UN'ARTE TUTTA ITALIANA
CHE QUALCHE VOLTA PORTA ALLA DITTATURA

LOGICA E FUNZIONE DEL "TRASFORMISMO"
( o un preludio verso il partito unico ? )

A un certo punto, entra nel vocabolario politico italiano una nuova scandalistica parola, destinata a suscitare echi profondi, e relativa a un nuovo costume di vita parlamentare : « Il Trasformismo » : parola allusiva a vituperevole metodo, a obbrobriosa trovata, e soprattutto alle arti di un uomo di governo, del vinattier di Stradella, di AGOSTINO DEPRETIS. E certo, le polemiche accesesi attorno a questa parola, le accuse irate, le deboli difese, e la stessa pratica costituiscono una pagina assai caratteristica della storia del Parlamento italiano. Che cosa fu, quando nacque, il « Trasformismo »•?
Fu, ufficialmente la tattica di un Presidente dei Ministri, il quale stimò utile associare a sé, nell'opera di governo, gli uomini rappresentativi dei diversi settori disarticolandoli dai rispettivi gruppi, "trasformandoli", e quindi liquidando in pratica la dialettica dei partiti. Da qui ire, stupefazione, vituperio che accompagneranno con alte grida il funerale del gran "corruttore", spentosi nel 1887.


NOTA: Dalla caduta della Destra alla morte del Depretis si ebbero le seguenti successioni di Ministeri

1° Ministero Depretis (I) dal 25 marzo 1876 al 25 dicembre 1877
2° . . . . » . . . . » . . . . . .(II) dal 26 dicembre 1877 al 23 marzo 1878.
3° . . . . » . . . . Cairoli (I) dal 26 marzo 1878 al 18 dicembre 1878.
4° . . . . » . . . . Depretis (III) dal 19 dicembre 1878 al 13 luglio 1879.
5° . . . . » . . . . Cairoli (II) dal 14 luglio 1879 al 21 marzo 1880.
6° . . . . » . . . . » (III) . . dal 25 maggio 1880 al 20 maggio 1881.
70 . . . . » . . . . Depretis (IV) dal 30 marzo 1884 al 18 maggio 1885.
8° . . . . » . . . . » (V) . . dal 2,5 maggio 1883 al 30 marzo 1884.
9° . . . . » . . . . » (IV) . . dal 30 marzo 1884 al maggio 1885.
10° . . . . » . . . . » (VII) . . dal 18 maggio 1885 all'8 febbraio 1887
11° . . . . » . . . . » (VIII) . . dal 20 marzo 1887 al 29 luglio 1887.


La pratica trasformista appare attuata nella XV Legislatura (1882-1886) (1), ma poiché il Ministro Depretis era salito al potere con la Sinistra, nel '76, é a quest'epoca che il Trasformismo può considerarsi iniziato, allorché, cioé, attorno al Governo si costituisce un nucleo di centro, mercé l'afflusso di uomini moderati dagli estremi settori opposti di Destra e Sinistra (2). E poiché il metodo si protrasse anche oltre il Depretis, e solo con l'ascesa di Giolitti (25 maggio 1892) può dirsi abbandonato, é con quest'anno che se ne può segnar la fine : talché é oltre un buon decennio di vita parlamentare che viene assorbito dalle vivaci polemiche.

Ora come si determinò questo orientamento di uomini diversi verso il potere centrale? Fu spontaneo o artificioso? Si trattò di una trovata del Depretis, o di un impulso di taluni settori del Parlamento ?
A rispolverare, oggi, le vecchie polemiche, si ricava che varie spiegazioni furon date. Secondo taluni, fu la Destra a rinunziare alla sua linea, a piegare verso il Depretis. Secondo altri fu il Depretis a rinunciare al suo sinistrismo, a inclinare verso Destra. Vi fu poi chi sostenne non avere avuto, il Depretis, un programma preciso, né di Destra né di Sinistra. Occorre dunque considerare attentamente i fatti, sorvegliare tutti i movimenti dei settori. Senza dubbio, un'iniziativa del Depretis vi fu. Le intenzioni di lui appaiono già indirettamente enunciate nel discorso del 28 marzo 1876 alla Camera, allorché il nuovo Presidente oppone al vecchio principio "l Governo è un partito" il concetto che "un partito non è il Governo" (3) e avvertendo di tenere il Governo per la fiducia del Re e in nome dell'intera Nazione, manifesta l'intenzione di governare nell'interesse di tutti, talché sollecita il concorso cordiale dei collaboratori dell'Amministrazione, qualunque « sia la parte politica cui appartengono».
(1) E. Socci,
Da giornalista a Deputato (1878-1901), Pitigliano, 1901, p. 158: « La XV Legislatura ha una storia delle più importanti negli annali parlamentari. Fu in essa che nacque e si affermò il Trasformismo».
(2) ALDO FERRARI,
Fatti e figure della Terza Italia, III, Il Trasformismo. (1881-92). Estr. della « Nuova Riv. Stor.» a. XII, fase. VI, Milano, Soc. Ed. D. Alighieri, 1928. - IL MOLISANO, Il parlamentarismo in Italia, Campobasso, Jamiceli, 1887, pp. 48-9: « Il 9 genn. 1878 una grave ed irreparabile sciagura ci colpisce; muore il nostro Re, e s'inizia il Trasformismo... « Nell'ottobre del 1876 il Trasformismo (secondo periodo della nostra politica) s'inizia di nome, fa capolino, e nel 1878 si afferma con fatti; si apre la via della corruttela e della dittatura... ».
(3) « Fu già detto che il Governo è un partito. Noi diciamo invece che un partito non è il Governo. Onorati della fiducia dell'augusto nostro Sovrano, noi stiamo, signori, dinanzi a voi tenendo in mano il Governo a nome dell'intera Nazione. Noi intendiamo di governare con le idee e coll'appoggio del nostro Partito, ma nell'interesse di tutti. Ed a coloro, e non sono pochi, che debbono aiutarci nell'amministrazione dello Stato, noi diciamo schiettamente, che siamo disposti ad accettare il concorso di tutti gli uomini onesti, leali, capaci; che adempiano gli obblighi del loro ufficio, obbediscano alle leggi, le facciano eseguire, qualunque poi sia la parte politica cui appartengono ». Concetti ripetuti nella 2a seduta del 19 marzo 1880, in sede di bilancio di 1a previs. del 1880 del Minist. degli Aff. Est.

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Ma qui occorre badar bene. Col negare che il Governo sia un partito, con l'avvertire che un partito non è il Governo, il Depretis non sfocia nella conclusione liberale che il Governo vuol lasciare in lizza i partiti cui rimane estraneo e al disopra, ma al contrario che il Governo mira, per raggiungere l'interesse di tutti, alla concordia di tutti, e quindi a circondarsi di quella maggioranza di consensi, che non é, a rigore, un partito, ma lo supplisce nella forza e nell'utilità. Veramente l'appello del Depretis é, da principio, diretto solo ai collaboratori dell'Amministrazione, ma l'eco delle parole può arrivar più lontano, può interessare i membri dell'arengo parlamentare. Qualunque sia la parte politica cui appartenete, lavorate pure con me nell'interesse dello Stato. Trasformatevi da uomini di parte in uomini di governo. Le parti hanno meno importanza del tutto, del potere. E l'invito é così aperto e il concorso così pronto, che in breve la collaborazione o coalizione o trasformazione é parola d'ordine, ed é fatto compiuto. Ma fatto gravissimo - e certo inusitato, almeno in così franca pratica - se stampa e pubblico gridano allo scandalo, alla fine del buon costume, alla gran confusione.

Depretis non si turba, maestro d'impassibilità. Nel discorso-programma del '76 parla anche più chiaro : «Spero che le mie parole potranno facilitare quella concordia, quella feconda trasformazione dei partiti, quella unificazione delle parti liberali della Camera, che varranno a costituire quella tanto invocata e salda maggioranza. La quale ai nomi storici tante volte abusati e forse improvvidamente scelti dalla topografia dell'aula parlamentare, sostituisca per proprio segnacolo un'idea comprensiva, popolare, vecchia come il moto, come il moto sempre nuova : il Progresso. Noi siamo, o Signori, un Ministero di progressisti »
(Discorso 8 ottobre 1876 agli elett. di Stradella).

E ancora : « Le idee buone, le vere utili esperienze, le prenderò dove che sia, anche dai nostri avversari » ; e soprattutto : « Sì, o Signori, noi abbiamo fede in questa concordia delle due grandi parti politiche che devono alternarsi al potere » : frase sapiente, giacché, mentre si parla di necessità di alternamento, si spera nella concordia dei partiti. E il famoso Discorso-programma, talché fu detto che « il Trasformismo s'inizia col discorso programma di Stradella » e ad esso il Presidente si riferirà nell'82, parlando nello stesso luogo, allorché le accuse sono fioccate e la marea monta. « Si é anche parlato in questi ultimi tempi di fusioni, di trasformazioni dei partiti politici, e fu tema di svariati commenti... I Partiti di Sinistra non si devono fossilizzare né cristallizzare... E se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se qualcheduno vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo? »
(Disc. 8 ott. 1882 agli elett. da Stradella).

Le file difatti s'ingrossano, e s'ingrossano le proteste degli accusatori deploranti l'accresciuta confusione dei partiti; ma non si scompone il Depretis, il quale mantiene la linea e l'appello: « ... E non dissi sempre, nel primo come nell'ultimo dei miei discorsi indirizzati al Paese, e poi replicatamente alla Camera, che accettavo volentieri tutti coloro che per antiche o nuove convinzioni consentivano meco? » (Disc. 19 maggio 1886).

Son parole che precedono di poco la morte del « vinattiere », spentosi a Stradella il 29 luglio 1887; ma il sistema non finisce con il suo assertore, si prolunga con le polemiche relative : stavolta gli odi vanno al di là del sepolcro. Il bello é che il suo successore, CRISPI, che pure aveva attaccato il trasformismo, ritenendolo un « incesto parlamentare », e poi aveva accettato il portafogli degli Interni dal Depretis, separandosi dai suoi compagni di settore, non disdegnò alla sua volta di adoperare il sistema già deplorato. Qual'era stato, dunque, questo sistema? Quello di ottenere volta per volta, caso per caso, indipendentemente dalle pregiudiziali programmatiche dei vari partiti, il concorso di essi ai fini della costituzione di episodiche maggioranze parlamentari. Fatto scandaloso, in quanto negava e distruggeva praticamente la ragion d'essere dei partiti, raccomandati dai teorici come strumenti necessari per il corretto funzionamento del meccanismo parlamentare. Talché, quanti, abbeverati a codesto dottrinarismo inglesizzante, faranno più tardi la storia dell'assemblea italiana, è con orrore che contempleranno tale pagina di vita parlamentare, ed é con dispregio che rammenteranno il nome del Depretis.
(ERCOLE VIDARI,
La presente vita pol. e soc. ital., Milano, Hoepli, 1899, pp. 8-9: Così sorse il trasformismo (brutta parola, e più brutta ancora la cosa per esso significata), auspice e gran pontefice il Depretis, il più scettico uomo politico dei nostri tempi: l'uomo di influenza più deleteria che abbia avuto l'Italia... Per causa del trasformismo, la politica nostra, in casa e fuori, non fu che un tessuto di espedienti. Nessun ideale un po' elevato; nessuna fede in nulla, se non nel successo del momento. Quindi : continui sforzi di acrobatismo politico e parlamentare per tenersi in piedi; continue compromissioni con gli uomini del proprio partito e dei partiti avversari; paci fatte e inimicizie composte col comodo specifico del do ut des e del do ut facias. Così governò l'astuto Depretis, per molti e molti anni ».).

