PAPA GIOVANNI XIII


Angelo Giuseppe Roncalli ( n. 25 novembre 1881 a Sotto il Monte (BG)
(Pontificato dal 28-10-1958 al 3-6-1963)

vedi qui .....l' Enciclica "Pacem in terris"

Angelo Giuseppe Roncalli nacque a Brusicco, frazione di Sotto il Monte, in provincia di Bergamo, il 25 novembre 1881, terzogenito di Giovanni Battista e di Marianna Mazzola.

Compì gli studi elementari sotto la guida del sacerdote don Pietro Bolis e, nell’ottobre del 1883, entrò nel Seminario Minore di Bergamo.

Nell’autunno del 1900, il vescovo di Bergamo, monsignor Camillo Guindani, si interessò a lui e lo spinse a frequentare il quadriennio di teologia alla prestigiosa scuola “Apollinare” di Roma. A diciannove anni Angelo Roncalli frequentava il terzo corso di teologia, cioè era già al penultimo anno, ma fino ai ventiquattro anni il diritto canonico gli avrebbe impedito di essere ordinato sacerdote.

Ma Angelo aveva fatto i conti senza pensare alla cartolina di leva, la quale, puntualmente, arrivò. La mattina del 30 novembre 1901 Angelo Roncalli, recluta dell’esercito di sua maestà il Re d’Italia, varcò il portone della caserma Umberto I a Bergamo, ed entrò a far parte del settantatreesimo reggimento fanteria, brigata Lombardia.

Durata della ferma: un anno. Per sentirsi più sicuro fra i compagni di caserma, il futuro pontefice si era fatto crescere un paio di baffi e, poco prima di congedarsi, ricevette la nomina a sergente.

Terminato il servizio militare, tornò all’Apollinare e agli studi con un entusiasmo rinnovato. L’11 aprile 1903 il cardinale Respighi, vicario di Papa Leone XIII, lo ordinò suddiacono, per poi passare, il 18 dicembre, diacono.

Il 10 agosto 1904, Angelo Roncalli fu ordinato sacerdote. Si compiva così il primo capitolo della sua vita: quello che lo aveva visto lasciare il paese natale e l’amata città di Bergamo.

Alla morte di monsignor Guidani, l’alto prelato bergamasco che era stato in qualche modo il protettore di Angelo Roncalli, succedette al vescovato di Bergamo monsignor Radini Tedeschi, il quale si portò con sé, come segretario, il giovane prete Roncalli: era il 9 aprile 1905. Ricoprì questo incarico fino alla morte del vescovo, avvenuta nel 1914, poco tempo dopo la morte di Papa Pio X. Il 24 maggio 1915, a guerra già iniziata, Angelo fu richiamato alle armi nel corpo della sanità.

Dopo qualche mese di servizio in un paio di caserme dell’Italia settentrionale, fu promosso tenente cappellano e destinato a Bergamo. Dopo la guerra gli fu affidato, in seminario, il compito di direttore spirituale.

Per aiutare i giovani bisognosi, decise di fondare, con i suoi risparmi, la “Casa dello Studente”, che venne aperta nell’antico palazzo Marenzi, a Bergamo Alta. Fu la prima istituzione del genere in Italia.

Don Angelo Roncalli si occupò anche dell’organizzazione del primo Congresso Benedetto XV a Bergamo. Nel 1920 il prefetto della Congregazione per la Propagazione della Fede, il cardinale Van Rossum, chiese e ottenne dal vescovo di Bergamo il trasferimento di Don Angelo Roncalli a Roma.

L’8 maggio 1921 fu nominato prelato domestico di Sua Santità: gli si doveva, quindi, il titolo di monsignore.

Fu in quegli anni che Angelo Roncalli, a quarant’anni compiuti, si trasformò in “viaggiatore di Dio”. Visitò molti Paesi europei: Francia, Belgio, Germania, Olanda, Svizzera, Austria. Tutte missioni delicate, per vincere le resistenze dei prelati legati ai vecchi schemi.

Quindi monsignor Roncalli, nel 1925, era pronto, secondo Papa Pio XI, per un nuovo e più impegnativo incarico: visitatore apostolico. Per questo, il 19 marzo 1925, il cardinale Tacci, segretario della Congregazione della Chiesa Orientale, lo consacrava vescovo di Aeropoli, e la sua destinazione fu la Bulgaria.

