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Prof. Giovanni Pellegrino

Nei millenni precedenti (7-8) un antica popolazione riuscì a costruire nel Sahara orientale elaborate strutture perfettamente allineate con il sole e alcune stelle (
ci ricordano un po' Stonenghe - in Inghilterra - che è del 3100 a.C.)

Stiamo parlando dei misteriosi costruttori di NABTA PLAYA una località della Nubia situata quasi sul tropico del Cancro a un centinaio di chilometri da Abu Simbel. A Nabta Playa l’archeologo Fred Wendorf ha portato alla luce centinaia di focolari pozzi di acqua in profondità ceramiche ossa di animali e resti di capanne.

Mentre l'’astrofisico Kim Malville a sua volta ha determinato gli allineamenti di alcuni megaliti in direzione nord sud e del sorgere del sole all’orizzonte.
Un circolo di pietre permetteva all’osservatore di guardare verso est il giorno del solstizio d’estate di 7-8000 anni fa.
A sua volta l’astrofisico Brody spinge oltre ipotizzando che le linee di megaliti siano correlate con almeno sei stelle importanti della costellazione di Orione cosi come dovevano apparire nel 6270 a.C.

Nabta Playa era allora un grande centro cerimoniale nel quale già nell' 8000 anni convergevano i gruppi provenienti da piccoli accampamenti stagionali alfine di registrare gli eventi astronomici di quei megaliti che servivano anche per stabilire l’arrivo delle piogge . Dobbiamo dire che a quel tempo era un Sahara ben diverso da quello di oggi .

I modelli paleoclimatici dimostrano che il Sahara di ca. 10.000 anni fa era un ambiente favorevole all’insediamento umano. Inoltre fino al V millennio a.C. è attestata la produzione di latticini che conferma ancora una volta che la domesticazione del bestiame avvenne almeno dall’inizio del VI millennio a.C
.
Altri studiosi ritengono che in precedenza sotto l’influenza della grande glaciazione che coprì la maggior parte dell’emisfero settentrionale il livello del mare diminuì e le coste del Sahara occidentale si trovarono 110 metri sotto il livello attuale del mare. Il ritorno a un clima temperato fu relativamente rapido.
la Corrente del Golfo che riscalda il nord Atlantico si rimette in moto e il mare ritrova il suo ruolo di grande macchina della pioggia. Il deserto ne è il beneficiario principale . Esso prende a poco a poco l’aspetto di una vasta savana e per migliaia di anni fra l’8000 e il 2000 prima della nostra era va incontro al suo periodo d’oro.

In tale periodo laghi e paludi occupano anche vasti territori e le rive dei grandi fiumi sono impraticabili per via delle piene annuali che possono raggiungere i 5 o 6 metri. In quel periodo storico gli spostamenti della popolazione tra il Sahara centrale e la valle del Nilo non presentano difficoltà.
Risulta interessante constatare che in quel tempo lontanissimo gli allineamenti di Nabta Playa potevano anche essere sommersi dal livello dell’acqua di un antichissimo lago che si andava formando durante la stagione delle piogge.

Tuttavia la cosa più importante da evidenziare è che le conoscenze astronomiche del Neolitico in quelle che sono ora territori desertici suscitano una grande meraviglia .
Ma tali conoscenze astronomiche suscitano anche più di un problema nella cronologia accettata dagli studiosi oggi.

Dobbiamo anche dire che la situazione climatica subì un radicale cambiamento. Infatti dal VI millennio a.C. si verificò un progressivo e costante inaridimento di Nabta Playa.
Tale inaridimento determinò costanti e continui migrazioni di gente nomadi verso nord in direzione del delta del Nilo.
La maggior parte degli studiosi ritiene che il sito era occupato probabilmente solo nella stagione estiva tra il 9.000 a.C. e il 2.800 a.C. (che andò così a creare la popolazoione egiziana)

Inoltre con tutta probabilità a Nabta Playa si verificavano delle parentesi di abbandoni e ritorni, tra il 5.500 a.C. e il 4.500 a.C.
Il ritorno a Nabta Playa prima del definitivo abbandono è caratterizzato da un importante evoluzione nel sistema e nell’organizzazione sociale degli occupanti. A Nabta Playa era senza dubbio presente il culto del bestiame divinizzato come dimostrano alcuni ritrovamenti effettuati dagli archeologici.

A Nabta Playa un tumulo di pietra del diametro di 8 metri conteneva i resti completi di una mucca sepolta in una camera scavata nel pavimento. Nella stessa zona sono stati rinvenuti altri 7 tumuli di pietra contenenti resti di bestiame senza camere sotterranee con le ossa tra le pietre . Risulta importante mettere in evidenza che non sono stati invece ritrovati resti umani. Ma un pezzo di legno della copertura ha permesso di effettuare una datazione al radiocarbonio.

Tale datazione ha permesso di stabilire una data precisa intorno al 4470 a.C.
Con tutta probabilità questa è la data di un ultimo rito propiziatorio effettuato prima del totale abbandono del centro cerimoniale di Nabta Playa.

Il culto del bestiame divinizzato era destinato a progredire altrove. Le popolazioni nomadi di Nabta Playa di origine sannitica raggiunsero la parte collinare della Valle del Nilo quello che poi chiameremo Alto Egitto in un arco temporale in cui il Sahara centrale aveva l’aspetto di una savana.
Ma le rive dei grandi fiumi continuavano a essere impraticabili per le piene annuali .
In tali periodi il delta del Nilo (di circa 6-700 km.) con le piogge si trasformava in una enorme palude e i canali che si formavano, usati per le irrigazione non potevano essere utilizzati.