Ora, furon tutte legittime le accuse? E veramente da imputarsi al Depretis la decadenza del sistema parlamentare? Aveva, il suo metodo, corrotto uomini e cose? O non piuttosto il processo di sfaldamento era in atto, e al vecchio cospiratore e statista era toccato solo registrarne crudamente la fine ? O non piuttosto i partiti eran tramontati, e si potevan solo salvare degli uomini ? Riesaminare le vecchie pagine, i discorsi che sono altrettanti esami di coscienza, può agevolare la giusta messa a fuoco della situazione spirituale del tempo.
(La letteratura sul Depretis è ancora insufficiente o parziale, non eccessivo valore potendosi assegnare all'opuscolo di PIER GIOVANNI MASSIMINO - A D. (Note funebri e pensieri politici), Torino, C. Triverio, MDCCCLXXXVII, al lavoro encomiastico di LUIGI BREGANZE, A. D. ed i suoi tempi, F.lli Drucker, Verona, 1894, al saggio critico di LUIGI BRANGI, A. D., Napoli, Chiurazzi, 1895, privi di prospettiva storica, e agli scritti polemici del tempo o ai riferimenti occasionali. Una più seria investigazione, iniziata coi primi periodi depretisini, è stata interrotta dalla immatura fine di C. MARALDI, cui si deve la voce A. D. sull'Enciclopedia italiana. Qualche accenno recente (L. Giusso, Le dittattature democratiche in Italia., Il Trasformismo, Milano, Alfieri, 1930, etc.), riproduce il consueto cliché del D.).

La verità é appunto che la classica bipartizione aveva già, nel '76, praticamente perduta la sua ragion d'essere; destri e sinistri non erano in fondo distaccati da un abisso; ed é significativo il fatto che gli stessi concetti del Depretis in merito a quella collaborazione, che doveva poi essere infamata come pratica trasformista, si ritrovano, su per giù, nei discorsi elettorali degli uomini di Destra, in seguito all'ascesa della Sinistra, contemporanei insomma al programma di Stradella. Sì, non mancano di rendere omaggio, taluni, alla teoria della bilancia, ma concludono tutti, in fondo, con un proposito collaborazionista : il vecchio "alchimista", aveva, in sostanza, ragione a dire che il prossimo veniva a lui. E i più, difatti,
s'affannavano a dimostrare che, in fondo, il programma di Stradella era il loro, quello stesso che avrebbero compiuto se li avessero lasciati fare, e che non vi era lotta di princìpi, ma di uomini, e che volentieri avrebbero appoggiato il governo. Si è che temono di esser qualificati per nemici del progresso, per antiliberali, e gridan forte, tutti, che intendono pur essi marciare, non restar fermi. Vogliamo sentirne qualcuno?

Ecco il Lanza : « Non si è mai avuto, nelle materie fondamentali due partiti staccati... Nell'ultima edizione dei programmi (quelía di Stradella) non vi è un distacco assoluto da quelli dei precedenti Ministeri » (1).

E solo esita, a far partito unico, Lanza, perché i nuovi venuti sono amici di certi tipi republicaneggianti... Ombre, fantasmi (Depretis si proclama sempre fedel servitore della Corona!) : talchè gli altri non avranno simili scrupoli, e lo stesso Lanza avallerà l'Orego, altro di Destra, il quale ritiene ugualmente che « non ha più ragion di essere l'antica distinzione dei partiti di Destra e Sinistra », e promette di « appoggiare il Ministero colla coscienza di compiere un dovere », giacchè egli non vuol essere tacciato d'immobilità, ma dirà col Depretis : "Non intendo volare nè sedere, ma voglio camminare con passo sicuro verso la desiata meta... Faccia pur le sue prove il Ministero, che non voglio più chiamar di Sinistra, io gliele auguro fortunate» (2).
E che dice l'On. Conte Calciati ? Che sarà « piuttosto moderatore che oppositore », che si terrà « alieno da qualunque opposizione sistematica », giacchè « dovere di patriottismo impone di abbandonare qualunque idea partigiana quando si tratta del bene del paese ». E che cosa l'on. Chinaglia? Che non v'è stata affatto lotta di principi, ma contesa per il potere; che egli, di Destra, si ritiene più progressista di molti Sinistri; che, pur non avendo cooperato all'ascesa di Depretis, non si querela del fatto compiuto. « Se essi vorranno realmente il bene del paese, io certo non entrerò a formar parte di cospirazioni esclusivamente dirette ad impedire che un tal bene si faccia... » (3).

(1) Disc. di S. E. il comm. Giov. Lanza, il 22 ott. 1876 - Casal Monferrato, 1876.
(2) Disc. del Cav. Avv. Aristide Orego alla pubbl. adun, elett. del 22 marzo 1876 - Casal Monferrato, tip. Berteso, 1876. « Come vedete è l'antico programma che vi ho rifatto, quello che in gran parte ebbe la sanzione recentissima del Ministero Depretis, quello sul quale desidero si stabilisca un perfetto accordo nell'interesse della Patria.».
(3) Disc. dell'ex. dep. LUIGI CHINAGLIA ai suoi elett. di Montagnona Vighizzolo il 15 ott. 1876 - Padova, Tip. Sacchetto, 1876.



Similmente si pronuncia l'on. Robecchi : « Non sarò oppositore sistematico né delle persone né delle idee dei nuovo Ministero. Anzi, ogni qualvolta le idee di lui rispondano agli interessi e ai bisogni del paese, mi farò un dovere di appoggiarle, come conviene che faccia chiunque ponga innanzi l'utile pubblico alle ragioni di parte ». Ed ecco anche lui far professione di fede progressista : « La Sinistra aspira a prender nome, e nome attraente e lusinghevole, dal progresso e dalle riforme. Ma forse che la Destra aborriva dal progresso e dalle riforme? Chi non sapeva, anche tra noi, che il progresso é legge naturale e necessaria di ogni istituzione? » (1).
Altro di Destra, nuovo ministeriale: il dep. Pesaro-Maurogonato. Anche per lui appare naturale « che la Destra, la quale fu sempre veramente liberale (e in qualunque altro Parlamento sarebbe stata considerata come una vera Sinistra), tendesse sempre più ad avvicinarsi a quei deputati, che siedono specialmente nei centri, e a formare insieme ad essi un forte partito, che concorrendo ad appoggiare il Ministero nei suoi procedimenti savi ed onesti, avrebbe resistito alle tendenze radicali... ». Dunque, non allarmatevi, non scandalizzatevi, ma guardate all'Inghilterra dove avviene lo stesso; e i feticisti dei partiti stiano certi che divergenze ne avverranno sempre nella Camera : quanto agli uomini di Destra, hanno l'obbligo morale di appoggiare efficacemente un Ministero liberale e schiettamente costituzionale quale quello Depretis (2).

Dunque tutti per il progresso (3), tutti per la collaborazione in nome del paese (4), tutti per la trasformazione. Che dice l'on. Guerrieri-Gonzaga? « Venuto oramai meno alla Sinistra il prestigio delle generose impazienze e delle audaci negazioni, e costretta la Destra dall'abbandono d'illustri amici a rifare l'esame di coscienza e a studiare le cagioni de' suoi dissidi, una trasformazione nei Partiti é divenuta inevitabile» (5).

(1) Disc. del dep. GIUSEPPE ROBECCHI a Cassano d'Adda il 31 ott. 1876 - Milano, Molinari, 1876.
(2) Lettera agli elett. del 1° coll. di Venezia del dep. I. PESARO-MAUROGONATO, Venezia, 1883, tip. della Gazzetta, VIII,
Il Trasformismo.
(3) Altra dichiarazione di progressismo è quella del dep. di Destra on. Righi : « Io credo, o signori che nella storia delle mistificazioni e delle audacie umane difficilmente si possa incontrarne una di eguali a cotesta, che progressista, cioè, si avesse a denominare ognuno che non fosse moderato, quasi che questo partito... di cui ogni singolo passo stampa un'orma sicura e durevole sul terreno della libertà, si dovesse considerare un partito ai reazionari o di incorreggibili conservatori ». (
Discorso del dep. AUGUSTO RIGHI in Caprino Veronese il 18 ott. 1878 agli elett. del coll, di Bardolino - Verona, tip. Franchini, 1878, p. 10).
(4) Nelle elezioni generali del 5 e 12 dic. 1876, su 508 collegi, da ben 414 erano usciti dei Ministeriali; da soli 94 erano uscite riserve o opposizioni!
(5) Disc. dell'on. ANSELMO GUERRIERI-GONZAGA agli elett. del Coll. di Mantova il 19 ott. 1876 - Mantova, 1876.

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Trasformazione nei partiti ? Ma se s'é riconosciuto che gl'ideali dei partiti non differiscono? Logicamente Depretis preferirà parlare di trasformazione negli uomini... Perfino QUINTINO SELLA, che del resto nel '71 aveva enunciato concetti non dissimili da quelli depretisini (1), nel '76 usa, seppur con fierezza, espressioni concilianti : "La nostra opposizione non sarà partigiana. Il ministero farà bene? Lo sosterremo, approveremo, loderemo. Farà mediocremente? Lo compatiremo : abbiamo troppo provato le difficoltà del potere per non compatire... ». E se é vero che nell'80 manifesterà, invece, un netto distacco, é vero altresì che non esita a riconoscere non poche benemerenze della Sinistra; e resta il fatto che a lui stesso e al Minghetti poté esser fatta risalire la responsabilità dell'ascesa del Depretis (2). E' d'altronde, lo stesso Sella che alla Camera può anche lui, in qualche occasione, lanciar l'embrassons-nous, al di sopra dei partiti, nell'interesse supremo della Patria (3).

(1) « Noi siamo noi, indipendenti dai partiti accettiamo l'appoggio di tutti e prendiamo da tutti il buono e il meglio » (17 luglio 1871).
(2) E. VIDARI,
La presente vita ecc., cit. pp. 8-9: « ... sebbene la Destra, per mezzo del Minghetti e del Sella gli (al Depretis) abbia dato il suo appoggio. Prova, questa, luminosa, che anche la Destra aveva smarrito ogni diritto e sano criterio di condotta politica, e che essa pure meritava di esser composta in quel sepolcro che quei due egregi uomini le avevano poco onoratamente preparato ».
(3) Sella « Onorevoli colleghi. Udii parlare di Destra e di Sinistra, di partiti. Lasciatemi dire che io soffro ad udire questo linguaggio. Perchè non facciamo noi come la Francia? Perchè non trattiamo le questioni di finanze senza preoccupazioni di partiti? Non vogliamo tutti grande la Patria? Lasciatemi dire il mio pensiero. La migliore speculazione per un uomo politico, per un partito, è ancor quella di non lasciarsi guidare che da uno scopo solo ». E anche, dopo un discorso del Ministro Baccarini : " Lasciamo da parte le questioni di partito. Che partiti! Occupiamoci degli interessi del Paese! " ». (v. G. FALDELLA,
Sella nel quinquennio parlamentare, in I pezzi grossi, Scarpellate di CIMBRO, Torino, Roux e Favale, 1883, p. 100).
Ma se quelli di Destra parlano di libertà e progresso, di che dovranno parlare quelli di Sinistra? E' possibile che ormai il vocabolario sia unico? Francesco De Sanctis, ministro di Sinistra, ne é quasi indispettito, e ingenuamente gli secca sentir dire al Bonghi che "la Destra al potere sarebbe un partito conservatore, liberale e progressivo » e veder Minghetti rincarar la dose con la promessa delle riforme sociali. La Destra faccia la Destra e lasci far la Sinistra alla Sinistra! Dove se ne andrebbe altrimenti I'auspicatissima divisione dell'Assemblea in due partiti, conservatore e progressista? E quasi prega i suoi elettori di non credere al progressismo dei Destri, giacché proprio non lo desidera, tanto la geometria gli sta a cuore, e avverte che le riforme, quelli di Destra, le farebbero chi sa con quale lentezza : senza rendersi conto che il tempo non é un postulato programmatico, e che la stessa Sinistra temperata, cui si onora appartenere, non é cosa diversa dalla Destra liberale del Minghetti e del Bonghi e che lo stesso De Sanctìs riconosce. Ed ecco qui : per De Sanctis, prova del fuoco della Destra, sarebbe, nientemeno, il comportamento dinanzi a riforme che poi non impegnano alcun immortale principio (abolizione della tassa sul macinato, riforma elettorale, amministrativa), bensì visuali di amministrazione, superabili da una misura maggiore di genio statale, finanziario o parlamentare. No, gli é che per il De Sanctis, non si deve scappare da qui : mentre tutti e due i partiti sono liberali e costituzionali, « l'uno é più specialmente partito conservativo, e la fisionomia e la nota caratteristica dell'altro é questa che esso sia il partito progressivo. Questa é la distinzione; tutto l'altro é la confusione e l'equivoco » (Disc. pron. a Chieti il 9 maggio 1880 da F. DE SANCTIS, Min. della P. I., Roma, Botta, 1880, p. 15).
Questa, la distinzione? Quel « più specialmente » ? Troppo poco, veramente; tanto poco che lo stesso De Sanctis si rifà poi continuamente alla nota comune di tutti i partiti, al patriottismo, al paese. Soltanto, oscuramente avverte che se la Destra vuol rifarsi una nuova volontà di governo, la Sinistra non la denunzia troppo, con le sue continue irrequietezze; e predica quindi che i partiti si purifichino ( Disc. pron. a Foggia da F. DE SANCTIS, Min. della P. I., p. 29-30), si arricchiscano cioé di elementi vitali, e scongiura gli elettori a mandare al Parlamento uomini capaci di governare. Purificazione dei partiti : ma si poteva fare solo a base di precipitazioni e differenziazioni ; non di una identità di interessi e d'esperienza; ebbene, di chi la colpa se, su per giù, il buono e il cattivo stavano da tutte e due le parti, e il fondo era comune ? Era forse diversa,
la situazione, da quella osservata alcuni lustri prima dal Petruccolli della Gattina, il quale aveva notato differirsi la Destra dalla Sinistra nel solo fatto che qua si era più e là meno impazienti ?