Dopo quasi dieci anni trascorsi in terra bulgara, Angelo Roncalli fu nominato, il 24 novembre 1934, delegato apostolico in Turchia, raccomandando tolleranza e prudenza. Durante il suo apostolato in terra turca muore, il 29 luglio 1935, papà Roncalli; poi il 20 febbraio 1939, si spegne mamma Marianna.

Il 10 febbraio dello stesso anno muore Pio XI e, il 2 marzo, viene eletto Eugenio Pacelli, esaminatore in teologia di Angelo Roncalli nel luglio 1904 e poi suo “ripetitore” di diritto canonico all’Apollinare, con il nome di Papa Pio XII. Sarà il predecessore di sua Santità Giovanni XXIII.

Durante la seconda guerra mondiale, il delegato apostolico Roncalli, a Istanbul, continuava a raccogliere migliaia di informazioni riguardanti i soldati scomparsi, fatti prigionieri o dispersi. Si fa ascendere a venticinquemila il numero degli Ebrei concretamente aiutati dal delegato apostolico in Turchia.

Il 28 agosto 1941 monsignor Roncalli riceve improvvisamente dalla Santa Sede l’ordine di passare in Grecia. Il popolo greco era disperato. All’invasione italiana era seguita l’invasione tedesca e si era aggiunta ferocia alla violenza propria della guerra. Anche in Grecia Angelo Roncalli dà prova della sua capacità di vivere due vite, la pubblica e la privata, con la medesima intensità e naturalezza.

Il 6 dicembre 1944 ricevette un telegramma con la nomina a Nunzio apostolico in Francia, dove, a Parigi tornata libera dopo lo sbarco in Normandia, Charles De Gaulle ha assunto il comando del governo provvisorio. Monsignor Roncalli ha sessantatrè anni.

A Parigi arrivò la mattina del 30 dicembre e, come sempre in vita sua, si accinse in letizia alla nuova fatica. I francesi amarono Angelo Roncalli. Ebbe anche una parte, marginale ma non secondaria, nella preparazione dell’incontro di Alcide De Gasperi con Bidault alla vigilia della definizione del trattato di pace.

Nel 1947, per la prima volta nella storia dell’Accademia di Francia, un Nunzio fu invitato alla nomina di un “immortale”: Paul Claudel.

Il 12 gennaio 1953 diventa cardinale stando a Parigi, perché è il presidente della Repubblica a imporgli la berretta. Solo in un secondo tempo viene a Roma per ricevere il cappello cardinalizio dalle mani del Papa.

Il 28 dicembre 1953 muore monsignor Agostini, patriarca della Serenissima. Si sa già che Roncalli è destinato a succedergli.

Una delle prime decisioni prese a Venezia fu quella di ricevere quotidianamente, dalle 10 alle 13, chiunque volesse parlargli, senza distinzioni. Il 10 agosto 1954, in grande semplicità, il cardinale Roncalli celebrò nella parrocchia di Sotto il Monte i suoi cinquanta anni di sacerdozio.

Il 9 ottobre 1958 PAPA PIO XII muore; Roncalli è profondamente addolorato per la perdita del grande pontefice, che aveva mantenuto alla Chiesa, durante la guerra, tutta la sua dignità.
Tra i suoi successori viene anche collocato il patriarca di Venezia: nessuno, o quasi, crede che il successore di Pacelli possa essere lui.

Il Conclave, ossia la serie delle sedute dalle quali sarebbe uscito il nuovo pontefice, ebbe inizio il 25 ottobre 1958. Dopo tre giorni di fumate nere, dal comignolo svettante sulla Sistina si sprigionò una nuvoletta di fumo bianco.

Erano le 16,45 del 28 ottobre 1958.

Dopo un’ora il cardinale Canali, protodiacono, appariva alle finestre della loggia detta di Paolo V e annunciava: “Habemus Papam”. Poi si affacciò Giovanni XXIII.

Non solo Papa Giovanni non sarebbe stato un pontefice di transizione, ma il suo nome sarebbe stato scritto fra quelli dei “grandi” della Chiesa. Il 4 novembre 1958 Giovanni XXIII fu solennemente incoronato in San Pietro.

La prima udienza della giornata del Papa era riservata al segretario di Stato. Toccava poi ai cardinali, che però potevano telefonargli anziché presentarsi di persona per esporgli i loro problemi. Fra l’una e le due del pomeriggio, ora in cui di solito pranzava, Papa Giovanni accordava qualche udienza privata. Molto rapidamente lo “stile Roncalli” diventò una caratteristica del nuovo pontificato.

