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ARATTA
LA CITTA' BRUCIATA DAI SUMERI

(una citta forse più antica di quella sumerica)


Nel poema Enmerkar e il signore di Aratta realizzato nel III millennio a.C si racconta un episodio di 5000 anni fa con protagonista Enmerkar di Uruk che la lista reale sumerica indica come secondo sovrano della prima dinastia di quella città.
In tale poema il re invoca la dea Inanna per sottomettere Aratta poiché egli si riconosce davanti agli dei l’artefice di numerosi santuari e templi.

Enmerkar inviò dunque un messaggero col compito di avvertire il signore di Aratta che la sua città sarebbe stata saccheggiata e distrutta se lui stesso e il suo popolo non avrebbero consegnato l’oro e l’argento richiesto.
In una parte di questo poema Enki addirittura maledice Aratta .

Nel poema sta anche scritto che il re di Uruk dopo reiterati tentativi richiese che il signore di Aratta accumulasse per Henan oro argento e pietre preziose.
Mario Liverani ha proposto di localizzare la misteriosa Aratta nel grande centro proto urbano Sciar in Sokta una possibile città stato della cultura Yirost originatasi sull’altopiano iranico tra il III IV millennio a.C.

Il territorio in cui si sviluppò la "cultura Yirost" era chiamato anche via dei lapislazzuli “poiché era qui che passavano le carovane con le pietre preziose provenienti dall’attuale Afganistan prima di raggiungere Mesopotamia ed Egitto.
Quella che viene definita ( la città bruciata chiamata così a causa di tre terribili incendi che la distrussero si sviluppò all’inizio del IV millennio a.C. finendo per essere completamente abbandonata all’inizio del II millennio a.C.

Il poema “Enmerkar e Lugalbanda deve essere considerato una continuazione dell’altro che abbiamo citato dal momento che in tale poema si racconta della sede di Aratta da parte dei soldati di Uruk guidati da Lugalbanda .
Egli alla fine riuscirà a conquistare la città grazie all’intervento della dea Inanna invocata con riti propiziatori da Enmerkar .

In questo poema gioca un ruolo importante anche la magia dal momento che a favore di Uruk interviene una vecchia e potente maga che coi suoi sortilegi riesce a sconfiggere il mago di Aratta. Per inciso il condottiero Lugalbanda è protagonista di altri poemi in cui sono raccontate le sue imprese sempre e comunque riguardanti la ribellione di Aratta.

D’altra parte anche i poemi dedicati a Dumuzi e Gilgamesh raccontano le campagne militari contro la città ribelle.
Se in questi racconti poetici ci fosse qualcosa di vero il dio Enki avrebbe maledetto la città di Aratta.

Questa civiltà orientale che potrebbe essere più antica di quella sumerica fu scoperta solo nel 2001 quando l’alluvione del fiume Halil Roud portò in superficie parte del corredo funebre appartenuto in origine a una sepoltura .
La cultura di Jiroft comprendente anche il centro chiamato Sciar-i-Sokhta che potrebbe essere stata la mitica Aratta si sviluppò infatti sullo stesso altipiano a partire dal IV millennio a.C.

Le ceramiche ritrovate nei siti della cultura Jiroft sono databili dalla metà del III millennio in poi. Marta Maurizio mette in evidenza tra l’altro che vasellame verosimilmente originario della zona del Halil Roud è stato trovato in Mesopotamia e in Siria segno che Jiroft e i siti vicini erano grandi centri produttivi ma anche importanti nodi di scambio tra est e ovest.

Piotr Stein Keller ha ipotizzato che il sito archeologico di Jiroft ( da cui prende nome la civiltà in questione) nei pressi del fiume Halil Roud sia da identificare con la mitica città di Marhasi. Il nome di Marasi che ricorre in un paio di testi sumerici indicava un paese che poteva trovarsi sull’altipiano dell’Iran nella provincia di Kerman ai confini col Pakistan e a ridosso dei territori in cui si estendeva Herman. Nel terzo millennio a.C. Marhasi deteneva il monopolio di lapislazzuli oro e colorite.