Allorché nell'83 s'intenterà un regolare processo al Trasformismo, e s'incolperà la Destra di offrirsi al Governo, dando esempio di scarso carattere, si commetterà un ingenuo errore : come impedire alla Destra, onestamente progressista, di aderire a una Sinistra così sapientemente temperata? E allorché s'incolperà il Depretis di adescamento, se ne commetterà un altro : come vietare al Depretis di giovarsi dei consensi di savi esponenti del Paese?
Ma se per alcuni la colpa del Trasformismo é della Destra che tresca con Depretis, rinunciando alla sua compostezza, per altri il torto é solo del vecchio volpone che ha finito con l'accettare la politica dei suoi antichi avversari. È il pensiero dello Zanardelli, il quale, dopo essersi lanciato alla Camera contro il Depretis (
Disc. parl. di G. ZANARDELLI - Vol. I, Roma, Tip. Cam. Dep. 1905 (torn. del 19 maggio 1883), p. 243.), spiega, nel discorso di Napoli dell'83, cosa sia il Trasformismo.
"Questa parola é adoperata a lamentare e riprovare che appunto i campi politici si sono frammisti, a lamentare e riprovare che si proclami essere cessati e scomparsi i partiti, quelli almeno che si aggirano nell'orbita costituzionale, e ciò perché il Presidente del Consiglio ottiene ora l'appoggio quasi unanime di uomini i quali lo avevano combattuto fin qui : gli uomini della Destra parlamentare ed extraparlamentare. A me pare che così ragionando e giudicando si scambino i termini della questione, si confondano cause ed effetti, perché di questo spostamento della base politica del Ministero sembrami sia cagione una trasformazione sola, la conversione a Destra fatta dall'onorevole Presidente del Consiglio. L'on. Depretis, andando a ritroso di tutto ii movimento politico italiano, ha accettato la politica de' suoi antichi avversari, sicchè non é da meravigliarsi ch'essi siano passati ad appoggiare il Ministero"
(Disc. pron. dal dep. G. ZANARDELLI in Napoli il 25 nov. 1883, Roma, Perino, 1883, pp. 8-9).

Ma, passando alla dimostrazione dei suo assunto, lo Zanardelli non può citare che una vaga "politica illiberale » del Ministero, mentre dell'accusa che il metodo trasformista durava dall'epoca in cui egli stesso, Zanardelli, era al Governo, si scagiona dicendo che può ben darsi il caso di dispareri fra i componenti di uno stesso Gabinetto. La vera prova é, per lui, che la Destra assai si loda del Depretis, laddove amicizia non può esservi fra conservatori e liberali. Liberale dev'essere, la Sinistra, rispettando, beninteso, la Monarchia e
le istituzioni... E qui si vede ancora e sempre l'errore di prospettiva storica in cui gli uomini più avveduti della Sinistra cadevano: considerare, per definizione, codina la Destra, e ritenersi essi, pur ligi alla Monarchia, progressisti, per il solo fatto che carezzavano qualche riforma sociale: e su questo punto pronunciar condanne al Governo e parlar di dividere i partiti ! I veri antiquati e laudatores temporis acti erano, se mai, essi ! Logico restava il Depretis accogliente, conseguenti restavano, se mai, solo i repubblicano-socialisti, quelli estremi sul serio, che dovevano vedere un abisso non solo fra essi e i Destri, ma fra essi e gli stessi Sinistri ligi alle istituzioni ! Torni, il Depretis, alla Sinistra, conclude Zanardelli (1) ma poteva in fondo approdarvi egli stesso.

Non diverso da quello di Zanardelli è il linguaggio usato dal Cavallotti nella celebre tornata parlamentare del 14 matto '83, allorché rimprovera a Crispi e a Nicotera di domandare al Depretis che dicesse che era di Sinistra e non di Destra (2). « Ma egli non può dirlo! perché di Destra é realmente, e l'on. Minghetti ha ragione da vendere quando reclama la paternità del suo programma. Di Destra lo é per qualche cosa di meglio che per le parole; lo é per i fatti : e voi vorreste le parole ! E supponiamo anche che ve la dicesse questa parola, che tanto per levarsi dal fastidio e dalla noia, vi dicesse : ebbene sì, sono di Sinistra, che sugo ce ne cavereste, quando i fatti non mutano, perché i fatti sono legati a un ordine di cause e di fatti superiori ! Che sugo? Quello forse di calunniare la povera Sinistra, mescolandone il nome ad opere che la Sinistra ripudia? Il Ministero é di Destra; soltanto, l'on. Depretis, per quella virtù dell'ostinazione che egli ricordava l'altro giorno, non lo vuol dire. Ma io prometto che allo stringere dei nodi, lo dirà... ». E così via.

(1) Op. cit. pag. 47. Ancora nell'86, Zanardelli se la prenderà col Depretis, mescolatore delle parti : «Cercando di confondere i partiti politici, che, come ha dimostrato ieri l'on. mio amico Berti, sono necessari alla grandezza delle nazioni, avete spento con essi quelle passioni politiche, le quali costituiscono la vita, la bellezza, la dignità di ogni libero reggimento ». E lo accusa di acciuffare le maggioranze a caso, di carpere diem, di essere divenuto uomo di Destra. « Avrei stimato assai preferibile dichiaraste schiettamente che credevate necessario di mutare politica, anziché pretendere che abbiamo mutato noi di Sinistra separandoci da voi, la Destra appoggiandovi. Avreste dovuto dichiararlo, io diceva, dacché la vostra politica é diventata completamente quella della Destra di un tempo ».
(Disc. parl., cit. - Torn. 4 marzo 1886 - p. 283).
(2) FELICE CAVALLOTTI, Disc. part., Vol. I, Roma, Tip. Cam. dei Dep. 1911, p. 421 sgg. Torn. del 14 maggio 1883, sulla Politica interna.

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Certo, é interessante, rilevare che se in un primo tempo nel famoso 18 marzo, era sembrato fosse accaduto con l'ascesa del Depretis, un terremoto, un pasticcio nazionale, sì che s'era parlato di « rivoluzione parlamentare », di finimondo (1) man mano le tinte vanno smorzandosi e i toni addolcendosi : si consente che s'è trattato solo d'un passaggio di consegne, di un cambio di guardia, di una feconda trasmissione di lavoro, talché potrà farsi buon viso, e non il viso dell'armi, al nuovo Governo voluto dal Re. Se il Marselli aveva parlato, con definizione fortunata, di « rivoluzione parlamentare », c'é chi preferirà riferirsi a una semplice ,"evoluzione", ed ecco lo stesso Marselli spiegare che la rivoluzione può essere per l'appunto un aspetto dell'evoluzione, mentre, dal suo canto, il Depretis, il quale pur ha usato anche lui il termine impressionante, ne ha diminuito la portata (« Il carattere della nostra rivoluzione é stato sin dal principio eminentemente pacifico ») (2), e parlerà poi, modestamente, di passaggio di potere (3).

(1)
« La Destra diceva: verrà il finimondo... ». v. Disc. pron. a Foggia l' 11 maggio I880 da F. DE SANCTIS, Min. della P. I.
(2) Largo fu il successo della definizione del M. (
La rivoluzione parlamentare del marzo 1876, Consideraz. di NICOLA MARSELLI, dep. al Parlam. ital. Torino, Loescher, 1876), talché l'a. ebbe più tardi a precisare: « Non si dimentichi poi che accanto al sostantivo rivoluzione posi l'aggettivo parlamentare, per determinare precisamente l'idea e per impedire qualunque impressione di violenza e di anarchia in coloro che non sanno separare questi caratteri dal fatto delle rivoluzioni; ma, del resto, anche coloro che affibbiano a quella parola un significato così ristretto possono rappacificarsi con essa, perché dopo il 18 marzo un po' di anarchia non é mancata, e la violenza é stata portata fin dove non mai penetrata e mai avrebbe dovuto penetrare » (NICOLA MARSELLI, Raccogliamoci! - Roma, Manzoni, 1878 p. 49). Ed ecco più d'uno limitare la portata dell'avvenimento a uno spostamento di una parte della Destra verso Sinistra, spostamento non nuovo ma stavolta legalizzato dalla volontà del Re, e del resto così poco sicuro, da consigliare ai nuovi governanti, malcerti di siffatta maggioranza lo scioglimento della Camera : « Questo voto (del 18 marzo) fu pomposamente chiamato una rivoluzione parlamentare. Domato il permesso di ridurlo per ora a proporzioni più modeste. Nel 18 marzo si avverò ciò che era avvenuto ogni qualvolta in passato s'é abbattuto un Ministero: una parte della Destra si unì alla Sinistra, la quale per sé non avrebbe avuta forza bastevole ad ottenere l'effetto e il Ministero cadde. Questa volta però la Corona invece di chiamare al potere di bel nuovo uomini politici di parte moderata, pensò di chiamarvi uomini di Sinistra ». (Parole del dep. DESIDERATO CHIAVES al banch. elett. d'Acqui, Acqui, tip. Borghi, 1876, p. 11). « Io ricordo ancora il 18 marzo, ricordo come uomini onoratissimi del partito moderato, in buona fede, gettassero alti lamenti; non era una rivoluzione parlamentare, non era il necessario avvicendarsi dei partiti politici, senza cui anche uno stato governato a libertà traligna in una quasi oligarchia, ma era proprio il finimondo italiano » (Disc. dell'on. dep. Giov. LUCCHINI agli elett. il 23 sett. 1878 in Rovigo - Vicenza, tip. Sociale, 1878, pp. 7-8). E più tardi lo ZANICHELLI: « La cosiddetta grande rivoluzione parlamentare del 18 marzo 1876, per il modo nel quale avvenne, ci fornisce la prova più convincente che la maggioranza allora al Governo non formava un vero e proprio partito politico, perché fu prodotta dalla secessione di due gruppi parlamentari, la Destra toscana e il centro, i quali passarono tra gli avversari, non perché avessero o credessero di aver cambiato programma, ma anzi perché, a loro avviso, quelli da cui si staccavano l'avevano cambiato; mentre invece la verità era che le circostanze solo erano cambiate, e quindi mancava ogni ragione all'unione nella forma fino allora adottata» (Riformisti e moderati nella st. cost. ital. in Studi, vol. XII, 1895).
(3) « Facciamo che il passaggio della Sinistra al potere (dico Passaggio, perché nel regime costituzionale i partiti non devono fare che passare al potere per lasciare poi, quando i tempi sono mutati, che altri partiti prendano il loro posto), facciamo, dico, che il passaggio della Sinistra al potere lasci la traccia di utili e feconde riforme »
(Disc. dell'on. A. DEPRETIS, Pres. del Cons. in sede di bil. di prima previs. del Minist. dell'Int. per il 1879 nella torn. del 13 febbr. 1879).