Nessun Papa aveva dato, in tutta la lunga storia della Chiesa, quello che correntemente si chiama una “conferenza stampa” Lo fece Papa Giovanni pochi giorni dopo la sua elezione, precisamente il 6 novembre 1958. I giornalisti ammessi nella sala Clementina, circa cinquecento, provenivano da tutte le parti del mondo.

Secondo la tradizione, il nuovo pontefice doveva uscire per la prima volta dalle mura vaticane per prendere possesso, in qualità di vescovo di Roma, della sua cattedrale, la basilica di San Giovanni in Laterano. Invece Papa Giovanni, infrangendo anche questa consuetudine, visitò prima Castelgandolfo. E fu la prima delle centocinquanta uscite che il Papa, innovatore anche in questo fra i pontefici di Santa Romana Chiesa, compì dal Vaticano.

Il 25 dicembre 1958 radio e televisione trasmisero in tutto il mondo la cronaca della visita del Papa all’ospedale romano del Bambino Gesù. L’avvenimento era importante. Il giorno dopo, Papa Giovanni decise di compiere una visita al carcere romano di Regina Coeli. Erano esattamente ottantotto anni che un pontefice non si avvicinava ai reclusi.

Dopo soli tre mesi di pontificato, Giovanni XXIII annunciava il Concilio Vaticano II, per il quale furono necessari quattro anni di preparazione e tre di celebrazione, giacchè venne chiuso da Papa Paolo VI nel dicembre del 1965. All’apertura di questo Concilio parteciparono, oltre a tutti i vescovi membri del collegio episcopale, anche i delegati di confessioni cristiane non cattoliche e alcuni laici particolarmente rappresentativi.

Dopo l’enciclica “Mater et Magistra” del 15 luglio 1961, il 31 marzo 1963 Papa Giovanni annunciò di avere preparato un “Concilio dal nome augurale e benedetto”. Era la “Pacem in Terris”, scritta interamente a mano in italiano e affidata per la versione in lingua latina al cardinale Bacci. Nessun altro documento pontificio s’era mai proiettato tanto in avanti nel delineare il futuro del mondo.

La prima avvisaglia della malattia che avrebbe accompagnato il Papa fino alla morte, si era avuta nel novembre del 1962, allorchè era stato colpito da un’emorragia. Fino al maggio del 1963, tuttavia, quella roccia di antico contadino bergamasco tenne duro. Il 27 maggio 1963 le condizioni del Papa si aggravavano.

Alle 19,40 del 3 giugno 1963 Papa Giovanni XXIII muore.

Il mondo piange la fine di un’epoca memorabile di speranza e di pace:
l’epoca di Giovanni XXIII, il Papa buono


Bibliografia:
“Le grandi biografie” - Peruzzo editore.
“I Papi: storia e segreti” - Newton editore.

By: Ennio Dalmaggioni
& Francomputer

ancora qualcosa su di LUI

Papa Pacelli, PIO XII, era un dotto, con opinioni risolute, sperimentato nell'alta diplomazia politica, un protagonista nel periodo della Guerra Mondiale e un protagonista assoluto nel periodo del dopoguerra in Italia con la sua personale guerra al comunismo condotta con ogni mezzo a disposizione. Ma l'arma della condanna morale fu la piu' tremenda, scomunico' tutti i comunisti e quelli che avevano votato comunista, indicandoli come "anticristi", uomini del "mondo del male", "i senza Dio".

Il Cardinale Ruffini in Sicilia reclamò e scrisse addirittura al Ministero degli Interni di mettere fuori legge i comunisti che stavano invadendo l'Isola.

Il Cardinale Ottaviani chiamo' "traditori" quei democristiani siciliani che avevano dato vita a una giunta con l'appoggio proprio dei comunisti, ed è ancora lui il 4 aprile del 1959 a rinnovare la scomunica del 1949 ai comunisti, che estende ai socialisti e ai democristiani ribelli.

Ancora il 18 maggio 1960 l'Osservatore Romano preoccupato dai politici democristiani che stanno inventandosi un centrosinistra, intima a "sottomettersi al giudizio dell'autorita' ecclesiastica".
Il Cardinale Lercaro a Bologna fece suonare le campane a morto perche' la giustizia italiana aveva condannato il vescovo di Prato che aveva diffamato in pubblico e chiamato "pubblici peccatori e concubini" una coppia che si era sposata civilmente con il diritto costituzionale vigente.

