ERICH von MANSTEIN

Alla grande battaglia di Kursk aveva quasi vinto
ma Hitler gli tolse le divisioni per inviarle in Italia l’8 settembre

Erich von Manstein nasce a Starsburgo il 24 novembre 1887, ultimo di dieci figli di una famiglia dell’aristocrazia prussiana, con il padre Eduard von Lewinski, generale dell'artiglieria.

In tenera età, morto il padre viene adottato da uno zio George von Manstein, anche lui generale; da lui  Erich adotterà poi il cognome.

Ovviamente dentro una famiglia che in sette generazioni annoverava 12 generali, anche Erich viene avviato dallo zio alla carriera militare, entrando a 13 anni nel Corpo dei Cadetti. Dopo solo un anno viene assegnato all'Istituto Superiore di guerra.

Nel 1936 ha la nomina a Maggior generale, e sostituto del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito.
Versato ai problemi strategici, durante i progetti nazisti d'espansione, vuole dire la sua, entrando in contrasto con alcuni suoi colleghi del Reich. Il risultato di queste ingerenze è che nel 1938 lo mandano a comandare una modesta divisione a Liegnitz, che è come averlo esiliato dal comando generale.

Ma nel 1939, per l'invasione della Polonia, Hitler lo richiama per costituire in Slesia un gruppo di armate, promuovendolo tenente generale poi Capo di Stato Maggiore.
E' lui a elaborare i piani e a dar battaglia  ai vari schieramenti polacchi nell'invasione del 1° settembre 1939.

Ambizioso, e per i successi ottenuti, vuole farsi largo in mezzo ad altri ufficiali altrettanto ambiziosi, che - forse nell'invidia - non gli risparmiano però critiche. Che continueranno durante lo scambio di idee al quartier generale in previsione dell'attacco a occidente.

Per l'invasione al Belgio e Olanda, è lui a esporre un piano personale d'attacco, il cosiddetto "Colpo di falce", che discute animatamente con altri generali e con lo stesso Hitler, che alla fine conquistato dal suo progetto, chiude la polemica, si isola in una stanza con lui, per ascoltarlo fino in fondo senza mai  interromperlo.
Del resto il piano di Manstein non è il solito: con una semplice battaglia da vincere, ma è un piano di "annientamento" che deve essere eseguito "velocemente come un fulmine".
Coadiuvato da Gouderian, che ha le sue stesse idee, entrambi sono gli inventori della
"Blitzkrieg", la "guerra lampo".

E' lui a progettare l'attacco che le armate devono sferrare attraverso le Ardenne, l'attacco per scavalcare la Mosa, e la famosa conversione a destra per circondare le forze anglo-francesi  ad Abbeville, per intrappolarle a
Dunkerque.
Hitler ascoltò in silenzio, affascinato del grande progetto, che era quello che coltivava, e a lui affida le operazioni, poi tutte coronate - come sappiamo - da strepitosi successi.
Hitler raccoglie i frutti, e Mastein diventa l'ideale condottiero della Germania per le future conquiste.

Nel febbraio del 1941 lo troviamo generale di fanteria, comandante del 56° corpo corazzato che il 22 giugno 1941 invaderà la Russia con il gruppo di Armate del Nord, comandate dal feldmaresciallo von Leeb.
Durante l’operazione Barbarossa il suo gruppo corazzato avanza di 330 km. in soli quattro giorni. 
Assume poi il comando dell’11a armata (nel Gruppo d’armate Sud di von Rundstedt), con cui conquista la Crimea e si spinge fino al Caucaso. 
La conquista di Sebastopoli nel luglio 1942 gli vale il grado di maresciallo del Reich. 
In novembre assume il comando del Gruppo d’armate del Don operante intorno a Stalingrado, senza però ottenere alcun risultato, anche se tutti con ottimismo "aspettavano Manstein".
 
Dopo la resa di Paulus, nel marzo 1943 Manstein scatena, alla guida del nuovo Gruppo d’armate Sud, l’attacco tedesco intorno a Charkov, ottenendo un parziale successo, che non soddisfa Hitler perchè Manstein era favorevole a un profondo arretramento per salvare le armate da impiegare in un altro modo, mentre Hitler impartiva ordini suicidi, di "resistere fino alla morte".

Cade così in disgrazia quando le operazioni militari esigono l’applicazione di quella che Manstein definiva una “difesa fluida” da opporre alla controffensiva dell’Armata Rossa. 
Nella grande battaglia di
Kursk, Hitler fece  interrompere l'"Operazione Cittadella", lasciando Manstein, (che era stato fino allora l'unico che aveva sfondato le difese russe) praticamente a cavarsela da solo (che fu poi circondato dai russi), sottraendogli decine di divisioni per inviarle al Brennero nell'agosto-settembre 1943, pronte ad entrare in Italia dopo i fatti dell'8 settembre.
Manstein, pur indebolito, riuscì a svincolarsi dall'assedio, ma verrà ricacciato indietro dai russi fino a Smolensk da dove era partito il sogno di Hitler nel '41.
Per la prima volta la Germania non era più capace di prendere delle iniziative, da Kursk in poi non ebbe più strategie coordinate; ma Hitler attribuendo la colpa ai suoi generali, aveva licenziato Mastein, poi Jodl e infine anche Gouderian, i tre maghi, gli stessi che pochi mesi prima avevano costruito il mito dell'invincibilità dei "Sigfrido" Hitler.

La Germania  sarà sempre  costretta continuamente a difendersi e ad arretrare, sempre di più, sempre di più,  fin quando i russi incalzeranno i tedeschi fin davanti alla porta in fiamme della cancelleria a Berlino.

Manstein esonerato, con il pretesto di doversi curare gli occhi, non partecipa più alla guerra con nessun incarico.
Manstein ricomparve al processo di Norimberga per i crimini di guerra. Ma evitò la forca e fu condannato solo a quattro anni, ma poi ne scontò soltanto due. 

Si trasferisce in Bassa Sassonia a oziare e a scrivere memorie, la più famosa "Vittorie perdute" che nel dopoguerra diventerà un best-seller. (ma per i tedeschi fu un "amaro" best-seller).
Ritiratosi a Monaco senza far più parlare di sè, Manstein muore nell'anno 1973.
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