei controlli fiscali e sanitari (utili solo per far chiudere i concorrenti che non stanno al gioco).
  Il clientelismo dei "padrini" della politica locale conosce in questo triennio i  migliori anni. Con il prossimo poi toccherà il vertice, quando il controllo delle Unità Sanitarie passerà ai comuni, che, pur non avendo una lira in cassa, possono però ricorrere allegramente alle banche con il credito garantito dallo Stato (e qui il debito pubblico inizia a scavare le grandi voragini nei conti pubblici che erediteranno poi i figli e nipoti ben oltre il 2000).

Anarchia: ma come affermava Prezzolini nel suo Codice della vita italiana " Tutto il male dell'Italia viene dall'anarchia. Ma anche tutto il bene". Infatti, se la "barca" Italia seguita a navigare in questi anni bui della politica, il merito va agli italiani, all'individualismo dei singoli cittadini, e non alla classe politica abulica avvinghiata agli incarichi e sempre più spesso distaccata dalle responsabilità nazionali,  solo  attenta al "feudo" del proprio seggio elettorale, dove maggior tempo e impegno sono spesi  nei convegni di corrente, nel presiedere assemblee, organizzare incontri, fare gli organigramma dei dirigenti di una miriade di enti, giunte, amministrazioni locali.
("Apprezziamo la sua strategia commerciale, validissima, ma noi dobbiamo tenere presente le nostre realtà territoriali, è su queste che noi dobbiamo lavorare" - Esperienza personale dentro un'azienda pubblica)

Arturo Carlo Jemolo in una sua analisi (Anni di prova, 1969) lo aveva previsto: "Spappolamento della statualità", "Fine della sovranità interna", "Marcia a ritroso di uno stato moderno". Cioè la fine (tanto auspicata dagli idealisti) dello Stato centralizzato ma non la fine (tanto temuta da un manipolo di potenti) del potere centralizzato" (che in certi casi viene comodo e vi ricorre).  Buone le riforme sulle Regioni, ma demagogiche e formali. Sostanzialmente al lato pratico di fatto i poteri sono rimasti   e sono condizionati e gestiti dal "governo" centrale, politicamente, finanziariamente e amministrativamente.
Perfino la Corte costituzionale è intervenuta limitando le autonomie regionali (nessuna meraviglia - i costituzionalisti hanno l'imprinting del ventennio).
I vari rappresentanti locali (spesso opachi funzionari ex trombati, ex portaborse)  per ottenere qualcosa sono sempre costretti con il cappello in mano a recarsi nella capitale, più precisamente all'Ufficio regionale della Presidenza del consiglio, luogo dove, dopo il primo governo Andreotti, c'é una grossa novità: d'ora in avanti è nominato capo gabinetto del Presidente del Consiglio il ragioniere generale dello Stato. Questo significa che il premier non solo ha la supervisione di tutta la spesa pubblica ma anche di  come sono ripartiti e dove vanno a finire i soldi.
Significa una forte concentrazione di potere in un solo uomo, che diventa il monarca assoluto, esautorando o svuotando di potere tutti gli altri uomini dei vari dicasteri.

Ed ecco quindi a Roma  nascere quella (vitale - altro che "patto sociale") necessità tra maggioranza e opposizione di promuovere "incontri", redigere mozioni, fare"compromessi" per  poter dirottare ognuno nella propria regione, fette di risorse, finanziamenti, denari pubblici, e crearsi i propri faccendieri locali che li gestiscono  con l'ormai collaudato sistema clientelare (che Berlinguer ha confermato sopra - purtroppo dimenticandosi di dire -però- che in alcune regioni "rosse" il "sistema" non era poi molto diverso).

A Roma, per non intralciarsi reciprocamente (e in alcune regioni e città con maggioranze esigue esistono certi ostacoli), i maggiori rappresentanti dei partiti e delle correnti decidono loro come fare le giunte. E se in alcune province, comuni e regioni  le giunte che si insediano sono delle vere e proprie eresie ideologiche, in altre, questi connubi ipocriti e opportunistici non lo sono affatto, anzi sono fonte di benessere per molti: per il territorio, per la popolazione e per i tanti faccendieri in ascesa che vanno a insediarsi in una miriade di enti locali e a creare   quell'autogoverno selvaggio chiamato del "doppio stato" o "democrazia consociativa" nel quale fino a quando fa comodo, i funzionari che vi operano, sono immuni da controlli  in certi determinati territori che sono personali "riserve di caccia".

Può accadere che un  manager onesto (apolitico) dentro  un azienda pubblica scopra  una contabilità in nero e alcuni intrallazzi ai vertici. Nel denunciarla al partito d'opposizione (unica garanzia che possa fare esplodere lo scandalo e correre ai ripari) è indubbiamente convinto di trovare appoggi per una denuncia pubblica. Invece non accade nulla. La sua denuncia, la sua circostanziata documentazione, pur ritenuta preziosa per una destituzione, è messa nel cassetto, in attesa di tirarla fuori in future contrattazioni sulle varie poltrone come arma di ricatto.
Questa é la "democrazia consociativa"! E il fatto appena esposto non è una favola ma un'esperienza vissuta dall'autore che scrive. Una delle tante che accadevano in Italia proprio in questo triennio di buia politica consociativa; del "compromesso". "Io non parlerò dei tuoi loschi affari, ma in cambio voglio quella "poltrona" in quell'ente, in quell'assessorato, in quella banca, in quell'azienda".

a1977g.jpg (23909 byte)Il "compromesso storico"
finì in questa mattina"
del 17 febbraio 1977

2 FEBBRAIO - I primi incidenti, già a inizio mese, quando gruppi di Autonomia operaia assaltano la sede missina del Fronte della gioventù di Roma, dando inizio a una guerriglia con le forze di polizia.   I giorni che seguono, ci sono da parte di Autonomia occupazioni all' Università, si formano dei collettivi,  ma fortemente contestati  dagli "indiani metropolitani" (nuovi pittoreschi gruppi comparsi a Bologna quest'anno - che mirano soprattutto a conservare il proprio benessere e il loro modo di vivere nella propria "riserva". La chiamano "ala creativa" per la "ricomposizione di classe sul territorio"). Seguono piccoli incidenti ogni giorno, che si susseguono fino ad arrivare al....