L'Arcivescovo di Bari nel 1960 non fece partecipare alla grande festa cittadina del patrono San Nicola, l'intera giunta con il sindaco in testa perche' di sinistra. Per lui i governanti della città di fatto con le disposizioni vigenti  risultavano tutti scomunicati e vietava loro di partecipare ai festeggiamenti con la cittadinanza, che quel sindaco e quella giunta avevano votato.

Insomma Pio XII, lui e la sua vecchia gerarchia, s'arrovello' cercando di rendere realta' la sua volonta' di potenza e morto lui aveva lasciato degni seguaci che ostacoleranno non solo Giovanni XXIII ma anche il suo successore, Paolo VI.
Pio XII è indubbiamente la figura di papa piu' significativo e incisivo negli eventi di questo secolo, i piu determinanti nella politica italiana, di prima e dopo la guerra. Ma quando arrivo' Papa Giovanni, Pio XII a fine del '58, stava già scivolando nella penombra, nonostante il decennale zelo della sua creatura: LUIGI GEDDA. 
Gedda era un uomo molto capace (nato nel 1902, era un esperto di genetica di fama internazionale), ma aveva un ambizioso progetto, anche se era interamente subordinato alla strategia pacelliana. Un uomo iperattivo (presiedente dell'AC giovanile nel 1934, generale nel 1946) che iniziò a guidare come un vero generale le legioni dell'Azione Cattolica, le "armate di Cristo" con proclami guerrieri e di martirio ("per la nostra fede se necessario daremo il sangue"). 
E' anche l'uomo che promuove dentro le case e nelle piazze (mogli e sorelle dei comunisti sono tutte legate alla chiesa), il "sovversivismo" psicologico con il Microfono di Dio di LOMBARDI, che evoca davanti alle folle e alla radio scenari "rossi" apocalittici .
E' Gedda nelle elezioni a inventarsi e coordinare i Comitati civici in 19.000 parrocchie, a guidare 3000 attivisti, lui lo stratega e l'infaticabile onnipresente regista delle elezioni del '48, dell'anno Mariano e dell'Anno Santo. Era presente in cielo in terra e in ogni luogo, e le elezioni del '48 - in sostanza- fu lui a vincerle. Da 8.101.000 presi nel '46 fece il pieno nel '48 con 12.741.000 battendo il Fronte Popolare.

Si voleva insomma riconquistare il potere temporale, evitare di far vincere i comunisti e a De Gasperi allarmato che temeva la sconfitta nelle elezioni del '53 (aspri furono i dissidi con Pio XII) gli dissero che non si doveva preoccupare per l'elettorato, "ci pensera' Gedda con le sue Crociate del Grande Ritorno".
Ma fu tutto un fallimento, siamo fuori dei tempi, De Gasperi accusera' fastidio con la presenza costante di Gedda in ogni luogo dove giungeva; se c'era un comizio Gedda gli mobilitava le folle, 80.000 qui', 100.000 la', spostava i reggimenti, le sue "armate", le sue "legioni della fede". 
GIUSEPPE DOSSETTI non resiste, ma nemmeno De Gasperi; però quest'ultimo critica Gedda ma ne accetta i benefici; Dossetti invece polemicamente preferì andarsene in convento, e perfino GUALA un pio uomo, messo a dirigere la televisione italiana scelse la stessa strada,si fece frate.

Fra il '53 e il '59 c'e' il tramonto della strategia pacelliana (con suo "grande dolore e tristezza" - vedi link su GEDDA già segnalato sopra) proprio con la fine dei metodi disinvolti e fino allora utili di Gedda che verra' (pochi mesi dopo la morte di Pio XII) messo subito da parte il 24 giugno del '59. Un uomo diventato inviso a tutta la politica italiana, alla stessa DC, che ringrazia il "Cielo e Gedda" che gli ha spianato la strada, ma poi dice a lui e ai suoi seguaci, adesso fatevi "tutti" da parte. 

Ed e' il declino di tutto l'apparato di Gedda e delle sue crociate che hanno fatto -dicono i parvenu- solo danni. Ma e' anche la disgregazione di tutto il pontificato di Pio XII che viene appannato e isolato in questo "suo" mondo "chiuso", dove la sua battaglia contro il laicismo e' ormai persa, anzi causò un boomerang. Pio XII ne era già cosciente prima ancora di morire; ma non cercò un rapporto diverso con la nuova realta' del mondo, e il mondo con queste nuove realta' gli si era ribellato.