Dunque, « passaggio di potere » per « evoluzione >>, e possibilità di collaborazione al di fuori della fatale divisione : é quel che Depretis chiede, ai fini della formazione di una sicura maggioranza, o della costituzione di un grosso partito utile a render forte un Governo, quale l'interesse del Paese reclama. Lo sforzo del Depretis, fino alla morte, é diretto a questo fine. Per un decennio la sua politica é assolutamente coerente. E' naturale che, accanto alle sollecite adesioni, non mancassero le riserve, e anche le proteste : d'altra parte furon visti casi di oppositori passati poi a miglior consiglio : é il caso del Crispi, il quale dopo aver combattuto il metodo del Depretis, entrò proprio nella sua orbita.

V'é chi spera nella trasformazione dei partiti e nella ricostituzione della parte liberale, come il Marselli. V'é chi ha fede ancora nel risveglio trionfante della caduta Destra. E v'é chi, scettico sulla costituzione di un nuovo partito, non crede se non ai due classici settori. « Potranno, è vero, codesti due partiti modificarsi e gradatamente rinnovarsi, seguendo il progresso delle idee e le esigenze della civiltà. Ma la costituzione di un nuovo partito con elementi accozzati di qua e di là non accadrà mai ; le alleanze degli uomini quando non sono cementate dalla comunione dei principii, non possono mai allignare » (
MARIO MARTEL, Raccogliersi è bene, intendersi è meglio, Roma, Mugnoz, 1878, p. 39.).

E sia: ma dov'era, per l'appunto, la differenza di principii ? I destri si dichiaravano progressisti, i sinistri rendevano omaggio alla Corona e alle istituzioni. Talché fa senso vedere come codeste polemiche continuassero, dopo la morte di Depretis, anzi infuriassero, senza tuttavia venire a maggiori precisazioni : il che tradisce appunto la natura, prevalentemente accademica, della lite. Si vedrà, ad esempio, più d'uno, fanatico dell'Inghilterra, non darsi pace della morte dei due grandi partiti, e veder la salvezza d'Italia nella loro rinascita. Così, il Meale si propone; non senza angoscia, una serie di perché fuori stagione. Perché l'Italia non riesce a organizzarsi in partiti, e ha sancito, col trasformismo, la degradazione del regime rappresentativo? Giacché, secondo questi inglesizzanti, il regime rappresentativo é degradato allorché il Ministero é di coalizione, e assunta l'opposizione nel Gabinetto, l'ha soppressa nella Camera : é degradato per il fatto che la Camera non potrà più esercitare il suo sindacato sull'azione del Governo! Perchè succede tutto ciò ? "Perché l'Italia, non educata alla vita politica, non seppe e non potè organizzarsi saldamente in partiti ». Morale : organizzarsi in partiti, prima nel paese, poi nella Camera : e in che modo ? "Mediante la formazione di una rete di associazioni politiche, la quale, sul sistema inglese, abbia diramazioni in tutte le città e si distenda su tutto il lungo stivale italiano » . E, qui una lunga meticolosa illustrazione di codesta rete.
(E. MEALE - Moderna Inghilterra, Educaz. alla vita politica. Torino, Bocca, 1888, p. LXV).

Dunque, i partiti avrebbero dovuto sorgere, sia pure artificialmente, per creare l'opposizione utile a sindacare, cioé sovente a paralizzare, il Governo. Ma era esattamente del contrario che il Ministero aveva ormai bisogno : una maggioranza atta a sorreggere finalmente il potere esecutivo ! E d'altro canto, chi vietava la rinascita dei due, o d'altri partiti? Senonché la formazione dei partiti obbedisce, dimostravano gli studiosi, a leggi quasi biologiche che ne ordinavano l'accrescimento, la scomparsa, la fusione (
ROMOLO FEDERICI - La variabilità dei part. polit. in Italia, Roma, Manzoni, 1882, p. 3) : ora, appunto, ecco che un processo di fusione era in atto...

Quel che dunque pareva opportuno, consigliabile e assecondabile era per l'appunto il consolidamento di questa fusione, allo scopo di tentare il grande esperimento : il superamento della dicotomia inglese e la costituzione di un blocco parlamentare, interprete della massa nazionale.
L'anno precedente la morte del Depretis, alla vigilia delle elezioni, il Minghetti manifestava in proposito chiaramente il suo pensiero : « Signori, a me pare che il grido dei Comizi non possa esser altro che l'adempimento di ciò che poté abbozzarsi, ma non interamente compiersi nella legislatura passata ; la costituzione cioé di un partito essenzialmente governativo e di ordine, liberale e consevatore ad un tempo, deciso a mantenere incolume lo spirito delle istituzioni dagli assalti taciti o aperti che loro si dànno, fermo nel far prevalere la giustizia e l'interesse nazionale sopra gli interessi locali e personali, pronto ad accogliere ogni programma, perché sia veramente utile e savio. In un partito così costituito, noi non possiamo dubitare che si troveranno degnamente taluni amici che nell'ultima votazione si separarono da noi... La formazione di questo partito, parve, come dissi, essere il massimo dei voti dell'on. Depretis ; ed io confido che in questa occasione egli lo confermerà. E spetta agli elettori mandare al Parlamento uomini atti a costituire questo Partito, e perciò privi di invidia, di gelosie, di rancori. Questo partito è lo strumento necessario all'esercizio vigoroso delle funzioni parlamentari » ( Disc. di Mario Minghetti, nell'Opinione del maggio 1886).

E dichiara il Bonfadini, uno di Destra, nell'86 : « Io credo che sia veramente un uomo dì stato quello che ha cercato di mettere argine a questo individualismo, creando attorno a se una maggioranza di governo. Qualunque sia la fine di questo tentativo, io debbo dare all'on. Depretis la maggior prova della mia simpatia per questo tentativo, votando incondizionatamente in senso di fiducia per lui, perché penso che, se anche il tentativo non riuscirà, sarà pur sempre stato il tentativo d'un patriota, non quello d'un uomo di parte ».
E l'on. Lioy : « Il programma di Stradella é l'Arca nella quale dopo questo diluvio universale che sommerge Destra e Sinistra, tutti possono raccogliersi gli amici devoti delle istituzioni; i quali vogliono combattere contro la rivoluzione e la reazione ».
Sicché il Bonghi a buon diritto poteva concludere, rivolto al « Mago » « Avete guadagnato alla Camera una posizione che mai il Ministro ha avuto... ».

Si é che i due termini « partito di governo » (o maggioranza) e « governo forte » sembrano agli uomini responsabili sempre più connessi e urgenti : questo appare, anziché la dialettica britannica. il programma impellente. Così l'Opinione, che in più riprese ha insistito nel chiedere un « governo forte » (1), rammenta che tale è stato, fino all'ultimo, il voto del Minghetti. « Egli e noi volevamo un governo forte ed autorevole che rappresentasse tutte le forze vive della maggioranza od ammissibili ad essa, consolidando questa in modo che diventasse forte ed utile strumento di governo, e che potesse resistere a tutti gli urti e sopravvivere all'eventuale scomparsa degli uomini che l'avessero formata. Egli voleva in una parola che si costituisse solidamente un grande partito di governo, tanto più necessario dopo l'allargamento del suffragio politico, ed in vista dell'agitarsi dei partiti radicali ed extralegali. Quanto più popolare diventa la base del governo, tanto più questa base deve essere forte e autorevole »
(L'Opinione, 15 marzo 1887, n.73).

E più tardi,
l'Opinione spiegherà che Minghetti e Depretis volevano la stessa cosa la costituzione di una maggioranza di governo ove "non venissero più ricordate le divisioni passate, e tutti gli uomini che a quella maggioranza si erano accostati, avessero uguali diritti ed eguale trattamento". In altri termini, Minghetti sognava una maggioranza eventualmente indipendente dal Depretis, e Depretis una maggioranza personale « che non gli imponesse vincoli e gli lasciasse libera la scelta dei colleghi » (L'Opinione, 31 luglio 1887, n. 209, in morte di Depretis).
Era, dunque, quello del Depretis un tentativo tutto nuovo e italiano di avviare un metodo che, senza sacrificare le istituzioni, le rendesse però vitali. La trasformazione era nei tempi. Può bene osservarsi che il tentativo non poté dirsi riuscito. La maggioranza ottenuta non sempre era univoca; ma occorre pensare alla singolarità dell'innovazione, e riflettere d'altra parte che univoca non era mai stata neppure l'espressione dei precedenti settori. Un anno prima di morire, Depretis si giustifica : "Certo si sarebbe potuto far di più e meglio se fin dal primo suo avvenimento ai potere, il Governo avesse avuto l'appoggio di una maggioranza concorde ferma, disciplinata e non travagliata da nervose impazienze; ma forse, cercandone la ragione, bisogna dire che la Sinistra complessionata, abituata, non poteva farsi ad un tratto partito disciplinato e governativo".

In verità, l'inconveniente era nel seno stesso della cosa. Aprire le porte a tutti, non voleva dire aprirle anche ai venti dell'irrequietezza ?
«Non dissi sempre, nel primo come nell'ultimo dei miei discorsi indirizzati al Paese, e poi replicatamente anche alla Camera, che accettavo volentieri tutti coloro che per antiche o nuove convinzioni consentivano meco? Quanto all'adesione di una gran parte degli uomini che appartennero all'antica Destra, chi non vede che la forza stessa delle cose, la risoluzione delle questioni che ci avevano divisi, il loro consenso alle opinioni, alle proposte nostre, almeno nelle parti essenziali, li condusse naturalmente a noi, come altri si separarono da noi... ? » (2).
Allorché si fa la commemorazione di lui, del vinattiere spento, una qualche giustizia verrà resa, sia pure da voce partigiana e sia pure tra il levarsi delle contumelie (2). Così l'on. Coppino, già Ministro della P. I., ripeterà che dopo l'acquisto di Roma, la Destra, esauriti molti suoi uomini, cercava una immissione di sangue nuovo o quasi una trasformazione in una specie di fortunato connubio; che Depretis aveva, in fondo, fatto opera di pacificazione nazionale; che se qualche atto dell'amministrazione Depretis era stato biasimato, la colpa era stata della foltezza del partito, che non tenuto in guardia e unito da cospicue forze avversarie, non aveva potuto sottrarsi alla costituzione di gruppi e d'interessi. « Contro di lui e più forte nel-pensi imo Ministero si sollevò l'accusa meno del trasformare che del confondere le parti. Eppure era lamentato da un pezzo il difetto di coesione tra gli uomini politici del Parlamento, e da un pezzo s'invocava, e s'invocó' ancora testé con parola vivace che i gruppi si ordinassero in partiti, e se -- riguardo al passato ciascun deputato prendesse il posto che a lui gli as - - va la sua fede poli
tica » (3).
(1) Disc. di A. DEPRETIS, Pres. dei Min. al banch. dell'Un. Monarchica,, del 1° maggio 1886, Roma, stab. tip. dell'Opinione, 1886.
(2) Scrive la
Sentinella Bresciana, giornale naturalmente di parte ma comunque riflettente i termini della situazione : « Convinto che le vecchie divisioni parlamentari più non rispondevano ai tempi nuovi, si adoperò con tacita operosità, e con quella energia piena di riserbo che era una delle più salienti sue qualità, a formare un nuovo partito liberale costituzionale » (31 luglio 1887).
(3) Commemoraz. di A. DEPRETIS letta nella Sala Comun. di Stradella il 4 ott. 1888 da M. COPPINO, Torino, Roux, 1888, p. 35.