17 FEBBRAIO - ...quando LAMA, il segretario della CGIL (che anche lui ha concordato con il governo e gli imprenditori la sterilizzazione della scala mobile) ha l'infelice idea di celebrare un congresso e di tenere un comizio all'Università di Roma. Un errore politico, anche se le intenzioni del segretario erano senza dubbio le migliori:  isolare le frange estreme violente ed equivoche   di' "Autonomia", ed aprire loro sbocchi politici, l'alleanza del sindacato.
Ha invece scatenato gravi incidenti tra gli "autonomi" e i "comunisti". Alla fine viene scritta una pagina amara della sinistra. Anche se le violenze non erano state previste né dai comunisti né dal movimento sindacale.

Questa la cronaca di La Repubblica " L'ama o non Lama non Lama nessuno",
("La Repubblica", 19 febbraio 1977)
"Le otto del mattino, sotto un cielo plumbeo e le prime gocce di pioggia, gli schieramenti nell'Universitá erano giá formati, anche se la tensione era ancora minima. Nel piazzale della Minerva il servizio d'ordine del sindacato e del Pci con i cartellini rossi appuntati sul bavero della giacca, qualche giovane della Fgci, molte persone un po' attempate, due o tre tute blu, presidiava la piazza del comizio. Armati di pennelli e vernice sindacalisti e comunisti cancellavano le scritte degli "indiani metropolitani" (l'ala "creativa" del movimento composta essenzialmente da militanti dei circoli del proletariato giovanile) Prima fra tutte una a caratteri cubitali accanto ai cancelli principali dell'ateneo: "I Lama stanno nel Tibet ". Gli "indiani" dal canto loro non restavano a guardare. Su una scala di quelle da biblioteca (con le ruote e un palchetto con ringhiere) avevano piazzato un fantoccio a grandezza naturale in polistirolo che doveva rappresentare il leader dei sindacati. Circondato da palloncini portava appesi tanti grandi cuori. C'era scritto: "L'ama o non Lama". "Non Lama nessuno" e altri giochi di parole del genere. I sindacalisti e il servizio d'ordine del Pci erano perplessi, qualcuno sorrideva bonariamente: "Sono goliardi, non bisogna farci caso" Qualcun altro invece giá alla vista del fantoccio si era innervosito: "É una provocazione inammissibile, Lama é un leader dei lavoratori". Il clima intanto si andava surriscaldando. Intorno al "carroccio degli indiani" (ma c'erano dietro anche tutti gli altri collettivi, i militanti dei gruppi e un paio di rappresentanti del Fuori), il servizio d'ordine del Pci aveva steso un cordone sanitario che ritagliava una larga fetta della piazza. La gente cominciava ad affluire, erano circa le 9 del mattino, e gli indiani pigiavano sul pedale dell'ironia e del sarcasmo, anche pesante. "Piú lavoro, meno salario", "Andreotti é rosso, Fanfani lo sará", "Lama é mio e lo gestisco io", "Il capitalismo non ha nazione, l'internazionalismo é la produzione", "Piú baracche, meno case", "É ora, é ora, miseria a chi lavora", "Potere padronale", "Ti prego Lama non andare via, vogliamo ancora tanta polizia", erano gli slogan piú scanditi (...) Luciano Lama é entrato nell'Universitá con una grande puntualitá. Circondato da una decina di tute blu, che lo rendevano quasi invisibile, é passato rapido tra la folla nel viale che porta a piazza della Minerva, ha attraversato la piazza nel varco lasciato libero dai servizi d'ordine ed é arrivato al palco, un camion parcheggiato diagonalmente nello spiazzo fra le aiuole della facoltá di Legge e il rettorato. Dagli altoparlanti le note delle solite marce da comizio non riuscivano a soffocare gli slogan ironici degli "indiani". Il clima a quel momento era arrivato quasi al punto di rottura. Le contraddizioni fra due mondi completamente diversi ed estranei, quello dei sindacati e dell'ortodossia comunista e quello della creativitá obbligatoria, non avevano trovato neanche un punto di incontro, neanche un modo di evitare insulti reciproci. Erano ormai due blocchi contrapposti e nemici: la pentola in ebollizione da un paio d'ore era ormai sul punto di scoppiare. (...) . Alle 10 del mattino Lama ha iniziato il suo comizio mentre crescevano le proteste, gli slogan si facevano piú violenti. "Il Corriere della Sera ha scritto che saremmo venuti qui con i carri armati, si é sbagliato, noi siamo qui ... ".
Dal carroccio degli indiani a questo punto sono partiti dei palloncini: pieni di acqua colorata e vernice. Nel servizio d'ordine del Pci c'é stato un attimo di sbandamento. Qualcuno deve aver pensato che si trattasse di qualcosa di pericoloso, molti si sono infuriati quando la vernice é piovuta sulla testa della gente. É partita allora una carica per espugnare il carroccio degli indiani. Travolta "l'ala creativa" del movimento, il servizio d'ordine del Pci, che ormai aveva raggiunto il fantoccio di Lama, é entrato in contatto con l'ala "militante". Sono volati pugni, schiaffi, calci, poi il carroccio é tornato in mano agli occupanti dell'Universitá che lo hanno usato come ariete per controcaricare. A questo punto uno dei capi del servizio d'ordine della federazione romana del Pci ha usato un estintore contro i militanti dei collettivi. La nuvola bianca di schiuma é stata il segnale di partenza della rissa piú selvaggia. Mentre Luciano Lama continuava il suo discorso al centro della piazza, fra i due schieramenti ormai era un continuo avanzare e arretrare a pugni e botte. Poi dal fondo, verso la facoltá di Lettere, contro il servizio d'ordine del Pci, sono volate patate, pezzi di legno e qualche pezzo d'asfalto. Lama ha concluso il suo discorso alle 10,30, mentre nella piazza in tumulto molti fuggivano, molti, soprattutto sindacalisti, restavano a guardare attoniti, alcuni cercavano disperati di dividere i contendenti, qualcuno giá piangeva urlando. "Basta, basta, non ci si picchia fra compagni". Dopo Lama saliva sul palco Vettraino, della Camera del lavoro di Roma. "Compagni" ha tuonato, "la manifestazione é sciolta. Non accettiamo provocazioni". L'ultima parola é stata quasi un segnale. Un'ultima carica violentissima ha spazzato via il servizio d'ordine del Pci e dei sindacati che ha protetto il deflusso dei suoi militanti. Il camion é stato capovolto, distrutto, poi si sono scatenate le risse. (...) (CARLO RIVOLTA "La Repubblica", 19 febbraio 1977)