Ma attenzione, e' lo stesso mondo cattolico a ribellarsi. Sta iniziando il "dissenso cattolico", una frattura dentro l'Azione Cattolica e la Chiesa, che dall'ortodossia assoluta che aveva caratterizzato l’Azione Cattolica durante il fascismo e l’azione dei Comitati Civici nel '48, successe un periodo nel quale, a causa del cattivo esempio della Democrazia Cristiana ("per la quale sono stati fatti tanti sacrifici, ma non è più nostra..." Pio XXII a Gedda) prevalse la linea di rispettare la democrazia qualunque essa fosse; "...ora lavorano per le intese con i comunisti" (Pio XII, Ib. - Vedi GEDDA).

I Padri conciliari che elessero ANGELO RONCALLI, dopo la imponente figura del papa precedente, vollero un periodo pacifico, un uomo mite, condiscendente, non piu' giovane (aveva 77 anni) nonostante Pio XII avesse gia' designato GIOVANNI MONTINI e gli stessi padri conciliari lo avevano gia' indicato come suo successore.

La vocazione di Roncalli, sembra essere quella della cura delle anime. Nel Conclave di apertura, il Cardinale Segretario Antonio Bacci traccia il profilo di quello che dovrebbe essere il nuovo papa "Eminentissimi padri, non un papa dotto, dev'essere soprattutto un pontefice santo".

Angelo Roncalli pochi sanno chi e', non ha mai fatto parlare di se', non e' un anticonformista, non e' un progressista, e' animato da una fede genuina pastorale  da curato di campagna, ed e' quello che ci vuole in questo periodo. E' quello che pensano dentro una certa  lobby curiale nell'eleggerlo. Un papa di "transizione", un papa "pausa", un papa "tregua", dopo il grande potere di Pio XII, in cui ha esercitato un'egemonia assoluta verticale e orizzontale su tutto il clero, chiedendo una totale sottomissione tradottasi poi in soggezione.

Ma gia' nei suoi primi passi, Giovanni XXIII cambia stile, da mite diventa quasi rivoluzionario. Si muove e parla, e anche molto; affermerà  " C'e' chi aspetta dal pontefice l'uomo di Stato, il diplomatico, lo scienziato, l'organizzatore della vita collettiva, ovvero uno dall'animo aperto a tutte le forme di progresso della vita moderna. Venerabili fratelli e diletti figli, tutti costoro sono fuori dal retto cammino. A noi sta a cuore in maniera specialissima il compito di pastore di tutto il gregge".
Infatti parla e si muove nel gregge.

Per la prima volta fa cadere il "muro" del Vaticano e va' fuori Roma  partendo da una stazione -quella Vaticana- da dove non era mai partito un treno, nè poteva farlo visto che era stato costruito un cavalcavia in territorio italiano.
Prima parte per  Loreto, poi ad Assisi; lungo il percorso anche dove non si fermava il treno, nelle stazioncine, nei passaggi a livello, ma anche in aperta campagna, una folla immensa. Poi al ritorno va' in giro per Roma, visita gli ammalati negli ospedali, va a trovare i detenuti di Regina Coeli, ma soprattutto appare in televisione e parla; in Piazza San Pietro le domeniche sempre più affollata, parla; famosa quella domenica in cui concluse un suo discorso con "..Ritornando a casa, date una carezza ai vostri bambini e dite loro che questa è la carezza del papa".

E' il fattore che hanno trascurato chi pensava di tenerlo come ostaggio dentro il colonnato di San Pietro, hanno cioe' trascurato i media, che moltiplicano gli effetti di quelle visite, di quei discorsi paterni, affabili, gioiosi, dove ognuno sembra identificarsi.
E' un effetto dirompente, Papa Giovanni "buca" il video; la gente nell'immaginario collettivo, vedeva il papa come qualcosa di ultraterreno, ora vedeva "venire fuori" dalla tivu' un uomo fatto di carne come loro. Nei piu' sperduti paesi d'Italia i curati delle parrocchie scoprono che il papa parla come loro ed e' fatto come loro, non con quella voce metallica che arrivava da anni dall'etere, di Pio XII, o quella  severita' intellettuale che appariva nelle prime rare immagini televisive o quelle quasi  trascendentali proiettate da GEDDA con il film Pastor Angelicus, il film presentato su tutte le piazze e parrocchie d'Italia nella campagna elettorale anticomunista, su un camion, nel tentativo di rimpiazzare l'effigie onnipresente di Mussolini, quell'uomo che aveva occupato tutto lo spazio dei media per venti anni.