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Più tardi, in sede storica, più d'uno studioso metterà, fuori dalle polemiche, le cose a posto. Fu proprio un danno o un artificio, che alle urne i gruppi affini si amalgamassero, dando luogo al trasformismo?
Del quale osserverà giudiziosamente lo Zanichelli - molto si é detto male, e non si può negare che non fosse accompagnato dalla maggiore corruzione politica del Parlamento. Ma questa trasformazione, cioé la formazione di maggioranze avventizie, prese nei vari banchi della Camera e non con un criterio di partito, "è una necessità là dove i partiti non esistono più, o non possono esistere..."
Quando non vi sono partiti, il trasformismo é l'unico modo per far vivere le istituzioni rappresentative » (1). E qui, ecco anche Zanichelli rammentare - come anche altri avevan fatto - che pur lo stesso Cavour era stato, a suo modo, trasformista, anzi che senza il « connubio » cavourriano non si sarebbe fatta l'Italia (2) - soltanto c'era stata, in meno, la corruzione dell'ordine rappresentativo - e concludere che, in fin dei conti, era forse una legge generale delle democrazie rappresentative finir con i governi di concentrazione, negazione dell'idea di partito... Nei quali rilievi v'é più d'una verità, giacché di fatto il fascino personale, oltre che l'esistenza d'un'unica élite parlamentare, aveva assicurato al Cavour una permanente maggioranza e quindi una possibilità di governo continuativo; e veramente, d'altra parte, i vecchi partiti storici avevano ormai esaurito la loro funzione.

(1) D. ZANICHELLI - Introduz. stor. allo studio dei sist. parlam. in
Studi senesi, XV, 2, poi in Studi di st. costituz. e pol. del Ris. it. Zanichelli, 1900, p. 258.
(2) « La divisione della Camera dei Deputati in due parti alternantisi al potere, se non aveva fatto fino allora troppo buona prova, pur tuttavia non si era addirittura chiarita incompatibile colle necessità della vita pubblica piemontese, ma dopo l'approvazione del trattato di pace con l'Austria e l'assestamento delle cose all'interno, questa incompatibilità apparve una verità incontroversa... I due partiti erano dunque egualmente inadatti a tenere il Governo come era richiesto dalla necessità dei tempi, quindi o il sistema parlamentare doveva finire nel Reame subalpino, o doveva avvenire un nuovo aggruppamento di uomini nel Parlamento. Questo capì il Conte di Cavour... Perciò la maggioranza doveva fondarsi principalmente sui centri dell'Assemblea e contare adepti tra i meno accentuati delle parti opposte. Questo fece il conte di Cavour operando il così detto connubio, che segnò la fine dei due partiti piemontesi, come aggruppamenti di uomini politici aspiranti legittimamente al Governo del paese, con programmi distinti e nettamente tra loro contrari ».
Gli stessi concetti, in Riformisti e moderati nella st. costituz. d'It. in Studi senesi, XII, 1895

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Ma restano due quesiti da risolvere. Primo, se la corruzione del sistema rappresentativo dovesse attribuirsi al trasformismo; secondo, se una ricostituzione, o trasformazione e in qual senso, dei vecchi partiti fosse possibile.
Ora, quanto al primo punto, é facile vedere come errassero sia coloro secondo i quali il sistema aveva corrotto gli uomini e il regime rappresentativo, sia coloro secondo i quali gli uomini avevano corrotto il sistema. E' chiaro che se il trasformismo poté così a lungo attuarsi - dopo avere avuto del resto il precedente del « connubio » cavouriano - una ragione dovette esservi, superiore a uomini e cose, o inerente al loro sviluppo, al di là dello stesso sistema, e forse assai semplice : il nuovo tempo, cioé la nuova legge elettorale, aveva favorito l'accesso di una nuova diffusa esigenza generale di carattere liberale cui una divisione tradizionale appariva un non senso, e cui bastava l'attuazione di continue riforme, ottenute continuamente, mercé qualunque maggioranza avventizia.

Avevano un bel raccomandare, i teorici, la ricostituzione dei partiti, additando in essi la chiave del corretto parlamentarismo; occorreva prima costituir programmi distinti : ma le classi nuove che avrebbero dovuto esprimerli, manifestavano solo una vaga aspirazione progressista, priva ancora di orientamento preciso. Solo il partito socialista poteva ormai enunciare un proposito piuttosto netto, ma intanto la costituzione effettiva di esso non fu che successiva all'inizio del trasformismo; poi, anch'esso non rinunciava a un'attività parlamentare e collaborazionista, e molte sue idee si venivano travasando nei programmi dei liberali. E tanto i progressisti che i cattolici, nonché molti « ultra », ritenevano possibile appoggiare il Governo nei momenti utili ai loro fini; la pratica trasformista era in fondo voluta dalla loro insufficienza, che non voleva confessarsi, ma appagarsi di conquiste purchessia. Depretis, olimpico servitore della Corona, era ben uomo da capir tutto questo : in nome del paese poteva continuamente dar modo ai deputati di costituirsi in maggioranza e di aiutar la barca. Fu equiparato ad un Eolo che caccia i venti nell'otre, e l'immagine non é sbagliata. La sua politica sanzionava lo stato di fatto : l'inesistenza non solo dei due storici settori, ma di veri grandi partiti. Né in fondo essa vietava, anzi bene avrebbe potuto provocare, come reazione, la costituzione o ricostituzione o il ringiovanimento dei fronti : perché dunque questi fronti non si formavano? Possibile che i suoi adescamenti smidollassero così largamente la rappresentanza nazionale? Non vuol dir qualcosa che la Wpentarchia", sorta clamorosamente per combattere il « Trasformismo », finisce col dissolversi presto ? È necessario creder piuttosto che questa rappresentanza non possedesse un autonomo ubi consistam, ed egli crudamente avesse fatto toccar con mano la cosa. Un ubi consistam mancava ad ambedue le parti storiche. I guai parevano provenire dal fatto che almeno una di esse fosse spenta , talché poteva concludersi "La poveretta non se n'era accorta - ma andava combattendo ed era morta" : orbene, quale delle due, era morta?

L'on. Serena, il 18 maggio 1883 alluderà alla Sinistra; ma l'on. Crispi l'indomani si riferirà alla Destra. A questo punto, i resocontisti parlamentari riferiscono un grido anonimo, che é forse la parola della storia : «Voci a destra : «Tutte e due.» ( Cfr. anche PROVVIDO SILIPRANDI -
Capitoli teorico-pratici di politica sperimentale, vol. III, Mantova, 1898, c. XIX. - Il S. conferma che i vecchi partiti parlamentari scomparsi come organismi di idee, dovevano scomparire anche come organismi di uomini (« questa é la genesi di quel processo parlamentare che fu chiamato il trasformismo, p. 242), e che i vecchi uomini di destra e di sinistra, rappresentanti entrambi un'oligarchia borghese, dovevano sentirsi spinti a una fusione, allorché il corpo elettorale divenne una democrazia.).

Sicché più addentro mostra di vedere Bovio, allorché, parlando alla Camera nella tornata del 15 maggio 1883
(GIOVANNI Bovio - Discorsi - Napoli, Di Gennaro, 1900, p. 330 sgg), non fa risalire affatto all'alchimia personale del Depretis il trasformismo, ma lo riconnette alla nuova delineazione dei partiti avvenuta nella Camera, dopo la riforma. Non più Destra e Sinistra, ma moderati e radicali.
"Ne derivava la trasformazione della Destra e degli elementi temperati di Sinistra in un vasto centro. Ecco il trasformismo »... Il trasformismo, egli l'aveva previsto fin dal '78, come evoluzione inevitabile dei partiti parlamentari, annunziando un incontro Sella-Nicotera. "Il trasformismo, o signori, sarebbe creato dal Governo, o da qualche duce parlamentare quando avesse due caratteri : se fosse convenzionale ed inaspettato. Invece é largo e fu previsto. Dunque ritrae una vera evoluzione di partiti parlamentari. È un gran fatto compiuto ».

E assai acutamente il Bovio avvertiva che codesta evoluzione poneva veramente di fronte due idee, e due politiche, liberali - moderati e radicali - mentre i trasformati diventavano un partito di resistenza comune contro la vasta apparizione della democrazia radicale dopo la riforma elettorale. Ma ne scaturiva una conseguenza. « Il trasformismo impone alla stessa estrema sinistra la necessità e l'opportunità di determinarsi sopra ogni punto del suo programma, di farsi quello che vuol essere e che deve, di lottare con forze proprie, e di dire liberamente al paese : se vuoi, seguimi, ecco il mio scopo, ecco tutti i mezzi ». E passava a enunciare codesti scopi, con nitidezza : intera universalità del suffragio, abolizione di qualunque religione e culto ufficiale, appartenenza del prodotto ai produttori, repubblica, socialismo di stato.

Tirando dunque le somme, appare chiaro come l'azione di Depretis nel suo quadro storico fosse stata in fondo logica ed utile. -- Riconoscete tutti che i vecchi partiti son finiti e che i nuovi non si creano su due piedi ? E allora fate blocco unico, unitevi a me, datemi, uno per volta, una mano. Parlate tanto di costituire un unico grosso partito liberale ? Bene, perché non potrebbe già dirsi tale la maggioranza in cui praticamente vi costituite in Parlamento? Vi do il modo di intendervi, di trovare un terreno comune. Vi parla uno che viene dal Partito d'Azione, e pure è rispettosissimo della Corona e delle istituzioni ; buttate a mare la dialettica e i dialetti, fate massa : é il miglior modo di attuar la vera democrazia. - Fare massa vuol dire far miscela; e le miscele non piacevano al Carducci e ai pedanti del costituzionalismo : ma la contraddizione é che poi, praticamente, tanto al Carducci che agli altri non garbavano più le vecchie divisioni.

Pare impossibile,- ma fra tanta mancanza di logica, il più conseguenziario era ancora e soltanto lui, il vecchio « volpone », il « mago » insigne. A lui storicamente é toccato sancire la fine dei partiti, e far largo alla concezione di un governo forte, capace di sanare in sé i dissidi. Che poi codesto « governo », forte non si fosse palesato, e non fosse stato messo a servizio di un adeguato programma, e cioè che poi molti gravi problemi dell'ora non fossero stati risolti, é altro discorso. Se mai, appunto, il rimprovero che può farsi alle maggioranze episodiche é di aver servito fini episodici. Nè serve qui discutere sui malanni sanzionati dal metodo.
Ma importante effetto della politica del Depretis fu allargare le basi della democrazia, portarla al potere senza diminuire la Monarchia, realizzare la Monarchia parlamentare, e obbligare così alla chiarificazione della loro posizione le tendenze estreme, quelle repubblicane e socialiste. Quindi, d'ora innanzi la lotta politica in Italia dovrà per forza assumere una più importante e meno teoretica fisionomia. Non più da una parte Destra e dall'altra Sinistra, ma se mai da una parte Monarchia parlamentare dall'altra Antimonarchia e antiparlamento; meglio ancora, la lotta da politica può divenire sociale.

Era questo, per altro, il voto di chi ammoniva dovesse finirsi di pensare alla trasformazione dei partiti per pensar piuttosto alla trasformazione economica dei paese (Martel, Op, cit, p. 39).
D'ora innanzi, infatti, l'entità che più assumerà significato sarà quel Partito operaio che finirà col diventare Partito Socialista, e farà blocco a suo modo, e proporrà temi universali, non più questioni locali e personali. Sicché, di conseguenza, più impellente apparirà la necessità, ai partiti d'ordine, di ritrovare un terreno comune e un'aspirazione unitaria e nazionale. La "rasformazione" avrà dimostrato che agli uomini un'intesa non é poi difficile. E poiché si profila già la lotta contro la borghesia, Depretis farà in modo che sia dissipata l'impressione di una borghesia padrona della cosa pubblica : non si potrà dire che i reazionari sono detentori del potere : il popolo vi può accedere benissimo; egli ne facilita l'ascesa e la cosa sarà riconosciuta
(« Colla attuazione della nuova legge elettorale, il sistema parlamentare cessò di appoggiarsi sulla borghesia grassa e media, e divenne in tutto democratico e popolare" D. ZANICHELLI, Introduz. stor., cit.).

E la Monarchia, che si giova di questo ministro, sa che di lui si può fidare : é ininterrottamente al Parlamento dall'epoca subalpina, da undici legislature; é dei vecchi fidi, é il solo superstite dell'élite eroica : se questi vorrà metter su un partito unico non può essere che per sostegno della Corona, anche se all'esterno se ne ha eventualmente la sensazione contraria; é davvero, come fu detto, il suo vecchio cane da guardia. Umberto, il quale del resto presiede volentieri le sedute del Consiglio dei Ministri, può ben conferirgli l'Ordine dell'Annunziata, chiamarlo cugino. Nello stesso tempo, poi, che disarticola i progressisti dalle tentazioni socialistiche, Depretis si fa fautore d'una migliore giustizia sociale. Sostiene la necessità di abolire le tasse che pesano sulle classi povere, fornisce una dimostrazione che si può far del largo progressismo di governo, al di fuori della dialettica dei partiti.