E ancora:

Febbraio 1977. LAMA all'Universitá. - "Lascia che ti dica. Sei stato mal consigliato".(Rossana Rossanda).
..... Lama si presentó con due altoparlanti da 10000 watt. La sventura cresceva nella piazza mentre si diffondeva la sua voce. Assordante, incomprensibile. Il vero messaggio erano quegli altoparlanti che controllavano e plasmavano irrimediabilmente le proporzioni e la forma di quell'incontro. Mostrandosi con una comunicazione unidirezionale, Lama rivela la sua vera natura, perché le ragioni profonde di quel movimento toccavano proprio la piú generale questione del potere che si presentava ormai, col passaggio dalla societá industriale alla societá informatica, sempre piú come questione della comunicazione. Dunque autonomia del movimento significava, prima di tutto, comunicazione bidirezionale ed immediata, cioé rapporti non mediati dai partiti o da altre istituzioni, comunicazione spontanea, esplosiva, orizzontale, senza ritegno. ....)
.....Il potere si presentava sempre piú come sistema di comunicazione unidirezionale, verticale, centrico, che seleziona omologa gerarchizza i messaggi. Interrompere questo flusso diventava sempre piú la condizione essenziale di esistenza di un movimento, la piú preziosa.
.... Lama invece non conosceva che la grazia di chi sa ascoltare, i saggi-maturi-consapevoli della prima societá.
.....Quel giorno gli apparve la differenza tra quella grazia e questa degli indiani metropolitani, fatta di volontá di comunicare, di ironia, di fragilitá, di presenza instabile - quindici giorni prima non esistevano  ...)
.....Lama scopriva che in questa loro diffidenza assoluta a confondersi con un potere a cui delegarsi, in questa instabilitá, in questa dispersione imminente, in questa loro inoperositá, si fondava la sua rovina. In questo dunque stava la loro forza, che neanche la nuova sinistra era stata capace di immaginare.
..... Che dire di un ceto politico che risolve una situazione come questa a bastonate? Eppure fu quello che avvenne. Il servizio d'ordine di Lama, diretto da Paolo Ciofi della Federazione romana del PCI, attaccó gli indiani improvvisamente, ferendone moltissimi. Furono trasportati nella facoltá di lettere e scomparvero lasciando una scia di sangue sulla scalinata. Non ritornarono mai. C'é da meditare su questa sparizione.
.....Subito dopo, da quella facoltá dove erano scomparsi gli indiani, apparvero molti passamontagna assai piú motivati del servizio d'ordine del PCI, che fu fatto sgomberare in pochi minuti.
..... Il compromesso storico finí quella mattina, nel momento in cui il PCI si riveló incapace di mantenere l'unico vero impegno che importasse alla DC, quello di assicurare il consenso e la pace sociale. Inutilmente si cercherá di salvarlo adoperando la palindroma teoria delle due societá, che si prestava al tentativo di convincere la DC che il PCI doveva considerarsi impegnato a garantire solo il consenso della prima societá, e che in questo senso aveva mantenuto gli impegni. Quello stesso pomeriggio la mano passó ai blindati di Cossiga, che occupó l'universitá e pote' dire al PCI: i miei uomini li hanno fatti scappare come lepri.
..... Ebbe fine cosí la breve esistenza degli indiani metropolitani. Ma in dieci anni, cambiando aspetto, sono tornati mille volte.

Fin dalle 8 del mattino, autonomisti e indiani presidiavano Piazzale Minerva per il servizio d'ordine (!). Ma  ognuno inalberava  cartelli provocatori.  Alla sommità di un'alta scala da biblioteca con le ruote, un grande goliardico fantoccio di Lama con scritte irriverenti troneggiava e girava in lungo e in largo la piazza accompagnato dallo scandire di "sa-cri-fi-ci, sa-cri-fi-ci". Ce l'avevano con il governo, ma soprattutto con il partito dell'astensione, il PCI, che ha incoronato addirittura ANDREOTTI con un suo uomo: il Presidente della Camera INGRAO.

Il "carroccio", le scritte, il ritmo ossessivo degli slogan ironici, sarcastici, molto pesanti, più che    provocazioni sono una dichiarazione di guerra  e i comunisti non hanno resistito. Alle 9,30 la rissa furibonda era già cominciata. Viene distrutto il palco di Lama, gli "indiani" si asserragliano nell'Università e il rettore (Antonio Ruberti, per tre volte poi ministro PSI nei governi di Andreotti)  chiede nel pomeriggio l'intervento della polizia. Così tutto poi degenera, in scontri, devastazioni e risse, con molti feriti all'esterno e all'interno delle facoltà. Una giornata amara per tutti.
LAMA è infuriato, sollecita manifestazioni di solidarietà ai suoi alleati CISL e UIL, ma l'appoggio non viene. La contrapposizione, gli scontri, l'atteggiamento, va  molto al di là dell'episodio: rimette in discussione una strategia, obbliga ad un ripensamento e ad un'autocritica tutti i protagonisti di questa amara vicenda: gli studenti, il sindacato, il partito comunista.

Purtroppo  nessuno trasse una lezione da questa giornata: la prima di una lunga serie che non conoscerà momenti di sosta, ed è il primo segnale e l'inizio di un nuovo periodo drammatico.

Miriam Mafai, su questo stesso giornale che abbiamo visto sopra, riporta l'intervista al ministro degli Interni COSSIGA sulle nuove norme emanate immediatamente dal governo contro la criminalità politica: "Fronteggeremo meglio la situazione di teppismo e di guerriglia: rischiano di diventare vere e proprie forme di conflitto armato. Il nostro Paese non può essere trasformato in un Far West. Chi gira con le armi deve andare semplicemente in galera e rimanerci". In questa  intervista Cossiga coniò un termine che ebbe poi fortuna: "Sappiano questi signori che non permetteremo che l'università diventi un covo di "indiani" metropolitani, freaks, hippies….". Da allora si chiamarono così.