Insomma la figura di Giovanni XXIII conquisto' la platea, la sua preghiera, il culto, la devozione, la pieta', l'ottimismo, quell' affabilita' dimessa ma profondamente umana, turbo' e conquisto' non solo i laici, gli atei, le anime piu' rozze, ma anche i politici di sinistra intervennero più volte; non rimasero insensibili a: "tutto ciò che celebra ed esalta l'amore fra i popoli, l'uguaglianza delle razze, la tolleranza tra religioni diverse, l'avversione alla violenza....che sono le ragioni delle nostre lotte e della nostra stessa vita....che non sono estranee alla nostra esistenza" Da un articolo di G. Saragat che sarà pubblicato domani su Giustizia" (Comun. Ansa del 10 ottobre, ore 16.14)

Ma Papa Giovanni XXIII non e' solo questo, e non e' affatto un mite curato di campagna, e' un "rivoluzionario". Appena tornato da Assisi, l'11 ottobre annuncia l'indizione di un Concilio Ecumenico ma apre anche le ostilita' curiali. La sua decisione di affidare l'allestimento del Concilio alla collegialita' dell'episcopato mondiale ignorando la tradizione che lo vuole invece preparato e organizzato dal Sant'Uffizio, fa aumentare le animosità.  Tanto piu' che il segretario del Sant'Uffizio e' il Cardinale OTTAVIANI, e abbiamo gia' letto alcuni suoi interventi nel criticare quelle "aperture" che invece Papa Roncalli desidera ottenere "dagli uomini di buona volonta'", così giustificando la "collaborazione tra credenti e non credenti" perchè la indica essere quest'atteggiamento una necessita', essere "il segno dei tempi".

Giovanni non revoca il patrimonio teologico, il magistero ecclesiastico, ma insiste sui diritti dell'uomo come tale, sulla liberta' religiosa (non dimentichiamo che e' stato molti anni in Medio Oriente), sui problemi sociali, e vuole:  "trasformare la Chiesa in uno strumento di dialogo e di cooperazione"  offrendo l'assicurazione che la stessa Chiesa "contribuira' al progresso sociale, all'emancipazione degli oppressi, al disgelo dei due blocchi". Queste le sue ambizioni e queste le sue parole; ma le ultime vengono ascoltate con sospetto. "Ma dove vuole arrivare?"

Sembrano parole semplici, persino poco originali, ma è una "svolta" che scatenano una guerra episcopale cercando di vanificare in ogni modo, una per una tutte le riforme giovannee.

Il papa predica il "non intervento nelle faccende politiche"?, la CEI invece il 15 ottobre del '59 ammoniva tutti i cattolici che non votavano DC; rinnovò la scomunica del Sant'Uffizio ai comunisti e la estese anche ai socialisti che si stavano avvicinando ai democristiani, poi l'anatema lo lanciò anche a quei democristiani che si stavano avvicinando ai socialisti e furono tacciati senza mezzi termini come "traditori".

Il Papa l'11 settembre '61 affermava "credenti e non credenti sono tutti nostri figlioli, appartengono tutti a Dio per diritto di origine", e la CEI para il colpo ribattendo "la natura umana non puo' esplicarsi se esclude le "istituzioni e i mezzi" da Dio voluti".

Le "aperture", il "disgelo fra i due blocchi" non tardò a venire: "La Tass di Mosca scrive: "Il Concilio discuterà molte questioni riguardanti soprattutto la dottrina teologica, ma non potrà fare a meno di tener presenti le questioni relative all'odierna situazione internazionale. Felicitandosi con il capo della Chiesa cattolica, in occasione del suo ottantesimo compleanno, Nikita Kruscev gli ha augurato buona salute e pieno successo nel suo nobile desiderio di contribuire alla salvaguardia della pace mondiale" (Comun. Ansa del 11 ottobre, ore 14,27).

Il Papa rispose, e le polemiche non mancarono, mentre i comunisti gioivano.
Ma Papa Giovanni XXIII prosegue imperterrito. L'11 aprile del 1963, il prossimo anno, con la sua enciclica Pacem in Terris, fa addirittura crollare muraglie secolari, preconcetti inveterati, altezzose preclusioni. E non conquistera' solo le folle o affascinera' i non credenti o quelli di altre confessioni e religioni ma conquistera' anche il suo successore Giovanni Battista Montini, il futuro PAOLO VI, un uomo colto e raffinato, dotato di una grande personalita'. Sembrerebbe un conservatore che dovrebbe riallinearsi agli influentissimi cardinali che lo avevano gia' designato (e indicato da Pio XII stesso) prima ancora di Roncalli, e invece, sorpresa, Papa Montini salirà sul soglio pontificio e diventerà il "continuatore" di Giovanni XXIII;  riapre perfino i battenti del Concilio e delude tutti i conservatori che speravano che con la scomparsa di Roncalli ormai "quello" era un capitolo chiuso, sepolto con lui.