Può anche darsi che al vecchio tattico difettasse una fede profonda e la stessa possibilità d'intendere in senso totale l'esigenza ideale del Paese, necessaria ad alimentare un vitale programma integrale. Ma resta in ogni caso, e appunto per questo, anzi, il risultato d'aver reso più urgente negli avversari il possesso d'una maggiore coscienza morale, e resta soprattutto l'esperimento di aver rivelato a quali patti Parlamento, maggioranza, governo, potessero aver senso, al di fuori dei vecchi schemi tradizionali ed esterni. Oramai i successori non potranno più dissimularsi l'esistenza di codesti problemi.
Certo sulla sua tomba piovvero vituperi, e talora non senza giustificazione. Ma quanti imprecano ancora al cinico trasformista, tradiscono inconsapevolmente una sopravvivenza di mentalità ligia ai superati schemi della dialettica britannica. Con Depretis si ha il collaudo ufficiale della fine dei partiti, si ha il primo riconoscimento del popolo minuto che si é fatto ormai largo in Italia. Depretis precede e prepara Crispi.

Vediamo, difatti che con Crispi le cose non mutano poi troppo. Ascende in nome della Sinistra, e si trovano a lui vicini uomini della vecchia Destra. Sta per i due partiti, e si procura una maggioranza che accetti l'insegna d'una Monarchia liberale. Ancora, la lettura dei discorsi elettorali dei rappresentanti i vari settori può essere istruttiva.
Il motto "Monarchia e libertà" di Zanardelli, vien ripreso da Crispi (1). Il quale Crispi, dal canto suo, mentre, da Presidente dei Ministri, non esita a dire che, contrariamente all'opinione ormai diffusa, le due grandi divisioni han motivo di essere, « perché l'esistenza di due partiti legali corrisponde così all'indole umana, divisa tra la inspirazione ed il calcolo, che alla necessità di un libero governo, nel quale le generose-audacie han d'uopo di essere frenate dalla titubante meditazione » (2) e parla di ricostituzione dei partiti, non dice poi su quali basi la ricostituzione potrebbe effettuarsi, e si comporterà praticamente in modo tale da meritare anch'egli la qualifica di trasformista. Tutto quel che egli tiene a far capire é che egli é uomo di Sinistra, sebben devoto alla Monarchia.
Talché, chi vorrà poi approfondire le sue idee in proposito, dovrà, come il Baccarini (3) rifarsi al discorso di Palermo del maggio 1886 (4), al discorso dell'82 (5), a un altro discorso del novembre 1881, (6) ai discorsi ove viene ribadito il concetto che per il corretto funzionamento del Parlamento occorrono due partiti, il Conservatore e il Progressista.

(1) F. CRISPI - Il Disc. di Torino, 25 ott. 1887, Roma, Stab. Tip. It. 1887, pp. 11-12« È dunque nell'amor della patria, nella fede nella Monarchia e nella Libertà che noi cercheremo di fare... ». « Noi abbiamo fede, ad esempio, piena ed intera, come nella Monarchia, nella libertà, etc. ».
(2) Id. p. 9.
(3) V. Disc. del dep. ALFREDO BACCARINI pron. al banch. offertogli dai suoi eletti in Ravenna il 6 nov. 1887, Ravenna, Calderini 1887.
(4) « Vi parlai della ricostituzione dei partiti nel 1882 e vi dissi come la loro esistenza sia una necessità nel regime parlamentare. Codesti partiti non possono essere che il Conservatore ed il Progressista e debbono aggirarsi nella sfera del diritto plebiscitario, cioé debbono essere unitari e monarchici ».
(5) « Chiamateli destra e sinistra moderati e progressisti; radicali e conservatori; date loro il nome che vi piace, i partiti vi debbono essere, e se non ci fossero bisognerebbe crearli".
(6) "« E possibile che sui banchi di sinistra siedano conservatori e progressisti in quelli di destra. In questo caso non vi è altra necessità che la classazione delle persone secondo le idee e i principi nei quali hanno fede. Sarà uno spostamento di individui da un banco all'altro, e non una trasformazione di partiti ».


Sono ancora idee da tavolino, buone a soddisfare i comizi, e anche i teorici ostinati, come lo stesso Baccarini, il quale dichiara di seguire il Ministero perché il Ministero é di Sinistra, ha un programma di Sinistra storica, un programma dai giornali dei tempo giudicato « radicale-costituzionale », e va dalla democrazia con il Re all'emancipazione del giudiziario dall'esecutivo. Senonché, ecco il Bonghi e il Codronchi (ex segretario generale del ministro Cantelli) dichiararsi anch'essi Crispini, ministeriali !
I « trasformisti », che secondo l'opinione della stampa avrebbero dovuto scomparire dopo i due discorsi Crispi e Baccarini, trovano che c'è sempre modo, per essi, di esistere : anzi! Ma sì, a ben vedere essi non si spaventeranno né del Senato elettivo, né dei sindaco elettivo, nè della responsabilità dei Ministri, né degli altri punti dei programma sinistrissimo del Baccarini.

Che vuol dire ciò? Vuol dire ancora e soltanto questo: che veramente alcune nuove idee si fanno avanti in tutti, da tutti accettate; che altro dovrà essere il criterio differenziale per cui i partiti si divideranno! Vuol dire che si dovrà, possibilmente, andare più avanti del Bovio, se veramente, si vorrà trovare una nuova e seria discriminazione : non più da una parte autorità e dall'altra libertà, ma da una parte talune istituzioni, dall'altra altre. Ormai non si tratterà più di distinguere la Sinistra Storica dall'Estrema Sinistra, ma il Progressismo dal Socialismo, un tipo di Stato da un altro. Ma così si sarà finalmente passati dall'accademia alla vita, dalla preistoria alla storia.
conservatori; date loro il nome che vi piace, i partiti vi debbono essere, e se ion ci fossero bisognerebbe crearli ».


RODOLFO DE MATTEI

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Ma morto Depretis, cosa avviene? Che ci sono le elezioni in programma, e con il vecchio garibaldino Crispi, la storia si ripete. Riverire il Parlamento, e insieme esautorarlo; fidarsi del Paese e dichiarare d'interpretarlo, al di fuori dell'assemblea; credere nei due fronti, e risolvere questi fronti nel binomio Crispi e avversari di Crispi. E a parte varie differenze di tempi gusti, e uomini, Crispi mostrando di interessarsi alle discussioni sul problema della dittatura, dei pieni poteri, del Primo MInistro, della Corona, prima di cadere, fa del "precursionismo".
Al partito unico di Mussolini !


Lasciamo Crispi e il "trasformismo"
ed eccoci al PARTITO UNICO a "LUI" e alla sua DITTATURA
ecco il panegirico fatto su Civiltà Fascista nel 1936

VERSO UN PARTITO UNICO
(compresa la "DITTATURA"?

Dire «Trasformismo » è lo stesso, generalmente, che alludere al periodo depretisino, talchè la fase così inonoratamente consegnata alla storia della Terza Italia è ufficialmente chiusa con la morte del « Vecchio » di Stradella : e tuttavia val la pena di esaminare ciò che alla morte del Depretis avviene.
Si ha, a tutta prima, da parte degli avversari un respirone di sollievo. Scompare finalmente il "Mago" che sembrava adoperasse personalmente i filtri di lunga vita, sperimentando nel prossimo quelli dell'adescamento; sale al potere uno che già ha combattuto Depretis e il trasformismo ; dunque, l'aborrita pratica scomparirà anch'essa.
Intanto, ecco un volgersi ansioso da Destra e Sinistra verso il nuovo Presidente : che farà ? che se ne farà ? Ma le intenzioni di lui preferiscono restare oscure. Depretis muore a fin di luglio '87 e il primo discorso ufficiale di CRISPI è del 25 ottobre. Tre mesi di pausa, durante i quali il vecchio garibaldino amico di Umberto ha modo di saggiare i venti, di orientarsi, di scegliere il suo metodo. Ora, che direzione hanno questi venti, e quale sarà questo metodo ?

La storia si ripete. Destra e Sinistra si volgono, ugualmente, con favore verso il nuovo Presidente ; ognuno dei due settori conta su di lui. Quelli di Destra se ne fidano : non vi son forse, al Governo, Brin, Saracco, Bertolè-Viale ? E non ha fatto capire, il Crispi, che l'Estrema Sinistra l'avrà da fare con lui ? Il 25 ottobre ha luogo, a Torino, il discorso politico che ha una risonanza pari a quella del programma di Stradella, ed ecco (s'avvicinano le elezioni) cominciano nei discorsi elettorali le adesioni d'ogni parte. La Destra dunque aderisce per bocca di Bonghi e Codronchi, la Sinistra applaude per bocca di Baccarini e Fortis. Taluno già vede riprodursi, nella storia parlamentare, una fase tipo Depretis... Il 19 novembre ha luogo una riunione nella Sala Rossa di Montecitorio, con la partecipazione d'ogni gruppo parlamentare : anche qui, adesioni in massa.

E dunque ? chi farà l'Opposizione? e che avverrà del regime parlamentare a base di partiti ? Anche stavolta, gli zelanti del sistema protestano ; nell'aprile dell'88 comincia alla Camera, a carico di Crispi, il processo già subìto dal Depretis. « È un Rabagas », grida l'on. Toscanelli, perchè per «soddisfare la sua ambizione e per mantenersi a capo del Governo rinnegava continuamente i propri principi, tradendo gli altri e se stesso » (1). È quel che già s'era rimproverato al Depretis. Dal 10 al 14 aprile, le requisitorie fioccano ; parlano i deputati Colombo, Panizzi, Prinetti, Costa e Mal, sul bilancio dell'Interno. Crispi resta impassibile, come in simili congiunture soleva restare il Depretis ; e la ragione sarà infine dalla sua : non avrà che quarantacinque voti contrari.
Ma nell'89 l'assalto si ripete, e stavolta assalitore alla Camera è il Nicotera. Si rinnova al Crispi la nota accusa : di bilanciarsi abilmente, lusingandoli tutti, tra i diversi partiti della Camera, per restare sempre a galla e a cavallo. E, in verità, al Governo vengon chiamati dal Crispi, secondo l'opportunità pratica, uomini di Destra e Sinistra, i quali, d'altra parte, non hanno timore di mescolarsi. Nell'88 si era dimesso Coppino ed era salito Boselli, nell'89 veniva chiamato Costantino Perazzi, antico collaboratore di Quintino Sella. Dal 14 al 16 febbraio 1889 le discussioni si accaniscono. «Discutiamo », dice Nicotera, « se l'on. Crispi deve esser tirato di qua o tirato di là». La votazione dà 247 sì, 115 no, 36 astenuti, mentre 20 si squagliano. Ne segue una crisi ministeriale. Il Ministero si dimette, « atto che fu giudicato nuovo indizio di ambizione e una continuazione della politica della quale il Crispi aveva fatto rimprovero ad Agostino Depretis : quella di accozzare e rafforzare Ministeri collo scopo di rimanere sempre a capo, e dominare così più agevolmente l'Opposizione ».
(1) Cfr. anche FEDERICO GABELLI, L'Italia con F. C., Disc. agli elett. del II Collegio di Treviso, Ducker e Sinigaglia, Padova, p. 28: "Concorrerà al monumento di Sardou, perchè ha scritto il Rabagas ».