Agli studiosi sembra evidente che è necessario collegare Marhasi alla civiltà di Jiroft.
Stein Keller ha individuato sull’altopiano iranico altre due cittadine di più modeste dimensioni ma le campagne di scavo che si sono susseguite hanno permesso di trovare almeno 700 siti archeologici appartenenti alla stessa cultura in un area di 400 chilometri quadrati.
Anche in un altro sito archeologico sono stati ritrovati interessanti reperti archeologici da collegare chiaramente all’antica Marhasi.

Massimo Vidale che ha partecipato a recenti campagne di scavo archeologico sull’altopiano iranico ha affermato che è venuto alla luce una civiltà complessa pari o per certi versi superiore a quella sumerica per dimensioni urbanistiche per aspetto monumentale e la raffinatezza delle tecniche artistiche.
Tali dati di fatto costringono gli studiosi a gettare uno sguardo nuovo sulla formazione delle civiltà tra il III e il IV millennio. In un reportage pubblicato sulla Repubblica del 2007 la giornalista Vanna Vannuccini fornisce ulteriori dettagli sullo scavo di maraschi e lo fa con le parole di Massino Vidale: ”cominciammo a scavare da due collinette distanti l’una dall’altra 1400 metri, In quella nord è venuta fuori una piattaforma gigantesca a gradoni uno ziggurat con una base di 300 metri per 300 e un’altezza di 17 metri.

L’intera superficie dell’altra collinetta 200 metri per 300 si è rivelata una struttura monumentale circondata da mura larghe 10 metri .
Ad est della cittadella trovammo un’altra piattaforma larga 24 metri che era il quartiere dei lavoratori del metallo . Siamo difronte a una città ben strutturata con la cittadella amministrativa il tempio di quartieri residenziali e i luoghi di lavoro.”
Interessanti sono anche le ricerche di Luca Peyronel un vero e proprio luminare in materia poiché ha diretto scavi archeologici e progetti di ricerca in Turchia Siria ed Iran. Egli ha focalizzato la sua attenzione soprattutto su economia antica artigianato con merci e interazioni culturali del Mediterraneo orientale e dell’Asia occidentale durante l’Età del Bronzo.

Secondo Peyronel in Iran Afganistan e Pakistan vi era una lunga e importante tradizione della lavorazione del lapislazzulo e di altre pietre presenti sia localmente che importate. In alcuni siti sono stati ritrovati importanti laboratori artigianali specializzati nella lavorazione dei lapislazzuli e di altre pietre tali rinvenimenti archeologici ci danno la possibilità di ricostruire il complesso processo di lavorazione di tali pietre che nel III millennio a.C. ebbe un forte sviluppo tecnologico.

Lo studioso ritiene comunque che i lapislazzuli lavorati nei laboratori di Marhasi fossero destinati essenzialmente al consumo interno diversamente da quelli di Tepe Hissar destinati anche all’esportazione verso la Mesopotamia eventualmente al seguito di altri prodotti finiti come i vasi di clorite di Marhasi. Numerosi vasi di clorite e frammenti sono stati ritrovati in contesti funerari e templi del III millennio a.C. presenti in diversi tipi della Mesopotamia e a Susa . Tali vasi venivano prodotti a Marhasi .

La loro consistente presenza a Tarut può significare o che l’isola importasse tali vasi direttamente da Marhasi per poi inviarli almeno in parte in Mesopotamia oppure che tali vasi venissero spediti da Marhasi e da qui inviati a Tarut e poi in Mesopotamia.

Alcuni studiosi hanno suggerito che Marhasi debba essere identificata proprio con ARATTA poiché solo tra la fine del terzo e inizio 2 millennio a.C. sui testi accadici comincia a essere menzionato il paese di Marhasi .
Tale paese nei testi accadici in questione ha le stesse caratteristiche con cui si designava Aratta un nome d’origine sumerica che a quell’epoca era evidentemente già scomparso.

Prof. Giovanni Pellegrino