Alla fine del mese di febbraio il movimento sul piano nazionale é ormai esteso e ramificato anche nei piccoli centri di provincia. Moltissime sono le scuole medie superiori in stato di occupazione o di agitazione permanente dove si tentano forme di "autogestione" cioè di sperimentazione di uno studio collettivo sulle tematiche del movimento. A Roma i fascisti sparano ancora davanti a una scuola ferendo due studenti. A Torino, in risposta ai fatti di Roma, un corteo del movimento attacca e incendia alcune sedi fasciste, nella polemica che ne segue con i militanti del Pci scoppiano risse e scontri. A Padova tutto l'ateneo é bloccato. A Perugia vengono occupate le facoltá umanistiche. Il 5 marzo c'é la manifestazione per Panzieri, un compagno che la sera prima era stato condannato a nove anni di galera per concorso morale nella morte di un fascista.

Il '77  sta   iniziando e porterà nelle pagine dei giornali le più devastanti, raccapriccianti, drammatiche e sanguinarie fasi del terrorismo. Ma soprattutto cronache di fatti sconcertanti, tutti avvolti da misteri, che forse un giorno non saranno più tali; ma dovremo attendere l'estinzione di tutti i protagonisti. Chi veramente sa non parla, altri non dicono le cose giuste, mentre parlano molti e sono quelli che sanno molto poco.  I documenti importanti ci sono in giro, solo che sono stati fatti sparire, e qualche volta anche le persone che li detenevano.

Forse un giorno usciranno delle "liste" dall'Est, e scopriremo che paradossalmente non venivano appoggiati o finanziati "centri occulti" "rossi", ma "solo"   "penne" e "politici" "bianchi".
Scopriremo forse così che c'erano dei "traditori" nella maggioranza di governo e anche fra gli insospettabili addetti all'informazione in mano ai "poteri forti". La strategia del KGB, era molto semplice:
Appoggiare i "rossi" si correva il rischio di  compromettere il PCI italiano se scoperti. Infiltrarsi nei "bianchi"  invece si avevano in mano due armi infallibili: le informazioni direttamente dall'interno e il ricatto. (e gente disponibile a fare il doppio gioco c'era, o per soldi o per una ideologia nascosta, mai rivelata).
I russi sembrava  volessero dire: "Attenzione, possiamo rivelare che in mezzo a voi ci sono dei nostri". E la strana fine politica di qualche politico fu dovuta forse proprio a questa diabolica e infallibile strategia.

Teniamo bene a mente la frase di GUI, detta a gennaio quando fu il primo ad essere sacrificato dai franchi tiratori:  "mi hanno giustiziato; ma quando si incominciano a compiere esecuzioni politiche, si sa come si comincia ma non si sa come si finisce".

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11 marzo incidenti a Bologna

3 - 10  MARZO - SCANDALO LOCKHEED - Le due camere riunite sono chiamate a deliberare sull'incriminazione di GUI e TANASSI per lo scandalo Loekheed. Il 10, dopo sette giorni molto sofferti, ritenendo gli indizi sufficienti, parlamentari e senatori votano  il rinvio a giudizio dei due ex ministri dinanzi alla Corte costituzionale per corruzione aggravata  ai danni dello Stato
(non era mai accaduto in passato)

Sette giorni di tensioni, poi nell'aula in un silenzio tombale alla fine dell'ultima giornata convulsa, viene letto da INGRAO il verdetto: LUIGI GUI, 487 voti a favore per il rinvio a giudizio, 451 contrari. L'ex ministro si alza dal suo banco ed esce in un agghiacciante silenzio, con nessuno, nemmeno uno del suo partito a confortarlo, come se avesse addosso la "lebbra". Dirà poi ai cronisti: "Mi hanno giustiziato, ha prevalso la volontà del PCI. I comunisti  sono stati assecondati per motivi opportunistici, di calcolo o di paura. Quando in un Paese si sovrappone la politica alla giustizia, si incominciano a compiere esecuzioni politiche, si sa come si comincia ma non si sa come si finisce. Quando un mondo vuole purificarsi   (da quando  mondo é mondo) si comincia sempre così, con il sacrifico degli innocenti"

TANASSI (del PSDI, poi PSU, poi PSI, poi ancora PSU) - nemmeno lui è privo di "amici" franchi tiratori) era invece assente dall'aula; per lui 513 voti per il rinvio a giudizio, 425 contrari. Commenterà  anche lui "Si è votato secondo gli schemi dei partiti. Quando il PSI non ha ritenuto opportuno al suo interno di sottoscrivere  il mio rinvio a giudizio, c'é stata una sollevazione generale". Anche lui è stato spinto al "sacrificio", ad immolarsi sul "patibolo".

Sono stati inutili gli accorati appelli del giorno prima di MORO, che nonostante tanta amarezza (questa l'abbiamo riportata e letta e ascoltata lo scorso anno durante la sua sofferta elezione a presidente della DC) fa un discorso duro, tutto difensivo sugli uomini incriminati, dove  c'è la presunzione della piena innocenza, o c'è solo la fierezza "di un politico" della vecchia DC, oppure la pretesa di conservare quella sorta di area di impunità totale con le solite e solide profonde radici trentennali.
"Per tante ragioni, colleghi che ci avete preannunciato il processo sulle piazze, vi diciamo che NOI... non ci faremo processare.... e non sottovalutate la grande forza dell'opinione pubblica...che da più di tre decenni, trova nella DC la sua espressione e la sua difesa"
Dice "NOI", ma Moro é solo!

Un discorso duro, e se nella Dc  il condannato é Gui, lo sconfitto é soprattutto Moro nella "versione forte" ma  inutile, che molti suoi colleghi (più realisti) dicono perfino sbagliata perchè negli ultimi tempi la DC non ha più la forza di imporre il suo gioco col suo sistema di rapporti e di alleanze come avveniva in passato. Mentre Andreotti ha invece bisogno di ossigeno senza star a guardare di che colore è. - DE MITA non ha dubbi sul  fallimento di Moro "La questione era politica, e quindi  doveva essere gestita diversamente, e non irrigidirsi". Infatti,   Moro ha fatto gravare sul Parlamento il peso di pressioni vicine al ricatto prospettando grosse "turbative" al quadro politico se non si fossero portati a salvamento i suoi ministri.

Insomma la difesa di Moro "noi siamo tutti innocenti" ha rovesciato clamorosamente proprio quel "pregiudizio politico" che fino ad allora, proprio lui, era andato attribuendo agli altri. Un clamoroso errore proprio nel momento  in cui c'erano richieste di solidarietà che, per le occasioni e i modi che le avevano suggerite, diventavano sempre più appelli alla convivenza se non addirittura alla pragmatica complicità.