Cionostante le migrazioni verso il delta del Nilo divennero sempre più frequenti nel VI millennio a. C. in conseguenza dell’inaridimento di Nabta Playa che fu definitivamente abbandonata nel 2800 a.C.

L’egittologo Micael Braz afferma :” A Nabta Playa nel deserto occidentale c’è la prova della domesticazione del bestiame nel Neolitico Medio . Questo ha portato dei cambiamenti socio economici all’interno delle comunità del deserto che si riflettono nei tumuli di bestiame e nelle costruzioni megalitiche .
I tumuli del bestiame sono indicativi del culto il sito nel suo complesso mostra la prova di una comunità con una maggiore complessità sociale rispetto a quelli contemporanei nella valle del Nilo.

Il contatto prolungato con i pastori del deserto ha portato alla prima società socialmente complessa la cultura di Badari che ha introdotto nuovi elementi vale a dire la proprietà e la sepoltura del bestiame domestico la pastorizia divenne sempre più diffusa nell’economia della Valle del Nilo con associazioni religiose evolute fra la dea mucca e il re.
Braz si riferisce evidentemente al culto della divinità femminile con l’aspetto di mucca praticato a Nabta Playa testimoniata dai culti di pietra contenenti resti di bestiame.

Questa misteriosa gente proveniente dall’Africa più profonda è forse la stessa che dipinse gli anfratti di Las Geel e poi diede origine alle popolazioni di Kush verso la fine del IV millennio a.C.
Lo stesso gruppo etnico che infine contribuì a fondare l’antico Regno di Egitto che tutti conosciamo e le straordinarie piramidi di Cheope Chefren e Micerino dai nomi dei tre faraoni del III millennio a.C. che secondo le affermazioni dell’archeologia classica le fecero costruire come dimore per l’aldilà.

Stando alle attuali conoscenze la storia dell’Egitto inizia nel 3100 a.C. quando il re Menes riunì sotto il suo dominio le terre dell’Alto Medio e Basso Egitto.

Ma non possiamo però passare sotto i silenzi il contenuto del "Papiro di Torino" che parla di ben nove dinastie precedenti Menez.
Come pure non si può non parlare della Pietra di Palermo secondo la quale le dinastie precedenti furono addirittura centoventi .
Infine va fatto anche un accenno al successivo storico MANETONE e al suo elenco di dinastie che si perde nella notte dei tempi.

Prof. Giovanni Pellegrino

 


UNA NOTA DI STORIOLOGIA:

 


In bilico fra mito e storia sono le cronache più antiche. Ma quelle di Manetone sembrano molto più esatte. Lui era un noto sacerdote. Visse intorno al IV secolo a.C. ed era nato in una città del Delta. Svolse il suo servizio sacerdotale a Heliopolis in un tempio del dio Ra. Lui era una vera autorità per tutto ciò che riguardava i cultI, soprattutto quelli di Serapis. Suoi mecenati i sovrani Tolemei. Nè dobbiamo dimenticare che proprio a Heliopolis si trovava la biblioteca più fornita del mondo antico, quella che conservava tutto il patrimonio culturale dell’Egitto. Dove Manetone, poiché insigne sacerdote, vi aveva sicuramente accesso. Nel fare le sue "“Storia d’Egitto” (tre tomi, redatti in greco, la lingua erudita più diffusa all’epoca") gli valsero l’appellativo di “Padre della Storia”. Ma continua ancora oggi ad essere una fonte di primaria importanza per cercare di far luce sulla nascita delle dinastie egizie. Nel "Canone di Torino" nelle liste di Manetone appaiono dei e semidei predinastici. Ma la durata dei regni di dei e semidei presenta datazioni incredibil e un periodo di 37.000 anni. Ma poi dopo - Manetone diventa preciso - e lui inizia ufficialmente il periodo dinastico introdotto dal sovrano Meni/Menes
.
Quando ERODOTO di Alicarnasso (ca.485-425 a.C.) volle scrivere le "sue Storie", Manetone protestò contro le sue inesattezze. È ovvio che in questa diatriba la sua voce rivestiva una maggiore autorità. Lui del resto era nato in seno alla tradizione nilota, e - come abbiamo appena detto sopra - poteva leggere gli scritti dei sacerdoti che l'avevano preceduto. Ma leggeva anche i testi nella antica lingua geroglifica. Lui del resto aveva accesso diretto a questi documenti sacerdotali dei templi. Lo storico Giuseppe Flavio affermava:
“Manetone ha scritto in greco una storia della sua patria, traducendola, come precisa egli stesso, dagli antichi annali dei sacerdoti.
E a ragione contesta Erodoto, che accusa di inesattezze e d’ignoranza e di aver commesso molti errori nella storia d’Egitto”, E un po' aveva ragione.
Lo conferma anche egittologo Walter Emery:
“Tra tutte le fonti classiche Erodoto è affidabile solo in parte, perché egli si basava troppo solo sui semplici racconti che gli riferivano le guide durante i suoi viaggi in Egitto. E sembrerebbe che non abbia nemmeno provato a controllare il valore storico di quelle informazioni". Dunque Manetone aveva anche ragione di protestare. Lui usava il termine greco “dynasteia” che voleva dire letteralmente “potere governativo” e non aveva nulla a che fare con il significato di famiglia che gli attribuiamo oggi.