"Pacem in Terris" di Giovanni XXIII esterna la sensibilità di un papa nei problemi correnti, che sono le ansie e le aspettative che ha il mondo. Indica i "segni dei tempi" dei lavoratori, il diritto di libertà e la libera manifestazione di pensiero. Clamorosamente giustifica la collaborazione tra credenti e non credenti. E' una svolta epocale!! Sofferta dai conservatori della Chiesa intransigenti a certe manifestazioni progressiste e a certe aperture liberali, che non erano mai state prese in considerazione per atavici pregiudizi o per non perdere il potere.
Giovanni XXIII rivelo' di possedere una straordinaria sensibilita' per i nuovi problemi del mondo contemporaneo, dove alcuni paesi industrializzati pur procedendo verso l'opulento benessere restavano assenti o ignoravano il grande squilibrio che esisteva fra loro e i paesi poveri, e invocava un impegno globale per un nuovo tipo di solidarieta', indicando la strada da seguire, le cooperazioni, quella che chiamo' "i segni dei tempi degli uomini di buona volonta' verso altri uomini che avevano gli stessi diritti di indipendenza". Non fu una enciclica teologica ma piuttosto una "illuminazione" politica ai potenti del pianeta, che influi' positivamente sul processo di distensione internazionale.

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Questo grande Pontefice per quasi dieci anni - dal 1935 al 1944 - resse ad Istanbul la delegazione apostolica per la Turchia e la Grecia. Esattamente fino al 27 dicembre, quando con un aereo americano volò alla volta di Roma. Il 6 di quel mese aveva ricevuto un telegramma del cardinal Tardini. Era in cifrato: "284145 stop 416564 stop 855003 stop 641100". Quei numeri, tradotti, significavano una sola cosa: "Torni subito a Roma. E' stato trasferito a Parigi". Angelo Roncalli aveva 63 anni. Ad Istanbul vi era giunto, proveniente da Sofia, il 5 gennaio 1935 ma conosceva già la citta essendoci stato una prima volta nel dicembre del '28 per fare gli esercizi spirituali a Bebek, sul Bosforo, ed una seconda nel giugno del'31 per le celebrazioni del settimo anniversario della morte di Sant'Antonio. Mons. Roncalli diventava cosi il responsabile di 35 mila cattolici assistiti da 800 religiosi quasi tutti latini. Un arrivo quello del nuovo delegato in punta di piedi.

L'Ambasciatore francese ad Ankara, Kammerer, scrisse in suo dispaccio al Quai d'Orsay che Rocalli era entrato in Turchia dalla porta di servizio, prendendo possesso della sua sede senza sfoggio, con bonomia, quasi eclissandosi. "Appena sbarcato, e andato dal capo della Polizia per declinare le proprie generalità e far stabilire il suo permesso di soggiorno. Egli ha dato prova di una umiltà soddisfatta ricevendo poco dopo una carta d'identità del tipo che la polizia rilascia ai consoli stranieri".
La sua prima lettera pastorale fu pubblicata in francese ed in turco. Una iniziativa sorprendente cui ne segui un'altra: disporre che il clero leggesse il Vangelo, sempre in turco, durante la Messa. Ma siamo già al Natale 1935. In una lettera al suo amico colonnello Cocconi, Roncalli scriveva: "Oggi, continuando il sistema che feci come prova a Sofia, mi sono introdotto nell'omelia leggendo una pagina intera di Vangelo in turco moderno, che vengo studiando alla meglio e, nel pomeriggio, ho introdotto il canto del Dio sia benedetto pure in turco. Piccoli passi che forse mi apriranno la strada ad una piu profonda penetrazione".