Infatti, l'arringa fiera di Moro non ha nemmeno impressionato l'interessato ANDREOTTI che sta guidando il governo della "non sfiducia". Quando MORO finito il duro discorso esce dall'aula, nei corridoi, con il volto ancora serio e cupo, Andreotti lo saluta appena, passandogli davanti.

Del resto, colleghi, amici e avversari di Moro sono tutti d'accordo nel negare ripercussioni sul quadro politico. GALLONI (vice segretario della DC) è lapidario "Mi spiace per GUI, ma non ne facciamo conseguire un cambiamento politico". Gli fa eco PAIETTA del PCI:  "Non pensiamo che il voto abbia turbato il quadro politico. Il Parlamento ha risposto alle attese del Paese al di là di tutte le voci di baratti e di intrighi" (Ma non erano solo voci! Lo scrivevano i giornalisti e gli intellettuali comunisti alla luce del sole, anche sullo stesso organo del PCI, per non parlare del Manifesto). Ma bastano queste due frasi di Galloni e di Paietta, a voto concluso, per spazzare via le paventate "turbative" e i "foschi scenari" prospettati dal pessimista Moro.

MAGRI e la CASTELLINA (PDUP gruppo Manifesto) sono poco soddisfatti, "Questa sarebbe l'occasione a perseverare"   "Questo é il primo passo: Bisogna andare avanti. La corruzione non è dei singoli, ma del regime DC". - PANNELLA è invece abbastanza entusiasta "Prima vittoria politica  e morale del Parlamento contro il regime DC". - PERTINI va ripetendo e borbottando fino alla noia "E' stato un atto di civiltà". - ANDERLINI (sinistra indipendente): "La classe politica non é fatta di omertà. L'arroganza é stata punita". Ma sono solo gli entusiasmi di un mattino.

Sembra infatti, tutto idilliaco. Ma non é affatto così. ANDREOTTI deve assorbire il  giudizio pronunciato in aula con il voto, ma anche abilmente far dimenticare a BERLINGUER che lo sta appoggiando, il discorso "minaccioso" di MORO.
Non averlo applaudito Moro, ed evitando di complimentarsi o di commentare il suo sfogo, è già un criptico segnale per far decantare le passioni e le ostilità, e nello stesso tempo per evitare pericoli più gravi. Come quello di essere presi dal panico, credere allo sfascio preannunciato da Moro e arroccarsi immediatamente a destra. Questa sarebbe una pericolosa sfida ai comunisti   che l'abile ANDREOTTI (il famoso governo Tambroni di 17 anni fa, lui non l'ha dimenticato) sa che non rende e porterebbe solo a una crisi. Punta dunque all'equilibrio, affiancato dai suoi più stretti collaboratori che vanno ripetendo quello che é il suo pensiero: ironico, serafico, rassicurante, che "Le crisi di governo si aprono sui problemi reali del paese, e (minimizza) non per queste cose". Poi lo rassicura ancora di più DE MITA "L'atteggiamento dei comunisti mi pare sereno, senza iattanza". (La Repubblica, prima pagina, 11 marzo, 1997). (Figuriamoci i militanti comunisti che leggono, "ma che cos'è questa roba?  un inciucio?"). 

L'unico inviso ora é MORO, che nelle vesti di Cassandra in aula ha fallito in pieno, sia da una parte della staccionata e sia dall'altra. Come abbiamo visto, nessuno  ha dato importanza alle sue parole. Dopo l'errore di aver accettato lo scorso anno la umiliante presidenza, ora deve accettare anche quest'altra  umiliazione: non una voce, non un rigo di approvazione sulla sua filippica, tutti hanno preso le distanze, e paradossalmente, lui che aveva sempre espresso la vigorosa esigenza di un contatto con le correnti di sinistra, ora gli auspicati incontri avvengono senza di lui e  stanno costruendo la base del  successo politico dei suoi colleghi, fino a ieri sulle sue idee e scelte, sempre ostracisti.

MORO aveva dimenticato troppo in fretta il 1969 quando lui aveva inaugurato la "strategia dell'attenzione" nei confronti del PCI e gli altri su quella base costruirono poi il loro successo congressuale, scippandogli l'idea. Ripete il grave errore in questa circostanza: e dopo aver inaugurato lui il "compromesso" ora l'uomo é diventato un grosso ingombro e sta per essere messo da parte, perchè chiamato a gestire il compromesso sarà ANDREOTTI.
Il prossimo anno farà il terzo, il suo ultimo e il più fatale errore:  s'inventa la "maggioranza programmatica" col PCI; ma lui  al varo, non sarà solo assente, ma sarà già morto politicamente e poche settimane dopo morto anche fisicamente, assassinato.

Questo terzo errore era l'entrata dei comunisti nel governo. Con  lui già in pectore presidente della Repubblica (con il PCI schierato in suo favore)  la prospettiva (ormai certa) di sette anni di "riconoscenza" alle forze di sinistra a qualcuno non piaceva proprio.
Dopo le due precedenti strade senza sbocco, alla terza s'era cacciato in un vicolo cieco. Nella prima ('69) dentro la DC passò all'opposizione;  nella seconda (lo scorso anno, in marzo - salvo andarsene a casa finito per sempre) accetta  una presidenza con i voti di supponenti ex amici; infine nella terza e ultima strada non esisteva il minimo spazio per qualsiasi alternativa. Era un ingombro, molto pericoloso, una vera "bomba" vagante in mezzo a tutta la politica italiana.