Più tardi altra crisi. Ma per comporre il nuovo Ministero cosa farà, il Crispi ? Si volgerà a Destra, a Sinistra, ai due centri, e metterà su un Gabinetto di coalizione, a cui vengono chiamati il Seismit-Doda (di Sinistra), il Giolitti (centro sinistro temperato), il sen. Gaspare Finali, intimo di Minghetti, il La Cava, e in cui restano il Bertolè-Viale, il Brin, il Boselli, tutti di Destra. Così si grida ancora al « guazzabuglio », al nuovo Trasformismo (1). Val la pena di rilevare gli attacchi, specie quelli mossi da coloro che pur avevano assecondato il trasformismo di Depretis. Secondo il Prinetti, Crispi, entrato in un Ministero che si reclutava sopra sette settori della Camera, «...non ebbe pace se non quando potè ottenere che tutti gli otto settori vi fossero rappresentati e che l'iride politica del suo Ministero fosse completa... Ha con somma cura cercato di mantenere nel suo Ministero tutta la gamma dei colori politici. Ha compensato l'entrata dell'on. Boselli con quella dell'on. Fortis ; quella dell'on. Perazzi colla risurrezione dell'on. Miceli. Se noi esaminiamo l'opera biennale dell'on. Crispi, troviamo che essa è una continua oscillazione tra le più opposte tendenze politiche lusingando or l'una or l'altra senza che mai il pensiero del Governo apparisse chiaro e definitivo in modo da meritare amici costanti e costanti avversari. L'on. Depretis, che faceva talora con molta maggiore abilità una simile ginnastica parlamentare, fu rimproverato una volta di avere una maggioranza d'estate e una d'inverno; l'on. Crispi ha cercato invano di indossarle insieme, di aver una Camera unanime, incapace di imporre ai di lui voleri freno o misura... » (2).

I di lui voleri : ecco anche un accenno polemico al prevalere autoritario e rude della volontà e personalità del nuovo Presidente. Attacchi a questo manifestarsi, sempre più energico, di personalità, cominciano a fioccare. La Camera non è abituata a questo regime di forza ; se mai, è avvezza a essere blandita. Ora, cosa risponde il Crispi ?
Intanto, che dittatore non si sogna di essere, giacchè «l'Italia è un paese troppo fatto per la libertà per poter tollerare dittature » (3), che è stato sempre « obbediente al volere del Parlamento » (4), poiche' crede e spera e conta nei partiti, ben distinti e attivamente operanti.

(1) Il carattere trasformistico del governo di Crispi viene ampiamente rilevato da P. Vigo, Storia degli ultimi trent'anni del sec. XIX, Treves, Milano, vol. V, PP. 237, 244, ecc.
(2) Cfr. L'attuale situazione parlamentare e politica, discorso del dep. GIULIO PRINETTI pronunciato il 27 gennaio 1889 per iniziativa del Circolo Popolare di Milano, Milano, íp. Boniardi-Pogliani, 1889, pp. 9-11.
(3) P. CRISPI
Discorsi parlamentari, vol. II, Roma, tip. della Camera dei deputati, 1915, p. 872.
(4) ID., « Mi s'incolpa di aver violato la Costituzione, di voler fare il dittatore... Dacchè io sono al potere, nulla si è fatto senza l'ordine del Parlamento ».
Discorsi parlamentari
, vol.. III, p. 465, torn. 6 marzo 1890. E ancora: "Mi si imputa essere un autoritario, ma in verità io non conosco un Governo così democratico come il nostro.... " D. p., vol. III, p. 508, n. 26 marzo 1890. « Se mai avessi avuto quest'ambizione di una dittatura, che non saprei neanche esercitare perché l'animo mio ne rifugge, non avrei proposto alla Camera la legge la giustizia amministrativa", torn. 31 maggio 1890. Ecc.
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« Giammai fu nella mia mente l'idea che nei Parlamenti non siano necessari i partiti »
(F. Crispi, Discorsi parlamentari, III, p. 505, torn, 26 marzo 1890) : anzi aggiunge che il Ministero ha fatto il possibile per costituirli, e un'opposizione, purchè sincera e sicura, sarebbe di suo gusto. E si riferisce solo, se mai, all'opportunità di trasformarli, questi partiti, e, al solito, se ne appella all'Inghilterra, che «in coteste materie dà lezioni a tutti» (Torn. 26 maggio 1890).
E se il Nicotera e altri si scandalizzeranno della curiosa solidarietà accordatagli da opposti settori della Camera, egli risponderà solo che questa non è poi una novità negli annali parlamentari, e che gli uomini non sono separati dai settori ma dai programmi. L'importante è che vi sia al potere un uomo politico fornito di un programma. « Se accanto, se insieme a lui, uomini che altra volta militavano in opposti banchi questo programma confortano e aiutano, non per questo si deve concludere che quell'uomo politico ha disordinato la Camera, e ha portato una confusione nei partiti »
(Torn. 31 maggio 1890).

Tuttavia, presentandosene l'occasione, può anche talora consigliare i parlamentari a fare opera di sano patriottismo dimenticando ogni discussione, e associandosi tutti a lui in un grande sforzo unitario che abbia per sola mira l'Italia : una tregua di Dio, insomma, per superare una fase difficile di vita nazionale. «Nessuno più di me desidererebbe che la vera ricostituzione dei partiti potesse effettuarsi; ma, per quanti sforzi si siano fatti, da parecchi anni non si è arrivati se non che ad una confusione d'idee, a costituzione di frazioni anzichè di partiti». Ora, « in questo momento che la patria ha bisogno di tutte le sue forze vive, dell'opera di tutti gli uomini di buona volontà, di tutti gli unitari, siano essi di sinistra, siano essi di destra, siano democratici, siano conservatori, noi abbiamo creduto obbligo nostro di dirigerci a tutti costoro per aiutarci nell'impresa ardua alla quale ci siamo accinti » (Disc Parl, vol.III, p. 676, C. dei Dep. torn. 20 dicembre).

Questi concetti egli ripeterà in Senato lo stesso giorno, presentando il nuovo gabinetto.

Siamo nel '93, epoca di fermenti. Ma sono accenti, questi ultimi, che rammentano da vicino lo spento vinattieré. Eppure ora l'Assemblea ne diffida ; due anni dopo Crispi, osteggiatissimo, viene sbalzato di sella. Qual'è dunque il rapporto fra Depretis e Crispi, e quali le ragioni del diverso atteggiamento della rappresentanza del paese nei confronti dell'uno e dell'altro ?

* * *
Due temperamenti diversissimi, Depretis e Crispi ; calmo, costruttivo, abile manovratore l'uno ; vulcanico, discontinuo l'altro ; e diverse in fondo le rispettive sottintese intenzioni, se pur, volta a volta, identica qualche manifestazione : e la Camera, di regola sensibilissima e ricca d'intuito, ha percepito la differenza ; sicché si regolerà in conseguenza.

Qual'era, in sostanza, il concetto posto dal Depretis a base del suo «trasformismo » ? Che essendo finiti i partiti storici, e perduta la possibilità di ricomporli, più pratico (e, tra le righe, più conveniente, attesa la pressione delle forze estremiste) appariva mettere su, a qualunque costo, a qualunque patto, un nuovo grande partito liberale, ove si trovassero d'accordo quanti di Destra e Sinistra non vedevano più barriere fatali fra loro. Il Minghetti testimonia codesto sforzo e lo avalla, nei discorsi elettorali, fino alla vigilia della morte del «Vecchio». « Costituire "un partito" essenzialmente governativo e di ordine, liberale e conservatore a un tempo, deciso a mantenere incolume lo spirito delle istituzioni... La formazione di questo partito, parve, come dissi, essere il massimo dei voti dell'on. Depretis»
(Disc. Minghetti, nell'Opinione del 10 maggio 1886).

E
l'Opinione (del 31 luglio 1887) dirà, in morte del Depretis: « Egli voleva in una parola che si costituisse solidamente un grande partito di governo » E la Sentinella Bresciana (del 31 luglio 1887): «Si adoperò con tacita operosità... a formare un nuovo partito liberale costituzionale » . E si potrebbe continuare. Fatica ardua, che doveva costare molto sudore al vecchio « alchimista » costretto continuamente a colmare filtrare rimescolare : ma fatica ben definita e non priva di un suo merito, che inoppugnabile sarebbe stato veramente se a questo partito, una volta costituito, fosse stato assegnato un non effimero contenuto ideale. E che il Depretis avesse trovato seguaci e confessori appare, dopo tutto, naturale. La costituzione di un simile nuovo partito era in fondo nelle aspirazioni generali, e l'attuazione del bel sogno avrebbe compensato a usura la scomparsa delle vecchie distinzioni. Frantumare i classici settori, a patto di costituire un fronte unico, era ancora una bella impresa.

Ma qual'é invece il concetto di Crispi ? Ben diverso, se non l'opposto. Crispi - salvo le ultime occasioni, in cui si appellerà al patriottismo liquidatore dei settori
("Dobbiamo dar prova che in Italia non c'é differenza fra un partito e l'altro, e che non ci può essere, in Italia, diversità di opinione quando si tratta della dignità nazionale, ecc. ». F. C., Discorsi parlamentari, vol. III, p. 77, Camera dei Deputati, torn. 12 maggio 1888.) - riaffermerà continuamente, religiosamente, il suo rispetto per la teorica dei partiti, per l'esistenza dei due fronti, per la dottrina inglese che vuole tories e wighs ; fa continue professioni di fede nel Parlamento, per il quale sogna un nuovo grande edificio ; ma praticamente si comporterà in modo da annullare le competizioni e le opposizioni, da distruggere i settori : e non, beninteso, per creare alcun nuovo grande partito nazionale, liberale o conservatore che fosse, ma per concentrare in sé, nella sua personalità prorompente e certo ricca di fascino, ogni iniziativa e autorità e qualifica. Alla Luigi XIV Crispi può dire, se mai : "il Partito sono io, come al Petruccelli, negando d'essere mazziniano o garibaldino, poteva dire : «lo sono Crispi » (PETRUCCELLI DELLA GATTINA, I moribondi di Palazzo Carignano, Bari, Laterza, 1913).

Ma si comprende perfettamente come tale contraddizione risultasse evidente, e priva di giustificazione, agli uomini dell'Assemblea. Era lecito auspicar la ricostituzione dei partiti e sbriciolarli con rude autorità ? Le accuse, le resistenze, le aggressioni al Crispi sono assai più fitte di quelle mosse al Depretis, e suonan forse nostalgico omaggio all'ormai sepolta speranza di un nuovo grande partito, alimentata - almeno, a parole - dal morto « Mago ». Appariva palese che, oltre ai due classici settori, Crispi avesse ucciso anche il nuovo, non ancora venuto alla luce : e forse quest'amarezza dà la chiave delle opposizioni.
Che cosa rimprovera l'on. Toscanelli a Crispi ? Di volere un regolare funzionamento della Camera a mezzo di un regolare funzionamento dei partiti, e di aver messo su invece un Ministero personale, che desidera di circondarsi solo di «amici», non di credenti in un programma, che chiede fiducia e non fede.

« La destra fu sempre un partito liberale, la Sinistra fu un partito liberale democratico ; ma gli atti del Ministero attuale, siccome sono in antitesi col concetto liberale, é ben naturale che non trovino un vero partito che li sorregga» (1). Tanto più si palesa la necessità di chiarezza, quanto più si profila, da una certa parte, un raggruppamento ideale piuttosto preciso, quello socialistico. ANDREA COSTA dice anche lui, a un certo punto delle cose che dovrebbero finalmente convincere il nuovo Presidente della sempre più matura esigenza del tempo : un metodo che andava sì e no bene al '78 non può più andar bene all'88. «Da questo circolo vizioso uscirà solo quel Ministro il quale sarà convinto che, col suffragio esteso, il Governo non vince se non dove sia riuscito a stabilire col suo programma chiaro e definito una corrente d'idee in suo favore, in altri termini dove prevale non come Governo, ma come Partito » (2).
E cosa dice l'on. Prinetti, già seguace del Depretis e ora fiero nemico del Crispi ? Che, in sostanza, il trasformismo del Depretis tendeva a creare « un nuovo Partito capace di governare per lungo tempo il Paese, capace di sopravvivere all'uomo stesso intorno al quale esso si é raccolto » : opera seria, mirante all'avvenire e degna di riscuotere ogni sincera adesione. Purtroppo, il Depretis non era riuscito nel suo intento : gli eran mancate le ali, cioè gl'ideali ; le miscele si erano presto dissolte, e chiamando a collaborare Crispi e Zanardelli, due ex avversari, egli « rogava l'atto funebre dell'opera sua » (3).