A partire dal 12 gennaio 1936 alcune preghiere erano gia recitate nella lingua turca nella cattedrale del Santo Spirito. Incline sempre ad aiutare il prossimo, Roncalli ad Istanbul non si occupava solo di questioni diplomatiche ma anche dei rapporti con la gente e con i bisognosi. L'impegno umanitario e piu forte di tutto. E' sua abitudine andare ogni settimana a visitare gli ammalati in ospedale, i bambini negli orfanotrofi, i carcerati nelle prigioni, i poveri nel quartiere di Palgalti, i vecchi nell'istituto "L'Artigiano". Da' fondo alle elemosine e spesso vuota la cassa della delegazione. Nei mesi caldi villeggiava a Buyukada, l'isola grande nel Mare di Marmara. Ogni giorno però partiva alle 14 con un vaporetto per tornare ad Istanbul ed andare a tenere le lezioni di catechismo nella chiesa del Santo Spirito.

A chi gli rimproverava amabilmente quella fatica, rispondeva: "Lo so che il mio uditorio e piccolo. So anche che le quattro vecchiette che vengono ad ascoltarmi sonnecchiano mentre parlo. Ma non ha importanza. Io sono vescovo di questa città, e Dio e testimone della mia azione. Preparo le mie lezioni come se dovessi parlare al pubblico di una grande cattedrale. Prima di salire sul pulpito, mi rivolgo agli angeli custodi di tutti i fedeli del vicariato e li supplico di portare la mia parola a tutti, anche ai fedeli che non sono mai venuti in chiesa".
E a proposito di umanità e spontaneità delle azioni, come dimenticare un suo viaggio di 800 km per andare ad Adana, su un "treno scassato", per essere presente al 50° anniversario di professione religiosa del parroco della chiesa locale. Il pubblico: sette fedeli, tre sacerdoti ed il console onorario di Francia. "Il Signore - diceva - non abbandona mai nessuno".

Fu nell'agosto del 1938 che fece conoscenza con il nuovo ambasciatore della Germania in Turchia, Franz von Papen, ex cancelliere del Reich. Istanbul, allo scoppio della 2a guerra mondiale, era diventata un crocevia strategico dei rapporti internazionale. In quel luogo incantevole che è il Bosforo, Roncalli prega ardentemente.
Si legge nel suo diario: "Dalla finestra della mia camera, qui presso i padri gesuiti, osservo tutte le sere un assembrarsi di barche sul Bosforo; spuntano a decine, a centinaia dal Corno d'Oro; si radunano ad un posto convenuto e poi si accendono, alcune piu vivacemente, altre meno, formando una fantasmagoria di colori e di luci impressionanti. Credevo che fosse una festa sul mare per il Baraim che cade in questi giorni. Invece è la pesca organizzata delle palamite. Grossi pesci che si dice vengano dai punti lontani del Mar Nero. Queste luci durano tutta la notte e si sentono le voci gioiose dei pescatori. Lo spettacolo mi commuove".

Roncalli pensa anche al suo rapporto con von Papen e agli impegni rischiosi presi da quest'ultimo a favore degli ebrei.
Circa i rapporti tra Roncalli e von Papen e però lo stesso l'ambasciatore tedesco che annotava tutto: "Andavo a Messa da lui nella delegazione apostolica. Parlavamo del modo migliore per garantire la neutralità della Turchia. Eravamo amici. Io gli passavo soldi, vestiti, cibo, medicine per gli ebrei che si rivolgevano a lui, arrivando scalzi e nudi dalle nazioni dell'est europeo, man mano che venivano occupate dalle forze del Reich.
Credo che 24 mila ebrei siano stati aiutati a quel modo. Il 4 agosto 1944 dovetti lasciare il Bosforo, richiamato a Berlino e Roncalli mi venne a salutare a Buyukada, la prima stazione dopo il capolinea di Istanbul. Per venti minuti camminammo su e giu per il marciapiede, tenendoci sottobraccio. Alla fine mi inginocchiai e chiesi una benedizione. Avevo la netta sensazione che non ci saremmo piu rivisti perche gli Alleati mi avrebbero certamente impiccato".

In realta von Papen si salvò, e proprio grazie all'intervento in suo favore di Roncalli, nel processo di Norimberga. Di lui volle sempre portare in tasca il rosario che gli aveva regalato. Come accennato, il 27 dicembre '44 Roncalli lasciò per sempre la Turchia. In dieci anni di permanenza non aveva mai avuto un'automobile. In citta si spostava a piedi, oppure con il tram.

Bibliografia:
"Il Papa buono "di Renzo Allegri ed. Mondadori).
"Giovanni XXIII. La fede e la politica" ed. Laterza).


Ringraziamo per l'articolo
concessomi gratuitamente
dal direttore di Storia in Network

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