E se nelle prime due strade ci fu molto imbarazzo nel farlo passare, nella terza, ci fu la paura, perfino il terrore della sua "...rotta verso Marx portandosi dietro i fedeli di Cristo".( Card. Siri, alla morte di Moro)

11 MARZO - A un giorno dall'autorizzazione a procedere contro i due potenti uomini di governo, la situazione all'esterno è caotica. Ci sono i non soddisfatti che vorrebbero incriminare  altri uomini della DC e auspicano un rinsavimento di Berlinguer. Ci sono i felici che hanno visto finalmente impallidire la DC dopo trent'anni. E ci sono quelli che invece ritengono il processo tutta una farsa.
Tutti costoro si ritrovano a fare manifestazione e contromanifestazione in ogni parte d'Italia.  Contro il governo Andreotti, scontrandosi con quelli che lo appoggiano. Dopo Roma, gli scontri più violenti avvengono a Bologna con le stesse caratteristiche. (leggi prima pagina sopra in apertura). Tensione altissima fra i ("sporchi rossi") militanti di Autonomia e i ("sporchi fascisti") militanti di  Comunione e Liberazione. Provocazioni in entrambe le parti come  a Roma, con slogan e scritte (quelli sopra tra virgolette) e  nervi saltati, e poi scontri tra i due schieramenti, serragliamenti, occupazione dell'Università con il rettore che sollecita l'intervento della polizia appoggiato dai ciellini. Ed è guerra vera. Il centro della città  è sconvolto dalla guerriglia. Distrutta la libreria di CL, assalto al commissariato; sparatorie, lacrimogeni, raffiche di mitra, fino a quando cade fulminato da una pallottola FRANCO LORUSSO,  fin dal 1972 nelle file di LC, molto conosciuto a Bologna. La città vive attimi di tensione altissima per tutta la notte dopo che in Tv, é comparso con la solita calma, ANDREOTTI. Commentando il drammatico accaduto ha un'uscita poco felice: "Invito i giovani a una reazione morale. Quanto é accaduto é normale e fatale, dato lo stato in cui versa l'università".
Ci mancavano queste due parole per mobilitare la piazza.

I compagni della federazione provinciale   di LC , chiamano a raccolta tutta Italia.  Ricordano il loro compagno sul giornale (su quello sopra, in apertura) e scrivono: "La reazione ci sarà, domani,  a Roma, a Firenze, a Torino, a Milano. E alla Polizia di COSSIGA e al governo di ANDREOTTI, i giovani, i compagni di Lorusso, gli antifascisti, gli operai, si ribellano con energia (e concludono parafrasando Moro. Ndr) I conti (i processi ) si faranno proprio sulle piazze, oggi e nei prossimi giorni".

12 MARZO - Da tutto il centro Italia i militanti di LC si concentrano a Roma per una grande manifestazione. Al mattino ci sono già centinaia di migliaia di partecipanti.  La situazione diventa incandescente quando COSSIGA (appellandosi all'ordine pubblico) non autorizza la manifestazione e impedisce il corteo programmato da Piazza Esedra a Piazza del Popolo. Nel frattempo si sono organizzati gli "altri" a dare il "benvenuto".  Lasciati tutti allo sbando nelle vie della capitale, è guerra; distruggono negozi, assaltano sedi di commissariati, con zuffe, cariche, risse e scontri fino a sera; per fortuna senza gravi incidenti..
A TORINO va peggio. Nello stesso giorno viene assassinato un brigadiere. GIUSEPPE CIOTTA. Il 22 tocca a un altro agente di PS a Roma, assassinato dai nappisti: CLAUDIO GRAZIOSI.

30 MARZO - LA SCALA MOBILE - (I punti di Contingenza) - BERLINGUER e i sindacati sono stati  convinti dal governo! (plagiati dicono alcuni).  Il provvedimento a cui hanno acconsentito é quello di "sterilizzare" la "scala mobile". Togliere cioè alcuni prodotti che rientravano normalmente nella spesa quotidiana di un lavoratore e lasciare quelli che pochissimi invece acquistavano. Il "paniere" era piuttosto anacronistico: comprendeva ancora il carbone che nemmeno più si trovava, o le   sigarette Nazionali che  si vendevano a un prezzo (politico) irrisorio (per non far salire la scala mobile) ma che nessuno poi trovava perchè limitatamente prodotte. Se una tabaccheria faceva la richiesta settimanale di 1000 stecche ne mandavano 5, e dopo un 'ora erano finite. (questi "trucchi" a Forcella, a Napoli,  li fanno meglio, perfino con più eleganza).
Nella sterilizzazione la legge di mercato non era stata presa in nessuna considerazione, infatti, i prodotti inseriti o non c'erano o non aumentavano perchè erano proprio quelli che le famiglie normalmente non acquistavano più, di conseguenza la domanda non c'era e quindi il prezzo non saliva, e la scala mobile non si muoveva. Mentre quelli che in effetti veramente si consumavano, e fra questi quelli diventati quasi necessari (si pensi ai detersivi - ignorati  con 6 milioni di lavatrici -  al loro posto figurava il sapone da bucato!) si lasciarono al mercato libero, con aumenti costanti del 20/25% annuo (che correvano in parallelo all'inflazione o calcando la mano si adeguavano alla forte domanda)

Il meccanismo  "turlupinatore" era, che se i prodotti  del paniere subivano un aumento di prezzo sul mercato, il totale della percentuale con un particolare coefficiente determinava un punto di contingenza che tradotto in moneta andava a compensare l'aumento del costo della vita. In pratica assorbiva l'inflazione. Ma "sterilizzato" il "paniere", il provvedimento fu una presa in giro dei lavoratori. Nel vedere poi l'accordo siglato anche dal capo della classe operaia e dai sindacati, ci fu delusione e amarezza, e non desta meraviglia se sta iniziando ora l'indebolimento di quel   rapporto diretto e continuo che negli ultimi anni invece si era formato e consolidato sia nei confronti del PCI sia negli stessi sindacati.

Sono errori che pagherà BERLINGUER (abbiamo letto la sua amarezza e le sue ammissioni nel 1981 che abbiamo anticipato già in questo gennaio), e pagheranno i SINDACATI, quando la loro rappresentatività entrerà in crisi nella famosa "marcia dei 40.000" dei quadri intermedi a Torino, concludendo un decennio di lotte operaie. Anni in cui i sindacati di cose pregevoli ne fecero, ma gli errori furono tanti, e simili a quelli dei governi: errori di verticismo, di burocratismo, di opportunismo, distacco dal reale, politicizzazione sempre più marcata che andranno sempre di più a indebolire il rapporto con le masse nel corso di quelle utopistiche esperienze berlingueriane con i governi delle larghe maggioranza di solidarietà.

Il Paese nel corso di questi tre anni, nel vuoto di potere, aveva imparato a camminare da solo, lo abbiamo già evidenziato, e nell''80 prese l'iniziativa di scrollarsi di dosso le concertazioni (i compromessi senza la partecipazione della base, neppure con il voto - le giunte che nascono sono per alcuni veri pugni nello stomaco) e infine troviamo - sempre agli inizi degli anni Ottanta - l'imprenditoria a riprendersi il management delle imprese.