(1) Atti parlamentari, Camera dei Deputati, Leg. XVI, 2a sessione, torn. 11 aprile 1888, p. 1650: « Si dice che la Camera non può procedere regolarmente se in essa non funzionano i partiti ; e questo fu più e più volte ripetuto dal Presidente del Consiglio, e specialmente nel discorso che pronunciò al banchetto di Torino. Ma questa mancanza di partiti, questa poca vitalità che si lamenta nella Camera, è colpa della Camera o é una conseguenza dei sistema politico del Primo Ministro ? Io non esito a dichiarare che, a mio giudizio, la Camera non ne ha colpa alcuna. Infatti, non è vero che prima che l'on. Crispi giungesse al potere non esistessero partiti ; io ricordo duecento deputati bene organizzati che costantemente votavano contro la precedente amministrazione, dunque il confusionismo esiste soltanto oggi... Lasciamo anche stare l'avviso affisso alla Camera il 19 novembre col quale non si convocano né i liberali né i democratici, ma bensì tutti gli amici del Ministero, perché questo basterebbe a giustificare l'opinione che l'attuale é.... un Ministero personale ».
(2) Atti parlamentari, cit., torn. 12 aprile 1888.
(3) PRINETTI, op. cit., p. 8.


Finito il vecchio trasformismo, ne è sorto uno nuovo : senonché quello di Depretis mirava a uno scopo costruttivo, questo di Crispi si risolve in metodo negativo: muoiono i vecchi partiti e non ne nasce uno nuovo:
si afferma solo una personalità che poi rende omaggio - e sembra ironia - al parlamentarismo tipo inglese... E allora, se tale omaggio va preso alla lettera, non resta che abbattere l'inconseguente.
E Crispi crollerà, travolto dal grande equivoco. Sorgerà, sì, l'on. Gallo a difendere il Crispi : ma che deboli argomentazioni ! Vorrebbe si domandasse, anziché a Crispi, perché ha chiamato Forti, Perazzi, Miceli, Nicotera, a costoro perché sono venuti a Crispi, e distingue fra «unione » e « coalizione », e ritiene necessaria la creazione di nuovi partiti... (1).

Parole. Ormai il disincanto é grande ; e anche Bonghi dirà la sua, rimprovererà a Crispi di far da Presidente del Consiglio quel che aveva censurato in Depretis : «Il Paese non comprende ancora se il Ministero presente sia più di Destra o più di Sinistra del precedente e a quale corrisponda dI quelli che si è detto l'on. Crispi abbia avuto in animo di costituire» (2).

La verità é che ciò che si chiede da ogni parte, da tutti, é - visto che unanime é l'accordo nel ritener morte Destra e Sinistra - la costituzione di un partito unico, in cui da tutti si potesse leggere e da cui il sangue potesse far circolazione con quello del leader. Governo forte, sì ma in che senso ? Forte di un partito : solo in questo senso era ormai solo possibile interpretare l'antica aspirazione del Paese. E quanto commoventi le polemiche sulla natura, sull'esistenza, sulla vitalità di questo partito. Potrà esistere ?, come ? quando ?, esiste già? Sì, che può, dice l'Ausidei, e traccia le linee di un «Partito liberale conservatore in Italia » (3). No che non può, dice taluno (4). Sì che potrà, ribattono altri (5), si tratta solo di aiutare il paese a generarlo. Ma è già manifesto, notano altri ancora (6), ed ha i colori della Libertà e della Monarchia. Non sembrino accademie. Sono discussioni che documentano un travaglio e una fase di maturità. Si comincia a comprendere che se si vuol contrapporre qualche cosa di serio alla nuova formazione socialista, non si può prescindere dal dovere di un nuovo grande inquadramento nazionale.

(1) Atti parlamentari, Ieg. XVI, Camera dei Deputati, 3a sessione. Discorso torn. 15 febbraio 1887.
(2) Atti parlamentari, Camera dei Deputati, Ieg. XVI, 3a sessione. Discuss. torn. 15 febbraio 1889, P. 784, sgg.
(3) VINCENZO AUSIDEI,
Di un partito liberale Conservatore in Italia, in « Rass. di soc. e pol. , fase. CLXIV, 15 dicembre 1889.
(4) GUIDO JONA,
Il partito Conservatore nazionale, in « Rass. di sc. soc. e pol. », 15 febbraio 1890.
(5) R. BONGHI, Il programma di un partito.
(6) CARLO DI LEVI, Elezioni generali, « Rass. di sc. soc. e pol. », 1 novembre 1890.

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Le « coalizioni », i «connubi » andavano bene, potevano stare in rapporto, ai tempi dei gruppetti dissidenti : ma adesso il nemico serrava i plotoni: si poteva ignorarlo ? Poteva bastare a combatterlo l'affermazione di un'individualità d'eccezione, ma disarticolata ? Evidentemente no; eppure l'unico a non rendersene conto é ancora e soltanto lui, Crispi, dispregiatore aprioristico del socialismo, assertore del proprio diritto di personale iniziativa, da primo ministro.
Senonché, ora incalzano le elezioni : ebbene, si potrà sfuggire a una presa di posizione ideale ? Due anni prima, il Prinetti aveva temuto, prospettato questo momento : « Se dovessimo venire alle elezioni generali... io non so con quale Programma, in quali questioni, in qual modo ciascuno di noi si potrebbe presentare agli elettori, ed io non vorrei che la lotta elettorale avesse da combattersi sopra un nome...» (1).

Ma dov'era questo programma, dov'era questo partito ? Se il governo ne avesse avuto, nitidamente, uno, si osservava, i partiti si sarebbero mantenuti o costituiti. «Un programma l'on. Crispi dichiarava di averlo e molto diverso da quello dell'on. Depretis. Questo finché si é mantenuto oppositore. Ma, asceso al potere, la condotta sua non fu punto diversa da quella dell'on. Depretis. I medesimi tentennamenti, le medesime contraddizioni che si rimproverano all'on. Depretis, possono e debbono essere rimproverati all'on. Crispi. La confusione... si é aggravata col Ministero Crispi » (2).

Bisogna dunque ormai decidersi. Una personalità anche se grande, appunto perché grande, non può non dar vita a un organismo ideale. Ed ecco qualche biografo rilevare che al '90, in vista delle elezioni, Crispi si fece un programma di governo che si basava sopra la formazione di un grande partito liberale conservatore (3). A questa notizia, le adesioni fioccano. Finalmente ! Era quanto si sperava e attendeva. Di Rudinì, Luzzatti promettono il loro appoggio. Senonché dopo la vittoria elettorale del dicembre '90, ecco la maggioranza sfasciarsi, ecco Di Rudinì allearsi con Nicotera contro Crispi ; ed ecco, nel gennaio '91, questi cadere.

(1) Atti parlamentari, Leg. XVI, 2a sessione, Camera dei Deputati, torn. II aprile 1888.
(2) F. GABELLI, Op. Cit., p. 9.
(3) LEONE FORTIS, F. Crispi, Voghera, ed. Roma, 1895.

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Che vuol dire ciò ? Vuol dire solo che questo programma e questo partito, abbozzati all'ultim'ora, e senza un sincero e largo soffio animatore, che non poteva d'altra parte venire da un Crispi inteso soprattutto, se non esclusivamente, all'affermazione della propria libera iniziativa, non eran vitali. E' un fatto, che nel discorso di Firenze (8 ottobre 1890) il Crispi, pur indugiandosi a parlare di vari problemi (politica estera, irredentismo, ecc.) non s'era seriamente occupato di questo, cruciale. In fondo, non lo sentiva, e i larghi ceti politici ne avevano la percezione. Si doveva capire, in fondo, che il Presidente era meno preoccupato dell'affermazione di una dottrina che della propria arte di governo, delle proprie doti personali, delle proprie possibilità, certo capaci di affrontare le eventuali situazioni, ma non bisognose di un'articolazione programmatica. In tal senso si spiega come il contributo del Crispi possa apparire a taluno, sguarnito di una vera e propria dottrina politica. Ed é un fatto che non si vede il Crispi partecipare attivamente alle polemiche convulse di quegli anni sulla formazione e sul contenuto di un nuovo partito.

Piuttosto, il Crispi mostrerà d'interessarsi alle discussioni sul problema della dittatura, dei pieni poteri, del Primo Ministro, della Corona : problemi certamente interessanti, ma inerenti a una stretta meccanica costituzionale : mentre la questione era più ampia e altrove. E difatti, quando Crispi cadrà, e i quesiti dei pieni poteri e annessi avranno avuto il loro svolgimento, l'altro problema grosso resterà, e si prolungherà oltre il secolo. Insomma, la democrazia italiana continuerà a cercare angosciosamente la sua dottrina politica cardinale e un partito che la divulghi.
(sta diventando il precursore del fascismo).

Sicché, a distanza di tempo, le fasi del contrasto fra Crispi e il Parlamento, risultano nitide (1). E sorprende davvero rilevare in.....

(1) La bibliografia su Crispi non può dirsi ancora adeguata ; né abbondante cioé, né all'altezza dell'integrale problema storico. I numerosi profili, e i richiami di questi ultimi anni, se hanno giovato alla rivendicazione di taluni titoli di merito del C., si sono esauriti nella descrizione esterna dell'ambiente crispino, trascurando l'analisi dell'opera dell'uomo di governo in rapporto allo svolgimento delle idee politiche del paese. Insufficienti, pertanto, le ricostruzioni tipo GUALTIERO CASTELLINI (
Crispi, Firenze, Barbera, 1924) ; e relativi solo a taluni aspetti dell'opera del C. i saggi di G. PIPITONE FEDERICO (L'anima di F. C., Palermo, 1910) ; di T. PALAMENGHI CRISPI (L'Italia coloniale e F. C., Milano, 1928) ; ecc. Eccellente fra tutti, nitido e imparziale, lo studio di A. C. JEMOLO (Crispi, Vallecchi ed., Firenze, 1922) ; ma la di cui comprensità, utile al largo lumeggiamento della figura del C., non favorisce l'analisi di dettaglio in rapporto a questioni specifiche, quale appunto quella ch'é oggetto della presente nota.

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Crispi qualche contraddizione, che non é tra giornata e giornata - quella ch'egli ammetteva, e va ammessa, in chi vive e non stagna - ma fra precetto e metodo. Riverire il Parlamento, e insieme esautorarlo ; fidarsi del Paese e dichiarare d'interpretarlo, al di fuori dell'assemblea ; credere nei due fronti, e risolver questi fronti nel binomio Crispi e avversari di Crispi.
Ecco quanto a una rappresentanza nazionale - se mai indotta a confidar solo in una nuova grande formazione - doveva riuscir poco intelligibile e poco accettabile. Equivoco grave, lotta durissima che dovevano ripercuotersi dolorosamente e cupamente nello spirito del Crispi e nella storia del tempo : ma che non saranno scevri d'istruzione.

Istruzione, soprattutto, per quanti troppo facilmente indulgono a un troppo sbrigativo parallelismo fra autorità e autorità, fra antiparlamentarismo e antiparlamentarismo, fra Crispi e il Mussolini che spunterà dopo. A parte varie differenze di tempi e gusti, v'ha un carattere distintivo di ande importanza tra il primo (del suo « precursionismo » é stato già utilmente detto) (FRANCESCO ERCOLE,
La personalità storica e il pensiero politico di Francesco Crispi, in Pensatori e Uomini d'azione, Mondadori, Milano, XIII, pp. 297-389.) e il secondo. Quello di aver distrutto a patto di creare, é aver costruito quel che non s'era saputo o potuto o che avrebbero voluto costruire prima: un «nuovo grande partito nazionale », di cui le generazioni scorse, insofferenti d'ogni tecnica parlamentare britannica, avevano avvertito l'urgenza.
Merito della nuova volontà é nell'aver potuto riassumere ed esprimere un'esigenza nazionale : il che si poteva solo a patto di un'opera edificatrice, e a tipo italiano.
Il che è quanto ansiosamente domandavano gli uomini di ieri.


RODOLFO DE MATTEI
(da Civiltà Fascista, n.1, gennaio 1936)

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