5 APRILE - E' rapito a Napoli il politico GUIDO DE MARTINO, figlio dell'ex segretario del PSI FRANCESCO. E' un nuovo capitolo, il più oscuro della strategia della tensione. Chi da anni gioca la carta dell'eversione, stavolta ha puntato grosso portando con inaudita audacia l'attacco direttamente al cuore delle istituzioni. Per la prima volta, nel dopoguerra, é stato rapito un esponente in vista della classe politica. Il figlio di uno dei capi storici del socialismo italiano. Un clamoroso atto d'intimidazione nei confronti di tutta la classe politica italiana.

La pista degli inquirenti porta ai Nuclei armati proletari. Del resto il rapimento è stato rivendicato dal "Gruppo Combattente" di Sesto S.Giovanni,  con telefonate a redazioni e agenzie di stampa, ma a Roma il Messaggero, ha invece ricevuto una smentita dai NAP "I veri nappisti siamo noi, e non c'entriamo nel sequestro, anzi stiamo anche noi dando la caccia ai fascisti che hanno sequestrato il compagno De Martino".
In un minaccioso messaggio alla TV, la cui lettura  è stata imposta "pena l'incolumità"  dell'uomo politico,  si dettano le condizioni per il rilascio.
Le notizie  sono confuse e spesso contraddittorie sulla reale identità del gruppo terroristico. Alcuni credono ai comunicati di Milano, altri a quelli dei Nap di Roma, tali da ritenere che il sequestro non sia effettivamente opera dei Nap ma da un gruppo di desperados del "terrorismo nero".
CRAXI interviene "Non capisco, qual'è il significato, che cosa nasconde e perchè è stato perpetrato".
Si svolgono comunque convulse e difficili trattative segrete con i sequestratori che chiedono un riscatto di un miliardo. Dopo dieci giorni, il 15 aprile, De Martino   verrà rilasciato. La verità non verrà mai fuori.
Ma l'episodio segna la definitiva uscita di scena di FRANCESCO DE MARTINO, l'unico   possibile rivale di ALDO MORO alla presidenza della Repubblica. Padre della costituente, alla Camera  fin dalla prima legislatura,  eletto Presidente del consiglio cinque volte.

21 APRILE - Un'altra sanguinosa esplosione di criminale violenza politica. Un agente è assassinato all'Università di Roma dopo violenti scontri; una vera guerriglia, seguita all'occupazione dell'ateneo e al successivo sgombero. Centinaia di bombe molotov, bombe a mano Srcm e pistole "P.38" fanno la loro  comparsa nelle trincee attorno alle vie dell'Università. Violenta quella in via De Lollis. Infine il dramma.  La vittima, il poliziotto SETTIMIO PASSAMONTI, è stata raggiunto al cuore da due proiettili di una "P 38", feriti altri cinque militari, uno gravemente, oltre a una giornalista americana gambizzata, Patrizia Bermier.
Grave la situazione anche negli altri atenei. A Milano un commando assalta l'Università Bocconi ("siamo comunisti, tutti a terra") e con un ordigno esplosivo devastano il centro meccanografico dell'ateneo.  Tensione a Firenze: sono sequestrati cinque professori, costretti a promuovere immediatamente 90 studenti. Tensione a Bologna dove circa duemila studenti assediano la sala ex Borsa per un meeting: all'arrivo della notizia dell'agente ucciso a Roma da un gruppo di autonomi si sono levati applausi e la tensione é diventata incandescente con insulti, risse e pestaggi da ogni parte

La reazione degli ambienti politici non é mancata neppure stavolta. Vivaci scontri in Parlamento fra democristiani e comunisti, ma nelle stanze del potere é continuato imperterrito il balletto degli abboccamenti, degli incontri, delle telefonate.  - Si fanno dichiarazione di circostanza, tutti i partiti condannano, ma  gli ultimi fatti stanno spostando in avanti i termini di un chiarimento politico, un freno all'ulteriore corso  delle trattative fra i partiti.
Mentre molti italiani si stanno chiedendo "ma lo Stato dov'è?"

28 APRILE - A Torino   giorni e giorni di tensione dentro il Tribunale (trasformato in un fortino di guerra, comprese le strade circostanti presidiate da imponenti forze di polizia e l'impiego dell'esercito). Luogo dove si dovrebbe iniziare il processo nei confronti delle Brigate Rosse. 22 detenuti 28 a piede libero. Una forte defezione degli avvocati  che hanno rinunciato al mandato difesa/accusa, ha assegnato il difficile compito di preparare un collegio al presidente degli ordini degli avvocati  designando d'uffico i legali. E'  FULVIO CROCE. L' effetto intimidatorio rivolto a lui, ai poteri dello Stato e alle forze politiche ha il suo primo epilogo. Nella mattina di questo 28 aprile i killer lo uccidono. Un avvertimento per tutti gli altri, in blocco.

4  MAGGIO - A TORINO, LO SGOMENTO DELLA VIOLENZA - "La legge e i principi stessi della  convivenza civile hanno subito nella giornata di ieri un'altra sconfitta. S'infittiscono i segni di sgretolamento dello Stato.
A Torino, il maggior processo indetto finora contro i brigatisti rossi è finito prima di cominciare: dopo la fuga in massa dei giurati, la Corte ha constatato l'impossibilità di costituire il collegio giudicante e rinviato il dibattito a nuovo ruolo....Miopi calcoli, negligenze, paura danno spazio crescente all'illegalità" (Firma CARLO CASALEGNO, su La Stampa - Ed entra nel mirino; il 17 novembre le BR  uccidono anche lui).

Cos'è accaduto a Torino? Dopo le minacce ai difensori d'ufficio e l'uccisione del presidente dell'ordine degli avvocati, le intimidazioni sono arrivate ai giudici necessari per formare la giuria. Quattro di loro non si sono presentati accusando "sindrome depressive", e uno dei quattro, una donna, entrando in aula è svenuta.
Nello stesso giorno a Milano la clamorosa evasione della "banda Vallanzasca" a   san Vittore con l'assalto al carcere di un commando. CASALEGNO nel suo articolo citato sopra, Due scandali, fa il processo allo Stato, mettendo il dito sulla piaga, indicando l'inquietante fallimento di fronte alla peggiore delinquenza comune e politica. Firma la sua condanna. Insomma è una bocca che verrà messa a tacere per sempre. La fine riservata a chi aveva il coraggio di scrivere quello che gli altri tacevano in una complice omertà.

5 MAGGIO - E' il mese degli incontri. Per la prima volta, dopo trent'anni cadono le barriere della incomunicabilità tra chi rappresenta buona parte delle masse dei lavoratori - i comunisti - sempre esclusi e discriminati dalle decisioni del governo, e i partiti della maggioranza. Soprattutto quello democristiano che ha detenuto il potere, ha sempre preso le decisioni nei vari programmi di governo e ha sempre ignorato con delle ostinate, bigotte e fanatiche pregiudiziali il PCI, che rappresenta non dimentichiamolo quasi la   metà dell'elettorato italiano. Quindi non una democrazia ma un regime che ha dominato tre decenni, ha bloccato in una palude il sistema politico, non ha permesso alcun ricambio della classe dirigente, alcuna alternativa di metodi e di programmi.

Siamo però ora nelle difficoltà; e la strada indicata da MORO, per ANDREOTTI ora è una necessità. Flessibilità nella ricerca di soluzioni con le consultazioni  (ci saranno per  mesi) nelle quali l'obiettivo primario è un accordo programmatico, tanto caro a Berlinguer ma molto utile ad Andreotti, che il 4 luglio dopo una serie di trattative con la firma dei sei partiti della "non sfiducia", conclude l'accordo per un comune programma (con molti provvedimenti impopolari)  e lui può continuare a presiedere il suo governo monocolore. Inutile dirlo che la politica italiana è al centro dell'attenzione di tutti gli altri Paesi. La formula sembra inaudita. Un Parlamento che approva le leggi con i voti delle astensioni che superano i voti favorevoli.

A darsi da fare c'è anche ora il PSI, che fino all'avvento di CRAXI (lo abbiamo letto negli scorsi anni) è stato dalla stessa DC un partito spesso emarginato, e paradossalmente stando con loro al governo nemmeno interpellato su importanti questioni legislative di notevole importanza per il Paese. Ma il PSI nuovo, non ha una linea ancora precisa. Il periodo De Martino è ormai passato, e Craxi ha colto alcune esigenze nuove che affiorano nel paese. (In Francia stanno accadendo le stesse cose, ma contrariamente all'Italia, Mitterand sta diventando forte mettendo insieme   socialisti e comunisti e premierà quest'ultimi mandandone  quattro  al governo).

Ma Craxi è ancora ambiguo verso il PCI e la DC. In questo '77 si è impegnato a rimuovere le pregiudiziali della DC contro i comunisti, facendo sperare molto Berlinguer, a quella possibilità di ricambio, cioè a una reale alternativa e anche a un'alternanza.  Nel '78 i socialisti ripeterono l'impegno, ma al primo veto della DC, l'accettarono come un dato immutabile. Nell'80 poi, addirittura  capovolsero la loro linea e, da una timida richiesta di far cadere le pregiudiziali anticomuniste, passarono all'alleanza con la destra democristiana, quella del "preambolo".
 
Dirà Berlinguer: "Cioè della  più ottusa discriminazione contro di noi e della divisione del movimento operaio. I socialisti pensano di crescere più in fretta al riparo di quella linea.....In modi non sempre chiari, ma comunque percettibili,  mandano segnali a strati di borghesia e anche alta borghesia. Sono legittimi, questi segnali, devono essere anche loro difesi e rappresentati in questo periodo di stanchezza verso la DC e desiderio diffuso di cambiamento. Basti che il PSI non diventi forte grazie alla nostra esclusione. Se useranno poi questa loro posizione solo per accrescere il potere del loro partito nella spartizione e nella lottizzazione dello Stato. E allora la situazione italiana non può che degradare sempre più".

12 MAGGIO - Dopo una pacifica manifestazione indetta dal Partito Radicale nell'anniversario della battaglia per il divorzio, la giornata odierna si è trasformata in una giornata di lutto dopo l'esplosione di una cieca violenza che ha trasformato Piazza Navona e Campo de' Fiori in un campo di battaglia. Violenza che il Messaggero attribuisce al brutale atteggiamento tenuto dalle forze di polizia  incaricate di impedire lo svolgimento della manifestazione.
Ma COSSIGA dopo gli ultimi fatti, il 21 aprile, con motivazioni di ordine pubblico, e per evitare che gruppi estremistici (teppistici e fanatici dell'eversione) di ogni colore si infiltrassero nelle manifestazioni creando provocazioni e incidenti, aveva vietato ogni   tipo di manifestazione pubblica.

I radicali  protestano e rispondono mobilitandosi  con un sit-in Piazza Navona. La polizia  invita a sgomberare creando le prime insofferenze. MARCO PANNELLA chiede alla Camera di intervenire per evitare il peggio. E il peggio arriva: a Piazza Navona si sono inseriti gruppi  autonomi, provocatori di ogni colore, creando una vera e propria guerriglia. Macchine incendiate, scontri, cariche, lanci di lacrimogeni, pestaggi  a quanti si trovavano nelle vicinanze, compresi deputati, giornalisti e fotografi. Poi vaganti colpi di arma da fuoco colpiscono  sette dimostranti e infine a Ponte Garibaldi   raggiunta all'addome da una pallottola si accascia colpita a morte una ragazza di 19 anni, GIORGIANA MASI.

Altri giornali commentano: "Il 12 si doveva celebrare l'immagine nuova e confortante di un'Italia libera da antiche paure e da tristi soggezioni, matura nella sua coscienza...data importante, anzi fondamentale nella storia della  nostra democrazia..un giorno dal quale muovere... guardare avanti....   Con profonda amarezza registriamo i fatti di oggi. Contro la ragione" (Giuseppe Columba).

14 MAGGIO - Dentro i gruppi eversivi è predicata l"espropriazione", "la spesa proletaria",   nello stile della banda tedesca BAADER-MEINHOF, cioè terrorizzare e assalire i negozi, soprattutto i supermercati, poi entrare, prendere, non pagare, uscire minacciando con la P.38. A Milano in una di queste teppistiche incursioni, un poliziotto, ANTONIO CUSTRA, reagisce, difende la proprietà privata e i cittadini, la legalità di un paese civile, ma paga caro questo attaccamento al dovere, viene abbattuto a colpi di pistola perché ha osato a loro sbarrare il passo. ( si sono portati via e hanno cosi espopriato caviale e champagne !!! Una spesa proletaria!!)

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